Siamo andati in Liguria, nel Golfo dei Poeti, dove tutto si tinge di verde, comprese le ostriche.
Basterebbe un unico aggettivo a descrivere al meglio questo itinerario: verde. Il verde del promontorio, che, come in un acquarello, si riflette nelle acque sottostanti. E il verde della tavola, che spazia dalla tinta decisa del pesto più famoso d'Italia e quella tenue delle ostriche. Siamo nella verde Liguria, nella pittoresca Portovenere, la “sesta terra” che anticipa le altre cinque.
Portovenere
La vista a picco sul golfo dal Castello Doria non teme confronti con nessun drone di ultima generazione: basta salire fino in alto per avvistare le Cinque Terre, l'isola di Palmaria con i suoi percorsi di trekking, la grotta di Byron e tutto il Golfo dei Poeti, i mulini a vento diventati nel tempo torri di avvistamento, la Chiesa di San Pietro che sembra quasi un castello fortificato costruito sul mare, le rocce dove, secondo la leggenda Venere si fermò, affascinata dalla rigogliosa vegetazione e infine, i palazzi-fortezza che, con i loro colori pastello, sono diventati la cartolina perfetta di questo territorio. Proprio nella stradina in mezzo a questi palazzi pulsa il cuore della cittadina, con i suoi negozi, le sue boutique esclusive e i suoi locali.
Tra questi, merita una sosta La Piazzetta: un posto intimo e familiare che offre rifugio dalla colazione al dopocena. La proposta spazia dai soffici cornetti della mattina alle tipiche focacce liguri, passando per i testaroli al pesto. Si conclude con superalcolici di grande qualità. Di fronte, c'è il regno degli oleonauti, l'Olioteca Bansigo, che propone bottiglie e degustazioni di extravergine della zona, la Razzola.
Tutt'attorno, oltre il muro delle case fortezza, quasi a vigilare su tutto questo tesoro, ci sono i pescatori che amano definirsi la “coscienza del Golfo”, attenti che il progresso non distrugga quello che hanno creato in questa vigna del mare, popolata soprattutto da muscoli (altrimenti dette cozze) e dalle ostriche spezzine, che portano un marchio di fabbrica: il verde che gli viene dalle caratteristiche alghe della zona. Per conoscere la vita di mare da vicino, la Cooperativa dei Mitilicoltori Spezzini (90 soci) organizza in esclusiva per il Grand Hotel di Portovenere dei giri in barca, con gli stessi pescatori, che si concludono con delle degustazioni a base di ostriche e vino. Ad accompagnare i tour, c'è anche una guida molto particolare: il gabbiano Arturo, la vedetta del mare che ogni giorno fa compagnia ai pescatori, come i vecchi pappagalli poggiati sulle spalle dei pirati di un tempo.
Le ostriche verdi
“Le ostriche sono un po' come i vini – spiega il pescatore Paolo Varrella – le loro caratteristiche dipendono molto da ciò che possiamo definire marroir (il corrispettivo di terroir per i vini; ndr). Le nostre, ad esempio, presentano, in maniera naturale, questo caratteristico colore verde. Mentre, lasciatemi fare un po' di campanilismo spicciolo, i francesi per ottenerlo le mettono in delle vasche apposite a contatto con le alghe”. Se le ostriche qui sono una coltura del mare storica (risalente al 1887), gli allevamenti appartengono ad una storia più recente: “Abbiamo ricominciato nel 2006 – continua Varrella – e adesso abbiamo reintrodotto anche la tipologia piatta, tipica del nostro golfo. Il ciclo di vita dell'ostrica inizia a ottobre/novembre ed è di circa un anno. Ma bisogna stare molto attenti a quelli che definiamo i cinghiali del mare: le “aggressivissime” orate”. Sono loro, infatti, da queste parti gli abitanti più temuti dei fondali. Per lo meno lo sono agli occhi di chi alleva le ostriche. Così è nato uno “spaventaorate” molto particolare, ovvero la sagoma di uno squalo all'entrata degli allevamenti.
Piatto di Francesco Parravicini, executive chef del Ristorante Palmaria
La cucina di Francesco Parravicini
Dal mare alla padella, il passo è breve. Esprimere tutto questo “marroir” nel piatto è una sfida molto stimolante, come ci spiega Francesco Parravicini, executive chef del Ristorante Palmaria, all'interno del Grand Hotel. Una struttura che è anche una scommessa per il territorio e per il suo direttore Antonio Polesel: dopo essere stato sede di un convento francescano dal '600 e trasformato in albergo nel 1970, la struttura ha riaperto qualche anno fa e ha appena ottenute le 5 stelle (unico tra le Cinque Terre e il Golfo dei Poeti). Con l'ingaggio di Parravicini, il ristorante ha cercato di ritagliarsi un punto centrale nella vita del borgo marinaro, sdoganando l'idea che in un hotel di lusso in una meta così turistica debba mangiarci solo la clientela straniera ospite. “Il rapporto con i pescatori è costante – dice lo chef – giorno e notte, direi. Pensate che uno dei fornitori, Matteo, mi chiama anche alle 3 del mattino per dirmi cosa ha pescato. Così, poi, io sto lì nel mio letto a pensare e ripensare ai pesci e a come cucinarli il giorno dopo”. Il risultato è una cucina di territorio, che non scade, però, nel banale classicismo e che si ispira al leggendario Grand Tour. Per realizzarla Francesco, di origini lombarde, con alle spalle un curriculum che va dal Grand Hotel di Rimini al Four Season di Milano, passando dall'Harry's Bar di Londra, ha cercato di apprendere dalla cucina delle donne del luogo, carpendone ricette e segreti. Qualche esempio? Muscoli alla spezzina ma destrutturati; trofie al pesto; millefoglie del Levante (ovvero un club sandwich vegetariano fatto con la prescinseua). “La cosa che trovo molto stimolante è poi il fatto di trovarmi in una terra di confine: a un passo dalla Toscana e non lontano da Piemonte ed Emilia Romagna, dove, porto a mia volta i miei retaggi. Per cui anche nei piatti si può notare questo mélange di sapori”. Oltre al pesce, tanti i legumi utilizzati e gli elementi di terra: mesciùa di ceci, fagioli cannellini, farro con olio extravergine di oliva, garganello con ragù di Chianina, polipo con guanciale croccante, pasta ceci e calamai.
Parla ligure (quello di confine), anche il cocktail bar dell'Hotel, dove dirige i lavori l'autoctono Giovanni Pellegrino e dove, insieme ai classici da banco, si possono assaggiare quelli a base di liquori della regione, prodotti dalla liquoreria della vicina cantina Colli Lvnae.
La cantina Colli Lvnae e il suo laboratorio di liquori
Cantina che - a 30 km di distanza, poco lontana dalla costa del Golfo – merita senz'altro una visita, se si vuol capire cosa significhi oggi fare enoturismo con la E maiuscola. Con alle spalle una storia di solide radici nel territorio e l'intuito del suo carismatico fondatore, la cantina oggi non è solo azienda vitivinicola, ma una fucina di idee formato famiglia, con all'interno anche un laboratorio di marmellate e uno di liquori. Entrare in quest'ultimo è come varcare la porta del laboratorio di un alchimista, dove è tutto un effluvio di erba cedrina, arance, limoni, rose selvatiche, foglie di pesco, da cui, a secondo della stagione, nascono i più famosi liquori della zona o quelli dimenticati, come il rosolio, il persichetto, il limoncino. “Questo è il regno della signora Fiorella Stoppa – ci racconta Debora – la proprietaria di una storica liquoreria di La Spezia. Quando anni fa per lei diventò difficile portare avanti da sola la produzione, le proponemmo di venire qui da noi per continuare l’attività insieme. Da allora non ci siamo più lasciati, ma guai a rivelare le sue magiche ricette”. Che qui si possono però provare e comprare. Insieme ad una selezione di vini ippocratici (i cosiddetti vini curativi), di cui si occupa la stessa Debora che lo scorso anno li ha voluti realizzare partendo dai vini “che rubo dalla cantina di papà”, sorride: sono il rosso speziato Ypocras, il fermentato di mele Idromele e il bianco con fiori di sambuco Sambiké.
Piatto della Locanda Miranda
Lerici
Finiamo di percorrere idealmente il ferro di cavallo di questo pezzo di Liguria, spingendoci fino a Lerici, il terzo Comune – dopo Porto Venere e La Spezia – che si affaccia sul Golfo dei Poeti. Dopo una visita ai due castelli (quello di Lerici e quello di San Terenzo), quasi come un faro, ci accoglie la Locanda Miranda: 60 anni e non sentirli. La vista qui è impagabile, l'ambiente confortevole, la cucina golosa e rassicurante. Tutta a base di pesce. Ed è proprio questa parte della costa la meta di oltre 300 nuotatori che, ogni anno ad agosto si tuffano a Portovenere per sfidare le acque fino a San Terenzo in occasione della Coppa Byron: una gara internazionale per ricordare la storica impresa di Lord Byron che, secondo la leggenda, attraversò a nuoto tutto il golfo per raggiungere l’amico poeta P. B. Shelley. Una leggenda, certo. Ma qui tutto ha del leggendario. E, se si aguzza la vista, forse, la sua sagoma è ancora là, tra la grotta Arpaia e il promontorio di Montemarcello. “Ho fatto un sogno, che non era del tutto un sogno”.
a cura di Loredana Sottile
Articolo uscito sul Gambero Rosso di luglio. Un numero tutto rinnovato che potete trovare in versione digitale su App Store oPlay Store
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COSA TI SEI PERSO
Nel numero di luglio del Gambero Rosso trovate il racconto su Colli di Luni, il Vermentino di mare strappato a boschi e pietre a firma di Emiliano Gucci. Non solo, ci sono anche gli aneddoti di Claudio Mazzoni del ristorante La Posta di La Spezia, la testimonianza di Alessandro Vignali, un outsider in nome della natura, il racconto di Filippo Lubrano del collettivo di poeti performativi I Militanti, accompagnato dall'opera di Simone Pellegrino. Un servizio di 14 pagine che prevede pure le migliori etichette dalla guida Vini d'Italia 2018, gli 8 street food tra Spezzino e Lunigiana, e gli indirizzi dove mangiare e dormire.
GLI INDIRIZZI
La Piazzetta - Portovenere (SP) - via Capellini, 56 - 0187 791682
Olioteca Bansigo - Portovenere (SP) - via Capellini, 95 - 0187 791054 - oliotecabansigo.it
Cooperativa dei Mitilicoltori Spezzini - San Terenzo Di Lerici (SP) - Santa Teresa, 21 - 0187970210 - mitilicoltori.it
Ristorante Palmaria del Grand Hotel - Portovenere (SP) - via Giuseppe Garibaldi, 5 - 0187790570 - palmariarestaurant.com
Cantina Colli Lvnae – Castelnuovo Magra (SP) - via Palvotrisia, 2 – 0187693483 - cantinelunae.it
Locanda Miranda – Lerici (SP) - via Fiascherino, 92 - 0187 964012