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Agroalimentare. Export verso il record dei 40 miliardi di euro nel 2017

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L'Italia migliora ma è ancora lontana dalle più alte posizioni della classifica. I dati stimati da Nomisma sui primi sette mesi del 2017 per l'export agroalimentare italiano. 

I 40 miliardi di euro non sembrano più un miraggio. Entro fine anno, l'Italia dovrebbe oltrepassare questo limite, grazie a un export agroalimentare che aumenta del 6%, trascinato da vino, salumi e formaggi, che si apprestano a chiudere il 2017 con incrementi tra i sette e i nove punti percentuali. Secondo le stime Nomisma agrifood monitor, il contributo maggiore a questo nuovo record nell'export agroalimentare arriverà proprio dai tre comparti simbolo del made in Italy. Un ulteriore progresso che si inquadra in un 2017 all'insegna della crescita economica per le imprese del settore, se si considera anche l'andamento positivo delle vendite alimentari sul mercato interno nel periodo gennaio-settembre (+1,1%).

Nel dettaglio, se si guarda più da vicino ai mercati esteri, le vendite italiane in quelli extra-Ue viaggiano a tassi di crescita più elevati, malgrado rappresentino poco più di un terzo delle vendite totali. A crescere in doppia cifra sono Russia e Cina, che tuttavia contano per circa il 2% sul totale italiano esportato. Ancora poco. Stabile l'export del periodo gennaio-luglio 2017 verso i principali clienti: Usa-Canada e Paesi europei.

Dalla produzione agricola alla distribuzione, al dettaglio e alla ristorazione, il valore aggiunto dell'intera filiera agroalimentare italiana, è stimato da Nomisma agrifood monitor in 130 miliardi di euro, pari al 9% del prodotto interno lordo italiano, con 3,2 milioni di occupati (13% del totale) e 1,3 milioni di imprese coinvolte. "Il valore aggiunto della filiera agroalimentare italiana" fa notare il reponsabile dell'area agroalimentare di Nomisma, Denis Pantini, "è cresciuto del 16%, contro un calo di oltre l'1% registrato dal settore manifatturiero e un recupero del 2% del totale economia, avvenuto in maniera significativa solamente a partire dal 2015".

Il resto del mondo

C'è da essere soddisfatti nonostante, nella speciale classifica dei top exporter, l'Italia non occupi posizioni di testa. Fanno meglio Usa, Olanda, Germania, Cina, Brasile e Francia. I motivi sono legati alla frammentazione del comparto agroalimentare italiano, con le imprese medio-grandi (con oltre cinquanta addetti) che costituiscono appena il 2% del totale, rispetto a Paesi come la Germania in cui questa percentuale è del 10%. L'attuale tessuto economico italiano, così com'è strutturato, condiziona la propensione all'export: 23% dell'Italia rispetto al 33% della Germania. Insomma, con 40 miliardi di euro, l'Italia migliora ma resta ancora lontana dai 59 miliardi della Francia e dai 73 miliardi della Germania. A questo occorre aggiungere che più del 60% dell'export italiano agroalimentare è appannaggio di quattro regioni (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte), con il Sud che vale meno del 20%. Differenziale che "rischia di allargarsi ulteriormente anche in un 2017 favorevole ai prodotti del Made in Italy". Se, infatti, il Nord Italia è cresciuto di oltre il 7% nel primo semestre, il Mezzogiorno non è riuscito a raggiungere il 2 per cento.

 

a cura di Gianluca Atzeni


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