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Elementi Tour 2017. A Milano vince la pizza cilentana di Paolo De Simone

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Un bravo pizzaiolo sa riconoscere la pizza ad occhi chiusi. E infatti una delle prove del contest Elementi, era proprio a prova “alla cieca” sull'impasto, per identificarne, farina, idratazione, lavorazione.

Trentasei pizzaioli da tutta Italia e un vincitore, Paolo De Simone della pizzeria Da Zero di Agropoli e Vallo della Lucania, che lunedì 13 novembre, nei bei locali di Cinema Teatro Trieste a Milano, si è conquistato il primo posto al contest Elementi Tour 2017 a suon di assaggi, degustazioni e blind test.

Due prove piuttosto tecniche e un'ultima performance, valutata con estrema concentrazione da una giuria ben equipaggiata, composta da gente che nella vita va avanti a pizza e qualcos'altro: Luciana Squadrilli, Barbara Guerra, Sara Bonamini (che scrive questo articolo), Renato Bosco e lo chef Edoardo Fumagalli, giovane cuoco del ristorante la Locanda del Notaio di Pellio Intelvi, vincitore delle selezioni italiane del premio internazionale S. Pellegrino Young Chef.

Farine e mulini in primo piano

La competizione che si è conclusa ieri sera a Milano è stata ideata e voluta dal Mulino Vigevano con il supporto di Così Com’è (linea di pomodori di alta qualità), nemmeno 12 ore prima di un grande evento firmato da un'altra azienda produttrice di farine in Italia: Pizza Up del Mulino Quaglia. Conferme che per i mulini italiani è un momento di grande fermento e risveglio. Sponsorizzazioni (libri, guide gastronomiche, eventi, pizzaioli, competizioni, trasmissioni tv), comunicazione spinta. Robe che a pensarle 10 anni fa saremmo stati tacciati di stregoneria. Origine, lavorazione e tipologia dell'ingrediente base poco interessavano, si trattava di grano e non si andava oltre. Farina come materia prima? È un'attenzione e un privilegio della comunicazione degli ultimi tre anni o poco più.

Oggi il mondo dell'arte mugnaia ha aperto nuove strade e opportunità, per le stesse aziende, per gli artigiani, che forse non sempre ne abbracciano il progetto con un credo consapevole, ma ben ne apprezzano i risultati. Così è tutto un fiorire di distintivi sulle giacche dei pizzaioli italiani, che più o meno responsabili ne diventano testimonial e garanti.

Insomma, qualcosa è cambiato: il prodotto pizza vive un momento di crescita e di inarrestabile rinascita. Che al di là del marketing e dei numeri, tanto rumore stia effettivamente funzionando? Senza trarre conclusioni ci limitiamo ad accogliere di buon grado i risultati culturali che tale fermento produce: circolazione delle idee, sensibilizzazione sui temi dell'alimentazione sana e conoscenza delle materie prime di qualità.

Momenti di incontro, di confronto, quindi, che portano a una crescita complessiva dei singoli professionisti e della comunicazione di settore.

La competizione

Ma veniamo ai contenuti della competizione. I trentasei concorrenti (pizzaioli piuttosto preparati provenienti da tutta Italia) accompagnati e presentati dalla brava Tania Mauri, hanno iniziato con un test alla cieca sull’impasto crudo: ne dovevano riconoscere tipologia di lavorazione, forza della farina e percentuale di idratazione. Poi ancora un assaggio dell’impasto cotto per riconoscerne la farina impiegata e, insieme, la degustazione dei principali prodotti legati alla pizza: pomodoro e mozzarella.

 

 

L’ultima prova ha visto i 10 pizzaioli rimasti impegnati nella composizione di un topping da abbinare a uno dei tre impasti messi a loro disposizione dal team tecnico di Mulino Vigevano: integrale, multicereali e di tipo 0.

Lo chef Edoardo Fumagalli ha selezionato 24 ingredienti e ai concorrenti è stata data la possibilità di combinarli al meglio, cercando di rendere la tonda personale, equilibrata e piacevole. Alla giuria il compito di valutare non solo il risultato finale della pizza, ma anche la tecnica di stesura, la cottura, la capacità di lasciare il banco di lavoro in ordine e pulito.

Il risultato

I dieci finalisti hanno realizzato un buon prodotto, senza però sorprendere nella preparazione dei condimenti. Buona in media la stesura, ben seguita la cottura, mentre c’è ancora molto da lavorare su ciò che va a finire sulla pizza. Dal taglio degli ingredienti, all’abbinamento basato sulle proprietà organolettiche del prodotto, al bilanciamento delle componenti su ogni singola pizza, spicchio dopo spicchio.

 

I vincitori

Non si è perso in inutili orpelli il vincitore Paolo De Simone della pizzeria Da Zero di Agropoli e Vallo della Lucania (da marzo anche a Milano) che con una lavorazione attenta dell’impasto, un utilizzo sapiente del forno ha conferito al disco maggior leggerezza. A condire: fiordilatte, ‘nduja di Spilinga, pomodorino giallo, pecorino romano e basilico. Per uno spicchio ben sostenuto, scioglievole verso il centro, deciso ed equilibrato nella scelta del topping. Paolo non è andato lontano, ha scelto degli ingredienti che lo facessero sentire a casa, certo senza rischiare troppo, ma con la garanzia di fare bene. Per noi non un nome nuovo, entrato direttamente con Due Spicchi nella guida Pizzerie d'Italia 2018 del Gambero Rosso. Nel locale di Vallo della Lucania lavorano con un blend di farine, anche in versione integrale, che include anche un grano coltivato in proprio non lontano dalla pizzeria, e altri di mulini locali. Lunghe maturazioni regalano piacevolezza e leggerezza. Territorio e presìdi Slow Food anche nei condimenti, come abbiamo avuto modo di constatare anche a Milano.

Al secondo posto Giuseppe Riontino della pizzeria Canneto Beach 2 di Margerita di Savoia, un giovane pizzaiolo da tenere d’occhio e terzo classificato Corrado Romano che ha conquistato Renato Bosco per la sua particolare e delicata tecnica di stesura.

Che il mondo della pizza ne giovi tutto.

 

a cura di Sara Bonamini

 

 

 

 

 


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