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Tre Bicchieri 2018. Parla Roberto Ceraudo

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È una delle punte di diamante della regione, per l'attenzione all'ambiente, la struttura bellissima, la cucina d'autore firmata dalla giovane Caterina, gli ulivi millenari e, non ultimo, il vino. Quello di Roberto Ceraudo.

Un'azienda agricola biologica e biodinamica che rappresenta una delle perle della regione, un piccolo paradiso a due passi da Strongoli. Appena si varca la soglia ci si trova immersi in un'atmosfera e un paesaggio bellissimi: il borghetto rurale curato in ogni dettaglio, le stanze, la piscina, il museo naturale degli ulivi millenari, vere sculture botaniche, il ristorante Dattilo (Due Forchette nella guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso) in mano alla giovane Caterina, cuoca, sì, ma anche enologa. Lei ha saputo in pochi anni tirar fuori una gamma di vini brillanti, aromaticamente complessi, e capaci di emozionare. Frutto di un attentissimo lavoro in vigna che segue i precetti di un'agricoltura in piena armonia con la natura. Certificata biologica ma sbilanciata in modo evidente verso la biodinamica. Tutto per preservare quell'ambiente naturale, umano e culturale di cui Roberto Ceraudo si fa tutore e portavoce. Lui, con i suoi tre figli – oltre a Caterina anche Giuseppe al suo fianco nel lavoro agricolo, Susy in amministrazione – sono i creatori di una delle più belle e complesse realtà calabresi. A loro, e al loro Grisara 2016, profumato di anice stellato, erbe officinali e frutti esotici, dal sorso sapido e ricco di polpa, i Tre Bicchieri della guida Vini d'Italia 2018.

 

Ceraudo

 

Qual è lo stato della vitivinicultura calabrese?

Credo che gli ultimi 10 anni sia in piena crescita, e questo soprattutto grazie all'avvento di tecnologie moderne che hanno portato un miglioramento in tutto il reparto vinicolo.

 

Parla della zona di Cirò?

Non solo, ci sono altre province che stanno uscendo molto bene, c'è molto fermento. Le zone di Reggio Calabra e di Cosenza, per esempio, mentre è rimasta un po' indietro la provincia di Catanzaro. Ormai sono molti che, vista la crisi della vendita dell'uva degli ultimi anni, hanno deciso di imbottigliare. E in tanti lo stanno facendo bene.

 

Comunicare il vino calabrese nel mondo com'è?

La difficoltà ci sono, ma solo all'inizio, dopo che il vino viene assaggiato le cose vanno bene. Il vero biglietto da visita è la bottiglia. Noi, poi, come azienda stiamo chiudendo tutta la filiera: vino, olio, agriturismo, ristorante. E questo ci aiuta a far conoscere tutti i nostri prodotti.

 

Quali sono i vostri mercati?

In Italia e all'estero, per un 40%: Europa, Stati Uniti, Giappone.

 

Che dimensioni avete?

Non siamo grandi: 20 ettari di vigneto, il resto è uliveto. 1000 piante.

 

Tra l'altro storiche...

Hanno 1100 – 1200 anni, un museo a cielo aperto.

 

Siete stati tra gli antesignani del bio in Calabria...

Faccio agricoltura biologica seria da 30 anni, da quando ho avuto un avvelenamento con degli antiparassitari: allora ho capito che così non poteva andare. Sono stato il primo in Calabria a fare una scelta del genere.

 

Come è andata?

All'inizio la conversione al bio non è stata facile, però sono stato aiutato anche dall'Istituto Sperimentale di Conegliano Veneto per arrivare ai risultati di oggi. È difficile, ma poi i frutti ci sono e tutto l'ambiente si fortifica. Faccio un esempio: nella trappole ai ferormoni ci sono sempre meno catture, e tra un anno o due contiamo di non dover più combattere la tignoletta, perché la natura sta provvedendo da sé con degli antagonisti. Più riesci a seguire bene il bio, più la natura fa il suo corso, le piante sono più resistenti e hanno più anticorpi. Si crea una flora batterica fondamentale. Ora ho capito come è la natura, la peggior bestia che esiste è l'uomo.

 

E ora quali sono i prossimi obiettivi?

Ho un sogno, più che un obiettivo: di ricostituire il terreno com'era 100 anni fa, con tutta la flora batterica integra e ricca. L'obiettivo è non toccare più il terreno e non usare mezzi meccanici che rovinano il suolo e quel che c'è sotto. Tutto quel mondo sotterraneo preziosissimo.

 

Un metodo che punta alla prevenzione e all'autodifesa che richiama la biodinamica

In vigna sì, invece in cantina seguiamo il disciplinare bio: non posso permettermi dei problemi. Ci ho messo 30 anni a fare una piccola commercializzazione, non posso rischiare problemi come rifermentazione o altro.

 

Quali sono le sfide future?

Se campo altri 15 anni posso fare uno dei migliori vini d'Italia, ancora è troppo presto. Ma lasciatemi sognare.

 

Che importanza ha avuto l'ingresso della nuova generazione nell'azienda?

La Calabria si sta impoverendo, perché non c'è un'economia forte e chi va fuori a studiare poi non torna più. Invece i miei figli sono tornati a casa. Sono stato fortunato. Giuseppe segue la produzione agricola, Susy la parte amministrativa, Caterina, invece è in cucina. Si sono appassionati ed è bellissimo. Per il resto le cose si fanno man mano, quando si può. Per esempio per le botti, ho sentito di alcune di cemento francesi e di legni austriaci. Ma ogni cosa si fa pian piano con il lavoro: la nostra è una piccola azienda con 25 dipendenti, abbiamo una responsabilità verso di loro e i loro figli.

 

Dattilo | Strongoli (KR) | loc. Dattilo | tel. 0962 865613 | www.dattilo.it

 

a cura di Antonella De Santis e William Pregentelli

 

 

 

 


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