In vista della prossima Festa della Befana in una delle piazze più belle della Capitale, l’assessore al Commercio Alessandro Meloni presenta il nuovo bando per l’assegnazione delle concessioni. E per i banchi dei dolciumi spunta il criterio di qualità, tra Dop, bio e prodotti dei territori terremotati. Ma sarà sufficiente?
La Festa della Befana di Roma. Come sarà
Lo scorso Natale, a piazza Navona, la tradizionale fiera della Befana saltò. Un ennesimo anno di purgatorio per la festa che negli ultimi tempi aveva finito per trasformarsi in una distesa indistinta di bancarelle di dubbio gusto e prodotti scadenti, in balia di concessionari anch’essi dubbi sotto diversi punti di vista. E in vista del Natale 2017, a Roma, tutti aspettavano il bando promesso dall’assessore al Commercio Alessandro Meloni, per restituire dignità a una festa molto sentita della tradizione capitolina, nel rispetto di una delle piazze più belle della città, e del mondo. Da qualche ora il bando della Befana di Piazza Navona è di dominio pubblico, presentato in Campidoglio dall’assessore Meloni con un certo orgoglio per il risultato raggiunto, in nome del decoro e dello spirito natalizio, “perché la festa della befana torni a essere la festa dei bambini e delle famiglie”. Finalmente la rivincita della qualità, si affretterà a dire qualcuno scorrendo tra le righe di un testo che assegna ben 60 punti su 100 in base alla qualità dei prodotti proposti. A ben guardare, però, oltre i proclami c’è di più.
Il bando. La qualità supera l’anzianità
Quest’anno le fiera si svolgerà dal 2 dicembre al 6 gennaio 2018, e sarà animata da 28 attività commerciali (su un totale di 73 postazioni, come richiesto da Vigili del Fuoco e Soprintendenza 30 in meno rispetto agli anni passati, considerando pure gli stand ludico-ricreativi e le attività artigianali). Di queste, 10 saranno riservate alla vendita di “dolciumi”, categoria onnicomprensiva per descrivere quelle specialità natalizie che fanno la gioia di tutti i bambini (e non solo). L’idea della nuova Giunta, bisogna sottolinearlo, è stata sin dall’inizio quella di promuovere un bando aperto e trasparente, per porre fine allo strapotere dei soliti noti. Ma se l’obiettivo era quello di dare una scossa alla politica della assegnazioni viziate, la scommessa non è stata vinta: probabilmente le intenzioni della Giunta non hanno collimato alle pressioni del Consiglio. E il motivo è presto detto, entrando nel merito dei criteri di valutazione: su 100 punti totali, solo 20 saranno attribuiti per anzianità. Di questi, 10 sono relativi all’anzianità maturata dal candidato nel settore merceologico per cui si propone. E questo è certamente un bene: solo un massimo di 10 punti, infatti, spetterà di diritto a chi negli anni passati ha già partecipato alla fiera.
Che significa qualità?
Più controversi i criteri che regolano l’assegnazione di punti per meriti e qualità. Di 60 punti in palio, ben 25 saranno assegnati a chi dimostra di poter coprire l’intera superficie espositiva con “prodotti tipici natalizi”, senza nessuna altra specifica. Ma attenzione, perché il punteggio può raddoppiare, a patto che tutti i prodotti in vendita siano dotati di certificazione di qualità; leggasi marchio Dop, Igp, Stg. Denominazioni protette che, l’abbiamo ripetuto più volte, identificano un disciplinare di produzione e un’origine territoriale di appartenenza, ma non necessariamente certificano la qualità del prodotto. Nel caso specifico, paradossalmente, prodotto artigianali di comprovata qualità – facciamo l’esempio di un panettone di Alfonso Pepe o della mitica focaccia di Tabiano di Claudio Gatti – non si sono mai preoccupati di rifugiarsi sotto il cappello di una certificazione d’origine: non ne hanno alcun bisogno. Un panettone industriale, invece, ha sempre il marchio CE. E così il raddoppio del punteggio rischia di funzionare esattamente da sbarramento al contrario: più porti prodotti di eccellenza, più perdi punti; più dimostri di esporre produzioni industriali più raddoppi! Punti aggiuntivi sono attribuiti pure per l’offerta di prodotti per celiaci e l’utilizzo di ingredienti biologici (ma sappiamo quanto questa indicazione, senza specifiche di sorta, sia generica e non dirimente, oltre che complicatissima da controllare visto che non si parla da nessuna parte di fatture e controprove). Insomma, l’impressione è che facilmente sarà possibile scalare la classifica dei criteri di qualità, anche per chi con la qualità non ha mai avuto troppa confidenza: ma se tutti, con uno sforzo nullo, possono raggiungere i requisiti di qualità, allora i requisiti di anzianità, anche se ridotti, diventano decisivi. E il cambiamento promesso diventa un inganno a svantaggio degli operatori di qualità e dei consumatori.
I prodotti delle zone terremotate
Abbastanza singolare, infine, la specifica sui prodotti provenienti da zone colpite “dai recenti eventi sismici”: per chi li espone in piazza, 5 punti in più. Resta da capire quali e quanti dolciumi natalizi siano davvero ascrivibili a quel territorio, e soprattutto quanto la postilla sia frutto di una concessione alla demagogia che ci sta sempre bene: la concessione, si legge sul bando, avrà durata di 9 anni. Tra qualche anno, passata (ci auguriamo) l’emergenza, che senso avrà fare un distinguo tra prodotti “terremotati” e non? Qualche perplessità pure sui 15 punti attribuiti per la tutela ambientale dell’area, sicuramente lodevoli, ma facilmente cumulabili con qualche luce a led e contenitori ecocompatibili (ma l'illuminazione di un evento storico simile non dovrebbe essere omogenea, perché si lascia a ciascun banco di proporre la propria?). Leggiamo, infine, che in caso di parità si procederà all’assegnazione privilegiando l’anzianità. E perché non quella qualità che si è deciso di mettere in risalto? “Promuoviamo chi fa meglio” ha ribadito in conferenza l’assessore Meloni. Presto sapremo se è vero osservando i risultati del bando, la sensazione è che anche per i prossimi 9 anni non ci sarà spazio nella Festa della Befana di Piazza Navona per nessunissima proposta gastronomica di eccellenza.
a cura di Livia Montagnoli