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Mangiare a New York. Le migliori aperture del 2016 per il NYT, con la cucina italiana di Lilia

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Dieci tavole, una top ten del cuore stilata dal critico gastronomico del New York Times, Pete Wells, selezionando le insegne più convincenti tra quelle aperte negli ultimi dodici mesi nella Grande Mela, dove convivono un gran numero di tendenze e cucine nazionali. La classifica del 2016 ne è la conferma, tra Francia, Italia, Perù e Nordic Cuisine. 

Le stelle del New York Times

Per chi durante le feste imminenti dovesse avere la fortuna di atterrare a New York, magari per festeggiare l'ultimo dell'anno con gli occhi rivolti al count down di Ground Zero, ma anche per tutti gli appassionati di buona cucina ed esperienze gastronomiche da ricordare, il New York Times stila una classifica di fine anno, che allinea i migliori assaggi del 2016. I critici gastronomici del quotidiano più celebre della Grande Mela seguono le sorti della ristorazione cittadina in modo assiduo e capillare, dispensando ai più meritevoli un numero di stelle da 1 a 4, in base al livello di gradimento per cucina, ambiente e servizio. La classifica che chiude l'anno, stilata da Pete Wells, pesca a piene mani dalle recensioni degli ultimi mesi, ma è pure un bilancio delle aperture che più hanno influenzato il panorama gastronomico newyorkese, a cominciare dal progetto Le Coucou, un nuovo modo, meno compassato e azzimato, di intendere la cucina francese che tante grandi tavole cittadine interpretano secondo la formula più canonica del genere.

Foto di Evan Sung

Le 10 migliori aperture del 2016. Sul podio anche la pasta di Lilia

L'insegna dello chef Daniel Rose (ce lo ricordiamo con grande gioia allo Spring di Parigi), invece è più giovane, informale, democratica, tanto nella rivisitazione dei grandi classici francesi quanto nella selezione di vini che esulano dalla solita carta di etichette esclusive vendute a caro prezzo. E questo gli permette di scalare la classifica 2016 del NYT, fino a raggiungere la vetta. Sul secondo gradino del podio, invece, sale la nuova insegna italiana di Williamsburg, Lilia: ideatrice e chef del concept inaugurato lo scorso marzo è Missy Robbins, che ha saputo conquistare la città con proposte semplici e ben eseguite, tra paste fresche, bagna cauda, sarde alla griglia e costolette d'agnello alle erbe. Segue sul podio la cucina di Mr. Donahue's, tavola calda economica e dal gusto retrò, in sala come in cucina. Per mangiare bene, spendendo poco.

Il resto della classifica pesca tra svariate suggestioni, tendenze e cucine nazionali che convivono in una metropoli gastronomica poliedrica come New York, dal menu a base di pollo del francese Le Coq Rico al Flatiron District alla food hall del Grand Central Terminal tutta dedicata alla Nordic Cuisine (Agern di Claus Meyer). E di cucina d'autore in arrivo dal circolo Artico parla anche la tavola di Aska, premiata dalla Michelin con il raddoppio della stella a seguito del recente trasloco, e tra le insegne preferite pure da Pete Wells. Ma c'è spazio anche per il cibo cinese di Hao Noodle and Tea by Madam Zhu's Kitchen, per la cucina dell'orto a km 0 di Olmsted (in cucina lo chef Greg Baxtrom, ex Alinea), la proposta peruviana d'autore di Llama Inn e del suo chef Erik Ramirez.

 

La top 10

Le Coucou

Lilia

Mr. Donahue's

Le Coq Rico

Agern

Aska

Hao Noodle and Tea by Madam Zhu's Kitchen

Gunter Seeger NY

Olsted

Llama Inn  

 

a cura di Livia Montagnoli


Heinz Beck e Cristina Bowerman aprono all’aeroporto di Fiumicino a Roma. Ristorazione gourmet nel nuovo terminal di Fiumicino

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Inaugura oggi il nuovo terminal del Leonardo Da Vinci riservato alle partenze internazionali extra Schengen, che ha richiesto sei anni di lavori e un ingente investimento. Nella piazza commerciale made in Italy anche dieci ristoranti, affidati alla gestione di grandi gruppi: Autogrill, Cremonini, Lagardere, My Chef. Osservati speciali Heinz Beck e Cristina Bowerman, con Attimi e Assaggio. 

La nuova area di imbarco di Fiumicino. Dopo 6 anni di lavori

Sei anni di lavori e 260 milioni di investimento per un spazio di 90mila metri quadri che ospiterà 22 nuovi gate dotando l’aeroporto Leonardo Da Vinci di Fiumicino, principale scalo aeroportuale capitolino (e primo in Italia per traffico e numero di passeggeri), di un terminal ambizioso riservato alle partenze dei voli intercontinentali (extra Schengen). Sotto la guida dell’azienda Cimolai, la struttura ha preso forma negli ultimi anni non senza difficoltà e controversie, e oggi alla presenza delle autorità l’area di imbarco E è stata finalmente inaugurata. Concepito secondo avanzati criteri ingegneristici e architettonici, il terminal si candida a diventare uno dei principali Airport Mall d’Europa e scommette su un design modulato su materiali di pregio che omaggiano la tradizione romana e un sapiente utilizzo della luce naturale, grazie all’abbondanza di superfici vetrate.  

 

Attimi di Heinz Beck

La piazza Made in Italy. Beck per Cremonini: Attimi

Tra i punti di forza del nuovo terminal, che si propone di soddisfare standard elevati di confort e servizi al pubblico modulati sulle esigenze di passeggeri internazionali (6 milioni di presenze previste ogni anno), la cosiddetta piazza del Made in Italy, l’area commerciale articolata su due piani che conta 40 punti vendita e che riunirà quattro grandi gruppi della ristorazione veloce nella definizione di un’offerta gastronomica diversificata in dieci diverse proposte. A cominciare dal gruppo Cremonini, che come anticipato nei mesi scorsi ha deciso di affidarsi a un grande nome del panorama gastronomico capitolino e nazionale come Heinz Beck. Con l’inaugurazione di Attimi, lo chef della Pergola arriva a controllare un impero della ristorazione che conta dieci insegne nel mondo. Chef Express, da parte sua, cede al fascino della cucina gourmet: il nuovo concept restaurant sviluppato da Cremonini in collaborazione con il cuoco tedesco disporrà di 260 metri quadrati e 70 coperti (mise en place elegante ed essenziale vista pista), prospettando al commensale la possibilità di spendere una cifra contenuta (entro i 40 euro) per gustare un menu di qualità.

I menu a tempo

Nello specifico l’idea gastronomica dello chef ha indagato il concetto di tempo e precisione del servizio, con l’elaborazione di tre differenti menu a tempo, da consumare rispettivamente in 30, 45 e 60 minuti, con ovvie variazioni di prezzo (si parte dai 38 euro bevande incluse per la proposta più breve). I sapori saranno quelli della tradizione romana rielaborati in chiave creativa, secondo la cifra stilistica che ha reso celebre la tavola di Beck, tra cacio e pepe e ravioli di burrata. In alternativa, per chi avesse premura di salire a bordo, la formula degli attimi che danno il nome all’insegna (assaggi veloci, ma altrettanto curati) e il menu take away, con snack d’autore da portare a bordo, come peraltro succede in tanti altri aeroporti del mondo, grazie al coinvolgimento di grandi chef (a Fiumicino già si segnala la presenza di Antonello Colonna, sempre per Cremonini). 

Assaggio, Cristina Bowerman per Autogrill

Bowerman per Autogrill: Assaggio

A questo proposito spetta ad Autogrill il merito di aver portato all’Aeroporto di Roma un’altra protagonista della scena gastronomica capitolina. Sarà Cristina Bowerman la stella di Assaggio Taste of Wine, nuovo format del gruppo ormai più che a proprio agio nel settore della ristorazione veloce di qualità, verso cui ha puntato il riposizionamento del brand da qualche anno a questa parte: “Collaborare con Autogrill in questo momento significa confrontarsi con un colosso della ristorazione veloce che sta decisamente aggiustando il tiro dell'offerta. E qui abbiamo intenzione di proporre ottima materia prima, preparazioni espresse, una cucina fine dining che sia però facilmente replicabile: che la trasmissione del know how possa essere diretta e immediata è essenziale in uno spazio dove il personale gira di continuo”. Il concept inedito vuole condurre il pubblico internazionale in un tour enogastronomico alla scoperta dei migliori vini regionali italiani; e per riuscire nell’intento proporrà ai commensali tre piatti firmati da Cristina Bowerman, che ha pure supervisionato l’intera proposta gastronomica di Assaggio, dall’aperitivo al pasto completo, tra sushi, trota affumicata al salmoriglio, caviale dell'Adriatico, piatti caldi e insalate che valorizzano il pesce fresco e gli ingredienti made in Italy. Dalla carta dei signature dish si parte con l'Uovo poche(cotto nel rooner “uno strumento all'avanguardia per un aeroporto!”) con mozzarella di bufala e patate- “e con l'acqua di mozzarella avanzata realizziamo un altro piatto in menu: l'idea di contenere gli sprechi e ottimizzare le risorse ci ha guidato in tutta la concezione del format gastronomico” - una Pasta ripiena di salsa romesco con acqua di mozzarella e mandorle, il Crudo di pesce affumicato, miso e semi misti.

Il Bistrot di Autogrill

Il nuovo Bistrot. Con laboratorio di panificazione

Ma Autogrill sarà protagonista al Terminal E anche con il suo Bistrot (il secondo al Leonardo Da Vinci), qui con un allestimento particolarmente affascinante che sfrutta uno degli spazi più suggestivi della piazza, sotto la bolla vetrata del terminal. E dietro al banco ecco la sorpresa: un laboratorio di panificazione all'avanguardia che rifornirà di pane e pizza tutte le insegne del gruppo in aeroporto: “C'è dietro un grande sforzo tecnologico, ma anche un lavoro importante sulla formazione delle persone, perché abbiamo voluto ricreare la professionalità del panificatore, che è merce molto rara”. Tra le novità anche due terminali automatici per ordinare scongiurando la fila alla cassa, sul modello di grandi catene fast food, “con la differenza che qui molto viene realizzato espresso, e la qualità dell'offerta è ben superiore”. E c'è anche il raddoppio del wine bar Rosso Intenso, oltre alla collaborazione con Kimbo per la realizzazione del grande bar dedicato al caffè (dove la Cuccuma napoletana affiancherà l'espresso tradizionale) che fronteggia le scale mobili centrali.

Farinella by Lagardere

Il tris di Lagardere, dalla pizza al ramen

È della partita presso la piazza made in Italy anche Lagardere, che all’appuntamento si presenta con un pacchetto di tre brand all’esordio capitolino: Farinella, Ajisen Ramen, Beercode. Mentre il concept dedicato alla birra (lounge, dining&coffee, beer&kitchen con il banco della mescita al centro e molti hamburger in carta) è nato proprio in casa del gruppo francese solo qualche mese fa, con la prima inaugurazione all’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna, Farinella è un’idea (sviluppata da Maria Laura Angelesi) di “moderna trattoria tradizionale” già più volte replicata in giro per l’Italia e in Europa, tra Amsterdam, Barcellona, Milano (e presto anche a Torino, Bergamo, Marsiglia). In tavola prodotti e sapori mediterranei per un menu onnicomprensivo che spazia dalla pasta fresca alla pizza, dalla griglia al pesce. Più esotica la terza proposta, che punta su uno dei trend più in voga del momento, il ramen: Ajisen Ramen è una catena fondata nel 1968 in Giappone, che oggi conta oltre 800 filiali nel mondo. La specialità della casa è il Tonkotsu, il brodo saporitissimo di maiale, e con l’apertura di Fiumicino il brand arriva per la prima volta in Italia con la mediazione di Lagardere.

Michelangelo Bistrot

My Chef con Michelangelo Citini

Chiude la quaterna My Chef (oggi Areas), già protagonista in passato del restyling della food court al terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino, dove conta moltissime insegne, dal Wine&Food Restaurant al corner Ferrari Spazio Bollicine. Per onorare il nuovo terminal, però, il gruppo scommette su un concept fine dining che ha già raccolto grande apprezzamento a Linate: Michelangelo bistrot. Tra i fuochi della cucina a vista, nella mattinata inaugurale, si muove deciso proprio lo chef Michelangelo Citini, che probabilmente si dividerà tra i due scali per supervisionare un lavoro improntato alla ristorazione gourmet (proprio accanto agli Attimi di Beck). Chiude il cerchio lo Chef Market, che dirimpetto al Bistrot di Autogrill proporrà una cucina made in Italy fondata su grandi brand dell'industria alimentare, dai salumi Ferrarini alla pasta Barilla.

Perché in fondo l'obiettivo comune – dopo il riconoscimento arrivato lo scorso ottobre che ha premiato l'aeroporto di Fiumicino come primo hub europeo per qualità dei servizi – è quello di “investire sulla qualità del nostro modo di vivere”, come chiosa il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni salutando l'apertura del nuovo spazio. Che per ADR è solo un inizio. 

 

a cura di Livia Montagnoli

Heinz Beck e Cristina Bowerman aprono all’aeroporto di Roma. Ristorazione gourmet nel nuovo terminal di Fiumicino

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Inaugura oggi il nuovo terminal del Leonardo Da Vinci riservato alle partenze internazionali extra Schengen, che ha richiesto sei anni di lavori e un ingente investimento. Nella piazza commerciale made in Italy anche dieci ristoranti, affidati alla gestione di grandi gruppi: Autogrill, Cremonini, Lagardere, My Chef. Osservati speciali Heinz Beck e Cristina Bowerman, con Attimi e Assaggio. 

La nuova area di imbarco di Fiumicino. Dopo 6 anni di lavori

Sei anni di lavori e 260 milioni di investimento per un spazio di 90mila metri quadri che ospiterà 22 nuovi gate dotando l’aeroporto Leonardo Da Vinci di Fiumicino, principale scalo aeroportuale capitolino (e primo in Italia per traffico e numero di passeggeri), di un terminal ambizioso riservato alle partenze dei voli intercontinentali (extra Schengen). Sotto la guida dell’azienda Cimolai, la struttura ha preso forma negli ultimi anni non senza difficoltà e controversie, e oggi alla presenza delle autorità l’area di imbarco E è stata finalmente inaugurata. Concepito secondo avanzati criteri ingegneristici e architettonici, il terminal si candida a diventare uno dei principali Airport Mall d’Europa e scommette su un design modulato su materiali di pregio che omaggiano la tradizione romana e un sapiente utilizzo della luce naturale, grazie all’abbondanza di superfici vetrate.  

 

Attimi di Heinz Beck

La piazza Made in Italy. Beck per Cremonini: Attimi

Tra i punti di forza del nuovo terminal, che si propone di soddisfare standard elevati di confort e servizi al pubblico modulati sulle esigenze di passeggeri internazionali (6 milioni di presenze previste ogni anno), la cosiddetta piazza del Made in Italy, l’area commerciale articolata su due piani che conta 40 punti vendita e che riunirà quattro grandi gruppi della ristorazione veloce nella definizione di un’offerta gastronomica diversificata in dieci diverse proposte. A cominciare dal gruppo Cremonini, che come anticipato nei mesi scorsi ha deciso di affidarsi a un grande nome del panorama gastronomico capitolino e nazionale come Heinz Beck. Con l’inaugurazione di Attimi, lo chef della Pergola arriva a controllare un impero della ristorazione che conta dieci insegne nel mondo. Chef Express, da parte sua, cede al fascino della cucina gourmet: il nuovo concept restaurant sviluppato da Cremonini in collaborazione con il cuoco tedesco disporrà di 260 metri quadrati e 70 coperti (mise en place elegante ed essenziale vista pista), prospettando al commensale la possibilità di spendere una cifra contenuta (entro i 40 euro) per gustare un menu di qualità.

I menu a tempo

Nello specifico l’idea gastronomica dello chef ha indagato il concetto di tempo e precisione del servizio, con l’elaborazione di tre differenti menu a tempo, da consumare rispettivamente in 30, 45 e 60 minuti, con ovvie variazioni di prezzo (si parte dai 38 euro bevande incluse per la proposta più breve). I sapori saranno quelli della tradizione romana rielaborati in chiave creativa, secondo la cifra stilistica che ha reso celebre la tavola di Beck, tra cacio e pepe e ravioli di burrata. In alternativa, per chi avesse premura di salire a bordo, la formula degli attimi che danno il nome all’insegna (assaggi veloci, ma altrettanto curati) e il menu take away, con snack d’autore da portare a bordo, come peraltro succede in tanti altri aeroporti del mondo, grazie al coinvolgimento di grandi chef (a Fiumicino già si segnala la presenza di Antonello Colonna, sempre per Cremonini). 

Assaggio, Cristina Bowerman per Autogrill

Bowerman per Autogrill: Assaggio

A questo proposito spetta ad Autogrill il merito di aver portato all’Aeroporto di Roma un’altra protagonista della scena gastronomica capitolina. Sarà Cristina Bowerman la stella di Assaggio Taste of Wine, nuovo format del gruppo ormai più che a proprio agio nel settore della ristorazione veloce di qualità, verso cui ha puntato il riposizionamento del brand da qualche anno a questa parte: “Collaborare con Autogrill in questo momento significa confrontarsi con un colosso della ristorazione veloce che sta decisamente aggiustando il tiro dell'offerta. E qui abbiamo intenzione di proporre ottima materia prima, preparazioni espresse, una cucina fine dining che sia però facilmente replicabile: che la trasmissione del know how possa essere diretta e immediata è essenziale in uno spazio dove il personale gira di continuo”. Il concept inedito vuole condurre il pubblico internazionale in un tour enogastronomico alla scoperta dei migliori vini regionali italiani; e per riuscire nell’intento proporrà ai commensali tre piatti firmati da Cristina Bowerman, che ha pure supervisionato l’intera proposta gastronomica di Assaggio, dall’aperitivo al pasto completo, tra sushi, trota affumicata al salmoriglio, caviale dell'Adriatico, piatti caldi e insalate che valorizzano il pesce fresco e gli ingredienti made in Italy. Dalla carta dei signature dish si parte con l'Uovo poche(cotto nel rooner “uno strumento all'avanguardia per un aeroporto!”) con mozzarella di bufala e patate- “e con l'acqua di mozzarella avanzata realizziamo un altro piatto in menu: l'idea di contenere gli sprechi e ottimizzare le risorse ci ha guidato in tutta la concezione del format gastronomico” - una Pasta ripiena di salsa romesco con acqua di mozzarella e mandorle, il Crudo di pesce affumicato, miso e semi misti.

Il Bistrot di Autogrill

Il nuovo Bistrot. Con laboratorio di panificazione

Ma Autogrill sarà protagonista al Terminal E anche con il suo Bistrot (il secondo al Leonardo Da Vinci), qui con un allestimento particolarmente affascinante che sfrutta uno degli spazi più suggestivi della piazza, sotto la bolla vetrata del terminal. E dietro al banco ecco la sorpresa: un laboratorio di panificazione all'avanguardia che rifornirà di pane e pizza tutte le insegne del gruppo in aeroporto: “C'è dietro un grande sforzo tecnologico, ma anche un lavoro importante sulla formazione delle persone, perché abbiamo voluto ricreare la professionalità del panificatore, che è merce molto rara”. Tra le novità anche due terminali automatici per ordinare scongiurando la fila alla cassa, sul modello di grandi catene fast food, “con la differenza che qui molto viene realizzato espresso, e la qualità dell'offerta è ben superiore”. E c'è anche il raddoppio del wine bar Rosso Intenso, oltre alla collaborazione con Kimbo per la realizzazione del grande bar dedicato al caffè (dove la Cuccuma napoletana affiancherà l'espresso tradizionale) che fronteggia le scale mobili centrali.

Farinella by Lagardere

Il tris di Lagardere, dalla pizza al ramen

È della partita presso la piazza made in Italy anche Lagardere, che all’appuntamento si presenta con un pacchetto di tre brand all’esordio capitolino: Farinella, Ajisen Ramen, Beercode. Mentre il concept dedicato alla birra (lounge, dining&coffee, beer&kitchen con il banco della mescita al centro e molti hamburger in carta) è nato proprio in casa del gruppo francese solo qualche mese fa, con la prima inaugurazione all’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna, Farinella è un’idea (sviluppata da Maria Laura Angelesi) di “moderna trattoria tradizionale” già più volte replicata in giro per l’Italia e in Europa, tra Amsterdam, Barcellona, Milano (e presto anche a Torino, Bergamo, Marsiglia). In tavola prodotti e sapori mediterranei per un menu onnicomprensivo che spazia dalla pasta fresca alla pizza, dalla griglia al pesce. Più esotica la terza proposta, che punta su uno dei trend più in voga del momento, il ramen: Ajisen Ramen è una catena fondata nel 1968 in Giappone, che oggi conta oltre 800 filiali nel mondo. La specialità della casa è il Tonkotsu, il brodo saporitissimo di maiale, e con l’apertura di Fiumicino il brand arriva per la prima volta in Italia con la mediazione di Lagardere.

Michelangelo Bistrot

My Chef con Michelangelo Citini

Chiude la quaterna My Chef (oggi Areas), già protagonista in passato del restyling della food court al terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino, dove conta moltissime insegne, dal Wine&Food Restaurant al corner Ferrari Spazio Bollicine. Per onorare il nuovo terminal, però, il gruppo scommette su un concept fine dining che ha già raccolto grande apprezzamento a Linate: Michelangelo bistrot. Tra i fuochi della cucina a vista, nella mattinata inaugurale, si muove deciso proprio lo chef Michelangelo Citini, che probabilmente si dividerà tra i due scali per supervisionare un lavoro improntato alla ristorazione gourmet (proprio accanto agli Attimi di Beck). Chiude il cerchio lo Chef Market, che dirimpetto al Bistrot di Autogrill proporrà una cucina made in Italy fondata su grandi brand dell'industria alimentare, dai salumi Ferrarini alla pasta Barilla.

Perché in fondo l'obiettivo comune – dopo il riconoscimento arrivato lo scorso ottobre che ha premiato l'aeroporto di Fiumicino come primo hub europeo per qualità dei servizi – è quello di “investire sulla qualità del nostro modo di vivere”, come chiosa il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni salutando l'apertura del nuovo spazio. Che per ADR è solo un inizio. 

 

a cura di Livia Montagnoli

Ricette di Natale dal mondo. La Russia di Nikita Sergeev

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Natale uguale tradizione? Sì, certo; ma chi l'ha detto che deve necessariamente essere la nostra? Abbiamo chiesto ad alcuni chef stranieri che lavorano sul nostro territorio di raccontarci un po' delle tradizioni dei loro paesi di origine. E di darci qualche ricetta tipica.

In Russia il Natale si vive con qualche giorno di differenza rispetto all'Italia. “Per anni è stato praticamente abolito: ai tempi di Stalin era vietato anche andare in chiesa per celebrare la festa, e qualcuno lo faceva di nascosto” per questo i festeggiamenti, tradizionalmente, non coincidono con il 25 dicembre. “Il Natale ortodosso è all'inizio di gennaio, si festeggia con l'Epifania” racconta Nikita Sergeev del ristorante L'Arcade. Russo di nascita, italiano di adozione, ci spiega come, nel tempo, si sia diffusa l'abitudine di celebrare come festa principale, la fine dell'anno. “Anche i regali si scambiano a Capodanno” spiega “ma, ovviamente, per le persone più giovani, che non hanno vissuto alcuni momenti della storia russa né ne conservano il ricordo, non è più così, perché hanno fatto propria la tradizione del 25 dicembre”. Trasferitosi in Italia 15 anni fa, stagione più stagione meno, oggi propone nel suo ristorante a Porto San Giorgio una cucina contemporanea, fortemente radicata nel territorio marchigiano, ma rinnovata completamente da spunti che arrivano dritti dritti dalle sue radici: salamoie, fermentazioni, sapori spigolosi e poi allusioni giocose alla cucina pop e tanto altro ancora in un vivace compendio di contemporaneità. Una cucia piena di ritmo, decisamente inconsueta in un territorio che ancora fatica a scostarsi dalla ristorazione vacanziera.

Niki

La tavola delle feste

Più che un piatto tipico, c'è una tavola tipica: “il segnale della festa è la tavola riccamente imbandita”, così piena che rischia di rompersi per il peso di tanto cibo. È questo, con una traduzione non proprio letteraria, il modo di dire che definisce la tradizione gastronomica delle grandi occasioni. L'opulenza è sintomo di festa. E la tavola è il palcoscenico privilegiato in cui si allestisce un ricchissimo antipasto formato da diverse pietanze portate tutte insieme. È il Mizet alla russa. Che riunisce frutta (specialmente mele) e verdura in salamoia, germogli di aglio, cetriolini e altri vegetali marinati, pesci conservati, salmone affumicato, aringhe, trote. E poi tante insalate, soprattutto di tuberi: patate, carote e gli altri prodotti che dona la terra nei freddi inverni russi. Nell'antipasto tradizione i pirog, una specie di torta salata, di diverse dimensioni (anche monoporzione) e farciture: pollo, riso, pesci di fiume sono le più comuni.

Un piatto immancabile è l'insalata Olivier: una specie di insalata russa a base di carne, un tempo preparata per lo zar: con colli di tordi, lingue di galli, filetto, ma esistono diverse varanti, anche con chele di granchio, scampi e altri bocconi prelibati serviti con una ciotola di maionese in cui intingerli; e una specie di aspic realizzato cuocendo in acqua alcuni tagli di carne ricchi di collagene, fino a ottenere un brodo denso e gelatinoso con cui coprire la carne disossata. Lo stesso aspic si trova anche di pesce. Ad accompagnarlo salsa al cren.

 

I secondi

Dopo tutti questi antipasti si serve un secondo, “ovviamente non lo chiamiamo secondo” dice Niki “ma piatto caldo. Nella mia famiglia si preparavano di solito dei volatili, anatra o oca, cotti interi al forno, insieme alle patate confit cotte intere nel grasso dello stesso animale”. I pesci, sempre preparati interi, sono riservati ad altre ricorrenze, compleanni e matrimoni: d'inverno si prediligono cibi più grassi. Come pesce di acqua dolce o carne di maiale. Una ricetta tipica è con il maialino da latte. “A vederla ricorda una specie di porchetta” racconta Niki. “il maiale viene disossato, ma lasciato intero, con la testa e coda, e poi farcito di grano saraceno cotto e ripassato con verdure, aglio e pancetta affumicata. Una volta riempito viene cucito e cotto al forno”. Le carni si portano al tavolo intere, sono presentazioni opulente e molto suggestive e trasmettono una magnificenza, che in qualche modo si può ricondurre ai tempi dello zar. Perché la festa è ricchezza. Una volta a tavola, il maialino si serve a fette accompagnato da salsa piccante al cren o, ancor meglio, una salsa di mirtilli di palude leggermente amara e acidula.

maialino

 

1 maialino da latte

1 kg grano saraceno tostato

500 g cipolla dorata

300 g guanciale affumicato

alloro, cumino, paprika, sale, pepe bianco

Cuocere il grano saraceno facendolo bollire in acqua. Una volta cotto, scolare al dente e passare in padella in cui è stato precedentemente fatto un soffritto con le cipolle tagliate finemente e il guanciale.

Lavare il maialino, farcirlo con il grano saraceno, salato, speziato e pepato.

Cucirlo, appoggiare su una teglia da forno e cucocere a 160ºC per 6 ore, avendo cura di irrorarlo con il liquido di cottura.

 

a cura di Antonella De Santis

L'Arcade | Porto San Giorgio | via Giordano Bruno, 76 | tel. 0734 675961 | http://www.ristorantelarcade.it/

 

 

Una CityFarm nel centro di Milano. Il nuovo progetto di Genagricola e Alessandro Rosso

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Da qualche giorno in piazza Cordusio ha aperto i battenti il concept store dedicato ai prodotti della filiera agricola italiana, che entro la prossima primavera accoglierà anche un ristorante di cucina casareccia, per portare la campagna nel cuore della città. Come nasce l'idea. 

Dal temporary store al ristorante

A dispetto delle apparenze, Milano – moderna capitale degli affari – è una città che deve molto al rapporto con il contesto agricolo che la circonda, proprio a cominciare dalla rete di cascine storiche che si concentrano appena fuori dal perimetro urbano. Da qualche giorno però, anche nel cuore della città, non molto distante da piazza Duomo, la campagna e i suoi prodotti sono protagonisti di un format inedito che sul valore della filiera agricola scommette per catturare l'attenzione di milanesi distratti e turisti di passaggio a piazza Cordusio. Si chiama CityFarm, ed è un temporary store nato dalla collaborazione tra Genagricola – holding agroalimentare di Generali Italia – e Alessandro Rosso, l'imprenditore milanese noto per il rinnovamento di molti spazi in Galleria, oggi destinati all'ospitalità e alla ristorazione. Il progetto, operativo a metà dallo scorso 16 dicembre, sarà finalizzato all'apertura di uno spazio dedicato alla ristorazione veloce entro la primavera 2017, quando al termine della ristrutturazione dei locali all'angolo tra via dei Mercanti e piazza Cordusio sorgerà il concept che Rosso, finora patron di progetti improntati all'esclusività, ha in mente da qualche tempo per coniugare la qualità dell'offerta con una proposta gastronomica informale, rapida e per tutte le tasche. Intanto però CityFarm ha inaugurato nel segno dei prodotti a marchio Genagricola, disponibili per la vendita diretta insieme alla gamma dei panettoni Taveggia ideata per il Natale 2016 in collaborazione con quattro noti chef (Moreno Cedroni, Andrea Berton, Luca Marchini, Felice Lo Basso).

La filiera consapevole e la campagna in città

Più chiaro l'intento dell'operazione nelle parole di Alessandro Marchionne, Ad di Genagricola: “L’intento non è certamente quello di aprire un punto vendita: attraverso CityFarm, intendiamo portare uno spaccato di campagna in città. Vogliamo offrire ai nostri clienti un ambiente rilassante ed informale, dove poter gustare cibi genuini ed eccellenti, cercando anche di restituire la centralità dell’agricoltura nella vita di chiunque”. E prosegue sul futuro dello spazio: “CityFarm è – e diverrà sempre di più – uno spiraglio che, attraverso la cucina e la gastronomia, avrà modo di ricordare e promuovere l’agricoltura italiana”. E per stimolare quella consapevolezza alimentare di cui tanti si fanno alfieri negli ultimi tempi. Gli fa eco Alessandro Rosso, che col settore della ristorazione ha ormai a che fare da molti anni: ora “la partnership con Genagricola ci offre l’opportunità di chiudere la filiera che dalla terra porta alla tavola”. Lo spazio, articolato su due piani e ripensato dall'architetto Massimo Magaldi, si sviluppa su una superficie di 500 metri quadri; da marzo il secondo piano ospiterà il ristorante, una cucina casareccia che ricorda un pranzo in campagna, tra bruschette, pasta fresca, carne di qualità. E del resto nel paniere Genagricola confluiscono i prodotti di 23 imprese che coltivano circa 14mila ettari (più due all'estero). Quattro le aree di competenza: viticoltura, allevamento (400 capi tra Friuli e Lazio), colture erbacee e produzione di energia rinnovabile. L'obiettivo è quello di valorizzare la materia prima, dalla mozzarella di bufala al riso, sin dalle prime settimane, con degustazioni di vino e vendita di prodotti sicuri a prezzi convenienti. Vedremo se l'idea di Genagricola saprà conquistare una piazza già molto consapevole come quella di Milano.

 

CityFarm | Milano | piazza Cordusio, 2 | www.genagricola.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare in Montagna, Sestriere, la val di Susa e la val Chisone

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La più grande stazione sciistica del Piemonte, adagiata su un colle che collega la val Chisone alla val di Susa. È Sestriere, un comune di circa 900 abitanti che d’inverno si popola a dismisura. Per la rubrica mangiare in montagna oggi vi raccontiamo i migliori indirizzi di Sestriere, della val di Susa e della val Chisone.

Vacanze in Piemonte: Sestriere, val di Susa e val Chisone

Due valli dalle cime innevate, punto di riferimento per gli sport invernali e per gli amanti dei paesaggi naturali. Sono la val di Susa e la val Chisone, valli ricche di storia, tradizioni e prodotti unici. In mezzo c’è Sestriere, la più grande stazione sciistica del Piemonte, un comune relativamente giovane che ha fatto la fortuna di queste valli, prima meta di flussi turistici soprattutto locali. Ma a poco più di 80 anni dalla sua fondazione, Sestriere è diventata una località rinomata, presa di mira dai turisti sia nei mesi più freddi che nella stagione estiva. Partiamo da qui per un tour che permetta di scoprire la bellezza di queste zone e gli autentici sapori piemontesi.

 

La val di SusaLa val di Susa

Sestriere e gli Agnelli

Le vicende di Sestriere sono legate alla famiglia Agnelli, un nome che in Piemonte è un’istituzione, non solo per la Fiat ma anche per lo sport e il turismo. La località fu fondata nel 1934 per decreto regio, sui terreni contesi fra tre comuni, ma fu Giovanni Agnelli a farne la fortuna: nel 1930 aveva già comprato molti terreni, su cui fece edificare due alberghi, noti comeLe torri, e tre funivie. Il successo fu immediato. Lo sviluppo fu però bloccato dalla seconda guerra mondiale, anche per la posizione strategica di Sestriere, poi quasi del tutto distrutto. A venire in soccorso della piccola comunità furono di nuovo gli Agnelli, con Giovanni Nasi, nipote del senatore e sindaco dal 1948 al 1980. Ed è proprio fra gli anni '70 e '80 che Sestriere inizia a vivere una stagione felice dal punto di vista turistico, stagione che ancora non viene interrotta.

 

Cosa vedere a Sestriere

Sono tre i nuclei abitativi della comunità montana: Sestriere Colle, sulla linea di displuvio, Sestriere Borgata, nella valle del Chisone, Champlas du Col-Champlas Janvier, nella val di Susa. Ognuno dei tre borghi ha un’atmosfera incantata, che catapulta subito i visitatori in uno scenario d’altri tempi. Per godere appieno dell’arrivo a Sestriere vi consigliamo la via dell’Assietta, la strada carrozzabile più alta d’Italia, lunga circa 60 chilometri che tocca spesso i 2000 metri di quota. Da qui potrete godere di un panorama mozzafiato sulle valli e su Sestriere. Superato il colle omonimo, si può raggiungere la Testa dell'Assietta (2566 m) dove un obelisco ricorda la battaglia del 1747, un episodio della Guerra di successione austriaca.

SestriereLe vette del Sestriere

Per chi è in cerca di visite culturali, consigliamo la chiesa di Sant'Antonio Abate, a Champlas du Col, la cui struttura originale risale al XII secolo, ma venne ricostruita nel 1839 e poi restaurata all'inizio del Novecento. Al suo interno si trovano un pulpito del 1747 e un retablo in legno del XVII secolo. La chiesa di Sant'Edoardo, a Colle Sestriere, fu fatta costruire da Giovanni Agnelli in memoria del figlio Edoardo, morto in un incidente aereo nel 1935. Sul suo portale in bronzo massiccio sono raffigurati i sette figli del patriarca Edoardo Agnelli, padre di Gianni.

 

Le piste da sci

Sestriere fa parte, insieme a Claviere, Sauze d'Oulx, Cesana, San Sicario e Pragelato, del comprensorio sciistico della Via Lattea, che conta ben 200 piste per un totale di oltre 400 chilometri. Solo a Sestriere si trovano 42 piste e 17 impianti di risalita. Quelle più interessanti, anche per le gare che ospitano, sono Fraiteve, Sises e Banchetta. Dal 1967 qui si svolgono le gare di Coppa del mondo di sci alpino.

Ma lo sci non è tutto in questa zona del Piemonte: questa è una zona importante per tutti gli sport invernali con piste di fondo e itinerari per le ciaspole, e spazi adatti per lo sci nordico, il trekking con racchette, il pattinaggio e l’arrampicata sul ghiaccio Inoltre, a Sestriere è presente una delle principali sedi di Sleddog italiane, la pratica delle escursioni con i cani da slitta nordici, i siberian husky.

 

Sestriere, piste da sciLe piste da sci di Sestriere

 

Gli sport estivi

È nelle attività sportive all’aperto che Sestriere si esprime appieno, e non solo in inverno. D’estate sono diversi i percorsi di trekking che permettono di ammirare i paesaggi naturali: dai quelli più agevoli, come La passeggiata del senatore o la Diga del Chisonetto, adatto anche ai portatori di handicap, a quelli più difficili, come il Monte Giornalet, passando per la Rognosa del Sestriere, da dove si gode di una vista a 360 gradi. In questa zona, ogni terza domenica di luglio si corre la Cesana-Sestriere, una spettacolare gara automobilistica in salita, mentre la settimana dopo inizia il celebre meeting internazionale di atletica leggera. Sestriere è inoltre un punto di riferimento per gli amanti del ciclismo di montagna ed è stata più volte arrivo di tappa del Giro d'Italia. Anche il parapendio è uno sport molto praticato, grazie alle vette presenti.

 

I piatti tipici della val di Susa e della val Chisone

La cucina di questa zona è una commistione fra le tradizioni piemontesi delle valli e l’influenza francese. Tra i primi piatti sono molto diffuse le Cajettes: gnocchi di patate, ortica, cipolla e farina di segale, solitamente gratinati al forno. Per zuppe e minestre le castagne sono le protagoniste: insieme con i fagioli, con orzo e funghi, oppure nella minestra di castagne al latte.

 

Minestra di castagne

Mentre tra i secondi, rigorosamente di carne, ci sono il capocollo con le patate, il prosciutto cotto al fieno, il pollo ripieno di verdure e il bollito. Da accompagnare a verdure, cui è dedicato grande spazio da queste parti. Si tratti della torta di San Pietro, fatta con patate, fave e castagne, o della salsiccia di cavolo, delle Pilot, una sorta di frittelle di patate grattugiate da accompagnare con speck o lardo, o dei peperoni ripieni.

I salumi tipici sono tantissimi: la Bondiola, famoso per la sua forma irregolare, il Prosciuttello crudo, l'unico prosciutto crudo stagionato di tutto il territorio piemontese, il salame Mica, a grana medio-grossa che ha la forma di una toma. Tome, tomini e ricotte sono alcuni dei formaggi tipici, da mangiare al naturale, accompagnati da composte e miele locale, o cotti sulla piastra. Da non perdere l'assaggio di Murianengo, un formaggio a pasta burrosa con muffe nobili, formaggio a crosta rossa, Seirass, Tuma del lait brusc.

Salumi val di SusaSalumi e insaccati della val di Susa

Un prodotto unico nel suo genere è il Brus, un derivato del latte simile a un formaggio cremoso dal gusto molto forte, una volta prodotto facendo fermentare croste o pezzi di altri formaggi nel distillato di vinacce.

Fra i dolci più famosi la focaccia dolce di Susa, il Pan della Marchesa, una torta con mandorle e nocciole tostate, le Lose golose, biscotti al sapore di pesca e amaretto, i Rubianesi, grandi biscotti tipici del comune di Rubiana, che arrivano a toccare i 20 cm.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2017

 

Biovey - Hotel Villa Mysotis (Bardonecchia)

Il belvedere, o biovey, è uno dei punti di forza di questo ristorante-chalet a Bardonecchia che d'estate gode anche di un bel giardino. La cucina è curata ed elegante, incentrata sui sapori del territorio ma con un tocco di originalità con menù degustazione che cambiano continuamente. Ottimi dolci della casa della tradizione piemontese, e una carta dei vini che celebra le etichette locali e in particolare quelli da uve autoctone. Possibilità di pernottare in una delle 8 camere. Una Forchetta nella guida Ristoranti d’Italia 2017.

 

Naskira - Hotel chalet Il capricorno (Sauze D’Oulx)

Uno chalet immerso in un paesaggio incantevole, fra boschi di conifere, piste da sci e vette che toccano i 1800 metri. La cucina di Fabrizio Barbero è legata strettamente alla tradizione regionale, di cui esalta sapori e forme, re-interpretandoli in chiave moderna. Selezioni di formaggi da piccoli produttori, carni acquistate localmente e attenzione alla stagionalità. Per finire il pasto una tavolozza di sorbetti nella stagione estiva o un dolce tipico d’inverno, realizzato a regola d’arte.. Nove camere incantevoli in cui poter pernottate completano l’offerta. Una Forchetta nella guida Ristoranti d’Italia 2017.

 

Piazza Duomo (Pinerolo)

Sicuro riferimento nel centro storico di Pinerolo. La cucina è moderna e aperta alle contaminazioni, le materie prime di qualità, il menù unisce sapori che hanno origine dall’arco alpino alle sponde del Mediterraneo. Una parte degli ottimi dolci viene dall’Antica Pasticceria Castino, della stessa proprietà. Interessante ma non ampissima la carta dei vini.

 

Taverna degli acaja (Pinerolo)

Da 35 anni una tavola solida e di tradizione a pochi passi dal cuore della cittadina piemontese. In menù i classici del repertorio locale, realizzati con prodotti d’eccellenza, in particolare le paste fresche e le carni. In cantina l’attenzione è rivolta alle produzioni regionali, ma con qualche spazio anche per etichette d’oltralpe.

 

Trattoria Zappatori (Pinerolo)

Un ambiente unico per una trattoria che accoglie il cliente con una sosta in un giardino zen, curato e rilassante con uno spazio dedicato alla proposta gourmet: la Gastronavicella (due tavoli gourmet all'interno della trattoria). La costruzione del tardo ‘700 è stata ristrutturata con gusto e raffinatezza per accogliere la cucina di Christian Milone, in perenne equilibrio fra la “sua” tradizione e il desiderio di sperimentare. I dessert sono insoliti e creativi, uno strumento per sorprendere il cliente e lasciargli un ricordo particolare. Prezzi flessibili a pranzo e diverse proposte per i menù degustazione. Una cantina ben fornita di referenze nazionali, e non, completa l’offerta. Due Forchette nella guida Ristoranti d’Italia 2017.

 

La locanda di Casapautasso (San Secondo di Pinerolo)

In un’affascinante residenza di campagna sorge il locale di Maria Maddalena Pautasso, indirizzo di riferimento per chi vuole gustare un’autentica cucina piemontese non priva di contaminazioni creative. Materie prime di qualità elevatissima, piatti molto curati nei dettagli, menù che cambia secondo le stagioni. Ottimi i dolci della casa, genuini e mai pesanti. La carta è ben strutturata sull’offerta gastronomica, e il servizio è cortese e attento alle richieste del cliente. Spazio esterno per i pranzi estivi e possibilità di pernottamento Due Gamberi nella guida Ristoranti d’Italia 2017.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA STREET FOOD 2017

La Gofreria (Pinerolo)

I Gofri, cialde usate come pane nella tradizione piemontese originari delle valli Susa e Chisone, rivivono in questo locale di Pinerolo. Le giovani proprietarie, nipoti di una delle maestre di questa pietanza, li propongono anche girando la regione con una Gofri-mobile. Farine biologiche, ingredienti di prima qualità e la possibilità di creare da soli i propri abbinamenti rendono unico questo locale.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA BAR D’ITALIA 2017

Antica pasticceria Castino Ferraund (Pinerolo)

Stessi proprietari del ristorante Piazza Duomo, questo storico indirizzo ha creato la celebre torta Zurigo per la principessa Jolanda di Savoia nel 1930. Il laboratorio interno sforna oltre 20 tipi di croissant, da gustare insieme a un ottimo caffè, un cremoso cappuccino o un aromatico marocchino. A pranzo panini, tramezzini e croissant salati, tutti farciti con prodotti locali. Al pomeriggio tè in foglia da abbinare alle torte o alla piccola pasticceria. Interessante anche l’aperitivo, con proposte e sfizi golosi, vini al bicchiere e un’interessante selezione di vermouth. Due Chicchi e Due Tazzine nella guida Bar d’Italia 2017.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA PASTICCERI&PASTICCERIE 2017

Ugetti (Bardonecchia)

Una pasticceria storica, dal 1882 della famiglia Ugetti, che prosegue tenendo alta l’asticella della qualità, a partire dalla rigorosa selezione dei prodotti di stagione di Franco Ugetti, che raccoglie e seleziona ingredienti locali e insoliti. Qui si viene per mangiare i golosi krapfen, in più gusti, o uno delle tantissime prelibatezze della piccola pasticceria piemontese. Interessanti le torte, i “bicchierini” e i lievitati. Ottima la parte dedicata al cioccolato: dalle creazioni tipiche come i bardonecchiesi e le rocce, a quelle più classiche come le praline e le tavolette. Due Torte nella guida Pasticceri & Pasticcerie 2017.

 

indirizzi

Antica pasticceria Castino Ferraund | Pinerolo (TO) | piazza San Donato, 42 | tel. 0121 377786 | www.facebook.com/pg/Antica-Pasticceria-Castino-1748047065423986

Biovey - Hotel Villa Mysotis | Bardonecchia (TO) | via Gen. Cantore, 2 | tel. 0122 999883 | www.villamyosotis.it

La Gofreria | Pinerolo (TO) | via Savoia, 27 | tel. 0121 379677

La locanda di Casapautasso | San Secondo di Pinerolo (TO) | via Delio Godino, 17/A | tel. 0121 501555 | www.casapautasso.it

Naskira - Hotel chalet Il capricorno | Sauze D’Oulx (TO) | loc. Case Sparse | Via clotes 21 | tel. 0122 850273 | www.chaletilcapricorno.it

Piazza Duomo | Pinerolo (TO) | piazza S. Donato, 44 | tel. 0121 378484 | www.piazzaduomoristorante.it

Taverna degli acaja | Pinerolo (TO) | corso Torino, 106 | tel. 0121 794727 | www.tavernadegliacaja.it

Trattoria Zappatori | Pinerolo (TO) | corso Torino, 34 | tel. 0121 374158 | www.facebook.com/pages/Trattoria-Zappatori/174518809263262

Ugetti | Bardonecchia (TO) | via G. F. Medail, 80 | tel. 0122 622458 | www.laboratoriovalsusa.it

 

a cura di Francesca Fiore

 

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Ristoranti d’autore. La bakery fiorentina di Vyta a Santa Maria Novella nella top 10 di Designboom

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Come ogni anno il sito internazionale di architettura e design stila una classifica di merito per le insegne della ristorazione più accattivanti e innovative sul fronte dell’interior design. E nel 2016 tra i premiati c’è pure il progetto di Daniela Colli nella stazione di Firenze, che per Vyta rende omaggio al razionalismo di Giovanni Michelucci. 

Design al ristorante. Il primato di Milano nel 2015

Un anno fa Milano faceva il pieno di riconoscimenti grazie all’intraprendenza di architetti e interior designer illuminati, chiamati a raccontare lo spazio di ristoranti e locali del settore gastronomico secondo una prospettiva originale e accattivante per il cliente, in coerenza con l’offerta e la filosofia dell’insegna. E Designboom - celebre sito di architettura, design, tecnologia, arte che ogni promuove 10 insegne meritevoli di finire in copertina, tra ristoranti e bar, senza stilare classifiche di merito, ma solo regalando tanta visibilità alle realtà menzionate nella lista – incoronava proprio la creatività e il dinamismo della piazza meneghina riservando alla città ben tre piazzamenti su dieci tra gli indirizzi d’autore di tutto il mondo: il Bar Luce di Wes Anderson alla Fondazione Prada, il capannone industriale di Carlo e Camilla in Segheria, il lavoro di ricerca su materiali di pregio e atmosfere d’antan che Roberto Baciocchi concretizzava nella restyling della Pasticceria Marchesi – in Prada – di via Montenapoleone, che qualche mese fa si è replicato con esito ancor più sorprendente negli spazi in Galleria, dove lo storico brand della pasticceria milanese ha inaugurato un nuovo, ambizioso punto vendita. Acqua passata, ma apprezzamento ancora ben circostanziato agli occhi di chi ogni giorno può godere di questo riuscito connubio tra funzionalità, originalità e autorialità degli spazi, tanto per ribadire che pure le insegne della ristorazione meritano un approccio innovativo e consapevole sin dalla progettazione degli interni.

La top 10 2016 di Designboom. C’è anche Firenze

La top 10 di Designboom arriva puntuale a ricordarcelo, con una nuova decina che tiene conto proprio “dell’accresciuta importanza dell’interior design nella valorizzazione del contesto e della storia del locale, ora più che mai con la complicità dei social media che catturano e rimbalzano in rete l’immagine di uno spazio”, come si legge nella nota introduttiva alla lista del 2016. E se l’anno scorso l’Italia aveva giocato il ruolo del leone, stavolta ci si “accontenta” di una sola menzione speciale, che pure su una selezione di poche insegne in tutto il mondo è un risultato degno di nota. A competere con strampalati esperimenti d’autore - come la “farmacia” di Damien Hirst a Londra – e il design rigoroso ed essenziale di una caffetteria d’autore a Praga, c’è pure l’azzardo in stazione di Daniela Colli, che per Vyta Santa Margherita ha ridisegnato uno dei tanti spazi restituiti ai pendolari di Santa Maria Novella e alla città di Firenze negli ultimi mesi. Per l’importante snodo ferroviario del capoluogo toscano, infatti, i mesi passati sono stati forieri di un meritato restyling che ha strappato buona parte della struttura – e dello spazio circostante – al degrado in cui versava da qualche anno a questa parte: tante le nuove insegne inaugurate nell’orbita della stazione, altrettanti i progetti coraggiosi.

Un bar d’epoca in stazione

Come il piccolo bar-scrigno con bakery ricavato dove un tempo sorgeva la sala d’attesa della prima classe, nella galleria di testa, a pochi metri dai binari. Nella definizione del concept si è fatto grande uso di materiali di pregio – tra marmi verdi e finiture in rame - che strizzano l’occhio all’art deco e rendono giustizia alla memoria della stazione, progettata negli anni Trenta dal geniale architetto razionalista Giovanni Michelucci. Il risultato, giocato sulla teatralità, si muove in equilibrio tra il decorativismo di certe soluzioni, il rispetto delle parti storiche, come le boiserie d’epoca o il soffitto a travi in legno e vetro, e il dispiego di mezzi tecnologici a vantaggio della funzionalità e della fruizione piacevole dello spazio. Tra gli altri progetti, tengono testa alla bakery fiorentina il ristorante con farmer market e galleria d’arte nella campagna a Sud-Ovest della Cina (studio Zhaoyang per Chaimiduo), il ristorante francese Nacree di Tokyo a cura di Kengo Kuma, che disegna lo spazio con tubi trasparenti, la già ricordata Pharmacy 2 alla galleria di Newport di Damien Hirst con ma cucina di Marc Hix. E poi lo spazio “tatuato” di Vincent Coste per il ristorante giapponese Koi di Aix-en-Provence e lo stile scandinavo contemporaneo di 108, side project di Renè Redzepi aperto accanto al Noma di Copenaghen.

 

Qui la lista completa

 

a cura di Livia Montagnoli

Amate Amatrice. Stefano Boeri e la bioedilizia friulana per il nuovo villaggio del food post terremoto

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La mensa inaugurerà tra qualche ora, primo traguardo di un progetto ambizioso che riunirà intorno alla piazza a cielo aperto progettata dallo studio milanese nove ristoranti del territorio straziato dal sisma di agosto 2016. A Pasqua il villaggio sarà completato, grazie ai fondi della campagna Un aiuto subito e alla collaborazione delle aziende del legno friulane. Ecco come si riparte. 

Solidarietà per Amatrice

30 giorni di cantiere e un impegno concreto per rendere giustizia ai proventi raccolti dal Corriere della Sera con il Tg La7 con la campagna Un aiuto subito, facendo appello alla solidarietà dell'Italia e del mondo (per un ammontare complessivo di oltre 7 milioni di euro). Quando si dice che il piccolo contributo di ognuno può fare la differenza, spesso lo scetticismo prende il sopravvento. L'ottimo – e tempestivo – intervento per costruire una mensa a disposizione degli sfollati di Amatrice arriva a testimoniare il contrario. E se il merito spetta principalmente al buon cuore di molti, è la partecipazione dell'architetto Stefano Boeri con la sua squadra (a titolo gratuito) ad aver garantito la risoluzione in tempi brevi di un intervento ipotizzato sin dalle prime settimane del dopo terremoto, perché l'urgenza di donare alla comunità un nuovo spazio di aggregazione e speranza è stata subito chiara per tutti, e dal prossimo 23 dicembre alla conta delle macerie e dei cantieri per la ricostruzione si sostituirà un motivo in più per credere nel futuro di un paese drammaticamente stravolto dal sisma, come tanti altri centri abitati del Centro Italia.

Amate Amatrice. Con la bioedilizia friulana

Al cantiere, che è solo il primo step di un progetto più ambizioso che porterà a ridisegnare una nuova Piazza per Amatrice, ha contribuito in forze pure la Filiera del legno friulana, che l'esperienza maturata in occasione di situazioni analoghe l'hanno messa al servizio di una progettazione che fa affidamento proprio sulla solidità di moduli prefabbricati in legno. Al termine dei lavori la Piazza si proporrà come polo della ristorazione locale – pure per onorare la tradizione gastronomica della cittadina, che al suo piatto principe doveva gran parte della fama prima dello scorso agosto – e darà occupazione a oltre 130 persone, con l'obiettivo di rilanciare l'economia del territorio. Nel frattempo, però, mancano poche ore all'inaugurazione del primo edificio progettato dall'architetto Boeri, struttura inaugurale del futuro villaggio del cibo significativamente ribattezzato Amate Amatrice: la mensa ospiterà i servizi di ristorazione e una grande sala polivalente con una grande parete vetrata rivolta verso i monti Sibillini.

La mensa per i bambini. Il primo step

L'appuntamento con la cerimonia inaugurale è in programma per venerdì prossimo alle 14.30, quando nella nascente piazza di Amatrice si ritroveranno il sindaco Sergio Pirozzi, il direttore del Corriere Luciano Fontana, il direttore del Tg La7 Enrico Mentana, il commissario per la ricostruzione Vasco Errani, il capo dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio, Stefano Boeri, il direttore di Corporate Shared Value di Tim (che ha agevolato la raccolta fondi) Marcella Logli e Matteo Marsiglio, in rappresentanza della Filiera del legno coordinata da Innova Fvg. Dopo la consegna dei primi moduli abitativi per garantire la continuità all'operato delle imprese agricole del territorio, proprio le aziende del legno friulane hanno portato in dote al progetto le più avanzate tecnologie in materia di sicurezza delle infrastrutture: flessibilità, facilità di spostamento (temporaneo ma duraturo è stato il motto che ha guidato la progettazione in bioedilizia, come ha raccontato Boeri al Corriere), economia delle risorse. Oltre alla possibilità di completare gran parte delle strutture in fabbrica, prima di assemblarle sul posto, con grandi benefici in termini di tempo.

Il villaggio gastronomico. La rinascita dei ristoranti locali

Come sarà, dunque, il nuovo polo da 9000 metri quadri di Amate Amatrice? “Una piazza per gustare i prodotti locali, ma pure per incontrarsi e stare insieme in uno spazio polifunzionale”. A cominciare dal refettorio di circa 500 metri quadri (per 150 coperti intorno all'area bar) pensato per far mangiare insieme i bambini delle scuole, ma pure per ospitare eventi e show cooking solidali: un regalo di Natale impreziosito dall'arrivo ad Amatrice dell'installazione luminosa Radura (realizzata da Boeri per il Salone del Mobile di Milano), cui seguirà l'impegno dei prossimi mesi. Di quello che succederà – e come si svilupperà - si sa ancora poco, ma probabilmente saranno 9 i ristoranti a corollario della mensa, pronti per Pasqua, tutti disposti intorno alla corte centrale a cielo aperto, illuminata dalla Radura. Ognuno disporrà di metrature diverse – tra gli 85 e i 500 metri quadri di superficie – dotato di cucine modulari e facilitazioni logistiche, oltre che di uno spazio esterno allestito con tavoli e sedie. Ma saranno i singoli assegnatari a personalizzare gli interni secondo il proprio gusto e le esigenze del progetto gastronomico. E il rendering dello studio Boeri rivela i primi nomi coinvolti, che molti ricorderanno con un pizzico di nostalgia: Ma-trù, Serafini (del ristorante storico La Lanterna), La Conca, Mari e Monti, Pica. La normalità si ricostruisce a piccoli passi, senza clamori. E non c'è niente di più autentico della condivisione di una tavola apparecchiata a ricordarcelo.  

 

a cura di Livia Montagnoli


Pandoro troppo trascurato: storia, tradizioni e ricetta del lievitato di Natale

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La sua storia affonda le radici nell'antica Roma ma è nell'Ottocento che la ricetta del pandoro così come oggi lo conosciamo prende vita. Durante le feste di Natale, il grande lievitato a 5 punte non può di certo mancare. O no? La richiesta continua a calare e così anche la produzione artigianale. Abbiamo cercato di capirne il motivo.

La storia

È senza dubbio il panettone il re delle feste natalizie, al centro delle tavole di tutti gli italiani a fine pasto e soprattutto sotto la lente di ingrandimento di pasticceri, addetti ai lavori, critici e appassionati di gastronomia. Fra classifiche, competizioni di pasticceria e fiere dedicate, il grande lievitato meneghino è costantemente al centro della scena nel mese di dicembre, anzi, si inizia a trovare tutto l'anno. Resta più nell'ombra invece l'altro dolce che da sempre conclude i pasti delle feste natalizie, il pandoro. Un dolce che appartiene alla tradizione veronese, ma le cui origini sono ben più remote: risalgono infatti ai tempi degli antichi romani, che per primi inventarono questo pane dolce, all'epoca a base di farina, burro e olio. A darcene testimonianza è Plinio il Vecchio, che in uno scritto del I secolo dopo Cristo cita un cuoco di nome Vergilius Stefanus Senex alle prese con la preparazione di questo “panis”. La ricetta sembra derivare anche dal “pane de oro”, servito durante il XIII secolo alle corti nobili dei veneziani, anche se la versione contemporanea è più simile al nadalin, dolce di Verona inventato nel Duecento in occasione delle feste di Natale, meno burroso rispetto al pandoro di oggi ma con la forma simile a stella. Il lievitato come lo conosciamo oggi nasce ufficialmente nella città veneta nella seconda metà dell'Ottocento e, da oltre due secoli, accompagna le feste degli italiani particolarmente apprezzato dai bambini che solitamente poco amano canditi e uvetta presenti in abbondanza nel cugino milanese.

Ma se la produzione industriale continua di anno in anno, quella artigianale sembra invece essersi impantanata. Sono sempre meno i pasticceri che scelgono di produrre il pandoro, mentre il panettone è imprescindibile in qualsiasi laboratorio di qualità che si rispetti. Ma perché questo calo della produzione? E perché sono così pochi gli addetti ai lavori – stampa specializzata in primis – a parlarne? Insieme a mastri pasticceri di diverse città d'Italia abbiamo voluto fare un po' di chiarezza sul lievitato dimenticato.

La preparazione

La prima domanda riguarda la difficoltà di preparazione: è un dolce così complesso da realizzare che i pasticceri scelgono di rinunciarvi? “Assolutamente no” afferma Pietro Macellaro, Tre Torte della nostra guida e da diversi anni specializzato nella realizzazione di panettoni. E continua: “Il motivo per il quale ne produco solo pochi pezzi (e quasi esclusivamente su richiesta) è la mancanza di interesse da parte della clientela. Anche, e soprattutto, dall'estero, dove il dolce natalizio italiano per antonomasia è da sempre il panettone”.

Nessun problema per quanto riguarda la preparazione, dunque: “Il pandoro si può fare con due o più impasti, in diverse fasi. Chi sa fare un buon panettone sicuramente non avrà problemi a realizzare un pandoro d'autore, perché le tecniche sono simili. Se si è pratici con la lievitazione, la tipologia di prodotto – che sia pandoro o panettone – non conta”. Non è della stessa opinione Gianluca Ciacci, che nella sua pasticceria Opera Waiting di Poggibonsi in provincia di Siena, produce entrambe i lievitati. “Il pandoro non è affatto semplice da preparare: richiede diversi rinfreschi durante la giornata e il grado di lievitazione al penultimo impasto è determinante per la buona riuscita della ricetta”. Ma la parte più difficile è la ricerca dell'equilibrio: “La proporzione fra burro e il resto dell'impasto è quasi 1:1. Questo significa che l'emulsione fra farina, uova e tutti gli altri ingredienti deve avvenire alla perfezione per poter poi assorbire tutto il burro. Non è semplice riuscire ad avere un dolce dal gusto bilanciato”. Insomma una lavorazione complicata che potrebbe giustificare una produzione artigianale non diffusa: solo in pochi decidono di cimentarsi. Ed è un peccato perché la differenza tra un pandoro industriale e uno artigianale si sente eccome.

I tempi

Ma quanto tempo richiede la preparazione del pandoro? “Più o meno 48 ore. Ci sono diversi rinfreschi da fare e le fasi di lievitazioni sono molteplici”. La cottura, infine, richiede circa 45 minuti per una pezzatura di 750 grammi. E lo conferma Giorgia Grillo di Nero Vaniglia, pasticceria capitolina aperta da poco più di un anno e che, fin dall'inizio, si è buttata a capofitto nella preparazione dei grandi lievitati per le feste. “Se avessi gli spazi e il tempo necessario, credo che riuscirei a vendere la stessa quantità di pandori e panettoni”. Perché il vero problema del pandoro è il tempo di preparazione: “Il primo giorno si prepara il lievito, che va rinfrescato per due volte di seguito. Si parla di oltre 7 ore dedicate solamente alla pasta madre”. Il giorno successivo si procede con gli altri impasti, 4 nel caso della versione di Giorgia, che ha scelto di seguire la ricetta tradizionale veronese. “Gli impasti vengono effettuati uno dentro l'altro a distanza di un paio d'ore. Si passa quindi all'impasto finale nel pomeriggio: questo è il momento cruciale, perché se non si è attenti al massimo, si può rovinare l'intero lavoro”. Dopo i rinfreschi e i rimpasti viene la fase di risposo. Si può procedere alla cottura solamente il giorno dopo, ma non finisce qui: “una volta cotto,il pandoro va lasciato asciugare per almeno 2/3 ore”. Parliamo, dunque, di ben 3 giorni di lavorazione.

La richiesta della clientela

La realizzazione di questo dolce non è quindi più complessa del panettone che, a livello tecnico, spiega Giorgia, “è molto più difficile da preparare”. Semplicemente, richiede temi e spazi che la maggior parte dei laboratori di pasticceria non hanno, specialmente durante le feste, quando sono già occupati appunto per i panettoni: “Anche il solo fatto di dover trovare dei piani di appoggio per lasciar asciugare i pandori dopo la cottura per me rappresenta un problema. E soprattutto, stiamo parlando di 3 giorni di lavoro: se si vogliono produrre contemporaneamente pandori e panettoni, seguire queste tempistiche è pressoché impossibile”. Ma la richiesta di questo lievitato non è minore “ma è più difficile trovare buoni pandori artigianali perché molti pasticceri rinunciano a questo lievitato per dedicarsi completamente al panettone”.

Naturalmente, la richiesta da parte della clientela varia anche di città in città. Nel capoluogo meneghino è il tradizionale panettone il più ricercato durante le feste perché da sempre rappresenta la storia dolce della città. E ce lo conferma anche il team di Pavé, bar/pasticceria milanese guidato dai tre soci Luca Scanni,Giovanni Giberti e Diego Bamberghi. Al momento non produciamo pandori perché abbiamo scelto di perfezionare il panettone. Quest'anno, possiamo dire di aver raggiunto il nostro obiettivo e così dal prossimo Natale potremo dedicarci anche al pandoro”. Perché anche a Milano una piccola domanda c'è, “sicuramente inferiore rispetto a quella del panettone”, ma comunque presente. E Pavé ha intenzione di soddisfarla: “Abbiamo provato intanto a realizzare il pandoro in vasocottura, che è riuscito molto bene. Dal prossimo anno poi faremo quello canonico seconda la tradizione veronese”.

La ricetta

E per gli appassionati di cucina che non temono le lunghe preparazioni, il pasticcere di Opera Waiting ci ha regalato la sua ricetta per un pandoro d'autore, riadattata con gli strumenti e il forno di casa, per realizzare un grande lievitato ad hoc nella propria cucina.

Ingredienti

Per il primo impasto

2,5 kg. di pasta madre

800 g. di farina bianca W360

400 g. di uova

50 g. di burro

125 g. di zucchero

30 g. di miele

Impastare il lievito madre con gli altri ingredienti e lasciar lievitare a una temperatura di 28°C fino a raddoppiamento del volume.

Per il secondo impasto

2000 g. di farina bianca W360

1000 g. di uova

300 g. di zucchero

200 g. di burro

Unire tutti gli ingredienti e aggiungerli all'impasto precedente. Formare un panetto liscio e omogeneo e lasciar lievitare a 20°C fino a raddoppiamento del volume.

Per il terzo impasto

3200 g. di farina bianca W360

1800 g. di uova

650 g. di zucchero a velo

Unire tutti gli ingredienti all'impasto precedente fino a ottenere un panetto liscio ed elastico.

Per il quarto impasto

100 g. di miele

700 g. di uova

500 g. di burro

1000 g. di zucchero a velo

Aggiungere all'impasto precedente e amalgamare fino al completo assorbimento di tutti gli ingredienti.

Per il burro

4500 g. di burro

100 g. di sale

3 bacche di vaniglia (semi)

Montare tutti gli ingredienti in una planetaria (o con le fruste). Aggiungere il burro montato all'impasto a una temperatura inferiore di 24°C. Far riposare per almeno due ore in un ambiente fresco. Dividere l'impasto in panetti da 825 g. l'uno e inserire negli stampi a lievitare per 12 ore circa. Cuocere a 180°C per circa 45 minuti e lasciar asciugare per 2 ore prima di confezionare il prodotto.

a cura di Michela Becchi

Premi per Rosalba Graglia e Loredana Sottile. Il Gambero Rosso festeggia i riconoscimenti di Adutei e MTV Lombardia

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Due importanti attestati di stima per la professionalità dimostrata sul campo premiano due figure diversamente legate al Gambero Rosso, in qualità di collaboratrice storica l’una – Rosalba Graglia premiata da Adutei – di redattrice del settimanale Tre Bicchieri l’altra, Loredana Sottile che riceve il riconoscimento del Movimento Turismo del Vino. 

Il Premio Adutei e la stampa che valorizza il turismo

Adutei è l'associazione che riunisce i delegati degli enti del turismo stranieri in Italia (37 associati e quasi 35 anni di vita, da festeggiare nel 2017), e, tra le altre attività, ogni anno si preoccupa di promuovere un premio dedicato alla stampa. A Milano la cerimonia per la consegna dei riconoscimenti 2016 targati Premio Stampa Adutei è andata in scena solo qualche giorno fa e ha premiato i migliori servizi giornalistici dedicati al turismo per le categorie stampa quotidiana, stampa periodica, stampa web e blog, in attesa di proporre un premio stampa unificato in data unica che debutterà la prossima primavera con la cerimonia milanese del mese di maggio (alternandosi un anno dopo l'altro con Roma, dove finora si è svolta la premiazione per le categorie emittenti radio-televisive e trade, mentre al capoluogo lombardo spettava la competenza su stampa, web e blog) come ha anticipato in sala il presidente Sandro Botticelli. Nel frattempo però la novità più evidente arriva con l'apertura alla stampa quotidiana, e sul primo gradino del podio sale una storica collaboratrice del Gambero Rosso, la torinese Rosalba Graglia, con cui ci piace condividere la soddisfazione per un riconoscimento meritato. Alla giornalista e autrice di diversi libri e approfondimenti sulla sua città è andato il primo premio per un articolo sulla Francia pubblicato su La Stampa; a condividere il podio, rispettivamente al secondo e terzo piazzamento per la categoria stampa quotidiana, l'articolo sulla Slovenia di Gabriele Romagnoli pubblicato su Repubblica e il reportage sulle Seychelles del Secolo XIX.

 

In casa Tre Bicchieri il premio del MTV di Lombardia

E un bel riconoscimento per la famiglia del Gambero Rosso arriva anche dal mondo del vino grazie al Premio Stampa assegnato dal Movimento del Turismo del Vino Lombardia, che quest’anno ha premiato la professionalità di Loredana Sottile, in forze alla redazione del Settimanale Tre Bicchieri, che il Gambero Rosso dedica agli approfondimenti sul panorama vinicolo nazionale e internazionale, con un taglio votato alle tematiche economiche, sociali, imprenditoriali e istituzionali. Durante la cerimonia di premiazione milanese, sul palco è salita anche Graziella D’Andrea, che ha ritirato il Premio Enonauta in qualità di turista del vino esemplare, che viaggia per scoprire, degustare ed acquistare i prodotti del territorio, alla scoperta della proposte enoturistiche che l’associazione è in grado di offrire. Ma alla valorizzazione del lavoro del MTV sul territorio regionale e nazionale contribuisce ogni giorno anche la stampa di settore qualificata, che per questo merita un riconoscimento per il lavoro svolto. E il Gambero Rosso non può che festeggiare l’arrivo del premio tra le mura di casa. Le congratulazioni di tutto il Gambero a Rosalba Graglia e Loredana Sottile.

La Città gastronomica del Fico nello storico Bar della Capitale. Con la cucina d'autore degli chef: comincia Troiani

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Tra poche ore il Bar del Fico inaugura un ciclo di appuntamenti che nei prossimi mesi coinvolgeranno chef laziali e non nell'organizzazione di cene d'autore, per offrire un'esperienza gourmet a prezzi accessibili. Ma il progetto di riposizionamento del bar è più ampio, e riguarda l'ideazione di un programma di attività che indichi la strada di una “città culinaria”. 

Tante vite per il Bar del Fico

Il Bar del Fico è quella che può considerarsi un'insegna storica di Roma, in posizione privilegiata a pochi passi da piazza Navona. Per dir la verità il caffè affacciato sulla suggestiva piazza da cui prende il nome si è rinnovato e reinventato più volte nel corso degli anni, specie a partire dal 2010, quando la famiglia Antonelli ha intrapreso una riqualificazione del palazzo già della famiglia Foppa, traghettando l'insegna verso una dimensione più giovane, particolarmente gradita dagli amanti della movida capitolina. Storico ritrovo per gli amanti degli scacchi che negli anni Settanta si davano appuntamento ai suoi tavoli, dopo la prima riapertura nel 2010 in veste di affollata realtà delle serate romane, alla fine del 2015 il Bar ha chiuso ancora i battenti, in attesa che una nuova rotta  regalasse una diversa sistemazione ai locali, a partire dalla fine di gennaio 2016. Oggi lo spazio che si presenta agli avventori di via della Pace è più grande (con cucina a vista) e l'anima ibrida del locale lo porta a vivere dalla mattina alla sera con una formula mista di caffetteria, bar e ristorazione, pizza compresa.

La Città del Fico. E le cene con gli chef

A quasi un anno dalla riapertura, lo sprint in più potrebbe arrivare dal progetto Città del Fico, di fatto un calendario di appuntamenti tematici, incontri, collaborazioni con grandi chef che prenderà forma nell'arco del 2017, con l'idea di trasformare il Bar del Fico in una “metropoli culinaria” orientata verso più ambiziosi orizzonti. E così fare di piazza del Fico non più solo una realtà dell'intrattenimento notturno, ma pura una meta di richiamo per il pubblico gourmet. Almeno nelle intenzioni degli organizzatori, che per cominciare scommettono sul prestigio di chef blasonati di Roma, del Lazio, d'Italia, con l'iniziativa Il Bar del Fico incontra... A disposizione degli chef che hanno accettato l'invito – con molti la trattativa è ancora aperta – la cucina del Bar, la griglia e il forno a legna, che consentiranno di approntare in loco il menu degustazione da presentare agli ospiti delle rispettive serate, con frequenza di uno o due appuntamenti al mese.

Il menu di Angelo Troiani

Ad anticipare la programmazione dei prossimi mesi, la cena d'esordio aprirà le danze già tra qualche ora, venerdì 23 dicembre, con la partecipazione di Angelo Troiani, lo chef stellato più longevo in città, visto che il riconoscimento della Rossa per Il Convivio è arrivato già nel 1995. Con Troiani sulla tavola del Bar del Fico sfilerà una degustazione ricca di suggestioni del territorio e richiami all'atmosfera natalizia, proposta al prezzo di 70 euro a persona (con abbinamento vini):

 

Alici imbottite, fritte a bassa temperatura, con insalata di finocchio, arancia e maionese di olive

Spaghettone "Felicetti" ajo e ojo, peperoncino, pecorino, mazzancolle, limone, mentae mandorle

Coniglio leprino in porchetta, cotto in forno a legna, con torta di patate e cardi, salsa di mele, aglio nero e mostarda

Panettone, tartufo bianco e carciofi croccanti

 

Dove il richiamo a un classico del Convivio come lo Spaghettone gambero, lime e pecorino è evidente. E del resto il ciclo di appuntamenti con i grandi interpreti della cucina italiane si propone di avvicinare un pubblico più eterogeneo alla realtà della ristorazione d'autore in un contesto informale. Con l'arrivo dell'anno nuovo saranno svelati i nomi in cartellone nei prossimi mesi. Quel che è certo è che l'intenzione di proporsi sulla scena della Capitale come attore del coté culturale enogastronomico passerà anche attraverso l'organizzazione di eventi e presentazioni di libri di settore.  Aspettiamo novità (e conferme).

 

Bar del Fico | Roma | piazza della Pace, 34-35 | www.bardelfico.com

 

a cura di Livia Montagnoli

Menu take away per le feste. La cena della Vigilia da asporto a Milano e Roma. Anche all'ultimo secondo

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Cappelletti in brodo e patè, ostriche e astice alla catalana. Ma pure piatti più creativi per stupire gli ospiti con effetti speciali. È un modo alternativo per imbandire la tavola delle feste: in aiuto arrivano gli chef, con i menu d'asporto per la Vigilia. 

Le feste take away

Mercati affollati, acquisti dell'ultimo secondo, l'ingrediente indispensabile che non c'è proprio verso di trovare. È la frenesia dell'antivigilia, quasi consolatoria per chi l'appuntamento con la tavola delle feste, quella che più di ogni altra in Italia mantiene la propria connotazione familiare e tradizionale, lo attende con trepidazione, attrezzato di tutto punto: la tovaglia ricamata della nonna, il servizio buono, pentole e stoviglie schierate per combattere con onore in battaglia, e un menu pantagruelico che neanche Gargantua avrebbe sperato tanto. Ma è pure vero che la cucina non è per tutti, e l'opportunità di poter ricorrere al piano b senza dover abbandonare il presidio casalingo al giorno d'oggi si moltiplica in tante alternative diverse; e tutte soddisfano il requisito fondamentale: il desiderio di condividere con i propri ospiti buon cibo, piatti che soddisfano la vista, il cuore, la pancia, celebrando il valore della convivialità. Fattore ancor più rilevante: la possibilità di ricorrere al jolly all'ultimo minuto, che rende il servizio ancora più appagante. E allora passiamole in rassegna le soluzioni intelligenti (e gourmet) per imbandire un ricco banchetto natalizio. Tutte rigorosamente take away, meglio ancora se a domicilio.

Milano. Da Aimo e Nadia a Tokuyoshi

A Milano, per esempio, da qualche tempo a questa parte la cucina d'autore take away ha un volto ben noto, anzi due: quelli di Alessandro Negrini e Fabio Pisani, alla guida della brigata del Luogo di Aimo e Nadia. E il progetto che ha dato vita al Mercatino del Luogo non potrebbe essere più utile in questo frangente: oltre alla selezione di prodotti che farebbero la gioia di ogni buongustaio, all'uscio di via Montecuccoli si possono ritirare anche piatti caldi e specialità della casa pronte per essere completate con poche mosse. Per Natale non possono mancare gli agnolotti farciti di vitellone Fassone piemontese e parmigiano Bonati riserva, ma anche un patè di fegatini di piccione e anatra al tartufo bianco piemontese potrebbe essere un ottimo inizio, mentre in omaggio alla tradizione meneghina c'è pure la possibilità di stupire i commensali con i tortelli farciti di ossobuco con il suo fondo e salsa allo zafferano. L'ordine si effettua via email, con prenotazione e ritiro fino al 24. E sempre nel gotha dell'alta cucina milanese si resta bussando alla porta di Tokuyoshi: l'ex sous chef di Massimo Bottura rende omaggio alla tradizione emiliana, e per le festività natalizie propone tortellini da asporto realizzati secondo ricetta di sfogline doc. C'è ancora qualche ora per ordinarli e passarli a ritirare (entro il 23 dicembre).

Le specialità di Peck, il menu di Daniel

Altro appuntamento tradizionale in città quello con le vetrine di Peck, addobbate a festa per l'occasione. Recentemente la storica insegna gourmand di via Spadari ha aperto un piccolo bistrot per la consumazione in loco delle specialità della casa, ma non abolisce il tradizionale servizio di piatti da asporto e menu d'autore (leggi Matteo Vigotti) a domicilio: “in negozio, al telefono e tramite internet è possibile prenotare e concordare la consegna con un servizio su misura, in grado di gestire ogni genere di richiesta” si legge sul sito. Il servizio, insomma, è curato nel minimo dettaglio, come si conviene a un tempio della gastronomia di tale fama, ma durante i giorni di festa è bene tener conto della grande mole di richieste da evadere (in poche parole, ormai, meglio giocarsi l'opzione Peck per il Cenone di San Silvestro). In alternativa anche il ristorante Daniel propone cappelletti da asporto e l'intero menu della Vigilia take away: 80 euro e ritiro fino all'ultimo secondo (le prenotazioni si chiudono alle 12 della Vigilia, ritiro dalle 18 alle 20) per un'insalata di branzino marinato con finocchi e arancia, la fagianella al foie gras e melograno, gli immancabili cappelletti in brodo di gallina e tante altre creazioni d'autore di Daniel Canzian.

 

Roma. Da Mazzo a Cru.Dop, alla Pescatoria di Livello1

A Roma, invece, al menu delle feste take away provvede come di consueto Mazzo, il bistrot di Centocelle conosciuto pure oltreoceano. E i prezzi sono competitivi: per un menu della Vigilia si spendono 35 euro a persona, tra frittelle di alici, pecorino e pepe nero, lasagna con ragù bianco di ombrina e ricciola, baccalà al sugo con patate (ordine minimo per due, tramite email, ritiro entro le 19.30 del 24). Si replica il 31, con un cenone di San Silvestro tutto da scoprire. Non troppo distante, su via Tuscolana, anche Cru.Dop propone un menu per la Vigilia da asporto: 38 euro a persona per quattro portate rigorosamente a base di pesce, con la possibilità di ordinare su richiesta ostriche e astice alla catalana per suggellare il banchetto. Mentre per chi non ha mai pensato di rinunciare a cucinare, arriva in soccorso la Pescatoria di Livello1, quartiere Laurentino, con i consigli dello chef Mirko di Mattia per la spesa di pesce delle feste (solo il sabato mattina, con vendita al dettaglio del pescato proveniente da Anzio, Gaeta e Ponza).  

 

Il Luogo di Aimo e Nadia | Milano | via Montecuccoli, 6 | www.aimoenadia.com/il-mercatino-del-luogo/

Tokuyoshi | Milano | via San Calocero, 3 | www.ristorantetokuyoshi.com

Peck | Milano | via Spadari, 9 | www.peck.it

Daniel | Milano | via San Marco, angolo Castelfidardo | www.danielcanzian.com

Mazzo | Roma | via delle Rose, 54 | www.thefooders.it/mazzo

Cru.Dop | Roma | via Tuscolana, 898 | www.crudop.it

Livello 1 | Roma | via Duccio di Boninsegna, 25 | www.ristorantelivello1.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Panettone. Ecco tutte le novità del Natale 2016. Vol. 1

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Senza ordine né punteggio: ecco una selezione di tutte le novità dei panettoni del 2016 realizzate dai più grandi maestri pasticceri italiani. Per chi ama la tradizione, con qualcosa in più.

Non è Natale senza panettone. Facile a dirsi. Ma quale panettone? Perché, oltre ai tradizionali, ai classici di ogni pasticceria, i grandi maestri del dolce ogni anno propongono delle special edition tutte da scoprire. E se qualcuno ancora fosse indeciso su quale scartare in questi giorni di festa, vi segnaliamo proprio le novità del Natale 2016 che siamo andati a cercare e che vi raccontiamo qui. Ma attenzione. È solo l'inizio!

 

Bompiani

foto Fulvio Rodda

 

1. Pasticceria Bompiani

È una delle new entry in cima alla classifica della guida Pasticcieri e Pasticcerie 2017, la pasticceria Bompiani, dove opera quel Walter Musco che si è fatto conoscere non solo per la bontà, ma anche per la bellezza delle sue creazioni. Prime su tutte le uova di cioccolato, vere e proprie opere d'arte che lo hanno reso famoso anche oltre i confini capitolini. Alla prova con il panettone, in questo 2016, ha messo in produzione tre novità realizzate con doppia lievitazione, lievito madre, vaniglia Bourbon e burro. Ecco le tre varianti di queste feste: panettone con prugne e cioccolato; panettone con fichi e arancia candita (ottimo con foie gras, suggerisce); panettone con albicocche e zenzero candito.

Pasticceria Bompiani | Roma | largo Benedetto Bompiani, 8 | tel. 06 5124103 | www.facebook.com/pasticceriabompiani

 

2. Panificio Bonci

GabrieleBonciè una star della lievitazione, si tratti di pizza, pane e, ovviamente, anche di dolci lievitati, primo tra tutti il panettone. Quest'anno firma ben quattro varianti del panettone classico: cioccolato e arancia;mandorlato;caffè; 5 spezie dove sono chiari i riferimenti all'India. Le ultime due sono novità del 2016. Rimane fermo, per Bonci, l'orientamento a tutta naturalità di ogni sua produzione, spingendo ancora di più, se possibile, il pedale sulla qualità estrema (è proprio il caso di dirlo) delle materie prime e del processo produttivo.

Panificio Bonci | Roma | Via Trionfale, 36, Roma | tel. 06 39734457 | www.bonci.it

 

3. d&g Patissserie

Provato che design & glamour (a questo si riferiscono le iniziali d&g dell'insegna) non sono affatto in contrasto con bontà e qualità, Denis Dianin continua la sua ricerca. Prodotti e packaging sono sempre di grande stile, le creazioni ricercate, innovative, di altissimo livello. Quest'anno differenzia con due marchi le sue produzioni: da una parte i panettoni “classici” con i nuovi gusti 2016: fragoline di bosco e cioccolato bianco; cioccolato bianco, fava di tonka e albicocca; mela, noce pecan, datteri, albicocca e fichi bianchi Cilentani. Dall'altra la produzione in vasocottura che esce con l'etichetta Bonverre in cui si trovano diversi dolci: classico milanese, pandoro, bussolà. Tante le varianti, come è ormai tradizione per Dianin, e anche se questi sono a tutti gli effetti prodotti di un nuovo brand, prendono in carico l'eredità di d&g per la cottura in vaso. Tra i gusti: fragoline di bosco e cioccolato bianco; arancia e cioccolato; coccolato bianco, fava di tonka e albicocca; amarena, pistacchio e limone; cioccolato “biondo” con caffè espresso Club Kavé; tutto grano ai frutti rossi; pera e cioccolato; albicocca e zenzero; amarene e cioccolato gianduia. Limited edition: mela, noce pecan, datteri, albicocca e fichi bianchi Cilentani

d&g Patisserie | Selvazzano Dentro (PD) | Via Monte Grappa, 30 | tel. 049 637201| www.degpatisserie.it/

dolcereale

4. Dolce Reale

Fresco di premio Tre Torte (massimo riconoscimento per la guida guida Pasticceri e Pasticcerie d'Italia del Gambero Rosso) Maurizio Colenghi per questo Natale – come fa ogni due anni - si mette alla prova con un panettone farcito, rinnovato sia nella forma che nel gusto, che affianca a quelli senza farcitura che rimangono invariati. Per il 2016 c'è il panettone in scatola di cioccolato fondente 71% (Colenghi ha una grande passione per la lavorazione del cioccolato), e uno farcito con una ganache, ricoperto di pasta di mandorle e decorato con fiore in zucchero e una pigna di cioccolato, di grande effetto.

Dolce Reale | Montichiari (BS) | via Mantova 158 | tel. 030 9961988

 

5. Dolciarte
Anche il 2016 conferma il successo di PanRamata, il panettone con la cipolla rossa di Montoro candita. Un prodotto inconsueto, certo, che ha avuto un grande successo, tanto che Carmen Vecchione ha continuato a lavorarci: ora la ricetta è stata ancora migliorata e il marchio registrato. Il fiore all'occhiello della produzione della pasticceria di Avellino è rappresentato proprio dai lievitati, panettone su tutti, realizzato tutto l'anno e proposto in diversi gusti. La novità del 2016 di Carmen Vecchione è però ilPanGiAnduia. Soffice, con pezzettoni di cioccolato gianduia sia fondente e sia al latte.
Dolciarte | Avellino | via Trinità, 55 | tel. 0825 34719 | www.dolciarte.it

 

6. Loison Pasticceri dal 1938

In latta, in carta o in scatola, la produzione del panettone Loison raggiunge numeri decisamente alti, con molte varietà di gusto o confezione. Ogni anno la metà del packaging è rinnovato con confezioni belle e riutilizzabili, opera di Sonia Pilla, moglie di Dario Loison, che quest'anno ha voluto rendere omaggio all'arte della tavola e del convivio. La novità 2016 è il Panettone alla Rosa, (seconda tappa di un percorso sul mondo dei fiori) che unisce Rosa Damascena e il prezioso sciroppo di rose liguri, presidio Slow Food, che deriva da una tradizione del 1600 della lavorazione dei petali di rosa.L'altra novità è il Panettone Gottardocon cuiimaestri pasticceri Dario Loison e Mathias Bachmann celebrano l'apertura della galleria ferroviaria del San Gottardo. L'impasto base è arricchito col burro del Caseificio Gottardo di Airolo e il cioccolato Felchlin, azienda storica di Svitto. Inconfondibile il packaging, una latta in stile Belle Époque che ripercorre la storia del turismo nella Regione di Lucerna.
Loison Pasticceri dal 1938 | Costabissara (VI) | ss. Pasubio, 6 | tel. 0444 557844 | www.loison.com

 

7. Pasticceria Agricola Cilentana Pietro Macellaro
È una delle aziende che offre più variazioni sul classico panettone. Quest'anno il prodotto di punta è quello con limone ed origano selvatico di montagnaraccolto personalmente da Pietro Macellaro, a conferma dell'attitudine agricola del pasticcere. Tecnica a 3 impasti e 3 lievitazioni, oltre le 3 lievitazioni per la preparazione del lievito madre, per un risultato finale di gran lunga più soffice e più digeribile: le lievitazioni conferiscono, infatti, al panettone una armonizzazione di tutti gli ingredienti rendendolo meno dolce e molto raffinato. La caratteristica di Macellaro è che frutta e verdura (c'è anche il panettone alle melanzane candite, pistacchi e cooccolato) provengono dall'azienda agricola certificata collegata alla pasticceria, e vengono trasformati nel laboratorio, anch'esso certificato bio.
Pasticceria Agricola Cilentana Pietro Macellaro | Piaggine (SA) | Madonna delle Grazie, 28 | tel. 328 6188973 | www.pietromacellaro.it

 

8. Martesana

Un punto di riferimento a Milano, la bella pasticceria di Vincenzo Santoro. Cioccolato, torte, e non solo: di grande livello anche i grandi lievitati per le festività, con il panettone classico milanese in prima linea. Per quest'anno, che ha visto l'uscita di Davide Comaschi dalla pasticceria, la novità è caratterizzata dal panettone zenzero e cioccolato. Ma sono in cantiere parecchie cose nuove, che vi racconteremo a tempo debito.

Café Martesana | Milano | via Cagliero, 14 | via Sarpi, 62 | Tel 02 66986634 | www.martesanamilano.com

 

8. Morandin

Maitre patissier e chocolatier a livello nazionale, Mauro Morandin, nella sua pasticceria punta senza indugi su grande selezione delle materie prime, tecnica, creatività e rispetto degli insegnamenti del padre Rolando. Morandin accosta i classici della pasticceria alle specialità della tradizione locale tra cui le tegole alla nocciola, i baci di St. Vincent e il Pain de St. Ours.

Per il Natale 2016 la novità è il Panettone PanPassito, realizzato in collaborazione con la distilleria Revel Chion che mette insieme Grappa Erbaluce di Caluso Passito e cioccolato, materia prima di cui il pasticcere è un vero maestro, che lavora con metodi artigianali a partire dalla fava di cacao, concato e invecchiato in modo da unire i profumi e gli aromi intensi di terre lontane alla tradizione e sapienza italiana in impeccabili declinazioni.

Morandin | Aosta | via Porta Pretoria, 3 | tel. 0165 34246 | www.mauromorandin.it

 

9. Antica Osteria Nonna Rosa
Un outsider, perché non è una pasticceria, ma un ristorante (e che ristorante!). Famosissimo per la pasta, soprattutto quella secca, che Peppe Guida interpreta come pochi in Italia, con un mix tra cucina di casa e alta ristorazione capace di far girare la testa in un carosello di assaggi, sapori e intuizioni incredibile.
Ma, da alcune stagioni, l'Antica Osteria è diventata un punto di riferimento anche per i classici lievitati delle feste, opera di Francesco Guida, figlio di Peppe. Anche per Francesco uguale cifra stilistica: attenzione alla tradizione, grande tecnica, apparente semplicità e un'inventiva misurata, godibile che non mette mai in difficoltà gli ospiti. La novità di quest'anno è il panettone alla zuppa napoletana: cioccolato fondente, amarene e zuppa inglese, cui si aggiunge quello aifiori di arancio, un gusto già provato con la colomba, alla prima prova con il panettone
Osteria Nonna Rosa | Vico Equense (NA) | via privata Bonea, 4 | tel. 081 8799055 | www.osterianonnarosa.it

10. Sartori
Una delle due novità di questo 2016, per Sartori, si chiama Christmas Emotions un lievitato speciale che unisce in un unico prodotto i tre momenti più significativi delle feste natalizie: il compito di ricordare la giornata di Santa Lucia spetta al panspeziale, il cuore di moretto di anice stellato e cacao è un richiamo al giorno di Natale e ai suoi profumi, mentre conclude il dolce l’arancia candita che sancisce anche la chiusura dell’anno e riporta la mente alla festa di Capodanno. Panspeziale è invece un elogio alle spezie e ad alcuni prodotti della tradizione dolciaria come il panforte. Si conferma la creatività e la capacità evocativa per questa pasticceria di Erba.

Sartori | Erba (CO) | via Volta, 14 | tel. 031 611819 | www.pasticceriasartori.it/

 

11. Pasticceria Tabiano

In questa panoramica dei panettoni più originali del 2016 il magnifico lievitato di Claudio Gatti non dovrebbe neanche essere in lista, perché non raggiunge la quota minima di grassi prevista dalla legge per questo dolce. Però la sua focaccia, morbidissima, fragrante e profumata, è uno dei gioielli della lievitazione italiana. Che si arricchisce ogni anno di nuove varianti. La 2016 è dedicata aGiuseppe Verdi, originario di un paesino vicino a Parma e goloso della spongata di Busseto, una torta dalla farcitura morbida molto speziata. La nuova focaccia, con solo il 10 percento di grassi, ha sapori semplici e rustici, che parlano della terra che li ha visti nascere e si abbinano con il Natale: arancio candito, cioccolato, lambrusco e le spezie verdiane. Claudio Gatti ha dato vita a questa prima focaccia, cui seguiranno altre cinque dedicate alle opere di Verdi: Aida, Nabucco, Rigoletto, Traviata, Trovatore. Le varianti della dolce del forno d Tabiano oggi sono molte e la gran parte si trovano tutto l'anno: dalla pesche albicocche e ananas, con meravigliosi canditi a pezzettoni umidi e succosi, agli agrumi di Sicilia; al tè verde e frutta esotica; pere e cioccolato; fino a quella ai grani antichi tostati e cioccolato bianco (novità del 2015). Tante e differenti che puntano, tutte, su farine biologiche macinate a pietra, lievito madre, attenzione allo zucchero e alla leggerezza. Light, dunque, ma non solo, perché uno degli impegni di Gatti è anche sulla trasparenza delle etichette e sulla tracciabilità degli ingredienti.

Pasticceria Tabiano | Salsomaggiore Terme (PR) | Tabiano Terme | v.le alle Fonti, 7 | tel. 0524 565233 | www.pasticceriatabiano.it

 

 

a cura di Antonella De Santis

 

Le guide turistiche italiane a scuola di enogastronomia. Accordo Fipe – Confguide – Mibact

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Ristoranti, bistrot, pasticcerie, pizzerie: un vero e proprio patrimonio per l’Italia, che attrae ogni anno sempre più turisti. Il turismo gastronomico, in perenne crescita negli ultimi anni, è diventato un asset importante per l’intero settore: anche per questo a breve potrebbe nascere la prima scuola di formazione enogastronomica per le guide turistiche italiane. 

Turismo gastronomico, un universo in espansione

Un comparto sempre più centrale nel settore dell’accoglienza: se il cibo italiano è da sempre motivo di richiamo per i viaggiatori, negli ultimi anni il turismo gastronomico ha visto un notevole sviluppo. Secondo il rapporto Sociometrica di Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, tra gli elementi di maggior successo per il turismo nel nostro Paese al primo posto troviamo la ristorazione e, più in generale, il mondo del cibo. A seguire altre due attrattive particolarmente apprezzate dai viaggiatori come piazze e spiagge, mentre a guadagnare il terzo posto è lo shopping. Le località più vincenti, secondo il report, combinano diversi elementi insieme: la qualità paesaggistica, quella storico-artistica, la cucina e la qualità degli alberghi. “I dati del rapporto Sociometrica sulla percezione dell’Italia turistica ci hanno indicato che tra le cose che i turisti apprezzano di più in Italia ci sono i ristoranti, addirittura al primo posto, con le pasticcerie e i bar ai primissimi posti insieme alle piazze, ai musei e alle spiagge”, ha spiegato Luciano Sbraga, direttore del Centro studi Fipe.

 

La scuola di enogastronomia per le guide

In quest’ottica, è fondamentale formare nuovi lavoratori che sappiano valorizzare al meglio questi punti di forza. Il progetto di una scuola di formazione interamente dedicata alle guide turistiche è stato presentato al Mibact da Fipe – Federazione italiana pubblici esercizi e da Confguide. Il primo corso è previsto da gennaio 2017 a Milano, ma entro i primi mesi del nuovo anno saranno coinvolte altre 3 regioni  - Emilia Romagna, Toscana, Puglia - per poi estendere gli appuntamenti a tutto il territorio italiano: lezioni frontali con grandi sommelier e chef stellati, laboratori e visite guidate ai centri di produzione e consumo del mangiare e del bere italiano di eccellenza. “Iniziative come questa” ha spiegato Francesco Palumbo, direttore turismo del Mibact  “garantiscono risultati in termini di redditività, perché ci aiutano a offrire prodotti sempre più complessi e ad altissimo valore aggiunto, mettendoci oltretutto in grado di concorrere con i grandi player del mercato turistico sul web, sempre più luoghi di storytelling oltre che di prenotazioni”.

 

a cura di Francesca Fiore

Gastronomie. Come si stanno evolvendo e come evitano la crisi

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Mangiare tra gli scaffali ricolmi di bottiglie e prodotti straordinari, scegliendo direttamente dal bancone formaggi e salumi selezionati, assaggiando le diverse stagionature delle carni o quelle dei grandi formaggi. Piace ai clienti e agli esercenti. Per molte gastronomie la somministrazione è la quadratura del cerchio. Ma è davvero così?

110 metri quadrati di cui 13 di cucina, 31 dipendenti (ma tra le varie insegne del gruppo sono 80), tavoli accanto agli scaffali e di fronte al banco frigo. Parliamo di una delle insegne più note di Roma. Quella salumeria che ha, nel suo Dna, l'alta ristorazione ma la declina mescolando il lusso del piatto d'autore e quello del grande prodotto, all'informalità di una pizzicheria, seppur d'alto d'alto borgo. Roscioli è uno dei grandi nomi del cibo capitolino, storico e ottimo forno, salumeria e ristorante, caffetteria.

Roscioli Salumeria

Quando Alessandro Roscioli ha avviato questo progetto, 14 anni fa, è stata una scommessa: pieno centro storico, zona ricca ma decisamente povera dal punto di vista della qualità dei servizi e dell'offerta: “bisognava uscire fuori da quartiere per trovare una gastronomia buona”.Poi, l'ingresso della gdo (grande distribuzione organizzata) nel centro storico capitolino, fino ad allora interdetto ai supermercati: “a quel punto dovevamo cambiare” ricorda Alessandro, che ha trasformato l'emporio di famiglia “dove trovavi dal prodotto di qualità, ai detersivi, ai manici della scopa”. Il faro era Cantarelli: “era una pazzia, trovavi di tutto, pareva senza senso e invece c'era una logica” con quella selezione di prodotti da prendere a esempio “mi ha influenzato tanto osservare gli scaffali quando si andava a comprare le cose lì”.

 

RoscioliRoscioli Salueria. I formaggi

Compra e mangia: un format vincente?

La formula di Roscioli Salumeria mette insieme un bancone con una magnifica selezione di prodotti (formaggi salumi salse affumicati di pesce conserve varie), scaffali traboccanti di vino di mezzo mondo, paste artigianali, sottoli, sughi, olio e scatolame vario, e una cucina che tira fuori piatti in perfetto equilibrio tra cucina di casa e ristorante gourmet, prova ne sia la pasta burro (Echirè demi sel) e parmigiano (un tris di vacche rosse 36 mesi, di bruna alpina 30 mesi e 36 collina). Senza scordare la possibilità di ordinare dal bancone prodotti pazzeschi. Un posto dove fare la spesa (e che spesa!) o fermarsi a mangiare.

Il format non è inusuale, anzi, è in netta crescita nel Belpaese, dove viene declinato in forme diverse. Da quelle democratiche dei mercati gastronomici, fenomeno sempre più rilevante per dimensioni e impatto sulle città, che sulla scia di quelli storici di mezz'Europa sono giunti anche da noi; esemplari sono i casi de Mercato di San Lorenzo a Firenze, quello Centrale di Roma, quello delle Erbe a Bologna, ma anche l'Albinelli di Modena o Alle Vettovaglie di Livorno. L'orientamento sta coinvolgendo (con tempistiche e modalità differenti da città a a città) anche anche i mercati rionali, che aumentano i banchi di produzione e consumo e dilatano gli orari per accogliere sia la clientela interessata all'acquisto che il pubblico mangiante. Milano è in prima linea con una food policy lungimirante con le belle esperienze della Darsena (che ospita Giuseppe Zen con le sue botteghe) il Sufragio o Lorenteggio.

Discorso a parte, poi, sono le food hall e i megastore del cibo. Uno spartiacque è stato Eataly. Una dopo l'altra, le aperture del colosso di Farinetti, hanno reso familiare a una fetta di pubblico imponente, la condivisione promiscua degli spazi di vendita e di consumo, rendendo l'intera esperienza della spesa un momento legato al tempo libero più che agli impegni domestici. Per molti, ormai, fare la spesa e cenare nello stesso tempo, è una consuetudine. Con il valore aggiunto di poter selezionare i prodotti sulla base del piatto appena mangiato. Da lì si è giunti (non proprio velocemente, a dire i vero) alla grande distribuzione, che ha intercettato in questa tendenza la risposta alle esigenze del pubblico e un grande potenziale di fatturato. Stanno arrivando tutti: Coop, Carrefour, Naturasì, allestendo spazi di consumo tra gli scaffali e cucine più o meno a vista, per assicurare un servizio a tutto tondo, spesso anche di buon livello dal punto di vista gastronomico.

La cosa interessante, però, è che questa proposta è nata in seno a botteghe di consolidata esperienza che, a un certo punto, hanno imboccato la strada della ristorazione. La somministrazione permette di offrire un'esperienza a 360 gradi ai propri clienti e, ancor di più, di far quadrare i conti: i prodotti in vendita sono gli stessi impiegati in cucina, che ne diventa vetrina inarrivabile che spinge all'acquisto (anche online) dopo l'assaggio, e riduce o annulla le perdite dell'invenduto.

 

Damini Macelleria e affini

Mai prodotti a fine corsa nel ristorante

Il mio peggior cliente è mio fratello Giorgio, che sta in cucina” dice Gian Pietro Damini dell'omonima macelleria-bottega con cucina di Arzignano: “dalle carni al parmigiano per la lasagna, tutto deve essere al massimo. Da noi funziona bene se tutto è fatto con il meglio che c'è, non con il prodotto a fine corsa”. Nessun recupero a fine giornata dalla cucina, dunque. Anche se un prodotto funzionale alla sostenibilità dell'intera attività c'è: il Damburger, l'hamburger firmato Damini – distribuito in tante hamburgherie di qualità - che permette di far girare anche tagli meno richiesti al bancone delle carni. Da sempre uno dei crucci delle macellerie è che lavorano il capo intero ma devono fronteggiare un mercato orientato solo su alcuni tagli. “Solo quando la carne è a maturazione perfetta va sul banco della macelleria e solo allora la usiamo nel ristorante”. A quel punto ha un tempo preciso di utilizzo. Ma è un discorso che riguarda lo specifico settore merceologico, e le sue regole. Senza scordare che, in un centro di 30mila abitanti, il lavoro deve essere gestito con il misurino di precisione. Non sono concessi errori. Né negli acquisti né nella proposta: “alla base di tutto c'è il know how nella gestione degli acquisti e nel disegno del menu” dice anche Leone Marzotto, vice amministratore e ceo di Peck.

DaminiUn piatto di Damini

Le spese del ristorante

Alcuni prodotti hanno bisogno di tempo per essere capiti. E contare su un ristorante che li valorizzi, con taglieri di salumi e formaggi o ricette studiate ad hoc, è un gran vantaggio. Sempre che il ristorante funzioni. Altrimenti non sono che spese. E che spese!

Per Damini Macelleria e affini, che 10 anni fa ha ampliato l'attività di famiglia con la bella gastronomia, l'enoteca e il ristorante (nato un po' in sordina, oggi Tre Bottiglie per il Gambero Rosso e Una Stella Michelin), rinnovare il piano superiore con una vera cucina da ristorante di 150mq, lo scorso anno ha richiesto circa 150mila euro. Alla sala sono riservati 150 mq, e poi c'è il negozio, per un totale di 400 metri quadrati al piano superiore. Mentre al piano sottostante di 300 metri quadrati, ci sono le carni. L'impegno maggiore, però, è quello in termini di lavoro: “iniziamo alle 6 di mattina con le preparazioni per la macelleria e finiamo dopo cena”.

Roscioli ha aperto con il nuovo format nel 2002 con circa 300mila euro di vino. “Non era il nostro lavoro” racconta Alessandro Roscioli “eravamo sprovveduti, i primi 4-5 anni è stato un bagno di sangue, altro che break even: abbiamo buttato tantissima roba e fatto un sacco di sbagli dal punto di vista imprenditoriale” ricorda “poi ho capito che non potevo continuare a chiedere i soldi a mio padre, dovevo fare una cosa che funzionasse”. Potevano contare su una materia prima straordinaria, come quella che occhieggia dal bancone, ma il food cost era molto alto e la mancanza di esperienza nella ristorazione si vedeva: “eravamo dilettanti allo sbaraglio: non sapevamo neanche la differenza tra induzione e fuoco. Siamo riusciti ad aggiustare il tiro con l'aiuto di tanti professionisti”.

Roscioli Salumeria. Gli scaffali del vino

Un sistema sinergico

Mettere il ristorante nella gastronomia e viceversa era una buona idea, allora come oggi, ma con una bella differenza: nei primi anni il fatturato era dato per il 70% dalla vendita, per il 30% dalla ristorazione; c'era già molto vino “ma non pensavamo davvero potessimo fare qualcosa di cucinato, più che altro servire prodotti del bancone”. Da allora le proporzioni si sono quasi invertite, a oggi il 60% è dato dal ristorante, il 40 dall'alimentari.

Dopo 15 anni, possiamo dire che noi non ci simo inventati niente. La cosa che ci ha salvato è la qualità, un insegnamento che ci portavamo dietro da quando nostro padre al forno sceglieva un sale che costava 700 lire a fronte delle 300 di quello comune”. Oggi il ristorante-salumeria è uno degli indirizzi di riferimento per i gourmet di mezzo mondo. “Si sono incastrate tante cose: la location, un lavoro duro, e la consapevolezza che non potevamo usare altri prodotti per la cucina, anche perché se abbassi il livello cadi in una fascia in cui ti scanni per ogni centesimo”.

 

Damini. Il bancone della gastronomia

Il cambio di clientela

Simile l'andamento per Damini: prima c'era più vendita in bottega e in salsamenteria: “oggi le preparazioni si fanno in quantitativi ridotti, davvero minimi, anche perché non vogliamo tenere il prodotto esposto. Gran parte di quel che vendiamo è preparato espresso, chi viene da noi lo sa” racconta Gian Pietro “io che arrivavo dalla grande distribuzione non condividevo, volevo il bancone bello pieno. Poi ho capito che aveva ragione mio fratello. Il pubblico della gastronomia, della macelleria e del ristorante è lo stesso, e conosce il nostro lavoro”.

A incidere è soprattutto il cambio radicale dello stile di vita: “le persone mangiano fuori anche 12 volte a settimana, dunque diminuisce la spesa per casa. Spesso, poi, non si può prevedere quando si cenerà a casa, per questo ora lavoriamo molto con il sottovuoto che assicura una vita maggiore ai prodotti, che sono comunque di altissima qualità, anche quelli già pronti da mangiare”. Non solo: “si mangia più fuori perché è più immediato sedersi al tavolo che non fare la spesa, tornare a casa, cucinare e poi poi mangiare” dice Leone Marzotto “oggi la velocità è un aspetto essenziale”.

La clientela, però, è diminuita: rileva Damini come la fascia media di mercato, che poteva permettersi una buona pasta artigianale, è scomparsa. Rimane chi ha buon potere d'acquisto o un interesse specifico per il cibo e per quello è disposto a investire. “il gourmet a cui piace cucinare acquista anche il prodotto importante”. Mentre l'interesse per la ristorazione è aumentato a tutti i livelli, tanto che Damini ha ridotto lo spazio per gli aperitivi a un solo grande tavolo separato dal ristorante. “Oggi il nostro fatturato è composto per il 45% dal ristorante il 35% dalla macelleria, il 15% dall'enoteca, il 5% dalla gastronomia, che impiega 3 persone (ma a servire sono complessivamente 6, più Gian Pietro e Giorgio Damini) a fronte di 13 nel ristorante

 

ErcoliErcoli Parioli

Recuperare la tradizione dell'alimentari di qualità nella ristorazione

Decide di puntare molto di più sulla ristorazione anche un'altra storica insegna capitolina che si appresta, proprio in questi giorni, a duplicare gli indirizzi: Ercoli 1928. Importante boutique del gusto e da sempre riferimento a Roma per il caviale iraniano, importato direttamente. “Nel primo locale, quello di Prati” dice Gino Cuminale l'imprenditore artefice del rilancio di ErcoliconDany Di Giuseppe, la gastronomia ha uno spazio leggermente più importante, mentre il guadagno è equamente ripartito”. A breve una ristrutturazione concederà maggiore respiro alla somministrazione, in linea con nuovo locale di Parioli (apertura prevista il 27 dicembre): tra gli 80 e i 120 coperti distribuiti tra scaffali, vetrine, tavoli, appoggi estraibili, in 200 metri quadrati e 3 stanze, con 17 metri di bancone (marchio di fabbrica dell'architetto Roberto Liorni), 126 metri di esposizione dei prodotti su 207 metri di ripiani, 400 etichette selezionate da un nome noto ai romani come Jovica Todorovic, con vermouth bar che ha visto coinvolto Fulvio Piccinino, tutto coordinato da Federico Tomasselli. Rimane salda la grande ricerca di prodotti, anche di piccolissimi produttori: “con la ristorazione si hanno margini più alti e si può puntare su prodotti e selezioni di livello ancora maggiore”. Innestando anche una sinergia tra vendita e ristorazione “che è un traino che permette alle due anime del locale di avere reciproca visibilità”. Il cambio di passo è importante, considerando poi che Cuminale e Di Giuseppe sono forti dell'esperienza del Porto Fluviale di Ostiense, megalocale (circa mille metri quadrati) che ha cambiato le rotte dell'intrattenimento capitolino, trasformando un'area semi-dismessa in uno dei nuovi snodi capitolini della movida gastronomica. La sfida, oggi, è quella di trasformare un'insegna storica in un punto di riferimento trasversale.

 

PeckPeck. L'ingresso

Il lusso dell'opulenza

Se parliamo di gastronomie con cucina, c'è un colosso di cui non si può non dar conto, per dimensioni e storia: 830 mq per la vendita, 400 per la somministrazione, 2400 di cucina e laboratori per la preparazione dei cibi, dai panettoni, ai patè, dai formaggi ai salumi ai piatti dei ristoranti. 120 dipendenti, di cui circa 30 in cucina sotto la guida di Matteo Vigotti. Una proporzione coerente alla quota di fatturato, che solo per il 20% dipende dai ristoranti: Al Peck, il fine dining, Il Piccolo Peck, il caffè gastronomico aperto a settembre e l'Italian bar, separato rispetto al negozio.

Peck

Peck è una delle istituzioni del buon mangiare a Milano, nato nel 1883, passato di proprietà in proprietà fino all'acquisizione, iniziata nel 2011 e completata ad aprile 2013, della famiglia Marzotto. Un alimentari di lusso radicato nella vita milanese, con alle spalle anche la celebre collaborazione con Carlo Cracco.

Per noi” dice Leone Marzotto “il core business rimane la gastronomia. Ma registriamo un una crescita della somministrazione”. Perciòè nato il Piccolo Peck: “non è una rinuncia: vogliamo dare al cliente un'esperienza a 360 gradi, inoltre la ristorazione ha il vantaggio di essere un tipo di vendita più attiva: chi si siede al tavolo è più disponibile ad accogliere suggerimenti e provare cose nuove, mentre al bancone il cliente sa già quel che vuole”. Ma cambiare non è stato facile“c'è voluto coraggio, era dal 1962 che non si metteva mano al negozio c'era addirittura, tra i clienti, chi mi chiedeva di vedere le planimetrie dei lavori”.

Gli spazi, anche se in parte riorganizzati rimangono quel trionfo di bontà che sono sempre stati: “bisogna essere belli, esporre tanto prodotto, anche mettendo in conto degli scarti”. La chiave di Peck è quella dell'opulenza. Basta considerare le cifre: un volume di affari di 20 milioni, mezzo milione di fatturato solo il 24 dicembre, in gran parte legato a patè, insalata russa e altri prodotti che arricchiranno le tavole della Vigilia di molti milanesi.

Peck. Il negozio

 

 

Roscioli Salumeria | Roma | via dei Giubonari, 21| tel. 06 6875287|http://www.salumeriaroscioli.com

Damini Macelleria e Maffini | Arzignano (VI) | via Generale Cadorna, 31 | tel. 39 0444 452914 | http://www.daminieaffini.com

Ercoli 1928 | Roma | via Montello, 26, | tel. 06 3720243 | Viale Parioli, 184 | tel. 06 8080084

Peck | Milano | via Spadaari, 9 | tel. 02 02 8023161 | http://www.peck.it

 

a cura di Antonella De Santis


Ricette di Natale dal mondo. La Germania di Oliver Glowig

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Le candele dell'avvento creano l'atmosfera natalizia per tutto il mese di dicembre, e solo la mattina della Vigilia si fa l'albero. In casa fervono i preparativi della cena, a base di pesce d'acqua dolce e in tutta casa si diffonde il profumo dei biscottini alla vaniglia.

Vicino geograficamente e anche come tradizioni: il Natale in Germania non differisce molto dal nostro, persino nel menu a basedel pesce della Vigilia. Che è il momento più importante delle feste. “Il 24 a pranzo si mangia qualcosa di leggero, qualcuno non mangia proprio” racconta Oliver Glowig, tedesco di Düsseldorf oggi a Roma, al Mercato Centrale, “perché tutta l'attenzione è concentrata sulla cena”. La giornata però inizia con un altro rito: l'albero di Natale. “Da noi si fa il 24, non a inizio dicembre come in Italia, anche perché” continua “si usano gli alberi freschi che non durano così tanto nelle case”. Fino al 6 gennaio le case sono adornate con abeti.

Oliver Glowig dalla Germania a Roma passando per Capri

È Glowig a raccontarci le tradizioni della sua Germania. Arrivato in Italianel 2001 ha legato il suo nome alle migliori tavole della penisola: da quell'Olivo del Capri Palace in cui ha fatto conoscere il suo stile - saldamente ancorato ai sapori e all'identità mediterranea - fino all'approdo capitolino nelle stagioni dell'Aldrovandi (Due Forchette del Gambero Rosso e Due Stelle Michelin). Dove ha messo a segno una cucina molto elegante, pienamente immersa nei sapori e nei prodotti nostrani, raffinata, originale ma senza mai cercare la sorpresa fine a se stessa. Una di quelle tavole di alta classe, in un prestigioso albergo nelle traiettorie più lussuose del turismo internazionale. Poi l'improvvisa decisione dell'Aldrovandi di cambiare strategia sul ristorante gourmet.

Glowig non aveva nascosto il desiderio di rimanere a Roma. E qui lo abbiamo ritrovato, dopo una tournée in giro per il mondo, in un approdo sorprendentemente democratico ma non per questo di minor fascino: il neonato Mercato Centrale della Stazione Termini. Al primo piano della Cappa Mazzoniana c'è la sua trattoria moderna: cucina accogliente, gustosa, immediata, dove tecnica puntuale e la mano del grande chef sono ben presenti ma appena percepibili. E non manca pure qualche suo piatto iconico come le eliche cacio pepe e ricci di mare a tracciare un ideale segno di continuità con le esperienze passate dello chef. Stesso discorso per la collaborazione con Salvatore De Gennaro, patron di quel tempio della bontà che è La Tradizione di Vico Equense, che al Mercato ha creato una magnifica selezione di prodotti intorno alla cucina di Oliver, interprete di razza capace di aderire perfettamente a un progetto insolito e di grandissima qualità. La tavola il vino e la dispensa è la loro casa condivisa. Al piano terra, invece, le migliori botteghe capitoline: dal pane alla carne, dai formaggi al pesce ai fritti.

 

Il rito del 24 dicembre e l'avvento

Torniamo alle feste. Il 24 dicembre è una giornata dedicata ad abbellire l'abete e a preparare la cena. Che si vuole di pesce, anche in Germania. La differenza? È che si punta soprattutto sul pesce di acqua dolce. Dopo la cena si scambiano i doni. La festa continua il giorno successivo, con una grande tavola imbandita ancora, ma stavolta con piatti a base di carne. “Si usano molto i volatili: l'oca ripiena, soprattutto, farcita con castagne, un po' come il tacchino statunitense, per capirci. Ma accompagnata dai crauti rossi”. Fino al 6 gennaio la casa rimane addobbata, ma non c'è solo l'albero: la tradizione del calendario dell'avvento è ben radicata, “in Italia è comparsa solo poco tempo fa” dice, e aggiunge: “da noi è sempre esistita”. Così come le candele dell'avvento, che si accendono settimana dopo settimana fino ad arrivare al Natale, a scandire l'attesa e creare un'atmosfera magica e calda. Per l'Epifania, invece, c'è meno ritualità: “chi è cattolico va in chiesa, ma per il resto la giornata si sviluppa come un normale giorno festivo, e senza ulteriore scambi di doni. Esiste, sì, ma non è una festa commerciale”.

Una cosa che però non può mancare, sono i biscottini dalla tradizionale forma a cornetto. Si mangiano dopo la cena del 24, ma accompagnano per tutto il periodo delle festività di fine anno. “A me piacciono tanto” dice Glowig “li avevo sempre anche nei miei petit fours”. Si tratta di biscottini semplici, per questo da mangiare uno dietro l'altro in ogni momento.

 

Vanillekipferl (biscotti di Natale alla vaniglia)

 

250 g. di farina

80 g di zucchero a velo

2 tuorli

1 stecca di vaniglia

1 pizzico di sale

150 g. di farina di mandorle

150 g. di burro

zucchero a velo

 

Impastare tutti gli ingredienti, come per la pasta frolla, fare riposare l’impasto in frigorifero per un'ora, poi formare piccoli cornetti.

Cuocerli in forno a 200°C per 10 minuti

Passarli nello zucchero a velo

 

La tavola, il vinio, la dispensa | Mercato Centrale | Roma | via Giovanni Giolitti, 36 | tel. 06 92939569 | http://www.mercatocentrale.it/roma/

 

 

 

Auguri a Mille a Torino. La cena solidale del Banco Alimentare Piemonte con Gambero Rosso e Gl events

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Mille invitati tra tutti coloro che la sera della Vigilia non possono permettersi una tavola delle feste degna della ricorrenze. E quattro chef tra i migliori del Piemonte in compagnia di due maestri della pasticceria regionale per sostenere il Banco Alimentare nell'organizzazione di una grande cena di gala al Lingotto di Torino. 

Il cenone del Banco Alimentare

Tra poche ore ci ritroveremo tutti intorno a un tavolo, ognuno con le proprie tradizioni familiari che si tramandano uguali una generazione dopo l'altra per allestire un banchetto delle feste che renda onore agli ingredienti del territorio e alle ricette della nonna. Tanti però saranno quelli che una tavola imbandita per il Cenone della Vigilia o il pranzo di Natale non l'hanno mai conosciuta, oppure oggi, con i tempi che corrono, non possono più permettersela. A (1000 di) loro si rivolge ogni anno (dal 2011) Auguri a Mille, la cena organizzata dal Banco Alimentare del Piemonte con la cooperazione delle strutture caritative del territorio, di Fondazione Gambero Rosso e di Gl events Italia. Quest'anno l'appuntamento è per il 28 dicembre alle 19 presso il Lingotto Fiere di via Nizza, a Torino, dove il padiglione 5 si trasformerà in un accogliente salone delle feste, con cento tavoli allestiti per l'occasione e mille “piemontesi” provenienti da tutto il mondo. Con l'idea che ognuno possa sentirsi amato come in casa propria, parte di una comunità che si riunisce per condividere un periodo speciale. Che in fondo è la missione perseguita durante tutto l'anno dal Banco, che nel 2016 solo in Piemonte ha distribuito circa 6400 tonnellate di cibo grazie al sostegno di tante aziende donatrici, agevolato da qualche mese dalla nuova legge antispreco vigente su tutto il territorio nazionale.

Grandi chef per il banchetto solidale

E la nuova partnership con il Gambero Rosso porta con sé qualche interessante novità sul fronte gastronomico: al gruppo che da 30 anni promuove e valorizza la cultura enogastronomica in Italia e nel mondo è spettato il compito di selezionare gli chef per la serata, quattro professionisti che si avvicenderanno in cucina per allestire un menu d'eccezione di quattro portate, perché “anche cucinare è un atto d'amore”. Loro sono Massimo Camia, Michelangelo Mammoliti, Ivan Milani e Alfredo Russo, che hanno sposato le finalità dell'iniziativa benefica, rispondendo all'appello di Gambero Rosso: “La preparazione gioiosa del cibo di qualità è anch'essa veicolo di amore e condivisione. Per questo la nostra Fondazione e il Gambero Rosso nel suo insieme hanno gradito l'invito a partecipare a questa iniziativa di così forte significato del Banco Alimentare che testimonia l'attenzione per i più deboli e prova ad alleviare, in occasione delle feste, il loro senso di solitudine e di difficoltà” ha confermato Paolo Cuccia, fondatore e Vicepresidente esecutivo della Fondazione.

Il menu

Nello stesso spirito ai dolci provvederanno i pasticceri Alessandro Dalmasso Giovanni d'Agnese, rispettivamente con una degustazione di bignoline di Natale e un panettone della tradizione pinerolese, con glassa di mandorle e zucchero e svariati gusti, dal cioccolato ai marroni, all'arancia. Il pane in tavola, invece, sarà realizzato dai ragazzi della Piazza dei Mestieri impegnati nel corso di Panificazione, che per la cena sforneranno 200 chili di pane. Al servizio 300 volontari che affiancheranno le brigate di cucina, coordinati da alcuni camerieri speciali ancora top secret. E perché la festa sia un successo interverrà anche un coro gospel made in Piemonte, i Si Fa Soul Singers.

Ma la curiosità si concentra principalmente sul menu servito nel corso della serata, degno di un festoso banchetto natalizio. A Massimo Camia, dall'omonimo ristorante di La Morra, nelle Langhe, la prima portata nel segno della tradizione locale, con i Raviolini di cappone nel suo ristretto; Michelangelo Mammoliti, il giovane chef de La Madernassa di Guarene, preparerà Pop, un coniglio al tartufo nero e crema di sedano nel suo jus. Per Ivan Milani, dalla vetta di Piano35 al Lingotto, la prova del pesce, con i Calamari in guazzetto, mentre Alfredo Russo dal suo Dolce Stil Novo alla Reggia di Venaria, porterà in tavola i profumi della terra, con una Burnia di patate con fonduta alla toma di Lanzo. In accompagnamento Ruché La Tradizione 2015 e Barbera d'Asti solo acciaio di Montalbera, ed Erbaluce La Rustia di Orsolani.

Panettone. Ecco tutte le novità del Natale 2016. Vol. 2

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Panettone special edition 2016. Da quello amatriciano al King Willy. Tutti i grandi lievitati più originali firmati dai maestri pasticceri.

Continuiamo la nostra indagine sui panettoni più originali di quest'anno. I grandi maestri hanno studiato ricette speciali per arricchire il classico dolce di Natale. Dolci o salati, farciti o decorati, sono magnifici esempi di arte pasticcera. Ecco i più interessanti.
 

1. Belle Hélène

Francesca Castignani è una vera artista dell'arte bianca. Esperienze al fianco dei più grandi maestri del settore, in Italia e all'estero (Heinz Beck, Pierre Hermé, Luca Mannori), materie prime d'eccezione, e grande personalità. Arriva all'appuntamento con il Natale con alcune special editions per il Natale 2016: ilpanettone al caffè e cioccolato. Una produzione che, in queste feste, include anche il pandoro e il pandoro sfogliato; tronchetti natalizi: pistacchio, mandorla e mandarino; cioccolato, vaniglia e gianduia; composizioni in cioccolato semplici, con frutta secca e candita, farcite di gianduia.

Belle Hélène | Tarquinia (VT) | via G. Garibaldi, 12 | tel. 0766 196387

 

2. Pasticceria Biasetto

Un pasticcere di grande talento, premiatissimo e giustamente famoso, Luigi Biasetto. Insieme con la moglie Sandra e il fratello Alessandro, guida un team di validi e giovani collaboratori, e crea dolci superlativi, esemplari magnifici di una pasticceria pura ed elegante, di grande scuola in ogni preparazione. Per esempio nei panettoni, frutto di un continuo studio per giungere a una perfetta sintesi tra la tradizione e un approccio contemporaneo. Nuovo di quest'anno è il panettone Perlato, che con le perle di vaniglia ricoperte di cioccolato bianco. Rimangano il panettone caramello vaniglia e noci pecan, il tè con spezie e 7 tipi di frutta secca e candita. Poi, ovviamente, il milanese tradizionale e ricoperto e decorati di cioccolato.

Pasticceria Biasetto | Padova | via Facciolati, 12 | tel. 049 8024428 | www.pasticceriabiasetto.it

 

3. Pasticceria Cortinovis

Quest'anno nessun nuovo panettone per la pasticceria Cortinovis, ma una nuova torta. Il suo nome è Chapeau ed è una mezza sfera glassata rossa con un pon pon sopra e della granella di cocco alla base che ricorda un cappellino di Babbo Natale. Un dolce atipico per festeggiare il Natale con golosità.

Cortinovis | Ranica (BG) | via G. Marconi, 109 | tel. 035 363506 | www.pasticceriacortinovis.it

 

4. Maghi infarinati

Sono più di 20 anni che Corrado Vicina porta nell'operosa città di Olivetti le sue dolcezze. La sua è una grande famiglia nel mondo del buon bere e buon mangiare del Piemonte, e Corrado è il rappresentante dell'alta pasticceria. Tante le varianti proposte per i buonissimi panettoni, dai classici ai più creativi, ma questo Natale ci sono ben tre novità assolute: il KingWilly, con marmellata di mandarini tardivi di Ciaculli all'interno, ricoperto di cioccolato bianco con arachidi tostate al sale; Mago di Ozbacon pistacchio puro di Bronte nell'impasto e amarene semi candite e sopra glassa al pistacchio. All Black, “tutto cioccolato ma tutto...
Maghi infarinati | Ivrea (TO) | c.so Botta, 30 | tel. 0125 641112 | www.maghiinfarinati.it

 

5. Mennella

Lievito madre, burro e tuorli freschi sono la base del panettone 2016 di Mennella, pasticceri di Torre del Greco dal 1969. L'impasto soffice e fragrante si arricchisce di pezzetti di mandarini canditi della Penisola Sorrentina e di pasta di mandorla. La copertura è una bianca glassa di pasta di mandorle foresta fiammeggiata con scorzette di mandarino candito. Una nuova ricetta che si unisce ad altre a base di ingredienti del territorio campano: Panettone al limoncello, Panettone alle albicocche del Vesuvio con copertura mandorlata, al cioccolato fondente e fichi bianchi del Cilento. Non manca il classico milanese con la tradizionale scarpatura, e il Pandoro.

Mennella | Torre del Greco (NA) | via Veneto, 2 | tel.  081 8811541| via Aldo Moro, 31 | tel.081 8814688| www.pasticceriamennella.it

 

6. Pasticceria Pepe

I lievitati dei fratelli Pepe sono famosi in tutta Italia. Le creazioni di questa storica pasticceria campana con le inconfondibili confezioni verdi sono oggetto di culto per ogni gourmet. Panettone e altri lievitati sono disponibili tutto l’anno, perfetti nell’alveolatura e nella consistenza, lievitati naturalmente per trentasei ore. Special edition 2016 è quello con uva passita zibibbo e passito di Pantelleria,rimangono anche la novità dello scorso anno, il panettone con farina integrale, miele e frutti di bosco, il tradizionale rivestito con glassa alla nocciola; la pastiera lievitata che mette insieme due tradizioni diverse, del nord e del sud Italia, e quello, ormai un classico di Pepe, con latte e panna di bufala bagnata al mandarino, oltre naturalmente ai classici: crema al caffè; cioccolato al latte e fondente, albicocche Vesuvio e fichi bianchi del Cilento e agli agrumi dei monti Lattari.

Pasticceria Pepe | Sant'Egidio del Monte Albino (SA) | via Nazionale, 2 | tel. 081 5154151 | www.pasticceria-pepe.it

 

7. Pasticceria Rinaldini

Enfant prodige della pasticceria italiana, stilista del dolce e via discorrendo: Roberto Rinaldini ha accumulato diverse definizioni. Oggi anche volto televisivo, è uno dei nomi noti della pasticceria anche al di fuori del mondo degli addetti ai lavori. Sarà anche per quel suo essere sempre in movimento, capace di coinvolgere e attrarre tantissima attenzione intorno ai suoi dolci. Il panettone di quest'anno si chiamaDante il dolce Stil novo, ed è nato a seguito di un contest su Facebook sulla pagina Rinaldinipastry che ha raccolto più di 800 messaggi con suggerimenti sui nomi “tra questi nomi ho scelto il nome Dante perché questo panettone è pura poesia”. È un panettone a lievitazione naturale di quarantott'ore con fragoline di bosco semi candite, ciliegie semi candite, cioccolato bianco al profumo di fave di tonka e farcito con crema al pistacchio vegana. In serie limitata per quest'anno, dal prossimo anno in vendita in tutti negozi Rinaldini.

Pastcceria Rinaldini | Rimini | via Ennio Coletti, 131 | tel. 0541 27146 | www.rinaldinipastry.com/

 

8. Sal De Riso

Salvatore De Riso è un volto molto conosciuto, per le sue partecipazioni a trasmissioni televisive, le molte pubblicazioni, ma soprattutto i dolci reperibili nelle tante sedi sparse in tutto lo Stivale. La sua pasticceria, pur se diffusa in tutta Italia, racconta la Costiera Amalfitana, attraverso l'esaltazione dei prodotti e la combinazione dei sapori. E da quest'anno è diventata un punto di riferimento per tutte le ore del giorno: bar, caffetteria, bistrot e pizzeria. È, ancora di più, un tempio di bontà. I lievitati sono uno dei suoi punti forti, disponibili tutto l'anno. L'edizione speciale del 2016 è il PanettoneSmeraldo, farcito con crema al pistacchio siciliano.

 

Sal De Riso | Minori (SA) | p.zza Cantilena, 1 | tel. 089 853618 | www.salderiso.it

 

9. Attilio Servi

Come ogni anno due le novità per Attilio Servi, una dolce e una salata. Per il dolce il PanMojto, un panettone con lime limone e zucchero di canna oltre all’immancabile menta, con all’interno della confezione anche una bottiglia, con vaporizzatore, di Rhum a 40° con 7 anni di invecchiamento. Per il salato L’amatriciana, con guanciale, pecorino e doppio concentrato di pomodoro su una base dolce. Un prodotto inconsueto dalla doppia anima.

Attilio Servi | Pomezia (RM) | Via Campobello, 1/c | tel. 06 9124150 | http://www.attilioservi.eu/

 

10. Tiri 1957

Vincenzo Tiri è tra i nomi più noti per il panettone. Premiatissimo e molto ambito, il suo panettone è tra gli esempi più belli dei grandi lievitati delle feste, e non solo. Perché la sua produzione continua per tutto l'anno. Grande maestria, selezione attenta delle materie prime, soprattutto del territorio, come l'arancia di Tursi candita in casa. Oltre ai classici, quest'anno due edizioni limitate che nascono da altrettante collaborazioni. Una con l'Amaro Lucano, per il quale ha studiato una ricetta ad hoc per un abbinamento perfetto, senza alcol, “perché così è adatto anche ai bambini”. Caramello, vaniglia, cannella e la sua arancia di Tursi candita. Abbinamento ideale, ovviamente, con l'amaro, per completare la degustazione. L'altro panettone 2016 è quello con uvette macerate 48 ore con il moscato dell'azienda vinicola del vulture di proprietà di Farnese.

Tiri 1957 | Acerenza (PZ) | via Antonio Gramsci, 2 | tel. 0971 749182 | www.tiri1957.it/

 

a cura di Antonella De Santis

Panettone. Ecco tutte le novità del Natale 2016. Vol. 1

One Pizza: il calendario che riunisce i pizzaioli a favore dell'ospedale Santobono di Napoli

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Un calendario di beneficenza per raccogliere fondi e creare 12 sale di rianimazione nell'ospedale Santobono di Napoli. È quello di One Pizza, che raccoglie 9 tra i più grandi pizzaioli italiani, insieme per la promozione della pizza di qualità e per fare del bene.

Il progetto. Il calendario solidale

Un calendario di beneficenza, il cui ricavato sarà destinato all'ospedale Santobono di Napoli, in particolare, alla realizzazione di 12 sale di rianimazione. Si chiama One Pizza e – come si intuisce dal nome – si tratta di un calendario originale, a sfondo enogastronomico. I protagonisti di ogni mese sono infatti i pizzaioli Antonio Starita, Enzo Coccia, Franco Pepe, Ciro Salvo, Guglielmo Vuolo, Attilio Bachetti, Gino Sorbillo, Francesco eSalvatore Salvo. Nomi noti nel panorama della pizza italiana, che hanno fatto la storia dell'arte bianca a Napoli e non solo. One sta infatti a indicare il senso di condivisione e unione fra i diversi professionisti che hanno scelto di riunirsi per la prima volta sotto la guida di Enzo Coccia, e per Natale 2016 promuovono il primo progetto collettivo per fare del bene. Creando una sorta di associazione, o meglio, una community senza sponsor o fini di lucro, per realizzare insieme qualcosa di concreto (e non finisce qui, perché il sodalizio avrà un seguito).

L'unione fa la forza

E non solo: il calendario è anche un modo per continuare a far parlare di pizza di qualità e diffondere la cultura della lievitazione e dell'arte bianca. “Un’unione unica e speciale che ha generato confronto appassionato e continuo”, come l'ha definita Franco Pepe. “Un progetto per ribadire, attraverso le piccole e grandi differenze che ci caratterizzano, che la radice comune e l’apertura alle differenze ci arricchiscono rendendoci forti”. Perché anche nel settore enogastronomico, l'unione fa la forza, soprattutto in un periodo come quello delle feste di Natale, quando si moltiplicano progetti e iniziative di beneficenza. Fra i panettoni solidali, gli eventi tematici e le cene per raccogliere i fondi, anche chef, pasticceri e pizzaioli scendono i campo per dimostrare che attraverso una comunicazione efficace e la volontà condivisa si possono raggiungere degli obiettivi comuni.

Il calendario è stato presentato ufficialmente giovedì 15 dicembre al Museo di Capodimonte, alla presenza del fotografo Salvio Parisi, e dei nove “modelli”. Il calendario One Pizza è già disponibile nelle pizzerie dei nove protagonisti e chiunque potrà richiederlo a fronte di una donazione libera da versare in una “buatta” di pomodoro simbolica. Il ricavato sarà devoluto a favore del progetto Re-Life, una raccolta fondi per creare 12 sale di rianimazione all'interno dell'ospedale Santobono di Napoli.

a cura di Michela Becchi

Enoteca dai tosi – Design contest: un concorso per arredare il nuovo locale di Matera

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Nasce all'interno di un sasso di Matera la nuova Enoteca dai tosi, locale innovativo e moderno che raccoglie oltre 350 etichette di vino, con particolare attenzione ai prodotti della Basilicata. Debutta a maggio 2017 e 5 studi di design stanno gareggiando con progetti interessanti per poter curare gli arredi del locale.

Il locale

Un locale dove convergono vini di qualità e l'incanto della città di Matera, con il valore aggiunto di un design innovativo e moderno. Almeno nelle intenzioni del suo fondatore. È la nuova Enoteca dai tosi, uno spazio distribuito su tre livelli all'interno di un sasso di Matera, nato per idea di Gian Paolo Buziol, classe '91 e appassionato del buon bere che, dopo l'esperienza formativa presso il Wine and Spirit Institute di Bordeaux, ha deciso di trasferire il suo interesse nella città dei Sassi, patrimonio dell'Unesco da 23 anni e prossima Capitale europea della cultura per il 2019. Un imprenditore con le idee chiare, figlio dell'esperienza del padre Claudio Buziol, fondatore del brand Replay, che ha scelto di scommettere sul format del wine bar impreziosito da arredi di livello. Il locale nasce infatti dalla volontà di Gian Paolo di coniugare la bellezza e il fascino della città con un'estetica di design per creare un luogo di ritrovo all'interno del quale è possibile assaporare le storie di un'accurata selezione regionale di vini italiani, ma anche uno spazio dove scoprire la storia del vino al di là del prodotto in sé. Le etichette scelte sono oltre 350 da tutto il territorio nazionale, con una buona percentuale di vini della Basilicata, in omaggio alla terra che ospita il progetto.

Il contest

Per rendere l'enoteca ancora più accattivante, l'imprenditore ha ideato un concorso internazionale di architettura a cura di PS che, grazie al supporto di un team di consulenti e di una giuria di settore, ha individuato cinque progettisti pronti a confrontarsi con la caratteristica architettura del locale. Nasce così l’Enoteca dai tosi – Design contest, una competizione che invita i professionisti a presentare progetti innovativi per arredare il locale. Sono 5 gli studi selezionati, provenienti da diverse città: Francesco Librizzi da Milano, StudioErrante Architetture da Torino, Andrea Caputo da Milano, Architecten De Vylder Vinck Taillieu e Muller van Severen dal Belgio. Il tema del contest è “solo ciò che tocca il vino”, in riferimento ai materiali da utilizzare: infatti, gli unici elementi ammessi sono quelli che vengono a contatto con il prodotto nelle sue diverse fasi di produzione, come il vetro, il sughero, il legno di rovere e di castagno, l'acciaio inox, la vetroresina, il cemento e la terracotta. A valutare i progetti, un comitato scientifico di esperti, composto da Gian Paolo Buziol, Andrea Bortolot, project manager e referente del progetto, Michela Pelizzari e Federica Sala dallo studio PS, Renzo Di Renzo, ex direttore artistico della fondazione Claudio Buziol e fondatore dello studio Heads Collective, Michele Andrisani, architetto in loco e direttore dei lavori, Benedetto Marzullo, caporedattore della rivista Living, Corriere della Sera, Andrew Ayers, giornalista della rivista PINUP, Roberto Petronio, esperto di vini e giornalista della rivista La revue du vin de France e Joseph Grima, architetto e direttore artistico di Matera 2019 - Capitale europea della cultura.

L’enoteca debutterà il 12 maggio 2017, anniversario di nascita di Claudio Buziol. Chi vincerà?

a cura di Michela Becchi

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