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9/9: è countdown per la giornata del vino di Alibaba

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Si chiama Tmall 9.9 Global Wine & Spirits Festival ed è la festa che il gigante dell'e-commerce cinese dedica al vino. Con l'Italia, secondo Paese più rappresentato. Ma come si fa ad aprire un proprio store sulla piattaforma?

L'evento: cos'è il Tmall 9.9 Global Wine & Spirits Festival?

L'ora X si avvicina. Il 9/9 alle ore 9 Alibaba, il gigante cinese dell'-ecommerce, per 24 ore trasformerà i suoi portali in una vetrina per la vendita di vino proveniente da ben 50 Paesi da tutto il mondo, in quello che è stato battezzato Tmall 9.9 Global Wine & Spirits Festival, che in cinese si pronuncia “Jiu Jiu”, omofono di vino e nove. Lo aveva annunciato Jack Ma, il fondatore di Alibaba, allo scorso Vinitaly e in meno di cinque mesi il progetto è realtà. Ma la vera notizia è che l'Italia c'è: con 50 cantine e 500 etichette sarà il Paese più rappresentato durante l'evento, secondo solo alla Francia.

Ma cosa succederà nella pratica? Dalle 9 di mattina alle 9 della sera (occhio all'uso insistente, quasi mantrico del numero 9) 400 milioni di clienti cinesi - non soltanto quelli interessati al vino - avranno a disposizione una vasta gamma di etichette e offerte tra cui scegliere, con banner pubblicitari e campagne promozionali mirate a rendere ancora più allettante l'acquisto. Ma la festa è già iniziata. Per offrire massima visibilità e opportunità ai brand di entrare in contatto con i consumatori, Tmall ha lanciato una serie di campagne marketing già dal 1 settembre, come le aste live per etichette rare e in numero limitato. Non solo. Un centinaio di esperti di vino a livello mondiale, tra cui il francese Jean-Luc Thunevin e il critico americano James Suckling, condivideranno in video live i propri pareri sui vini attraverso le app di Tmall e Taobao. Nel corso della giornata, invece, ogni azienda presente con un proprio store(che sia cantina, importatore o gruppo) potrà mettere in promozione due, al massimo tre prodotti. Obiettivo? Portare 100 mila vini da tutto il mondo in quello che dovrebbe diventare - ma prima di parlare per il futuro bisogna vedere il bilancio - un appuntamento annuale.

 

Alibaba in cifre

Giusto per capire di cosa stiamo parlando: Alibaba ha un fatturato annuo di circa 500 miliardi di dollari, raggruppa 10 milioni di aziende e propone qualcosa come un miliardo di prodotti a 400 milioni di clienti in Cina. Per quanto riguarda il settore vino, dal 2013 al 2015, la piattaforma Tmall ha quintuplicato il numero di acquirenti, raggiungendo più di 10 milioni di consumatori, soprattutto tra i ventenni e nelle città minori. E, nove mesi fa, ha inaugurato in Italia il suo primo ufficio per l'Europa, in modo da affiancare gli imprenditori nelle pratiche per approdare sulla piattaforma online cinese.

 

Gli italiani su Alibaba

Per capire più nel dettaglio le modalità di partecipazione delle cantine italiane al Tmall 9.9 e soprattutto le modalità per aprire – al di là dell'evento - un proprio store sulla piattaforma, abbiamo chiesto informazioni al business development manager responsabile food&wine Manfredi Minutelli. Al momento” ci dice “sono in cinque le realtà vitivinicole ad avere un proprio flagship store. I primissimi ad averlo attivato, ancora prima dell'apertura dell'ufficio italiano di Alibaba, sono Le Rovole e Natale Verga, a cui sono seguiti Mezzacorona, Giv - che al momento ha portato 7 delle sue 18 cantine - e Iswa con i suoi 7 marchi.Ma ci sono anche altre modalità di partecipazione alla giornata del vino. Ad esempio altre cantine saranno presenti attraverso il proprio importatore cinese, come nel caso di Antinori con Cofco o di Castello Banfi, Ruffino e Donnafugata con Asc. Infine, altre sette cantine sono state selezionate daTmall Direct Importall'interno di un progetto pilota che, eccezionalmente, ha previsto l'acquisto diretto dei vini da parte di Alibaba. Per questo progetto ci siamo avvalsi della collaborazione di Vino75, giovane enoteca on line con base a Firenze che sta lavorando per aprirne una anche sulle nostre piattaforme.

 

Come aprire un proprio flagship storesu Alibaba

Ma facciamo un passo in avanti, andando oltre la giornata dedicata al vino, per capire quale sia la procedura per poter arrivare ad Alibaba.“Il primo criterio” spiega il responsabile italiano“è quello del marchio: l'azienda deve dimostrare di essere detentrice del marchio registrato anche in Cina o di avere la licenza per vendere il prodotto. A quel punto, e dopo tutta una serie di documenti richiesti, passano dalle quattro alle sei settimane per attivare una posizione online e aprire un account Alipay, unico sistema utilizzato per i pagamenti sulla piattaforma. In questo periodo l'azienda deve provvedere a costruire il proprio store che, ricordiamo, non è realizzato da Alibaba, ma da società terze con cui l'azienda viene messa in contatto e tra cui può scegliere quella che meglio si presta alle proprie esigenze”.

 

Spedire il vino

Una volta dentro, però, non è finita, perché bisogna portare fisicamente il vino in Cina. E Alibaba, al contrario di altre piattaforme e-commerce, è molto esigente in fatto di puntualità nelle consegne, anche perché i feedback dei clienti, in un Paese dove si acquista principalmente online, non perdonano. Oggi la cantina può scegliere tra due piattaforme, che corrispondono anche due procedure differenti per far entrare il vino in Cina: Tmall Classic o Tmall Global. La differenza la spiega Minutelli: “Nel primo caso - l'unicomodo possibile fino allo scorso 8 aprile quando, con il cambio della normativa, anche il vino è stato inserito tra i prodotti importabili con la modalità cross border- bisogna avere un proprio importatorelocale tramite cui far arrivare il vino in Cina, con tutti i controlli, i dazi e gli adeguamenti del caso. Vedi nomi e retro-etichette tradotte in cinese. Con Tmall Global, invece, si possono fare entrare i vini anche senza importatore: è come se la vendita avvenisse in Italia, anche se il vino nel frattempo deve trovarsi già in Cina per motivi di logistica. In questo caso i magazzini Tmall sono quelli bonded (porto franco) e i dazi agevolati si pagano solo una volta che il prodotto è venduto ed esce dal magazzino”.

 

Come gestire il punto vendita virtuale?

E andiamo agli investimenti: quanto costa aprire un proprio punto vendita su Alibaba e successivamente gestirlo? Come ci spiega Minutelli, prima di tutto c'è un deposito cauzionale di 25 mila dollari a garanzia. Poi, in modo specifico per il settore vino, si parla di un contributo annuale fisso di 5 mila dollari. Il resto si conteggia sulle vendite, con un 2% che va ad Alibaba e l'1% ad Alipay. Il resto rimane all'azienda che, però, deve conteggiare tra le spese anche quelle per realizzare lo store e gestirlo da un punto di vista logistico, tramite le società terze di cui parlavamo sopra. “Chiaramente” ci tiene a precisare il nostro interlocutore “avere il proprio prodotto online,non significa vendere vino. Per farlo, un po' come funziona dappertutto, bisogna fare promozione, farsi conoscere e portare traffico sul sito”.

 

a cura di Loredana Sottile


Biro e Caffè: quadri d'autore realizzati con il caffè in mostra a Firenze

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Un'esposizione particolare, che vede protagonisti quadri dipinti con il caffè. E poi una degustazione di caffè filtro, un aperitivo e una dimostrazione pratica da parte dell'artista in occasione dell'inaugurazione della mostra, venerdì 9 settembre.

Il pittore aromatico

Una mostra artistica, ma anche una giornata all'insegna del caffè di qualità: negli spazi di Villa La Palagina di Filigne Valdarno, hotel e azienda agricola in provincia di Firenze, Michele Palano espone le sue opere realizzate con il caffè. L'artista è stato definito “pittore aromatico” proprio per tecnica insolita adottata per trasferire il suo estro su tela, frutto dell'incontro tra caffè, sia in polvere che liquido, e tecnica a biro. Così Michele riesce a dipingere quadri di vario genere, molti dei quali dedicati alla pianta e ai chicchi di caffè. Accurato anche il lavoro di preparazione che precede l'esecuzione dell'opera: la bevanda liquida, per esempio, viene raccolta dall'artista per ottenere toni e densità differenti, da utilizzare su tela insieme al segno della biro. Il pittore aromatico, di origine salentina, classe '58, ha realizzato finora ben 3 collezioni: Biro e Caffè (74 opere), Donna Caffè (48 opere) e Danze.

 

Michele Palano

E venerdì 9 settembre chi arriverà a La Palagina potrà confrontarsi direttamente con Michele, che dopo la visita guidata fornirà una dimostrazione pratica della sua tecnica pittorica. Le opere invece saranno in esposizione per un mese intero, fino al 9 ottobre. A organizzare l'esposizione, Elite Club Vacanze Group in collaborazione con la torrefazione toscana Caffè Corsini.

La degustazione

Dipinti a parte, in occasione dell'inaugurazione della mostra, ampio spazio sarà dedicato al caffè, attraverso degustazioni guidate e laboratori. Il welcome coffee – caffè di benvenuto – è a cura di Corsini e si propone di mostrare tutto il buono del caffè artigianale di qualità, servito sia in modalità espresso che filtro, estratto con diversi sistemi, dal v60 all'aeropress. Un'opportunità unica per sperimentare e scoprire nuovi aromi e profumi, corpi e strutture diverse della bevanda tanto amata dagli italiani. Sul versante gastronomico un'anteprima del nuovo menu autunnale di Villa La Palagina. A preparare l'aperitivo per gli ospiti ci sarà lo chef Federico Cardi, che per la serata propone una serie di assaggi della cucina tradizionale toscana reinterpretata a modo suo, ma sempre incentrata sui prodotti del territorio. Coscette di quaglia ripiene al tartufo, ravioli con lampredotto e salsa verde, filetto di maiale steccato alle mele con patate e pomodorino ciliegino: queste e molte altre le ricette protagoniste dell'inaugurazione, tutte in versione finger food. In abbinamento una selezione di vini locali e musica jazz del Daniele Malvisi Quartet.

 

Villa La Palagina

Biro e Caffè | Filigne Valdarno (FI) | dal 9 settembre 2016 al 9 ottobre 2016 | via Grevigiana, 4 | tel. 055 9502029 | www.palagina.it

a cura di Michela Becchi

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Abruzzo e Molise

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L'elenco ufficiale dei premi Tre Bicchieri dell'Abruzzo e del Molise nella guida Vini d'Italia 2017 del Gambero Rosso.

Abruzzo

Il comparto vitivinicolo abruzzese non è mai stato tanto in salute. Perlomeno a giudicare dal livello medio della produzione, in continua ascesa, e sempre più competitivo per rapporto qualità prezzo. Non sono tanti i distretti europei dove è possibile bere così bene spendendo così poco. Ma la straordinaria convenienza delle gamme “entry level” rischia talvolta di togliere appeal ai progetti più ambiziosi. E rappresentano vere e proprie eccezioni i vini abruzzesi che rivaleggiano nel segmento premium con le etichette mito dei più blasonati terroir mondiali. Se aggiungiamo la quota consistente di sfusi imbottigliati fuori regione, diventa più chiaro perché l’Abruzzo fatichi ancora a trovare una dimensione pienamente riconosciuta presso il pubblico specializzato. Ma lo scenario è decisamente incoraggiante.

Si allarga la rosa di opzioni caratterizzate e affidabili, ogni anno è più difficile scegliere i “titolari” della nostra Guida e quelli che restano fuori solo per motivi di spazio. Nel primo gruppo convivono armonicamente marchi storici e nomi emergenti, piccole imprese artigiane e aziende di grandi dimensioni, e una fitta rete di cooperative ben strutturate per affrontare le sfide dei mercati. In tutte le zone, inoltre, si infoltisce il gruppo di realtà “verdi”, che puntano su protocolli biocompatibili in vigna e soluzioni “modernamente antiche” in cantina: fermentazioni spontanee, vinificazioni “sottrattive”, affinamenti modulari, con le anfore e il cemento ad affiancare le botti di legno e l’acciaio.

Non deve allora ingannare la sensibile riduzione del numero di Tre Bicchieri, in buona parte legata ai limiti delle vendemmie protagoniste negli ultimi test. Come la fredda e umida 2014, complicata per i rossi più rappresentativi, o la speculare 2015, non certo la migliore possibile per i principali bianchi e rosati quanto a profondità sapida e nerbo.

Come sempre tocca al Montepulciano il ruolo di “azionista di maggioranza” dell’eccellenza regionale, con le sue molteplici declinazioni territoriali e stilistiche, tipologia Cerasuolo inclusa. Ma ci conquistano anche le più autorevoli interpretazioni di Pecorino e Trebbiano, capaci di restituire quello speciale connubio di Adriatico e Appennino che rende così originale il paesaggio abruzzese.

 

Cerasuolo d'Abruzzo Villa Gemma 2015 Masciarelli

Montepulciano d'Abruzzo 2012 Valentini

Montepulciano d'Abruzzo 2014 Villa Medoro

Montepulciano d'Abruzzo Amorino 2012 Castorani

Montepulciano d'Abruzzo Chronicon 2013 Zaccagnini

Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Zanna Ris. 2011 Illuminati

Montepulciano d'Abruzzo Luì 2013 Terraviva

Montepulciano d'Abruzzo Mo Ris. 2012 Tollo

Pecorino 2015 Tiberio

Pecorino Frontone 2013 Cataldi Madonna

Trebbiano d'Abruzzo Bianchi Grilli per la Testa 2014 Torre dei Beati

Trebbiano d'Abruzzo V. del Convento di Capestrano 2014 Valle Reale

 

Molise

Parlando di viticoltura eroica facciamo riferimento anche all’epopea di agricoltori e produttori che con coraggio e determinazione portano avanti il loro lavoro in zone per molti versi invisibili sulle mappe del vino mondiale. Partiamo da qui, per l’annuale ricognizione sulle migliori bottiglie e cantine del Molise: è una sparuta rappresentanza, per questo va incoraggiata e sostenuta.

Ne siamo convinti, prima o poi emergerà a pieno il valore aggiunto del suo essere territorio di confine e frontiera. Crocevia di popoli e culture, ponte naturale tra basso Abruzzo e Frusinate interno, Sannio e Daunia, Adriatico e Appennino. Influenzato da un variegato puzzle geologico e altimetrico, e da un vasto campionario di tradizioni produttive e ampelografiche, ostiche da tenere insieme in un racconto organico. Molteplicità che troppo spesso finisce per sfociare in confusione o, peggio, viene neutralizzata da un modello enologico in buona parte sorpassato, anacronistico e in ultima analisi ingenuo.

Al netto delle difficoltà commerciali e di posizionamento, i più ambiziosi vignaioli della regione potrebbero e dovrebbero osare di più per far emergere la personalità peculiare dei loro rossi da montepulciano, aglianico e soprattutto tintilia. Senza trascurare le doti di fragranza e freschezza dei più riusciti bianchi a base falanghina, greco, trebbiano, malvasia, con qualche concessione “internazionale” a sauvignon e chardonnay.

Speranze di ulteriore crescita ben riposte, crediamo, nel percorso segnalato da realtà decisamente in forma come Borgo di Colloredo, Claudio Cipressi, e Tenimenti Grieco, titolari inamovibili della nostra selezione molisana. Alle finali nazionali approdano tre etichette ed è un risultato da non sottovalutare alla luce del numero risicato di assaggi. Così come è da sottolineare la brillante prova dell’unico Tre Bicchieri assegnato, il Molise Tintilia ’13 della Di Majo Norante, storica cantina di Campomarino nonché leader indiscussa della vitienologia regionale.

 

Molise Tintilia 2013 Di Majo Norante

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Basilicata

Anteprima Tre Bicchieri. Campania

Anteprima Tre Bicchieri. Calabria

Anterpima Tre Bicchieri. Toscana

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia

La Conserveria. Marmellate, conserve e vasocottura dei Ragazzi Speciali di Castiglion Fiorentino

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Il laboratorio di trasformazione alimentare è nato nella primavera 2015 e dà lavoro a 13 ragazzi autistici e con disagio intellettivo. Ma a parlare è soprattutto la qualità dei prodotti: materie prime da filiera corta, selezione di varietà antiche, ricette dimenticate con l'aiuto degli chef. In attesa della vendita online. 

Inclusione sociale e qualità

A Castiglion Fiorentino, nella provincia di Arezzo, La Conserveria è in attività dalla primavera 2015. Un bel modo per festeggiare i dieci anni dell'Associazione Ragazzi Speciali, nata dal desiderio di Sara Rapini di riabilitare il ruolo sociale dei ragazzi affetti da autismo e disagio intellettivo. Le due realtà, oggi, coesistono e si completano all'interno del laboratorio di trasformazione alimentare realizzato un anno e mezzo fa con il finanziamento della regione Toscana, nell'ambito del bando di Agricoltura Sociale che premia diversi progetti sul territorio regionale. E però l'intenzione di questa piccola impresa che dà impiego a poco meno di 15 ragazzi “speciali” non è quella di racimolare consensi per l'eccezionalità del contesto. Tutt'altro, perché il prodotto che esce dalla Conserveria si distingue in prima battuta per la qualità delle materie prime e delle lavorazioni e, volutamente, “non presta il fianco a prezzi simbolici, collocandosi sul mercato di fascia medio-alta”, per quella nicchia di consumatori in cerca della filiera corta, dell'originalità e della diversificazione della proposta. Senza dimenticare le finalità dell'associazione, che sin dall'inizio della sua storia ha abbinato al percorso di socializzazione una serie di progetti di inclusione professionale, molti dei quali legati al mondo del cibo e della ristorazione.

I precedenti. Dalla cucina all'orto

Così prima è venuto Mani in pasta, con i ragazzi impegnati sul campo al fianco di cuochi, pizzaioli e pasticceri della provincia. Ed è stata una sorpresa per tutti. Poi è arrivato l'orto biologico e alla fine il laboratorio, “il contesto forse più adeguato ai tempi di apprendimento dei ragazzi, ormai indipendenti ma seguiti costantemente da tre volontari, senza lo stress di doversi confrontare necessariamente con il pubblico”. E infatti in Conserveria si lavora di buona lena, con passione e divertimento. Le famiglie dei ragazzi forniscono il proprio supporto, e dall'inizio hanno scelto di rinunciare alla retribuzione dei singoli per reinvestire ogni guadagno nella crescita dell'impresa, e cavarsela con le proprie forze. I risultati sono arrivati uno dopo l'altro: dopo la linea di marmellate, succhi di frutta e conserve, si è passati alla vasocottura, con vuoto a rendere per il riciclo dei barattoli e ottimizzazione delle risorse (il completamento della cottura avviene in sterilizzatrice, nel pieno rispetto delle norme igieniche e sanitarie).

La Conserveria. Vasocottura, succhi e marmellate

Le materie prime vengono acquistate da una rete di fornitori selezionati della provincia o ricercate sul territorio nazionale quando si tratta di selezionare il meglio di ogni prodotto (come le arance in arrivo dalla Sicilia) e la trasformazione consente di preservarne la stagionalità a lungo. “I nostri prodotti piacciono perché sono buoni, oltre che 'sociali'” ci conferma Sara Rapini. Quando la raggiungiamo al telefono i ragazzi sono impegnati con la preparazione di fagioli borlotti insaporiti con sedano e carota in vasocottura, “buoni come quelli cotti nel fiasco, da condire con un filo d'olio a crudo”. Ma in produzione in questo periodo dell'anno ci sono anche la marmellata di cipolle da accompagnare ai formaggi e quella di pera brutta e buona di Archeologia Arborea, un'antica varietà dell'Alta Val Tiberina Tutte le preparazioni privilegiano la semplicità, per composte, marmellate e succhi di frutta si cerca di limitare lo zucchero aggiunto per valorizzare il prodotto. E le idee in cantiere sono molte, come la linea di succhi alla mela diversificati per varietà, dalla Granny Smith alla rugginosa della Val di Chiana, secondo gusto del consumatore.

Le ricette dimenticate

Intanto la collaborazione con l'Associazione Cuochi di Arezzo procede spedita e ha permesso ai ragazzi di apprendere ricette dimenticate del territorio da riproporre in barattolo per il take away (da scaldare in microonde), ma apprezzati anche da bar e gastronomie della zona che li servono in pausa pranzo. Tra le proposte la zuppa di cipolle della Val Tiberina e la trippa alla fiorentina, la zuppa del Tarlati e la pappa al pomodoro, o la scottiglia di carne; ma anche vasetti vegani e vegetariani, che la sterilizzazione permette di consumare fino a un anno e mezzo dopo la produzione. Ora l'obiettivo è quello di incentivare le vendite e la rete di distribuzione: “Il marketing è ancora deficitario, ma d'altronde la prerogativa economica non è mai stata prioritaria”. Però la soddisfazione per un lavoro ben eseguito e gli attestati di stima che fioccano dall'esterno (dall'assessore all'agricoltura della Regione Toscana alla stampa giapponese) spingono in alto l'ambizione: “Stiamo organizzando la vendita online e intanto allarghiamo la rete di distribuzione”. Da un mese, per esempio, la linea di vasocottura de La Conserveria è arrivata alle Logge del Grano di Arezzo. E gli altri prodotti del laboratorio sono già disponibili da un po'. Chi fosse interessato a visitare la sede di Castiglion Fiorentino, invece, può prendere parte alle degustazioni organizzate periodicamente, e approfittarne per l'acquisto diretto.  

 

La Conserveria | Castiglion Fiorentino (AR) | via del Piano, 30 | www.facebook.com/La-Conserveria-1575060256112691/?fref=ts

 

a cura di Livia Montagnoli

Miniguida ai laghi minori d’Italia: dove mangiare intorno al Lago del Salto

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Un lago artificiale, il più grande d’Italia, che permette di visitare luoghi incontaminati, gole che sembrano infinite e anfratti selvaggi: è il lago del Salto.

Il lago artificiale più grande d’Italia

Creato nel 1940 dallo sbarramento del fiume Salto con una diga artificiale, provocando la sommersione dell'omonima valle nel Cicolano, il lago del Salto è di recente formazione. L’obiettivo era renderlo un bacino idroelettrico che alimentasse la centrale di Cotilia, nonché evitare le continue inondazioni del reatino. Eppure, questo lago, è diventato meta di turisti da tutta Italia e oltre, grazie soprattutto alla natura incontaminata in cui è immerso. Collegato al vicino lago del Turano tramite un canale artificiale, lungo circa 9 chilometri, che passa sotto la catena del Monte Navegna, è ideale per le attività sportive e naturalistiche: sono diversi i punti in cui è possibile fare il bagno, in particolare sulle coste che ricadono nei comuni di Borgo San Pietro e Fiumata. Poi, quando il livello dell’acqua si abbassa, il colpo di scena: le rovine dei vecchi paesi della valle e dell'antico monastero di Santa Filippa Mareri, risalente al XIII secolo, sommersi dalle acque del lago dopo l’inondazione controllata, riemergono.

Lago del Salto

Cosa vedere nei dintorni del Lago del Salto

Se vi trovate sul lago del Salto non perdete l’occasione di fare un giro in barca: sono moltissime le gole che si estendono per centinaia di metri, alcune delle quali impossibile raggiungere con altri mezzi. Altrimenti potete cimentarvi con la canoa e la pesca sportiva, in particolare quella delle carpe. Negli ultimi anni il bacino è diventato un importante punto di riferimento per gli amanti del wakeboard, una sorta di fusione fra sci nautico e snowboard: tant'è che qui si svolgono alcune prestigiose gare nazionali e internazionali, tra cui i campionati europei. Sono poi consigliatissime le immersioni per ammirare le rovine subacquee dei paesi distrutti dall’inondazione.

Se volete visitare i dintorni del lago, andate a Petrella Salto, per l'esattezza a Rocca dei Cenci. Andateci al tramonto, merita davvero. Da vedere anche la Grotta di Santa Filippa Mareri, dove la baronessa passò quasi un anno, prima di fondare il primo ordine delle Clarisse. Il nuovo monastero della Santa si trova ora nella frazione di Borgo San Pietro, dove ci sono anche numerosi quadri di Giorgio de Chirico, donati dallo stesso pittore all’ordine monacale. Da visitare pure la frazione di Fiumata, ricca di resti archeologici e percorsi naturalistici.

Cosa mangiare

La fauna ittica del lago, al centro della cucina locale, è abbondante e variegata: si trovano diversi tipi di carpe, tinche, anguille, coregoni, carassi, cavedani, persici reali, lucci, siluri e scardole. Sono tipici del lago anche alcuni crostacei come il gambero turco e il gambero americano. Senza dubbio il pesce di lago è la materia prima prediletta per i ristoranti del posto ma a pochi chilometri dalle sponde del Salto è possibile trovare anche ottimi piatti di carne, grazie agli allevamenti di ovini, bovini ed equini allo stato brado diffusi in particolare nella Riserva Naturale delle Montagne della Duchessa.

Altro piatto imperdibile è la pasta fatta in casa, con formati tipici come le fregnacce e gli strangozzi, o altri in comune con il resto d’Italia come ravioli, gnocchi e fettuccine. Strano ma vero, è molto diffusa anche la polenta. Inoltre funghi, tartufi, castagne e nocciole crescono in abbondanza, anche grazie ai diversi microclimi all’interno del territorio del lago.

CONSIGLI DALLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2016

La locanda del Poeta (Collalto Sabino)

Autentica gastronomia della Sabina, piatti semplici ma curati nei dettagli, prodotti del reatino: sono gli ingredienti della cucina della locanda del Poeta, a Collalto Sabino, in provincia di Rieti. Cantina fornita con etichette da tutta Italia, servizio cordiale e premuroso, atmosfera rilassata grazie al giardino con laghetto.

La Trota (Rivodutri)

Ristorante che non ha bisogno di presentazioni, data la garanzia del nome dei fratelli Maurizio e Sandro Serva. La qualità della cucina aumenta di anno in anno, fra grandi classici e le continue sperimentazioni. Carrello dei formaggi fra i migliori d’Italia, selezione attenta dei vini in carta, servizio impeccabile. Tre forchette nell’edizione 2016 della Guida Ristoranti d’Italia.

Tenuta Due Laghi (Rivodutri)

Un ristorante immerso in una splendida tenuta, dove l’antico e il moderno si fondono, per una cucina semplice e leggera ma allo stesso tempo raffinata, che offre solo prodotti di elevata qualità. Il focus è sui sapori regionali, con ingredienti biologici di provenienza locale: in carta anche proposte per celiaci e intolleranti e un menù degustazione incentrato sui piatti tradizionali del reatino. Una vista mozzafiato grazie alla veranda panoramica che si affaccia sulla valle e un servizio attento e preciso completano l’offerta.

Fuori guida

Nostrale (Rieti)

Dopo la Trota e la Tenuta Due Laghi, lo chef Enrico Pezzotti è approdato in questo locale in pieno centro a Rieti. Qui potrete gustare una cucina che predilige i prodotti del territorio come il pesce d’acqua dolce, ma anche carni della tradizione laziale come l’agnello e il maiale. Spazio anche alle verdure, che arrivano direttamente dall’orto di famiglia. Ambiente informale ma accogliente, menù degustazione a prezzi accessibili, servizio puntuale e attento.

CONSIGLI DALLA GUIDA PIZZERIE D’ITALIA 2016

Il Picchio allegro (RI)

Sono oltre 50 le farciture fra cui scegliere per la pizza romana gustosa e genuina del Picchio allegro. In menù anche un’ampia varietà di antipasti, salumi, formaggi e insalate creative, con proposte anche per celiaci. Buona selezione di birre artigianali, vini e Champagne.

CONSIGLI DALLA GUIDA PASTICCERI&PASTICCERIE 2016

Fratelli Napoleone (Rieti)

I biscotti di pasta frolla sono la specialità della casa, ma sono ottime anche le crostate e le torte. Ricca la selezione di mignon e dolci delle feste. Oltre a un buon caffè, potrete provare qualcosa dalla carta del tè e degli infusi, con tanto di clessidra per far passare il giusto intervallo di tempo. Pausa pranzo e aperitivo con prodotti di alta qualità.

Fuori guida

Bancone (Borgorose)

Novità assoluta dei dintorni del Salto è Bancone, creato da Birra del Borgo: una tap room nel nuovo birrificio di Spedino, a Borgorose, che abbiamo voluto inserire all’interno di questa piccola guida. Un locale dedicato all’assaggio dei prodotti del birrificio ma non solo, che ospiterà eventi, laboratori e visite guidate dedicate al mondo della birra.

Indirizzi

Bancone | Piana di Spedino – Borgorose | tel. 06 95222314 |www.birradelborgo.it

Fratelli Napoleone | Rieti | via Sant’Agnese, 4b | tel. 0746203346

Il Picchio allegro | Rieti | via Criano, 18 | tel. 0746 271826 |www.picchioallegro.com

La locanda del Poeta | Collalto Sabino (RI) | via Turanense km. 39,4 | tel. 339 6059357 |www.lalocandadelpoeta.com

La Trota | Rivodutri (RI) | via S.Susanna, 33 | tel. 0746 685078 |www.latrota.com

Nostrale | Rieti |  Piazza Della Repubblica, 9/10 | tel. 0746760516

Tenuta dei due laghi | Rivodutri (RI) | Località Campigliano, 29 | tel. 0746.685206 |www.tenutaduelaghi.com

a cura di Francesca Fiore

 

Per leggere Miniguida ai laghi minori d’Italia: dove mangiare intorno al Lago di Bolsena clicca qui

Etiko. La nuova bottega di Lecce che racconta le storie della campagna salentina

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Un gruppo di produttori e aziende bio, sostenibili e solidali e uno spazio in città, sul modello di un vecchio alimentari che si reinventa bottega con caffetteria. Siamo a Lecce e Etiko promette di tutelare prodotti della terra ed enogastronomia di qualità. Made in Salento. 

I prodotti della campagna salentina

Cacioricotta in estate, pecorino, primosale e giuncata durante il resto dell'anno, secondo stagionalità. In contrada Cafaro, a Cutrofiano (Lecce), le pecore – quasi un centinaio, di razza sarda – pascolano 8 ore al giorno, alimentandosi con erbe di campo o foraggi coltivati in regime biologico. E il caseificio Sciacuddri si impegna a lavorare solo latte di giornata, crudo. A qualche chilometro di distanza, la Biosteria Piccapane è un'altra gemma del Salento a km 0: l'azienda agricola è nata 11 anni fa dall'idea di Giuseppe e Giovanni di fare agricoltura biologica e sinergica. Poi, 4 anni fa, il frutto del lavoro nei campi ha dato il là all'apertura di una biosteria, dove gustare in compagnia verdure di stagione, vino e birra bio, pasta da farine integrali e grano Cappelli, frise, marmellate, sott'oli e qualche piatto di cucina vegana, valorizzati dall'utilizzo di varietà autoctone come la carota di Tiggiano e la cellina di Nardò, il cece nero e la cicoria di Galatina. Il condimento ideale per la pasta Piccapane? I sughi di Pralina di Melpignano, laboratorio artigianale prima, piccola azienda del Mezzogiorno oggi, che da oltre vent'anni si impegna a trasformare esclusivamente i prodotti naturali di filiera corta.

Botteghe di città. E consapevolezza alimentare

Belle storie della campagna salentina che da qualche giorno si incontrano a Lecce, dove l'intuizione di Paola Maggiore ha portato all'inaugurazione di Etiko, bottega a km 0 che parla salentino, sostenibile e solidale. Ancora una bottega contadina di città, dunque, chiamata a soddisfare quella voglia diffusa di cibo sano che accomuna una clientela sempre più esigente e consapevole. All'altro capo d'Italia, in quel di Parma, ne sarà presto testimone la bottega con cucina di Rural, ma pure i moderni mercati contadini e gastronomici aperti in molte città italiane – da Palermo ad Arezzo – o la bottega alimentare di Bra, nel cuore gourmet del Piemonte, inaugurata un anno fa. E molte altre realtà che mediano il rapporto dei produttori locali con la piazza urbana. E la selezione fa la differenza. A Lecce, nello spazio curato e luminoso di via Salvatore Grande, i criteri d'ingresso hanno portato alla ricerca di requisiti inderogabili: coltivazione naturale della terra, valorizzazione dei sapori autentici, tutela della biodiversità e della specificità locale, no sfruttamento del lavoro.

Etiko. Negozio a Km 0 con caffetteria

E così, accanto alle realtà già citate, sugli scaffali della bottega trovano spazio i prodotti della cooperativa Jemma di Zollino, il miele di Saverio Alemanno, l'extravergine di Olio Merico, i vini di Supersanum, i pomodori Ponderosa coltivati in aridocoltura (per risparmiare risorse idriche) nell'ambito del progetto agricolo Karadrà di Aradeo, da cui arrivano anche patate e olio. E ancora la salsa di pomodoro di SfruttaZero di Nardò e i dolci con farine integrali e zuccheri grezzi di Dolce Salute, da Galatina. Realtà accomunate da storie che spesso vanno oltre al prodotto, che la bottega di Lecce si preoccuperà di preservare e raccontare a chi vorrà concedersi tempo per ascoltarle. Magari fermandosi in negozio per la colazione o l'aperitivo, seduti al bancone di Etiko, che propone servizio di caffetteria, taglieri e tavola fredda con i prodotti in vendita. E torte, pasticciotti, prodotti da forno, centrifugati per le prime ore della mattina (dalle 8.30). La sera, invece, si resta aperti fino alle 21.30. Con degustazioni, iniziative e progetti in divenire.

 

Etiko | Lecce | via Salvatore Grande, 4 | www.facebook.com/etikobottega/?fref=ts

 

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare al museo a Roma. I bandi per la ristorazione di Palazzo Massimo e MAXXI

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Escono in queste settimane le procedure di concessione per la gestione dei servizi di ristorazione, caffetteria e catering dei due importanti musei della città di Roma. E si premia la qualità: punti pesanti per fornitori selezionati, varietà e originalità della proposta gastronomica, personale qualificato. 

Il ristorante al museo. A Roma

Autunno 2016: finalmente la ristorazione dei musei romani è pronta per rifarsi il look. O meglio, per indirizzarsi su un cammino forse mai intrapreso finora, sul modello di altre grandi capitali europee e del mondo. Della necessità di affidare una più oculata gestione dei servizi museali complementari a soggetti che fossero in grado di valorizzarli, nell'ambiente si parlava da tempo. E perché i bandi di concessione fossero finalmente scritti e pubblicati in Gazzetta di mesi ne sono dovuti trascorrere molti. Ora però la pubblicazione ufficiale delle procedure che coinvolgono il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme e il MAXXI – due dei più affascinanti percorsi museali capitolini, ai due estremi della creatività artistica, dall'antichità classica al contemporaneo – scioglie l'attesa.

Ristorante a caffetteria per Palazzo Massimo

In piazza dei Cinquecento, dove prospetta una delle facciate del monumentale museo di Palazzo Massimo, entro il 2017 arriverà anche il ristorante con caffetteria, 600 metri quadri in tutto distribuiti su due livelli, con ulteriore terrazza di 100 metri quadri. I locali, per dir la verità, affacciano su strada dal lato opposto, la anonima via Giovanni Amendola, nel fabbricato di inizio Novecento contiguo al palazzo, finora utilizzato per gli scopi più disparati, Centro di Archeologia compreso. I lavori di adeguamento dei mesi scorsi hanno consentito di collegare la struttura al museo dall'interno, così che chi si aggiudicherà la concessione potrà contare sui visitatori paganti come sulla clientela in arrivo dall'esterno. Come le dimensioni – imponenti, con il corpo di fabbrica che asseconda la curva dell'isolato, spingendosi fino a via d'Azeglio – anche i requisiti per aggiudicarsi il lotto (in soluzione unica, stessa gestione per ristorante, caffetteria e catering) si preannunciano piuttosto ambiziosi, con l'obiettivo di privilegiare il miglior rapporto qualità/prezzo fermo restando il versamento di un canone annuo di 60mila euro per un fatturato minimo stimato di 1 milione e mezzo di euro da moltiplicare per 8, gli anni della concessione non rinnovabile (96 mesi per un fatturato complessivo di 12 milioni di euro). A questi oneri si aggiunge il versamento delle royalty (5% del fatturato).

I criteri di qualità

Ma cosa significa miglior rapporto qualità/prezzo? Che ben 70 punti su 100 saranno assegnati per valutazione tecnica, sulla base di requisiti di qualità fissati nel capitolato. Spazio dunque a un'offerta gastronomica di livello, selezione accurata dei fornitori, stagionalità e freschezza del prodotto, originalità, varietà e fattibilità della proposta, organizzazione di eventi e promozioni in linea con le finalità del museo. Il pian terreno sarà riservato alla caffetteria, al merchandise e all'accoglienza del ristorante, che troverà spazio al primo piano (65 coperti più gli 80 della terrazza): i candidati possono prenotare un sopralluogo fino al 23 settembre, poi le offerte dovranno essere recapitate entro il 17 ottobre. Sono ammessi anche consorzi e RTI. E di certo c'è già un nome: Ma Sì, con tanto di concept grafico già elaborato (un limite per chi dovrà concorrere?).

Il bando del MAXXI. E la nuova caffetteria

Intanto anche in via Guido Reni si preparano a rinnovare la gestione dei servizi di ristorazione, caffetteria e catering, finora affidata non senza qualche delusione a Relais du Jardin. E il bando pubblicato qualche ora fa anticipa una grande novità: oltre ai preesistenti locali del ristorante (nella cosiddetta Palazzina D, con possibilità di sfruttare lo spazio esterno sulla piazza), al MAXXI inaugurerà anche una caffetteria indipendente in Galleria Gianferrari (uno spazio storico, non facente parte dell’edificio di Zaha Hadid e affacciato sulla strada esterna), finora adibita a area per mostre. Ingresso indipendente da via Reni, ma anche dalla hall del museo, la caffetteria costituisce uno dei due lotti in concessione. I partecipanti potranno candidarsi anche per uno solo dei lotti in questione, ristorante o caffetteria, ma in entrambi i casi la qualità del progetto sarà fondamentale per l'aggiudicazione (65 i punti assegnati per valutazione tecnica). La concessione durerà 7 anni (con attivazione già da dicembre 2016), per un fatturato complessivo stimato di 12 milioni e 600mila euro. E quindi la base d'asta per candidarsi è di 90mila euro all'anno per il ristorante e 60mila per la caffetteria, più royalty di competenza.

Tra i criteri qualificanti valutati dalla commissione anche la formazione del personale di sala e cucina, i riconoscimenti ottenuti dalle guide di settore, la complessità dell'offerta gastronomica (tra prodotti bio, stagionalità, sostenibilità, varietà e ricchezza della proposta) e persino la qualità di tovagliato e stoviglie. Alla caffetteria sarà garantito orario di apertura indipendente, il ristorante invece dovrà versare un piccolo surplus in caso di apertura oltre la mezzanotte e mezza. Il termine per la presentazione delle offerte è fissato al 2 novembre 2016.

 

Per partecipare al bando di Palazzo Massimo http://www.consip.it/gare/bandi/storico_gare/2016/gara_0033/

Per partecipare al bando del MAXXI http://www.fondazionemaxxi.it/bandi-di-gara/gara-europea-a-procedura-aperta-per-laffidamento-in-concessione-dei-servizi-di-ristorazione-e-di-caffetteria-bookshop-del-museo-maxxi-di-roma/

 

a cura di Livia Montagnoli

Problema cinghiali. Fanno razzia di uve e mettono a rischio la vendemmia

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Chianti Classico, Maremma Toscana, Grossetano, Montalcino: l'intera Toscana è messa sottosopra dall'assalto di ungulati che depredano le vigne. La vendemmia è a rischio, e le leggi non sembrano porre rimedi sufficienti.

Oggi 6 settembre i nostri vigneti sono letteralmente depredati dai cinghiali. Abbiamo già perso il 10-15% del raccolto ma siamo ancora a 20 giorni dalla vendemmia ammesso che, fra 20 giorni, nelle vigne ci sia ancora qualche grappolo non addentato dai ghiotti ungulati”. Inizia così la lettera aperta all’Assessore all’agricoltura della Regione Toscana, Marco Remaschiscritta da Donatella Cinelli Colombini, presidente del Consorzio Orcia Doc, per denunciare l’ennesima emergenza dovuta agli animali selvatici in Toscana. Per la viticoltura della regione l’abnorme presenza degli ungulati (cinghiali, caprioli, daini, cervi, ecc.), 4 volte superiore alla media nazionale, è una iattura che colpisce il settore quanto una piaga d’Egitto.

 

La legge di contenimento degli ungulati 

Secondo la Coldiretti “negli ultimi cinque anni, è costata 100milioni di euro di danni all’agricoltura ed è la causa di 3 incidenti stradali al giorno”. Le stime infatti parlano di 450.000 esemplari di fauna selvatica di grandi dimensioni, il 70% dei quali cinghiali, responsabili non solo di danni all’agricoltura ma anche all’impoverimento della fauna e della flora del bosco e del sottobosco.Nella regione la situazione è da tempo fuori controllo e la legge del 9 febbraio 2016, che si proponeva di ridurre, attraverso gli abbattimenti, il numero dei cinghiali a 150.000 in tre anni, è di fatto bloccata e quindi risulta inefficace.

In un comunicato la Confederazione dei Cacciatori Toscani che raccoglie Federcaccia, Arci Caccia e Anuu, parla di flop sugli ungulati sostenendo che “a fronte di una situazione ritenuta di emergenza, nell’anno del suo varo, i dati dicono che vi è un calo clamoroso degli abbattimenti. In provincia di Firenze nel 2014, tra azioni di controllo (art. 37) e in selezione, i cinghiali abbattuti furono oltre 4000, circa 5000 nel 2015 e 1515, nel 2016. A Siena prima della legge venivano cacciati circa 5000 capi annui, ora con la legge circa 1500 capi. Nelle altre province i numeri relativi ai capi abbattuti con la nuova normativa offrono un panorama sconsolante: ad oggi 33 a Massa, 123 a Lucca, 96 a Pistoia, 47 a Livorno”.

La normativa regionale prevede che i cinghiali abbattuti per le azioni di contenimento debbano essere consegnati ai Centri di sosta. Tutto ciò a spese dei cacciatori, senza ricevere nulla in cambio, nemmeno parti della selvaggina uccisa. Per questo motivo il numero dei cinghiali abbattuti sarebbe così drasticamente diminuito. Secondo Donatella Cinelli, il problema generale nascerebbe per il combinato disposto tra una deliberazione (Regione Toscana n° 1185 del 15/12/2014) promulgata per contrastare il mercato nero della carne di cinghiale e per garantire la sicurezza alimentare dei consumatori, e la legge regionale per il contenimento degli ungulati. “Come dice un vecchio proverbio contadino, il meglio è nemico del bene. Nell’attuale situazione di sovrappopolamento di cinghiali, sarebbe stato forse meglio approvare solo una norma finalizzata con decisione al contenimento della fauna selvatica, rimandando a un momento successivo la regolamentazione del commercio della carne e delle catture”.

Per difendersi dagli ungulati, a parte la caccia, non ci sono tanti sistemi. Attualmente in molte aree del Chianti Classico e di Montalcino i vigneti vengono recintati con reti e pali di legno, fili metallici e fili elettrificati. Il rimedio è assai costoso, circa 15 euro al metro lineare, e si può spendere, lavori e autorizzazioni comprese, oltre 50.000 euro. Mirella Salvioni (Cerbaiola) ci racconta che “ogni mattina bisogna controllare il perimetro e verificare se ci sono state rotture dei fili o tentativi di scavare sotto le reti. Insomma la manutenzione è continua, specialmente nei versanti che danno sul bosco ma nei fatti non è risolutivo”.

Meno grave la situazione a Montepulciano perché solo una parte della denominazione confina con le aree boschive della Val d’Orcia. Paolo Solini, direttore del Consorzio di tutela del Vino Nobile, dice “Comprendiamo perfettamente il grido di allarme ma fortunatamente da noi i danni sono limitati”.

 

La Maremma Toscana e il grossetano

Nei boschi della Maremma i cinghiali sono una presenza storica ma qui le aziende medio piccole non sempre si possono permettere di affrontare la spesa per recintare. Edoardo Donato, presidente del Consorzio tutela vini Maremma Toscana, racconta che “proprio nei prossimi giorni sono previste le visite dei funzionari per fare le prime verifiche nei vigneti ma d’altra parte, basta una sola notte per fare disastri, specialmente adesso che si sono già raccolti sia pomodori sia girasole e l’uva rimane l’unica coltura in campo. Quanto a noi dobbiamo incassare ancora i danni dell’anno scorso mentre gli effetti della legge a causa di lungaggini, tardano ad arrivare”. Giancarlo Innocenti, presidente dell’Ambito territoriale di caccia di Grosseto (Atc) ente che tra l’altro si occupa di erogare contributi per i danni alle produzioni agricole dovuti alla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria spiega che “Nel 2015 abbiamo accertato danni per 480.000 euro e nel 2016 sembra che stiano aumentando anche se i prezzi di alcune materie prime stanno crollando e quindi di conseguenza anche i rimborsi diminuiranno”.

Per quanto riguarda sia la caccia di selezione che le azioni di contenimento, il meccanismo sta lentamente procedendo anche nel grossetano dopo alcuni ritardi dovuti a contenziosi legali. Anche la vicenda del Centro di stoccaggio della carne di cinghiale si sta sbloccando ma, aggiunge Innocenti, “Le partite economiche legate alla filiera della carne degli ungulati sono effimere di fronte alla concorrenza dei prezzi stracciati dei paesi dell’Est”. Insomma i meccanismi da mettere a punto sia regionali che locali sono ancora molti.

Stefano Cinelli, titolare dell’Aquilaia dei Barbi nei pressi di Scansano, scrive: “Stiamo terminando il raccolto di ciliegiolo, alicante e un avanzino di merlot in una grande vigna in affitto accanto a noi, ma è un disastro; le uve sono così dolci che non c’è stato modo di fermare i cinghiali e i caprioli. Di tre o quattrocento quintali che c’erano non ne stiamo trovando nemmeno la metà. I cinghiali vanno riportati ad un numero sostenibile e va fatto subito, perché le aziende non possono vivere senza raccolti”.

 

Il Chianti Classico

In Chianti Classico, altra area fortemente popolata di animali selvatici, il direttore generale del Consorzio, Giuseppe Liberatore, dice che “Sul fronte degli ungulati anche quest’anno siamo costretti a fare dei sacrifici a causa dei ritardi nell’applicazione della legge ma sappiamo che l’anno prossimo la situazione migliorerà. I problemi ci sono a partire dalla sicurezza stradale, al giusto risarcimento dei danni - non si possono riferire al solo 'prodotto pendente' ma al vino non prodotto - e infine ai contributi per alleviare i costi delle recinzioni”. Queste ultime se impediscono agli ungulati di scorrazzare per i vigneti, di fatto stanno diminuendo la vivibilità del paesaggio chiantigiano ostacolando la circolazione dei turisti.

Fabrizio Bindocci, presidente di Avito, l’associazione che raccoglie tutti i consorzi toscani, conclude così “Siamo vicini a Donatella Cinelli e conosciamo molto bene le problematiche che ha sollevato. Bisogna tener conto che normative regionali e nazionali, possono contrastare mentre le pastoie burocratiche rallentano i processi di attuazione. Purtroppo i tempi delle istituzioni e della burocrazia non collimano con quelli dell’agricoltura. Bisogna andare avanti”.


a cura di Andrea Gabbrielli

 

 


Versi di vini. Marina Ivanovna Cvetaeva e Rainer Maria Rilke

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Ci spostiamo nell'Europa centrale per conoscere i versi di due grandi poeti del Novecento che raccontano un mondo in profondo cambiamento. In entrambi, l'uva e il vino sono snodi cardine nella visione del mondo.

Marina Ivanovna Cvetaeva

Marina Ivanovna Cvetaeva nacque a Mosca nel 1892, studiò nella sua città natale e alla Sorbona di Parigi. Lasciò la Russia nel 1922, per stabilirsi a Praga. Tornata in patria all’inizio della seconda guerra mondiale, si tolse la vita il 31 agosto del 1941. Tra le voci più originali della poesia russa del XX secolo, è una dei massimi esponenti del simbolismo del suo paese.

 

Ai miei versi scritti così presto

Ai miei versi scritti così presto,

che nemmeno sapevo d’esser poeta,

scaturiti come zampilli di fontana,

come scintille di razzi.

Irrompenti come piccoli demoni

nel sacrario dove stanno sogno e incenso,

ai miei versi di giovinezza e di morte,

versi che nessuno ha mai letto!

Sparsi fra la polvere dei magazzini,

dove nessuno mai li prese né li prenderà,

per i miei versi, come per i pregiati vini,

verrà pure il loro turno!

 

 

Rilke

Rainer Maria Rilke

Di origine boema, Rilke (1875 - 1926) è uno dei più importanti poeti europei della prima metà del novecento. Viaggiò molto e fece studi irregolari, per lo sviluppo della sua personalità - non solo artistica - furono fondamentali il soggiorno a Firenze dove compose il Diario Fiorentino,in Russia e a Parigi. Nel suo peregrinare si circondò sempre di scrittori, poeti e scultori (Rodin, Hòlderlin, Cèsanne e altri). Nel 1911 a Duino, vicino a Trieste, ospite di una famiglia nobile compose le Elegie duinesi.

 

 

Notte d’autunno

Pesante d’olezzi sul folto

del parco, la Notte si adagia.

Le stelle, tacendo,

rimiran la pallida luna:

barchetta d’argento,

che sogna l’approdo

per entro le chiome dei tigli.

Richioccola lungi una fiaba

dimenticata da tempo,

la garrula fonte, sommessa.

Un tonfo leggiero di pomi

sull’erba che immobile sta.

Dal poggio vicino,

la brezza notturna, spirando,

mi reca sovr’ali di azzurra

falena, traverso le querce,

un greve sentore

di fervidi mosti recenti.

 

a cura di Giuseppe Brandone

 

Per leggere Versi di vini. Henrik Ibsencclicca qui

http://www.gamberorosso.it/it/vini/1025340-versi-di-vini-henrik-ibsen

Per leggere Versi di vini. Cesare Pavese clicca qui

Per leggere Versi di vini. Poeti italiani del 1900 clicca qui

Per leggere Versi di vini. Camillo Sbarbaro clicca qui

Per leggere Versi di vini. Vincenzo Cardarelli clicca qui

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Per leggere Versi di vini. I poeti minori del 1600. Volume 2 clicca qui

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Per leggere Versi di vini. La poesia sufi clicca qui

 

 

 

The Gin Day. A Milano l'evento dedicato al distillato che fa impazzire gli italiani

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Il gin conquista la ribalta dei riflettori, e tra eventi di settore, nuove pubblicazioni e locali dedicati, cattura sempre più l'attenzione del pubblico italiano. L'11 e il 12 settembre l'evento The Gin Day porta tutto il meglio del gin italiano e internazionale nel capoluogo meneghino. 

Il gin che fa tendenza

Gin tonic, gin lemon, gin liscio... London dry, Old Tom, Plymouth. Scegliete quello che più preferite, il risultato non cambia: quella del gin è una moda che impazza ormai da qualche tempo e che, specialmente nell'ultimo anno, si sta affermando come vera e propria tendenza fra gli appassionati di distillati e miscelazione. Il mondo degli spirits è articolato e complesso, ricco di storia e talvolta immerso nelle leggende di luoghi e tempi passati, e il gin non fa eccezione. Della via italiana al gin abbiamo già parlato, e così di uno dei più grandi maestri di gin tonic ed esperti del settore, Dom Costa, intervistato a Roma qualche mese fa. Come dell'insolito l'Elephant Gin, gin tedesco prodotto a est di Amburgo sensibile alla salvaguardia degli elefanti.

Intanto si moltiplicano i locali dedicati alla mixology e, in particolare,quelli che sulla cultura del gin hanno fondato concept originali, come The Botanical Club a Milano, o spazi ideati sulle esigenze dei cultori del genere, come The Gin Corner, nel cuore della Capitale. E cresce anche il numero di libri dedicati all'argomento, tema caldo sì, ma ancora poco familiare per la maggior parte del pubblico: dall'analisi sensoriale alle vicende storiche, dalla produzione alle guide pratiche per indirizzare alla scelta del gin migliore, sono tante le prospettive affrontate dagli autori per promuovere e diffondere la cultura del distillato che affascina un pubblico sempre più ampio. Fra i titoli più recenti, e ancora inedito, quello di Aaron Knoll, “Gin. Arte, mestiere e nuova sapienza in 300 distillazioni”, in uscita per Giunti alla fine di settembre. Una raccolta preziosa di consigli e informazioni utili per i curiosi che iniziano ad approcciarsi alla degustazione del distillato.

The Gin Day

Tra le manifestazioni a tema, The Gin Day, in programma per l'11 e il 12 settembre a Milano si prospetta come un'ottima opportunità per gli addetti ai lavori. A ideare e organizzare l'evento, Bartender.it, web magazine italiano dedicato all'arte della mixology in Italia e nel mondo. Una due giorni alla scoperta delle tante sfumature del gin, spiegate e presentate dai professionisti del settore. Oltre 4mila bartender accreditati, 95 brand esposti e più di 200 prodotti in degustazione, questi i numeri della Juniper Experience dello scorso anno: e per la quarta edizione gli organizzatori prevedono contenuti e personale ancora più ambiziosi. Grande spazio adibito a seminari e convegni, suddivisi fra 2 sale, una riservata agli espositori italiani con i loro prodotti, l'altra con ospiti da tutto il mondo impegnati a intrattenere i visitatori stranieri. Un evento di respiro internazionale, dunque, che di anno in anno attira l'attenzione di un pubblico sempre più preparato sull'argomento, anche grazie alla recente iniziativa Gin Cocktail Week – una settimana dedicata al gin che coinvolge più locali in Italia – iniziata lo scorso 5 settembre.

I protagonisti

Forum e laboratori a parte, durante il The Gin Day è possibile assaggiare e acquistare i prodotti presso il Gin Bar e lo Shop, così come tutte le attrezzature professionali per gli addetti ai lavori.

Fra i protagonisti della giornata, un poker di 4 grandi professionisti da Londra, Eirk Lorincz dell'American Bar al The Savoy Hotel, Marian Beke, Luca Cinalli dell'Oriole Bar e Agostino Perrone del The Connaught Bar. E poi Simone Caporale, ex bartender de L'Artesian Bar a Londra, Cinah Anadologlu del nuovo Circle di Monaco, Leonardo Leuci del Jerry Thomas Project di Roma, Dom Costa, Dario Comini del Nottingham Forest di Milano e Fulvio Piccinino di Saperebere. E non finisce qui: anche lo chef Carlo Cracco sarà presente per presentare un gin (il Portobello Road N'171) che porta la sua firma, realizzato in collaborazione con il suo bartender di fiducia Filippo Sisti, classe '85, al fianco dello chef fin dall'apertura di Carlo e Camilla in Segheria nel 2014.

 

The Gin Day | Milano | 11-12 settembre 2016 | via Giacomo Watt, 15 | www.ginday.it

 

a cura di Michela Becchi

TheFork: in aumento il turismo gastronomico e le prenotazioni online

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Cresce il numero dei viaggi programmati per scoprire il patrimonio enogastronomico delle regioni d'Italia. In aumento anche la percentuale di prenotazioni online. Tutti i dati dell'estate 2016 registrati da TheFork. 

Turismo enogastronomico in Italia: i dati

Sono 1.559.748 gli occupati del comparto turistico a fine agosto 2016 con oltre 64mila unità in più rispetto allo stesso mese del 2015: questi i dati registrati dall'Osservatorio Confesercenti, che evidenzia una crescita del settore, con ben 9335 imprese in più. A darne l'annuncio è TheFork, piattaforma e applicazione per iOS e Android che consente di prenotare online migliaia di ristoranti in Italia e in Europa. Il settore della ristorazione, entrato ormai a tutti gli effetti nell'era 2.0, rappresenta un ramo significativo del turismo italiano, con un elevato potenziale di crescita. Infatti, circa un terzo del budget di chi ha trascorso le vacanze nel Bel Paese è stato speso – secondo i dati diffusi da Coldiretti – in pasti fuori casa e acquisti di prodotti tipici.

Un'estate, quindi, all'insegna del turismo gastronomico, concentrato sulla ricerca di ristoranti di qualità e specialità territoriali. TheFork ha infatti evidenziato un aumento del +200% delle prenotazioni nei mesi di luglio e agosto 2016 rispetto allo stesso periodo dell'anno passato. A vincere è ancora la cena, che copre il 90% delle prenotazioni effettuate, mentre a pranzo la maggior parte degli italiani sembra optare per formule più veloci ed economiche, come lo street food o il classico pranzo al sacco. L'unico dato negativo interessa il ticket medio prenotato, che dai 28 euro del 2015 è sceso a 25.

Prenotazioni online

Molto in incremento invece i booking in mobilità, che comprendono il 77% delle prenotazioni totali dei mesi estivi. L'Italia, stando ai risultati dello studio TripBarometer Connected Traveler del 2015, è infatti il secondo Paese europeo per percentuale di viaggiatori connessi (49%). “Come per il turismo, la prenotazione via desktop e mobile sta diventando un’abitudine di consumo anche nell’ambito della ristorazione. Specialmente durante le vacanze, gli utenti cercano le informazioni su dove mangiare fuori online”, ha commentato  Almir Ambeskovic, country manager di TheFork Italy. Non possiamo che essere soddisfatti di questo bimestre”, ha aggiunto Sonia Re, Direttore Generale APCI (Associazione Professionale Cuochi Italiani), “i consumatori si sono rivelati amanti della cucina mediterranea ma anche attenti alle cucine tipiche del territorio”.

Mete e cucine preferite

Fra le città più gettonate, ancora una volta Milano, Roma, Torino, Firenze e Bologna. A seguire  località sulla costa, Siracusa, Sorrento e Palau in primis. E se lo scorso anno la cucina romana si era aggiudicata lo scettro delle preferenze, quest'anno la tavola capitolina perde terreno in favore di quella toscana. Come format di ristorazione, vincono ancora una volta le trattorie tradizionali, seguite dai locali più di tendenza e dai bistrot. Tra gli indirizzi che hanno registrato il maggior numero di prenotazioni tramite TheFork a luglio e agosto 2016 troviamo, in ordine: A Pazziella e Pavarotti a Milano, Antica Bruschetteria Pautasso a Torino, Pizza e Ciccia e Pensavo Peggio a Roma.

a cura di Michela Becchi

RoDyMan: a Napoli nasce il primo robot pizzaiolo con la sensibilità al tatto

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Già presentato a Napoli lo scorso anno, il robot pizzaiolo è ora in fase di sviluppo e a breve potrebbe entrare in pieno funzionamento. A idearlo, è stato un gruppo di ricercatori napoletani, con l'obiettivo di sviluppare nella macchina la sensibilità tattile per contribuire ad altri importanti settori come quello medico. 

Il progetto

Il progetto non è una boutade di qualche privato ma l'ha messo a punto Prisma Lab, squadra di ricercatori dell'Università di Federico II di Napoli, e riflette su uno dei mestieri più rappresentativi della città, il pizzaiolo. La novità però – presentata lo scorso ottobre 2015 presso la Città della Scienza di Napoli – consiste nella natura di questo nuovo professionista. Si tratta infatti di un robot, tipologia di IA (Intelligenza Artificiale) entrato lo scorso maggio 2016 in piena fase di sviluppo e pronto a passare da prototipo a robot finito e funzionante in pochi mesi. Il pizzaiolo 2.0 si chiama RoDyMan e fa parte del più ampio progetto Robotic Dynamic Manipulation condotto dal team della Federico II e guidato da Bruno Siciliano.

L'obiettivo

Sorgono spontanee le critiche e i dubbi circa la sostituzione di un pizzaiolo in carne e ossa con uno meccanizzato, ma Siciliano si è affrettato a rassicurare gli amanti della pizza napoletana e delle tradizioni: “Non si tratta di sostituire i pizzaioli, perché RoDyMan vivrà nell'ambito della ricerca, svelandosi per scopi didattici”. L'obiettivo di Prisma Lab? “Renderlo (il robot, ndr) capace di modellare un pezzo di pasta per creare la classica forma di pizza, farcirla, e seguirla fino alla fase della cottura, incluso il ricorso alla pala”. Quindi non accadrà – almeno per ora – di trovarsi seduti al tavolo di una pizzeria a gustare le specialità di RoDyMan, ma il valore della sua operatività è di vitale importanza all'interno di un progetto più ampio. La sensibilità al tatto, infatti, rappresenta una grande novità per i robot industriali, e “la caratteristica potrebbe essere funzionale come applicazione in molti settori produttivi”, di notevole aiuto in settori come quello tessile o medico-chirurgico.

Il funzionamento

Ma come funziona RoDyMan? Come succede nell’intelligenza artificiale, le fasi di apprendimento di tutti i segreti dell'arte bianca sono avvenute per emulazione di un pizzaiolo in carne e ossa. Il robot ha infatti registrato tutti i movimenti e le tecniche del celebre Enzo Coccia – un'istituzione per la pizza tonda a Napoli – che ha indossato per l'esperimento una “suite biocinetica”, permettendo alla macchina di riprodurre le sue mosse. Ma l'impasto – lo sappiamo – quando è ben fatto come quello del maestro Coccia, risulta molto elastico e quindi impegnativo da gestire. La manipolazione dinamica di questi movimenti rapidi e precisi è stata resa possibile da una telecamera con sensore a raggi infrarossi che, attraverso una serie articolata di specifici algoritmi – ha consentito all'androide di replicare la percezione visiva e motoria di un umano. Dunque, nessuna minaccia per i pizzaioli napoletani, e invece un grande passo per la scienza italiana, perché nel futuro il robot pizzaiolo sia sostegno per altri settori che richiedono un enorme lavoro di manodopera.

 

a cura di Michela Becchi

 

 

Che pesce sono? Fotografa il pesce, l’app Federcoopesca ti dirà cosa stai comprando

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Che pesce sono? è l’app creata da Federcoopesca che mira a rendere consapevoli i consumatori ed evitare le frodi ittiche: per fare l’identikit al pesce basta fotografarlo. 

Fotografa il pesce e scoprirai la specie: è la nuova app che fa l’identikit alla spesa, per evitare le frodi alimentari. “Che pesce sono?”, questo il nome dell’applicazione che permette anche ai non esperti di districarsi fra la variegata offerta di mercati e pescherie italiane, garantendo acquisiti più sicuri e semplici (ma se volete qualche consiglio d'autore potete consultare le nostre guide cittadine delle pescherie scelte dagli chef. Per ora disponibili Roma, Bologna e presto Milano).

L’identikit del pesce via app

Come riconoscere il pesce di stagione? Qual è la taglia minima commerciabile? Quali le proprietà nutrizionali di una o dell'altra specie? Ora le risposte a queste domande - e molte altre ancora – si trovano nell’app realizzata da Federcoopesca-Confcooperative, con il contributo del Ministero delle Politiche agricole. Secondo un sondaggio di Federcoopesca, infatti, 3 italiani su 4 sono scoraggiati all'acquisto di pesce a causa delle informazioni parziali che ricevono dai commercianti e della scarsa conoscenza delle diverse specie.

E infatti sui banchi dei mercati italiani, così come nella grande distribuzione, le frodi in pescheria possono essere all’ordine del giorno: non è facile districarsi tra le offerte se non si dispone di informazioni fondamentali, come per esempio i metodi d'allevamento, la zona e le tecniche di pesca, le regole sulla conservazione.

L’obiettivo è rendere più consapevoli i cittadini sulle problematiche legate alla sicurezza alimentare, al danno economico e all’impatto ambientale che deriva dalle frodi: in Italia, secondo dati dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Torino, ogni anno vengono sequestrate tonnellate di prodotti alimentari per un valore economico di oltre mezzo miliardo di euro l’anno. E il pesce è uno dei dieci prodotti più coinvolti nelle frodi sventate sul territorio dell'Unione Europea: il 72% sono connesse proprio all’etichettatura e alla tracciabilità.

Come funziona l'app

Per realizzare “Che pesce sono?”, disponibile gratuitamente su tutti i dispositivi portatili, è stata effettuata una selezione di oltre trenta specie tra quelle più diffuse nei mercati italiani e nella grande distribuzione: attraverso semplici domande l’acquirente può navigare tra le informazioni prima di procedere all'acquisto, allontanando anche rischi difficilmente percepibili per l'occhio inesperto, come quello dei pesci sosia.

 

a cura di Francesca Fiore

Dall'Emilia Romagna alla Toscana: pillole di biodiversità dal Rural Festival

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Si è appena conclusa Rural Festival Emilia 2016: una delle più belle feste del food, tra le più esclusive e meglio organizzate tra quelle dedicate alla biodiversità. In preparazione del suo doppio a Gaiole in Chianti il 17-18 settembre

Identikit del Rural Festival

Il nome: Rural Festival Emilia (ve ne avevamo già parlato qui), alla sua terza edizione (prossima a raddoppiare in Toscana, il 17-18 settembre). Luogo: Rivalta, sulla prima collina parmense, nel comune di Lesignano de' Bagni (uno dei paesi del prosciutto di Parma), nello stupendo Parco Barboj, all'interno dell'azienda Sagem, allevamento a cinque stelle di suini neri e relativa produzione di (squisito) prosciutto crudo. Organizzatore e padrone di casa: la famiglia Ziveri al completo, capitanata da Mauro, patron di Sagem. Lo scopo: il recupero e la valorizzazione (con passione certosina) delle antiche razze animali e varietà vegetali autoctone a rischio d'estinzione.

uva fortanaUva fortana

La formula è quella di sempre, ormai ben rodata, con un allargamento dell'area espositiva, i parcheggi ben organizzati per accogliere il flusso più che raddoppiato di ospiti, e la moltiplicazione di iniziative e momenti d'incontro sparsi nel Parco, inclusa la messa a dimora di nuove piante antiche, che vanno a implementare il boschetto, i filari di pera nobile e fico brogiotto, le vigne di uve termarina e fortana.

 

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La mostra mercato della ruralità vintage

pane di grano dei miracoliPane di grano dei miracolo

Il fulcro di tutto, l'ombelico del festival, è la struttura centrale dell'azienda Sagem, con il bar-punto ristoro e la mostra mercato e degustazione dei prodotti della ruralità vintage vegetale e animale emiliana, allestita sotto il portico dalle aziende dell'Associazione di agricoltori, allevatori e appassionati della biodiversità autoctona. Alcuni esempi: i cosmetici e il gelato fatto con latte di asina, il pane di grano del miracolo, la torta di patata quarantina, il tortél dóls dal ripieno a base di pere nobili, anguria bianco e mele cotogne, i formaggi di bruna alpina, la mostarda di frutta antica.

frutta ancticaFrutta antica usata come ripieno del tortél dóls

Poi sparsi nel parco i recinti con gli animali della memoria emiliana, l'esposizione del variopinto e saporito pomario antico (che raggiunge in questo periodo il suo momento di grazia), realizzato in collaborazione con l'ITAS (Istituto Tecnico Agrario Statale Fabio Bocchialini di Parma), i salottini rural-chic fatti con balle di fieno foderate da sacchi di juta.

 

L'edizione 2016: le novità in attesa dell'evento di Gaiole in Chianti

Novità 2016: la presenza del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano nel PalaLupo (una tensostruttura che ha ospitato conferenze e proiezioni di video); la valorizzazione del pomodoro riccio di Parma, la recente crociata di Mauro Ziveri in nome della quale il patron di Sagem sta promuovendo l'intero ciclo dell'ortaggio, dall'acquisizione di nuove terre per piantarlo, alla valorizzazione del prodotto fresco e trasformato; l'esposizione-degustazione dei prodotti della biodiversità toscana: dai salumi e dalla porchetta di Cipressi in Chianti (azienda del gruppo Sagem, con allevamento e trasformazione di carni di cinta senese) alla polenta di formenton Ottofile della Garfagnana di Aldo Bacci, dai testaroli della Lunigiana di Testarolando ai legumi di antiche varietà della famiglia Longini, dai formaggi a latte crudo di pecora massese di Giancarlo Boschetti all'olio di olivastra seggianese di Anna Netti.

 

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Il prossimo appuntamento

Un appetizer della prima edizione del Rural Festival Toscana, prossima al debutto il week end 17-18 settembre a Gaiole in Chianti, presso l'azienda del gruppo Cipressi in Chianti. Formula, organizzazione e obiettivi sono gli stessi. Vale il viaggio. Da non mancare per chi abita o è di passaggio nel Senese.

 

 

 

Rural Festival | Lesignano de' Bagni (PR) | Parco Barboj di Rivalta | tel. 342 9128266 – 337 1185789 | www.rural.it


Rural Festival | Gaiole in Chianti (SI) | il 17 e 18 settembre | tel. 333.1239638 - 366.9081695ingresso gratuito | www.rural.it

 

a cura di Mara Nocilla

È morto Stanko Radikon. Addio a un gigante della viticoltura italiana

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Produttore controverso, estremo e geniale, tra i papà degli orange wines del Collio friulano insieme a Josko Gravner. A portarlo via una brutta malattia, la sua eredità tra le vigne di Oslavia al figlio Sasa. 

Una vita in vigna

Stanislao Radikon, Stanko per tutti, non c’è più. La notizia rimbalza in rete dopo l’annuncio del figlio Sasa, che da lui ha ereditato il mestiere e da anni guidava al suo fianco l’azienda di famiglia, nel cuore del Collio  friulano, terra di confine per storia e cultura, che condivide con la vicina Slovenia. Provato da una lunga malattia che negli ultimi tempi l’aveva allontanato dalle vigne, Stanko ha attraversato da protagonista gli ultimi decenni della viticoltura naturale italiana, assicurando alle etichette di Radikon la fama internazionale e l’apprezzamento della critica di settore, pronta a registrare la sua voglia di spingersi oltre, verso quelle lunghe macerazioni sulle bucce e un paziente lavoro di cantina, che consta di anni di maturazione in botte e affinamento in bottiglia. Grande sperimentatore, il suo percorso di ricerca prende le mosse nel 1977 tra le vigne di Oslavia, nella campagna goriziana, costellato da intuizioni importanti per l’evoluzione della viticoltura friulana e italiana: prima, alla fine degli anni Ottanta, la scommessa controcorrente sul legno e la sfida alla coeva diffusione dell’acciaio (usato nei primi anni di lavoro), con il ritorno alla barrique e la produzione di grandi Merlot.

Macerazioni estreme e orange wines

Poi, dal 1995, il perfezionamento di lunghe macerazioni sulle bucce di uve bianche in grandi tini a tronco conico che sostituiscono le barrique, che darà origine ai cosiddetti orange wines, risultato di un approccio radicale tanto in vigna quanto in cantina; in parallelo alle sperimentazioni di un altro gigante della viticoltura estrema naturale come Josko Gravner, che gli è stato compagno d’avventura e concorrente al tempo stesso. Entrambi tra i “visionari” del mondo del vino, per prendere in prestito la definizione calzante di un libretto di recente pubblicazione a cura di Mauro Nalato, sulla storia degli orange wines e dei suoi protagonisti.

Macerazioni estreme (fino a 4 mesi) e fermentazioni spontanee, per produrre vini resistenti all’ossidazione, non per tutti. E d’altronde Stanko lo ripeteva spesso: “Non pretendo che i miei vini piacciano a tutti”, seguendo piuttosto una promessa fatta a sé stesso, produrre vini buoni e naturali. Ribolla gialla, Oslavia, ma anche Friulano e Chardonnay. E la capacità di far parlare di sé, che si trattasse di raccogliere elogi o critiche. Ora tutti, estimatori o scettici del “metodo” Radikon, piangono la scomparsa di un grande viticoltore.   


Vino, startup e app. Il punto sulle novità italiane d’autunno

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Dal TripAdvisor delle cantine al Wikipedia vitivinicolo, fino all'algoritmo del gusto e alla carta dei vini personalizzabile. Sono solo le ultime novità sul mercato. Tutte italiane e tutte molto ambiziose. Cosa ci aspetta per l'autunno?

Di cosa parliamo quando parliamo di vino? Produzione, degustazione, vendita, certamente. Ma anche app, aggregatori, algoritmi, e-commerce di ultima generazione, enciclopedie 3.0. Perché ormai, parliamoci chiaro, al di là dell'offerta classica, c'è tutto un mondo che ruota intorno a bottiglie, cantine, consumatori ed enoteche. Un mondo che viaggia alla velocità della luce: basti dare un'occhiata a tutte le novità che solo negli ultimi mesi hanno fatto la loro comparsa sul web. Quali sono le startup più innovative? In che modo possono fare la differenza? Ne abbiamo selezionate quattro, da poco arrivate sul mercato o pronte per il lancio autunnale. Ognuna ha un proprio target e una propria mission ben differenziati, ma tutte sono accomunate dal pensare in grande e credere nel binomio vino-innovazione. E soprattutto dall'essere assolutamente made in Italy.

 

Winedering: il TripAdvisor del vino

Un anno di gestazione, due mesi di vita online e grandi obiettivi per il prossimo futuro. Selezionato e presentato lo scorso giugno in occasione di Digithon (la prima edizione della maratona delle idee digitali, organizzata dal 23 al 26 giugno tra Barletta, Trani e Bisceglie), si autodefinisce il TripAdvisor del vino. Si chiama Winedering ed è stato costruito da due ragazzi marchigiani: Stefano Tulli, proprietario di un tour operator e Denis Seghetti che, invece, si occupa di web marketing. “Tutto è nato da un'esperienza personale” racconta Stefano “eravamo in vacanza in Napa Valley alla ricerca da cantina da visitare, ma in questo lungo vialone, fatto di vigneti e di oltre 200 cantine, ci siamo sentiti persi: da dove iniziare? Come selezionare le migliori winery e valutarne l'offerta? Allora, abbiamo provato a cercare informazioni su TripAdvisor, ma non abbiamo trovato nessun tipo di notizia che facesse al caso nostro. Così, ci siamo resi conti che in tutto il mondo non c'è un sito web che parli di visite in cantine, appunto il TripAdvisor, o l'Hertz o il Booking di riferimento per i winelover. Eppure gli enoturisti a caccia di notizie sono 60 milioni, mentre dall'altra parte ci sono 45 mila cantine che non riescono a farsi trovare”. Ecco così spiegati gli obiettivi di Winedering: far incontrare domanda e offerta, aggregare cantine, eventi, wine tour e degustazioni. E anche recensioni, secondo il criterio democratico tipico di TripAdvisor. Dal lato utente, il funzionamento è molto intuitivo: ci si registra gratuitamente alla piattaforma e si può recensire una cantina in cui si è stati, valutandola in calici di vino. Inoltre, è possibile fare delle ricerche o per localizzazione geografica o per recensioni (le più cliccate o le migliori). Dal lato cantina, oltre a ricevere le recensioni degli utenti, ci si può “autoproclamare” con una registrazione gratuita e la possibilità di fornire orari di apertura per visite e degustazioni, informazioni su eventuali posti letto, ristoranti o attività in vigna. “A oggi sono 1400 le cantine registrate, di cui 300 straniere, e 150 gli utenti online” dice l'ideatore “ma l'obiettivo è riuscire a coprire in tre, quattro anni, tutte le cantine al mondo e attirare quella fascia di enoturisti legati alla promozione di eventi via web: parliamo di circa 5 milioni di persone”. Se fin qui l'investimento è stato molto ridotto, praticamente meno di un migliaio di euro, presto sarà il momento di trovare investimenti per mettere il tutto a regime. Il modello di business a cui si pensa è quello pay per click, senza tuttavia ignorare gli introiti che possono derivare da consulenze o percentuali su pacchetti enoturistici venduti. Intanto, tra i primi risultati ottenuti in questo periodo di rodaggio, la partnership con il Consorzio Colli Orientali e il Movimento Turismo del Vino Umbria in occasione di Calici di Stelle. Sono, poi, tanti i nomi famosi che hanno già aderito al portale, tra cui Umbero Cesari, la prima cantina ad aver stampato il logo/bollino di Winenderig da apporre all'entrata. Chissà non diventi un marchio di fabbrica riconosciuto e utilizzato in tutto il mondo?

www.winedering.com

 

Wikivinum, il wikipedia del vino

C'è, poi, chi guarda al mondo vitivinicolo come a un enorme database da divulgare. È il caso di Wikivinum, un’applicazione enciclopedica del vino in dirittura d'arrivo, che si pone l'obiettivo di raccogliere tutte le informazioni possibili su vini e produttori (al momento) italiani, secondo criteri chiari e gestiti sinergicamente sia dalle cantine, sia dagli utenti. “Abbiamo iniziato a lavorarci nel 2013” ci racconta uno dei soci e il responsabile della comunicazione, Giuliano Morelli oggi siamo in dieci, tutti under 40 dislocati tra Aosta, Milano e Torino. Ognuno proveniente da ambiti ed esperienze differenti, compresi un enologo e un sommelier”. Tra i criteri di ricerca impostati, ci sono i dati della cantina, il nome del vino, del vitigno, la geolocalizzazione con tanto di mappa, il prezzo, l'abbinamento, ma anche notizie più tecniche, come ad esempio il tipo di affinamento. In cosa si distingue, quindi, Wikivinum rispetto ai competitor? “L'oggettività dei dati, prima di tutto” continua Giuliano “le informazioni, infatti derivano direttamente dalle cantine che hanno accesso diretto alla piattaforma. Poi la sinergia tra queste ultime e i consumatori, che possono avere, a loro volta, una pagina profilo: vini che bevono, wishlist, condivisione sul altri social. Al momento, però, non possono scrivere recensione proprio perché il criterio principale è l'oggettività: non vogliamo fare un TripAdvisor del vino. In futuro vedremo. Tra gli altri servizi forniti a chi scarica l'app ci sarà la scansione dell'etichetta per avere informazioni sul vino, ma anche la possibilità di essere avvisati, tramite notifica sullo smartphone, di quando ci si trova nei pressi di una cantina, grazie a dei ripetitori di segnale bluetooth”.

Per poter scaricare l'app, bisognerà aspettare il lancio ufficiale previsto per l'autunno: il tutto gratuitamente. Il modello di business di Wikivinum è, infatti, l'affiliation delle cantine, sebbene al momento l'iscrizione sia assolutamente free. E se, per iniziare, si punta a ricoprire tutto il territorio, le cantine e i vini italiani - in questa fase sono 500 le cantine in database - non si esclude per il futuro di esportare il modello anche in altri Paesi. A cominciare dalla Francia. Mentre dal lato utente ci si aspetta un riscontro soprattutto estero: “Immaginiamo” ci spiega Morelli “che per circa il 70% i download saranno di stranieri interessati a conoscere meglio il nostro Paese. E, anche in prospettiva, abbiamo già parlato col Mipaaf per capire come poter trovare delle convergenze”.

aziende.wikivinum.com

 

Enolò: una carta dei vini 3.0

Quattro soci da diversi ambiti, tra cui anche uno chef famoso (Marcello Spadone del ristorante La Bandiera di Civitella Casanova, Pescara). Due anni di programmazione per un progetto ampio che va dalla porta della cantina al tavolo da ristorante. Sul piatto investimenti a cinque zeri e un finanziamento dal Ministero dello Sviluppo Economico. È, in breve, la scheda della startup Enolò: la piattaforma tecnologica che si propone l'obiettivo di mettere in relazione produttori e operatori del settore ristorazione nell'ottica b2b, un modo per accorciare la filiera vitivinicola e valorizzare il brand aziendale attraverso servizi integrati di web marketing e logistica.

Il primo esempio concreto, lanciato da poco più di un mese e che anticipa il lancio degli altri servizi, è la carta dei vini per ristoranti, wine bar, enoteche e così via. “Troppo spesso le carte dei vini risultano non aggiornate o piene di errori” spiega uno dei soci, Stefano Baldi Enolò dà la possibilità di compilarla in maniera semplice tramite web, personalizzarla e anche stamparla”. Non c'è un'app, ma un portale: “cartadeivini.wine//nome del ristorante” con accesso gratuito. Nella versione digitale è possibile inserire parecchie informazioni sul vino, il vitigno e così via, in quella stampata andranno solo alcune di queste indicazioni, ma con la possibilità per il cliente, tramite codice Qr, di visualizzare la versione digitale completa anche in piena autonomia sul proprio smartpone.

Ma, come dicevamo, la carta dei vini è solo il primo dei servizi lanciati. Tra le altre cose, infatti, Enolò si pone come marketplace per l'e-commerce rivolto agli esercizi di ristorazione: in pratica, la cantina decide di destinare a questo tipo di vendita una parte del proprio vino, il ristorante di acquistarlo anche in piccole quantità, Enolò pensa alla logistica, garantendo la consegna entro le 24 ore. “Una delle novità più interessanti” spiega Baldi “è la possibilità per il ristoratore di fare ordini anche e solo relativamente ad una serata, magari su suggerimento di un cliente o per una degustazione particolare. L'acquisto porta anche in modo automatico all'aggiornamento in tempo reale della carta dei vini di cui sopra”. Oggi in database ci sono 2600 etichette, ma gli obiettivi sono quelli di coprire almeno il 70% del territorio nazionale. Il modello di business di Enolò si basa sul prezzo transazione, con l'idea di gestire l'ampia economia di scala.

Ed è di qualche settimana anche l'accordo con le Città del Vino, con diversi servizi di logistica forniti ai vini premiati dalla Selezione del Sindaco, compreso logo virtuale e visibilità nelle vetrina di Enolò.

www.enolo.it

 

Vino à Porter: l'algoritmo del gusto

Può un algoritmo svelare le proprie preferenze in fatto di vino? È la scommessa di tre trentenni che, in pochi mesi, hanno messo su un sito di e-commerce basato sui gusti degli utenti. Si chiama Vino à Porter (mentre la società si chiama Taste): a maggio è uscita la versione beta, adesso è pronta quella aggiornata. “Ci siamo accorti che molti nostri coetanei sono attratti dal mondo del vino, ma, allo stesso tempo, lo conoscono poco” ci spiega uno dei fondatori, Matteo Parisi così ci siamo chiesti qual è il criterio seguito quando ci si trova davanti a uno scaffale. Di solito esperienza precedente, passaparola o consiglio della persona che hai davanti. Da qui l'idea di creare un sistema di e-commerce personalizzato: la mission che ci siamo dati è togliere tutte le barriere che una persona incontra al momento della scelta. Per farlo abbiamo studiato questo algoritmo che, con cinque semplici domande, in meno di un minuto è in grado di fare una prima scrematura sui gusti dei consumatori, proponendo solo i vini consoni alla singola persona”. E per chi volesse, c'è la possibilità di abbonarsi e ricevere, mensilmente, un winebox composto in base ai gusti svelati dall'algoritmo. Ma non basta. Altro criterio su cui si basa la piattaforma, oltre a quello del gusto, sarà quello dell'abbinamento. “Mettiamo che il cliente abbia una cena e voglia portare un vino” spiega Matteo “Il nostro portale gli dà la possibilità di fare un semplice test che non si basi solo su abbinamenti classici - cioè carne chiama rosso e pesce chiama bianco – ma su una serie di parametri che mettono insieme gusto personale e abbinamento oggettivo”.

Punti di forza rispetto ai competitor? “Il nostro target è fatto di consumatori che non sanno cosa scegliere, quindi ci basiamo sul concetto di discovery, puntando a diventare un punto di riferimento per chi si avvicina al vino in modo curioso. Dal lato cantine, cerchiamo di selezionare anche quelle meno conosciute che magari avrebbero difficoltà ad arrivare al grande pubblico”. Al momento sono circa 150 in tutta Italia. Ultima novità, è stata da poco attivata la consegna in 30 minuti a Milano, in 48 ore in tutto il resto d'Italia. “Solo in questo modo possiamo essere competitivi rispetto a una enoteca fisica ”continua il nostro interlocutore “vedi il caso della cena di cui parlavamo prima. Chiaramente il servizio 30 minuti riguarda solo Milano, dove abbiamo il nostro magazzino. Ma speriamo di poter esportare il modello anche in altre città d'Italia, o anche all'estero, in base a dove avremo maggiore riscontro”.

www.vinoaporter.com 

 

a cura di Loredana Sottile

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Umbria

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Orvieto, Grechetto, Montefalco Sagrantino, Ciliegiolo di Narni. Ecco l'elenco completo dei premiati con i Tre Bicchieri nella guida Vini d'Italia 2017.

L’Umbria del vino vanta importanti radici storiche, ben precise e documentate, che ne attestano la rilevanza. Nonostante sia una piccola regione è facile rintracciare al suo interno aree distinte, diverse sottozone e territori enologicamente eterogenei, sul piano di suoli, clima e varietà coltivate.

Più di recente, il successo del vino umbro è passato in gran parte per i rossi, allineandosi a un trend nazionale e internazionale che sta rapidamente cambiando, facendo riemergere una terra molto vocata anche per i bianchi. Non a caso la sua area storicamente più famosa è Orvieto e non a caso proprio questa zona, negli ultimi anni, offre segnali incoraggianti e una ritrovata vitalità.

L’annata 2015, asciutta e solare, capace di assecondare il profilo mediterraneo dei vini, ha regalato una media molto alta e alimentato il trend. Una lettura approfondita della guida ne dà testimonianza, così come quella dei vertici.

In zona i Tre Bicchieri non si fermano all’eccellente Cervaro della Sala ‘14, giocato su un’estrema finezza di fondo, ma toccano grandissime versioni il Campo del Guardiano ’14 Palazzone e Orvieto Classico Superiore Il Bianco ‘15 Decugnano dei Barbi.

Poco distante, a Todi, i Grechetto dimostrano grande dinamismo. Molti i vini degni di nota anche se a primeggiare è il Superiore Fiorfiore ’14 della brillante cantina Roccafiore, capace di livelli mai toccati in precedenza e premiata per la Vitivinicoltura Sostenibile per l’impegno dimostrato fin dalla sua nascita. Mettiamoci che molti Trebbiano Spoletino hanno fatto bellissime figure e il quadro è completo.

E i vini rossi? Anche qui le novità non mancano, a cominciare dai deliziosi Ciliegiolo di Narni, varietà e vino caparbiamente riportati in auge dai produttori dalla zona. Le etichette da segnalare sono diverse ma la migliore, almeno secondo il nostro giudizio, è il Brecciaro ‘14 di Leonardo Bussoletti. Nel segno della finezza e dell’eleganza anche il Torgiano Rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio ‘11 dei Lungarotti, bottiglia mitica della regione, capace oggi come ieri di un fascino straordinario. Concludiamo, infine, con i rossi più strutturati. Un percorso che passa per forza di cose per una terra generosa e giustamente celebrata come Montefalco. Meno del solito i premiati, complice anche l’incidenza di un millesimo, il 2012, che ci pare aver dato vini più faticosi, tannici e monolitici di altri. Nonostante questo la spuntano tre Sagrantino: il deciso quanto brillante Collepiano di Marco Caprai, l’originale e saporito cru Campo alla Cerqua di Giampaolo Tabarrini e (novità) quello di un produttore dallo stile seducente e raffinato, Pardi, finalmente sul gradino più alto del nostro podio.

 

Brecciaro 2014 Bussoletti

Cervaro della Sala 2014 Castello della Sala

Montefalco Sagrantino 2012 Pardi

Montefalco Sagrantino Campo alla Cerqua 2012 Tabarrini

Montefalco Sagrantino Collepiano 2012 Arnaldo Caprai

Orvieto Cl. Sup. Campo del Guardiano 2014 Palazzone

Orvieto Cl. Sup. Il Bianco 2015 Decugnano dei Barbi

Orvieto Cl. Sup. Luigi e Giovanna 2013 Barberani

Todi Grechetto Sup. Fiorfiore 2014 Roccafiore

Torgiano Rosso Rubesco V. Monticchio Ris. 2011 Lungarotti

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Abruzzo e Molise

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Basilicata

Anteprima Tre Bicchieri. Campania

Anteprima Tre Bicchieri. Calabria

Anterpima Tre Bicchieri. Toscana

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia

 

Annullato Dinner in the Sky Roma. Beghe burocratiche per le cene sospese, il rinvio a maggio 2017

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Burocrazia farraginosa, indicazioni contraddittorie, rimpalli estenuanti: così si sono presentati gli Uffici capitolini a Dits Europe, la società che da 10 anni organizza eventi a 50 metri d'altezza in giro per l'Europa, Italia compresa. Ma a Roma la storia è diversa, e a tre giorni dal via è tutto da rifare. Ecco perché. 

Dinner in the Sky. Un format di successo

C'era già chi pregustava una cena a 50 metri d'altezza, la vista impagabile su tetti, cupole e monumenti della Capitale, mentre lo chef di turno impiatta gli ingredienti di un menu unico nel suo genere, realizzato su una piattaforma sospesa nell'aria, issata sulla città con l'ausilio di una gru. La stessa piattaforma che a partire dal prossimo 15 settembre (e fino al 2 ottobre, a pranzo, cena e per l'aperitivo) avrebbe dovuto accogliere i 22 commensali di Dinner in the Sky, manifestazione gastronomica itinerante che raccoglie successi e consensi unanimi nel mondo da diversi anni proprio per l'eccezionalità del concept, ideato nel Nord dell'Europa circa dieci anni fa.

Oggi invece per chi da un anno a questa parte stava curando l'importazione del format a Roma per conto di Dits Europe (la società estone che ne ha registrato il marchio) si è prospettato un brusco risveglio: “La burocrazia lenta nel recepire le normative europee non permette lo svolgersi della manifestazione” si legge sul sito dell'iniziativa e nel comunicato stampa che sancisce l'inequivocabile annullamento di Dinner in the Sky Roma.

La burocrazia farraginosa e il rinvio dell'evento

Solo un rinvio, per dir la verità, a maggio 2017, che però - è inevitabile - lascia scontenti (e attoniti) tutti: chi aveva già acquistato i biglietti in primis, ma pure Uldins Kalnisn, l'amministratore delegato di Dits Europe, che senza mezzi termini affida il suo sconcerto alle comunicazioni ufficiali: “In dieci anni di attività in giro per il mondo non abbiamo mai incontrato una burocrazia così complessa e contraddittoria”. Ciò che noi (specie il mondo della ristorazione a Roma) siamo ormai rassegnati a considerare normalità, fa sbarrare gli occhi agli investitori internazionali che infatti latitano e quando ci sono assumono più le sembianze di martiri che di sereni operatori economici che portano in città idee e ricchezza. E infatti gli fa eco Michele Ruschioni, responsabile della comunicazione per la tappa romana della manifestazione: “Dinner in the Sky non è alla prima esperienza in Italia. In passato per Bologna, Venezia e Milano non si era presentato nessun problema. Ed è comprensibile lo stupore di una realtà imprenditoriale internazionale, che posta di fronte a uno stop burocratico difficile da comprendere anche per noi che con l'amministrazione farraginosa di Roma conviviamo ogni giorno proprio non riesce a spiegarsi perché la nostra città sia diversa da Milano o Venezia”.

Il documento mancante. All'ultimo minuto

Nella pratica dei fatti, ciò che è successo tra le pieghe (e le piaghe) degli Uffici capitolini possiamo facilmente immaginarlo: fino all'inizio di settembre tutte le carte per lo svolgimento dell'evento nell'ambito delle direttive europee di riferimento (che normano queste manifestazioni straordinarie) erano in regola. Poi, all'ultimo secondo, un Ufficio “dormiente” ha richiesto ulteriore documentazione, scombinando le carte, per usare un amaro gioco di parole. E senza voler scendere in dettagli che potrebbero compromettere il programmato rinvio alla prossima primavera (questo è il clima: aziende internazionali che evitano di fare nomi e indicare uffici per paura di ricorsioni…), le dichiarazioni estrapolate tra le righe non lasciano adito a dubbi, specie quando si scrive nero su bianco di una “ricezione delle norme lenta e farraginosa oltre ogni umana immaginazione” o di una “burocrazia che rimbalza la responsabilità da un ufficio all'altro”; e ancora di “indicazioni contraddittorie” e “vicolo cieco”.

Per rincarare la polemica su quest'assurda gestione della città – finanche a paralizzare gli appuntamenti culturali e scoraggiare l'iniziativa imprenditoriale straniera – basti ricordare che in passato l'evento ha toccato svariate città nei contesti più disparati, da Vilnius a Beirut, da Sydney a Toronto, da Lisbona a Parigi, a Riga, Lubiana, Bruxelles, Abu Dabi. E l'elenco potrebbe continuare.

Appuntamento a maggio 2017

D'altro canto, però, non c'è nessuna intenzione di desistere: “Il gruppo è fortemente motivato, anche perché il sodalizio con tanti chef italiani e romani già coinvolti in altri Dinner in the Sky in giro per l'Europa è ben saldo”. Terrinoni, Bowerman, Martini, Genovese, Monosilio, i fratelli Serva: protagonisti indiscussi della scena ristorativa della Capitale che nei mesi scorsi e fino a pochi giorni fa hanno stupito gli ospiti sospesi a 50 metri da Riga a Praga, da Vilnius a Parigi. E tra qualche giorno avrebbero dovuto animare la piattaforma sospesa sulla Città dell'Altra Economia. Appuntamento solo rimandato: i documenti e le certificazioni ci sono già tutti, “ma adire ora le vie legali sarebbe stato controproducente; preferiamo lavorare sull'appuntamento di maggio”, continua Ruschioni “quando l'iniziativa si protrarrà per 24 giorni invece dei 18 previsti” e probabilmente entreranno in gioco altri nomi.

E chi ha già acquistato il biglietto? Potrà riscattarlo sul sito prenotandosi per l'evento di maggio. “Perché Roma e i suoi abitanti se lo meritano”, conclude ottimista Dits Europe. Siamo proprio sicuri?

 

www.dinnerinthesky.it 

 

a cura di Livia Montagnoli

Ghe Sem: il raviolo cinese di Milano

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Ghe Sem è un’intuizione d’arte in forma di raviolo. C’è il cesello cinese nel plasmare le forme, il gusto estetico di una pralina francese, l’eco a pattern floreali delle Arts and Crafts di William Morris, abbinamenti cromatici degni di un arabesco di Matisse. In certi dettagli, anche richiami d’arte orafa.

Il nome: allitterazioni e contaminazioni

Ghe Sem gioca di allitterazione dialettal-milanese con uno dei suoni gastronomici più diffusi al mondo, il dim sum. È un’intuizione d’arte geo-globalizzata, dove ‘geo’ sta per localizzazione di certi pezzi forti della cucina regionale italiana, dalla Calabria al Piemonte, alla Lombardia, con baricentro puntato in Cina, e approdo naturale a Milano. Mentre ‘global’, per le stesse ragioni, è lo spirito aperto del progetto.

Pensare a un raviolo e chiamarlo Ghe Sem (ci siamo), la dice lunga sulla convivenza storica della comunità cinese a Milano, è intelligente autoironia, un modo per socializzare e trovare assonanze nelle differenze. Dalla neo dim sum station milanese aggiungiamo conferma, se mai ne occorressero ancora, che glocal è la chiave per l’integrazione creativa, in cucina e ovunque. Incontrarsi per miscelare tradizioni valorizza le persone, porta a tavola secoli di cultura, esalta il gusto autentico delle cose.

Lo ha inventato Fabrizio Casolo, creativo milanese di cibo e start up, insieme a Gian Marco Senna ideatore di Fatto bene. Alla loro ennesima esperienza imprenditoriale, Fabrizio e Gian Marco mostrano uno speciale sesto senso in quanto a invenzioni gastronomiche di successo. La formula va per l’assioma ‘il meno è più’, dunque massima sintesi per il massimo risultato. Se con Fatto Bene rielabora il concetto di panino, con Ghe Sem si inventa il raviolo. Il punto è che raviolo (e panino) hanno il potere magico di azzerare memoria delle nostre esperienze analoghe, nel momento in cui vengono rinnovate alla luce di una nuova consapevolezza.

 

 

Ghe sem

Il progetto e i suoi artefici

{gallery}ghe sem{/gallery}Il progetto è semplice ma di grande impatto. Con Fabrizio, c’è la mente gastronomica di Daniele Ferrari, chef al ristorante La Pesa, e il barman Giovanni Parmeggiani. “L’idea è stata accostare tre elementi tra loro estranei e provare a trovarne un’armonia. L’impasto originale del dim sum accoglie la cucina regionale italiana, e i cocktail classici, rivisitati con gusto orientale, ne esaltano le sfumature. Il ripieno varierà con le stagioni, per il momento Daniele ne ha studiati circa venti. Rifuggiamo dallo schema del preconfezionamento standard, vogliamo dare l’impronta del fresco di mercato e dei prodotti tipici delle nostre tradizioni. Il processo creativo è semplice: Daniele pensa il tema del ripieno, lo testiamo per gusto, grana, consistenza, colore. Raggiunto il punto di equilibrio, la nuova alchimia passa in fase operativa nelle mani del nostro cuoco Chen Zhongxiong, esperto in lavorazione dim sum”.

 

A ogni gusto corrisponde uno specifico design dell’oggetto che dovrà custodirlo, per distinguerlo e accennare già all’esterno gli ingredienti scelti per il ripieno. Bellezza, pulizia delle forme, compostezza e rigore sono un richiamo a certe forme di artigianato sapiente. Con un effetto ancora più spiazzante quando si realizza che l’unico modo per accedere al mondo racchiuso nell’involucro, è mangiarla, quell’opera di artigianato. Assaggiare un raviolo alla ‘nduja e mascarpone, equivale a sublimare, in un solo morso, i sensi da Crotone a Pechino, seduti in via Monti a Milano. Fabrizio scherza sulla fortuna di aver costruito una squadra eccellente: “Tuteliamo il nostro cuoco Chen, le sue mani, come bene culturale umano, sono la nostra risorsa primaria, patrimonio dell’umanità!”.

 

I ripieni d'autore e i cocktail in abbinata

Scorrere il menu è un viaggio tra i sapori: fassona e cipolla caramellata, capasanta e pomodoro, seppia e ikura, pollo e curry, ossobuco e zafferano, lingua salmistrata e salsa verde, sono solo alcune delle idee di chef Ferrari, poi tradotte in ripieno. Gioielli da collezione: manzo e tartufo nero, e storione e caviale Calvisius ‘Da Vinci’, mentre il gambero grigliato fa storia a parte: schiuderne il guscio apre un pianeta. I dolci concludono il percorso: serviti in piatti da collezione in porcellana cinese, con motivi floreali misti, Ming e Qing. Anche qui la composizione estetica segue la parabola del palato, mai il contrario. Ogni ingrediente è presente nella composizione in forma sempre riconoscibile, lo zucchero è appena accennato, per armonie mai stucchevoli.

 

degustazione

I cocktail di Giovanni rilanciano il dialogo tra geografie dei sapori, stavolta rielaborati dalla chimica della mixologia più erudita. Al liquore ai fiori di sambuco unisce il prosecco, lo sciroppo di rosa e il bitter al tè, e lo chiama Il milione di Marco Polo. Al momento il menu conta sedici combinazioni, le altre seguiranno al moltiplicarsi dei gusti dei ravioli.

 

Lunedì 29 agosto, Ghe Sem ha inaugurato la seconda postazione milanese, in via Borsieri. Stesso team, stesso concept, identica qualità. L’idea è creare piccole botteghe in giro per la città: una invasione raviolesca per equa dotazione urbana di dim sum, quartiere per quartiere. Aprire due posti in quattro mesi porta ritmi frenetici e Fabrizio è già in cerca di nuovi approdi. Ma ora occorre degustare. Per le prossime aperture stay tuned!

 

Ghe Sem | Milano | via Vincenzo Monti, 26 | via Borsieri 26 | 02 45374300

 

a cura di Emilia De Vivo

 

Food Film Fest a Bergamo. Dall’India all’Ecuador i 34 finalisti del festival cinematografico sul cibo

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Cinque giorni di proiezioni aperte al pubblico, degustazioni e approfondimenti a tema gastronomico per la terza edizione del festival che scova nel mondo le migliori pellicole dedicato al rapporto dell’uomo con il cibo. Eccone un assaggio. 

Il festival del cinema (gastronomico) di Bergamo

È una staffetta ideale quella che lega Venezia e Bergamo nel segno di tappeti rossi e grandi schermi. Mentre in Laguna si è appena conclusa la Mostra del Cinema con la consegna dell’ambito Leone d’Oro a film e protagonisti della 73esima edizione della kermesse, la città lombarda si appresta a ospitare il terzo appuntamento con il Food Film Fest, manifestazione meno rodata per fama e longevità, che pure si propone nel panorama culturale nazionale come unico festival cinematografico dedicato al mondo del cibo. Vantando un parterre di ospiti e pellicole internazionali. A promuovere l’iniziativa è l’Associazione Montagna Italia, che in collaborazione con la Camera di Commercio di Bergamo trasforma per cinque giorni la città in palcoscenico dedicato alla cultura dell’alimentazione consapevole selezionando film che analizzano il rapporto dell’uomo con il cibo, dal ciclo produttivo alla corretta nutrizione, passando per il tema della biodiversità e della memoria gastronomica. E quest’anno sono in molti ad aver raccolto la sfida: delle 500 pellicole arrivate da tutto il mondo, oltre 60 Paesi – tra documentari, fiction e film d’animazione – la commissione del festival ne ha selezionate 34, proiettate dal 13 al 17 settembre presso il Quadriportico del Sentierone.

I film in concorso

Il pubblico potrà prendere parte al festival gratuitamente, ogni sera dalle 20.45. L’occasione, peraltro, è ghiotta: oltre ai titoli prodotti in Italia, sono molte le proposte di nicchia in arrivo dai quattro angoli del mondo, dal Canada alla Cina, dall’India al Messico, all’Ecuador. Tutti concorreranno per aggiudicarsi il titolo nelle quattro categorie valutate dalla giuria, guidata dal direttore artistico Luca Cavadini: Food Movie, Doc, Animation ed Erg East Lombardy, sezione speciale dedicata alle produzioni che approfondiscono il legame con il cibo del territorio della Lombardia Orientale. E per testimoniare la versatilità del genere è sufficiente scorrere la lista delle pellicole in concorso: c’è il Banchetto indiano, documentario breve (titolo originale Authanakoota) ambientato in un allevamento di maiali alla periferia di Bangalore, che sottolinea il valore cerimoniale del cibo, e subito oltre il reportage sulla Franciacorta (F for Franciacorta) di Massimo Zanichelli, diametralmente opposto per panorami e intenzioni. Ma anche il lungometraggio di Daniele Cini, Hungry and Foolish in viaggio nel mondo alla ricerca delle comunità dove il tempo si è fermato; e poi le Mani delle donne dell’Appennino, indagate da Michele Trentini, o il sogno di Little Big George, il bambino indiano che ama la cucina e vuole diventare un grande chef. Mentre sul fare sostenibile e sul rapporto tra modernità e natura si concentra il film a 4 mani di Giorgio Affanni e Andrea Grasselli, Il vortice fuori. E due diversi obiettivi inquadrano il mondo ancestrale dei pescatori: dal Marocco il villaggio degli uomini di Tafedna, dall’Ucraina i pescatori di Bekendor di Anastasiya, nella regione di Odessa.

Degustazioni e convegni. Una città in festa

Ma la manifestazione proporrà alla città anche una serie di appuntamenti collaterali, con degustazioni e convegni realizzati in collaborazione con la Coldiretti Bergamo, e per questo incentrati sulla valorizzazione di prodotti locali. A questi si aggiungono i laboratori pomeridiani di Slow Food su tematiche di attualità alimentare e il Mercato dei Produttori che prenderà forma in concomitanza con gli ultimi giorni del festival, nel week end, lungo il Sentiero. E per ricordare il riconoscimento recentemente conferito alla Lombardia Orientale – eletta Regione Europea dell’Enogastronomia 2017 – la giornata di venerdì proporrà una tavola rotonda sul tema. Di grande interesse anche gli approfondimenti al confine tra intrattenimento e reportage, come gli spazi dedicati al tema dello spreco alimentare, a più riprese trattato nelle pellicole selezionate, e la parentesi conclusiva che la kermesse mette a disposizione di due produzioni Rai dedicate al mondo del food. A presentarle Milena Gabanelli e Duilio Giammaria, celebri volti dell’approfondimento giornalistico sul piccolo schermo, non nuovi a indagini che riguardano il settore alimentare, a Bergamo in concorso proprio con due inchieste già trasmesse in tv: L’olio di palma di Sabrina Giannini (Report 2015) e Petrolio: la magnifica ossessione (2016), tra nuove abitudini di consumo e falsi miti che regolano le nostre scelte a tavola.

 

Food Film Fest | Bergamo | dal 13 al 17 settembre | per scoprire tutti i film in concorso www.foodfilmfestbergamo.com

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