Quantcast
Channel: Gambero Rosso
Viewing all 5335 articles
Browse latest View live

T al Fondaco dei Tedeschi di Venezia. La food hall del nuovo centro commerciale Lvmh

$
0
0

Il cantiere affidato a OMA ha restaurato uno degli edifici storici più noti della Laguna, proprio vicino a Rialto. E dal 1 ottobre l'antico fontego dei Tedeschi ospiterà il centro commerciale di DFS, prima versione italiana di un format di successo internazionale. Al piano terra il food store: ecco chi c'è. 

 

Il fontego dei Tedeschi. 5 secoli di storia

Restano poco più di due settimane, e a Venezia si lavora alacremente perché il fontego dei Tedeschi sia pronto per il rientro in società dopo gli anni di chiusura (otto) che sono serviti al recupero statico e funzionale in seguito alla cessione dell'edificio al gruppo Benetton. Da secoli il grande complesso che guarda al ponte di Rialto accompagna la storia della città e la curiosità in Laguna è tanta. Riprogettato all'inizio del Cinquecento da Girolamo Tedesco per conto del Senato veneziano, il bel palazzo con loggiato sul Canal Grande all'epoca vide persino la partecipazione al cantiere di un giovane Tiziano, ai primi lavori al fianco del maestro Giorgione. Punto d'approdo per le merci in arrivo da Norimberga, per due secoli il complesso mantenne viva la propria identità commerciale, poi, alla fine del Settecento fu soppresso, restando a disposizione dell'amministrazione pubblica, sede della dogana napoleonica prima, e ufficio postale di riferimento per i veneziani dal periodo fascista in avanti, fino al 2008.

Cinque secoli di storia caratterizzati da peripezie costruttive che ne hanno alterato la struttura originale, soprattutto l'ultima colata di calcestruzzo risalente agli anni Trenta. E ora il Fondaco, tutelato in quanto monumento, è pronto per presentarsi ancora una volta alla città nella veste ripensata dallo studio OMA, che ha curato il restauro dell'edificio per conto della famiglia Benetton.

T al Fondaco dei Tedeschi. Il centro commerciale nel cuore della città

Dal 1 ottobre, dunque, il Fondaco dei Tedeschi tornerà sotto i riflettori come T Galleria, il brand che identifica i megastore extralusso del gruppo DFS (controllata di Lvmh, che ha avuto in affitto l'edificio), già presenti in molte città e aeroporti del mondo, ma all'esordio italiano. Prestando il fianco a un ripristino di quell'anima commerciale che caratterizza la storia del Fontego, ma pure strizzando l'occhio all'ambizione con cui la Venezia dei giorni nostri si offre al turismo internazionale. L'operazione affidata all'architetto Rem Koolhaas, non a caso, coniuga l'esigenza di preservare le vestigia del passato con un respiro innovativo che fa della tecnologia e degli allestimenti esclusivi (curati da Jamie Fobert) gli assi portanti del nuovo centro commerciale. E non mancherà di suscitare qualche polemica, con la scala mobile già ribattezzata “tappeto rosso” che ascende al padiglione vetrato in terrazza, destinato a eventi privati e iniziative culturali. Certo, i soffitti in legno decorato sono tornati a splendere lì dov'erano un tempo, come la scala in pietra d'Istria e i pavimenti alla veneziana. O le vecchie porte di accesso che conducono verso il grande cortile centrale. Tutt'intorno, in oltre 6000 metri quadri, si articolerà lo spazio commerciale, tra nomi della moda e del lusso, boutique esclusive, celebri brand della cosmetica, artigianato locale e specialità enogastronomiche. Tutto concertato per restituire a viaggiatori e veneziani un'esperienza di lifestyle all'italiana.

Il food store del piano terra

Al piano terra, al fianco delle vetrine dedicate a Gucci e Bottega Veneta, sorgerà il food store, una vera e propria boutique multimarca che promette di concentrare il meglio di vini e prodotti made in Veneto e made in Italy, con prodotti esclusivi per il Fondaco. Cosa dobbiamo aspettarci? A fare chiarezza è Cristina Brutto, senior merchandising per DFS Italia, impegnata negli ultimi frenetici preparativi per l'apertura: “Una delle missioni del Fondaco dei Tedeschi è quella di promuovere le eccellenze del territorio. Sono stati minuziosamente selezionati prodotti di alta qualità in grado di trasmettere il meglio di quei sapori che hanno reso famosa la gastronomia italiana.L’assortimento di prodotti rispecchia la grande ricchezza e diversità del nostro paese, con la proposta di un’ampia gamma di prodotti, insieme a spezie e sughi regionali tipici”. E così accanto agli artigiani veneti troveranno spazio fornitori con lunghe tradizioni culinarie alle spalle, come piccole realtà a conduzione familiare a cui si è scelto di dare visibilità, nel rispetto di qualità delle materie prime e autenticità dei prodotti.

I prodotti made in Italy. Chi c'è

Per fare qualche nome, insieme a nomi collaudati come Domori, Sabadì, Amedei, Venchi, Majani, Bodrato (per il comparto cioccolato, dove giocherà anche il laboratorio artigianale veneziano Vizio Virtù), La Via del Tè, Savini Tartufi, Tartuflanghe, la food hall del Fondaco proporrà i dolci della Biscotteria Bettina, quelli del biscottificio Mattei, di Deseo e di Loison, la pasta di pastificio Gentile, Pasta Mancini e Pastificio Spinosi, i prodotti pugliesi dell'Agricola del Sole e il balsamico di Acetaia Malpighi, Acetaia Leonardi e Borgo del Balsamico. Ma anche i formaggi di Luigi Guffanti e il miele di Brezzo, i torroni di Barbero e i capperi dell'antico capperificio La Nicchia di Pantelleria. Per vini e liquori, rappresentati in grande misura, altrettanti nomi altisonanti, da Antinori Ferrari, da Gaja Ornellaia, passando per Contadi Castaldi, Lungarotti, Santa Margherita. Le grappe di Bepi Tosolini e i whisky altoatesini di Puni. Tutti raccolti in uno spazio modulabile, ideato “come un unico ambiente in cui gli assortimenti sono presentati per categorie merceologiche e successivamente per produttore”, per offrire al cliente un percorso logico e articolato tra allestimenti di pregio e prodotti di qualità.

Piacerà ai veneziani questo centro commerciale all'esordio nel cuore della città?

 

T Galleria al Fondaco dei Tedeschi | Venezia | dal 1 ottobre 2016 | www.dfsgroup.com

 

 a cura di Livia Montagnoli


Maltempo in Puglia. Danni ai vigneti in Salento, in Gargano si teme per il pomodoro

$
0
0

Le piogge intense degli ultimi giorni hanno colpito seriamente la Puglia, mettendo a rischio la vendemmia di Primitivo e Salice Salentino in Salento, dove gran parte delle uve non sono ancora state raccolte. Ma le difficoltà si registrano anche nella provincia di Foggia, dove l'industria del pomodoro conta i danni. 

Piove in Salento. I timori per la vendemmia

Si complica la vendemmia nel Salento, nelle aree delle Doc Primitivo e Salice Salentino, dove piove da martedì 6 settembre e dove nell'ultima settimana le precipitazioni hanno superato i 200 millimetri, quantitativi che cadono spesso in una intera stagione. Gran parte delle uve non sono state ancora raccolte e per i viticoltori è impossibile iniziare o completare i lavori nei campi. La pioggia si è fatta sentire, in particolare, nei vigneti della grande cooperativa Due Palme, i cui terreni ricadono in 19 Comuni delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, per un totale di 2.500 ettari con mille soci. Il rischio, come fa sapere il presidente Angelo Maci, è quello di una perdita del 50% della produzione di uve e, in alcuni casi, la distruzione totale del raccolto. La situazione è difficile. I terreni sono intrisi d'acqua, diversi i vigneti allagati e la persistente umidità in questo periodo di inizio raccolta “sta provocando muffe e marciumi su tutte le cultivar di uva”. Sui 2.400 ettari vitati di proprietà della cooperativa di Cellino San Marco ne sono stati raccolti 400, appena il 15%: “Il persistere delle attuali condizioni” dice Maci “fa presagire la perdita totale della produzione in molte aziende. Ci attiveremo per chiedere al governo regionale l’esonero dagli oneri fiscali e contributivi per chi ha subito danni accertati dalle piogge".

 

Il punto sulla situazione. La corsa contro la muffa

Preoccupate le organizzazioni agricole. La Coldiretti Puglia, con il suo presidente Gianni Cantele, teme gli effetti dell'umidità. E si dovranno valutare gli eventuali danni anche alle coltivazioni di uva da tavola della provincia di Bari. Purtroppo La Puglia, come fa notare il sindacato degli agricoltori, convive con un vero e proprio paradosso idrico: da un lato è dilaniata da annosi fenomeni siccitosi e dall'altro è colpita da alluvioni e piogge torrenziali “con l'aggravante che l'acqua non viene riutilizzata a fini irrigui, a causa della carenza o della mancanza di infrastrutture ad hoc”.

Il Consorzio di tutela del Salice Salentino sta monitorando la situazione nei vigneti, con i suoi tecnici agronomi. “Purtroppo il Negroamaro è ancora tutto sulla pianta” spiega il presidente Damiano Realee le piogge intense sono arrivate quando ancora l'uva non era pronta”. Gli effetti sui grappoli sono evidenti: la gradazione generale è scesa e occorrerà aspettare il sole e il caldo per far si che asciughino terreni e uve. E se, purtroppo, la muffa costringerà i viticoltori a vendemmiare in anticipo bisognerà fare i conti con una qualità non eccellente. A soffrire maggiormente saranno i vigneti di pianura, rispetto a quelli in collina. Le uve i cui mosti non raggiungeranno il giusto grado alcolico (18-20 gradi Babo) dovranno essere declassate da Dop a uve per vini comuni, con chiari danni economici per le aziende. “Tuttavia” aggiunge Reale “c'è ancora molta uva sana in giro e se, come previsto, il sole dovesse uscire per i prossimi quindici giorni potremmo andare incontro a un'annata buona. È ancora presto, in questo momento, per fare bilanci definitivi”.

I pomodori del Gargano. Raccolto compromesso

Il maltempo in Puglia non si è concentrato solo sulla viticoltura e sul Salento. In particolar modo, in provincia di Foggia, a subire forti danni per lo straripamento di fiumi e torrenti, come il Candelaro, è stato il territorio che si estende ai piedi del Gargano, con le sue coltivazioni di pomodoro, già provate da una forte grandinata nei primi giorni di agosto tra Foggia e Manfredonia: “Il raccolto è definitivamente compromesso, con la perdita di oltre il 60% del prodotto sui campi, mentre per l’uva da vino e da tavola si arriva al 30%, con aziende che hanno perso tutto”, fa sapere Giorgio Mercuri, presidente dell'Alleanza delle Cooperative agroalimentari, che ha chiesto alla Regione di dichiarare lo stato di calamità per i territori maggiormente coinvolti.

 

a cura di Gianluca Atzeni

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Marche

$
0
0

17 i premiati solo tra i Verdicchi, di Matelica e dei Castelli di Jesi e 3 tra gli Offida Pecorino: le Marche del vino affermano, anno dopo anno, la loro vocazione bianchista

In questa edizione della Guida la regione tinge ancor più di bianco la propria lista delle eccellenze. Su 20 Tre Bicchieri ben 14 vanno al Verdicchio, declinato tra la sponda jesina e quella matelicese, e 3 all'Offida Pecorino. Ma i numeri, pur eloquenti, non riescono a spiegare la grande vivacità e l'innalzamento del livello qualitativo che si vive nei distretti citati. Il primo effetto è un continuo rinnovamento dei premiati: ogni azienda deve ogni anno dimostrare di meritare l'encomio e nessuno può pensare di vivere sugli allori.

In alto i calici dunque per chi come Bucci, Casalfarneto, Tenuta Spinelli, Velenosi, Tenuta di Tavignano, Sparapani-Frati Bianchi, Belisario e Collestefano riesce a confermarsi rispetto all'edizione 2016, vincendo il confronto con agguerriti colleghi. Tornano al Tre Bicchieri, chi dopo una sola edizione senza premio e chi dopo qualche anno, Pievalta, Poderi Mattioli, Marotti Campi, Montecappone, Bisci e La Monacesca. E c'è chi debutta, senza distinzione di dimensione: da una parte il taglio artigiano di alto profilo di Sabbionare, dall'altra Tenuta Cocci Grifoni, uno dei nomi più noti in regione, giunta finalmente all'agognato riconoscimento con un vino magnifico dedicato a Guido Cocci Grifoni, l'artefice del salvataggio del pecorino e suo primo diffusore sulla direttrice collinare posta tra Marche e Abruzzo.

Segna il passo il comparto rosso: se il nome del Conero torna a incidere il suo nome nel palmarès grazie al portentoso Campo San Giorgio '11 di Umani Ronchi, importanti distretti viticoli come Piceno e Maceratese perdono posizioni. Annate climaticamente difficili per il montepulciano, il sangiovese e per le uve a bacca nera in genere di certo non hanno giovato ma occorre non abbassare la guardia sotto il profilo della maturità fenolica, dell'appropriato uso del legno, diffidare dalle eccessive concentrazioni di frutto ed estratti.

Appaiono quindi come gemme di brillante modernità il vino di un navigato vigneron come Marco Casolanetti con il suo Kupra '13 e quello di un esordiente d'incredibile passione come Emanuele Dianetti che ha sorpreso tutti con il suo Offida Rosso Vignagiulia '13. Ma non ci si fermi solo ai premiati: tra le diverse aree delle Marche si annida tanto talento e con molta probabilità abbiamo sotto gli occhi qualche stella degli anni a venire. Aguzzate il naso e il palato. Mettetevi alla ricerca. Noi siamo certi che non rimarrete delusi.

 

Castelli di Jesi Verdicchio Cl. Crisio Ris. 2013 CasalFarneto

Castelli di Jesi Verdicchio Cl. Lauro Ris. 2013 Mattioli

Castelli di Jesi Verdicchio Cl. Salmariano Ris. 2013 Marotti Campi

Castelli di Jesi Verdicchio Cl. San Paolo Ris. 2013 Pievalta

Castelli di Jesi Verdicchio Cl. San Sisto Ris. 2014 Fazi Battaglia

Castelli di Jesi Verdicchio Cl. Utopia Ris. 2013 Montecappone

Castelli di Jesi Verdicchio Cl. Villa Bucci Ris. 2014 Bucci

Conero Campo San Giorgio Ris. 2011 Umani Ronchi

Offida Pecorino Artemisia 2015 Spinelli

Kupra 2013 Oasi degli Angeli

Offida Pecorino Guido Cocci Grifoni 2013 Tenuta Cocci Grifoni

Offida Pecorino Rêve 2014 Velenosi

Offida Rosso Vignagiulia 2013 Dianetti

Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Il Priore 2014 Sparapani - Frati Bianchi

Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Misco 2015 Tavignano

Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Sabbionare 2015 Sabbionare

Verdicchio di Matelica Collestefano 2015 Collestefano

Verdicchio di Matelica Mirum Ris. 2014 Monacesca

Verdicchio di Matelica Vign. B. 2015 Belisario

Verdicchio di Matelica Vign. Fogliano 2013 Bisci

 

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Umbria

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Abruzzo e Molise

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Basilicata

Anteprima Tre Bicchieri. Campania

Anteprima Tre Bicchieri. Calabria

Anterpima Tre Bicchieri. Toscana

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia

 

Cultural Matera. La prima volta in Italia per sancire il rinascimento della cucina meridionale

$
0
0

Il festival gastronomico ideato nel 2014 da Mauro Bochicchio è cresciuto finora nella sua dimensione parigina, pur promuovendo la cultura alimentare italiana. Ora sancisce un ritorno alle radici tra i Sassi di Matera e dà spazio a 30 talenti del Sud. 

Cultural a Matera

Da quando Carlo Levi immortalava sulle pagine di Cristo si è fermato a Eboli l'immagine di una terra “bella e dolente” sono passati 70 anni. Eppure, pur cercando di aggirare gli stereotipi di una retorica della miseria che per prima ha il demerito di affossare il Mezzogiorno, riconoscere la difficoltà che quella terra incontra ancora oggi nel rivelarsi al mondo è un imperativo per chiunque voglia far bene alla causa. Per valorizzare il patrimonio culturale che il Sud dell'Italia condivide con il resto del Paese, spesso senza riuscire a mettere a fuoco l'obiettivo.

Proprio alla volta di quella Matera designata a prossima capitale della cultura europea (i riflettori si accenderanno nel 2019) guardava con lucidità il medico inviato al confino dove “vive la miseria nobile e civile dei contadini, filtrata attraverso l'eterno del tempo”. E la stessa città famosa nel mondo per il fascino primitivo dei suoi Sassi e i paesaggi lunari che la circondano ammantandola di una solennità fuori dal tempo sarà la nuova casa di Cultural tra pochi giorni, il 18 e 19 settembre, quando la quarta edizione del festival gastronomico dedicato alla cultura alimentare italiana, finora di stanza a Parigi, prenderà il via all'interno della Casa Cava (nell'auditorium del celebre complesso ipogeo scavato nel tufo).

 

Da Parigi a Matera. Ecco perché

È un ritorno a casa che è pure Ritorno alle radici, come titola il tema della manifestazione, quello che Mauro Bochicchio si appresta a mettere in scena. L'ideatore del festival organizzato da Consortium Paris, che nella capitale francese è nato e sbocciato negli ultimi due anni con l'obiettivo di promuovere la cultura alimentare italiana nel mondo, non è nuovo a queste latitudini. Di origini lucane (di Lavello), il giornalista sembra aver coltivato dall'inizio (“per ragioni storiche e private”) il desiderio di costruire per Cultural una dimensione che dalle contraddizioni di Matera traesse nuova ispirazione, scommettendo sul rinascimento della cucina meridionale e sui giovani protagonisti che stanno trasformando il sogno in realtà. E infatti già nel 2013 presentava alle istituzioni locali il progetto che poi avrebbe preso vita a Parigi: i tempi, però, non erano ancora maturi. Ora quel momento è arrivato, e una nutrita comunità del cibo made in Sud è pronta a ritrovarsi tra i Sassi per raccontare cosa significhi ricercare la verità di una cucina integra e salutare senza per questo rinunciare alle ambizioni personali o alle ricerche d'avanguardia.

I protagonisti, il programma. Il rinascimento della cucina del Sud

D'altronde, l'abbiamo detto, molti degli chef invitati a parlare sul palco – una trentina in tutto, che presenteranno se stessi attraverso un piatto – appartengono alla schiera del nuovo che avanza, a grandi passi, senza timori reverenziali di sorta nei confronti della tradizione locale, che pure resta fonte d'ispirazione primaria. A condividerne le idee, si attende una platea di chef e pizzaioli, pasticceri e panettieri, critici e designer. E poi il pubblico di appassionati chiamato ad assaggiare i prodotti dei contadini del territorio, partecipare a percorsi di degustazione e masterclass, nel consueto stile di Cultural. Chi si avvicenderà sul palco? La lista è lunga, e annovera tanti emergenti al fianco di solide presenze della scena gastronomica del Sud Italia, senza risparmiare qualche incursione al Nord (con Eugenio Boer e Vincenzo Donatiello, sommelier di Piazza Duomo) e un ospite speciale in arrivo da Parigi, il pasticcere Jacques Genin. Nutrita la compagine meridionale: Angelo Rumolo, Angelo Sabatelli, Antonietta Santoro, Antonio Biafora, Caterina Ceraudo, Cristian Torsiello, Fabio Pesticcio, Federico Valicenti, Gennaro Di Pace, Gianfranco Iervolino, Leonardo Lacatena, Luca Abbruzzino, Luigi Salomone, Maria Cicorella, Nino Rossi, Paolo Barrale, Peppe Aversa, Peppe Guida, Peppe Zullo, Pietro Zito, Vitantonio Lombardo.

Divisi in squadre di 8, alcuni di loro si ritroveranno la sera, per animare le cene off del festival (all'Osteria dei Sassi, su prenotazione, 65 euro a persona), sul tema Ritorno alle radici applicato alla tavola d'autore. A più mani. Come a dire che il rinascimento della cucina del Sud non è affare del singolo, e sotto i riflettori c'è spazio per tutti, purché siano disposti a condividerli con gli altri. Insomma, il caro vecchio adagio “l'unione fa la forza” è sempre valido. E Cultural, nato con l'ambizione di connettere e riunire i talenti, vuole dimostrarlo. Facendo sentire la sua voce dal Sud.

 

Cultural Matera | Matera | Casa Cava, via san Pietro Barisano, 47 | il 18 e 19 settembre | www.culturalfestival.eu

 

a cura di Livia Montagnoli

Taste of Roma 2016: la cucina è comunicazione

$
0
0

Mauro Dorigo di Brand Events Italy ci racconta come Taste sia non solo un evento per gli appassionati di cibo, ma anche un efficacissimo format per veicolare la comunicazione dei ristoranti e delle aziende sponsor.

Un megawatt di corrente, 7 chilometri di cavi elettrici, 4 di tubi idraulici, 56 piatti tra i 5 e i 10 euro l'uno, i vini dell'enoteca Trimani in abbinamento, 17 ristoranti e 40 top chef con ospiti dall'Italia e dal mondo presenti con lezioni, cene e masterclass oltre che con la postazione del Taste (con la formula ormai rodata di grandi piatti d'autore in miniatura, pensati per testare, letteralmente, la cucina degli chef presenti). E una presenza stimata di oltre 23mila spettatori. Ecco la nuova edizione del Taste of Roma (ve ne avevamo parlato qui), ce ne parla Mauro Dorigo di Brand Events Italy.

 

Quanto tempo ci vuole per organizzare il Taste of Roma?

Circa 6 mesi di preparazione, e da quando abbiamo più eventi durante l'anno, il lavoro per organizzare le varie edizioni si accavalla. È una macchina complessa, ma l'allestimento finale si fa all'ultimo momento. La battuta più frequente con le aziende che chiedono di fare un sopralluogo è che i giardini pubblici (o come nel caso di Roma, i giardini pensili dell'Auditorium) sono aperti a tutti).

 

Come si procede?

Una parte del lavoro è comune alle tre edizioni, soprattutto per quanto riguarda la raccolta fondi per l'evento. Con tre appuntamenti durante l'anno in tre luoghi e tre periodi diversi (Milano in primavera, Roma settembre, Bologna a metà dicembre) siamo percepiti come una piattaforma di comunicazione. Non conta solo l'evento, che dura 4 giorni, ma anche i canali social e il data base, che non abbiamo mai venduto e riceve un'ottima risposta.

 

Quindi una parte importante del vostro lavoro è legata non all'evento ma alla sua comunicazione. Quanto tempo prima partite?

Vogliamo che la campagna duri almeno per 8 settimane. Ma a Roma, considerando che c'è agosto di mezzo, partiamo ancora prima dei due mesi.

 

La selezione degli chef partecipanti?

Nel Taste of Roma, che si svolge a settembre, avviene circa 4 o 5 mesi prima. L'evento si chiude circa 3-4 mesi prima.

 

Nata prima Milano, poi due anni dopo, Roma, infine Bologna. Ci sono differenze tra le città?

Roma, giunta alla quinta edizione, è quella cresciuta più in fretta. C'è stata subito risposta degli chef e fidelizzazione del pubblico.

 

Come mai?

Un aspetto è legato all'entusiasmo con cui la ristorazione romana ha reagito, poi a una caratteristica specifica di Roma, in cui i cuochi sono molto uniti, fanno più comunità, mentre a Milano ci sono singoli chef meravigliosi, ma si fa più fatica a farli legare. Forse dipende dal fatto che Milano è più attiva e gli chef sono più impegnati, anche oltre la ristorazione.

 

Quanto conta la location?

Moltissimo: a Roma abbiamo trovato la nostra casa sin dal primo anno all'Auditorium, che è una realtà gestita in modo ideale. Abbiamo anche avuto molta fortuna dal punto di vista meteorologico, dato che è all'aperto. Non possiamo dire lo stesso di Milano: quello di quest'anno è stato il quarto cambio in 7 anni. Nei primi 3, eravamo all'aperto e c'è stata tanta pioggia. L'evento di Roma, il terzo week end di settembre all'Auditorium, è un appuntamento ormai fisso nel calendario di molte persone.

 

Quante persone ci lavorano?

Al momento siamo in 12 per realizzare 3 eventi, ma alla prima edizione eravamo in 4: lavoravamo giorno e notte. Al conteggio ovviamente bisogna aggiungere i fornitori, il personale delle varie aziende presenti all'evento e così via.

 

Non fate mai nulla al di fuori di questi tre eventi?

Raramente, ci sono state delle piccole attività, ma sporadiche. Per esempio per Expo c'era il temporary restaurant con Mastercard. Sviluppare altre attività collaterali è uno dei progetti su cui vogliamo lavorare, ma ancora non siamo operativi.

 

Taste Festival è un evento che si svolge in tutto il mondo, di chi è e voi che ruolo avete?

Siamo licenziatari per l'Italia di questo format internazionale presente in oltre 20 città del mondo, il week end scorso c'è stato Taste of San Paolo. Taste Festival è registrato, sia come format che come marchio: noi abbiamo delle linee guida da seguire e c'è una attività di found rising anche a livello internazionale. Il network è nato come Brand Events Uk, oggi il format è della multinazionale americana Wmi, la più grande società di organizzazione di eventi: sport, musica, moda e cibo.

 

Non ci sono interazioni tra i Taste Festival nel mondo?

Per quanto ci riguarda a Roma portiamo Roberto Okabe del Finger's con la sua cucina giappobrasiliana e i cocktail. Ma nei piani di sviluppo c'è l'idea di creare sinergie tra un paese e l'altro, per fare scambi culturali e far spostare gli chef tra le varie città.

 

In che modo?

Abbiamo uno sponsor internazionale con attività in tutto il mondo, Ethiad Airways, strategico perché l'azienda, durante l'anno, va a toccare un sacco di territori. Ethiad si inserisce in un'unica piattaforma che può generare progetti a livello globale. Iniziamo con un concorso internazionale tra chef: durante ogni edizione verrà eletto il miglior piatto di quella tappa, che poi andrà a concorrere con tutti i piatti vincitori dei vari Taste, nella finale di fine anno a Dubai.

 

Quale è la vostra proposta per gli sponsor?

Facciamo marketing esperienziale, cercando di creare l'opportunità di una partecipazione attiva del pubblico nei confronti di ogni azienda. Per la compagnia aerea Ethiad, per esempio, vogliamo far conoscere i piatti delle varie destinazioni toccate, con i suoi chef di bordo.

 

Una delle critiche maggiori è nel costo del biglietto. Cosa rispondete?

In Italia che non si è abituati a pagare il biglietto, per eventi del genere. Ma l'investimento dell'organizzazione, per la produzione e la comunicazione, è molto elevato. Inoltre il biglietto, oltre a essere un sostegno economico, rappresenta un criterio di selezione: ci permette di avere un pubblico consapevole e attento, predisposto a partecipare e ad accogliere i messaggi degli sponsor.

 

Funziona?

Siamo una piattaforma di comunicazione e gli chef si impegnano moltissimo nel fare la loro proposta di piatti nei costi previsti. Il messaggio fondamentale è: ti do un assaggio della cucina e del ristorante, l'esperienza vera, però, è nei singoli locali. La risposta c'è, perché permette al pubblico interessato, ma magari un po' pigro o meno informato, di scoprire nuovi ristoranti e uscire dalle proprie abitudini.

 

Il format è sempre lo stesso, ma ci sono delle novità. Puoi raccontarcele?

Aumentano i ristoranti, da 12 a 14. Oltre a questi ci saranno altri spazi ristorazione. Per la prima volta abbiamo una vera e propria vip lounge ad accesso libero per chi acquista il biglietto da 60 euro, per vivere l'esperienza di Taste ed essere più coccolati. In quest'area c'è un aperitivo di benvenuto con ostriche e champagne, e un menu dedicato con piatti dai 5 ai 10 euro firmati da Luigi Nastri, del ristorante Stazione di Posta di Roma accompagnati dalle creazioni dei barman del locale.

Aumenta il focus su pizza e pane, con un calendario di appuntamenti con grandi pizzaioli e delle lezioni, anche questo grazie a un nuovo partner, il Mulino Vigevano che si uniscono agli incontro di Coquis.

 

Spiegaci in cosa consiste il DegustiBus

Si tratta di un double backer, un autobus di due piani, in cui sotto è allestita una vera cucina e sopra c'è una sala ristorante raffinata, per 20 ospiti, con finiture che ricordano un po' quelle da barca. Sarà il primo ristorante di lusso itinerante di Roma. A inaugurarlo, ai giardini dell'Auditorium, Heinz Beck, uno dei pochi chef nostrani ad avere ristoranti in diversi continenti. Proporrà un menu di 6 piatti - con vini in abbinamento - che rappresentano i suoi locali nel mondo: Roma, Dubai, Tokyo e Algarve, in Portogallo. Dopo Beck il bus attraverserà la città portando tra le strade di Roma presentando la cucina di diversi chef a rotazione.

 

L'aspetto charity è fondamentale, come nella migliore tradizione non solo italiana

Abbiamo sempre fatto delle donazioni, sia per quanto riguarda il cibo (quel che avanza viene dato al Banco Alimentare e destinato alle mense), sia come donazione dei sesterzi (la moneta usata all'interno del Taste of Roma) non spesi. Quest'anno si unisce anche il ristorante di beneficenza con 4 grandi firme della nostra ristorazione: Anthony Genovese, Oliver Glowig, Massimo Viglietti Gianfranco Pascucci, con piatti tra i 6 e i 10 euro. Tra i destinatari delle iniziative: WWF Oasi per Terre dell’Oasi, Coe, Leucevia, Il Seme della Speranza e le popolazioni colpite dal terremoto.

 

Taste of Roma | Roma | Auditorium Marco della Musica | Giardini pensili | viale P. De Coubertin, 30 | dal 15 al 18 settembre | ingresso: 16 euro | http://www.tasteofroma.it/

 

a cura di Antonella De Santis

 

Per leggere la presentazione del Taste of Roma 2016 clicca qui

L'Amatriciana freestyle di Food for Good. Carlo Cracco per Amatrice all'Ambasciata del Gusto

$
0
0

Venti euro per godere di una serata all'ex convento di Abbiategrasso insieme a 30 chef che rivisitano il piatto simbolo di Amatrice. A guidarli Carlo Cracco, in campo per aiutare le popolazioni colpite dal sisma. Il ricavato alla CRI. 

La gara di solidarietà

Non si spengono i riflettori su Amatrice. E del resto si sa, gestire il dopo terremoto può essere molto più complicato che contenere l'emergenza subitanea. Accantonate le macerie, che restano ingombranti a segnare un paesaggio spettrale, monito per quanto di buono si potrà fare in futuro, nel Centro Italia di confine – tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo – si pensa a ricostruire (e non solo materialmente) i mesi che verranno. E allora ben vengano tutti gli aiuti in arrivo dall'Italia e dal mondo, che prendono forma in quella gara di solidarietà che rimbalza su più fronti. Ancora attivo il numero della Protezione Civile (45550) per inviare un sms solidale, altrettanto valida la campagna #AMAtriciana al ristorante lanciata da Paolo Campana per sostenere il lavoro della Croce Rossa. Come pure le iniziative sul territorio regionale e nazionale di Confcommercio e gli eventi che fanno leva sul piacere di condividere la buona tavola per riunire più donatori possibili. Così è stato a Firenze qualche giorno fa: l'iniziativa al Forte Belvedere caldeggiata da Marco Gemelli ha raccolto consenso unanime, un parterre di chef e addetti ai lavori di tutto rispetto e un contributo di oltre 7mila euro nell'arco di una sola serata, ma ricca di assaggi, piatti d'autore, buon vino e voglia di fare bene. Le donazioni raccolte, frutto della partecipazione di 350 persone, sono già arrivate alla Croce Rossa, che nelle ultime settimane fa tesoro di ogni contributo per alleviare la sofferenza degli sfollati.

Amatriciana freestyle. Carlo Cracco a l'amatriciana

Ecco perché sabato prossimo, 17 settembre, sarà ancora la volta buona per non restare a guardare, cogliendo pure l'opportunità di trascorrere una bella serata in compagnia di tanti volti noti del panorama gastronomico italiano. Food for Good in versione L'Amatriciana freestyle si svolgerà all'ex Convento dell'Annunciata di Abbiategrasso per volontà dell'Ambasciata del Gusto, l'associazione di chef che nell'affascinante complesso cinquecentesco dell'hinterland milanese ha trovato casa durante i mesi di Expo, e ora continua a proporre molteplici attività a tema gastronomico e alimentare al pubblico milanese. Alla testa dell'iniziativa c'è un padrone di casa quanto mai orgoglioso di aver riunito tanti chef per un'occasione così speciale: a Carlo Cracco il compito di condurre la serata, che lo vedrà impegnato dalle 17 con una lezione dedicata ad Amatrice e ai suoi prodotti, nella formula dello show cooking con degustazione. Poi, insieme ai colleghi che hanno raccolto l'invito – una trentina in tutto – sarà il momento di mettersi ai fornelli. Ognuno sarà libero di presentare un piatto di amatriciana, anche in versione rivisitata, o una pietanza a piacere.

Tante ricette, un solo obiettivo. Aiutare la Croce Rossa

Sul tema della celebre ricetta laziale lavoreranno gli chef dell'Ambasciata, Andrea Besuschio, Andrea Biasi, Lorenzo Lavezzari, Pasquale Moro, Sara Preceruti, Andrea Provenzani, Claudio Rigolli, Fabiana Scarica, Franco Stoppa, Lucia Tellone e Sabrina Tuzi. E la creatività di ognuno prenderà il sopravvento, tra unrisotto all'Amatrice di Sara Preceruti e il calamaro che va ad Amatrice di Lorenzo Lavezzari, o la Sweet Abbiatriciana di Besuschio. Spazio anche per le pizze con Franco Stoppa e Pasquale Moro.

L'ingresso alla serata è subordinato alla donazione di 20 euro alla Croce Rossa Italiana, che darà diritto allo show cooking e alla degustazione senza limite dei piatti proposti dagli chef. Ma l'ex convento sarà anche vetrina per un giorno dei prodotti in arrivo dai territori terremotati, come i formaggi selezionati dal Caseificio Arioli, in vendita durante la manifestazione. La partecipazione è libera fino a esaurimento posti, e necessita per questo di preiscrizione gratuita sul sito dell'iniziativa.

 

L'Amatriciana frestyle | Abbiategrasso (MI) | ex convento dell'Annunciata, via Pontida, 20 | il 17 settembre, dalle 17 alle 21 | ingresso 20 euro (donazione alla CRI) | per la preiscrizione obbligatoria clicca qui

 

a cura di Livia Montagnoli

Out of the Box a Milano: gelateria e bar di qualità per una bella storia imprenditoriale

$
0
0

Una gelateria di qualità con ricette d’autore, un bar di ricerca con tanti metodi di estrazione. A Milano, Out of the Box rappresenta il risultato di un lavoro di marketing e di imprenditoria invidiabili. E insieme alla gelateria di Pavé, è la novità dell’estate meneghina. 

Quella di Out of the Box è la storia di una gelateria, o meglio, dell’evoluzione di una gelateria. È la storia di un format innovativo, di una formula fresca e moderna, adatta per essere replicata ed esportata anche all’estero. Ma ancora di più è il racconto di un imprenditore di successo, di un esperto di marketing che è riuscito a sviluppare un locale contemporaneo a partire da una realtà storica tradizionale.

Flavio Sears e il lavoro per Sorbetteria Castiglione

Lui è Flavio Sears: un lungo percorso nel marketing e comunicazione che si manifesta chiaramente  e influenza lo stile di ogni suo lavoro, da tempo ormai incentrato esclusivamente sull'enogastronomia. Alle spalle ha esperienze significative nelle aziende multinazionali, da Pepsi a Santàl a Tropicana, per citarne solo alcune. “Lavoro da anni nel settore food & beverage, fra consulenze, lanci e campagne promozionali. Le esperienze che più mi hanno cambiato? Sicuramente il lancio di Gatorade e Tropicana, due brand intoccabili dell’industria delle bevande. Non è stato semplice ed è stato un lavoro che mi ha insegnato tanto dal punto di vista della comunicazione del prodotto”. Non è un caso quindi che una realtà storica come Sorbetteria Castiglione di Bologna si sia rivolta proprio a Flavio per migliorare la promozione del suo punto vendita di Milano.

Tutto ha inizio in via Madonnina, nel quartiere milanese di Brera, dove si trovava la sede meneghina della Sorbetteria Castiglione di Bologna, oggi chiusa. È l’inizio del 2015 e i fondatori dell'attività, Marina Marchiori e il mastro gelatiere Giacomo Schiavon,chiedono aiuto a Flavio per promuovere il locale che, al contrario di quello a Bologna, non godeva di un gran successo. “Inizialmente ho cercato di risolvere i problemi del posto, ma poi ho riflettuto bene, e ho capito che quello che serviva a una città come Milano era una realtà completamente nuova. E così è nata l’idea di Out of the Box, a cui ho lavorato per quasi un anno”. Una gelateria, ma anche un bar, un’insegna unica che ha aperto a dicembre 2015 in un locale nuovo, a via Malpighi, zona Porta Venezia.

Il gelato

Il gelato è lo stesso di Sorbetteria, con le ricette del mastro gelatiere emiliano. Fra queste, 6 sono marchi registrati con nomi di persone, “omaggi di Giacomo ai suoi figli e nipoti”. E poi ci sono i gusti canonici, dalla crema al pistacchio, realizzati dall'artigiano milanese Andrea Fortunato, “più o meno 3, anche 4 volte al giorno”. Gli ingredienti freschi come la ricotta di pecora, Out of the Box si affida a piccoli fornitori locali delle campagne intorno a Milano. Nessuna base pronta, nessun semilavorato: in gelateria tutto è realizzato al momento, giorno dopo giorno. L’esperienza del maestro Schiavon, docente alla Carpigiani University, è stata fondamentale anche per scegliere la macchina. “Abbiamo una macchina f6, un mantecatore verticale molto semplice ma non banale. Il punto è questo: se non c’è massima concentrazione durante il momento della mantecatura, i vari ingredienti mescolati insieme possono impazzire, proprio come la maionese. Serve una mano attenta ed esperta per gestire un macchinario del genere”. Anche i coni sono originali: si tratta infatti di cestine alla bolognese, più basse di un cono classico, dal raggio più ampio e molto croccanti.

 

Gelato

Design e grafica

A impreziosire ancora di più il locale, il design studiato con cura da Flavio. Il laboratorio è a vista, e i gusti sono esposti e descritti sulla parete, ma entrando e, ancor prima, osservando il locale da fuori, non è semplice capire che si tratta di una gelateria. “Solamente avvicinandosi al bancone si iniziano poi a intravedere le cestine e il gelato”, conservato nelle apposite carapine. I colori predominanti sono il blu, il ghiaccio, il bianco, il crema: toni freschi che si intrecciano fra loro nelle linee semplici ed essenziali del locale. “Ho studiato il design per molto tempo, affidandomi a diversi architetti. Ho cambiato studio 3 volte perché non ero completamente soddisfatto del risultato”. E così per il packaging, ricercato da Flavio insieme a un grafico di fiducia. Le scatole sono in carta biodegradabile e riprendono i colori bianco e blu dello spazio circostante: “Non volevo la solita scatola di polistirolo, così ho ideato questa, che contiene piccole vaschette singole per gusti diversi”. E così, sia nel gusto sia nell'estetica, il team di Out of the Box segue la stessa filosofia, quella che dà il nome al locale: “Think out of the box è la frase completa del nostro motto e significa pensare fuori dagli schemi. Questo è quello che ci proponiamo di fare quotidianamente: realizzare un qualcosa di unico e originale, qualcosa di diverso”.

 

Packaging

Caffè filtro e macchina espresso all’avanguardia

Guardando attentamente dietro al bancone, ci si rende conto che Out of the Box non è solo gelateria, ma anche bar. E come per il gelato e l’arredamento, l’attenzione è massima anche alla qualità del caffè. Come vi avevamo già raccontato qui, l’insegna di via Malpighi rappresenta uno dei pochi punti a Milano dove è possibile gustare, oltre a un buon espresso estratto a dovere, anche un caffè filtro. E così v60, aeropress, syphon e cold brew si posizionano di spalle al gelato, sullo scaffale accanto a una Evo2, uno degli ultimi modelli di macchine per espresso firmate Dalla Corte, azienda leader nel settore. Il lavoro sul caffè è stato fatto a 4 mani, insieme ad Andrea Boglioni, manager e responsabile caffetteria di Àmati, locale in zona Stazione Centrale di cui vi avevamo già parlato durante l’indagine sui bar milanesi Andrea è un vero professionista del caffè e con lui è partita questa avventura. Ha formato il personale e ci ha fornito le basi per trattare al meglio il caffè”.

 

Caffè filtro

Si parte dal caffè verde (crudo), “attualmente un Kenya e un Colombia, ma abbiamo intenzione di ampliare l’offerta”, e lo si fa tostare a una micro roastery di Sinalunga, Lo Scuro. Fin dall’apertura il team ha colto la sfida del caffè filtro con entusiasmo e il pubblico sembrava aver recepito bene questo prodotto, “ma durante la bella stagione stiamo vivendo un calo piuttosto netto delle richieste”. Nessuno scoraggiamento però per Flavio e la sua squadra: a settembre si parte infatti con nuovi progetti e un incremento del personale e dell’offerta. “Avremo altre 2 risorse dedicate esclusivamente al reparto caffetteria. La formazione del personale addetto è importante non solo per la preparazione del caffè, ma anche per la sua comunicazione. Il caffè filtro, e in generale i caffè specialty di qualità, vanno spiegati e raccontati con pazienza e semplicità. Servono professionisti in grado di dedicarsi completamente a questo lavoro”. Al via, dunque, anche a eventi organizzati, degustazioni guidate e serate a tema per proporre, promuovere e valorizzare l’oro nero d’Italia.

 

Metodi di etrazione

E se gelato e caffè non fossero già abbastanza, per i più golosi Out of the Box offre anche una selezione di pasticceria secca a cura de Il Dolce Cortile, realtà a conduzione familiare di Monza, oggi in mano a Roberto Carzaniga, segnalata con Una Torta dalla nostra guida Pasticceri & Pasticcerie 2016.

Progetti futuri

Aperto da meno di un anno, il locale meneghino si prepara già a raddoppiare: “Contiamo di aprire un nuovo locale a Milano entro marzo, siamo ancora incerti sulla zona, ma abbiamo diverse idee. Per ora non sveliamo altro, ma il format sarà lo stesso”. Già, perché la formula studiata dall’imprenditore è pensata appositamente per essere replicata: “Questo tipo di locale è stato ideato per fare business. Inizieremo da Milano, ma l’obiettivo è quello di esportarlo all’estero, dove il vero gelato di qualità ancora manca. Ci sono delle piccole realtà di livello, specialmente nelle grandi metropoli, ma sono ancora molto poche. È invece tempo di far conoscere a tutti il gusto autentico del gelato artigianale all’italiana”. E il team di Out of the Box segue la sua linea “fuori dagli schemi” anche in questo, progettando un’apertura in terre lontane: “Siamo molto attratti dai paesi arabi. Ogni volta che un cliente arabo assaggia il nostro gelato ne rimane estasiato”. Qualche idea? “Ancora è presto per pensarci, anche se abbiamo già avuto delle proposte. Al momento, restiamo concentrati qui. Il lavoro è tanto e il cammino è appena iniziato”. E sicuramente, ancora lungo e ricco di sorprese per chi, come in questo caso, ha idee sempre nuove, progetti concreti e obiettivi ben delineati.

Out of the Box | Milano | via Malpighi, 7 | tel. 02 36637300 | www.facebook.com/OutOfTheBox.MI

a cura di Michela Becchi

 

Autochtona a Bolzano. Fiera e vetrina per i vini autoctoni d'Italia nella regione del Lagrein

$
0
0

Due giorni in compagnia dei migliori vignaioli d'Italia che scommettono sui vitigni autoctoni della Penisola, e poi ancora gli appuntamenti con Tasting Lagrein a Vinea Tirolensis. Alla Fiera di Bolzano la tredicesima edizione di Autochtona. 

Vini autoctoni d'Italia

Parola d'ordine: biodiversità. Come ogni anno l'autunno della viticoltura italiana è scandito dall'appuntamento con Autochtona, la fiera altoatesina dei vini autoctoni prodotti nella Penisola, e di tutti quei vignaioli che coltivano e lavorano le proprie uve, seguendo in prima persona l'intero ciclo produttivo, dalla vite al bicchiere. Biodiversità che significa anche qualità, e non in termini astratti, ma come sinonimo di carattere e personalità. Perché è dalle piccole produzioni autoctone d'Italia che l'identità ancestrale della viticoltura nazionale trae la propria linfa vitale. Non a caso è la città di Bolzano a ospitare il festival, nel cuore di un territorio che al prestigio delle proprie vigne deve tanto e dal canto suo sa preservare una cultura enologica di origini secolari, tra le più antiche d'Europa. Quest'anno la fiera andrà in scena il 24 e 25 ottobre, riunendo oltre 100 aziende in arrivo da 15 regioni italiane, alla scoperta di vitigni rari e terroir particolarmente vocati, produttori poco noti e cantine blasonate. Del resto l'ammissione al parterre delle etichette in degustazione è subordinata ad alcuni requisiti essenziali: perché il vino possa partecipare alla fiera il prodotto dovrà essere ottenuto da uve autoctone in purezza o annoverare nel blend una quantità di vitigni internazionali in percentuale massima del 5%. E alle etichette più apprezzate sarà assegnato uno dei sei riconoscimenti della rassegna Autoctoni che passione!, decretati da esperti del settore e giornalisti dopo un giro di ricognizione e degustazione tra gli stand.

B2B e degustazioni d'autore

Non meno importanti per le aziende del settore le dinamiche commerciali e la visibilità garantite da Autochtona: novità assoluta della tredicesima edizione saranno gli incontri B2B con buyer in arrivo da tutta Europa, per consentire anche ai piccoli produttori italiani di affacciarsi sul mercato internazionale. L'area di competenza è stata ribattezzata Best Wine Buy, e offrirà alle cantine l'opportunità di prenotare incontri individuali con importatori provenienti dai Paesi target per il settore vinicolo. A conferma di un crescente interesse verso il segmento dei vini autoctoni, che l'anno scorso ha richiamato alla fiera di Bolzano 1200 visitatori specializzati e oltre 40 media accreditati. Ma anche il pubblico di curiosi ed enoappassionati troverà pane per i propri denti: l'appuntamento in Fiera è aperto a tutti, dietro pagamento di un biglietto d'ingresso a 30 euro.

E anche quest'anno, il 27 ottobre, l'orgoglio autoctono della viticoltura altoatesina sarà celebrato con Tasting Lagrein, degustazione comparativa di etichette che esaltano le peculiarità del vitigno locale. Tra queste anche le scelte di una giuria internazionale, che decreterà gli assaggi migliori di Lagrein, Lagrein Riserva e Lagrein Kretzer. Mentre il 26 ottobre, dalle 11 alle 18, i riflettori si accenderanno su Vinea Tirolensis, appuntamento collaterale che riunisce 73 produttori diretti dell'Alto Adige per oltre 350 etichette in degustazione, a cura dei Vignaioli dell'Alto Adige, a testimoniare la varietà ampelografica della mappa regionale nell'ambita della già ricca diversificazione italiana. A curare la selezione in prima linea c'è come sempre l'ideatore del format Pierluigi Gorgoni, che la scommessa sui vini autoctoni l'ha lanciata ben prima che le mode soffiassero nella stessa direzione. E oggi Autochtona si conferma la vetrina più importante per i cultori del genere. Che non mancheranno all'appuntamento.

 

Autochtona 2016 | Bolzano | Fiera di Bolzano | il 24 e 25 ottobre | www.fierabolzano.it/autochtona/


Cibo, arte, ristoranti. Ecco cosa ne pensa Vittorio Sgarbi

$
0
0

Parlare di cibo come parlare di arte e cultura. Lo facciamo con chi, di arte e cultura, si occupa da sempre, e da sempre non lesina dichiarazioni senza freno: Vittorio Sgarbi.

Nell’agenda fitta di impegni pubblici e privati Mark Zuckemberg, in viaggio in Italia con la moglie, ha preteso si trovasse il tempo per andare a cena a Modena, all’Osteria Francescana. Una tappa col sapore del pellegrinaggio che solitamente si è portati ad associare ad altre mete. Ma se unaVery Important Person in viaggio nel Paese dell’arte prevede per Massimo Bottura a Modena lo stesso tempo di Papa Francesco a Roma, qualche domanda sorge.

Su cosa siamo diventati e cosa sia più attrattivo tra arte, enogastronomia e paesaggio interviene Vittorio Sgarbi dalla casa-museo di Roma, un’estensione spaziale della sua personalità. Conversando con Mozart da Radio 3 in sottofondo, la sua carismatica inquietudine abbandona i tratti più ansiogeni e si veste da stella danzante di nietzschiana memoria.

 

Professore, esportiamo ricercatori e importiamo direttori mentre i nostri chef svettano in tutto il mondo; è sempre più l'Italia dell’enogastronomia? Arte, creatività e genio da noi abitano in cucina?

Legittimo pensarlo. La scelta dei direttori stranieri (dei grandi musei - ndr) indica un’ingiusta mortificazione delle intelligenze italiane. Il direttore di Urbino è inadeguato, quello degli Uffizi non può certamente essere meglio di Natali, il suo predecessore… Quella dei direttori stranieri è stata una scelta in perfetta controtendenza con i risultati degli chef che svettano nel mondo. Conservazione e valorizzazione nell’arte come nella cultura, enogastronomica inclusa, dovrebbero essere i riferimenti guida, proprio in contrapposizione ai modelli, come quello americano, farciti di toast, hamburger e Coca-Cola.

 

Cosa possono imparare i beni culturali dall’enogastronomia in materia di conservazione e valorizzazione?

L’unico settore culturale che ha di gran lunga migliorato la sua condizione è quello del cibo e del vino, identificato peraltro col modello Slow Food. Cioè Petrini, il Gambero Rosso e altri hanno fatto una rivoluzione culturale pari a quella che nella storia dell’arte ha fatto Roberto Longhi alla metà degli '50.

 

Addirittura?

Ma sì, certo. Come Benedetto Croce nella letteratura.

 

Dunque Carlin Petrini ha fatto una rivoluzione ci stai dicendo?

Certo. In questo settore la rivoluzione culturale l’ha fatta Petrini, che ritengo un vigliacco e una merda assoluta perché mi loda a voce e poi mi attacca su quella pezzenteria che è la Repubblica.

 

Non esageriamo...

No, però penso che sia bravo eh. Ad esempio per i beni culturali non c’è un Petrini e registriamo infatti come negli ultimi due decenni il prestigio della nostra enogastronomia sia cresciuto molto, quello dei nostri beni culturali no.

 

Ancora non ha menzionato Oscar Farinetti.

Intelligente. oggi Eataly è una sorta di santuario. Ha evidenziato la posizione di forza dell’enogastronomia, attraverso la quale si può pensare di portare l’arte e non il contrario. A ben vedere una rivoluzione. Non a caso ad Urbino il mio Assessorato è Rivoluzione - cultura e agricoltura - Difesa del Paesaggio e del Centro Storico.

 

Massimo Bottura sostiene che le grandi cucine sono come le botteghe rinascimentali: è quasi sempre lì che si formano i grandi chef.

Ha ragione. Bottura oggi conta come Michelangelo. Se viene un illustre in visita in Italia vuole andare da lui. La mia Ferrara, capitale del Ducato Estense, perse il Ducato nel 1598 che passò a Modena; da quel momento non si è più ripresa. A Modena c’è l’aceto balsamico e la Ferrari, ma c’è anche Bottura e ciò ne fa una città importante.

 

La rappresentazione del cibo è una delle chiavi di lettura delle lezioni-evento su Caravaggio che lei sta proponendo in tutta Italia.

È iniziato tutto l’anno scorso con l’anteprima di Caravaggio alla Versiliana, poi in novembre al Carcano il grande riscontro del pubblico ci ha portato a fare una cinquantina di date. La chiave è la contemporaneità di Caravaggio in un parallelo con Pasolini: condotta di vita ma anche personaggi, come i “ragazzi di vita”, Ninetto Davoli, Franco Citti che sono il Ragazzo morso da un ramarro, il Fanciullo con canestro di frutta, fino al più clamoroso Amor vincit omnia che è Pino Pelosi. Si deve a Longhi la riscoperta di Caravaggio, di quella figura in quel momento ritenuta maledetta e criminale, e Pasolini fu allievo di Longhi a Bologna. Quindi identificandosi in una specie di transfert Pasolini viene a Roma come Caravaggio, fa quella vita e frequenta ragazzi che noi ritroviamo in quelle opere.

 

L’Italia nel cibo e nel vino è il Paese con i più elevati standard qualitativi e sanitari del mondo; protezioni e garanzie che nostri partner internazionali non hanno a cuore allo stesso modo. Con il TTIP si punta a creare un mercato unico UE-USA rivedendo, tra l’altro, le normative per favorire l’export. Dietro l’opportunità commerciale per l'Italia c’è il rischio di una nuova colonizzazione culturale americana?

Non penso; forse il contrario. Magari riusciamo noi a colonizzare gli americani. Wyeth non sarà mai Michelangelo, le auto americane non saranno mai la Ferrari e il loro modello alimentare è fallito, per non parlare del vino. Le imitazioni e le contraffazioni casomai sono il problema. Abbiamo già il meglio di tutto, di americano non ci serve niente: l’arte, le scarpe e il cibo sono italiani, le auto tedesche, i vestiti inglesi, le banche svizzere… Trump mi è simpatico, perché è un cialtrone, ma anche in questo gli americani sono in ritardo di 25 anni rispetto a Berlusconi.

 

Non ha citato la Francia. I video del suo viaggio verso Parigi con l’improbabile obiettivo di riportare in Italia la Gioconda sono stati visualizzati quasi 5 milioni di volte. Poi si è svelato che era un riuscitissimo spot per la Citroen C3 Picasso, edizione Monnalisa. Cosa le piace invece di francese?

[dopo un lungo silenzio]. Formaggi e rasoi.

 

Quindi non le chiedo se le piace e cosa pensa dello Champagne.

Ecco, meglio!

 

Lei cucina?

Giammai. Quando ho fame mi siedo e aspetto.

 

Cosa pensa della diffusione dei nuovi stili alimentari, ad esempio quello vegano?

Mode datate, un po’ come i jeans strappati o come quelle che girano con le bottigliette d’acqua… Le uniche persone vegane che ho frequentato sono per lo più giovani donne vittime delle mode.

 

E in che circostanza le ha incontrate, queste vegane?

Che domande. Nell’esercizio della mia poligamia intensiva.

 

In Italia è in grande crescita anche lo street food: le capita di mangiare “in strada”?

No. Preferisco la cucina di casa, quella di Sabrina (Colle – ndr), ma viaggiando molto mangio spesso nei ristoranti.

 

E allora abbozziamo una Guida Sgarbiana: chef e ristoranti d’Italia 2017.

Mi sento fratello con Vissani, perché è bravo e politicamente scorretto quindi tenuto sempre un po’ da parte. Uno dei miei ristoranti preferiti è senz’altro La Crepa, a Isola Dovarese: meraviglioso, sembra fermo agli anni ’50. Mi piace molto L’Ambasciata a Quistello, più sofisticato e fortunatamente non ancora arrivato alla dimensione di Università o con “chef priori”, come L’Osteria Francescana per intenderci. E comunque il rettore di ogni università è Gualtiero Marchesi. Non può certo restare fuori il San Domenico di Imola e le dico anche che rimpiango il Trigabolo di Argenta. Poi c’è il mio amico travolto dalla figa, Fulvio Pierangelini, che a Salemi volli in Giunta come Assessore alle Mani in Pasta insieme a Davide Paolini Assessore al Gusto e Disgusto. Continuando il giro c’è Ciccio Sultano, Ragusa. In Calabria uno che ha degli ottimi peperoni fritti oltre che funghi formidabili è Barbieri, ad Altomonte; benché sia più bravo si considera meno rinomato di quei due di Castrovillari…

 

E il vino? Nessuna preferenza?

Solo il Lambrusco. Quando viaggio in tutte le altre zone di produzione assaggio i vini del luogo, ma solo per cercarne il collegamento con il territorio. Anni fa feci la pubblicità per la birra, La birra non ha bisogno di Sgarbi, ma in realtà amo e bevo solo Lambrusco.

 

a cura di Dario Pettinelli

 

Vissani | Baschi (TR) | Strada Statale 448, Km 6.600 | tel. 0744 950206 | http://casavissani.it/it/

Osteria Francescana | Modena | via Stella, 22 | tel. 059 223912 http://www.osteriafrancescana.it/

La Crepa | Isola Dovarese (CR) | Piazza Giacomo Matteotti, 13 | tel. 0375 396161 | https://caffelacrepa.net/

L’Ambasciata | Quistello (MN) | Piazzetta Ambasciatori del Gusto, 1 | tel. 0376 619169 | http://www.ristoranteambasciata.com/

San Domenico | Imola (BO) | Via Sacchi, 1| tel. 0542 29000 | http://www.sandomenico.it/

Duomo | Ragusa Ibla (RG) | Via Capitano Bocchieri, 31 | tel. 0932 651265 | http://www.cicciosultano.it/ristorante-duomo/

Barbieri | Altomonte (CS) | Via Italo Barbieri, 30| tel. 0981 948072 | http://www.famigliabarbieri.net/ |

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Lazio

$
0
0

Un 2014 piovoso e un 2015 caldissimo hanno messo in difficoltà il comparto vitivinicolo del Lazio, con risultati che obbligano a una seria riflessione all'approccio produttivo in vigna e in cantina.

Dopo un paio d’anni in cui avevamo riscontrato un miglioramento e una crescita qualitativa generale della produzione della regione, quest’anno ci vediamo costretti a tornare a considerazioni meno positive. Questo a causa sicuramente di un paio di annate poco favorevoli che hanno coinvolto molti dei vini degustati, ma anche per quella che ci sembra una fragilità complessiva del comparto. Sono infatti in pochi ad accettare l’idea che l’unica strada percorribile dal Lazio vitivinicolo per tornare al livello che gli compete è quella della ricerca della qualità, anche a costo di ridurre drasticamente le rese in certe annate o addirittura di rinunciare a produrle.

Insomma, la sequenza di 2014 – con le abbondanti piogge e le grandinate che si sono abbattute in zone fondamentali per l’enologia della regione, come nelle terre del cesanese – e del caldissimo 2015 – partito sotto ottimi auspici ma che alla fine ha prodotto bianchi spesso pesanti, senza la freschezza e la giusta acidità in grado di dare lunghezza e piacevolezza – non ha certo aiutato i produttori del Lazio, ma ci sembra anche che la difficoltà di dare una continuità qualitativa alla produzione sia generale, a parte le solite poche eccezioni.

Una criticità che si è evidenziata soprattutto nella zona dei Castelli Romani e nella denominazione Frascati, ma che ha lasciato il segno anche in altre zone, come il Viterbese o la provincia di Latina, dove non possiamo non constatare come i vini bianchi del 2014, che pure da molti non erano stati considerati all’altezza degli anni precedenti, stiano dando più soddisfazioni degli omologhi del 2015. Non a caso sono solo tre i vini bianchi premiati con i Tre Bicchieri, e questo in una regione bianchista per il 70% della produzione complessiva.

E a proposito dei Tre Bicchieri, vanno segnalate due novità, una assoluta e una relativa. La prima riguarda l’Habemus ‘14 dell’azienda San Giovenale di Emanuele Pangrazi, un vino che ha letteralmente inventato un territorio e creato una nuova referenza sulla carta dei vini del Lazio. La seconda è un graditissimo ritorno, che era già stato realizzato con la versione in bianco: il Fiorano Rosso di Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi. La versione 2011 farà tornare in mente i vecchi Fiorano dello zio Alberico, a chi quei vini ha bevuto e amato.

Per quanto riguarda gli altri vini premiati, andiamo dai classici, come il Poggio della Costa di Sergio Mottura o il Montiano della Falesco, a quelli che lo stanno diventando, come il Frascati Superiore Epos Riserva di Poggio Le Volpi, il Cesanese del Piglio Superiore Hernicus di Antonello Coletti Conti, fino alla conferma della qualità dell’intuizione di Antonio Santarelli di Casale del Giglio di scegliere i terreni sabbiosi di Anzio per realizzare un Bellone in purezza come l’Antium.

 

Antium Bellone 2015 Casale del Giglio

Cesanese del Piglio Sup. Hernicus 2014 Coletti Conti

Fiorano Rosso 2011 Tenuta di Fiorano

Frascati Sup. Epos Ris. 2015 Poggio Le Volpi

Habemus 2014 San Giovenale

Montiano 2014 Falesco

Poggio della Costa 2015 Sergio Mottura

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Marche

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Umbria

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Abruzzo e Molise

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Basilicata

Anteprima Tre Bicchieri. Campania

Anteprima Tre Bicchieri. Calabria

Anterpima Tre Bicchieri. Toscana

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia

Alessandro Rosso e l'impero in Galleria. Ospitalità e ristorazione nel Salotto di Milano

$
0
0

Figlio del Franco Rosso che ha fatto fortuna nel settore turistico, l'imprenditore milanese gestisce un terzo degli spazi ai piani alti della Galleria Vittorio Emanuele II, totalmente rinnovati per accogliere alberghi e ristoranti esclusivi. E i progetti per il futuro non si fermano qui: in arrivo la scuola per chef e il ristorante “fast casual” d'autore. 

Una vita in Galleria

La Storia siamo noi, è un elemento con cui abbiamo familiarità. E così comprendere gli spazi storici e gli episodi che ne hanno segnato le 'vite' precedenti è un obiettivo che ci aiuta a farli tornare protagonisti nel presente, in vista del futuro”. È un viaggio nel tempo quello che Alessandro Rosso ci prospetta per descrivere il rapporto che lo lega alla “sua” Galleria. E del resto parlare di storia nel cuore del Salotto milanese intitolato a Vittorio Emanuele II, che l'anno prossimo compirà 150 anni, sembra la scelta più opportuna. Perché per ottenere il titolo di “re dei piani alti” che qualcuno gli ha prontamente assegnato, l'imprenditore milanese figlio del celebre Franco Rosso (fondatore dell'omonimo tour operator), la Galleria con vista sul Duomo deve averla studiata a lungo. Fino a comprendere come rinnovarne l'anima senza snaturarla, “rifacendole il trucco” a uso e consumo del pubblico privilegiato che ogni giorno frequenta il suo impero, un gruppo che spazia dall'alberghiero alla ristorazione, agli eventi culturali, generando 150 milioni di fatturato all'anno. E gran parte passano proprio per la Galleria, che “è una forza della natura perché raccoglie tutti i giorni le energie vitali di migliaia di persone in arrivo da ogni parte del mondo, come alla corte di un re d'altri tempi che riceve le delegazioni in visita, e a ognuno ruba un po' d'esperienza e informazioni, facendone tesoro”. Una visione potente e romantica la sua, che però non lo distrae dall'obiettivo imprenditoriale, e anzi ne rafforza l'intento di recuperare l'Ottagono nella sua complessità architettonica. Così “mentre tutti desiderano i piani terra” dalla più spiccata vocazione commerciale, Rosso investe sui piani alti, senza mezze misure.

Ospitalità e ristorazione per rinnovare l'Ottagono

E con l'incentivo dell'amministrazione: nel giro di qualche anno è riuscito ad aggiudicarsi all'asta la concessione di un terzo dei piani alti, investendo circa 30 milioni di euro per ristrutturare una superficie complessiva di 10mila metri quadri, suddivisa in più lotti. L'operazione, ammantata di un rispetto filologico che preserva le suggestioni originali dell'architetto Giuseppe Mengoni, ha portato i frutti sperati. Oggi il gruppo Alessandro Rosso gestisce l'albergo extralusso Townhouse Galleria-Seven Stars (dal 2007 ai piani nobili, sopra le eleganti vetrine delle boutique),ma anche le 14 stanze e suite dell'hotel Townhouse Duomo sorto più recentemente all'interno di un palazzo storico affacciato su piazza del Duomo, che da qualche mese annovera il ristorante di Felix Lo Basso (60 coperti, di cui 25 in terrazza) tra le principali attrattive.

La scelta di uno chef noto al pubblico milanese e acclamato sulla scena gastronomica nazionale conferma il secondo asset che Rosso ha deciso di sviluppare per corroborare la propria idea di ospitalità: la cucina, “perché sono cresciuto respirando il piacere di viaggiare, da sempre ospitalità e cucina sono le principali fonti di conoscenza. E noi vogliamo rifocillare i clienti nel corpo e nell'anima, per offrirgli nuove opportunità di scoperta dell'altro”.

E infatti al gruppo fanno capo anche il risto-museo intitolato a Luciano Pavarotti, un'enoteca, un oyster bar e una pizzeria, tutti rigorosamente ricavati sugli spalti della Galleria. Cui si è aggiunto solo qualche giorno fa Al Panino Bistrò, al primo piano di Duomo 21, ulteriore esclusivo spazio con terrazza vista Duomo.

Progetti in corso. La scuola per chef e maggiordomi...

Ma lui a quale progetto tiene di più? “A tutti nella stessa maniera, sono tutti figli della Galleria, che è magnifica davvero”. Ecco perché di accontentarsi Alessandro Rosso non ci pensa nemmeno. E infatti all'ultima asta pubblica si è aggiudicato uno spazio di oltre 300 metri quadri, dove ha intenzione di aprire una scuola per chef e maggiordomi: “Stavolta il progetto è dedicato a chef internazionali già formati, che vogliono approfondire un percorso di formazione di qualità. Noi cercheremo di fornirgli contenuti, informazioni ed esperienze condensate in un master di 3 mesi a tempo pieno”. Chiaramente si parlerà di tutto, perché “fare ristorazione oggi significa investire sulla qualità, la qualità e poi ancora la qualità” e all'approccio interdisciplinare Rosso ha già dimostrato di tenere molto. Quindi spazio al design e alla comunicazione, alla cantina e alla presentazione, con il supporto “di grandi professionisti stellati in cucina e nella vita e la collaborazione di una nota università milanese”. Cantiere in corso e ingresso da via Silvio Pellico.

...E il Fast Star Casual

Sul lato opposto, invece, a novembre arriverà un altro ristorante, Fast Star Casual, con ingresso da via Foscolo, “per ribadire il respiro internazionale di Milano” realizzando una sorta di show room per chef, e offrire a tutti la possibilità di assaggiare piatti d'autore a prezzi abbordabili. D'altronde basta poco per capire che tipo di imprenditore della ristorazione vuole essere Rosso: “Al successo di un ristorante contribuiscono la sorpresa, la capacità innovativa, la cura dello spazio, ma anche la voglia di restare un po' bambini”. Che per Alessandro significa anche fare tesoro di tutti gli anni passati al fianco di suo padre, Franco, per apprendere i segreti di una vita spesa nel turismo. E sfruttare la congiuntura favorevole: “L'amministrazione di Milano favorisce l'iniziativa imprenditoriale. Indubbiamente ho la fortuna di lavorare nella città più aperta all'innovazione e internazionale d'Italia”. (E infatti non dimentichiamo che proprio in Galleria si attende l'arrivo di un altro big come Carlo Cracco).

L'ultima domanda sorge spontanea: dove si vede in futuro? “Non so, andrò dove mi porta la vita... Ma sicuramente resterò qui al fianco della Galleria che generosamente mi ha permesso di assisterla nel suo progetto di rinascita”.

 

Townhouse Galleria - Seven Stars | Milano | via Silvio Pellico, 8 | www.galleria.townhousehotels.com 

Townhouse Duomo | Milano | via Silvio Pellico, 2 | www.duomo.townhousehotels.com

Felix Lo Basso Restaurant | Milano | Piazza Duomo, 21, quinto piano| tel. 02 83412410 www.felixlobassorestaurant.it

www.arossogroup.com

 

a cura di Livia Montagnoli

Al via il Fico Bike Tour. Aspettando FICO Eataly World, che slitta all'autunno 2017

$
0
0

Un tour in bici che attraverserà l'Italia agroalimentare per scoprire la ricchezza della filiera corta e le realtà d'eccellenza che si ritroveranno nella Disneyland del cibo ideata a Bologna da Oscar Farinetti. Che però slitta di altri sei mesi. 

Aspettando Fico

Ha preso il via nelle ultime ore il tour in bicicletta tra le ricchezze del patrimonio agroalimentare italiano promosso da Fico Eataly World. Un'iniziativa preannunciata da tempo che spezza l'attesa per il parco del cibo di 80mila quadri promesso dal patron di Eataly Oscar Farinetti ormai qualche anno or sono. E infatti, con la destrezza che lo contraddistingue, Farinetti non ha perso occasione per riaccendere l'interesse sull'operazione – che si preannuncia tra le più ambizione mai concepite dal gruppo – proprio in occasione della conferenza stampa di presentazione del Fico Bike Tour. Così, prima ancora di entrare nel merito dell'iniziativa itinerante, ci ritroviamo a parlare delle previsioni del patron (che avremo presto modo di approfondire) sul futuro di FICO: apertura prevista autunno 2017. Il che significa, per chi ricorda le precedenti divagazioni sul tema, uno slittamento di almeno sei mesi sulla data di fine lavori che porteranno al completamento della Fabbrica Italiana Contadina dell'hinterland bolognese, concepita in collaborazione con il Caab, il Comune di Bologna e la Coop Alleanza 3.0. Fine settembre 2017, per essere precisi, perché “stiamo lavorando bene”, e in fondo “se si slitterà di qualche mese non sarà la fine del mondo, tanto questo è un progetto che durerà qualche secolo” ha ribadito convinto Farinetti ai microfoni. E, aggiungiamo noi, l'operazione è sostenuta da investitori sicuri: Coop, Banca Imi, Unindustria Bologna e Camera di Commercio di Bologna, tra gli altri, che hanno creduto nel progetto ideato appoggiandosi al Fondo Fai-Parchi Agroalimentari.

Fico Bike Tour. L'Italia del gusto in bicicletta

Intanto, nel prossimo mese e mezzo, la missione di Fico comincerà a svelarsi nel corso dei mille chilometri che separano la partenza torinese del Fico Bike Tour dall'arrivo previsto dopo 46 giorni a Palermo. In sella c'è il giovane Simone Greco, studente di agraria, che a bordo della sua due ruote Bianchi toccherà 14 regioni d'Italia per visitare 38 aziende d'eccellenza del made in Italy, dall'allevamento di razza piemontese La Granda alle patate emiliane Pizzoli, dalla carne Zivieri ai formaggi del caseificio Valsamoggia, dalla pasta di Campofilone alla liquerizia Amarelli. E il fil rouge con la cittadella del cibo che vedrà la luce tra un anno non si esaurisce qui: le bici (dotate di carrello e frigorifero) saranno a disposizione dei visitatori dell'immenso Eataly World che verrà, per fare la spesa presso le 40 imprese coinvolte nell'operazione, che all'interno del parco realizzeranno dal vivo i prodotti in vendita e degustazione. Chiaramente la dimensione del viaggio su e giù per l'Italia consentirà al biker di Fico di sperimentare esperienze di tutt'altro respiro, dal tartufo safari all'osservazione della fauna selvatica, dalla scoperta di un allevamento allo stato brado di suini al laboratorio di panificazione artigianale, e coltivazione del grano e del riso.

La missione di FICO

Tante diverse prospettive dall'Italia rurale che vogliono restituire centralità alla filiera corta, dal campo alla forchetta, anticipando la missione di FICO. Che però dovrà sapersi confrontare con visitatori in arrivo da tutto il mondo – 6 milioni l'anno la stima auspicata - per scoprire un'insolita Disneyland del gusto, con il suo ettaro di campi e allevamenti, i 40 laboratori, i 25 ristoranti, le 10 aule didattiche e i padiglioni destinati agli eventi. Intanto chiunque può seguire il Fico Bike Tour online, tramite portale e social network di Eataly world. E nei prossimi mesi attenzione alle iniziative promosse da Fico: fuoco, agricoltura, terra, bottiglia e tre grandi liquidi (olio extravergine, vino, birra), animali e mare saranno le macrotematiche protagoniste degli eventi di avvicinamento all'inaugurazione del parco.

 

www.eatalyworld.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Allarme miele. Come salvare la produzione italiana?

$
0
0

Male, malissimo la Sicilia e l'estremo nord, meglio nel centro Italia. Quest'anno la produzione di miele segna un crollo deciso soprattutto nelle produzioni di spicco. Come correre ai ripari?

La notizia è rimbalzata su tutti i mezzi di informazione, tra carta stampata e online: l'ultimo raccolto del miele ha registrato un crollo della produzione del 70% rispetto alle potenzialità. E questo è niente. Il prezzo del miele aumenterà, così come il rischio di sofisticazioni, con possibili introduzioni in Italia di prodotti esteri scadenti grazie a triangolazioni tra Cina e Paesi europei consenzienti. E dopo due anni di seguito di crisi produttiva, come in Sicilia, Piemonte e Triveneto, alcune aziende apistiche rischiano di chiudere definitivamente i battenti.È quanto è emerso in una conferenza stampa che si è tenuta a Roma il 7 settembre scorso, indetta dal Conapi (Consorzio Nazionale Apicoltori), alla quale hanno partecipato Diego Pagani, presidente di Conapi, Giancarlo Naldi, presidente dell’Osservatorio Nazionale Miele, e l’on. Andrea Olivero, viceministro alle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

I dati parlano chiaro. “Produzione a picco soprattutto per i due grandi mieli italiani, l'acacia e l'agrumi, lo zoccolo duro dell'apicoltura nazionale” entra nel dettaglio Giancarlo Naldiil 65/70% in meno per quello d'acacia, con produzione persa in Lombardia e nel Triveneto, e scarsa nel resto d'Italia. Per il miele di agrumi è andata anche peggio: 70/75% in meno, quasi niente in Sicilia, poco in Puglia e in Calabria”.

 

Il motivo del crollo produttivo

Nonostante la base sociale di produttori rimanga numericamente la stessa – 42.650 apicoltori, di cui 20mila professionisti e circa 23mila hobbisti, secondo il report rilasciato da Giancarlo Naldi – e 1 milione e 500mila alveari (tanto per dare un'idea: negli States sono censiti 2 milioni di alveari). Le cause della débâcle?I cambiamenti climatici e l’uso di pesticidi in agricoltura” spiega Diego Pagani ai quali si aggiunge l'interruzione del progetto Beenet” aggiunge, facendo riferimento al progetto nazionale di monitoraggio degli alveari e dell'ambiente, promosso e finanziato dal Mipaaf in collaborazione con altre istituzioni, enti di ricerca e università, avviato nel 2011 e chiuso nel 2014)”.

 

Le conseguenze sull'agricoltura e i danni economici

Si tratta di un disastro per molteplici motivi.Il miele è un elemento chiave dello sviluppo della nostra agricoltura: su 100 piante di quello che mangiamo 70 sono impollinate dalle api” ci ricorda Pagani.

Il miele italiano è una delle eccellenze del nostro paese, per qualità e varietà, con produzioni monoflora uniche al mondo” spiega l'onorevole Andrea Olivero. “E il settore è in costante crescita, c'è una grande richiesta del nostro miele” puntualizza Giancarlo Naldi.

Ma non basta. A causa delle abbondanti piogge durante le fioriture primaverili, molti mieli, come acacia, tarassaco, alcuni millefiori, hanno un alto grado di umidità, con rischi di fermentazione” precisa LuciaPiana, figura di spicco del settore a livello internazionale, impegnata su entrambi i fronti della didattica e della ricerca nel miele, e dal 1981 coordinatrice del più importante concorso nazionale dedicato, il Premio Giulio Piana - Grandi Mieli d'Italia, che si tiene tutti gli anni a Castel San Pietro Terme (BO), del quale in questi giorni si sta chiudendo la 36a edizione.

 

Meno 70%: un dato da ridimensionare

Non facciamo allarmismi” mettono in guardia alcuni produttori la situazione è drammatica ma non tragica”. Il crollo produttivo del 70% è valutato sulle potenzialità e sul confronto con il raccolto 2015, che ha segnato un picco positivo grazie anche a un andamento climatico particolarmente positivo. La perdita sulla media produzione è intorno al 30%.Inoltre, il 2008, l'annus horribilis del settore, è stato anche l'inizio di una nuova era, un po' come – per altri versi – il 1986 per l'enologia, dopo lo scandalo del vino al metanolo: produzione in caduta libera ma anche la focalizzazione di una delle origini del problema, l’uso dei neonicotinoidi, i killer per eccellenza delle api, impiegati come concianti del mais, e la nascita di progetti di ricerca – prima Apenet (2009-2010), poi Beenet (2011-2014) – per raccogliere da una parte informazioni sullo stato di salute delle famiglie di api, dall'altra per valutare l'efficacia dovuta alla sospensione dell'impiego dei pesticidi. Sospensione che ha dato i suoi buoni frutti: il 2012 per alcuni tipi di miele è stata un'ottima annata.Non si vedevano tante api così da almeno dieci anni “, fu il commento a caldo di Andrea Paternoster, uno delle personalità di spicco dell'apicoltura italiana, proprietario di Mieli Thun, azienda vicino all'omonimo castello a nord di Trento.

Poi gli apicoltori non sono degli sprovveduti. Negli ultimi anni si sono attrezzati aumentando il numero di apiari/alveari per bilanciare o quantomeno arginare le perdite produttive. Certo, a fronte di maggiori investimenti e di maggiore lavoro tra spostamento degli alveari, smielatura ecc.

 

Sulla, tiglio e coriandolo

Acacia e agrumi a parte, qual è la situazione degli altri mieli?Alcuni monoflora che hanno tenuto, come il miele di sulla, foraggera spontanea dalla Romagna alla Sicilia, e di erba medica” precisa Naldi.Vicina alla norma la produzione del tiglio, presente quest'anno anche in Toscana e nel Lazio. Non soddisfacentema in netta ripresa quelle di castagno e di eucalipto. In risalita anche il millefiori estivo, nel centro e nord Italia, grazie a colture da semina, quindi irrigate” dice, econclude: “Un exploit straordinario per il coriandolo, il miele rivelazione degli ultimi anni, prodotto in grande quantità, 50 chili per alveare, e in un'ampia area geografica, anche in montagna!”.

Perché il coriandolo? qualcuno si chiederà. Il coriandolo, o prezzemolo cinese, è una coltura molto recente nel nostro territorio, coltivata per produrre il seme, utilizzato come spezia. Una produzione in vertiginoso aumento per rispondere alladomanda dei mercati internazionali, soprattutto quello orientale, e peruna serie di plus: è un'alternativa economicamente sostenibile rispetto ad altre colture (per esempio grano ed erba medica),è rustico, facile da coltivare e non si alletta, si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno, richiede pochi interventi eminori costi di produzione, assicurabuone rese, è una coltura miglioratrice del terreno e si inserisce bene nella rotazione con il grano duro, soprattutto viene coltivato sulla base di contratti “tranquilli” per i contadini (stipulati dalla società Anseme di Cesena, che fornisce il seme gratuitamente, garantisce il prezzo, prefissato prima della semina, il ritiro e il trasporto del raccolto). E anche il miele risponde bene presso i consumatori, che ne apprezzano i profumi caramellati e le note speziate e piccanti.

 

Danni maggiori in Sicilia

Ma pur armandosi di ottimismo e cercando il mezzo pieno tra le pieghe dei grafici, non si può negare che il danno c'è, soprattutto nell'estremo nord e nell'estremo sud, con punte di oltre l'80% di perdita. Basta incrociare i dati che ci forniscono, al telefono, gli apicoltori. “In Sicilia è successo di tutto”dice rassegnato Carlo Amodeo, famoso apicoltore di Termini Imerese, Palermo, con alveari sparsi in tutta l'isola, dalla Conca d'oro alle isole di Filicudi e di Marettimo. “Siccità in inverno, pioggia e vento in primavera. E, come se non bastasse, a metà giugno lungo la costa palermitana, nelle zone di Lascari, Cefalù, Gratteri, Castelbuono e Collesano,è divampato un grosso incendio, alimentato da temperature torridee scirocco. Il 2016 lo ricorderemo come l'annata peggiore degli ultimi 35 anni. Più del 2008, non c'è paragone!”. Due tonnellate e mezzo di miele d'arancio contro le 10-12 tonnellate preventivate: un quinto della produzione media. “Ancora più scarso il miele di mandarino di Ciaculli, e neanche una goccia di quelli di limone, di timo e di aneto”.

Di contro, discreta la quantità prodotta di miele di sulla e di cardo, mentrel'eucalipto è in ripresa dopo l'annata negativa del 2015 a causa della psilla. “Noi abbiamo tenuto botta perché oltre al miele produciamo sciami per il servizio di impollinazione e per gli apicoltori, che vendiamo anche all'estero. Ma altri apicoltori siciliani non hanno prodotto nulla, e alcune aziende stanno cominciando a chiudere”.

 

Una pessima annata all'estremo nord

Nel nord, regno quasi incontrastato dell'acacia, le cose non vanno meglio. “È stata una pessima annata per noi in montagna” fa il punto della situazione Andrea Paternoster a parte qualcosa nel Parco del Ticino e in Lomellina, abbiamo prodotto pochissimo miele di acacia, 5 chili per arnia, e in alcuni casi era talmente scuro e poco puro che abbiamo dovuto declassarlo a millefiori”. Non finisce qui:“Altra perdita importante: il rododendro. Malgrado le alte temperature estive non è fiorito a causa della mancanza di neve nell'inverno scorso, che avrebbe dovuto proteggere le piante dal gelo. Non solo abbiamo perso la produzione del monoflora, ma abbiamo raccolto un millefiori senza quella eleganza e delicatezza che conferisce il rododendro. Un millefiori non cattivo, anzi, ma diverso”. Il castagno? “Capitolo a parte per il castagno. Dopo anni di problemi con il cinipide, insetto che ha devastato i castagneti di tutta l'Italia, quest'anno abbiamo avuto una buona produzione, in quantità e qualità, con quelle note tanniche, di zucchero bruciato, che ci piacciono tanto”.

 

I provvedimenti necessari

La moria delle api e la scarsa produzione di miele non sono dati preoccupanti soltanto in quanto perdita del prodotto finale e sua disponibilità sugli scaffali. Hanno altre ricadute. “L'apicoltura è un'attività economica importantissima perché fonte di reddito nelle zone rurali marginali e per l'attività di impollinazione, elemento chiave dello sviluppo della nostra agricoltura” precisa l'on. Olivero “per questo stiamo cercando di costruire con tutti i protagonisti del comparto unastrategia complessiva e condivisa finalizzata alla promozione della qualità del nostro miele e orientata in due direzioni: vigilanza e controlli per evitare frodi e truffe verso i consumatori, migliorare la qualità del miele e della sua vendibilità attraverso un'attività formativa e informativa, sia dei produttori che dei consumatori”. Cittadini più informati, consumatori più consapevoli.

 

a cura di Mara Nocilla

I giovani amano il bio: è boom fra consumatori e aziende under 40

$
0
0

I giovani italiani amano sempre di più il biologico: a dirlo sono i numeri illustrati dalla Cia, Confederazione italiana agricoltori, al SANA di Bologna. Secondo l’analisi, 3 consumatori su 4 hanno fra i 20 e i 50 anni, ma è soprattutto il comparto produttivo ad essere composto soprattutto da under 40.

Le imprese del bio

Se il biologico spopola è grazie alle “giovani” imprese, almeno in parte: secondo la Cia il 25% dei produttori agricoli italiani al di sotto dei 40 anni produce in regime di biologico oppure è in una fase di conversione dalle colture convenzionali a quelle bio. Un dato che, se analizzato all’interno dell’universo delle start-up, arriva a sfiorare il 50%: segno evidente della spinta delle aziende più giovani e leggere verso uno stile produttivo che tuteli le risorse naturali e l’ambiente. Inoltre, grazie alle innovazioni tecnologiche, la conversione al bio risulta meno gravoso per le aziende rispetto agli anni passati.

E d'altronde la filiera alimenta un settore che non è una moda, ma un vero e proprio stile di vita: se i consumi crescono soprattutto in ambito gastronomico, altrettanto importanti sono le cifre degli ultimi anni per quanto riguarda cosmesi e salute, oggettistica e moda. Un mercato ormai maturo, ha spiegato la Cia al Salone salone internazionale del biologico e del naturale che si è tenuto a Bologna dal 9 al 12 settembre, pronto a sostenere in maniera stabile un settore in continua evoluzione.

Il primato del Sud e gli obiettivi per il futuro

Ed è il Sud Italia ad essere in prima linea per le coltivazioni bio: una forte dinamicità, secondo le analisi Cia, caratterizza le regioni del Mezzogiorno nel settore del biologico. Se su tutto il territorio italiano in media si coltiva un ettaro bio su 10, al Sud il rapporto cambia: in Calabria viene coltivato con metodi biologici un ettaro ogni 3, mentre in Puglia uno ogni 4. E complessivamente oltre la metà delle aziende del settore ha sede nel Meridione.

Altri dati dall'agricoltura bio made in Italy: secondo la Confederazione italiana agricoltori  sono 60 mila gli operatori impegnati nel biologico con una crescita, nell’ultimo anno, del 6%. Su tutto il territorio italiano, sono 1,5 milioni gli ettari coltivati biologicamente, tra pascoli, oliveti, vigneti, cereali e foraggio per gli allevamenti. Inoltre, il comparto della carne bio è in netta espansione: negli ultimi anni l’allevamento di polli e maiali bio ha guadagnato circa 15 punti percentuali.

Ora la missione è dotare il comparto di un respiro maggiore, facendo uscire il biologico dal consumo “di nicchia”: questo vuol dire messa a sistema e ottimizzazione delle filiere, sistemi di commercializzazione all’avanguardia, azioni innovative di marketing e di comunicazione sul prodotto. Ma significa anche incrementare la produzione, allargandola a regioni fin ora restie: secondo le stime Cia, infatti, nel 2020 si avrà un incremento della superficie coltivata del 50% e un aumento del valore della produzione del 30%.

 

a cura di Francesca Fiore

 

Enologica 2016. Sistema Sagrantino per la manifestazione vinicola di Montefalco

$
0
0

Un circuito virtuoso che mette insieme produzione di vino e sostenibilità: è il cuore di Enologica, che ogni anno riunisce gli appassionati del Montefalco Sagrantino DOCG.

Vino e sostenibilità

La produzione di vino come sistema ecosostenibile che permetta a enti locali e aziende di svolgere una funzione di tutela del territorio: è questa la missione di Enologica, il festival organizzato dal Consorzio Tutela Vini Montefalco e giunto ormai alla sua 37esima edizione.

È il “Sistema Sagrantino”, infatti, il tema scelto dagli organizzatori: dal 16 al 18 settembre si analizzerà un sistema da sempre improntato su criteri di sostenibilità e gestione attenta delle risorse del territorio, che può diventare un modello da seguire, di recente premiato con la “Spiga Verde” per l’impegno che il Comune di Montefalco ha dimostrato negli anni sul tema della tutela ambientale.

enologica 2016

Il programma

Ricco di appuntamenti ed eventi serali, il programma di Enologica 2016 non deluderà certo i visitatori affezionati: sono diverse le mostre d’arte, le degustazioni guidate, i cooking show e i convegni in calendario. Uno spazio particolare sarà riservato al passito, con gli abbinamenti con sigari e cioccolata.

Spazio anche alla natura con “La passeggiata dei sapori sulla Strada del Sagrantino”, prevista per sabato pomeriggio: un itinerario che permetterà ai visitatori di scoprire il paesaggio, i profumi e i colori del territorio dove nasce il Sagrantino. Per i più sportivi invece domenica mattina ci sarà la “Sagrantino Bike”: un percorso in bici sui sentieri che costeggiano i filari del Montefalco Sagrantino DOCG, alla scoperta di due cantine della zona.

Vino... E non solo

Uno sguardo anche ai produttori di olio extravergine con il documentario “Con orgoglio e passione: produttori di olio in Umbria” del regista tedesco Axel Geiss. E poi ancora convegni, degustazioni su prodotti attuali e vintage, seminari, laboratori. Inoltre, ogni giorno, dalle 17 alle 23 La Taverna del Sagrantino proporrà agli avventori le specialità della tradizione umbra in abbinamento con i vini di Montefalco.

Da non perdere la sfilata finale, prevista per domenica alle 15: dal 1990 gli abitanti di Montefalco e delle sue frazioni allestiscono carri ispirati alla tradizione e alle fasi della produzione di vino, dalla vendemmia alla vinificazione.

Montefalco, Perugia

Il circuito delle Spighe Verdi

Per aver tracciato una via che mette insieme mondo del vino e sostenibilità, il Comune ha ricevuto la Spiga verde: una sorta di Bandiera blu in versione rurale portata avanti da FEE Italia (Foundation for Environmental Education) e Confagricoltura con l’obiettivo di certificare i processi virtuosi dei comuni rurali e di valorizzarne il patrimonio, non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale e occupazionale.

Enologica 2016 | Montefalco (PG) | dal 16 al 18 settembre | www.enologicamontefalco.it

 

a cura di Francesca Fiore


 

 

Il Made in Italy di Amazon ora è Gourmet. Cibo d'eccellenza per il colosso delle vendite online

$
0
0

Dopo i servizi di delivery in Usa e in Europa, il gigante americano ha deciso di puntare sulle eccellenze dell’enogastronomia italiana con una sezione dedicata ai prodotti gourmet. L'abbiamo visitata per voi.

La notizia, non proprio una novità, è che Amazon  sta puntando decisamente sul comparto alimentare. Meglio se italiano e di alta gamma, a quanto pare. Così, dopo aver inaugurato il servizio di consegna di cibo a domicilio anche in Italia, il colosso dell’e-commerce ora ci prova con la sezione Gourmet, dedicata esclusivamente alle eccellenze del food&wine Made in Italy.

La sezione Vino e Prodotti Alimentari Gourmet

Sarà sufficiente qualche clic per acquistare salumi, pasta, vino, conserve e molto altro. La nuova sezione del sito di e-commerce, battezzata “Vino e Prodotti Alimentari Gourmet”, oltre a tutelare i consorzi locali, ospiterà anche prodotti selezionati da operatori di punta del settore, specializzati nel commercio e nella valorizzazione del Made in Italy, in modo che i consumatori abbiano precise garanzie su origini e qualità.

Da tempo il colosso dello shopping on line aveva individuato il food&beverage come settore più che redditizio: prima con i sistemi di consegne a domicilio negli Stati Uniti, poi in Europa e in Italia. Con la sezione dedicata ai prodotti d’eccellenza del Made in Italy, Amazon ha scelto di scommettere su un mercato italiano sempre più orientato all’acquisto online, che cresce esponenzialmente di anno in anno, se pur con qualche ritardo rispetto al resto dei Paesi europei.

parmigiano reggiano

Il catalogo

Il catalogo online del Made in Italy gourmet è già ricco e variegato: più di 1000 articoli messi in vendita in pochi giorni, suddivisi in venti categorie, con oltre 50 marchi presenti e la garanzia del marchio Igp, Doc e Docg. Oltre alla consulenza dichiarata di due mentori d'eccezione, di cui Amazon ha scelto di avvalersi con astuzia imprenditoriale per presentarsi ben corazzato al battesimo di fuoco (ma per il mercato internazionale è già attiva una sezione Amazon Gourmet Food&Beverage), in un settore in crescita esponenziale – quello dell'online gourmet -  che oggi annovera molteplici competitor. E allora, si legge sul sito dedicato, la selezione è stata affidata a operatori qualificati come Vinitaly e Ufoody, con l'imperativo di garantire autenticità e provenienza nazionale dell'intero catalogo. Nella sezione vini e bevande si possono trovare alcune fra le migliori produzioni italiane: dai prosecco di Valdobbiadene e Conegliano al Brunello di Montalcino, dal Roero Arneis al Chianti, passando per birre artigianali e liquori. Ancor più variegata è la sezione prodotti alimentari gourmet, in cui i consumatori troveranno l’aceto balsamico di Modena, la colatura di alici di Cetara, il pistacchio di Bronte, lo speck dell’Alto Adige. E poi ancora: tanti tipi di pasta (Felicetti, Gentile, Pastificio dei Campi) e farine (da Molino Caputo a Petra), caffè, miele, confetture, conservati e sottovetro (dai capperi dell'Antico Capperificio Bonomo&Giglio alle confetture del Monastero suore trappiste di Vitorchiano, ai sott'olio dell'Orto di Lucullo). Molti disponibili anche in servizio Prime.

marmellate del Monastero di Vitorchiano

Vizi e virtù

Ma è pur vero che nel grande calderone di questo supermercato online per appassionati di cibo finiscono anche prodotti la cui artigianalità (rivendicata sul sito, è bene sottolinearlo, dove si parla a più riprese di “botteghe”, seppur accessibili solo virtualmente) risulta dubbia: l'aceto Ponti, per esempio, facilmente reperibile in grande distribuzione, si può considerare un prodotto gourmet? E l'insalata di mare sott'olio da 23 euro al chilo di Central funghi contenente prodotti ittici in proporzione variabile, surimi compreso?

E allora il consiglio migliore, per chi non sa resistere alla tentazione di sperimentare il servizio, è quello di concedersi tempo per esplorare il catalogo, magari con l'ausilio delle categorie regionali e tematiche: qualche chicca – non proprio alla portata di tutte le tasche, considerando pure i costi di spedizione – riuscirete a scovarla. Senza dimenticare un precedente importante, quello di eBay Gusto, che su cibo e made in Italy investiva già due anni fa.

Amazon Made in Italy Gourmet: il catalogo


a cura di Francesca Fiore

Il Visualfood di Rita Loccisano a Macfrut. Gli appuntamenti di Gambero Rosso alla fiera di Rimini

$
0
0

Si concluderà il 16 settembre la più importante fiera ortofrutticola italiana ospitata a Rimini, che ogni anno richiama migliaia di operatori da tutto il mondo. E anche il Gambero Rosso dice la sua: al Fruit&Veg Fantasy Show protagonista Rita Loccisano, e il suo visual food per grandi e bambini. 

Il comparto ortofrutticolo italiano

È la 33esima edizione per Macfrut, e a Rimini la fiera internazionale dell'ortofrutta è già entrata nel vivo. Come ogni anno la manifestazione raduna gli operatori del settore per fare il punto sul comparto agroalimentare, chiamando a raccolta oltre 1000 aziende da tutto il mondo, pronte a confrontarsi con buyer internazionali confluiti su Rimini da cinque continenti. E i numeri della fiera non possono che essere imponenti: 7 padiglioni, 11 aree espositive, un programma ricco di convegni, convention, meeting e workshop articolati nel corso di tre giorni, dal 14 al 16 settembre, per valorizzare un comparto, quello ortofrutticolo, che in Italia vale 12 miliardi di euro, costituendo la prima voce dell'export nazionale per l'agroalimentare e occupando così un ruolo strategico per l'economia del Paese. Importanza ribadita dal Ministro Maurizio Martina qualche ora fa, nel corso dell'inaugurazione della fiera, sottolineando l'importanza di tutelare il reddito dei produttori con l'aggiornamento della strategia nazionale per la programmazione delle Op. Intanto, dopo la prima giornata trascorsa tra il convegno dedicato alle opportunità di investimento in Albania, la presentazione di prodotti che stanno conquistando il mercato (come l'uva apirena, senza semi), l'indagine di Coldiretti sui consumi procapite di frutta e verdura in Italia – che rivela un interesse e una spesa crescente a scapito della carne – soluzioni di logistica e pratiche di coltivazione all'avanguardia, il calendario odierno prevede ben 20 appuntamenti.

Visualfood con Rita Loccisano

E tra digitalizzazione, strategie sostenibili e introduzione alla platea del Paese partner 2016, il Perù, c'è spazio anche per le attività dell'Accademia del Gambero Rosso, protagonista nell'area Fruit&Veg Fantasy Show. Sarà Rita Loccisano, docente di visualfood e volto di Gambero Rosso Channel con le sue composizioni intagliate da mangiare, a condurre i giochi, proponendo al pubblico una lezione speciale di visual food con le eccellenze ortofrutticole a disposizione: frutta e verdura non sono mai state così eleganti, recita lo slogan dell'iniziativa, dalle 11.30 al Rimini Expo Centre, tra spaghetti di ortaggi con noci e roquefort, bouquet di cruditè e centrotavola di frutta brinata. Nel pomeriggio, dalle 16, ancora Gambero Rosso in scena con il suo educational tour e impiattamenti creativi per avvicinare i bambini al consumo di frutta e verdura: un laboratorio stimolante per i più piccoli, che insieme a Rita impareranno a realizzare creazioni come il serpente d'uva, il koala di fichi e la caprese Pokeball.

E intanto gli adulti potranno approfittare per degustare un caffè biologico, smoothies e acque aromatizzate al Macfrut Raw Bar, novità dell'edizione 2016. Una partnership che si rinnova all'insegna dell'educazione alimentare e del divertimento a tavola. Con gusto.

 

Macfrut | Rimini | Rimini Expo Centre | dal 14 al 16 settembre | www.macfrut.com

Brusco Lo Strabuono a Roma. Bruschette take away per placare la fame notturna

$
0
0

Tre giovani soci, un'idea che cavalca l'onda dello street food e valorizza la bruschetta, un locale nel cuore della movida di Trastevere. Ecco le ricette che finiscono sul pane di Brusco. 

Ancora street food. Nel cuore di Roma

Street food, packaging accattivante, comunicazione efficace e – perché no – quella vetrina su strada in uno dei quartieri centrali della movida capitolina che non guasta mai. Riunire gli ingredienti in proporzioni variabili, agitare con cura e prepararsi ad evadere le prime “comande”, cui inevitabilmente ne faranno seguito altre: istruzioni per l'uso di un successo annunciato. Brusco ha aperto i battenti in vicolo del Cinque, nel cuore di Trastevere, poco più di un mese fa. Ma com'è ormai consuetudine festeggerà l'esordio sulla piazza romana con tre giorni di open day per gli addetti ai lavori dal 18 al 20 settembre, quando inaugurerà anche il servizio del pranzo (dal 19 e con orario continuato il sabato e la domenica, 12-2). Il progetto è frutto di un insolito trio, un architetto, un ingegnere e uno chef (Alessandro Bursi) che insieme hanno deciso di lanciarsi nell'universo del cibo di strada che va per la maggiore, puntando sulla bruschetta: la cucina italiana su una fetta di pane. E i precedenti – su tutte l'esperienza di Johnny Bruschetta a Firenze, recentemente rinnovata sul mare, a Marina di Massa – sembrano dargli ragione.

Lo spazio è vivace e colorato, il menu, una selezione di circa 20 bruschette che assecondano la stagionalità dei prodotti, di facile approccio, ideato per un target giovane come quello che frequenta il quartiere fino a tarda notte, ma pure per catturare l'attenzione dei turisti, che sul pane bruscato servito anche in confezioni take away ritrova ricette e ingredienti della cucina nostrana. L'idea insomma è quella di non prendersi troppo sul serio, giocando su una specialità della tradizione locale e italiana per presentare un'alternativa più genuina dei corner di chips e pizza a taglio di dubbia qualità (e non quella ottima che è un vanto della città) che imperversano tra i vicoli del quartiere.

Il menu. Bruschette salate e dolci

E infatti i ragazzi si presentano sotto i riflettori con un ambizioso appellativo d'ingresso: Lo Strabuono. Ma a parlare dovranno essere gli assaggi: salate o dolci, in versione buona o strabuona (con il bonus di un ingrediente aggiunto), le bruschette di Brusco sfruttano il supporto del pane casareccio tostato al punto giusto. Poi, sulla fetta, prende forma la ricetta. Le alternative sono molte, e varie: dalla Cacciatora di pollo alla Campagnola con cicoria, patate, salsiccia e provola, dalla Stoccata con baccalà in umido alla Sciccheria con pomodori confit e burrata, alla Polpetta (al sugo, con crema al pecorino). Per i più voraci la Brutale propone un abbinamento che carica sul gusto: 'nduja, peperoni e provola; ma anche La Strabuona non ci va leggera, con un mix di mascarpone, pancetta e patate saltate che si spinge un po' sopra le righe.

Nel solco della tradizione la Bismarck con salsiccia e uovo al tegamino. Mentre la Fuori Norma dichiara l'intento creativo: con le melanzane alla Norma sul pane finisce un'aggiunta di doppia panna montata. E al capitolo dolci spunta anche un'insolita bruschetta con crema e pinoli. Prezzi popolari, come street food che si rispetti, e bruschette a 3-4 euro la fetta. Disponibile anche la consegna a domicilio su Deliveroo. Non c'è fame notturna (la chiusura oscilla tra le 2 e le 3) che tenga.

 

Brusco Lo Strabuono | Roma | vicolo del Cinque, 22a | tel. 06 5803706 | www.bruscofood.com

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Emilia Romagna

$
0
0

Il viaggio vitiviticolo sulla via Emilia parte dai Colli Piacentini e prosegue per Modena, con il suo Lambrusco, passa per i Colli Bolognesi del Pignoletto e arriva poi in Romagna dove il Sangiovese fa la parte del leone. Ma c'è anche l'albana da tenere sotto osservazione.

La varietà del viaggio sulla via Emilia, che da 2200 anni collega Rimini a Piacenza attraversando tutti i territori regionali del vino, è straordinaria e per molti aspetti ancora poco conosciuta. Partendo da nord il primo territorio è quello dei Colli Piacentini, un sistema articolato di valli e terroir che potrebbe esprimere molto in termini di qualità e identità. Purtroppo la strada della territorialità non è ancora stata intrapresa e tutta l’area “galleggia” su vini corretti ma senza grande personalità.

Proseguendo si raggiunge il mondo del Lambrusco, un territorio in cui abbondano entusiasmo ed energie, soprattutto a Modena che ne è di fatto la capitale. Una realtà formata da artigiani, cooperative e grandi aziende private, in pratica tutta la filiera. È un gioco dei ruoli che sta alzando la qualità dei vini ma soprattutto costruendo una narrazione sempre più chiara e leggibile dall’esterno. Il processo è positivo e sta di fatto allargando la forbice tra chi sceglie di lavorare con vini di forte identità e qualità e chi produce vini omologati da dolcezza e morbidezza. Dal punto di vista qualitativo la tipologia più centrata è quella del Sorbara, anche sui Metodo Classico.

I Colli Bolognesi hanno raccolto la sfida della nuova denominazione Pignoletto e stanno facendo squadra, creando i presupposti per esprimere finalmente un territorio che ha un potenziale incredibile di mineralità e freschezza.

L’ultima tappa del viaggio è la Romagna, 150 chilometri di valli e diversità, un patrimonio ben descritto dalle sottozone codificate nella denominazione Romagna Sangiovese in questi anni. La Romagna sta vivendo un momento di passaggio che ne sta ridisegnando i confini qualitativi. Le aziende storiche faticano a interpretare in modo moderno il Sangiovese, con vini territoriali e freschi, insistendo su un’idea di Riserva troppo ricca e alcolica, spesso appesantita da lunghi affinamenti in legno piccolo. Una lettura più centrata sembra averlo il Superiore che esprime freschezza, qualità e longevità.

Un’ultima riflessione riguarda l’albana, vitigno bianco dal grande potenziale e dall’originalissima identità. I romagnoli stanno cercando di esaltarne la ricchezza (con surmaturazioni e piccoli tagli di albana passito) invece che di sfruttarne l’acidità. È un’idea stilistica che trova un parziale consenso sul territorio, ma che impedisce a questi vini di conquistare ruolo, reputazione e mercati fuori regione, anche internazionali. I Tre Bicchieri a I Croppi ‘15 di Celli, uno dei pochi produttori che vinifica cercando freschezza e bevibilità, hanno quindi anche il significato di indicare una strada per questo vitigno.

 

Colli di Parma Rosso MDV 2014 Monte delle Vigne
Colli di Rimini Cabernet Sauvignon Montepirolo 2012 San Patrignano
Lambrusco di Modena Brut Rosé M. Cl. 2012 Cantina della Volta
Lambrusco di Sorbara del Fondatore 2015 Chiarli Tenute Agricole
Lambrusco di Sorbara Secco Rito 2015 Zucchi
Lambrusco di Sorbara V. del Cristo 2015 Cavicchioli
Reggiano Lambrusco Concerto 2015 Ermete Medici & Figli
Romagna Albana Passito Regina di Cuori Ris. 2012 Gallegati
Romagna Albana Secco I Croppi 2015 Celli
Romagna Sangiovese Modigliana I Probi di Papiano Ris. 2013 Villa Papiano
Romagna Sangiovese Modigliana Sup. V. 1922 Ris. 2013 Torre San Martino
Romagna Sangiovese Sup. Godenza 2014 Noelia Ricci
Romagna Sangiovese Sup. Limbecca 2014 Paolo Francesconi
Romagna Sangiovese Sup. V. del Generale Ris. 2013 Fattoria Nicolucci

 

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Lazio

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Marche

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Umbria

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Abruzzo e Molise

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Basilicata

Anteprima Tre Bicchieri. Campania

Anteprima Tre Bicchieri. Calabria

Anterpima Tre Bicchieri. Toscana

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia

Addio a Raul Castellani: una vita per la qualità del vino e dell'olio extravergine

$
0
0

Ci ha lasciato uno dei più grandi riferimenti mondiali dell'analisi sensoriale e dell'organizzazione di concorsi oleari e vinicoli.

Non è sempre facile descrivere a parole le persone. È facile ricordare il Curriculum e le esperienze, ma non sempre si riesce a entrare nella profondità d'animo e nella sensibilità che queste riescono a esprimere. Farlo quando quando vengono a mancare è ancor più complicato soprattutto se ci si ritrova a dover ricordare una persona come Raul Cesar Castellani. Se ne è andato questa notte Raul, lasciando un vuoto incolmabile in tutte quelle persone che lo hanno conosciuto nella sua lunga carriera, così come nella vita quotidiana. Persone che lo hanno potuto apprezzare e stimare come indiscusso professionista del settore, ma soprattutto come uomo semplice e umile dal quale si poteva solo imparare.

 

Raul Castellani

Raul Castellani: da ingegnere chimico ad assaggiatore

Raul Castellani è stato un argentino, cittadino del mondo e umile maestro che ha cominciato il suo percorso come ingegnere chimico diventando poi un protagonista e un punto di riferimento mondiale per quanto riguarda l'analisi sensoriale dei prodotti enogastronomici. Fin dal 1978 ha partecipato come giuria internazionale in ben 674 concorsi enologici in tutto il mondo ed è stato il presidente e CEO di 149 concorsi enologici internazionali e 22 concorsi oleari internazionali.Il suo impegno però non si limitava a questo. È infatti a lui che si deve l'ideazione e la cura della classifica mondiale dell’Olio Extravergine di Oliva (EVOO World Ranking), ma anche l'organizzazione di concorsi internazionali Wine & Spirits(La Mujer Elige, Centro America y el Caribe, VINUS, TerraVino) e di olio extravergine di oliva (Olivinus, TerraOlivo-Jerusalem, Olivinus Niños).

 


Raul Castellani

Il suo ultimo passaggio in Italia è stato come direttore tecnico della prima edizione del concorso Domina IOOC organizzato da Antonio Lauro e diventato da subito un riferimento nei concorsi internazionali di olio extravergine. Una perdita incolmabile per il mondo del vino e dell'olio, ma anche per tutti coloro che fanno dell'assaggio e dell'analisi sensoriale la propria passione e il proprio mestiere. Ci stringiamo intorno alla famiglia.

Che la terra ti sia lieve.

a cura di Indra Galbo

 

 

Viewing all 5335 articles
Browse latest View live