Quantcast
Channel: Gambero Rosso
Viewing all 5335 articles
Browse latest View live

Amatriciana day: una cena di beneficenza a Firenze per sostenere le zone terremotate

$
0
0

Ancora una cena a base di amatriciana per aiutare il lavoro della Croce Rossa nelle aree del Centro Italia devastate dal sisma. Il 6 settembre sulla terrazza del Forte Belvedere di Firenze, 15 chef si uniscono e cucinano per raccogliere fondi.

Solidarietà per le zone colpite dal sisma

Continuano le iniziative a sostegno delle popolazioni duramente colpite dal terremoto dello scorso 24 agosto, che ha coinvolto più zone dell'Italia centrale nelle Marche e nel Lazio, e che ha immediatamente generato una scia di progetti di beneficenza e solidarietà in tutto il Paese. È di nuovo la tavola a fare da collante fra i sopravvissuti, le famiglie delle vittime e chi vuole in qualche modo rendersi utile per consentire di tornare quanto prima alla normalità. La serata benefica fiorentina, Amatriciana day, fa infatti leva sulla condivisione di un pasto, servendo non solo bucatini all'amatriciana, ma anche piatti d'autore realizzati da grandi chef del territorio.

Nel giro di poche ore dal sisma, la risposta di Firenze è stata sorprendente, con decine di messaggi di adesione non solo da parte degli chef ma anche di fotografi, produttori di vino, professionisti e cittadini interessati a partecipare, anche solo come volontari”, ha dichiarato Marco Gemelli del blog Il Forchettiere, ideatore e organizzatore dell'iniziativa a cui “ognuno sta contribuendo con generosità, in base alle proprie disponibilità e ai talenti personali”. Per raccogliere quanti più fondi possibile, “il contributo di tutti è importante”, e può essere donato partecipando alla cena di martedì, “per dare un forte segnale di vicinanza alle vittime del sisma”. Parallelamente al ricavato dell’iniziativa, grazie all’appoggio di Fipe Confcommercio e Fiepet Confesercenti al presidente della CRI fiorentina, verrà anche consegnato un assegno simbolico, d’importo pari alla cifra raccolta fino a quel giorno dai ristoranti fiorentini aderenti all’iniziativa nazionale di solidarietà che prevede di devolvere almeno 2 euro per ogni piatto di pasta all’amatriciana servito nei singoli locali.

La cena

Intanto il Comune di Firenze ha messo a disposizione gli spazi della struttura museale Forte del Belvedere, punto panoramico sulla città, per l’appuntamento fissato alle ore 20, che coinvolge alcuni degli chef fiorentini e toscani più apprezzati. I cuochi hanno infatti accolto con grande entusiasmo e senso di solidarietà l'appello lanciato sul web, tanto da consentire a Il Forchettiere di organizzare una cena a buffet aperta al pubblico al costo di 20 euro, interamente destinati alla Croce Rossa Italiana, che per la serata sarà rappresentata dal presidente fiorentino Lorenzo Andreoni. Sono ben 14 i cuochi pronti a presentare il proprio piatto d'autore creato in occasione dell'Amatriciana day: Gabriele Andreoni del Santo Graal, Fabio Bianconi del ‘321, Simone Cipriani de L’Essenziale, Deborah Corsi de La Perla del Mare, Stefano Frassineti di Toscani da Sempre, Paolo Gori del Da Burde, Vito Mollica de Il Palagio, Entiana Osmenzeza del Gurdulù, Maria Probst de La Tenda Rossa, Filippo Saporito de La Leggenda dei frati, Beatrice Segoni del Konnubio, Marco Stabile de L’Ora d’Aria e Giorgio Trovato de Il Convito di Curina. A questi toscani si aggiunge, dal Friuli, lo chef Federico Mariutti dell'Osteria Turlonia. Naturalmente, oltre ai signature dish degli chef, sarà servita l'amatriciana. La pasta è stata messa a disposizione dal catering Guido Guidi, schiacciate e cantucci sono invece a cura di Lorenzo Vulashi, fornaio di Pane, amore e fantasia. E poi acqua di Fonte dei Medici e bollicine Tenuta del Buonamico fornite da Doreca, gelato di Badiani, La Sorbetteria, Vivoli e Caminia, caffè di Mokarico e vino della Tenuta di Moriano: queste le realtà che si sono offerte di contribuire gratuitamente alla realizzazione dell'evento.

Amatriciana Day | Firenze | Fortezza Belvedere | il 6 settembre, alle 20 | www.facebook.com/events/

a cura di Michela Becchi

 


Settembre a tutta birra artigianale: i 6 festival da non perdere questo mese

$
0
0

Il rientro dalle vacanze si apre con una serie di eventi e iniziative dedicate alla mondo della birra: dalle artigianali alle etichette internazionali, dalle ultime novità ai prodotti più classici. Ecco una rassegna degli appuntamenti del mese.

In un Paese con una solida cultura vinicola come il nostro sono molti i birrifici che si stanno facendo largo, arricchendo la cultura brassicola dello Stivale e stimolando l’amore per questo prodotto. Così come sono tanti i festival che celebrano le birre, artigianali e non, nostrane ed estere, classiche o innovative. Se dopo l’estate avete voglia di gustare qualche novità o andare alla ricerca della vostra birra preferita ecco una rassegna dei festival da non perdere a settembre.

Festa della Birra Artigianale (Civitella di Romagna)

Sono tre i birrifici locali protagonisti dell’ottava edizione della Festa della Birra Artigianale a Civitella di Romagna: La Mata (Solarolo), Bifor (Forlì) e Mazapégul (Civitella). Nei pomeriggi del 9 e 10 settembre i visitatori potranno assaggiare i prodotti dei birrifici artigianali e scegliere fra la ricca proposta gastronomica degli stand. Per i produttori casalinghi l’appuntamento è sabato pomeriggio, quando gli homebrewer avranno l’occasione di confrontarsi con altri appassionati in un contest dedicato ai prodotti selfmade.

Festival della birra, settembre 2016

Villaggio della birra (Buonconvento)

Un evento dedicato ai piccoli birrifici, con l’obiettivo di dare visibilità a chi ha raggiunto l’eccellenza nella produzione di birra artigianale di qualità. Il Villaggio della Birra, immerso nel borgo di Buonconvento, 25 km da Siena, è giunto ormai alla decima edizione, diventando un punto di riferimento per i mastri birrai e per gli appassionati della bevanda di Cerere. Nella prima giornata al centro della manifestazione i locali, mentre venerdì e sabato sarà la volta dei mastri birrai artigianali. Il focus di quest’anno è sulle birre spagnole, a cui sarà dedicata la giornata di venerdì, mentre sono diverse le degustazioni e i laboratori in calendario, fra cui quello sull’abbinamento sigari-birre.

Oktoberfest Genova (Genova)

Quasi 3 settimane di eventi, degustazioni e laboratori per l’unico Oktoberfest riconosciuto in Italia, quello di Genova. Da giovedì 8 a domenica 25 settembre a piazza della Vittoria saranno protagoniste le birre e le specialità gastronomiche tedesche: quest’anno, inoltre, un programma sempre più ricco e variegato per il Fuori Tendone, il circuito che raggruppa gli eventi sparsi per la città e collegati all’Oktoberfest.

Milano Beer Week (Milano)

Una settimana in cui Milano diventa la capitale delle birre d’autore, con un festival che rende protagonisti non solo le birre ma soprattutto chi le produce e chi le seleziona e le spilla nel proprio locale. Tanti gli incontri, i dibattiti, le presentazioni e i vernissage previsti per questa terza edizione, che si svolgeranno nei 20 locali selezionati.

Moilano Beer Week 2015

Bevé – Beer in Venice (Mestre)

“La biennale della birra ad alto tasso di creatività”, dal 16 al 18 settembre a Mestre: è BEVÉ – Beer in Venice, festival che riunisce qualificati mastri birrai provenienti da tutta Italia e non solo. Cinque le tematiche previste per i laboratori didattici: le birre ad alta fermentazione, l’homebrewing, le birre artigianali, le birre speciali, gli stili birrai. E poi ancora: street food d’autore, presentazioni di libri sul mondo della birra, musica dal vivo.

Fermentazioni (Roma)

Trenta fra i migliori birrifici italiani sono i protagonisti di Fermentazioni, il festival della Capitale giunto ormai alla terza edizione, che si svolge dal 16 al 18 settembre, alle Officine Farneto di Roma. L’Italian Craft Beer Fest ha l’obiettivo di mettere “in mostra” la cultura brassicola italiana contemporanea.Tutto ciò accompagnato da un’offerta gastronomica di qualità, degustazioni e percorsi sensoriali e da numerosi workshop. Fra i protagonisti di questa edizione alcune realtà consolidate come Turan di Viterbo, Birrone di Isola Vicentin, l’abruzzese Opperbacco, il Birrificio Italiano di Como, il Lambrate di Milano, ma anche importanti novità come  il birrificio Canediguerra di Alessandria, il milanese La Ribalta, l’Etnia di Pavia.

Fermentazioni 2015, Roma

Ma Pias Beer Fes(T) (Brescia)

Chiudiamo con un festival a cavallo fra settembre e ottobre dedicato non solo alle birre artigianali locali ma anche alle autoproduzioni contadine. Ma Pias Beer Fes(T) si svolge a Brescia dal 30 settembre al 2 ottobre. Tre giorni fra assaggi e degustazioni, laboratori e presentazioni di libri dedicati al mondo della birra e musica dal vivo. Spazio food per vegani e celiaci, incontri con i produttori e possibilità di acquistare le specialità in assaggio al festival.


Festa della Birra Artigianale | Civitella di Romagna, Forlì | dal 09 al 10 settembre

Villaggio della birra | Buonconvento, Siena |  dal 9 all’11 settembre | www.villaggiodellabirra.com

Oktoberfest Genova | Genova | da giovedì 8 a domenica 25 settembre | www.oktoberfestgenova.com

Milano Beer Week | Milano | dal 12 al 18 settembre | www.milanobeerweek.it

Bevé – Beer in Venice | Mestre | dal 16 al 18 settembre | www.bevevenezia.it

Fermentazioni | Roma | dal 16 al 18 settembre | www.fermentazioni.it

Ma Pias Beer Fes(T) | Brescia | dal 30 settembre al 2 ottobre


a cura di Francesca Fiore

 

Francia: la lotta all'obesità e le nuove tasse sul cibo spazzatura

$
0
0

Poco meno della metà dei francesi soffrono di problemi legati all'obesità, fenomeno dilagante che assorbe il 56% delle spese sanitarie nazionali. Il Ministero dell'Economia e Finanza decide di far fronte al problema con un aumento delle tasse su tutto il junk food.

La lotta al junk food

È ufficiale: il governo francese dichiara guerra al junk food e lo fa con un incremento delle tasse su tutti gli alimenti considerati cibo spazzatura. Dalle bevande zuccherine agli snack, dagli energy drink ai dolciumi, i prodotti nocivi per la salute subiranno un aumento di tassazione pari al suo limite massimo. La Francia non è certo l'unica nazione a preoccuparsi per l'elevata percentuale di obesità, che negli ultimi anni ha subito un aumento costante ed esponenziale in tutti i paesi europei, ma è forse la prima a muovere dei passi concreti. Anche il governo inglese aveva infatti dichiarato l'intenzione di mettere in atto un piano d'azione per ridurre il consumo degli zuccheri, con tasse su importatori e produttori di bibite dolci, ma con un brusco cambio di rotta il nuovo primo ministro Theresa May ha scelto di privilegiare l'industria alimentare.

Quello degli zuccheri, in particolare di quelli aggiunti, è un tema caldo, sotto la lente di ingrandimento di medici nutrizionisti e associazioni di categoria. Come l'AHA (American Heart Association), organizzazione statunitense con sede in Texas che si impegna a ridurre le morti causate da problemi cardiaci e ictus, che nel mese di agosto 2016 ha pubblicato i risultati dello studio di un gruppo di ricerca circa il consumo di zucchero da parte dei bambini di età inferiore ai 2 anni (tema che presto torneremo ad affrontare più approfonditamente), lanciando un allarme a livello globale.

L'obesità in Francia. Una nuova tassazione

L'obesità non deriva però solamente dall'eccesso di zucchero, ma da una serie complessa e articolata di ingredienti dannosi e dall'uso smodato e inconsapevole dei prodotti che li contengono. Si tratta di grassi vegetali come l'ormai tristemente noto olio di palma, l'olio di colza, la margarina, di dosi abbondanti di sale e dei conservanti più svariati. La Francia propone quindi un'unica imposta sul junk food, col progetto di elevare la tassa sul valore aggiunto (Tva) fino al massimo del 20% su quei prodotti alimentari che attualmente sono tassati al 5,5%. A prendere l'iniziativa non è il Ministero della Sanità ma quello dell'Economia e Finanza, che si trova a far fronte all'allarme obesità nel Paese, che oggi riguarda più del 15% della popolazione. Un fenomeno dilagante che ha un impatto significativo non solo a livello sanitario, ma anche economico: il problema dei chili di troppo assorbe infatti il 56% delle spese sanitarie territoriali, costi ospedalieri esclusi. Solamente nel 2012, 24,6 milioni di francesi, un terzo della popolazione, sono risultati in sovrappeso; con questo dato in aumento, il costo dell'obesità di 30 milioni di persone costerà alla Francia 20,4 miliardi di euro l'anno. “Fino a oggi le valutazioni sui costi socio-economici dell'obesità erano parziali. Adesso abbiamo allargato il campo, come si fa per l'alcool e il tabacco", ha dichiarato il capo economista del Tesoro Michel Houdebine al giornale economico finanziario Les Echos.

Le altre proposte. Stop alla pubblicità e porzioni ridotte

Imposte a parte, il rapporto ministeriale propone diverse iniziative per contrastare – o quantomeno contenere – il caso obesità. Fra queste, la riduzione delle porzioni nelle mense, il divieto di vetrine trasparenti per i distributori di alimenti, una regolamentazione più stretta della pubblicità di snack e simili. Nel frattempo, per incentivare l'educazione alimentare, per le famiglie più bisognose sono previsti degli aiuti sociali.

a cura di Michela Becchi

Festivaletteratura 2016 a Mantova. Le parole del cibo e tutti gli appuntamenti a tema gastronomico

$
0
0

Dal 7 all'11 settembre Mantova ospita una nuova edizione del festival dedicato alla cultura e alla lettura. E la città si trasforma per accogliere un calendario ricco di eventi, molti a tema gastronomico. Ecco i più interessanti. 

Il festival letterario di Mantova

Sono passati quasi 20 anni dall'esordio del Festivaletteratura di Mantova. Era il 1997. Il festival ha attraversato due decenni, ritagliando per sé e per la platea in visita alla città un'isola incontaminata per celebrare la bellezza dell'arte. E la manifestazione, a ragione, è diventata un punto di riferimento nello scenario culturale italiano. Dal 7 all'11 settembre la magia si ripete: la cittadina emiliana si prepara a ospitare 5 giorni di incontri con gli autori, reading, spettacoli di piazza, percorsi guidati e concerti con artisti in arrivo da tutto il mondo, accolti al Teatro Bibbiena e nelle molteplici sedi del festival dislocate per il centro della città. Tante anche le iniziative collaterali e gli appuntamenti dedicati ai bambini, tutti favoriti dalla dimensione raccolta di Mantova, che favorisce lo scambio diretto tra autori e lettori. Oggi infatti dietro al Festivaletteratura c'è un'associazione consolidata che organizza e coordina le attività, alternando incontri con ospiti attesi, spazi di riflessione e momenti dedicati allo svago. E un'immancabile sezione incentrata sull'educazione alimentare e la gioia della tavola: Le parole del cibo.

Le parole del cibo. Da Donpasta a Carlo Petrini

O di un nuovo vocabolario da utilizzare in cucina per comprendere l'alimentazione al giorno d'oggi, quando cambiano i sistemi di produzione e i tempi della tavola, i nostri ritmi di vita e lo spazio che dedichiamo al cibo. Ma anche il rapporto dell'uomo con la terra e la nostra sensibilità ambientale (non sempre in meglio). I sette appuntamenti della serie si svolgeranno alla Tenda dei libri, in compagnia di autori, esperti e produttori, tutti a ingresso libero. A inaugurare gli incontri, l'8 settembre alle 12, Donpasta con Strutto, metafora del complesso rapporto tra tradizione gastronomica e nuovo istanze alimentari, prodotto magico della cucina popolare, ma stigmatizzato nella dieta moderna. Nel pomeriggio (alle 19) spazio per la cultura italiana dello street food con Franco Cardini, con degustazione a seguire. Venerdì 9 sarà la volta di Carlo Petrini, chiamato a parlare di Gastronomia in relazione a equità e sostenibilità delle risorse, e più tardi, alle 19, sul palco salirà Alberto Capatti, uno dei più noti storici della gastronomia italiana, con Immaginario. Sabato la giornata si apre con Verdura e l'intervento di Evelyne Bloch-Dano, autrice de La favolosa storia dei legumi, con tanti aneddoti su pomodori, carciofi, patate, topinambur. A seguire la Scorpacciata - di parole e immagini – di Franco La Cecla, che analizzerà un rapporto con il cibo ai limiti dell'ossessione. Domenica 11 Maria Gabriella Buccioli chiude con Armonia, sul rapporto tra giardinaggio e cucina. Ogni giorno il pomeriggio dei bambini sarà movimentato dalle Merende delle parole del cibo, con il Cibo per la mente di Carlo Carzan e Sonia Scalco. E sabato la merenda sarà a base di miele, con mille aneddoti sull'apicoltura e i doni dell'alveare.

Le altre iniziative a tema food

Per gli adulti, tra gli appuntamenti del calendario principale, diversi gli incontri a tema gastronomico, dall'Artusi contro Artusi alla Casa del Mantegna (Capatti e Donpasta insieme, l'8 alle 18) a Nutrirsi in un nuovo clima con Chiara Deligia (il 9 alle 10). E poi un venerdì sera a Casa Slow con Belli da mangiare (fenomenologia delle raviole del plin e sfogline mantovane all'opera per tortelli di zucca e tortelli amari), o l'approfondimento sulla sindrome dello spopolamento degli alveari con l'entomologo Claudio Porrini (l'8 alle 11). Si chiude domenica pomeriggio con Il cibo in sei tavole al Museo Diocesano. Ma tra gli appuntamenti più curiosi, per i più piccoli, ricordiamo i messaggi buoni da mangiare delle Stampatelle: farina, mattarello, grembiuli e mani in pasta per creare vere tagliatelle di pasta su cui giocare a scrivere un messaggio... Prima di mangiarle!

 

Festivaletteratura 2016 | Mantova | dal 7 all'11 settembre | www.festivaletteratura.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Napoli Pizza Village 2016: una settimana fra le eccellenze della pizza napoletana

$
0
0

Sono 50 i forni allestiti per celebrare il viscerale amore dei cittadini partenopei per la pizza napoletana. L'occasione la offre il Napoli Pizza Village, popolare appuntamento giunto ormai alla sesta edizione, che dal 6 all'11 settembre prenderà vita sul lungomare di via Caracciolo non solo con assaggi, degustazioni e cene, ma anche con spettacoli, musica dal vivo, laboratori e lezioni aperte.

La pizza napoletana è un prodotto unico: la sua pasta sottile e morbida, i bordi alti e ariosi - il cosiddetto cornicione - l’unione fra sapore e leggerezza ne fanno la “pizza per eccellenza” in tutto il mondo. Tanto da candidarla all’Unesco, per la tutela di quello che dovrebbe essere considerato patrimonio immateriale dell’umanità. E Napoli la sua pizza la celebra con un evento aperto a tutti e gratuito, in cui assaggiare le migliori creazioni dei pizzaioli più quotati al mondo.

Napoli Pizza Village 2015

Il programma del Napoli Pizza Village. Dal Campionato alla solidarietà

Le pizzerie che partecipano a questa edizione del Pizza Village sono 50: scelte fra le eccellenze italiane ed estere, offriranno le proprie specialità ogni giorno dalle 18 alle 24, sul lungomare Caracciolo. Inoltre, una selezione nella selezione: le storiche pizzerie di Napoli permetteranno di gustare le proprie creazioni in riva al mare.

E perché non cogliere l’occasione per assistere a un’autentica sfida tra pale e forni? Il 6 e 7 settembre, infatti, è prevista la 15esima edizione del Campionato Mondiale del Pizzaiuolo, per l’occasione trasferito nel nuovo Stadio della Pizza sul lungomare Caracciolo. Sono diverse le sezioni in cui i maestri della pizza si sfideranno: la pizza classica, quella in teglia, la pizza al metro/pala, la pizza di stagione, la pizza senza glutine e la sezione pizza juniores. Inoltre una serie di gare acrobatiche: dalla pizza più larga a quella più veloce, dalla sfida in stile libero alla gara a squadre.

Quest’anno il Pizza Village ha previsto un’iniziativa di solidarietà per sostenere le persone colpite dall'ultimo terremoto: coloro che vorranno partecipare potranno acquistare il “menu solidale”, al costo di 15 euro, permettendo così una donazione di 3 euro che andrà alle istituzioni dei territori in difficoltà.

Napoli pizza village 2015

Le pizzerie protagoniste

Le 50 pizzerie presenti sul lungomare di via Caracciolo, selezionate fra le migliori realtà del settore, proporranno ogni giorno a napoletani e turisti un’offerta variegata e di alta qualità. Ecco l’elenco dei protagonisti dell’edizione 2016 di Napoli Pizza Village: Fratelli La Bufala, Da Gennaro a Bagnoli, La cantina dei mille, Fresco, Pizzeria Salvo, Pizzeria Leone, Pummarò, Ermenegildo, Napul’è, Zi Teresa, Benvenuti al Sud, Lucignolo Bella Pizza, Giuliano, Palazzo Petrucci, Santa Maria in Portico, Porzio, Le parulè, Brandi, Libro’s, Sorbillo, Il piccantino quarto, Diaz, Palapizza, Vesuvio, Tarascio e Viglione, Vesi, Napoli 1820, Pizzeria ‘900, Le figlie di Iorio, Olio e pomodoro doc, Antica pizzeria donna Regina, F.lli Castello, I decumani, Pizzeria del popolo, Pepe nero, Nanà, Trianon, Acunzo, F.lli Cuorvo, Vincenzo Costa, Gazebo, Pizza a metro, Mastropaolo, Donna Sofia, Pulcinella, Il brigante dei sapori, Ciociara & Il trancio, Guappo pizza senza glutine. L’area Ospitalità a cura di Rossopomodoro.

Napoli Pizza Village | Napoli | lungomare Caracciolo | dal 6 all'11 settembre | www.pizzavillage.it

 

a cura di Francesca Fiore

 
 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Calabria

$
0
0

Il numero delle cantine in Calabria aumenta e anche la qualità media, con un approccio sempre più teso a valorizzare i territori, le buone pratiche in vigna e in cantina, le uve autoctone. E se ancora questo non si traduce con un medagliere da primato, è solo questione di tempo.

Non è facile riassumere quello che è successo in un anno in una regione enologicamente così complessa e varia come la Calabria. Sicuramente dal punto di vista qualitativo si continua a crescere anche se, come testimonia l’istantanea annuale delle nostre degustazioni, i vini premiati non aumentano. Il gap tra le aziende leader e le altre continua a diminuire e anche abbastanza velocemente. Si è passati, infatti, dall’immobilismo di venti anni fa a un fermento che in pochi anni ha fatto crescere esponenzialmente il numero delle cantine che operano in Calabria e che ha portato anche le aziende storiche a mettersi al passo con i tempi, rivedendo strategie produttive e commerciali.

Così in quest’ultimo decennio molte cantine hanno incrementato la loro dotazione di vigneti, costruito nuove e moderne cantine, hanno ripreso a fare ricerca sui vitigni autoctoni e a lavorare sul territorio, e iniziato collaborazioni con enologi di fama mondiale. Allo stesso tempo è molto cresciuta l’attenzione nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità, tanto che le aziende in regime di agricoltura biologica o biodinamica non si contano più sulle dita di una mano. E se le grandi aziende, soprattutto quelle del cirotano, si distinguono per la qualità dei loro vini, accanto a loro sta venendo fuori una nouvelle vague di giovani vignaioli che privilegiando l’approccio completamente naturale con la vite e il vino hanno già raggiunto dei risultati molto incoraggianti per il futuro. Da segnalare infine che qualcosa si sta muovendo anche nella provincia di Reggio Calabria, dove un paio di nuove aziende hanno inviato i loro vini alle nostre selezioni. Anche a Saracena stanno venendo fuori altri bravi produttori: a noi è molto piaciuto il Moscato Passito ’14 delle Cantine Diana. Infine lo spazio tiranno ci ha impedito anche quest’anno di segnalare diverse cantine meritevoli di una scheda, come Chimento, Criserà, Malena, La Pizzuta del Principe, Le Moire, Masseria Falvo, Scala e Zito.

 

Gravello 2014 Librandi

Grisara 2015 Ceraudo

Masino 2014 iGreco

 

 
 
 

The duel of wine. Il film con Charlie Arturaola e Gianfranco Vissani

$
0
0

The Duel of Wine, il secondo film diretto da Nicolas Carreras, reduce dal successo di El camino del vino, verrà presentato il 6 settembre al Lido di Venezia come evento collaterale della 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Ecco di cosa parla.


The Duel of Wine

Non sono pochi i film che hanno al centro della propria narrazione il vino - pensiamo a Providence, French kiss, Sideways, I giorni della vendemmia - ma The duel of wine ha la particolarità di essere la prima fiction che si serve di personaggi veri nel ruolo di sé stessi, come i sommelier Charlie Arturaola e Luca Gardini, e lo chef Gianfranco Vissani. Senza però essere un documentario, come invece lo sono Mondovino e Resistenza naturale, entrambi di Jonathan Nossiter.

 


 

 

Nonostante questa pellicola di Nicolas Carreras,già regista di El camino del vino e vincitore del premio Fipresci al festival di Mar del Plata 2010, inizi con un’ombrosa citazione shakespeariana (Oh tu, invisibile spirito del vino, se proprio non hai alcun nome con cui ti si possa chiamare, lascia pur che ti si chiami col nome del demonio!”), poco ha a che vedere con le eleganti atmosfere faustiane dell’intrigante Vinodentro, di Ferdinando Vicentini Orgnani. Anzi. Vuole essere più semplicemente un modo per indagare dall’interno croci e delizie del mondo del vino, di cui vengono citati importanti marchi, come Zenato, Caprai, Prunotto, e un po’ tutte le principali aree vinicole del mondo, fra cui spiccano, per restare in Italia, la Valpolicella e la zona del Sagrantino.
 

the duel of wine

La trama

Il film racconta la storia (non vera) di Charlie Arturaola, un sommelier caduto in disgrazia per aver perso il palato. La moglie, non potendolo aiutare, diventa manager di Luca Gardini, il giovane che probabilmente prenderà il suo posto. Charlie, per vivere, decide invece di fare il tassista. Un giorno, incontrando dei giornalisti in un albergo dove è andato insieme al collega Lino Puja (che è anche il produttore del film), non ha coraggio di rivelare loro il suo attuale mestiere, così presenta Lino come un sommelier emergente. Da lì inizia un tour di eventi degustativi che Lino finge solo di condurre, perché dietro le quinte (via radio) c’è sempre Charlie - che intanto ha ritrovato il palato - a suggerirgli tutto. Sarà il nostro Gianfranco Vissani a smascherare la truffa. Vissani che ha vissuto questa opportunità “con l’entusiasmo di un bimbo alla scoperta di una cosa nuova attraverso cui comunicare il mondo dell’enogastronomia”.È proprio questo entusiasmo ad avere spinto colui che da quasi 30 anni è ancora uno dei più grandi chef italiani, a non smetterla qui con il cinema. “A fine settembre, dopo l’uscita di The duel of wine, inizierò a girare un film importante con attori famosi. Io naturalmente reciterò sempre nel ruolo di me stesso, perché Vissani non può entrare nei copioni, il copione sono io!”. Ritornando al film, “tanto amaro quanto infinitamente dolce, proprio come un piatto”, non anticipiamo come andrà a finire il mondiale dei sommelier, The Duel of Wine. Quel che è certo è che la vera sfida Charlie l'ha già vinta nel momento in cui capisce di potercela ancora fare, con le sole sue forze, a tornare in vetta.

 

a cura di Marco Lombardi

 

Marchesi in Galleria. Prada porta la storica pasticceria nel Salotto di Milano. E arrivano anche le eclair di Christophe Adam

$
0
0

Per l'insegna della pasticceria meneghina fondata nel 1824, acquisita per l'80% da Prada due anni fa, è il terzo punto vendita in città: 250 metri quadri con vista sulla Galleria e atmosfere d'epoca. Intanto a Brera c'è una nuova pasticceria francese: L'Eclair de Gènie. 

Dopo Montenapo, la Galleria

Il nuovo stile della Pasticceria Marchesi (in Prada) abbiamo imparato a conoscerlo un anno fa, in occasione dell'inaugurazione dello scorso settembre in via Montenapoleone. Allora il rilancio della storica insegna meneghina fondata nel 1824 (in via Santa Maria della Porta, zona Magenta, dove il primo locale resiste ancora) aveva fatto molto parlare di sé: oltre due mesi di lavoro alle direttive dell'architetto Roberto Baciocchi per rinnovare lo spazio della storica vetreria Venini in veste moderna, ma pure dichiaratamente debitrice agli stilemi di un passato prestigioso, tra velluti, marmi, boiserie, specchi e tappezzerie in seta sulle tonalità del verde con motivi floreali. E allora in casa Prada – dalla primavera 2014 proprietaria dell'80% del marchio – sembrano aver deciso di stupire ancora i milanesi, chiudendo anche l'estate 2016 con una gradita novità. Proprio nel salotto bene della città, lo spazio più ambito dalle insegne che contano: la Galleria Vittorio Emanuele II. E così la pasticceria boutique che fa sognare gli amanti di cioccolatini, praline e bonbon vecchia maniera, bigné, croissant, lieviti e dolci all'italiana conquista la Galleria. Entrando in boutique. Al piano mezzanino della Galleria Prada, collezione Prada Uomo.

Marchesi in Galleria. Nella boutique Prada

E l'impresa raddoppia, con 250 metri quadri a disposizione (a Montenapo sono 120) e l'atmosfera d'antan di Santa Maria la Porta. Con un valore aggiunto non trascurabile, l'affaccio sullo struscio della Galleria attraverso le grandi finestre ad arco che movimentano la facciata. Il fil rouge che accomuna gli allestimenti è ancora una volta quella verve retrò ai limiti della dimensione fiabesca che il gruppo Prada ha saputo sublimare nell'esperienza del Bar Luce alla Fondazione Prada – affidando il progetto niente di meno che al visionario regista Wes Anderson – l'altra faccia della medaglia di una strategia di investimenti nel settore food&beverage che ha portato la famiglia della moda milanese ad apporre il proprio sigillo anche sull'offerta gastronomica di qualità. E se Marchesi a Montenapoleone aveva inaugurato il binomio pasticceria e ristorazione, con un'offerta distribuita dalle prime ore della mattina alle 21, tra colazioni, pausa pranzo e aperitivo serale, il nuovo spazio riprende una formula che è piaciuta ai milanesi, presentandosi come pasticceria, bistrot e sala da tè (impegnando oltre 30 dipendenti tra pasticceria e cucina), tra scaffalature in legno e cristallo, pavimenti in marmo e travi a vista.

Dolci, ristorazione e centro culturale

Ci si accomoda su eleganti poltroncine verdi, a disposizione dei clienti dello boutique e dei turisti in visita, con accesso diretto anche dalla Galleria, dove da oggi una vetrina espone le torte più raffinate della “maison”. E già si vocifera che questo sia solo il primo passo di un progetto più ambizioso, che porterà la Galleria Prada all'Ottagono a proporsi come spazio culturale a 360 gradi, con l'inaugurazione di nuovi spazi destinati a fotografia, eventi e attività ricreative, forti del sostegno del servizio di ristorazione a firma Marchesi (come peraltro già avviene in Fondazione, al Bar Luce).

Le eclair di Adam a Brera e Navigli

Intanto in città ad agosto è arrivato un altro nome della pasticceria di tutto rispetto: Christophe Adam ha conquistato la Francia a suon di eclair e oggi in patria è una vera celebrità. A Parigi la sua insegna, L'Eclair de Gènie, si è moltiplicata rapidamente (è nata nel 2012) e conta 9 indirizzi, a cui si aggiungono altre 5 sedi francesi, 4 in Giappone e 2 in Cina. A Milano, invece, l'esordio è stato preceduto dall'annuncio di qualche mese fa e ora si concretizza con la boutique di corso Garibaldi e il laboratorio in corso di Porta Ticinese (la Fabrique) per la linea di prodotti freschi. Cosa promette ai milanesi? Un'ampia varietà di eclair (dai 4.50 ai 6 euro a pezzo), dolcetti monoporzione di pasta choux di forma allungata, farciti e glassati secondo estro e stagionalità, da consumare anche sul posto. E diverse referenze confezionate in arrivo da Parigi.

Una vera e propria collezione d'autore per un investimento sulla città che conferma l'appetibilità della piazza milanese per i maestri della pasticceria transalpina, dopo l'arrivo di Pascal Caffet e Philippe Conticini con la Patisserie des Reves, ottimo caso di successo imprenditoriale di cui abbiamo raccontato la storia.

 

Pasticceria Marchesi in Galleria | Milano | Galleria Prada, Galleria Vittorio Emanuele II | www.pasticceriamarchesi.it

L'Eclair de Genie | Milano | corso Garibaldi, 55 | tel. 02 49532580 | www.leclairdegenie.it

L'Eclair de Genie - la Fabrique | Milano | corso di Porta Ticinese, 76

 

a cura di Livia Montagnoli


Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Venticinquesima tappa: Loscuro di Sinalunga

$
0
0

Torrefazione e bar, o meglio, caffetteria: uno spazio interamente ed esclusivamente dedicato al caffè in tutte le sue forme. Loscuro di Sinalunga, aperto poco più di 2 anni fa, va ad aggiungersi alla lista dei bar di ricerca della Toscana. A breve anche con un nuovo indirizzo.

Il Rinascimento del caffè italiano è ufficialmente iniziato ormai da qualche anno ed è in costante crescita. Il pubblico, ancora in parte restio a questa nuova tendenza – che speriamo non diventi solo una moda, ma un autentico movimento culturale – si sta gradualmente abituando a bar dal format innovativo e la proposta insolita per il Bel Paese, ben lontana dagli espressi preparati frettolosamente e con poca cura a cui per (troppo) tempo è stato abituato. E gran parte della diffusione dei caffè artigianali ha avuto origine proprio in Toscana, regione con un numero di caffetterie specialty davvero invidiabile. Fra queste, poco più di 2 anni fa, si è inserita anche Loscuro, bar e torrefazione di Sinalunga, provincia di Siena, che è già pronto a raddoppiare e ad ampliarsi. A raccontarci i progetti, è il proprietario Stefano Perinti.

Cominciamo dall'attuale Loscuro. Com'è nato?

Siamo partiti, insieme al mio socio Emiliano Lorenzoni, da una piccola bottega, ancora oggi sede dell'azienda, con una macchina tostatrice da 5 kg. Io avevo già avuto esperienze nel settore della ristorazione: dopo la scuola alberghiera ho gestito diversi locali e ho lavorato all'estero per Lavazza. L'idea di aprire un mio spazio c'era sempre stata e finalmente, dopo vari corsi di formazione, nel maggio 2014 ho inaugurato Loscuro. Fin dall'inizio, abbiamo lavorato solamente caffè specialty, concentrandoci solamente sulla caffetteria. Niente alcol, niente cibo, ma solo espressi, cappuccini, caffè filtro e cornetti. Oggi siamo in 6 a mandare avanti l'attività, che in poco tempo ha già preso parecchio piede in città.

Niente aperitivi e niente pranzo. Come è stata recepita questa formula insolita dalla clientela locale?

In realtà molto bene. Certo, il caffè filtro è ancora un prodotto di nicchia, scelto perlopiù dagli appassionati che conoscono la materia, ma posso garantire che anche i neofiti, una volta provato, lo apprezzano davvero. E comunque espresso e cappuccino ci sono sempre, per cui per la colazione e pausa caffè riusciamo a soddisfare tutti.

Quindi – caffè a parte – non vendete altro?

Solamente qualche prodotto artigianale di qualità, come biscotti fatti a mano, confetture, spezie particolari. Ci piace il concetto di artigianalità, tanto che confezioniamo tutti i sacchetti di caffè a mano. Per cui niente caramelle, gomme, patatine o simili. Solo prodotti ricercati.

Parliamo di caffè. Quali avete?

La nostra carta dei caffè cambia ogni settimana, con una selezione di tre monorigini. Attualmente, abbiamo un Brasile, un Etiopia e un Kenya.

Solo monorigini?

E una miscela, ideata appositamente per i clienti che faticano un po' con gli specialty, composta per l'80% da arabica e il restante 20% robusta.

Quali sono i vostri maggiori clienti?

Vendiamo a diversi consorzi agrari, alla Grande Distribuzione Organizzata e a tanti locali, anche all'estero, in particolare in America.

Quali metodi di estrazione avete?

Tutti, dal v60 all'aeropress, dal syphon al cold brew. Quest'ultimo è quello che va per la maggiore, ne vendiamo più di 2 litri al giorno! Di filtro classico invece riesco a farne fino a 10 al giorno, una buona media.

Aprite un nuovo locale. Come sarà?

Sempre uguale, stessi caffè e croissant per il momento, poco più in là lungo la stessa via. Forse, più in là potremmo pensare di ampliare l'offerta. Comunque, nel nuovo locale avremo una tostatrice da 15 kg, che utilizzeremo soprattutto per lavorare i chicchi destinati alla Gdo e a i bar che fanno grandi numeri. La tostatura è parte fondamentale delle nostre giornate, ci impegna quotidianamente dalle 15 alle 19 per un totale di 50 kg di caffè prodotto al giorno.

Quando aprirà?

Il bar sarà inaugurato a ottobre, in più ci sarà una scuola di formazione all'interno del locale che partirà con l'anno nuovo. I corsi saranno rivolti a tutti e comprenderanno i vari moduli del Coffee Diploma System, dal roasting al brewing, e ovviamente barista skill e latte art.

Come sarà organizzata la scuola?

Io sono l'unico con il diploma da trainer Scae e quindi autorizzato a insegnare. Quello che più mi preme, oltre alla tecnica di tostatura ed estrazione, è insegnare ai futuri baristi a stare dietro il bancone. Molto spesso chi vuole imparare a fare il barista pensa che la difficoltà consista nel montare il latte per il cappuccino o trovare le giuste dosi e temperature per un v60: in realtà, la vera prova per un aspirante barista è muoversi dietro il banco, trattare con il pubblico ma anche con le macchine. Altro punto fondamentale della formazione, per me, riguarda l'igiene dei macchinari. Fondamentale.

Caffetterie che più ti piacciono in Italia?

Ditta Artigianale a Firenze, dove per tanto tempo ho preso il caffè prima di iniziare a tostare. Francesco Sanapo è un vero conoscitore del caffè verde, così come Rubens Gardelli, Pietro Vannelli e molti altri. La mia stima va a chi sa riconoscere la materia prima. A livello estetico invece, come locali (non solo bar) mi piacciono molto il bar Bedussidi Brescia, panificio Menchettidi Arezzo e Tuttobene, pasticceria e bar di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze.

Altri progetti, oltre al nuovo bar e la scuola?

In tanti mi chiedono sempre più spesso di organizzare degustazioni guidate. Mi piacerebbe davvero, però al momento il bar mi impegna tanto: apriamo alle 7 di mattina fino alle 12, poi di nuovo dalle 15 alle 19 e in quelle ore dobbiamo concentrare tutto il lavoro di tostatura, servizio e pulizia. Spero, una volta che il nuovo locale avrà ingranato, di riuscire a organizzare qualche serata dedicata all'assaggio. Inoltre, vorrei partecipare a più fiere e manifestazioni di settore.

E le gare?

Sinceramente non amo stare tanto al centro dell'attenzione, però mi rendo conto che le competizioni sono un importante momento di scambio e confronto, per cui prima o poi mi metterò alla prova con una gara di roasting. Per ora, mi sono limitato a organizzare e ospitare il campionato italiano di tostatura presso la mia torrefazione, insieme a Marco Cremonese e Andrej Godina, che sono stati i miei maestri. Il prossimo anno, vorrei ospitare ancora i campionati.

Loscuro | Sinalunga (SI) | via Pasolini, 8 | tel. 339 4807457 | www.loscuro.it

a cura di Michela Becchi

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Prima tappa Lelli di Bologna clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Seconda tappa: Le piantagioni del caffè di Livorno clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Terza tappa: Lady Cafè di San Secondo Parmense clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Quarta tappa: Caffè Piansa di Bagno a Ripoli clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Quinta tappa: Caffè Penazzi di Ferrara clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Sesta tappa: Ditta Artigianale di Firenze clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Settima tappa: Bontadi di Rovereto clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Ottava tappa: Antico Caffè Spinnato di Palermo clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Nona tappa: Cannaregio di Venezia clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Decima tappa: Mogi Caffè di Bergamo clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Undicesima tappa: Caffè Musetti di Pontenure clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Dodicesima tappa: El Miguel di Luino clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Tredicesima tappa: Orlandi Passion di Centobuchi clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Quattordicesima tappa: Micro Torrefazione di Gallarate clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Quindicesima tappa: Pierre Café di Gravina in Puglia clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Sedicesima tappa: Gardelli Specialty Coffees di Forlì cliccaqui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Diciassettesima tappa: HQ Specialty Coffee di Genova cliccaqui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Diciottesima tappa: His Majesty the Coffee di Monza clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Diciannovesima tappa: Edo Quarta Specialty Coffee di Lecce clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Ventesima tappa: Manifattura Caffè di Verona clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Ventunesima tappa: Little Bean di Rivanazzano Terme clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Ventiduesima tappa: Caffè Verrè di Cellole clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Ventitreesima tappa: Coffeel di Ventimiglia clicca qui

Per leggere Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Ventiquattresima tappa: Mondi Caffè di Roma 

Il caffè: glossario essenziale per conoscere il caffè

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Campania

$
0
0

I vigneti campani si trovano in alcuni dei posti più spettacolari d'Italia: isole, monti, pendici di vulcani spenti, territori a strapiombo sul mare. Una varietà di territorio che regala un patrimonio ampelografico incredibile. Che cantine piccole e medie rilanciano in un panorama enoico rigoglioso e imprevedibile ancora in gran parte da scoprire.

Bellezza e imprevedibilità. Sono le due carte del vino campano. In primo luogo, il vigneto regionale ci conduce su alcuni tra i siti più spettacolari dello stivale: la Costiera, le isole, le pendici di vulcani spenti, i monti picentini, parchi naturali a strapiombo sul mare come il Cilento. Su un territorio così frastagliato s’innesta un patrimonio ampelografico impareggiabile rilanciato da un numero di cantine di piccole e medie dimensioni in continuo aumento.

Trent’anni fa le cantine recensite nella prima edizione della Guida erano 8, quest’anno sono 106. La Campania del vino è difficile da contestualizzare, anche per la mancanza di un lavoro promozionale organico, ma è forse la regione che più di altre riserva il gusto della scoperta, dove più c’è da capire, raccontare e valorizzare. È fonte di vini autentici, espressivi, dall’imprevedibile evoluzione aromatica, saporiti, d’indole squisitamente mediterranea. In una parola, gastronomici. Il tutto a prezzi molto competitivi.

Tirando le somme, le degustazioni di quest’anno confermano uno scarto evidente: il livello dei bianchi è elevatissimo, con punte di eccellenza di livello internazionale, decisamente meno convincente la qualità media dei rossi per via di una gestione dei legni non sempre felice.

Partiamo dalle novità, ben quattro aziende centrano per la prima volta il massimo riconoscimento. Raffaele Moccia, l’artigiano dei Campi Flegrei, porta il Piedirosso nel circuito dei Tre Bicchieri; Ettore Sammarco, alla soglia degli 80 anni, piazza il colpo grosso con un vino che racconta una vigna terrazzata con vista da urlo su Ravello e ‘o mare; Maura Sarno vede premiata la sua tenacia con un Fiano di Avellino luminoso e ben ritmato; infine Mario Basco, alias Cacciagalli, e Diana Iannaccone si propongono tra i più ispirati vignaioli regionali, con un vino contemporaneo, figlio di una viticoltura sana e tecniche di vinificazione ragionate e mai invasive: il suo Zagreo è tra i più goduriosi bianchi macerati d’Italia.

In totale sono 22 Tre Bicchieri. La vendemmia 2015 sorride al Fiano di Avellino, ben sei Tre Bicchieri, meno al Greco di Tufo, con alcuni campioni già molto pronti e meno taglienti del solito. Annata di luce e grande definizione per i vini della Costiera Amalfitana, con tanti vini piazzati in finale; buone notizie anche dal casertano e dal Sannio, distretto tra i più vitali e dal rapporto qualità prezzo più che attraente sul terreno dei bianchi. Nota a margine per il Taurasi, denominazione in chiaroscuro, di certo non supportata da millesimi poco felici, ma che evidenzia spesso scelte di cantina poco comprensibili. A mettere il carico sul profilo autentico e tutt’altro che lineare del panorama regionale, i nostri punteggi premiano di frequente i vini base, ribaltando le gerarchie aziendali.

 

 

Caiatì 2014 Alois

Campi Flegrei Piedirosso 2015 Agnanum

Costa d'Amalfi Furore Bianco 2015 Marisa Cuomo

Costa d'Amalfi Ravello Bianco V. Grotta Piana 2015 Sammarco

Falanghina del Sannio Biancuzita 2014 Torre a Oriente

Falanghina del Sannio Janare 2015 La Guardiense

Falanghina del Sannio Svelato 2015 Terre Stregate

Falanghina del Sannio Taburno 2015 Fontanavecchia

Fiano di Avellino 2015 Colli di Lapio

Fiano di Avellino 2015 Sarno 1860

Fiano di Avellino 2014 Ciro Picariello

Fiano di Avellino 2014 Rocca del Principe

Fiano di Avellino Pietramara 2015 Favati

Fiano di Avellino V. della Congregazione 2015 Villa Diamante

Greco di Tufo 2015 Pietracupa

Greco di Tufo V. Cicogna 2015 Ferrara

Montevetrano 2014 Montevetrano

Paestum Bianco 2015 San Giovanni

Sabbie di Sopra il Bosco 2014 Nanni Copè

Taurasi Coste 2011 Contrade di Taurasi

Trentenare 2015 San Salvatore

Zagreo 2015 I Cacciagalli

 

 

Anteprima Tre Bicchieri. Calabria

Anterpima Tre Bicchieri. Toscana

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia

 

 

 

 

 

Le Logge del Grano di Arezzo. Il mercato contadino in centro città che aspetta la ristorazione

$
0
0

L'edificio risale alla seconda metà dell'Ottocento, ma solo recentemente ha ritrovato la struttura originale. E dal dicembre 2015 all'interno si contano i prodotti di oltre 60 aziende agricole della provincia aretina, che promuovono la filiera corta e la qualità. Tra vendita, degustazioni, percorsi guidati... Aspettando la ristorazione.  

Le Logge del Grano. Dall'Ottocento a oggi

Di garantire ai visitatori la possibilità di consumare un pasto veloce, alle Logge del Grano di Arezzo si parla ancor prima che il mercato contadino vedesse la luce dalla ristrutturazione del fabbricato progettato e adibito al commercio di cereali e grano nella seconda metà dell'Ottocento. A partire dagli anni Trenta, per dir la verità, l'edificio perse la sua attinenza con il settore alimentare, trasformato dapprima in palestra militare, poi in autostazione e infine a disposizione dell'amministrazione cittadina. Ma a partire dal 2012, con il sostegno di contributi europei e regionali, l'immobile ha ritrovato la sua struttura originale – a capanna, con copertura in legno e tegole marsigliesi – è stato dotato di un ballatoio perimetrale e pure di un vano cucina al primo piano, predisposto per sopperire alla mancanza di canne fumarie e laboratori al piano di vendita e offrire così alla cittadina toscana l'opportunità di vantare un moderno mercato gastronomico con cucina e somministrazione. In relazione con la campagna circostante e la scena ristorativa di Arezzo al contempo. Finora però solo metà dell'opera può dirsi compiuta. Nel dicembre 2015 l’inaugurazione delle nuove Logge del Grano ha visto in prima linea il sindaco Alessandro Ghinelli e l’assessore alle attività produttive Marcello Comanducci (ma il progetto risale alla precedente giunta), oltre al presidente della rete mercato costituitasi per l’occasione Antonio Tonioni, titolare dell’omonima azienda agricola nella provincia aretina. Oggi la Rete di imprese costituitasi gestisce in concessione d'uso oneroso l'attività.

La filiera corta. Il mercato contadino nel cuore della città

E da subito ha dimostrato la volontà di scommettere su un rilancio della filiera e dell’agricoltura di qualità, privilegiando prodotti certificati ed eccellenze del territorio in una cornice che li valorizzasse, con banco frigo centrale, scaffali in legno ben distanziati e tanti prodotti artigianali frutto della trasformazione delle materie prime fornite dalle campagne. Il regolamento del mercato, infatti, vincola gli artigiani che aderiscono alla rete all’uso di prodotti del territorio e ricette tradizionali, con l’idea di orientare i consumatori all’acquisto consapevole e “creare una struttura che contribuisca a rianimare il tessuto socio-economico del centro storico di Arezzo e idonea all'approvvigionamento di ristoranti, altri locali pubblici, mense scolastiche e aziendali”, si legge sul documento da cui il progetto ha preso le mosse.

Sfida raccolta solo in parte, come dicevamo: i produttori attualmente coinvolti nel circuito sono oltre 60 (61 in rete e 9 affiliati, in periodo di prova), ognuno contribuisce a promuovere il km 0, con una varietà di prodotti agricoli che spazia, secondo stagione, dall’uva fragola alla zucca, dal cavolo cappuccio ai fichi, dalla pera spadona ai pomodori. E poi formaggi e latte, salumi, carne e pane (del Bioforno Biogiorno di Subbiano), ma anche conserve, olio, vino, birra artigianale, pasta (quella di Podere Pereto). Tra le aziende agricole Petruzzi e Tunia, Bio Fattorie Toscane Bencini, Bartoli Pian dei Reggi, Fattoria Santa Vittoria, Nuova Era e un terzetto per l’approvvigionamento di salumi locali: Agricola Praticino, Le Selve di Vallolmo, Fattoria San Pancrazio (il formaggio invece arriva da Podere Panzano, Ledda e azienda agricola Paolino Pira). E tra gli ultimi arrivati c'è la Conserveria, “un progetto a cui tengo particolarmente”, rivela Tonioni: l'azienda di Castiglion Fiorentino recupera ricette della tradizione con il contributo dell'Associazione Cuochi di Arezzo – dalla scottiglia casentinese alla pappa al pomodoro – e le realizza in vasocottura con il contributo di 12 ragazzi diversamente abili impiegati nell'attività. Al mercato i barattoli sono disponibili in degustazione o take away, con opzione di vuoto a rendere.

Il pranzo al mercato. E il progetto per la ristorazione serale

L’apertura si protrae dalle 9 alle 20, dal lunedì al sabato, ma spesso il mercato resta aperto anche la domenica e nei giorni di festa particolarmente sentiti dalla città, come l’ultima Giostra del Saracino, o durante Fiera Antiquaria della prima domenica del mese. E il banco gastronomia del pian terreno dispensa piatti pronti da mangiare in ballatoio, tra panzanella, insalata nizzarda e torte da forno. Agli assaggi si aggiungono i prodotti in degustazione (spesso organizzate su prenotazione); nulla però è ancora stato fatto per rendere operativa la cucina e offrire così un vero e proprio servizio di ristorazione, trasformando di fatto la struttura di Arezzo in uno dei moderni mercati gastronomici che cominciano a prendere piede anche in Italia.

Ma a distanza di quasi un anno dall’apertura, l’intenzione di completare il tassello mancante si avverte nelle parole del presidente Tonioni, che ha più volte ribadito il desiderio di sfruttare quanto prima le strutture a disposizione per dotare il mercato di un’ideale ristorante a km 0: “Da ottobre partirà il servizio di cucina al primo piano, come forma di supporto al mercato, solo durante l'ora di pranzo. Ma entro la prossima estate abbiamo intenzione di sfruttare uno spazio di 150 metri quadri al pian terreno, originariamente destinato ai banchi del pesce, per aprire un ristorante serale”. Gli operatori del pesce, infatti, non sono mai arrivati, e lo spazio sarà riconvertito proprio nei prossimi mesi, per dotare le Logge di un'anima in più, con possibilità di sfruttare lo spazio esterno antistante.

E i turisti? Strategie di promozione

E donare così al progetto quel calore che finora è mancato, nonostante la buona risposta del pubblico, soprattutto aretino e molto esigente: “Attraverso un tesseramento dei clienti siamo in grado di controllare le presenze. Ci aspettavamo una risposta dei turisti più massiccia, ma d'altronde la miglior promozione è l'assaggio e la ristorazione aiuterà”. Ricordando anche che ci troviamo in pieno centro città, a pochi metri da piazza San Francesco. Altri auspici per il futuro? Attivare la vendita online. Mentre si è già lavorato molto sulla dimensione culturale, con degustazioni guidate, pannelli didattici e iniziative dedicate alle scuole: “Ma bisogna insistere ancora sulla comunicazione e la visibilità, portare i produttori al mercato. È un'esperienza nuova per tutti, provando e sbagliando possiamo solo migliorare.

 

Logge del Grano | Arezzo | piazzetta delle Logge del Grano, 5 | lun-sab 9-20, prima domenica del mese e festività | www.facebook.com/loggedelgrano/?fref=ts

 

a cura di Livia Montagnoli

I volti di Gourmet. Fabrizio Galla

$
0
0

Con un medagliere come il suo, avrebbe avuto successo ovunque nel mondo, invece Fabrizio Galla è tornato a San Sebastiano Po, per aprire una pasticceria accanto al ristorante di famiglia. Lui è l'ospite che spiegherà nel corso di Gourmet Expoforum, a Torino, come realizzare un perfetto dolce lievitato per il mattino.

Fabrizio Galla

Classe 1973, Fabrizio Galla ha cominciato la sua carriera giovanissimo, a 16 anni, e ha già collezionato grandi partecipazioni a concorsi internazionali, dal World Chocolate Master di Parigi che lo ha visto ottenere un secondo posto nel 2005 e nel 2006 il riconoscimento per la "miglior pralina del mondo", alla Coupe du Monde de la Pâtisserie di Lione nel 2007, dove ha ottenuto il premio speciale per il miglior dolce al cioccolato. Parliamo della sua famosa torta Jessica. Il pasticcere di Chivasso, dopo un paio di anni a San Francisco, è rientrato in Italia per prendere in mano le redini della pasticceria al ristorante Del Cambio, a fianco dello chef Matteo Baronetto, e della caffetteria-pasticceria Farmacia del Cambio, che gli è valso il riconoscimento di “novità” dell’anno nella guida Pasticceri&Pasticcerie 2016 del Gambero Rosso. Oggi è ritornato alle origini, a San Sebastiano Po fra le colline alle porte di Torino, con il suo locale che si trova proprio accanto alle Tre Colombe, il ristorante dei suoi genitori. E noi siamo felici di riaverlo in Italia e ancor più nel palinsesto di Gourmet Expoforum, che si terrà a Lingotto Fiere di Torino, dal 13 al 15 novembre

Jessica - Fabrizio Galla

Qual è lo stato dell'arte (dolce)?

Oggi come oggi tanti si stanno muovendo sull'aspetto tecnico, in molti si aggiornano frequentando veri e propri corsi. Di conseguenza l'intero settore della pasticceria evolve bene. Poi, con la scusa dei concorsi e dei programmi televisivi, si stanno avvicinando a questo mondo anche tanti ragazzi giovani.

Punti critici?

Siamo in un momento storico in cui gli eventi avvengono velocemente. Chi non sta al passo con i tempi ormai arranca. Anche perché i clienti oggi sono preparati, si informano e difficilmente si lasciano ingannare.

Come accorgersi se una pasticceria vale la pena di essere provata?

Io mi fiderei del primo impatto, ovvero quello visivo. Farei dunque attenzione anche al packaging utilizzato.

Come è messa la formazione in Italia?

Male. Le scuole di pasticceria - non parlo dei corsi professionali - non prevedono abbastanza ore pratiche di pasticceria. Dare importanza alle altre materie va bene, ma non bisogna dimenticare che i ragazzi andranno a fare un lavoro manuale. Almeno insegnassero le nozioni di base!

Cosa dire a un ragazzo che vuole intraprendere questa carriera?

Oggi bisogna sapere almeno una/due lingue. Poi i ragazzi devono essere informati e curiosi.

Un consiglio pratico?

Bisogna conoscere il prodotto che si va a manipolare per poterlo lavorare al meglio. Perché può anche essere di alta qualità ma se dietro non ci sono le conoscenze sufficienti si corre il rischio di produrre un dolce mediocre. Il segreto sta nell'allenamento: su certe materie prime è imprescindibile l'allenamento pratico. Bisogna provare e riprovare fino a quando si raggiunge il risultato sperato.

Qual è il risultato auspicabile?

La valorizzazione di tutte le materie prime.

Un esempio?

Una crema pasticcera deve essere fatta correttamente, senza andare oltre la cottura per esempio, altrimenti sa troppo di uovo. E a questo punto poco importa se il bigné in cui si è deciso di metterla è venuto spettacolare.

Parliamo dei lievitati del mattino. Quali sono i segreti per preparare un buon prodotto?

Il fil rouge rimane sempre lo stesso: conoscere le materie prime. Se si decide di usare il lievito madre bisogna necessariamente sapere che se usato in maniera sbagliata consegna un prodotto eccessivamente acido. Dunque, o lo usate correttamente altrimenti fatene a meno.

Altro esempio pratico?

Se si decide di preparare un croissant, a differenza della brioche (che è morbida) deve presentarsi croccante e leggerissimo. Se questo sa eccessivamente di burro qualcosa è andato storto. Forse il burro è stato lavorato per troppo tempo o a temperature eccessive, e si è sciolto. Poi, quando si è raffreddato la sua struttura è cambiata, consegnando un croissant vetroso e non friabile. Altro tema è quello delle attrezzature necessarie, come la cella fermalievitazione. Ma preferisco affrontare l'argomento nella giusta sede a Gourmet Expoforum.

Gambero Rosso compie 30 anni. Come vedi la pasticceria tra trent'anni?

Se si continua così la pasticceria italiana sarà riconosciuta anche a livello internazionale. Basta pensare che negli ultimi anni nei concorsi internazionali abbiamo sempre vinto noi italiani.

 

Fabrizio Galla | San Sebastiano Da Po (TO) | via Chivasso, 79/b | tel. 011 9197998 | www.fabriziogalla.it

Gourmet 2016 | Torino | Lingotto Fiere, padiglioni 2 e 3 | dal 13 al 15 novembre | Tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito www.gourmetforum.it

Gallery Gourmet 2015 

 

a cura di Annalisa Zordan

 

I volti di Gourmet

Iginio Massari 

Igles Corelli 

Gabriele Bonci 

Davide Oldani 

 

 

 

 

 

 

Confcommercio Milano per Amatrice. Sconto al ristorante se doni al 45500

$
0
0

L'invito ai ristoratori milanesi arriva da Lino Stoppani, che presenta una nuova campagna solidale per aiutare il territorio colpito dal sisma del 24 agosto. E lega l'idea dello sconto al ristorante al numero attivato dalla Protezione Civile, così che le donazioni arrivino dirette al mittente. Solo nei week end di settembre: ecco come funziona. 

La macchina della solidarietà non si ferma

A circa due settimane dal sisma che ha colpito il Centro Italia, ferendo irrimediabilmente tanti paesi al confine tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, l'iniziativa di solidarietà a tavola #AMAtriciana continua a imperversare in molti ristoranti d'Italia, e ben oltre i confini nazionali, grazie all'adesione di tanti ristoratori – italiani e non – desiderosi di cimentarsi con un piatto d'amatriciana che omaggi l'identità di un territorio (quello ormai tristemente noto di Amatrice, in provincia di Rieti) e aiuti al contempo i terremotati. Donando loro un contributo concreto tramite la raccolta fondi che fa capo alla Croce Rossa Italiana. L'idea è venuta a Paolo Campana, all'alba del 24 agosto, e l'iniziativa – ben oltre le aspettative iniziali – si è trasformata in una campagna virale. Qualche giorno fa, quando l'abbiamo intervistato, si contavano circa un migliaio di adesioni, ma il numero di attività ristorative coinvolte aumenta costantemente, anche in virtù della semplicità dell'intuizione: 2 euro donati per ogni piatto di amatriciana ordinato nei ristoranti che espongono la locandina dell'iniziativa in vetrina. Un successo inaspettato, dicevamo, di cui beneficia la solidarietà, ma che ha generato una serie di iniziative a caduta più o meno simili, spesso confusionarie, che hanno finito per confondere destinatari e raccolte, tra campagne gemelle, grafiche passate di mano e Iban che cambiano all'occorrenza. Il fine è pur sempre quello solidale, ma il rimpallo qualche polemica l'ha alimentata.

La campagna di Confcommercio Milano. Per la Protezione Civile

E intanto Confcommercio Milano ha deciso di scongiurare il rischio truffe, perdite di memoria e smarrimento fondi (nessun caso accertato finora, ma non si può mai sapere) agganciando l'idea della cena al ristorante alla raccolta fondi che più è circolata nelle ultime settimane, quella che fa capo al numero 45500 attivato dalla Protezione Civile per inviare un sms solidale. “Un piccolo sconto per un grande gesto” si legge sulla locandina dell'iniziativa, con validità limitata ai week end di settembre (dal venerdì alla domenica) nei locali aderenti. L'idea è più o meno la stessa, con la differenza che la donazione avviene senza intermediari (è il cliente che invia l'sms da 2 euro). A fronte di un messaggio inviato, il ristoratore contribuirà ad applicare uno sconto di 2 euro sul conto finale. A prescindere quindi dall'ordine di un piatto di amatriciana. Anche in questo caso i ristoranti aderenti sono riconoscibili per la locandina esposta in vetrina, che ancora una volta fa leva sul piatto di amatriciana.

Un'iniziativa che, a parere di Lino Stoppani - presidente di Epam, Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi, che sotto le sue insegne starebbe per replicare il modello anche su Roma) e vicepresidente milanese e nazionale di Confcommercio – vuole esprimere la solidarietà della categoria ai colleghi delle zone terremotate, dove operano circa 10mila imprese del turismo, ora in grave difficoltà: “L'iniziativa che promuoviamo presso i ristoratori milanesi testimonia quanto il nostro mondo al momento del bisogno sia in grado di unirsi e fare fronte comune per superare le emergenze: con spirito di solidarietà e a prescindere dalle logiche di business”. Bando alle polemiche, dunque: per le prossime settimane i milanesi hanno uno strumento in più per rendersi utili.

Vendemmia 2016, l'Italia resta leader mondiale. E punta a un nuovo record dell'export

$
0
0

Cala la produzione in Francia, resta stabile il dato in Spagna, e l'Italia si mantiene salda in testa, con una produzione stimata di 48,5 milioni di ettolitri, grazie alle favorevoli condizioni climatiche di fine estate. La sfida su export e qualità. 

Buone notizie dalla vendemmia 2016

L'Italia manterrà anche nel 2016 la leadership mondiale nella produzione di vino, davanti a Francia e Spagna, che prevedono rispettivamente un calo del 10% a 42,9 milioni di ettolitri, per il clima avverso, e un raccolto stabile a 42-43 mln/hl. I dati previsionali di Ismea e Uiv, presentati al Mipaaf per dall'Osservatorio del Vino, indicano una produzione per l'Italia di 48,5 milioni di ettolitri, in contrazione del 2% rispetto al 2015, che è stata un'annata abbondante. In generale, si resta ben al di sopra della media dei raccolti degli ultimi cinque anni. Dopo una primavera non sempre favorevole, l'estate si sta chiudendo con ottime condizioni. Un andamento climatico generalmente favorevole (anche se a livello locale qualche intoppo c'è stato) e l’entrata in piena produzione di nuovi vigneti al posto di quelli più obsoleti sono le ragioni di questa stima preliminare.

I dati regionali. Male Campania e Sicilia

Dal punto di vista territoriale c'è disomogeneità tra regioni confinanti, ma anche all’interno delle stesse regioni. Tra le prime quattro, solo la Sicilia mostra una flessione (-15%), mentre in lieve crescita si stimano le produzioni di Veneto, grazie all’entrata in produzione dei nuovi impianti, Puglia ed Emilia Romagna. Lombardia Trentino Alto Adige, invece, hanno sofferto maggiormente le incertezze climatiche. Friuli sopra le medie nonostante un lieve calo; in recupero sia il Piemonte sia la Valle d'Aosta. In sensibile diminuzione Toscana e Umbria (entrambe -8%), stabile la Liguria, mentre sono positive le produzioni in Lazio, Abruzzo, Molise e Marche. Complessa la situazione in Campania, che ha subito alluvioni e gelate, che causeranno probabilmente la perdita di un 20% del raccolto. Bene Calabria e Basilicata, stabile la Sardegna (tutti i dati nel grafico).

La qualità. Attese positive

Sul fronte qualitativo delle uve, sarà decisivo il clima di settembre e di ottobre, in modo particolare per alcune varietà rosse. Secondo la ricognizione regionale di Uiv e Ismea, le attese sulla qualità appaiono decisamente positive, con possibilità di avere ottimi vini e prospettive “eccellenti” per i rossi. Un giudizio analogo sulla qualità del raccolto è stato espresso da Assoenologi, che ha diffuso le sue previsioni sulla vendemmia 2016: 48,9 milioni di ettolitri (-1%) e qualità che fa presagire un millesimo 2016 da ricordare: “Se le prossime settimane decorreranno nel modo più opportuno, ossia con giornate ricche di sole e giuste precipitazioni” spiega il presidente Riccardo Cotarellale possibilità di mantenere l’ottima qualità sinora registrata, con la produzione di vini bianchi profumati, con un giusto equilibrio di acidità, alcolicità, finezza, e vini rossi armonici, ricchi di struttura, dai profumi complessi e da lungo invecchiamento, ci sono tutte”.

L'export e i buoni propositi del Ministro. Verso un nuovo record

Il primato italiano in volume non basta” commenta il presidente dell'Osservatorio del vino e di Uiv, Antonio Ralloperché occorre garantire una buona redditività ai nostri viticoltori. L'Italia lo può fare sia imprimendo un nuovo slancio all'export, sia tornare a investire su un mercato interno che finalmente sta tornando a crescere, come testimoniano i dati sull'horeca dei primi mesi dell'anno”. Il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, va oltre e lancia la sfida ai mercati, ricordando anche la giornata dedicata al vino italiano il 9 settembre sulla piattaforma di e-commerce cinese Alibaba: “L'Italia si conferma primo produttore di vino al mondo per quantità, ma ora dobbiamo diventare leader anche per valore. Abbiamo un sistema vitivinicolo da oltre 14 miliardi di euro, con un export che nel 2015 ha toccato il record dei 5,4 miliardi e che nei primi cinque mesi del 2016 ha registrato un trend in crescita”. Obiettivo certamente ambizioso, considerando che la Francia nel 2015 ha esportato vini per oltre 9 miliardi di euro. Intanto, l'attuale trend di crescita del commercio con l'estero registrato tra gennaio e maggio (+5%) potrebbe consentire all'Italia di superare a fine anno il record dei 5,4 miliardi di euro registrati a fine 2015.

 

a cura di Gianluca Atzeni

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Basilicata

$
0
0

Il Vulture mantiene ancora il primato. Ma la Basilicata del vino è pronta per fare emergere nuovi territori, ne abbiamo avuto prova nelle batterie di assaggio e nelle finali della guida Vini d'Italia 2017.

La Basilicata del vino è un giacimento prezioso finora sfruttato solo in parte. La maggior parte dei consumatori è familiare con la più importante denominazione regionale, l’Aglianico del Vulture, che recentemente ha ottenuto, per la tipologia Superiore e Superiore Riserva, la denominazione d’origine controllata e garantita.

Ed è proprio l’Aglianico che nasce dai contrafforti del Vulture fino a Venosa che vengono le etichette più rappresentative della regione. Quest’anno sono quattro i vini premiati, tre di questi, quelli di Terre degli Svevi, Cantine del Notaio e Titolo sono degli habitué dei Tre Bicchieri, mentre l’ottimo Gricos ’14 di Grifalco di Lucania debutta felicemente nel club dei vini premiati.

Il dato importante emerso dalle degustazioni è che nelle nostre finali erano ben 18 i vini lucani. Tutti Aglianico del Vulture, con l’unica stimolante novità del Vulcano 800 di Terre dei Re, un elegante pinot nero che nasce in alta quota e che ci dà la percezione delle potenzialità di questo straordinario terroir.

L’epopea dei vini etnei forse sta contagiando anche la tranquilla Basilicata? Vedremo nascere nuove aziende e affermarsi nomi della tradizione sul mercato internazionale nei prossimi anni? Sinceramente ce lo auguriamo, perché gli ingredienti per una storia di successo qui ci sono tutti. Mentre chiudiamo quest’edizione della Guida la notizia che un marchio storico come Paternoster sia stato acquisito da un gruppo importante come la veneta Tommasi Viticoltori – che si affianca alle acquisizioni recenti della Feudi di San Gregorio (Basilisco) e del gruppo Farnese (Vigneti del Vulture), per non parlare di una realtà ormai consolidata come Terre degli Svevi del GIV, non fa che avvalorare quest’ipotesi. Uva, territorio e clima sono tra i più felici del meridione per una produzione di vini di classe, e il successo del brand Paternoster (che inanella ben due vini alle nostre finali) è emblematico di queste potenzialità.

Ma la Basilicata del vino non si limita al comprensorio del Vulture. Ci sono denominazioni che stanno lavorando per emergere. Grottino di Roccanova, Terre dell’Alta Valdagri e soprattutto la denominazione Matera danno incoraggianti segnali di attività. Soprattutto quest’ultima, che si declina in varie tipologie, tra le quali Moro e Primitivo sembrano le più promettenti, siamo sicuri che in un immediato futuro potranno affiancare il Vulture nell’esprimere in modo più articolato il grande potenziale qualitativo dell’enologia lucana.

 

Aglianico del Vulture Gricos 2014 Grifalco della Lucania

Aglianico del Vulture Il Repertorio 2014 Cantine del Notaio

Aglianico del Vulture Re Manfredi 2013 Re Manfredi - Cantina Terre degli Svevi

Aglianico del Vulture Titolo 2014 Elena Fucci

 

Anteprima Tre Bicchieri. Campania

Anteprima Tre Bicchieri. Calabria

Anterpima Tre Bicchieri. Toscana

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia


Ricette di pesce d'autore. Angelo Sabatelli, Dal Corsaro e La Madia

$
0
0

Dopo un viaggio (e nove ricette) lungo le coste della Penisola, approdiamo in Puglia, Sicilia e Sardegna. E vi regaliamo le ricette di Angelo Sabatelli, Stefano Deidda e Pino Cuttaia

Angelo Sabatelli

Ha viaggiato parecchio Sabatelli e ancora non si è stancato (a febbraio è previsto il trasferimento in una location ancora top secret). Quasi vent’anni nelle tavole gourmet delle più grandi catene alberghiere e nei resort più prestigiosi a spasso per l’Asia. Poi Monopoli e Masseria Spina, dove basta percorrere una stradina sterrata costeggiata da ulivi, poco lontano dal mare e dal centro di Monopoli, per godere di un'evasione gastronomica a tutto tondo. Ebbene sì, anche in Puglia si può andare oltre i piatti regionali, senza nulla togliere ai canonici pasta fatta in casa o crudo di pesce, rimanendo radicati al gusto e alla cultura del territorio. Questo grazie alla grande capacità tecnica di uno degli chef di maggiore talento della Puglia. La sua cucina è infatti efficace, intensa, cosmopolita e allo stesso tempo tra le più interessanti e rappresentative del Sud. Ai lettori del Gambero Rosso regala la ricetta degli Spaghettoni al sugo di scorfano, “un piatto semplice, fresco e di stagione" .

Angelo Sabatelli | Monopoli (BA) | viale A. Moro, 27 c.da Spina, 437 | tel. 080 802396 | www.angelosabatelliristorante.com

 

Spaghettoni al sugo di scorfano (per 4 persone)

Per la polvere di olio

25 ml di olio extra vergine d'oliva

50 g di maltodestrina di tapioca

In una ciotola mettere la maltodestrina e con l’aiuto di una frusta incorporare l’olio di oliva a filo, come per fare una maionese. Quando l’olio è ben incorporato conservare il composto in un contenitore ermetico fino ad utilizzo.

Per gli spaghettoni

600 g di scorfano

240 g di spaghetti

100 ml di olio extra vergine d'oliva

1 spicchio d'aglio (intero)

1 pizzico di peperoncino

100 g di salsa di pomodori fiaschetto

10 foglie di basilico (50% tagliato a julienne)

200 g di ghiaccio

120 g di petali di pomodoro candito (tagliati a cubetti)

20 g di buccia di limone candita (tritata)

Sale q.b.

Squamare, eviscerare e sfilettare lo scorfano, rimuovere tutte le spine, la pelle e tagliare il tutto a cubetti. Mettere in un contenitore ermetico e conservare in frigo fino al momento dell’utilizzo. In una pentola grande rosolare lo spicchio d’aglio in olio extra vergine; non appena dorato, rimuoverlo e aggiungere la lisca (tagliata in piccoli pezzi) e continuare a rosolare per 5 minuti circa o fino a quando la lisca non avrà acquisito un bel colore dorato. Aggiungere il peperoncino e la salsa di pomodoro, le foglie di basilico e il ghiaccio. Portare a bollore, ridurre il fuoco e far cuocere per circa 20/30 minuti massimo. Passare la salsa ottenuta in una padella, aggiungere i petali di pomodoro e il limone canditi, la julienne di basilico e far ridurre leggermente. Scolare la pasta cotta in abbondante acqua salata, aggiungere la polpa di scorfano e mantecare. Correggere di sale se occorre, impiattare e spolverare con un cucchiaio di olio in polvere per porzione. Servire.

Dal Corsaro

Fondato negli anni '60 dal nonno Filippo, oggi Dal Corsaro è sotto la guida di Stefano Deidda, cheè riuscito a dare un’impronta innovativa e molto personale al locale, grazie anche alle importanti esperienze avute, a partire da Antonino Cannavacciuolo fino ad arrivare a Martin Barasategui in Spagna. Tant'è che la sua cucina, creativa, tecnica e con moderne riletture di ingredienti del territorio, è tra le più convincenti della regione. Volendo, poi, potete approfittare della formula bistrò (e quindi low cost) nell'annesso Fork, ricavato in un'apposita sala del locale. Il piatto che propone è a base di muggine affumicato, pomodoro e yogurt. Di seguito la ricetta.

Dal Corsaro | Cagliari | viale Regina Margherita, 28 | tel. 070 664318 | www.stefanodeidda.it

 

Muggine affumicato, colatura di pomodoro e neve di yogurt (per 6 persone)

Per il muggine

1 muggine da circa 1 Kg

1 l di acqua

70 g di sale

50 g di zucchero

Sfilettare il muggine, immergerlo in una salamoia preparata con acqua, sale, zucchero e lasciare in immersione per 40 minuti circa a 5° C. Una volta terminata la salamoia, asciugare i filetti e affumicarli a freddo con uno smoker e segatura di betulla. Porre all'interno di una gastronorm chiusa con la pellicola per circa 20 minuti. Successivamente cuocere i filetti in buste sottovuoto a una temperatura di 52° C per 15minuti, abbattendo in positivo.

Per la colatura di pomodoro

500 g di pomodori

1 costa di sedano

2 scalogni

1 peperone

4 foglie di basilico

200 g di cetriolo

5 g di xantano

Precedere come per un gazpacho e filtrare tutto con una stamina a trama fine in modo da ricavare un liquido trasparente e molto profumato. Aggiustare di sale, texturizzare con un po' di gomma xantana ed eliminare l'aria con una macchina per il sottovuoto.

Per la neve di yogurt

500 g di yogurt di capra

30 g di zucchero

150 g di acqua

Germogli q.b.

Mescolare lo yogurt con l'acqua e lo zucchero quindi congelare in freezer. Una volta congelato il composto, grattare con una forchetta in modo da ottenere la neve.

Impiattare il muggine su un piatto fondo, aggiungere la colatura di pomodoro e completare con la neve di yogurt e i germogli aromatici che possono variare in base al taglio che vogliamo dare al piatto. Lo chef consiglia i germogli di finochietto selvatico, basilico, erba cipollina, acetosella, rapa.

La Madia

Quarantatré anni, tre figli e una moglie, Loredana, con la quale nel 2000 ha inaugurato a Licata una fra le tavole migliori d’Italia. Lui è Pino Cuttaia, che dopo aver lavorato nelle cucine di Sorriso a Soriso e Il Patio a Pollone, è tornato nel suo paese d'origine. Punto di partenza della sua cucina è infatti il ricordo di un vissuto, un'eco d'infanzia, un fermo immagine di una Licata d'altri tempi. E nella volontà di esprimere la sua memoria risiedono la ragione e l'ostinazione eroica a rimanere sin dagli inizi qui, nella sua terra, in questa fetta di costa più anonima compresa fra l'est barocco e l'ovest dei Templi. Ecco perché i piatti dello chef siciliano sono estremamente intimi e personali. E qui ci svela la ricetta di Sapori di mare.

La Madia | Licata (AG) | corso Filippo Re Capriata, 22 | tel. 0922 771443 | www.ristorantelamadia.it

Sapori di mare - Pino Cuttaia

Sapori di mare (per 4 persone)

Per il latte di mandorla

200 g di mandorle

200 g di acqua minerale naturale

Mettere le mandorle in acqua in ebollizione, ritirare dal fuoco e una voltatiepide, pelare e frullare con due dita di acqua. Dopo aver fatto riposare, passare tutto attraverso un telo. Fare un po' restringere, a fuoco dolce, il latte di mandorle.

Per le lenticchie

100 g di lenticchie di Ustica

Olio extravergine d'oliva

Cuocere le lenticchie in poca acqua leggermente salata, scolare, porre in una placca e far completamente asciugare in forno a 60° C. Infine friggerle in poco olio ben caldo fino a farle diventare croccanti.

Per le vongole

200 g di vongole veraci

3 g di colla di pesce

Mettere la colla di pesce a bagno in acqua fredda. Aprire le vongole a vapore in modo che trattengano la propria acqua. Scaldare leggermente questo liquido e far sciogliere la colla di pesce strizzata. Versare il composto nel sifone.

Per la seppia

1 seppia di circa 300 g

100 g di polpa di ricci di mare

200 g di zucchine verdi

100 g di asparagi di mare

Sale q.b.

Pulire la seppia, spellarla e utilizzare solo il manto. Scottarlo per 2 minuti nell'acqua in ebollizione, poi passare in acqua e ghiaccio, asciugare e tagliare a listarelle sottili, simili alle fettuccine. Spuntare le zucchine e affettarle sottilissime nel senso della lunghezza, utilizzando il pelapatate, poi saltarle leggermente in padella con un filo d'olio.

Versare il latte di mandorle al centro del piatto poi, procedendo a strati, adagiare prima le alghe di mare, le zucchine, di seguito le vongole sgusciate, le listarelle di seppia, la polpa di ricci e infine la schiuma di mare ottenuta con il sifone. Guarnire il piatto con le lenticchie fritte, alcune intere e altre polverizzate, a simulare i sassolini e la sabbia di mare.

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Per leggere Ricette di pesce d'autore. Balzi Rossi, Lorenzo e La Pineta clicca qui

Per leggere Ricette di pesce d'autore. Pascucci al Porticciolo, Monastero Santa Rosa e La Torre del Saracino clicca qui 

Per leggere Ricette di pesce d'autore. Guido, Uliassi e La Madonnina del Pescatore clicca qui 

 

 

Made in Malga 2016: i migliori produttori di formaggio d’alpeggio ad Asiago

$
0
0

Dall’8 all’11 settembre negozi, enoteche e locali di Asiago si trasformano in banchi di assaggio: per scoprire le specialità prodotte sopra i 600 metri dei migliori 100 produttori d’Italia.  

I migliori formaggi d’alpeggio italiani ad Asiago: è la quinta edizione di Made in Malga, festival che celebra il formaggio prodotto nelle zone montuose. Dall’8 all’11 settembre negozi, enoteche, ristoranti e hotel di Asiago ospiteranno le eccellenze prodotte esclusivamente sopra i 600 metri: saranno 100 quest’anno gli espositori che proporranno a visitatori e appassionati i formaggi di malga e altre specialità.

Il programma di Made in Malga

Un week end in cui la città di Asiago si trasforma: ogni produttore sarà “affidato” a un negozio del centro, perché possa diventare vetrina per scoprire sapori insoliti e prodotti di nicchia. Tutte le attività commerciali coinvolte garantiranno ai visitatori di percorrere un ideale tour sensoriale, una tappa dopo l'altra, dove assaggiare non solo i formaggi, ma anche vini e birre di montagna, salumi, marmellate, miele e altre specialità. La mappa costituisce dunque il miglior programma della manifestazione, che prevede anche escursioni alla volta dei caseifici dell’Altopiano dei Sette Comuni di Asiago.

Ogni punto d’assaggio ospiterà inoltre degustazioni, percorsi tematici, laboratori e incontri sul formaggio e sulle sue tecniche di produzione. E ogni giorno in piazza Carli L'Osteria di Montagna proporrà i piatti tipici della malga - dagli assaggi di formaggi e polenta, alla tosella, passando per gnocchi e soppressa - accompagnando il tutto con birre artigianali e vini prodotti oltre i 600 metri. Da segnalare le escursioni in Val Formica, al Monte Zebio e al Monte Fior, i laboratori sulle produzioni non solo di burro e formaggi, ma anche sulla tintura naturale della lana e sulla realizzazione del sapone.

I protagonisti e i punti d’assaggio

Sono 10 i produttori del Consorzio Tutela Asiago DOP, 25 quelli provenienti dal Veneto, 14 i trentini, 11 i lombardi, 5 provenienti dall’Emilia Romagna e 6 piemontesi. Le regioni dalle produzioni più contenute sono invece quelle del Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Marche e Abruzzo con due espositori a testa, e poi ancora Lazio, Molise, Umbria, Basilicata, Puglia e Sardegna con uno.

 

Made in Malga | Asiago (VI) | dall'8 all'11 settembre | Per conoscere tutti gli espositori presenti al festival www.madeinmalga.it

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

Taverna Volpetti a Roma. La storica gastronomia di Testaccio apre un ristorante, ma è solo l’inizio

$
0
0

Il progetto di rilancio del marchio fa capo alla nuova proprietà Tomljanovich/Respighi, che un anno fa acquistava la celebre attività di Testaccio con l'idea di proporre una ristorazione di qualità complementare all'offerta dell'adiacente gastronomia. E mentre si profilano nuovi cantieri, la Taverna esordisce con pranzo, aperitivo e cena. Anticipando nuove aperture a Roma e Londra. 

Il nuovo Volpetti. Non solo gastronomia

A Roma Volpetti significa gastronomia di qualità da oltre 40 anni. E la sua longevità gli ha assicurato una fama che travalica i confini cittadini – ben segnalata anche sulle guide degli stranieri in visita alla Capitale – forte di una storia legata a doppio filo col fascino anteguerra del quartiere che ospita l'insegna, su via Marmorata, al limitare dell'enclave assieme popolare e radical chic di Testaccio. Un anno fa, all'inizio di agosto 2015, la proprietà del marchio di famiglia è passata a Matteo Tomljanovich e Lorenzo Respighi (entrambi in arrivo da esperienze dirigenziali in grandi multinazionali e in passato “in affari” con Bottega Liberati), che in società hanno deciso sin dall'inizio di sviluppare il marchio, sommando al prestigio del negozio storico una proposta di ristorazione all'altezza del nome, cavalcando un trend attuale in molte città d'Italia (a Roma ricordiamo l'esempio della Tradizione, con Secondo Tradizione, e, in corso d'opera, la sfida di Ercoli).

Oltre la tavola calda. Ristorazione di qualità

In realtà, chi è pratico del quartiere ricorderà la preesistente doppia anima di gastronomia e tavola calda che fino a qualche tempo fa si è articolata tra via Marmorata e via Volta (next door, around the corner), con Volpetti e Volpetti più: due spazi finora indipendenti per limiti fisici - le mura che dividono i locali, inframezzati da un negozio di calzature – e perimetro d'azione. Un rapporto stabile (se non statico) che negli ultimi vent'anni si è incanalato su binari ben precisi per rispondere alle esigenze di una clientela piuttosto abitudinaria. E così mentre la gastronomia continuava a proporsi come punto di riferimento per fini gourmet, la tavola calda si adagiava sugli allori di un'offerta senza guizzi, limitando le potenzialità di un catalogo di materie prime pressoché enciclopedico, selezionate dal meglio delle produzioni nazionali e non solo. Ecco perché la missione più ambiziosa della nuova squadra alla guida dell'azienda sarà quella di attivare un dialogo proficuo tra le due realtà, fino a portarle a interagire nello spazio unico che verrà quando problemi tecnici e burocratici saranno appianati.

La Taverna Volpetti

Ma procediamo con ordine: già dall'inizio della prossima settimana, infatti, il primo “modulo” del progetto sarà operativo, là dove un tempo c'era Volpetti Più, in uno spazio completamente rinnovato sotto l'insegna di Taverna Volpetti. “Con l'idea di riassumere il concetto di tavola calda e trattoria di qualità perché il risultato riconduca allo stile Volpetti” ribadisce Matteo Tomljanovich, che a ripensare il perimetro della ristorazione by Volpetti per rispolverare i fasti di un tempo - “tra gli anni '80 e '90 la famiglia aveva messo insieme una cantina gloriosa” - sembra tenerci moltissimo. Quindi cosa dobbiamo aspettarci dalla nuova Taverna? “Un'esperienza di consumo tranquilla, cucina della tradizione romana e italiana ben eseguita, con materia prima di livello in arrivo dalla nostra gastronomia”. E così anche il menu, breve e giornaliero, dovrebbe essere agile, pronto a muoversi su e giù per l'Italia secondo disponibilità dei prodotti e – perché no – esigenze del cliente: “Se per assurdo qualcuno dovesse richiedere pizzoccheri con Casera, noi sappiamo di poterlo accontentare attingendo ai prodotti disponibili alla porta accanto”. D'altronde proprio la facilità di approvvigionamento della cucina consentirà alla taverna di mantenere prezzi moderati, “per contro alla nomea di Volpetti, che ci vuole tra le gastronomie più esclusive e costose in città”. Per il momento si apre a pranzo, cena e per l'aperitivo.

Aperti per pranzo, aperitivo e cena

A mezzogiorno la formula resterà quella della tavola calda, con buffet e qualche piatto espresso, per non disorientare troppo la clientela abituale, non troppo preoccupata di comprendere lo stile Volpetti e piuttosto in cerca di una soluzione rapida ed economica per risolvere la pausa pranzo. A cena invece si lavorerà su pochi piatti in arrivo dalla cucina, che nel frattempo ha raddoppiato gli spazi riutilizzando il vecchio magazzino e in futuro sarà d'appoggio anche per la gastronomia. Fermo restando l'impronta italiana, l'idea è quella di proporre temi giornalieri a rotazione settimanale (il giovedì quinto quarto, martedì e venerdì pesce, e via dicendo). Durante l'aperitivo, invece, l'offerta sarà quella di una salumeria di qualità, con taglieri e vino alla mescita. E proprio sulla cantina si ripongono grandi speranze (e investimenti, fino a 100mila euro) per il futuro: a coordinare il comparto è già arrivato Matteo Ventricini, la carta comprenderà una selezione di etichette italiane e francesi, con tante soluzioni convenienti al calice, ma anche referenze di prestigio per chi è disposto a spendere di più.

Progetti per il futuro. Colazione, macelleria e nuove aperture

Intanto si lavora sul progetto colazione, in divenire: presto la Taverna aprirà anche di mattina, proponendo la sua carta di caffé (macchina, sifone e filtro saranno operativi da subito) e dolci in arrivo da pasticcerie della zona, “ma vorremmo perfezionare una linea Volpetti, dal krapfen al croissant francese”. Ma si lavora su più fronti, con l'idea di aprire altri due punti vendita in città (di cui uno, ma siamo nel campo dei rumors, potrebbe inaugurare all'interno della nuova Rinascente pronta a settembre 2017 a Via del Tritone) e uno a Londra, zona Notting Hill. In società con lo studio di architettura di Ilaria Petreni, già nota a Roma per i progetti di Caffè Propoganda e Madeleine, che ha curato il rinnovamento dei locali di via Alessandro Volta. Dalla prossima settimana, chi entrerà alla Taverna difficilmente riconoscerà il vecchio spazio: sparito l'ingombrante banco di un tempo, un banco di dimensioni più ridotte per mescita, fritti e tavola calda è stato allestito in fondo alla sala, che ora potrà accogliere fino a una sessantina di commensali. Il gusto si è orientato sul recupero della Testaccio che fu, con pavimento in graniglia in rosso e giallo, mattoni, archi e volte di fine Ottocento liberati dall'ingombrante controsoffitto, scaffalature in noce alle pareti, strutture in ferro: “Siamo partiti dal recupero dello spazio storico per arrivare a ripensare una trattoria degli anni Cinquanta, senza folclore. E intercettando nuove tendenze, integrate con lo stile dell'epoca”. L'elemento più caratteristico sarà quindi la struttura in ferro con qualche sgabello che simulerà una salumeria nella salumeria, mentre sugli scaffali troveranno posto i prodotti della gastronomia. Un inizio che fa ben sperare per il cantiere futuro che coinvolgerà la gastronomia, quando i problemi tecnici saranno appianati. L'esito dei lavori porterà i due locali a comunicare, con sorpresa aggiunta: una macelleria di qualità per rispolverare l'eredità norcina della famiglia Volpetti. 

 

Taverna Volpetti | Roma | via Alessandro Volta | da lunedì 12 settembre, 10.30-15.30/17.30-23, domenica chiuso | www.volpetti.com

Volpetti | Roma | via Marmorata, 47

 

a cura di Livia Montagnoli

Ttip. Davvero dobbiamo essere contenti se l'accordo salta?

$
0
0

Due economisti – uno a favore, l'altro contro - e un politico per spiegare che succede se fallisce il Ttip, il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti.

Il Ttip

Tra le sigle diventate familiari c'èil Ttip, il Transatlantic Trade and Investment Partnership, il trattato di libero scambio tra Europa e Stati Uniti per il commercio e gli investimenti: un negoziato che vuole regolamentare gli scambi commerciali tra le due sponde dell'Atlantico, mediante una serie di punti che disciplinano l'accesso al mercato (appalti pubblici, abolizione dei dazi doganali); la cooperazione normativa sugli standard produttivi (che include sicurezza alimentare, uso di chimica e Ogm) e norme in tema di sviluppo sostenibile, protezione degli investimenti, controversie tra governi. L'accordo riguarda diversi settori: farmaceutico, cosmetico, ingegneristico, tessile, automobilistico, agroalimentare e promette di rivoluzionare l'assetto commerciale globale. Ma è molto controverso e nelle ultime settimane le voci contrarie si sono moltiplicate, non solo per la campagna Stop Ttip, che coinvolge associazioni ambientaliste, reti contadine, movimenti sociali e singoli cittadini, ma anche per la presa di posizione di alcuni Paesi dell'Unione Europea.

 

Il punto della situazione

A inizio settembre il Ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel dava per falliti i negoziati per il Ttip, subito smentito da Angela Merkel: mentre la Francia ha rincarato (nuovamente) la dose chiedendo ufficialmente, per voce del Segretario di Stato al Commercio Estero Matthias Fekl, l'interruzione delle discussioni, auspicando il blocco dei negoziati, per ripartire su basi più solide.

A rendere tutto più incerto è l'attuale contingenza politica, a un passo dalle elezioni americane che vedranno la nomina del successore di Obama, sostenitore dei trattati, a differenza dei due candidati Hillary Clinton e Donald Trump. All'esito delle elezioni del Presidente degli Stati Uniti rimanda Francoise Hollande l'appoggio francese. Mentre, per il portavoce rappresentante commerciale degli USA Michael Froman, le trattative sul Ttip non sono ancora congelate.

 

Cosa sta succedendo?

A fine giugno i capi di governo europei hanno confermato il mandato alla Commissione per continuare i negoziati. Davvero Francia e Germania vogliono affossare il negoziato?  “Le dichiarazioni tedesche e francesi"  dice Paolo De Castro (Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale al Parlamento Europeo) "sono legate e a questioni di politica interna, la ricerca di consenso si gioca anche su un tema che ha suscitato molte polemiche”. Un anticipo di campagna elettorale per le presidenziali del 2017, insomma. Anche perché, ribadisce De Castro, non ci sono novità rispetto al 14esimo round negoziale di luglio. Altre tappe previste? “No, almeno fino a dopo l'8 novembre”. Il dopo-elezioni Usa avrà comunque una coda lunga: bisognerà vedere non solo chi vincerà, ma quali politiche metterà in campo; con molta probabilità, si rimanda tutto alla prossima primavera, “sempre che il trattato si faccia”. Perché non è impensabile uno stop definitivo alle trattative.

Sui negoziati del Ttip pesa senz'altro, di qua e di là dell'oceano, la cattiva reputazione di cui gode questo trattato. In Europa anche per la poca trasparenza che ne ha accompagnato i primi passi e alla scarsa o cattiva informazione. “Ora i documenti si possono leggere, il sito della Commissione Europea è molto dettagliato” dice Luca Salvatici, del Dipartimento di Economia dell'Università Roma Tre e sostenitore dell'accordo, che sollecita un'informazione il più possibile completa su un tema complesso che orienta l'opinione pubblica e genera reazioni forti, talvolta emotive. (Per saperne di più si può leggere il sito della Commissione europea o i nostri approfondimenti: 6 punti per capire il TtipAccordo di libero scambi: rischio o opportunita?).

 

E quali sono i rischi se il Ttip salta?

La domanda non è cosa succede di negativo se salta il trattato, ma cosa non succede di positivo. Io credo che dal Ttip possano nascere cose buone” dice Luca Salvatici, che aggiunge “Il punto non è se ci siano benefici o danni, ma conseguenze grandi o piccole: è più realistico immaginare che non ci saranno effetti immediati di grande portata”. Secondo l'economista, la partita si gioca sulle normative: “I dazi, tutto considerato, sono cosa secondaria. Le modifiche più importanti si hanno sulle regolamentazioni, gli appalti pubblici, le indicazioni geografiche”. Che hanno conseguenze a lungo termine. “Pensiamo che il trattato di Roma, che istituisce la Comunità Economica Europea, è del 1957” dice, e continua: “Leggo valutazioni fatte sulla situazione attuale, come se fosse destinata a rimanere questa in eterno. Non è così: noi possiamo decidere di non fare questo accordo, ma nel frattempo gli altri Paesi ne fanno a loro volta”. Il confronto sarà con il panorama che oggi si sta formando, anche con i trattati come il Ttip, il Tpp stretto tra Usa e 11 Paesi dell'area del Pacifico e Asia (tra cui alcuni cardine come Singapore, Giappone, Australia) e il Ceta (tra Ue e Canada). “Attualmente rimane fuori dagli accordi la Cina; è lì che l'Europa dovrebbe guardare” dice Salvatici “è una provocazione, ovviamente, perché se abbiamo timore con gli Stati Uniti, figuriamoci con la Cina”.

In questa realtà mutevole, anche dal punto di vista commerciale, rimanere immobili è un rischio. “Il vantaggio del Ttip” spiega De Castro “è soprattutto l'essere protagonisti di un tavolo di trattative che ci riguardano: se non prenderemo noi queste decisioni, dovremo adeguarci a quelle degli altri”. Con molta probabilità, ben lontane dalle nostre esigenze: gli standard normativi e qualitativi che vogliamo tutelare non sono gli stessi di paesi extra UE. “L'Europa non deve abdicare al suo ruolo e precedere, perché stare fermi e non fare niente, mentre il resto del mondo va avanti con accordi e trattative, ha un costo infinitamente maggiore. Prima di bocciare i trattati, bisogna vedere come saranno”. Del resto De Castro ha più volte dichiarato che peggio di così non può essere

 

I modelli di sviluppo

Sono per la varietà dei sistemi di sviluppo” dice Salvatore Monni (Dipartimento di Economia dell'Università Roma Tre) che non nasconde la sua contrarietà a questo accordo, spiegando “ogni Paese ha delle caratteristiche specifiche e un modello economico e commerciale a esse idoneo che bisogna tutelare, un po' come per la biodiversità”. L'Europa è fatta di piccole realtà (soprattutto per l'agroalimentare) che sarebbero schiacciate dalla competizione con aziende di grandi dimensioni di tipo americano. E aggiunge: “Andrebbero fatti accordi bilaterali per la tutela della specificità di ogni modello di sviluppo”. Che include anche questioni come welfare e normative produttive e burocratiche (basti pensare agli Ogm): eliminare le barriere metterebbe in competizione realtà completamente diverse, facendo scomparire il nostro modello. Nei fatti, però, non avviene già questa presenza delle grandi imprese sul nostro territorio? “Infatti: le multinazionali non hanno certo bisogno di accordi, si muovono già con disinvoltura sui mercati globali” risponde Salvatici “Semmai sono i piccoli che hanno bisogno di accordi per riuscire a entrare nel mercato globale. Il Ttip potrebbe far uscire fuori cose buone anche per le piccole imprese”, oggetto di uno dei punti del trattato.

 

Il panorama internazionale

Mentre da questa parte del mondo si continua a discutere, di là dall'Oceano, da quasi un anno, gli accordi sono stati raggiunti tra Usa e 11 Paesi dell'area Asia Pacifico, per la diminuzione progressiva dei dazi doganali fino alla completa eliminazione. Questo ci mette in una condizione svantaggiata? In parte: se il Ttip salta le nostre merci avranno costi aggiuntivi rispetto a quelli dei Paesi del Tpp. Ma questo non sembra allarmare nessuno: “si tratta di modelli di sviluppo troppo diversi per una valutazione di questo genere” ribadisce Monni. Per Salvatici, invece, non è un punto essenziale, perché parliamo di prodotti e realtà completamente diverse: nessuno sceglierà mai una pasta di Singapore invece che italiana per questa ragione.

Perché questa doppia velocità nel definire gli accordi? I motivi sono diversi. Dopo l'accordo raggiunto con l'Asia, gli Stati Uniti hanno meno interesse di chiudere il trattato con l'Europa, dato che cambiano gli equilibri nel panorama complessivo. “Inoltre è impopolare” dice De Castro “tanti, anche negli Usa, guardano con diffidenza all'accordo con l'Europa” temendo conseguenze sull'occupazione. Come spiegare questa difficoltà nel giungere a un accordo? “Il saldo tra Stati Uniti ed Europa è a vantaggio dell'Europa, siamo noi a esportare di più e ad avere maggiore interesse a chiudere l'accordo; ovvio che gli Usa preferiscano lavorare dove c'è più possibilità di sviluppo: e oggi i mercati più profittevoli sono quelli asiatici”. La trattativa ora è fortemente sbilanciata. Come è emerso anche dai documenti pubblicati mesi fa, che mostravano una UE disponibile a trovare un accordo che assicurasse un più semplice accesso al mercato statunitense e un riconoscimento delle denominazioni, e gli Usa fermi sulle loro posizioni.

Non solo, aggiunge Salvatici: “L'Europa può apparire come un partner instabile” perché il Ttip deve essere approvato non solo dal Parlamento Europeo, ma (ed è la prima applicazione della procedura decisa con l'accordo di Lisbona), dai singoli Parlamenti dei Paesi dell'Unione “ed è a rischio di strumentalizzazioni per questioni di politica interna”. Mentre sull'altra sponda del Pacifico gli accordi proseguono senza rischi di frenate perché non è necessario avere l'unanimità.

Dunque, l'UE può diventare marginale sullo scacchiere internazionale? “Come dimensione economica l'Ue è più forte, ma la crescita e le dinamiche di sviluppo sono maggiori dall'altra parte”, dice De Castro. “Ma gli Stati Uniti sono il nostro principale partner commerciale, e non capisco come sia possibile mancare questo obiettivo. Come se si fosse persa la fiducia nel ruolo dell'Europa” aggiunge. Anche Salvatore Monni ricorda che il Ttip non è solo un fatto commerciale, ma politico: “rafforzare il legame tra Usa ed Europa allontana l'entrata della Cina nel Vecchio continente, partner storico degli Usa”. Meno probabile, invece, che un fallimento del Ttip possa influenzare il Ceta, “anche se, come prima conseguenza”, aggiunge De Castro “si parla del Ceta come di un mini Ttip. L'accordo è stato trovato, ma bisogna solo ratificarlo. In teoria, non dovrebbero esserci passi indietro”.

 

Normative e denominazioni

A fronte dell'orgoglio italiano nel rivendicare a voce il valore dei prodotti, deve seguire un impegno concreto perché questo valore venga riconosciuto. Tra i temi caldi del Ttip, proprio la tutela del prodotto: “Attualmente” dice Paolo De Castro “9 prodotti venduti su 10 negli Usa sono falsificazioni, e il fenomeno chiamato Italian Sounding (ndr: a livello mondiale genera un giro di affari di 54 miliardi di euro l'anno secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, oltre 3 punti di PIL italiano) è così diffuso che in America chi compra prodotti falsificati non ne è assolutamente consapevole” Nel mondo più della metà dei prodotti venduti come italiani non sono made in Italy. L'entrata in vigore del Ttip potrebbe contribuire al recupero di una parte di questo mancato guadagno.

Il trattato negoziale è l'occasione per mettere in piedi delle procedure” spiega ancora Salvatici“Non è credibile un'invasione di prodotti americani e un'impennata del nostro export dall'oggi al domani, o la cancellazione dei nostri standard. Non c'è il rischio di venire spazzati via da un uragano”. Anche perché, nell'agroalimentare, siamo soprattutto esportatori e un forte ingresso sui mercati europei dei prodotti statunitensi è in larga misura infondato. Mentre, parlando di denominazioni e tutela del prodotto, “può essere l'occasione di portare avanti un dialogo, un sistema che non tocca certo il pregresso, ma potrebbe evitare appropriazioni indebite del nostro prodotto in futuro. Una direzione per le nuove normative, a partire dalla semplificazione di certe procedure, più che un cambiamento delle esistenti”. In parole povere: tanto rumore per niente? Non è detto, Monni allerta: “Si pensa che garantire il libero mercato sia un bene per tutti. Ma non credo sia così”.

 

Gli arbitrati ISDS

La questione degli arbitrati ISDS, (sigla che sta per Investor-state Dispute Settlement ovvero Risoluzione delle controversie tra investitore e Stato) invece? “È da capire se, così com'è, rappresenta un punto debole. Questo tipo di clausola c'è sempre stato, ed è nata per tutelare le imprese dei Paesi ricchi negli accordi con Paesi emergenti della cui stabilità politica e commerciale non ci si poteva fidare”, dice Salvatici, che aggiunge: “l'Unione europea ha le spalle abbastanza forti per fare fronte ai questi dibattiti”. Un po' come accaduto con Apple? “Se si pensa sono stati chiesti 13 miliardi di euro, così debole l'Europa non è”. Di parere contrario Salvatore Monni, che ritiene che, nel caso dell'entrata in vigore de Ttip, i parlamenti nazionali non avrebbero potuto intervenire sul caso Apple in Irlanda. “Chi produce sa già che si confronta con una politica che cambia le regole”, non ha certo bisogno di ulteriori tutele e di una regolamentazione che entra nel merito delle dispute.

 

Conseguenze sul Pil

Ma per quanto riguarda le proiezioni economiche sui singoli Paesi? “Abbiamo dei dati sul Pil (che onestamente mi sembrano molto ottimistici) ma non quelli sull'occupazione” dice Monni. Sono dati che non necessariamente vanno di pari passo: la crescita potrebbe anche implicare perdita di posti di lavoro, cosa che naturalmente nessun leader politico vuole affrontare in questo momento.

 

a cura di Antonella De Santis

 

Per saperne di più si può leggere il sito della Commissione europea o i nostri approfondimenti: 6 punti per capire il TtipAccordo di libero scambi: rischio o opportunita?

Autunno in Barbagia. Sardegna fuori stagione all'insegna dell'eccellenza enogastronomica

$
0
0

La rassegna eredita il potenziale di Cortes Apertas e propone per tutto l'autunno week end alla scoperta di 28 borghi della Barbagia che si mettono in mostra. Tra pani tradizionali, stufati di pecora e formaggi caprini. E la destagionalizzazione del turismo conta sull'enogastronomia. 

Sardegna fuori stagione

Chi l'ha detto che la Sardegna è bella solo d'estate? Nell'entroterra isolano non ci stanno, e anzi rinnovano l'invito a scoprire tradizioni e località finora poco toccate dal turismo di massa proprio nei mesi in cui la folla all'orizzonte sulle spiagge più blasonate dell'isola si dirada, lasciando il posto a chi vuole sperimentare percorsi fuori rotta ed esperienze autentiche. La rassegna Autunno in Barbagia si muove proprio in questa direzione, recependo le istanze turistiche, gli stimoli culturali ed enogastronomici di una delle regioni più impervie e meno esplorate della Sardegna. Seppur nota al mito per storie di briganti e mammutones, pastorizia e nuraghi, brodo di pecora e torrone. La manifestazione, rodata l'autunno scorso, è già partita con il primo fine settimana di settembre, da Bitti, e si protrarrà fino al 18 dicembre toccando 28 comuni barbaricini, suggerendo ogni week end una meta diversa, seguendo un ideale percorso che va dal mare alla montagna, e viceversa. Tra le tappe in programma Oliena e Dorgali, Lula e Gavoi, Orgosolo, Mamoiada, Orune e tante altre, capoluogo di provincia – Nuoro – compreso. L'iniziativa è frutto dell'impegno della Camera di Commercio di Nuoro e della sua azienda speciale Aspen, con il supporto dell'assessorato regionale al Turismo, Commercio e Artigianato. E quest'anno gioca sui cinque sensi, richiamando costantemente l'immaginario enogastronomico, non solo attraverso il gusto: 5 sensi come il profumo del mosto, le note dei Tenores, la morbidezza delle colline dei vigneti, il gusto della ricotta e lo spettacolo di un paesaggio – non solo rurale – da contemplare. Così, sulla scia di una stagione turistica particolarmente fortunata, che stando alle prime stime ha registrato un incremento di presenze del 10%, la rassegna propone di “allungare” l'estate con sedici week end di eventi e proposte culturali che mettono in vetrina le produzioni tipiche dell'identità isolana.

Barbagia a tavola. E in cortile

E se il primo borgo in festa, quello di Bitti, ha offerto ai visitatori tavole imbandite di formaggi e musica itinerante tra le “cortes” del centro, le prossime tappe non saranno da meno, tra capolavori di arte orafa e sfilate in abiti tradizionali, dimostrazioni artigianali dal vivo ed incursioni alla scoperta di bellezze paesaggistiche come le grotte di Ispinigoli, le cascate Sas Lapias o il fiume Cedrino. D'altronde l'anno scorso l'iniziativa ha registrato 450mila presenze, coinvolgendo quasi duemila imprese del territorio e generando un indotto pari a 8 milioni di euro, e tutti ci tengono a partecipare. Dal 9 all'11 settembre, per continuare, Autunno in Barbagia fa tappa a Oliena per celebrare 20 anni dalla prima festa dei cortili aperti, con specialità gastronomiche dislocate lungo tutto il percorso, tra vicoli e corti nascoste: stufato di pecora alle erbe per gli stomaci più temprati, malloreddus, fettina all'olianese e Cannonau, salumi locali, formaggi freschi e pecorino. E poi massaie che sfornano il pane, antiche presse per l'uva, pastori alle prese con la cagliata. In degustazione dolci tradizionali e zafferano, vin cotto e olio extravergine, spianate, pane carasau e sevadas (come si dice in questa parte della Barbagia), ma anche un'insolita granita di montagna e vino Nepente. E lo spettacolo si ripete fino a dicembre, ogni volta in un borgo diverso, ognuno orgoglioso di mettere in piazza i propri prodotti tipici, le proprie tradizioni culinarie.

Per chi deciderà di scoprire la Sardegna sotto una diversa prospettiva, il calendario della rassegna è disponibile sul sito della manifestazione. Già prenotato un biglietto per l'isola?

 

Autunno in Barbagia | Sardegna | in 28 borghi della Barbagia | fino al 18 dicembre, ogni fine settimana | www.cuoredellasardegna.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Viewing all 5335 articles
Browse latest View live