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Cucina pugliese. L'abc dei prodotti e dei piatti della regione

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Una cucina fatta di sapori antichi e rispetto delle stagioni, che si divide fra i piatti dell’entroterra e quelli della costa: per la rubrica sulle tradizioni regionali oggi scopriamo l’Abc della cucina pugliese.

Acquasale

Partiamo da quello che oggi è considerato un antipasto, ma che in tempi passati costituiva un vero e proprio pranzo per pescatori e contadini, che dovevano passare fuori casa la gran parte della giornata: l’acquasala. È una sorta di panzanella che si prepara con pane pugliese raffermo o biscottato e ammollato nell’acqua, cipolla, sale, pomodori e origano. Le sue origini risalgono alle crociate: pare che i pugliesi usassero offrire l’acquasala ai guerrieri cristiani in procinto di partire dai porti della regione.

Acquasala

Bombette

Piatto tipico della Valle d'Itria e in particolare della zona di Taranto, le bombette pugliesi sono involtini di capocollo di maiale ripieni di formaggio canestrato pugliese, sale, pepe e prezzemolo. Ne esistono molte varianti: all’interno spesso si aggiungono anche salumi o peperoncino. Si cuociono sulla brace, anche se tradizionalmente venivano cucinati proprio dai macellai, nel retrobottega: oggi sono diventati uno street food molto amato.

Bombette pugliesi

Cacioricotta pugliese

Un prodotto che prende il nome dalle tecniche miste che servono a prepararlo: in parte sono quelle del formaggio, in parte quelle della ricotta. Solitamente prodotto con latte di capra o pecora, anche se talvolta, per esempio nella zona di Bari, si trova anche a base di latte di mucca. Si consuma fresco, con una maturazione di 2-3 giorni, oppure con una stagionatura che varia fra i due e i tre mesi e un gusto più salato. Si trova in varie stagioni ma il momento migliore per la sua produzione è la tarda primavera o l’inizio dell’estate: malgrado la resa del latte sia minore che negli altri periodi, l’erba secca mangiata dagli animali conferisce al formaggio un sapore più deciso. (Ne abbiamo parlato qui http://www.gamberorosso.it/it/food/1025089-abcheese-eleonora-baldwin-e-i-formaggi-caciocavallo-podolico-e-cacioricotta-pugliese)

Canestrato pugliese

Tipico delle zone di Foggia e di Bari, il canestrato pugliese è un formaggio a pasta pressata non cotta, ottenuto da latte intero di una specifica razza di pecore, la gentile, che pare derivi dalla razza merinos: queste si nutrono quasi esclusivamente di erba fresca. Il prodotto lega la Puglia all’Abruzzo: il periodo migliore per realizzarlo va da metà dicembre a maggio, cioè quando le mucche vengono portate in transumanza dalle montagne abbruzzesi al Tavoliere. Il suo nome deriva dai tipici canestri di giunco realizzati tradizionalmente in Puglia: nella versione più fresca, stagionato mediamente 90 giorni, viene abbinato a verdure e frutta, mentre quella più stagionata è più adatta a essere grattugiata sulla pasta o inserita all’interno degli involtini.

Canestrato pugliese

Cavatelli e orecchiette

Due delle paste fresche simbolo della regione: certamente non le uniche, ma sicuramente fra le più celebri. Le orecchiette pugliesi tipiche della zona di Bari risalgono a un periodo fra il XII e il XIII secolo. La ricetta più tipica le vuole con le cime di rapa, ma spesso si trovano anche con broccoli e altre verdure, oppure con il ragù. I cavatelli vengono dal Molise, ma furono “esportati” in Puglia molto tempo fa, tanto da diventare parte del patrimonio gastronomico della regione. Sono fatti con un impasto di semola di grano duro e acqua, a volte con aggiunta di patate: hanno una forma allungata con una incavatura all'interno. Anche in questo caso vengono preparati con verdure come broccoli o funghi cardoncelli, oppure al sugo.

Cavatelli e orecchiette

Ciceri e tria

Antica ricetta salentina, al centro di un rituale antico quanto affascinante, chiamato le Tavole di San Giuseppe, in cui alcune famiglie benestanti dei vari paesi allestiscono banchetti per i meno abbienti della comunità, durante i quali interpretano i santi. Il nome deriva dalla parola araba itriyah, che vuol dire pasta secca, ma sono conosciuti anche come Massa di San Giuseppe, proprio per il legame con la festa del 19 marzo. È un piatto realizzato con i ceci lessati, la pasta tria - fatta con semola di grano e acqua - e i frizzuli, cioè parte della pasta tria fritta in olio extravergine d’oliva.

Ciceri e tria

Lampascioni

I lampascioni sono piante erbacee appartenenti alla stessa famiglia degli asparagi, conosciuti con molti nomi: cipolla canina, cipollaccia turchina, cipollaccio col fiocco o giacinto dal pennacchio. Il nome scientifico è muscari comosum e la parte commestibile è quella in cima, che assomiglia ad una cipolla. Hanno un sapore particolare: la decisa nota amara iniziale si trasforma in un retrogusto più rotondo e delicato sul finale, mentre l’odore è dolciastro e aromatico. A causa della complessità del loro sapore si cucinano in maniera molto semplice: in padella, nella frittata, oppure marinati con l’aceto.

Lampascioni

Muschiska

Prodotta a Foggia, in particolare nei comuni di Rignano Garganico e Sannicandro Garganico, è una ricetta a base di carne di pecora, capra o vitellone, condita con sale, aglio e finocchio e messa ad essiccare al sole per due o tre settimane. Si mangia sia cotta sulla brace che cruda: il suo nome deriva dall’arabo mosammed, che vuol dire “cosa dura”. Secondo l’età dell’animale scelto il suo sapore varia: più delicato se l’animale è giovane, più rustico e sapido se l’animale è più maturo.

Muschiska

Pallone di Gravina

Il Pallone è un formaggio semiduro a pasta cruda filata, prodotto con latte bovino crudo, originario di Gravina ma prodotto anche nelle Murge e in Basilicata. Legato al percorso della transumanza, in cui Gravina rappresentava una sosta quasi obbligata per i pastori, ha una forma tondeggiante e si produce da gennaio a marzo: può essere consumato fresco, dopo 3 settimane, oppure stagionato, dopo 3 o 4 mesi, quando assume una leggera nota piccante. In Puglia si consuma da solo, come antipasto, o all’interno di panini e pucce.

Pallone di Gravina

Pane di Altamura

Il pane di Altamura è un prodotto DOP realizzato rimacinato di semola di grano duro di diverse varietà: appulo, arcangelo, duilio, simeto. Queste tipologie sono prodotte nell’area fra i comuni di  Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge: ha una crosta molto croccante e una mollica soffice di colore giallo paglierino. Ne esistono due versioni: la prima è alta, accavallata e viene chiama U sckuanéte (pane accavallato), mentre la seconda è più bassa ed è chiamata A cappidde del padre de simone (cappello di prete a falda larga).

Pasticciotti

Dolce tipico salentino, è fatto di pasta frolla cotta in forno, ripieno di crema pasticciera e spennellato di tuorlo d’uovo sulla parte superiore. La nascita del prodotto risale almeno all'inizio del Settecento e nei secoli ne sono state inventate diverse varianti, fra cui quella dedicata al presidente Obama dopo la sua elezione. I salentini lo mangiano appena sfornato: l’ideale per gustare appieno del sapore e della fragranza del dolce. Spesso si consuma al mattino presto come parte della prima colazione.

Pasticciotti pugliesi

Puccia

Pane di semola morbido e rotondo di origini salentine, frequentemente si trova in una versione che prevede, nell'impasto, anche pezzi di pomodoro, cipolla e olive, la puccia è ormai famosa ben oltre i confini pugliesi. Si produce anche in altre zone della regione e assume nomi diversi secondo la provincia: a Foggia, ad esempio, viene chiamata papòsc ed è fatta con lo stesso impasto della pizza. Una versione particolare è la puccia caddhipulina, che si prepara a Gallipoli per la vigilia dell’immacolata concezione, il 7 dicembre: era tradizionalmente farcita con capperi e acciughe sotto sale, anche se in tempi moderni si aggiungono spesso tonno, pomodori e olio extravergine. La puccia si mangia come un panino: si può farcire con gli ingredienti più vari ed è solitamente servita divisa a metà.

Ricotta forte

Una ricotta dal sapore intenso e piccante, come non se ne trovano in nessun altro angolo d’Italia: la ricotta forte. Una volta fatte le mozzarelle, il siero di latte di vacca (a volte anche di capra) non viene buttato ma impiegato per produrre una ricotta dal gusto deciso. La lavorazione è differente dagli altri formaggi: al siero viene aggiunto circa il 10% di latte e portato a una temperatura fra i 70 e gli 80 gradi. La ricotta che man mano affiora, viene rimossa con una schiumarola, salata e messa nelle tipiche fuscelle di giunco. Queste vengono poi lasciate su tavoli di legno a “spurgare” per 3 o 4 giorni, in modo da far perdere il liquido. In questo modo si avvia un processo di irrancidimento controllato: le fuscelle vengono infatti sostituite da contenitori di terracotta smaltata o da recipienti di legno dove la massa viene continuamente rimescolata con un cucchiaio di legno apposito, per evitare che si formino muffe. A questo punto la ricotta inizia a diventare densa assumendo un color crema e un odore molto forte. Ha un sapore intenso e aromatico, sempre più piccante che diventa cremoso e sapido sul finale man mano che aumenta il periodo di stagionatura, che può durare fino a 5 mesi. Si usa in piccole quantità per dare più vigore ai sughi, all’interno dei panzerotti fritti oppure spalmata sul pane.

Ne abbiamo parlato anche qui http://www.gamberorosso.it/it/food/1025035-ab-cheese-eleonora-baldwin-e-i-formaggi-burrata-e-ricotta-forte

Ricotta forte

Sgagliozze

La polenta al sud: difficile da immaginare, per chi non è mai stato a Foggia e Bari. Ma anche qui c'è una versione regionale, realizzata con farina di granturco. Si preparano delle fette di polenta poi lasciate seccare per 2 o 3 giorni in modo che perdano un po’ di acqua, successivamente tagliate a triangoli e fritte nell’olio. Si mangiano come antipasto o come street food. L’etimologia del nome non è certa: potrebbe derivare da scaglia, quindi pezzo tagliato in maniera grossolana, oppure da moneta, in relazione al suo colore dorato.

Sgagliozze

Stracciatella e burrata

Due formaggi tipici che hanno reso famosa la cucina pugliese: stracciatella e burrata. La stracciatella, di mucca o di bufala, è un formaggio a pasta filata fresco e dal sapore leggermente acidulo ma delicato: tipico della provincia di Foggia, è fatto di straccetti di mozzarella e panna (ne abbiamo parlato anche qui http://www.gamberorosso.it/it/food/1025035-ab-cheese-eleonora-baldwin-e-i-formaggi-burrata-e-ricotta-forte). La mozzarella viene “stracciata” a mano, in modo da formare filamenti irregolari. La burrata è il passo successivo: un sacchetto di pasta filata liscia e morbida che racchiude un cuore di stracciatella. È prodotta un po’ in tutta la Puglia, ma il suo territorio d’elezione sono le Murge, in particolare Andria.

 

Il testo è stato revisionato dallo chef Pietro Zito di Antichi Sapori, Andria 

 

A cura di Francesca Fiore


Marco Fadiga lascia Bologna. Sarà il nuovo executive chef Moet&Chandon a Epernay

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Lo chef bolognese chiude Noir e si trasferisce nella Champagne, vincitore di un contest lanciato dalla celebre Maison. Selezionato tra 200 chef internazionali, Fadiga si lascia alle spalle una carriera importante nella sua città. E non nasconde qualche amarezza. 

Dalla Pernice al Bistrot. A Noir

Bolognese di nascita e nel cuore, Marco Fadiga ha costruito la sua carriera in cucina proprio all'ombra delle Due Torri. Chi lo segue da tempo ricorda le esperienze stellate a La Pernice e la Gallina (fino al 2003), poi è arrivato il Marco Fadiga Bistrot, chiuso definitivamente nel settembre 2014, quando lo chef che non ha mai risparmiato qualche frecciatina al panorama gastronomico della sua città – seduta sugli allori di una tradizione di lungo corso fatta di mortadelle e tortellini, ma a suo dire poco propensa a rischiare – decideva di cambiare ancora. Presentando ai bolognesi un nuovo format di “quasi ristorante”, Noir, operativo fino a qualche giorno fa in piazza dei Tribunali. All'epoca, alla conclusione dell'esperienza decennale in via Rialto, Fadiga non esitava a mettere sul piatto il suo piglio irrequieto, la voglia di sperimentare sempre qualcosa di nuovo. Con una consapevolezza dei propri mezzi che non sempre gli ha spianato la strada, tra dichiarazioni tranchant e rivendicazioni del proprio talento. Membro dei JRE, negli ultimi mesi del 2014 Fadiga apriva Noir, da subito eletto ritrovo del jet set bolognese: una ventina di coperti, atmosfera minimal chic, proposte di mare, tanto crudo per l'aperitivo con le bollicine e piatti d'autore concepiti secondo l'estro del momento (“una cucina che nasce emiliana e diventa di ricerca”, si legge sulla sua scheda biografica). Al suo fianco la moglie, Helene Lafore, francese, che gioca un ruolo importante per l'ennesima svolta annunciata nelle ultime ore. Noir chiude. Perché?

Noir chiude. In viaggio per Epernay

Perché finalmente l'inestimabile talento del nostro caro chef Fadiga è stato pesato per quello che è. Ovviamente, non dagli italiani. Ovviamente, non dai bolognesi (tranne casi rari) che gli hanno voltato le spalle. Sono stati i francesi”. È quello che si legge sulla pagina Facebook dell'attività in data 1 settembre: indubbio il rammarico, evidente anche una nota polemica indirizzata ai detrattori dello chef. E, più interessante, il riferimento alla Francia. Sì, perché da oggi chi vorrà ritrovare la cucina dello chef dovrà programmare un viaggio a Epernay, nel cuore della Champagne francese, dove ha sede, tra le altre, la prestigiosa Maison Moet&Chandon. È qui, nella sede principale di una delle più grandi case produttrici di champagne del mondo, che Marco Fadiga prenderà servizio come Executive Chef con effetto immediato. Ma l'inizio della storia affonda le radici alla primavera scorsa, nel mese di marzo, quando la maison ha lanciato un contest per selezionare il suo nuovo chef.

Il contest Moet&Chandon. Fadiga è il nuovo chef della Maison

“Moet&Chandon Wants you!” recitava il regolamento online: all'appello hanno risposto in 200, da tutto il mondo. Tra loro anche Marco Fadiga, desideroso di intraprendere un nuovo percorso in Francia accanto a sua moglie. Un breve video-racconto di sé inviato per la selezione (in giuria anche Yannick Alleno) ha fatto il resto, e così, a luglio, lo chef bolognese si è ritrovato a Epernay per confrontarsi con altri 3 semifinalisti, e poi in finale, dove ha “battuto” il collega australiano presentando un Risotto con zafferano, capesante e fiori di zucca fritti allo champagne e una Fricassea di cervello di agnello con scampi e schiuma di aglio confit e lemongrass (concepito negli anni della Pernice). Vittorioso e pronto a onorare molteplici impegni – tra cene esclusive nella sede della Maison o presso lo Chateau de Saran tra i vigneti e trasferte da ambasciatore Moet&Chandon nel mondo – Fadiga non ha risparmiato di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, dichiarando la sua stanchezza per un pubblico deludente e una città che vuole spendere poco, contraddicendo quell'idea di rivoluzione gastronomica che sembra essersi fatta strada nell'ultimo anno a Bologna. Dove sta la ragione? Forse nel mezzo. Il Noir, invece, riaprirà con un altro nome, sotto la guida di due nuovi gestori.  

 

a cura di Livia Montagnoli

Bruciano I Giardini di Pomona in Puglia. Al conservatorio della biodiversità si contano i danni

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Un ettaro di terreno coinvolto dall'incendio (doloso?), 300 piante raggiunte dalle fiamme, l'apprensione di Paolo Belloni per il frutteto di piante antiche e rare che ha saputo creare negli ultimi 10 anni. E un appello per il fico, una specie strategica per il futuro. 

Il fico è la pianta del futuro

Contiene più potassio delle banane, più vitamina A del kiwi, quattro volte le fibre di tanta altra frutta. È il fico, e Paolo Belloni, fondatore del Conservatorio botanico di Contrada Figazzano, provincia di Brindisi, non si stancherebbe mai di parlarne. Lui, che al Ficus Carica ha dedicato gli ultimi 23 anni di ricerca, non ha dubbi: “La specie del fico è strategica per l'alimentazione futura”, e le motivazioni sono talmente numerose che è sufficiente ricordarne qualcuna della lista per condividere la dedizione di questo appassionato ricercatore del Nord trapiantato in Puglia, nel cuore della Valle d'Itria, dove da dieci anni a questa parte sono nati I Giardini di Pomona, un paradiso della biodiversità che conserva oltre mille varietà di alberi da frutto. Il fico, per dirne una, è una pianta estremamente resistente, come ben saprà chi abita sulle coste del Mediterraneo: “Proprio l'altro giorno guardavo una pianta di fico spruzzata dalle onde del mare... è la specie più resistente alle acque saline, cresce anche in zone non sfruttabili per l'agricoltura, non ha bisogno di essere impollinata dalle api. E non a caso è la specie che vanta la più lunga prossimità con l'uomo: sembra esista da 11400 anni, ben prima dei cereali.” Se non bastasse il fico è annoverato tra i 27 alimenti con proprietà antitumorali e facilmente conservabile essiccato.

Visitare I Giardini di Pomona. E scoprire l'Eden della frutta

A Pomona, tra i borghi bianchi di Cisternino e Locorotondo e l'azzurro del Mar Adriatico, Paolo ha radunato una collezione di oltre cinquecento varietà di Ficus Carica (560), la più grande d'Europa (e quindi del mondo), scovando fichi afghani e bosniaci, francesi e portoghesi, albanesi, israeliani e naturalmente italiani. “I visitatori arrivano soprattutto dal Nord Europa, per apprezzarne la bellezza e il gusto”. Con loro il numero dei curiosi che si spinge fin qui ogni anno raggiunge le 3-4mila unità: prenotare una visita online è semplice, ai Giardini si viene accolti da una guida (in più lingue), accompagnati lungo un percorso nella storia della botanica alimentare; segue la degustazione della frutta di stagione. I fichi, per esempio, sono disponibili per quattro mesi all'anno. Ma l'esperienza è molto più articolata, un paio d'ore in tutto (e si può anche pernottare in agriturismo). D'altronde il conservatorio si estende su 10 ettari di terreno e annovera anche un centro di ricerca, frutto degli sforzi della onlus che si prefigge di salvare il patrimonio genetico delle specie coltivabili, comprese varietà antiche e rare. Come la collezione di Punica Granatum, il melograno, le piante di agrumi, meli, peri, ciliegi dolci e acidi, susini, gelsi, giuggiole, cachi, noci, pistacchi. E persino le erbe aromatiche, messe a dimora negli interspazi.

L'incendio. Doloso?

La bella storia dei Giardini di Pomona, però, è incrinata dall'incendio che nelle ultime ore ha seriamente danneggiato un ettaro di terreno, coinvolgendo 30 o 40 diverse varietà: “Le fiamme sono divampate nel primo pomeriggio del 31 agosto, siamo stati attirati dal fumo. I vigili del fuoco e la protezione civile hanno fatto il possibile, ma oggi contiamo i danni soprattutto per le due collezioni più importanti, proprio il Ficus Carica e il Punica Granatum”. Le piante danneggiate sono circa 300, per comprendere la gravità di un incendio probabilmente doloso (“evidenze non ce ne sono, ma i vigili del fuoco propendono per l'intenzionalità”) bisognerà aspettare primavera, certo, per le piante più giovani con il “colletto” - la zona di passaggio tra fusto e radice – bruciato non si preannunciano buone notizie. Le perdite più dolorose? “Un rarissimo Melograno dolce a frutto nero e chicchi bianchi all’interno, di origine mediorientale e un Fico rumeno che resiste a -27 gradi, ma non al fuoco”.

E ora? “Lavoreremo per dotarci di sistemi di allarme più efficaci, perché questo patrimonio è troppo importante per andare perduto”. Intanto molti amici si sono già mobilitati, dimostrando solidarietà per un lavoro svolto con tanta dedizione, aperto alla ricerca, alla sperimentazione e alla didattica. Di sicuro un'attrazione che la Puglia, e l'Italia, devono tutelare. Chissà che la denuncia contro ignoti non porti a identificare i colpevoli.

 

www.igiardinidipomona.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Forno Brisa a Bologna. Novità e progetti in vista, raddoppio compreso

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Il team del laboratorio che negli ultimi mesi ha cambiato la scena della panificazione bolognese non si ferma più. Presto arriverà la somministrazione, si lavora sulla pasticceria e su una linea di pane Local only. In attesa del nuovo punto vendita, a inizio 2017, ecco il racconto fotografico di Lucilla Loiotile. E intanto da Sega!... 

Brisa. Il tour fotografico

In via Galliera 34d, Bologna, la saracinesca è di nuovo alzata da tre giorni. E dopo la pausa estiva i ragazzi del Forno Brisa sono pronti per tornare alla carica, forti dei primi mesi (a dicembre festeggeranno un anno) del lavoro di qualità su farine e impasti che ha dato il la a una sorta di rinascimento della panificazione nel capoluogo emiliano. Noi abbiamo approfittato per tornare a trovarli e stavolta ci/vi regaliamo un tour fotografico della bottega con laboratorio dove ogni giorno ferve l'attività di panificazione, tra filoni a lievitazione naturale, pizza in teglia, tramezzini di segale integrale, cornetti, girelle, crostatine, biscotti secchi e una gamma praticamente sconfinata di specialità della casa e invenzioni estemporanee. A guidare l'occhio tra forni Bongard, teglie e pane caldo la macchina fotografica di Lucilla Loiotile. Per noi, invece, ogni pretesto è buono per chiedere ai ragazzi quali buone nuove porterà l'autunno.

Buone nuove. Il Miniforno e il pane Local only

Progetti in vista? Che domande! Di novità ce ne sono eccome nel futuro (prossimo) di questi ragazzi, che hanno appena cominciato a giocare. E Davide Sarti – che insieme a Pasquale, Esmeralda e Giovanni ha fondato l'attività – non si fa pregare per raccontarcele, con un entusiasmo che si fa fatica ad arginare. Cominciamo dalla più succulenta: entro i primi mesi del prossimo anno Brisa raddoppierà la sua vetrina in città, con un nuovo punto vendita dall'altra parte della città. La zona è ancora top secret - “per scaramanzia, dovremmo chiudere la trattativa proprio in questi giorni” - ma un nome già c'è: Miniforno Brisa, per sottolineare l'assenza di un laboratorio. I prodotti arriveranno dal punto vendita di via Galliera, ma anche la seconda bottega servirà tutta la gamma di produzione, che presto, già a ottobre, comprenderà pure una linea speciale di pane Local only, “a filiera cortissima”. Finora infatti i ragazzi si sono avvalsi di farine selezionate tra i migliori molini del territorio nazionale, ma tra qualche settimana sarà pronta la prima farina ricavata dai terreni coltivati a cereali che il team Brisa possiede in Abruzzo (da dove arriva Pasquale Polito, il discepolo di Davide Longoni). La nuova linea di panificazione affiancherà le altre tipologie di pane, con l'idea di incrementare anno dopo anno la produzione con farina della casa.

Caffetteria, pasticceria e somministrazione

E tra le novità imminenti c'è pure l'entrata nello staff di una pasticcera, che si occuperà di seguire una linea di pasticceria più raffinata per implementare il servizio della colazione, di pari passo con l'agognata licenza di somministrazione, che sta per arrivare. Una volta ottenuti tutti i permessi (nel giro di un paio di mesi) il Forno Brisa lavorerà anche come caffetteria, con caffè selezionati tra le migliori varietà: “Stiamo lavorando con molta serietà anche sulla carta dei caffè, abbiamo intenzione di intraprendere una strada che ci identifichi in tutto e per tutto”. Birra compresa, già autoprodotta nel microbirrificio a marchio Brisa.

Lo speakeasy della pizza. Da Sega!

L'ultimo progetto in cantiere, invece, ci porta in via San Mamolo, dove alla fine di febbraio scorso è nata Sega!, pizzeria da asporto e delivery di tre giovani soci bolognesi. Con gli impasti forniti da Brisa. Il gemellaggio procede a gonfie vele, la pizza riscuote grande successo, “e ci piace sperimentare nuove soluzioni: abbiamo provato con pasta madre, biga e impasti speciali che proponiamo ogni giorno, con farine Sobrino e Molino Del Ponte, 80% semintegrali e 20% integrali”. E allora perché non alzare la posto in gioco? Sotto la pizzeria sta nascendo una studio di registrazione con etichetta di produzione e web radio (uno dei soci di Sega! è Cristiano Rinaldi, noto dj della scena bolognese).

E l'intenzione è quella di ricreare l'atmosfera di un club, tra buona musica e buon cibo. Il che significa che tra la fine del 2016 e l'inizio dell'anno nuovo sotto al locale prenderà forma una sorta di speakeasy della pizza, come l'ha definito Rinaldi, per proporre degustazioni a numero chiuso di pizza gourmet. “Questo è il progetto che ci diverte di più” ribadisce Davide “inviteremo chef e colleghi a giocare con noi, inventando nuovi abbinamenti che esaltino i nostri impasti”. Cosa dobbiamo aspettarci? Pizze d'autore, vini di qualità e birra artigianale. Ma solo su invito, come in ogni buon club che si rispetti.

 

Forno Brisa | Bologna | via Galliera 34d | tel. 051 248556 | www.fornobrisa.it

Sega! | Bologna | via San Mamolo 25a | tel. 051 9919155 | www.segapizza.it

 

a cura di Livia Montagnoli

foto di Lucilla Loiotile

Miniguida ai laghi minori d’Italia: cosa mangiare sul Lago Cecita

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Ai confini del Parco Nazionale della Sila, procedendo da Cosenza verso est, dove il paesaggio si fa via via sempre più selvaggio, compare d’improvviso una distesa d’acqua: è il Lago Cecita. Fra i più grandi del Sud Italia, è un bacino artificiale perfettamente integrato con l’ambiente: per la guida ai laghi minori d‘Italia oggi vi raccontiamo cosa mangiare e cosa vedere intorno al Lago Cecita.

Un mondo sotto il lago

Malgrado il Lago Cecita sia interdetto alla balneazione, le sue sponde sono meta di turisti e appassionati di pesca sportiva. Creato per esigenze energetiche attorno al 1951 dallo sbarramento del fiume Mucone, che nasce alle pendici del Monte Curcio, si è talmente integrato con la natura circostante da sembrare naturale e da assumere un’importante valenza turistica.

Lago Cecita, Calabria

Ma i segreti del Lago Cecita sono diversi, in particolare per quello che custodisce sotto le sue acque: questo bacino artificiale infatti nasconde un incommensurabile patrimonio archeologico venuto alla luce solo pochi anni fa. Dagli scavi archeologici sulle sue rive, nel 2004, sono state rinvenute antichissime testimonianze che risalgono all'uomo di Neanderthal. Ma già tra la fine del neolitico e l'inizio dell'età del rame (3800-3300 a.C.), la Sila venne occupata da agricoltori e pescatori che vi stabilirono degli insediamenti, sfruttando gli antichi bacini lacustri di Arvo e Cecita per la pesca. Altre tracce risalenti all’età del bronzo sono venute alla luce negli anni successivi. I ritrovamenti più importanti, però, sono dell’età greca, con un insediamento a breve distanza da Camiglianello Silano che custodisce anche un santuario scoperto. Sul terrazzo Forge di Cecita è stato rinvenuto un monumentale complesso sacro di età greca (VI° - III° secolo a.C.) da cui sono emerse punte di lancia in ferro, giavellotti ed asce. Infine, altri scavi hanno messo in luce un insediamento di età romana risalente ad un periodo fra il III secolo a.C. ed il III secolo d.C. dedicato all'estrazione e lavorazione della pece.

Cosa fare intorno al Lago Cecita

La pesca sportiva è l’attività più seguita sulle sponde del Lago Cecita: qui si trovano la trota fario, esemplare autoctono, la trota iridea, il coregone e l’anguilla. Intense anche le attività di bird-wacthing, grazie agli splendidi uccelli che sorvolano il lago, sia stazionari che migratori:  i palmipedi, i trampolieri e l’anatra selvatica, conosciuta anche come germano. Naturalmente il Parco Nazionale della Sila, che lambisce il Lago Cecita, offre molte attività naturalistiche: a Cupone, frazione di Spezzano della Sila, c’è un centro di educazione ambientale con sentieri naturalistici, osservatori faunistici, museo, giardino geologico e un orto botanico. Il percorso di circa 350 metri che si snoda dentro l’orto botanico è stato pensato anche per i non vedenti: tutte le piante sono accompagnate da schede in braille e con caratteri marcati per gli ipovedenti. Con una superficie di 10.400 mq e 115 specie autoctone della flora montana calabrese, è uno dei luoghi più belli della Calabria. Il percorso si trova nel Riserva naturale “I Giganti della Sila”, nota anche come Riserva naturale del Fallistro: qui si trovano 56 pini larici ultracentenari di dimensioni maestose, i cui tronchi hanno un diametro di due metri e permettono agli alberi di arrivare ai 45 metri di altezza, creando un perfetto colonnato naturale.

I giganti della Sila, riserva naturale Parco Nazionale della Sila

Sono molti i percorsi naturalistici più o meno avventurosi da fare nel Parco che d’inverno diventa una delle mete più gettonate per il turismo sciistico. Se volete visitare la Sila d’inverno vi consigliamo di alloggiare a Camigliatello Silano, località montana del comune di Spezzano della Sila, a 1.300 metri di altitudine. Il paese dispone di un moderno impianto di risalita, di due piste da sci e di una pista per lo sci di fondo.

Cosa mangiare

Oltre ai numerosi pesci d’acqua dolce che si possono gustare ai nei dintorni del Lago Cecita, la zona offre vari prodotti legati alla cucina contadina. Uno dei più celebri è la Patata Silana, che nasce anche grazie alle acque del bacino e ha ricevuto la certificazione Igp dalla Commissione Europea nel febbraio 2010. Grazie al clima umido, le zone circostanti sono ricche di funghi, che vengono celebrati, così come succede con la patata, nella sagra di Campigliatello Silano. Sono molti gli ortaggi coltivati in queste zone, ma è la produzione di formaggi tipici ad attrarre molti appassionati alle pendici della Sila: il Caciocavallo Silano, formaggio Dop semiduro a pasta filata prodotto esclusivamente con latte di vacca, la provola silana e il pecorino, la ricotta di capra o pecora, la giuncata. Per quanto riguarda le carni, è il maiale ad essere al centro della gastronomia: il Suino Nero Calabrese, o anche Appulo Calabrese, è uno delle razze più tipiche, ma si allevano anche capre rustiche, conigli, asini, pecore e vacche.

Caciocavallo silano Dop

CONSIGLI DALLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2016

Antica Locanda dal Povero Enzo (Cosenza)

Un po’ di Toscana in Calabria: in questo ristorante cosentino, lo chef Ivan Carelli propone piatti tipici della cucina toscana e calabrese preparati con prodotti di eccellente qualità. Una gastronomia fatta di pesce locale, ma anche di carne: magistrali fiorentine, quaglie. Vsta l’offerta di salumi e formaggi e ottimi i dolci fatti con ingredienti locali. Carta dei vini ampia ma ragionata, servizio cordiale e attento.

Biafora (San Giovanni in Fiore)

Il ristorante all’interno del Biafora Resort & Spa Hotel, di proprietà dell’omonima famiglia, è immerso nel verde più incontaminato. La cucina propone piatti di montagna curati e creativi, movimentati da contrasti fra dolce e acido, con qualche contaminazione marina e ingredienti di elevata qualità. Servizio attento ed efficiente, con personale di sala pronto a fornire consigli e spiegazioni. Carta dei vini costruita sul territorio e menù degustazione molto convenienti.

Il Carpaccio (Acri)

Cucina tipica calabrese (a dispetto del nome) con solida reputazione per il locale della famiglia Miceli. Immerso nel verde, offre uno splendido panorama in un ambiente rustico ma confortevole. Attenzione maniacale alle materie prime, pesce servito solo su prenotazione in alcuni giorni della settimana. Cantina molto fornita e ragionata, servizio attento e professionale.

La Tavernetta (Spezzano della Sila)

Ambiente rilassante ed elegante, il ristorante di Pietro Lecce, che propone una cucina di tradizione sapientemente rivisitata. Al centro i prodotti del territorio. Cantina in continua evoluzione che comprende sia etichette regionali, che nazionali ed estere. Servizio attento e cortese, possibilità di prolungare la sosta nelle confortevoli stanze della struttura.

CONSIGLI DALLA GUIDA PIZZERIE D’ITALIA 2016

La Mimosa (Corigliano Calabro)

Esperienza trentennale e una solida reputazione in fatto di pizza napoletana. Nel suo locale la famiglia Plastina propone le ricette classiche della tradizione partenopea, realizzate con ingredienti locali. Qualche piatto in menù come alternativa alla pizza, piccola selezione di vini e birre.

Pizzamore (Acri)

Farine biologiche, ingredienti di elevata qualità e levitazioni lunghe rendono questo pizzeria al taglio unica sul territorio cosentino. Alla guida la garanzia di un nome come Antonio Oliva, che propone i grandi classici della tradizione italiana ma anche sperimentazioni con prodotti inusuali. Tre rotelle nella Guida Pizzerie d’Italia 2016.

CONSIGLI DALLA BAR D’ITALIA 2016

Anna (Cosenza)

Proposte interessanti per il pranzo, soprattutto per fritti e pizza, per questo locale a Cosenza. Di buon livello l’offerta di pasticceria, in particolare torte e preparazioni tradizionali. Caffè e cappuccini ben preparati, servizio cordiale e attento: vasto assortimento di cioccolata e caramelle.

Bronx (Cosenza)

Punto di riferimento sia per l’offerta dolce che salata. Preparazioni tradizionali per la pasticceria, buono il gelato, in particolar modo quello al cioccolato; caffè e cappuccini fatti a regola d’arte. Interessanti le proposte per snack, pranzi veloci e aperitivi. Spazio all’aperto e sala interna.

Cosenza Kaffè (Cosenza)

Bar dell’omonima torrefazione che mette al centro della sua proposta l’espresso con diverse miscele da provare e anche da acquistare. Buona l’offerta di dolci e gelati, ampia scelta di rosoli della casa. Qualche proposta anche per il salato.

Denny Heart Cafè (Corigliano Calabro)

Pasticceria artigianale fresca, incentrata sui dolci della tradizione cosentina, espresso dall’aroma intenso e tostato, cappuccini cremosi e invitanti: è l’offerta di questo locale di Corigliano. Buon livello anche per cocktail e stuzzichini, servizio affidabile e cordiale.

Gran Caffè Renzelli (Cosenza)

Storico locale nel centro di Cosenza, con un gemello nella zona più commerciale. Lo riconoscete dalle vetrine molto curate. Buoni l’espresso e i cappuccini, discreta l’offerta sui lieviti. Diverse preparazioni a base di caffè e ampia scelta su crostate e torte. Buone anche le proposte per il salato.

Kennedy Caffè (Cosenza)

Ai limiti della zona pedonale, il Kennedy Caffè propone ottimi caffè e cappuccini, da gustare nella veranda o nella sala interna. Ampio l’assortimento di pasticceria, in particolare mignon e torte monoporzione. Interessante la proposta di piatti caldi per il pranzo e di snack per l’aperitivo. Buona selezione di distillati.

Indirizzi

Anna | Cosenza | via Panebianco, 12 | tel. 0984 32876

Antica Locanda dal Povero Enzo | Cosenza | via Monte Santo | tel. 0984 28861 |www.anticalocandadalpoveroenzo.com

Biafora | San Giovanni in Fiore | località Torre Garga, 9 | tel. 0984 970078 |   www.hotelbiafora.it

Bronx | Cosenza | piazza Loreto 1 | tel. 0984 31550

Denny Heart Cafè | Corigliano Calabro | via Provinciale per Schiavonea, 274 | tel. 0983 857825

Cosenza Kaffè | Cosenza | via Panebianco, 600 | tel. 0984 392243

Gran Caffè Renzelli | Cosenza | Corso Bernardino Telesio, 46 | tel. 0984 26814

Il Carpaccio | Acri | contrada Cocozzello, 197/A | tel. 0984949205 |  www.ilcarpaccio.it

Kennedy Caffè | Cosenza | piazza Kennedy, 8 | tel. 098427483

La Mimosa | Corigliano Calabro | Contrada Cardame | tel. 0983 886731

La Tavernetta | Spezzano della Sila | c.da Campo San Lorenzo, 14, loc. Camigliatello Silano | tel. 0984 579026

Pizzamore | Acri | via Don Francesco Maria Greco 5 | tel. 329 744 5896

A cura di Francesca Fiore
 
 
 
 
 
 
 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sardegna

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Sono 12 le etichette che conquistano i Tre Bicchieri nella guida Vini d'Italia del Gambero Rosso, con parecchie conferme e qualche novità in un'annata, la 2015, che tutto considerato si è rivelata decisamente buona, nonostante le alte temperature.

Se si osservano i vini premiati, ma anche la moltitudine delle etichette che conquistano le finali o i Due Bicchieri, si arriva facilmente a dedurre che la strada intrapresa diversi anni fa è a buon punto. Parliamo di un percorso basato esclusivamente sui grandi vitigni della tradizione, coltivati però solo nelle zone in cui vale veramente la pena operare, al fine di produrre vini di alta qualità che possano ben figurare nei mercati globali. E così che, nonostante le varie denominazioni regionali non valorizzino i territori più piccoli e circoscritti, gli assaggi di quest’anno ci portano verso aree che oramai da tempo dimostrano essere particolarmente vocate. A tutto questo si aggiunge una buona annata 2015 - per quanto più calda, meno equilibrata e quindi non ai livelli della precedente - capace di offrire alcune grandissime etichette e tantissimi vini piacevoli, sebbene da consumare nel breve periodo.

 

Tra i bianchi, fa piacere riscontrare ottime perfomance non solo della nota Gallura, ma anche di altre zone come il Campidano o il nord ovest dell’Isola. Sui rossi netta affermazione del Cannonau di Sardegna nelle zone ad alta vocazione (dall’Ogliastra alla Barbagia, passando per il sud), risultati soddisfacenti arrivano dal Sulcis col Carignano e belle sorprese da altri autoctoni purtroppo non disciplinati da denominazioni, come nieddera o barbera sarda. Riguardo ai premi non mancano sia conferme sia novità.

Alcuni vini sono una vera e propria garanzia anno dopo anno. Tra questi senza dubbio il Cannonau di Sardegna Dule di Gabbas o il Capichera dell’omonima azienda di Arzachena, così come il Vermentino di Gallura Sciala di Surrau, lo Stellato di Pala (buonissimo Vermentino di Sardegna), i Carignano del Sulcis di Mesa e Giba e il D53, grande esempio di Cannonau ogliastrino. Ottimo risultato inoltre per il Barrile di Contini (ottenuto da uve nieddera) e per il Cuvée 161 di Sella & Mosca (frutto dell’uva torbato), entrambi ambasciatori della biodiversità ampelografica. Rappresentano invece delle vere novità ben tre vini: il Senes ’12 di Argiolas, alla sua prima annata, è un Cannonau che affascina per tipicità ed eleganza; il Falconaro ’11 è ottenuto da un blend da uve tradizionali e fa si che la Cantina di Dolianova conquisti per la prima volta l’ambito premio; grandioso, infine, il Latinia ’10 di Santadi, che dimostra quanto sia grande il potenziale sardo nel produrre vini dolci da uve passite.

 

 

Alghero Torbato Terre Bianche Cuvée 161 2015 Sella & Mosca

Barrile 2013 Contini

Cannonau di Sardegna Cl. D53 2013Dorgali

Cannonau di Sardegna Cl. Dule 2013 Gabbas

Cannonau di Sardegna Senes Ris. 2012  Argiolas

Capichera 2014 Capichera

Carignano del Sulcis 6Mura 2011 Giba

Carignano del Sulcis Buio Buio Ris. 2013 Mesa

Falconaro 2011 Dolianova

Latinia 2010  Santadi

Vermentino di Gallura Sup. Sciala 2015 Surrau

Vermentino di Sardegna Stellato 2015 Pala

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Puglia 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Sicilia 

 

Osteria Povero Diavolo. Va via Pier Giorgio Parini, ma Stefania e Fausto Fratti sono pronti a ripartire

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Si chiude il capitolo che ha visto procedere all'unisono la famiglia Fratti e Pier Giorgio Parini negli ultimi anni. Ma a Torriana c'è tutta l'intenzione di ricominciare, ripensando all'idea di cucina con bottega e dialogo con il territorio. 

La voglia di ricominciare

"A partire dal 1° settembre effettueremo un periodo di ferie che sarà dedicato a colloqui ed incontri con cuochi di provata esperienza e capacità coi quali valuteremo nuove collaborazioni. È nostra intenzione non abbandonare un progetto cresciuto in 26 anni di attività, ripartiremo per consolidare e migliorare i risultati raggiunti".

Asciutto e chiaro il comunicato che il ristorante Osteria del Povero Diavolo di Torriana ha diramato in queste ore. Sul divorzio tra i ristoratori e lo chef Pier Giorgio Parini vi avevamo dato notizia nel corso dell'estate anche con una intervista a Fausto Fratti, successivamente non erano mancate le voci, specie sulla stampa locale, dove per il locale era stato perfino prefigurato un futuro da sushi bar. Forse anche per questo i Fratti hanno optato per un comunicato.

Dal comunicato si evince che, a dispetto dello scoramento iniziale, Fausto Fratti e la moglie Stefania non intendono affatto mollare. Sono già impegnati in colloqui con cuochi e chef e hanno l'intendimento di consolidare e perfino di incrementare i buoni risultati raggiunti. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un ristorante con voti lusinghieri su tutte le guide e con Tre Forchette sulla guida del Gambero Rosso. 

Discontinuità con il passato

Cosa sarà il nuovo Povero Diavolo è impossibile prevedere in questa fase. La cosa piuttosto certa è che ci sarà una certa discontinuità rispetto al recente passato. Ci si avvicinerà molto probabilmente al territorio, al prodotto, che magari sarà anche in vendita rispolverando un'idea di bottega-con-cucina che sta andando sempre più per la maggiore nei grandi agglomerati urbani in Italia (basti pensare all'apertura del Piccolo Peck e all'arrivo a breve a Roma dei rinnovati spazi di Ercoli e Volpetti, gastronomie storiche che si reinventano come spazi anche di somministrazione). Altri progetti potrebbero guardare all'area circostante del Montefeltro, affiancare insomma alla tradizionale attività di ristorazione un palinsesto di iniziative in giro per rocche, centri storici, palazzi, musei.

E' tutto terribilmente in fieri e sono appena iniziati i colloqui. La morfologia del nuovo Povero Diavolo dipenderà smaccatamente dalla persona che sarà trovata per comandare le cucine. La notizia, comunque non da poco, è che questa insegna non chiuderà e che, anzi, è a lavoro per rilanciarsi e intenzionata a affrontare il futuro con nuovo spirito creativo. 

 

 

a cura di Massimiliano Tonelli

 

Rural Festival raddoppia. Da Rivalta a Gaiole in Chianti, aspettando la bottega con cucina di Parma

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La festa delle biodiversità dell'Appennino Tosco-Emiliano torna con la terza edizione nel cuore della Food Valley parmense e raddoppia per la prima volta tra le colline del Chianti senese. E presto Rural arriverà nel cuore di Parma, con una bottega per gustare tutto l'anno le eccellenze dei produttori locali. 

Rural Festival 2016: la fiera della biodiversità

A Rivalta di Lesignano de' Bagni parlare di biodiversità non è un mero esercizio di stile. Lo testimonia da un paio d'anni a questa parte la manifestazione che raduna agricoltori e allevatori della zona – la fertile Food Valley parmense – al Parco Barboj, nella fattoria dell'azienda Rosa dell'Angelo. E come potrebbe essere altrimenti in questa terra collinare che custodisce come un'arca di Noè la memoria di razze autoctone pregiate e varietà molteplici di uve storiche, mele antiche, fichi e pomodori, zucca Violina e pera nobile? Così anche quest'anno, il 3 e 4 settembre, il patrimonio rurale dell'Appennino Tosco-Emiliano si mette in vetrina al Rural Festival, a breve distanza da storici centri enogastronomici come Langhirano e Traversetolo. Due giorni di festa all'aria aperta per scoprire una quarantina di aziende custodi di antiche razze animali e varietà ortofrutticole disseminate tra le province di Parma e Reggio Emilia, che offriranno in degustazione assaggi di salumi di maiale nero, pane di grano del Miracolo, pappa al pomodoro Riccio di Parma, maltagliati all'uovo di gallina Romagnola, tortel dols, torta di patata Quarantina, arrosto di tacchino di Parma e Piacenza, formaggi biologici, focaccia di frumento Gentil Rosso, cipolla Borettana, zucca Violina al forno, orzo Leonessa, succo fresco di uva malvasia odorosissima, torta di prugna Zucchella, vino di uve Fortana e Termarina e molto altro ancora, in quella che non è semplicemente una mostra-mercato, ma una vera esperienza di cultura gastronomica all'interno di una riserva dove uomo e natura convivono all'unisono.

Appuntamenti consolidati e novità. La trasferta a Gaiole

Tra le iniziative collaterali anche la mostra di trattori d'epoca Landini e Lamborghini e il parco animale di antiche razze, un'insolita fattoria di animali rari che rappresentano l'orgoglio dell'allevamento locale: il maiale nero, la pecora Cornigliese, il cavallo Bardigiano, la gallina Romagnola, il tacchino di Parma e Piacenza, la vacca grigia Appenninica, l'asino Romagnolo. Si va in scena fino al tramonto, dalle 10 alle 19. E se mancasse il tempo per organizzare una trasferta parmense, quest'anno il Rural Festival raddoppia, con un bel gemellaggio in terra toscana. Il 17 e 18 settembre, infatti, sarà la prima volta di Gaiole in Chianti, nella provincia senese, che offrirà una nuova vetrina a produttori e allevatori dell'Appennino Tosco-Emiliano, attesi nella piazza principale del paese per promuovere quell'economia sana e sostenibile che fa leva sul recupero di antiche tradizioni e sulla tutela dei valori contadini.

La bottega con cucina a Parma, la locanda a Rivalta. Tavola e ospitalità

In attesa che il mese di ottobre porti ulteriori buone nuove, con l'apertura della prima bottega Rural permanente nel centro di Parma, in borgo Giacomo Tommasini. Un traguardo importante per la famiglia di Rural e tutti i produttori del circuito, che hanno ideato il progetto per condensare lo spirito del mercato contadino in un negozio vecchio stampo con prodotti genuini della terra, salumi, formaggi, carni pregiate e piccola cucina sul retro. E infatti chi varcherà la soglia di Rural (materiali naturali, colori pastello e atmosfera informale) potrà semplicemente acquistare i prodotti del giorno o approfittare delle soluzioni per la pausa pranzo a portar via proposte dalla casa (consumabili anche in loco). Ma pure assaggiare una fetta di prosciutto e qualche prelibatezza a km 0 in arrivo dalle campagne.

Mentre si procede a grandi passi anche sul fronte dell'ospitalità: da qualche tempo l'azienda agricola di Rivalta ha deciso di adibire al turismo rurale ed enogastronomico 6 capanne dislocate sui terreni della proprietà, spartane ma non troppo (con bagno privato e cromoterapia nell'edificio principale, la stalla ristrutturata che ospiterà il Rural Festival). E alla possibilità di pernottare sul posto (durante tutto l'anno) si aggiunge l'opportunità di visitare le aziende locali con transfer in fuoristrada e guide esperte. Tanto che presto, in paese, sarà operativa anche la Locanda Rural. Più posti a disposizione, più ospiti felici. Quando il cerchio del turismo enogastronomico si chiude.

 

Rural Festival | Rivalta di Lesignano de' Bagni (PR) e Gaiole in Chianti (SI) | il 3 e 4 settembre a Rivalta, il 17 e 18 settembre a Gaiole | ingresso gratuito | www.rural.it

Rural, la bottega | Parma | borgo Giacomo Tommasini | a ottobre

 

a cura di Livia Montagnoli


Paolo Campana racconta nascita e polemiche sull'idea di raccolta fondi #AMAtriciana

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Come funziona la raccolta fondi per le zone colpite dal sisma più efficace e spontanea del web? Lo abbiamo chiesto una settimana dopo a chi ha avuto l'idea. Tra critiche e impegno solidale

Sono circa un migliaio i ristoranti che hanno aderito ad #AMAtriciana, la raccolta fondi nata all'alba del 24 agosto, subito dopo il sisma, e che nel giro di poche ore è diventata più che virale a livello mondiale. L'idea è semplice: il ristoratore espone la locandina e per ogni piatto di amatriciana dona 2 euro (uno lui, uno il cliente) alla Croce Rossa Italiana. Oggi c'è anche la piantina per trovare chi aderisce: “la devo aggiornare continuamente” dice Paolo Campana, ideatore dell'iniziativa. Non ci sono tutti, però, perché molti hanno deciso di non comparire sulla mappa. Perché? “per evitare l'accusa di cercare pubblicità”. Una delle tante polemiche che hanno accompagnato l'uscita della campagna.

 

Le idee nascono spontaneamente

A tre ore e mezzo dal terremoto ho pensato che si doveva fare qualcosa per Amatrice” racconta Paolo, e poi spiega: “dico Amatrice, anche se non è l'unico centro colpito, perché ci vado ogni Capodanno; forse per questo mi ha toccato così tanto”. E aggiunge:“E voglio passare lì anche il prossimo, di capodanno”. Il collegamento Amatrice-Amatriciana è immediato, e così l'idea di coinvolgere i ristoratori. “Ho detto subito che non è una campagna di beneficenza, ma solo un aiuto; chi fa beneficenza la fa senza dover andare a cena fuori”. Poi, visto che per l'ultimo fine settimana di agosto era in programma la sagra dell'amatriciana, l'idea ha preso forma quasi spontaneamente. Alle 8 il primo post su Facebook, alle 12 la locandina. Che è ben fatta (Paolo è grafico) e funziona. In poco tempo diventa virale, qualcuno si lamenta rivendicando la paternità della foto, “ma” dice “ci siamo chiariti e mi ha chiesto scusa subito dopo”. Insomma: Paolo si attiva senza pensarci tanto su. Vede che c'è risposta e parte in quarta.

 

Questioni di prezzo

Perché solo 2 euro e non il prezzo intero del piatto? “Quando mi è venuta l'idea, così di getto, non me la sono sentita di mettere le mani nelle tasche dei ristoratori”. Anche perché non tutti hanno le stesse possibilità, ma 2 euro li può donare chiunque. E forse proprio questo spiega la grande partecipazione. Senza contare che così ci si mette anche al riparo da chi, poco onesto, di fronte a cifre più consistenti potrebbe essere tentato di fare il furbo. “Ma chi vuoi che rubi 2 euro (di cui uno suo) ai terremotati?”. Non è stata, però, l'unica critica: qualcuno ha sollevato delle perplessità perché, sotto l'etichetta della beneficenza, i ristoranti ci guadagnano. “La cosa urgente è raccogliere fondi. Ma se poi un ristorante ha più clienti e maggiori incassi, qual è il problema? Poi parliamoci chiaro: quanti possono essere? 20, 30 coperti in più al mese? Anche fosse, che male c'è? Anzi, magari fosse, data la situazione economica”.

 

amatriciana

 

E chi invece dice che stai solo cercando pubblicità?

Se l'avessi fatto solo per avere visibilità mi sarei organizzato meglio, e prima” dice “è una settimana che non faccio altro che rispondere a messaggi, ho dovuto aprire di corsa una pagina Facebook, ho messo su la piantina da aggiornare. Poi ci sono le locandine da fare per l'estero”. Sì, perché #AMAtriciana non si ferma ai confini nazionali. Un centinaio le adesioni in Giappone (con donazioni alla Croce Rossa Giapponese che, a sua volta, trasferirà a quella italiana), circa 30 solo a Barcellona, perfino a Tel Aviv, “da dove mi hanno chiesto di adattare la ricetta alla cucina kosher”. Quindi a breve ci sarà il poster con il testo tradotto. E non solo per Israele, anche per la Cina, e tanti altri Paesi. “Ho solo fatto una locandina carina” dice: da grafico, oltre alla soddisfazione, il suo beneficio finisce qui. “Se volessi farmi pubblicità metterei link a interviste o altro” dice “ma perché dovrei? L'obiettivo è fare conoscere l'iniziativa e raccogliere più soldi possibile. Non pubblicizzare me o il piatto originale”. Sì, perché tra le polemiche non è mancata neanche quella della fedeltà alla ricetta di Amatrice. Che nel frattempo è diventata condimento per la pizza, o si è adattata alla cucina di mare, vegetariana, kosher, anche in ristoranti che mai prima l'avevano proposta. Un simbolo, multiforme e soggetto a mille interpretazioni, con buona pace di chi grida all'eresia. “Ma su oltre 4000 messaggi arrivati, sono davvero pochi quelli di critica, solo che fanno molto più rumore”. Ma la rete, si sa, funziona così.

 

La Croce Rossa Italiana e la risposta delle persone

Nel frattempo arrivano sia le foto delle locandine esposte, sia i primi bonifici. Una previsione sulla cifra raccolta? “Difficile, ci penserà la Croce Rossa. Mi hanno spiegato che ora c'è il boom dell'iniziativa, poi arriveranno i primi soldi, e quella sarà la parte difficile”. Perché la Croce Rossa? “Mi fido, poi ho immaginato che avrebbero usato i soldi dove c'è bisogno, non solo ad AmatriceMa neanche loro si aspettavano questa risposta”, e ora stanno pensando di aprire un Iban dedicato. “Vedremo, intanto cerchiamo di capire come essere più trasparenti possibile”.

Dopo una settimana qualcosa è già cambiato: i ristoratori sono costanti, i locali aumentano, ma la partecipazione dei clienti scende: “è normale, l'interesse diminuisce presto. Basta guardare i telegiornali per accorgersi che il sisma non è più la notizia principale” dice; dando conto delle dinamiche della comunicazione. Dal web alla tv e viceversa, polemiche incluse. La televisione fa da cassa di risonanza: maggiore è l'attenzione mediatica, maggiore la risposta emotiva e la partecipazione. Ma poi? “Credo che se si arriva a Natale sarà già tanto”. Poi si deve fare diversamente. E Carlo Petrini ha rilanciato proponendo di continuare la raccolta fondi per un anno. #AMAtriciana da movimento spontaneo diventa un'iniziativa collegata a Slow Food? “Uniamo le forze: ho sentito Petrini proprio ieri, a breve ci sarà una mappa unificata dei ristoranti che hanno risposto all'appello lanciato da me e quelli che hanno risposto a Slow Food. Loro si sono agganciati alla mia idea, con il pensiero di tenerla in vita per molto tempo, sarà più facile per realtà più strutturate, Eataly o Autogrill. Magari riesce a fare qualcosa fino all'estate prossima...

 

Diffidare dalle imitazioni?

E di Un'amatriciana per Amatrice e di tutte le altre raccolte fondi? “L'idea è di aiutare, se gli aiuti arrivano da un altro gruppo, ben venga, basta che arrivino”. Ci sono state altre iniziative che hanno usato la stessa immagine per raccolte fondi simili, anche con altri destinatari. Per esempio c'è una campagna gemella, sia nella grafica sia nel contenuto, in cui cambia solo l'Iban, che è quello della Confcommercio di Grosseto. In pratica hanno preso e modificato la sua locandina: “Ora l'hanno tolta dai loro canali, ma mi hanno detto dalla Croce Rossa che accade molto frequentemente. Le persone prendono la comunicazionee modificano solo qualcosa. A volte dirottando i fondi”. Insomma: le persone si fidano vedendo i marchi della Croce Rossa e non sanno che poi c'è la sorpresa.

 

E ora?

Adesso che anche Marc Zuckerberg ha fatto riferimento ad #AMAtriciana come fenomeno virale di grande impatto, unico caso in Italia di tale successo, che ricorda tanto quello dell'Ice Bucket Challenge di un paio di anni fa, le cose potrebbero aumentare ancora di intensità. C'è tanta risposta, begli incontri, e il rischio di essere strumentalizzati. A tornare indietro lo rifarebbe? “Certo, e farei tutto uguale” anche con la stessa improvvisazione “perché magari cambi un minimo aspetto ma poi le cose non sono le stesse”. Avrebbe forse fatto più attenzione nella prima immagine che riportava un Iban sbagliato (corretto quando le visualizzazioni erano ancora a tre cifre). Conseguenze immediate? “Da una settimana a questa parte ovunque vada mi ritrovo a mangiare amatriciana”.

 

a cura di Antonella De Santis

 

Lo Matsòn: produttori locali e chef d'eccezione al mercato contadino di Courmayeur

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Un mercato dedicato ai piccoli produttori locali, quelli del Monte Bianco, che da sempre lottano contro un clima ostile e pendenze ripide. Il 4 settembre a Courmayeur riapre Lo Matsòn, mercato contadino che valorizza l'agroalimentare valdostano.

Lo Matsòn, mercato contadino ai piedi del Monte Bianco

Una merenda, ma ancora di più un'esperienza di condivisione legata al cibo: è questo il significato del termine franco-provenzale “matsòn”, che per i valdostani rappresenta un vero e proprio rituale. Da questa tradizione, nasce Lo Matsòn, mercato contadino di montagna tra i più importanti d'Italia, nel cuore di Courmayeur, promosso nell'ambito del progetto #courmayeurlovesfood, che punta a valorizzare i produttori locali. Come ogni anno, la prima domenica di settembre tanti piccoli e medi produttori valdostani si riuniscono al mercato per promuovere e valorizzare il meglio delle risorse agroalimentari regionali. Quest'anno sono ben 70 gli agricoltori presenti, pronti a confrontarsi con i consumatori per diffondere la cultura della cucina valdostana. Quello che Lo Matsòn si propone di di portare in piazza è tutto il buono di una terra che talvolta può risultare ostile. Fra clima freddo e pendenze ripide, il territorio della Valle d'Aosta non è semplice da domare, ma gli agricoltori più appassionati hanno raccolto la sfida e sono riusciti, anno dopo anno, a portare in tavola delle vere eccellenze.

L'evento

Prodotti della terra come erbe spontanee, bacche, gemme ma anche ingredienti trasformati come formaggi d'alpeggio, salumi, miele: le ricchezze locali sono tante e varie, e saranno tutte protagoniste al mercato di domenica 4 settembre. Ogni prodotto è un pezzo unico, frutto di un anno di fatica e sudore, di levatacce nel cuore della notte per mungere le mucche, di mani graffiate dalle viti e schiene piegate a raccogliere i frutti. Ecco perché quello di domenica è un appuntamento che va ben oltre l'acquisto diretto di cibo, prestando il fianco al racconto della storia di una comunità e, più in generale, di un intero territorio.

Sui banchi non mancheranno le Dop locali, come la fontina, il lardo di Arnad, il prosciutto di Bosses, formaggi vaccini e caprini, grappe, génépy – liquore tipico a base di artemisie alpine – e poi latte, yogurt, miele marmellate, mostarde, aceto, pane di segale, frutta, piante officinali, prodotti di pasticceria secca, ortaggi e uova. A intrattenere gli ospiti, inoltre, la degustazione “Chef de Montagne”, che proporrà 5 panini ispirati alla tradizione dolomitica realizzati dagli chef della zona: Fabio Iacovone del Le Petit Restaurant di Cogne, Agostino Buillasdel Café Quinson di Morgex, Piergiorgio Pellerei del La Clusaz di Gignod, Maura Gosio del Petit Royal di Courmayeur e Alfio Fascendini del Vecchio Ristoro di Aosta.

Lo Matson | Courmayeur (AO) | domenica 4 settembre, dalle 9 | www.lomatson.it

a cura di Michela Becchi

Mangiare in aereo. Turkish Airlines è la migliore: tutti i consigli del blog Inflightfeed

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Dopo 4 anni, 428miglia, 65 compagnie e 403 voli all'attivo, Nik Loukas è un esperto dei pasti a 10mila metri di quota. E le sue esperienze le condivide con il mondo, raccontando l'industria del cibo di bordo e dispensando consigli per non sbagliare. Eccone qualcuno. 

Recensire un pasto... In aereo. Inflightfeed

C'è chi può vantare di frequentare solo tavole gourmet, chi non rinuncia a scovare il ristorante stellato in ogni città, chi viaggia in cerca di nuove e autentiche esperienze culinarie. Insomma, il mondo dei gastrofissati (che un tempo, lontano da derive mediatiche, si sarebbero chiamati semplicemente buongustai) è bello perché è vario. E la voglia di condividere le proprie opinioni in rete rende un po' tutti giudici e censori indiscussi. Così, navigando sul web, può capitare di imbattersi nella trovata di Nik Loukas, 428mila miglia nei cieli all'attivo e 44 Paesi visitati negli ultimi 4 anni, quando cominciava l'avventura del blog Inflightfeed, uno spaccato di “critica gastronomica” delle compagnie aeree di tutto il mondo che prende in esame la qualità dei pasti offerti in volo. Australiano di nascita e irlandese d'adozione Loukas in passato lavorava per una compagnia aerea, con l'incarico di mantenere i rapporti con i fornitori di catering, e proprio l'esperienza maturata sul campo l'ha portato a maturare l'idea che l'ha reso celebre nel mondo: “Ho scoperto che amo imparare tutto del settore, da come il cibo è selezionato a come è caricato a bordo dei velivoli, compreso tutto ciò che c’è nel mezzo. Se i passeggeri sapessero solo la metà delle pratiche che le compagnie svolgono per servire loro i pasti ne rimarrebbero sorpresi” dichiarava qualche tempo fa alla Cnn, ricordando dove tutto è cominciato.

Il blog e il documentario sull'industria del cibo in volo

Lo step successivo, infatti, è stato quello di aprire un blog (costantemente aggiornato sulle novità di settore), per raccontare le esperienze con il cibo a bordo da semplice passeggero:65 le compagnie sperimentate, per un totale di oltre 400 voli che ne fanno un vero esperto del genere, e recensore provetto. Ed è tutto documentato sul sito, che dal 2012 raccoglie sorprese e delusioni ad alta quota, in attesa che il materiale raccolto possa trasformarsi in un documentario sul mondo del cibo a 10mila metri che Loukas ha intenzione di finanziare tramite crowdfunding (su Indiegogo). Nel frattempo, però, l'esperto ha stilato una classifica dei pasti migliori, fornendo ai viaggiatori che non vogliono rinunciare a un buon pasto in aereo un'insolita guida gastronomica, che dispensa premi e stoccate. Perché in fondo dove sta scritto che in aereo si mangia male? Negli ultimi tempi molti si rifugiano nelle food hall di scali internazionali sempre più all'avanguardia in fatto di offerta gastronomica (e non mancano i nomi celebri), ma su chi può contare il viaggiatore in cerca di un ottimo servizio di ristorazione a bordo?

Buoni e cattivi. Tra lusso e low cost

Loukas non ha dubbi e sceglie la proposta di Turkish Airlines, anche per i voli di breve durata. I pasti sono buoni e il servizio attento, un po' come avviene sui velivoli della compagnia greca Aegean, in vetta alla lista delle europee grazie all'attenzione per la cucina locale e regionale. In Asia, invece, si distinguono gli standard elevati di Singapore Airlines e Japan Airlines, soprattutto in prima classe (profusione di aragoste e caviale, e possibilità di prenotare i piatti in anticipo). E se invece scommettiamo sul low cost? Anche in questo caso il consiglio ci porta in Turchia, con Pegasus Airlines, ma anche la nipponica Peach non deluderà le aspettative dei passeggeri gourmet.

Menu fai da te, pizza e delusioni

Tra le proposte più originali, invece, spicca quella di Air Baltic, compagnia di bandiera lettone, che offre la possibilità (a pagamento) di costruire il pasto scegliendo tra 70 diverse portate. O i piatti d'autore di Jet Blue e Alaska Airlines, entrambe americane, Mentre ad accontentare i più piccoli ci pensano Lufthansa (celebre anche per iniziative come il Restaurant Service con servizio di “sala” personalizzato), con menu dedicati, e la taiwanese Eva Air. Qualche perplessità in più invece sulla pizza Margherita a bordo della scandinava Sas (promossa quella di Wow Air), e pessimi voti per Air Asia, Ukraine International Airlines, Air India, Sri Lanka Airlines. Per l'Italia, invece, l'unica recensione riguarda la piccola Air Dolomiti e risale al 2014: giudizio entusiasta e un 9.5 meritato per l'offerta di specialità locali.

 

www.inflightfeed.com  

Versi di vini.Henrik Ibsen

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Corriamo tra le parole dei grandi poeti alla ricerca di testimonianze della loro passione per il vino. Qui andiamo fino in Norvegia, per leggere i versi di Henrik Ibsen.

Norvegese, Henrik Ibsen fu poeta e drammaturgo tra i più facondi dell’Ottocento (1836 – 1906). Dal 1864 al 1868 si stabilì in Italia dove scrisse i suoi primi capolavori: Brand e Peer Gynt. Notevoli anche i due drammi Casa Rosmere Hedda Gabler, nonché Catilina, il suo primo lavoro da cui riportiamo questi versi, dal titolo: Il canto dell’ebbrezza.

 

Evviva Bacco!

Allegri empiamo

sino all’orlo le tazze,

beviamo in suo onor!

La rossa bevanda

brilli deliziosa!

Noi tutti amiamo

del dio il licor!

Cordiale sorride

Il padre Libero; (Bacco)

l’ebbrezza c’invita;

chiaro è della vita il succo.

Suvvia godiamo!

Il vino dà gioia,

intono al piacere

cuore e pensier.

Tu più di tutti

sfavillando spumeggi,

o limpido Falerno,

sovrano licor!

Ravvivi il coraggio,

la forza ci dai;

il buon umor fai scendere

nei nostri cor.

Evviva Bacco!

Allegri empiamo

sino all’orlo le tazze,

beviamo in suo onor!

La rossa bevanda

brilli deliziosa!

Noi tutti amiamo

del dio il licor!

 

a cura di Giuseppe Brandone

 

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Ristorazione d'autore in hotel. Berton Al Lago sul Lario, Bartolini a Venezia con Glam

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Ospitalità extralusso e alta cucina è il binomio da cavalcare per distinguersi. La pensano così Luis Contreras e LCD: il primo chiama Andrea Berton sul lago di Como per dirigere il ristorante del nuovo Sereno, mentre il gruppo taiwanese sceglie Bartolini per Palazzo Venart. E in Laguna si affacciano di nuovo i fratelli Alajmo... 

 

Berton Al Lago. Nell'hotel by Patricia Urquiola

Torno è un tranquillo paese a breve distanza da Como, affacciato sulle sponde del lago. Elette come luogo di villeggiatura dal jet set internazionale, le acque del Lario non sono mai state avare di residenze esclusive e alberghi a 5 stelle. Come l'hotel aperto nel mese di agosto sulla riva orientale, località Torno, dal gruppo Sereno Hotels dell'imprenditore venezuelano Luis Contreras. E Il Sereno si presenta all'appello con tutte le qualità dell'ospitalità extralusso (già scelto dalle testate internazionali tra i 25 alberghi al mondo da visitare nel 2016): trenta suite vista lago a firma Patricia Urquiola - che ha curato l'interior design tra legno, pietra, rame e fibre naturali -  i giardini verticali di Patrick Blanc, una villa cinquecentesca a disposizione per gli eventi e un ristorante da 60 coperti (aperto anche al pubblico) che la proprietà ha deciso di affidare alla guida di Andrea Berton, imperatore della ristorazione milanese con l'insegna triforchettata e stellata che porta il suo nome e gli indirizzi di tendenza di Brera, Pisacco e Dry.

La cucina

Berton Al Lago, appena inaugurato, resterà aperto fino alla fine di ottobre, per i primi mesi di affinamento. Poi se ne riparlerà a primavera. Alla guida della cucina c'è il napoletano Raffaele Lenzi (ex Turbigo, Milano). In tavola tante materie prime del territorio, a cominciare dal pesce d'acqua dolce, lavarelli, trote, salmerini, persico. E piatti semplici eseguiti con personalità, per accontentare le esigenze di una clientela internazionale, dal risotto allo zafferano al ragù alla genovese. In abbinamento anche vini di piccole cantine locali, con quel gusto per una ricercatezza che è fatta di ascolto e comprensione del territorio.

Enrico Bartolini a Venezia. Glam a Palazzo Venart

Intanto anche Enrico Bartolini si fa tentare dal fascino della trasferta eccellente. E così dopo il trasloco negli spazi del Mudec di Milano e l'apertura del bistrot Casual di Bergamo, lo chef toscano da anni trapiantato in Lombardia mette radici anche a Venezia. Lo anticipa il sito di Identità Golose, riportando i dettagli della nuova sfida che lo vede impegnato già da qualche giorno con Glam, il ristorante di Palazzo Venart, luxury hotel recentemente inaugurato in calle Tron a San Stae, proprio lungo il Canal Grande. L'operazione è frutto dell'investimento di un colosso taiwanese dell'hotellerie come Lcd e ricorda, nella scelta di coniugare lusso e cucina d'autore, il progetto che JW Marriott ha affidato a Giancarlo Perbellini sull'Isola delle Rose. Stavolta però siamo nel cuore della città e gli spazi sono più intimi e contenuti: 18 suite e ambientazione d'epoca, tra trabeazioni in legno, pavimenti alla veneziana, boiserie e velluti pregiati. Per il ristorante, dal gusto contemporaneo, lo chef ha scelto Donato Ascani; in sala invece, 40 coperti in tutto,  ci sarà la sommelier Adele Furno, già in squadra al Devero. Tra i primi piatti in carta signature dish come la Carbonara Bartolini e tanti sapori lagunari. Anche menu degustazione  da 6 portate a 90 euro.

E i fratelli Alajmo?

Un bel risveglio d'autore per Venezia, che presto potrebbe contare anche sul raddoppio di casa Alajmo in città. Raffaele e Massimiliano sono già titolari del Gran Caffè Quadri, riaperto nel 2011 dopo un attento restauro e dotato di un ristorante informale al pian terreno (l'Abc Quadri) e una tavola più ambiziosa al primo piano, con vista su piazza San Marco. Secondo indiscrezioni riportate dal Sole24Ore, però, i fratelli Alajmo sarebbero in procinto di aprire un terzo locale informale, affacciato sul Canal Grande, con il coinvolgimento di Philippe Starck, già designer del Caffè Stern di Parigi. Ancora nessun ufficialità, ma certo l'imminente apertura di un grande laboratorio di pasticceria con centro di sperimentazione per supportare la ricerca e la produzione di tutti i locali del gruppo (che fattura 13 milioni di euro) fa ben sperare sulla decisione di consolidare la propria presenza in Laguna. Ne riparleremo.

 

Berton Al Lago all'hotel Il Sereno | Torno (CO) | via Torrazza, 10 | tel. 031 5477800 |  www.ilsereno.com

Glam a Palazzo Venart | Venezia | Santa Croce, 1961 | tel. 041  5233784 | www.palazzovenart.com

 

a cura di Livia Montagnoli

Giusti Wine e l'Abbazia di Nervesa. Un mecenate italo-canadese per l'abbazia dove fu scritto il Galateo

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1,731 milioni di euro è la cifra investita dall'azienda vinicola trevigiana per restaurare e riaprire al pubblico lo storico complesso religioso, oggi all'interno di una delle tenute di Ermenegildo Giusti, emigrato in Canada per cercare fortuna e ora mecenate in Italia. 

Dall'Italia al Canada. E ritorno

Lui si chiama Ermenegildo Giusti e il nome dichiara natali italiani che l'imprenditore trevigiano non ha nessuna intenzione di nascondere. Anzi, con molti “emigranti” come lui condivide quell'attaccamento alle proprie radici, alla terra d'origine, che è tanto più forte quanto il viaggio si spinge lontano, fin nella West Coast canadese, dove oggi Ermenegildo (Joe per gli amici) guida un gruppo industriale leader nel settore delle costruzioni. Altrettanto evidente, all'inizio della storia che ci troviamo a raccontare, è il richiamo per la tradizione vinicola coltivata in famiglia sin dalla seconda metà dell'Ottocento: suo padre Augusto, francese di Venissieux, produceva vino. E così pure la famiglia di sua moglie, attiva dalla metà del Novecento nella coltivazione di vitigni autoctoni della Marca trevigiana – celebre nel mondo per il suo Prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene -  glera, bianchetta, verdiso. Ecco perché più di dieci anni fa, era il 2004, il ritorno a casa dell'imprenditore che ha fatto fortuna oltreoceano si concretizza nella fondazione della Giusti Wine.

Giusti Wine. Una passione di famiglia

Due ettari di terreno per cominciare, l'impianto del primo vigneto nel 2006 e a seguire un massiccio piano di investimenti che oggi si evidenzia nel ricco e diversificato “portfolio” dell'azienda vinicola: 75 ettari suddivisi in dieci tenute, che fanno capo al Comune di Nervesa della Battaglia. Con l'obiettivo di arrivare a quota 100 ettari entro il 2017, e realizzare una moderna cantina di raccordo. Ma quel che più incuriosisce – e fa onore a questo canadese d'adozione che non dimentica le proprio origini -  è il desiderio di recuperare le tracce di un patrimonio ricco di storia, valorizzando secoli di tradizioni del Montello. A cominciare dal salvataggio dell'Eremo di San Girolamo fino ad arrivare, ed è storia recente, al piano per la messa in sicurezza dell'Abbazia benedettina di Nervesa, coinvolta nelle battaglie lungo il Piave durante la Prima Guerra Mondiale. L'investimento è ingente, oltre 1,7 milioni di euro stanziati dalla Giusti Wine per restaurare il complesso fondato intorno all'anno Mille che la Battaglia la tristemente nota battaglia del Solstizio ha gravemente danneggiato, destinandolo ad anni di abbandono.

Il salvataggio dell'abbazia. Dal Galateo alle vigne

Dedicato a Sant'Eustachio, l'edificio oggi si trova all'interno della Tenuta Abbazia, che dalla struttura prende il nome, ma le sue vicende sono ben documentate nel corso dei secoli: vivace polo culturale a cavallo tra Cinquecento e Seicento, qui vennero accolti a più riprese ospiti illustri, da Pietro Aretino a Gaspara Stampa, a Giovanni della Casa, che si narra scrisse proprio durante il suo soggiorno alla Nervesa attorno alla metà del XVI secolo il celebre Galateo. Poi, tra la seconda metà del Settecento e l'inizio dell'Ottocento il complesso fu trasformato in azienda agricola, e così scampò alle soppressioni napoleoniche. Ma alla distruzione della guerra, un secolo più tardi, l'edificio non riuscì a sopravvivere. Con l'intervento di Giusti Wine l'abbazia tornerà a vivere, aprendo le porte al pubblico per visite ed eventi culturali. Al suo interno sorgerà un museo con sala convegni (in un fabbricato realizzato ex novo), mentre l'edificio storico sarà restaurato con cura. Nei sotterranei si provvederà ad allestire l'area servizi destinata ai visitatori. Tempi previsti per il cantiere: un anno e mezzo. Poi l'azienda gestirà il complesso per i prossimi 80 anni per conto del Comune di Nervesa.

E intanto il fautore di questa rinascita, Ermenegildo Giusti, auspica la buona riuscita del progetto: “Con questo intervento a favore della Comunità integriamo il nostro piano di sviluppo del territorio, che partendo dall’attività vitivinicola vuole rilanciare Nervesa ed il Montello come meta di un turismo attento e consapevole, capace di creare valore e nuova occupazione qualificata per i nostri giovani”. Il nostro, di auspicio, è che l'iniziativa privata dei produttori che operano sul territorio possa sposare ogni giorno di più gli interessi comuni, nella direzione di una valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico che porti turismo e ricchezza.

www.giustiwine.com

 

a cura di Livia Montagnoli

I prodotti del mese. Settembre

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Un mese dai profumi e sapori intensi, in cui la natura di trasforma e si prepara ai primi freddi. Oggi parliamo dei prodotti di settembre: dall’uva, ai fichi, dai funghi alla zucca, passando per acciughe, calamari e tonno.

Settembre tempo di cambiamenti. Mentre la stagione estiva volge al termine e molti rientrano da vacanze tardive, la natura si cambia d’abito, accorciando le giornate e imbrunendo lentamente i colori di alberi, foglie e piante. Allo stesso modo, i prodotti estivi lasciano lentamente il passo a quelli autunnali, immergendoci in profumi e sensazioni quasi dimenticate.

 

La frutta

Settembre è il mese dell’uva, che sia da tavola o da vino. Un prodotto dalle mille proprietà: ricco di vitamine e sali minerali, è ideale per disintossicare il corpo, purificare il fegato e stimolare il sistema nervoso. È il momento in cui maturano alcune uve più tardive, come l’uva Italia, la Crimson, il Moscato, il Pizzutello bianco, lo Zibibbo, mentre altre stanno per finire, come la Fragola, la Regina, la Victoria, la Cardinal. Da mangiare subito se vi trovate vicino ai vigneti o da conservare sotto forma di marmellate e confetture, per avere in inverno tutta la dolcezza di questo prodotto. Ma settembre è anche il mese dei fichi chiamati, non a caso, settembrini: sono decine e decine le varietà che maturano in questo mese. Non solo da mangiare freschi o nei dolci, i fichi sono ideali per l’abbinamento con prodotti salati come il prosciutto, accoppiata fra le più classiche, formaggi caprini, gorgonzola, noci.

 


Tortillas di patate e insalata di porcini e uva

 


Altri frutti dalle molte proprietà sono i mirtilli e le more: depurativi delle vie urinarie e antiossidanti naturali, hanno un effetto benefico soprattutto sulla circolazione. E ancora melograno, prugne, susine, fichi d’india, datteri: frutta golosa da utilizzare non solo come spuntino fra un pasto e l’altro, ma anche in cucina. Infine, settembre segna l’inizio della stagione delle mele: iniziano a maturare Golden e Red Delicious, le mele Renette, le Campanine, le Stark, mentre sono quasi sul finire le mele Gala e le Ozark.

Crema di mascarpone allo yogurt fichi pistacchi e salsa al kiwi

 


 

La verdura

Se le gustose verdure estive come melanzane, zucchine e peperoni sono quasi sul finire, a settembre sono molte le verdure che iniziano a far capolino dai banchi dei mercati e nei negozi. Oltre ai pomodori più tardivi, che saranno conservati sotto forma di sugo da gustare nelle lunghe serate invernali, è tempo di cetrioli, fagioli, porri e carote. Iniziano a spuntare le prime verdure a foglia, come bietole, spinaci, cavolfiore e cicoria, così come le zucche che matureranno via via lungo l’autunno. Settembre è il mese indiscusso dei funghi: un periodo unico per chi ama questo prodotto. Tra le radici degli alberi e il muschio iniziano a spuntare i primi boletus edulis, ovvero gli amati porcini, ma anche di cantarelli e steccharini. Verso la fine del mese (ma già in qualche parte d'Italia si raccolgono) spunteranno gli ovuli, i boletus regio, parenti dei porcini, le mazze di tamburo e le prime trombette dei morti. Prodotti poco calorici, ottime fonti di sali minerali e vitamine, che contribuiscono al buon funzionamento del nostro sistema immunitario: in cucina possono essere mangiati sotto forma di zuppe, come condimento per le paste fresche o nei sughi, in alcuni casi anche in insalata.


Croissant con funghi porcini

 

Il pesce

Anche il pesce ha una sua stagionalità: scegliere specie fuori stagione significa non solo contribuire a non rispettare il ciclo vitale del mare, ma probabilmente anche comprare prodotti di scarsa qualità. Il pesce azzurro regna a settembre, con acciughe, sarde e sgombri in testa: considerato “pesce povero”, sono varietà ricche di Omega3 e antiossidanti. Ma settembre è anche il tempo di altre varietà considerate più pregiate come lo spada, la ricciola, il sarago, le spigole, le orate, i rombi e il tonno rosso. Non dimentichiamo crostacei e molluschi: sono ricchi di proteine ad alto valore biologico, contengono soprattutto acidi grassi polinsaturi che aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari e il diabete. Fra le tante varietà presenti sui banchi dei mercati, nei giorni di fine estate potrete gustare i calamari, i moscardini, le pannocchie, le vongole veraci e le mazzancolle.

 

a cura di Francesca Fiore


Dove comprare il pesce a Bologna: 5 pescherie raccomandate dagli chef

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In una cucina conosciuta soprattutto per i suoi piatti a base di carne e salumi anche il pesce ricopre un ruolo importante. E scegliere quello migliore è un passo fondamentale per la realizzazione di un grande piatto. Gli chef di Bologna ci hanno indicato le loro pescherie di fiducia in città.  

La tradizione del pesce a Bologna

Una cucina profondamente ancorata a tradizioni secolari, legata ai prodotti del territorio e apprezzata in tutto il mondo per il sapore autentico e genuino dei suoi piatti, specialmente i primi. Come la lasagna, i tortellini, i cannelloni e tutte le altre ricette custodite e tramandate di generazione in generazione dalle sfogline, massaie dedite alla stesura della pasta all’uovo fresca. Ma la tradizione bolognese comprende anche tanti secondi piatti, prevalentemente basati sull’ampia selezione di carni e salumi locali, dal bollito misto alle polpette in umido, dalla faraona ripiena alla galantina di cappone. A queste ricette, se ne vanno poi ad aggiungere altre a base di pesce, come l’anguilla in umido, le rane fritte, le acciughe al forno e le frittelle di baccalà, piatti meno conosciuti al di fuori dei confini regionali, ma di pari valore all’interno del patrimonio gastronomico del territorio. Particolarmente popolari in passato – e ancora oggi presenti fra i menu di alcune trattorie più tradizionali – sono tutti quei piatti a base di pesce d’acqua dolce, tinche e carpe in primis. 

Oggi, i ristoranti di Bologna che hanno deciso di puntare sulla cucina di pesce non sono molti, ma alcuni piatti di mare hanno trovato il loro posto anche nei menu più tradizionali delle osterie della città. Le insegne di qualità per le materie prime, se pur in numero ridotto, non mancano, e gli chef emiliani ce le hanno indicate tutte.

Brunelli

A partire da Brunelli, pescheria aperta nel 1924 e fin dall’inizio un punto di riferimento per gli amanti del pesce. Ad affidarsi a questa storica insegna sono diversi ristoratori, come Massimiliano Poggi e Gianni Fruzzetti, ideatori del Vicolo Colombina, locale di tradizione seguito dalla chef Leonora Rinaldi. “Brunelli è una garanzia per i bolognesi che amano cucinare. Tutti gli ingredienti sono freschi e di ottima qualità, ma è il pesce d’acqua dolce il loro punto di forza”. A confermarlo è Fabio Fiore, chef e patron dell’osteria Quanto Basta, romano di nascita ma bolognese di adozione ormai da molti anni. La sua cucina in via del Pratello si distanzia un po’ dal repertorio circostante, tutto bolliti e tagliatelle, e propone un’offerta più ampia di piatti di mare, dal baccalà mantecato agli spiedini di merluzzo. “Brunelli è costante nella qualità delle materie prime e nell’offerta ampia e sempre varia”.

Brunelli | Bologna | via Drapperie, 8 a | www.facebook.com/pages/Pescheria-Brunelli

Pescheria del Pavaglione

A seguire, è la Pescheria del Pavaglione, all’interno del Mercato di Mezzo, l’insegna più gettonata dagli chef di Bologna. “Non acquisto quasi mai dalle pescherie in città”, spiega Francesco Carbonidel ristorante Acqua Pazza, ci tengo ad avere un rapporto diretto con i pescatori. Ma questo non è sempre possibile, e in quel caso non ho dubbi: Pescheria del Pavaglione è il luogo ideale per chi, come me, ha bisogno di materia prima d’eccezione per realizzare piatti d’autore”. A recarsi in questo piccolo locale è anche chef Fiore (osteria Quanto Basta), che qui viene appositamente per il pesce azzurro, “le alici in particolare sono squisite”. Oltre alla vendita al dettaglio, la pescheria offre anche la possibilità di degustare piatti espressi a base del pescato del giorno. Nasce così l’aperifish, una serie di assaggi a base di pesce crudo e cotto. Ma anche fish burger, calamari ripieni, paccheri con baccalà, polpette di salmone, ricette semplici e sfiziose accompagnate da un buon calice di vino del territorio. 

Pescheria del Pavaglione | Bologna | via Pescherie vecchie, 14 a | tel. 051 227798 | www.facebook.com/Pescheria-del-Pavaglione

L’Adriatica

È ancora chef Carboni (ristorante Acqua Pazza) a consigliarci il prossimo indirizzo che, come si intuisce dal nome, offre tutto il meglio del Mar Adriatico. E si tratta, ancora una volta, di una gastropescheria, da una parte dedicata alla vendita del pesce, dall’altra alla cottura dello stesso. “Quello delle gastropescherie è un format che sta prendendo molto piede ultimamente in Italia. L’Adriatica rappresenta un punto d’incontro fra un ristorante/friggitoria e un banco del pesce. Il pubblico sembra apprezzare”, racconta lo chef, che qui acquista soprattutto “crostacei e pesce da spina, i migliori in città”.

L’Adriatica | Bologna | via Drapperie, 8 b | tel. 051 228695| www.facebook.com/pages/Pescheria-Ladriatica

Qualimed

Pesce siciliano in Emilia? A quanto pare è possibile, grazie a Salvo e Peppedi Qualimed, un progetto nato dalla volontà di questi 2 amici nel 2012. Acronomico di Qualità Alimentare Mediterranea, l’insegna si propone di dare la possibilità anche agli chef dell’entroterra di lavorare con materie prime d’eccezione come i pesci del mare del Sud. L’azienda conta 2 punti vendita, uno appena fuori Bologna, a San Lazzaro di Savena, e l’altro a Castelvetro di Modena. Mazara del Vallo, Lampedusa, Favignana: sono queste le località da cui l’azienda si rifornisce quotidianamente per il pesce fresco. A fare acquisti da Qualimed è il team di Vicolo Colombina: “Se si vuole assaggiare il pesce dello Ionio, questo è l’indirizzo migliore. Impareggiabile”.

 

Qualimed

Qualimed | San Lazzaro di Savena (BO) | via Palazzetti, 14 | tel. 051 6258505 | www.bottegaqualimed.it/

Peschereccio

Nonostante le insegne in città siano poche ma valide, c’è chi si sposta comunque nelle cittadine limitrofe per  ricercare le materie prime migliori. È il caso dello chef Gerardo Monacodi Garganelli, ristorante dell’hotel Savoia Regency, che per i suoi piatti di pesce sceglie un’insegna del piccolo comune di Budrio. Si chiama Peschereccio e offre ogni giorno prodotti freschi di qualità, dall’astice all’orata, accanto a piatti precotti come il risotto alla pescatore, la paella alla valenciana, il rombo con le patate, da scaldare qualche minuto al forno o in microonde per chi non ha tempo o voglia di cucinare. Per conferma, abbiamo chiesto a uno chef del luogo, Dino Baldini del ristorante Centro Storico nel cuore di Budrio, quali fossero le specialità del Peschereccio: “Tutti gli ingredienti sono di ottima qualità. Peschereccio è il banco numero 1 della zona, sia per il pesce da spina che per molluschi e crostacei. Cosa preferisco? Capesante e gallinella”.

 

Peschereccio

Peschereccio | Budrio (BO) | via S. Vitale, 14 c | tel. 051 808400| www.pescheriabologna.com/

a cura di Michela Becchi

Dove comprare il pesce a Roma: 7 indirizzi raccomandati dagli chef  

 

Nuove aperture a Roma. Petrilleria, Bucolica, Spiazzo, Be.Re&Trapizzino, Centro di Dandini. Nuova data per il Mercato Centrale

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Si apre con tante novità di piccola e media dimensione l’autunno della Capitale, che saluta una nuova consulenza di Arcangelo Dandini a via Cavour, l’apertura di una nuova pizzeria a Ostiense e l’arrivo dei prodotti d’eccellenza del Ducato al quartiere Salario. Ma ci sono anche le ciambelle artigianali di Bucolica e la cucina di vicinato di YaLùz, aspettando Be.Re e il Mercato Centrale. 

La Petrilleria. Enoteca, cantina e salumi d’eccellenza

Prosciutto Sant'Ilario, culatello, Parmigiano Vacche Rosse 28 mesi, coppa piacentina. Nessun malinteso: le coordinate geografiche dell'enoteca e wine bar che vedrà la luce nelle prossime settimane in via Metauro 55 ci portano proprio a Roma, quartiere Salario. Ma è pur vero che la tavola parla inequivocabilmente emiliano, parmigiano per essere precisi. Originario della cittadina votata all'eccellenza enogastronomica è Luca Petrillo, da 7 anni stabilmente a Roma e proprietario, insieme ad altri soci, de La Petrilleria, che aprirà entro settembre (con una forbice che oscilla tra il 15 e il 22 del mese). L'idea affonda le radici in una passione lontana per il cibo di qualità e le migliori espressioni del territorio. Nel 2006 questa passione l'ha condivisa con un gruppo d'acquisto, I Berbenisti, per scovare la migliori etichette italiane e francesi in circolazione, nel frattempo ha affinato le sue qualità da cercatore di ghiottonerie, più per vocazione che per mestiere. Ora però Luca, con sua moglie Sara, è pronto a lanciarsi nella ristorazione, aprendo al pubblico romano le porte di una sorta di cantina personale che ambisce a diventare ritrovo collettivo, a pranzo e cena, in una zona già interessata da un certo movimento gastronomico (a breve distanza troviamo una delle novità più interessanti dell'ultimo anno, il forno dei Santi Sebastiano e Valentino, e poi indirizzi sempre validi come la bottega Va Sano o la pasticceria Gruè, ma pure Kilo, proprio nell'isolato adiacente), e ora più che mai “la posizione ci sembra strategica, abito in zona e vedo un nuovo fermento. Proprio qui accanto sta aprendo anche un'altra formaggeria interessante”. Cosa porterà in dote, dunque, La Petrilleria?

Cosa si mangia

Il progetto è stato seguito da Insula, giovane studio d'architettura romano, e gioca sui toni del rosso, del grigio e del nero accostati al calore del legno; al bancone, lungo 7 metri, potranno accomodarsi fino a 20 persone, per un totale di trenta coperti con qualche tavolino sistemato in sala, e laboratorio (senza cucina) a vista. I prodotti, una selezione in arrivo principalmente dalla food valley emiliana con incursioni nelle specialità nazionali degne di nota, dalla giardiniera alla pasta campana, saranno anche in vendita a scaffale o in banco frigo (salumi preconfezionati dall'azienda parmense Rosa dell'Angelo, Parmigiano razza bruna da 18 a 48 mesi di stagionatura, Parmigiano Vacche Rosse 28 mesi). Per la somministrazione, invece, si gioca su una duplice offerta: a pranzo panini, nella veste più semplice - “come un buon panino con il culatello”- dall'aperitivo e fino alle 23 taglieri di salumi e formaggi (anche laziali) e sfizi freddi, dai funghi di Borgotaro fino al caviale Calvisius. Con l'aggiunta di due prosciutti a coltello: un bellota spagnolo e un Norcia Pratomagno, per accontentare tutti i gusti. Il pane, invece, arriverà sempre fresco (due volte al giorno) dal forno trasteverino La Renella. Capitolo dedicato merita il vino, una selezione di un centinaio di etichette per vendita e somministrazione, con tante proposte alla mescita, circa 25-30 referenze per l'aperitivo, per tutte le tasche. Si spazia dal territorio emiliano – Lambrusco, Sauvignon e Malvasia della tradizione del Ducato – alle bollicine francesi, dallo Chablis ai piccoli produttori italiani. E con l'inverno potrebbe arrivare la sorpresa degli anolini in brodo da passeggio.

Fusion Restaurant Bar. La sfida a Zuma?

Intanto, in centro città, anche l'autunno si preannuncia all'insegna della cucina internazionale. La primavera scorsa era toccato a Zuma, brand di successo planetario sbarcato all'ultimo piano di Palazzo Fendi. Nei prossimi mesi, probabilmente già alla fine di ottobre, a pochi metri di distanza, in Largo di Fontanella Borghese, a contendersi la scena della cucina asiatica gourmet arriverà un nuovo concorrente. Il format l'ha anticipato il blog Gugsto qualche giorno fa, il locale – che prenderà il posto del ristorante La Fontanella Borghese – adotterà la formula del Fusion Restaurant Bar. E l'infilata di vetrine (7 da un lato, 4 dall'altro) tappezzate con grafiche che strizzano l'occhio all'immaginario orientale fa ipotizzare un investimento ingente da parte della proprietà (gli imprenditori romani Alberto e Domenico Giusti de Marle lo sono delle mura). I lavori sono già iniziati, a seguirli c'è la consulenza del gruppo Laurenzi: a tavola - 80-90 coperti suddivisi in più salette - si mangerà fusion, soprattutto giapponese (tra soba, ramen e udon), con un po' di Cina e Thailandia. In abbinamento una bella carta di sake e whisky giapponesi, oltre alla proposta del cocktail bar. E in cucina un squadra giovane, che dovrebbe annoverare anche l'ex junior sous chef di DiverXo.

Centro. Arcangelo Dandini a via Cavour

Chi non è nuovo alla piazza romana è Arcangelo Dandini, che in via Cavour torna in qualità di consulente per la cucina di Centro. La presenza dello chef denuncia l’aspirazione a fare del locale un ritrovo per gli amanti della tradizione gastronomica capitolina, ma è la posizione strategica in centro città a determinarne il respiro internazionale, in sala (80 coperti) come in tavola. Aperto all day long, dalle 8 alle 24, il format non brilla certo per originalità, tra colazioni dolci e salate, banco gastronomia con salumi e formaggi selezionati per il pranzo, quando si potrà scegliere anche da un menu di proposte informali – tartare, insalate, hamburger gourmet – carta serale più ampia e ambiziosa. La differenza la fanno i classici di Dandini, dall’Anabasi al Viaggio a Rocca Priora, interpretati in cucina da Biagio Minafra. La pasticceria è affidata al giovane leccese Marco Nuzzo, la carta dei vini annovera circa 100 etichette, con l’aggiunta di una ricca selezione di distillati per l’aperitivo e l’after dinner.

La birra di Be.Re. Con Trapizzino

E un’alleanza tra conoscenze note si profila anche per Be.Re., l’ambiziosa birreria che Luigi Parise e Lorenzo D’Annibale hanno concepito a piazza Risorgimento, proprio accanto al Pergamino Caffè. Come anticipato circa un mese fa, il locale sarà operativo dalla seconda metà di ottobre e si avvarrà della collaborazione con Stefano Callegari per proporre i suoi trapizzini, dalle 11 alle 2 di notte. Bancone scenografico con 18 spine e 6 handpump a disposizione (ma anche proposte in bottiglia e bicchieri personalizzati per i clienti affezionati), la vera novità dovrebbe essere il coinvolgimento di Manuele Colonna, patron nel Macché, che stando alle indiscrezioni di Andrea Turco su Cronache di Birra si occuperà della selezione delle birre, comprese proposte in botte dalla Franconia. Per un pub che arriva, un altro se ne va. Con un salto di qualche chilometro in direzione Ostiense, nell’area dell’ex Mulino Biondi a Ponte di Ferro salutiamo la chiusura di Bibere Bistrot (che potrebbe riaprire in altra sede) e l’arrivo – entro la metà di settembre – di una nuova pizzeria.

Spiazzo. La nuova pizza di Ostiense

Si chiamerà Spiazzo ed erediterà gli spazi del precedente locale completamente rinnovati. In cucina lo chef Mattia Lattanzio con la consulenza di Pier Daniele Seu, giovane talento della pizza che firma la proposta gourmet di zona davanti al forno di Gazometro38. L’impasto, alta idratazione e 48 h di lievitazione, sarà improntato a leggerezza e croccantezza, il menu articolato tra pizze classiche, tipiche e “spiazzanti”. Da bere birre artigianali e cocktail per l’aperitivo, il dopocena o l’abbinamento con la pizza. Altre piccole novità di settembre, in attesa di salutare il trasferimento sull’altra sponda del Tevere di Pianostrada e assistere all'inaugurazione (a lungo slittata) dell'agaveria La Punta a Santa Cecilia (il 14 settembre la scommessa messicana della squadra del Jerry Thomascon Cristian e Sarah Bugiada apre finalmente i battenti), arrivano dai mercati rionali meno noti. La prima, per dir la verità, è nascosta già da qualche mese tra i banchi di Santa Galla, agglomerato di chioschi non troppo suggestivo tra circonvallazione Ostiense e Eataly.

Mangiare al mercato. YaLùz e Bucolica

Al box numero 30, la sfida di YaLùz è quella di proporre la sua cucina di vicinato in un contesto fuori dalle solite rotte, per ora voce solitaria con i suoi tavolini e le panche su strada raccolte dal pranzo fino all’aperitivo intorno al chiosco di Matteo Franceschi, proprietario di origini campane che mixa in cucina ricette napoletane, romane e suggestioni etniche del Mediterraneo. Involtini di verza con riso, frittata di pasta, pizza di scarole, crocchette, burghul, verdure saltate, torta di pesche: il menu cambia ogni giorno, disponibile per il take away, il martedì e il venerdì anche per l’aperitivo. Per il dolce ci spostiamo al mercato De’ Calvi, quartiere Monteverde, proprio dietro a piazza Scotti e a pochi metri da un’altra conoscenza nota come Pane e Tempesta. Al box 2, il 17 settembre si terrà la festa inaugurale di Bucolica, la ciambelleria artigianale che ha aperto in sordina un paio di mesi fa, prima della pausa estiva. L’offerta si concentra sulle ciambelle, rigorosamente al forno e con zucchero di canna, senza grassi idrogenati né burro, realizzate ogni giorno nel laboratorio sul retro e disponibili per il delivery grazie a Moovenda. Gli ingredienti sono per la maggior parte laziali, da agricoltura biologica, le varianti tra cui scegliere 7, dalla Zen con fiore di mela e zenzero alla Golosa con copertura di cioccolato fondente. In vendita a prezzi popolari, da 1 a 3 euro. Servizio di caffetteria con estratti, smoothie, tè, tisane e caffè americano.

Ma se parliamo di mercati, l'attesa è tutta per il Mercato Centrale di Termini, format d'importazione fiorentina presentato alla città lo scorso luglio dall'imprenditore Umberto Montano. L'apertura era prevista per la metà di settembre, ma la data è slittata al 5 ottobre, e dopo la mattinata dedicata alla presentazione stampa, dalle 18 lo spazio di via Giolitti aprirà le porte al pubblico, con gli operatori tutti schierati in postazione. Intanto ricordiamo chi ci sarà.

 

 

La Petrilleria | Roma | via Metauro, 55-59 | prossima apertura, dalle 11 alle 15/ dalle 19.30 alle 23 | www.facebook.com/laPetrilleria/?fref=ts

Fusion Restaurant Bar | Roma | Largo Fontanella di Borghese, 86 | alla fine di ottobre

Centro | Roma | via Cavour, 61 | tel. 06 48913935 | www.centrorestaurant.it

Be.Re. | Roma | piazza Risorgimento | da fine ottobre

Spiazzo | Roma | via Antonio Pacinotti, 83 | tel. 06 5562738 | dal 15 settembre | www.facebook.com/PizzeriaSpiazzo/?fref=ts

Agaveria La Punta | Roma | via di Santa Cecilia, 8 | www.lapuntaproject.com

YaLùz | Roma | mercato di Santa Galla, box 30 | www.facebook.com/yaluzlaboratoriodicucina/?fref=ts

Bucolica | Roma | mercato de’ Calvi, box 2, largo Sant’Eufrasia Pelletier, 7 | festa inaugurale il 17 settembre, alle 16 | www.facebook.com/bucolicaciambelleria/?fref=ts

Mercato Centrale | Roma | via Giolitti, 36-38 | dal 5 ottobre, alle 18

 

a cura di Livia Montagnoli

Street Food d’Italia 2017. Valle d’Aosta: Sushiball di Courmayeur

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Deve ancora compiere un anno di attività il piccolo bistrot che ha portato nella Valdigne tutto il gusto del sushi giapponese. Con l’aggiunta del servizio take-away, Sushiball si aggiudica il premio regionale per la Valle d’Aosta della guida Street Food d’Italia 2017 del Gambero Rosso. 

Street Food in Italia

Panzerotti, pizza a taglio, bombette, panini gourmet, focacce: la varietà del cibo da strada in Italia è davvero ampia e affonda le sue radici nelle più antiche tradizioni gastronomiche delle varie regioni. Dal panino con la meusa siciliano a quello con la porchetta dei Castelli Romani, dalla piadina romagnola alla focaccia genovese, ogni zona dello Stivale offre da sempre una sua versione di street food. Sì, perché quella del “mangiari di strada” è oggi una moda che ha invaso l’intera Penisola, fra format innovativi e proposte originali, ma che prende ispirazione dalle abitudini alimentari del passato. E la guida Street Food d’Italia 2017, fra food truck, forni e banchi del mercato, offre un'istantanea di questa tendenza con ben 450 indirizzi.

I premi regionali: Sushiball in Valle d’Aosta

Per ogni regione c’è un solo campione, e se per la maggior parte dei premi speciali il punto di forza è stato il recupero delle tradizioni, lo stesso non si può dire per Sushiball, un locale giovane e innovativo che ha portato la cucina giapponese in Valle d’Aosta. La storia di Marco Salvato è quella di un chirurgo orale che si divide fra Milano e Courmayeur, fra la sua passione per la medicina e quella per il cibo.

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Com’è nata l’idea di Sushiball?

Dunque, è una storia un po’ insolita. Sono un chirurgo orale nato e cresciuto a Milano, con una forte passione per i viaggi e per la gastronomia. Nella mia città andavo spesso a mangiare sushi da Basara e col tempo mi sono innamorato della cucina giapponese perché è quella che meglio di tutte riesce a coniugare gusto e salute. E così ho avuto l’idea di aprire un mio locale. Volevo abbinare il sushi di alta qualità con le bollicine – altra mia grande passione – in un luogo che fosse un punto d’incontro fra un ristorante, un bistrot e un’enoteca. Con uno staff formato al Basara, il 3 dicembre 2015 ho aperto le porte di Sushiball.

Perché proprio Courmayeur?

È una località che conosco molto bene, dove mi sono trasferito 5 giorni su 7. La maggior parte delle persone vede Courmayeur come un luogo turistico e niente più, invece è una cittadina che ha tanto da offrire, non solo durante le feste natalizie. Mi piacciono le città a misura d’uomo, volevo creare un’attività in una dimensione più contenuta rispetto a quella delle grandi metropoli come Milano.

Come è stata recepita la vostra cucina i primi tempi?

Fin dall’inizio mi sono proposto di puntare sulla clientela locale, e non quella turistica. Certamente, durante le feste c’è un afflusso maggiore, ma a me interessa lavorare tutto l’anno. E devo dire che il successo è stato immediato. Il sushi qui mancava completamente e la gente del luogo ne è rimasta entusiasta.

Quali sono i piatti che vanno per la maggiore?

Sicuramente i roll. In particolare lo Skyway con salmone e stracchino prodotto da un’azienda locale, e il Mont Blanc, a base di branzino con robiola vaccina. Sta andando molto anche una delle ultime novità, il Cipriani, roll con ripieno di salmone e lattuga e avvolto da fettine di avocado e ricoperto da una tartare di gamberi. Poi abbiamo recentemente inserito anche dei nuovi roll estivi; fra questi, quello che ha spopolato di più si chiama Estate ed è farcito solamente con cubetti di avocado e ricoperto all’esterno da fette di branzino flambate, una dadolata di pomodori pachino, basilico, pinoli e una riduzione di mango e zafferano.

Da chi vi rifornite per le materie prime?

Abbiamo più fornitori. Lavoriamo esclusivamente con il pesce fresco, che abbattiamo noi e che acquistiamo da diversi pescatori del nord Italia. Le verdure invece vengono da un piccolo produttore ad Aosta.

Cosa offre la carta dei vini?

Inizialmente avevo studiato una carta composta per il 70% da bollicine italiane e il restante 30% da champagne francesi. Ora è stata un po’ modificata e presenta più etichette dalla Francia, per rispondere all’alta richiesta della clientela. Per quelle italiane, la selezione varia dall’Alta Langa alla Franciacorta.

Altre bevande?

Non abbiamo il sake in carta, ma lo utilizziamo in cucina per alcune preparazioni e, se il cliente lo richiede, lo offriamo volentieri.

Quanti siete nel locale?

Compreso me – che lavoro principalmente alla cassa – siamo in 6.

Che tipo di ristorazione c’è Courmayeur?

Ci sono molti ristoranti turistici, ma anche diverse insegne tradizionali di qualità. C’è qualche gastronomia di ricerca, delle botteghe artigianali di livello. Quello che davvero manca sono i fornitori per i ristoratori.

Consigliaci qualche locale.

Per gustare i piatti della tradizione valdostana, sicuramente la Baita Ermitage è l’indirizzo migliore. Per bere, consiglierei invece l’enoteca L’Armadillo Vino Vivo, che propone anche una cucina semplice e golosa.

A Milano?

Basaraper il sushi, Ricerca Vini per bere e Boccondivino per una cena originale. Quest’ultimo è ottimo per chi ama sperimentare vari sapori perché consiste in tanti piccoli assaggi di prodotti e piatti tipici di tutte le regioni d’Italia. A ogni portata, è abbinato un vino del territorio, sia etichette famose che altre meno conosciute di piccole aziende.

Progetti futuri?

Continuare a creare nuovi piatti. Abbiamo una clientela fidelizzata che alle volte ci fa delle richieste particolari, e proprio dal desiderio dei nostri clienti nascono alcune ricette, come quella del Cipriani.

Pensi mai ad aprire un altro locale?

Ci penso e ho già ricevuto delle proposte, ma al momento non ho proprio tempo per cominciare da capo. Comunque non aprirei mai a Milano, dove i costi di gestione sono troppo alti e l’offerta di sushi è già abbastanza ampia. Preferirei una località sul mare, anche in un comune piccolo. Per ora, comunque, devo rimanere concentrato qui a Courmayeur.

Organizzi serate di degustazioni o eventi?

Sicuramente faremo delle degustazioni guidate. Attualmente stiamo organizzando dei mini corsi di sushi sulle tecniche base per la preparazione dei piatti più semplici. Il corso dura un intero pomeriggio, dalle 14 alle 20, e a fine giornata i partecipanti cenano con i piatti da loro realizzati, più qualcuno in omaggio dalla nostra cucina. Questi laboratori stanno avendo un discreto successo, per cui credo che continueremo anche durante l’inverno.

Sushiball | Courmayeur | circonvallazione, 48 | tel. 349 5522462 | www.sushiball.it

a cura di Michela Becchi

Guida Street Food 2017 del Gambero Rosso | Euro 6,50 | acquistabile in edicola, libreria e on line

Guida Street Food 2017 del Gambero Rosso. Ecco i risultati 

 

Anteprima Tre Bicchieri 2017. Toscana

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Sono 80 i vini della Toscana che conquistano il premio Tre Bicchieri nella guida Vini d'Italia del Gambero Rosso, quest'anno. Come al solito, un mix di conferme e novità, per una delle regioni più importanti della nostra geografia enologica.

È ancora la Toscana la regione più premiata dalla Guida dei Vini quest’anno e, dato ancor più rilevante, è anche la regione con il maggior numero di aziende che ottengono per la prima volta i Tre Bicchieri, ben 10, decisamente sopra il 10 percento del totale regionale, che quest’anno si attesta a 80.

Nella zona del Chianti Classico Cigliano raggiunge la meta, insieme a Torre a Cona, nei Colli Fiorentini e a Istine, bellissima realtà guidata da Angela Fronti. A questi si aggiungono i 16 Tre Bicchieri ad altri Chianti Classico e gli 8 igt sempre dal medesimo areale. Niente male per una zona che a torto (e quanto!) viene considerata sonnacchiosa, ostaggio delle storiche realtà, incapace di rigenerarsi. Speriamo che se ne convincano presto i produttori stessi, che trovino così il modo di valorizzare – anche dal punto di visto economico visto il prezzo ancora troppo basso delle uve a denominazione – il patrimonio di cui dispongono.

A Montalcino i premi sono 14, di cui uno, quello di Uccelliera, va al Rosso. Le Riserve ’10 battono - di poco - i Brunello ’11 7 a 6. Qui val la pena sottolineare come la 2011 sia nei fatti un’annata molto valida, che rischia ingiustamente di venir adombrata da una 2010 tanto enfatizzata. Anche a Montalcino due realtà neotrebicchierate, Tenuta di Sesta e Giodo, la piccola realtà dell’enologo Carlo Ferrini.

Con l’annata 2013 tornano a brillare intensamente i Bolgheri, 11 i vini premiati che arrivano dall’areale. Grande equilibrio, tensione e struttura, tannini perfettamente maturi e, ci scommettiamo, anche capacità di invecchiamento. Qualcosa si muove anche qui visto che entra in Guida con i Tre Bicchieri Fabio Motta e il suo Le Gonnare ‘13. La denominazione del Nobile di Montepulciano conferma la sensazione avuta già lo scorso anno, con vini sempre più a fuoco, soprattutto nella componente tannica, che i particolari terreni della zona tenderebbero di loro natura a rendere ostica. Anche qui una new entry, Tenuta di Gracciano della Seta.

La Maremma - Morellino e Montecucco - non sta certo ferma a guardare e continua a essere vincente quando lo stile è sottrattivo più che muscolare, che quando il territorio e il clima sono generosi l’uomo deve imparare ad alleggerire la mano, non certo ad appesantirla. Qui tra le aziende premiate per la prima volta Antonio Camillo e il suo Maremma Toscana Ciliegiolo Vigna Vallerana Alta ’14, una lettura elegante e raffinata del delicato vitigno. Eleganza, raffinatezza e delicatezza anche per il Pinot Nero ’13 Podere della Civettaja, dall’Appennino Toscano con ribelle ostinazione.

 

Baron'Ugo 2012 Monteraponi

Bolgheri Camarcanda 2013 Ca' Marcanda

Bolgheri Rosso Sup. 2013 Sapaio

Bolgheri Rosso Sup. Grattamacco 2013 Grattamacco

Bolgheri Rosso Sup. Millepassi 2013 Donna Olimpia 1898

Bolgheri Sassicaia 2013 San Guido

Bolgheri Sup. Le Gonnare 2013 Motta

Bolgheri Sup. Ornellaia 2013 Ornellaia

Bolgheri Sup. Podere Ritorti 2013 Luoghi

Bolgheri Sup. Sondraia 2013 Poggio al Tesoro

Brunello di Montalcino 2011 Poggio di Sotto

Brunello di Montalcino 2011 Chiuse

Brunello di Montalcino AdAlberto Ris. 2010 Caprili

Brunello di Montalcino Giodo 2011 Giodo

Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2011 Marroneto

Brunello di Montalcino Nello Ris. 2010 Baricci

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Capanna

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Canalicchio di Sopra

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Tenuta di Sesta

Brunello di Montalcino Ris. 2010 Biondi Santi - Tenuta Il Greppo

Brunello di Montalcino Trentennale 2011 Talenti

Brunello di Montalcino V. Schiena d'Asino 2010 Mastrojanni

Brunello di Montalcino V. V. 2011 Ragnaie

Carmignano Le Farnete Ris. 2013 Farnete/Cantagallo

Carmignano Ris. 2013 Piaggia

Castello del Terriccio 2011 Castello del Terriccio

Cepparello 2013 Isole e Olena

Chianti Cl. 2014 Borgo Salcetino

Chianti Cl. 2013 Val delle Corti

Chianti Cl. 2013 San Felice

Chianti Cl. Bugialla Ris. 2013 Poggerino

Chianti Cl. Cigliano 2013 Cigliano

Chianti Cl. Gran Sel. 2013 Castello d'Albola

Chianti Cl. Gran Sel. Colledilà 2013 Barone Ricasoli

Chianti Cl. Gran Sel. Riserva di Fizzano 2013 Rocca delle Macìe

Chianti Cl. Gran Sel. San Lorenzo 2013 Castello di Ama

Chianti Cl. Lamole di Lamole Et. Bianca 2013 Lamole di Lamole

Chianti Cl. Le Vigne Ris. 2013 Istine

Chianti Cl. Ris. 2013 Brancaia

Chianti Cl. Ris. 2013 Castello di Volpaia

Chianti Cl. Ris. 2013 Castello di Radda

Chianti Cl. Ris. 2013 Lilliano

Chianti Cl. Ris. 2013 Nittardi

Chianti Cl. Villa Cerna Ris. 2013 Cecchi

Chianti Colli Fiorentini Badia a Corte Ris. 2013 Torre a Cona

Chianti Rufina Nipozzano V. V. Ris. 2013 Frescobaldi

Colline Lucchesi Tenuta di Valgiano 2013 Valgiano

Cortona Syrah Il Bosco 2012 Tenimenti Luigi d'Alessandro

Do ut des 2013 Carpineta Fontalpino

Duemani 2013 Duemani

I Sodi di S. Niccolò 2012 Castellare di Castellina

Le Pergole Torte 2013 Montevertine

Maremma Toscana Baffo Nero 2014 Rocca di Frassinello

Maremma Toscana Ciliegiolo V. Vallerana Alta 2014 Camillo

Maremma Toscana Sangiovese Carandelle 2015 San Cristoforo

Montecucco Rosso Ris. 2013 Colle Massari

Montecucco Sangiovese Ad Agio Ris. 2012 Basile

Morellino di Scansano Madrechiesa Ris. 2013 Terenzi

Morellino di Scansano Ris. 2013 Roccapesta

Nobile di Montepulciano 2013 Dei

Nobile di Montepulciano I Quadri 2013 Bindella

Nobile di Montepulciano Il Nocio 2012 Boscarelli

Nobile di Montepulciano Ris. 2012 Tenute del Cerro

Nobile di Montepulciano Ris. 2012 Gracciano della Seta

Orma 2013 Orma

Paleo Rosso 2013 Macchiole

Petra Rosso 2013 Petra

Petresco 2012 Cinciole

Pinot Nero 2013 Civettaja

Rosso di Montalcino 2014 Uccelliera

Saffredi 2013 Pupille

Sangioveto 2010 Castello di Monsanto

Siepi 2013 Castello di Fonterutoli

Terre di Pisa Nambrot 2013 Ghizzano

Tignanello 2013 Antinori

Valdarno di Sopra Galatrona 2013 Petrolo

Valdarno di Sopra V. dell'Impero 2013 Sette Ponti

Vernaccia di S. Gimignano Albereta Ris. 2013 Colombaio di Santa Chiara

Vernaccia di S. Gimignano Carato 2012 Montenidoli

Vin Santo di Carmignano Ris. 2009 Capezzana

 

 

 

 

 

Pizzerie d'Italia 2017. La presentazione della guida del Gambero Rosso a Palazzo Caracciolo

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È fissato per il 22 settembre l'appuntamento con la presentazione dell'edizione 2017 della guida che prema i migliori pizzaioli d'Italia, fotografando un panorama di alto livello, tra pizzerie al piatto e proposte a taglio. A ospitarla sarà Palazzo Caracciolo.  

Pizzerie d'Italia 2017. La presentazione a Palazzo Caracciolo

L'autunno del Gambero Rosso si apre all'insegna della pizza. Ancora meglio, le pizze, le migliori espressioni rintracciate sul territorio italiano di un'arte antica che non passa mai di moda e sa rinnovarsi senza danneggiare la tradizione, perfettamente in grado di convivere con gli esiti più all'avanguardia della pizzeria contemporanea. E il prossimo 22 settembre, quando i grandi protagonisti della pizza made in Italy si ritroveranno insieme a Napoli, questa realtà sarà chiara una volta di più. L'appuntamento con Pizzerie d'Italia 2017 è per le 11.30 a Palazzo Caracciolo: alla presentazione della guida, che come ogni anno sancisce gli assaggi più convincenti tra pizzerie al piatto e a taglio dispensando spicchi e rotelle (con consegna dei diplomi ai protagonisti), seguirà la degustazione per gli ospiti dell'evento, con i premiati impegnati con le mani in pasta e una dimostrazione pratica di quante eccellenze del settore offra oggi il panorama nazionale, anche al di fuori delle rotte più consolidate. E del resto sarà sufficiente sfogliare la guida per trovarne ulteriore conferma, con le debite differenze tra pizza napoletana, all'italiana e a degustazione, che restituisce una fotografia articolata e approfondita del settore, a cui aggiungere gli esiti più convincenti della pizza a taglio.

Pizza e Chiaretto, abbinamento perfetto

Insomma, il comparto della pizza italiana, fucina di sperimentazione e laboratorio attraente per tanti giovani che vogliono cimentarsi con un mestiere difficile ma in grande spolvero, sembra attraversare un momento di grazia e la guida del Gambero Rosso ne recepisce i molteplici stimoli, tenendo conto delle tradizioni e delle principali differenze regionali. E si rinnova anche la collaborazione con il Consorzio tutela vino Bardolino Doc e il suo Chiaretto, abbinamento perfetto con la pizza per la freschezza agrumata che lo rende eclettico e versatile, in ogni stagione. Il vino rosato del lago di Garda, ottenuto da uve rosse corvina e rondinella autoctone delle colline veronesi, accompagnerà anche quest'anno le declinazioni più originali proposte in assaggio durante la presentazione di Palazzo Caracciolo. Comincia l'attesa per scoprire i premiati: si profilano grandi novità.

 

Pizzerie d'Italia 2017 | Napoli | Palazzo Caracciolo, via Carbonara 112 | il 22 settembre 2016, alle 11.30

 

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