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ABCheese, Eleonora Baldwin e i formaggi: Fiocco della Tuscia e Gran Ducato di Castro

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Il cerchio si chiude. Dopo aver aver perlustrato in lungo e in largo la penisola in un viaggio che ha permesso di scoprire formaggi e prodotti caseari eccellenti più o meno conosciuti, mi ritrovo nel punto di partenza, a pochi chilometri da Roma. Oggi sono alla ricerca dei migliori formaggi della zona della Tuscia viterbese: il Fiocco della Tuscia e il Gran Ducato di Castro.

Fiocco della Tuscia

Eccomi dunque nella zona di Civita Castellana, nella Tuscia viterbese, circondata da meravigliose colline verdi ai piedi dei monti Cimini, lungo la via Flaminia. Qui c’è un caseificio che lavora secondo tradizione, utilizzando esclusivamente il latte di bestiame che pascola in quest’area del Lazio. Sono qui per scovare il luogo di nascita di un formaggio incredibile. Si tratta di una produzione tipica e originale, legata al territorio e alla tradizione, ma anche frutto di ricerca e sperimentazione: il Fiocco della Tuscia.

Fiocco della Tuscia

Storia e Territorio

La Tuscia è una vasta zona che attualmente coincide in gran parte con la provincia di Viterbo, attraversato dalla via Francigena, ma che storicamente era abitata da antiche popolazioni Etrusche. Il Fiocco della Tuscia è un formaggio tenero a buccia fiorita che ricorda il Camembert: sotto la crosta candida, il formaggio è opulento, cedevole, cremoso e con un bagaglio aromatico da capogiro. A produrlo è la ditta Formaggi Chiodetti, che ne detiene il copyright e la produzione. La nuova generazione al comando dell’azienda Chiodetti discende da pastori abruzzesi che portavano le pecore in transumanza in questa parte della Tuscia, dove poi si stabilirono dedicandosi all’allevamento, all’agricoltura e alla produzione di formaggi in un piccolo caseificio. “Per fare il Fiocco negli anni ho fatto prove su prove – racconta Giovan Battista Chiodettie quella muffa lì è un mio brevetto”. Ma come si fa il Fiocco della Tuscia?

Lavorazione e Stagionatura

A pasta molle e a crosta fiorita, il Fiocco è prodotto esclusivamente con latte vaccino crudo di raccolta a Km zero. Dopo essere riscaldato a 36-37 °C il latte viene inoculato con batteri che reagiscono alla temperatura, quindi si aggiunge il caglio e si attende la coagulazione. La cagliata così ottenuta viene poi ridotta alla dimensione di una nocciola, salata e trasferita nelle forme. Queste vengono ribaltate numerose volte per permetterne al siero di spurgare del tutto. Dopo 48 ore il formaggio fresco è duro, friabile e di sapore tenue. La particolarità di questa lavorazione avviene ora: il formaggio è lasciato a maturare in un ambiente umido e fresco completamente permeato di muffe speciali. Il processo di maturazione produce così la crosta bianca setosa e la cremosità interna, caratteristiche di questo formaggio. Il tempo di stagionatura del Fiocco della Tuscia varia dai 15 ai 30 giorni, bilanciando attentamente temperatura e grado di umidità. Dopo questo tempo, è pronto per essere consumato.

Assaggio

Caratterizzato da una crosta sottile e bianca, la buccia fiorita del Fiocco risulta delicata, le muffe nobili ne caratterizzano il gusto e non causano alcuna traccia olfattiva di ammoniaca (come invece avviene per alcuni suoi cugini d’oltralpe). La pasta si presenta molle e cremosa, avvolgente al palato. Morderlo e scaldarlo nella masticazione sprigiona dolcezza e una leggera nota fruttata con sentori di fiori, latte, panna ed erba tenera.

Gran Ducato di Castro

Continuo la mia esplorazione in terra etrusca alla volta di Ischia di Castro dove c’è un caseificio, quello dei fratelli Pira, dove il formaggio a latte crudo di pecora è arricchito dai profumi del territorio ed esaltato dalla bravura di chi lo produce in maniera artigianale. È proprio sulle stesse distese erbose su cui oggi, accanto ai resti dell’antica civiltà etrusca, pascolano le pecore dei moderni allevamenti, che sorge l’azienda agricola biologica della famiglia Pira. Quattro fratelli, che con i genitori mandano avanti con passione e armonia un allevamento di pecore, capre, suini, conigli, polli e api bottinatrici.

Storia e Territorio

La famiglia Pira, insediatasi dalla Sardegna nella Tuscia nei primi anni ’50, col tempo è diventata proprietaria della bellissima fattoria circondata da campi di farro e dolci colline. La trasformazione del latte dei propri capi di bestiame è affidata al piccolo caseificio gestito interamente dalla famiglia. Loro mi mostrano come si fanno i pecorini, in assoluto il più strabiliante dei quali è il Gran Ducato di Castro, un formaggio di stagionatura superiore all’anno ma dal cuore morbidissimo che non ha nulla da invidiare alle profumate e saporite tome piemontesi. Il nome di questo formaggio tutto “farnesino” è ispirato al feudo dell'Italia centrale, sorto come vassallo dello Stato Pontificio e retto dai Farnese dal 1537. Come il suo nome rinascimentale suggerisce, il Gran Ducato di Castro è un formaggio dalla forte connotazione classica e tradizionale, ma con uno spiccato carattere e individualità.

Lavorazione e Stagionatura

Come si produce il Gran Ducato di Castro? Con tanta pazienza! Il latte appena munto viene lavorato intero e a crudo viene inoculato con fermenti lattici. Viene portato alla temperatura di 35-38° C e poi addizionato di caglio liquido di vitello. Dopo un’attesa di 25 minuti circa, la cagliata viene rotta alle dimensioni di un chicco di mais e poi cotta a 43-45° C. Dopo la cottura, la pasta viene estratta e trasferita nelle fuscelle, e poi subisce la stufatura. La salatura avviene a secco. La stagionatura varia dagli 8 ai 18 mesi, e oltre.

Assaggio

Ah, il pecorino stagionato: il mio primo amore. Quanto è vero che non si scorda mai. La crosta del Gran Ducato di Castro prodotto dall’azienda dei fratelli Pira è dura, leggermente untuosa e paglierina. Una volta aperta la grande forma da 9-10 Kg, la pasta appare dura, compatta, di colore paglierino e con occhiatura rada e irregolare. Con la masticazione, la pasta si scalda e rilascia un’intensità gustativa mediamente elevata che tende al piccante nelle forme più stagionate. Il miele appena raccolto dalle arnie cola sensualmente dal telaio dritto sulla scaglia profumata di Gran Ducato di Castro. E la vita mi sorride.

La Tuscia Viterbese mi ha dato grandi soddisfazioni. Aver scoperto il Fiocco della Tuscia di Giovan Battista Chiodetti e il Gran Ducato di Castro dei fratelli Pira mi fa capire che il mio viaggio certo non può terminare qui. Formaggi d’Italia non mi sfuggirete!

 

Questi e altri formaggi li racconto in ABCheese, viaggio nell’Italia dei formaggi, un programma che va in onda tutti i martedì su Gambero Rosso Channel - SKY 412 alle 12 e alle 21:30, con repliche sab e dom alle 17:00 e alle 22:30

a cura di Eleonora Baldwin

Per leggere ABCheese: Eleonora Baldwin e i formaggi: Vezzena e Lagorai clicca qui

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Per leggere ABCheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Caciocavallo podolico e cacioricotta pugliese clicca qui

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Per leggere AB Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Brinato della Marcigliana e Conciato di Rebibbia clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Pecorino romano e caciofiore clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Mozzarella di bufala a Conciato romano clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Fiordilatte e Provolone del Monaco Dop clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Pecorino affinato in botte e stracchino clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Ricottina aromatizzata e Gregoriano clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Abbucciato Aretino e Pecorino Riserva Mascalzone clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Val di Chiana: Pecorino Fresco di Torrita di Siena e Tomino di Capra di Ville di Corsano clicca qui

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Squacquerone di Romagna Dop e formaggio di fossa Dop clicca qui

 

Per leggere A B Cheese: Eleonora Baldwin e i formaggi. Mascarpone e pannerone clicca qui

 

 

 

 

 


Generazione Millennials a tavola. I giovani italiani sono climatariani e rispettano l'ambiente

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6 ragazzi su 10 si dichiarano favorevoli alla dieta green, molti riutilizzano gli avanzi e praticano la raccolta differenziata. L'indagine di Vox Populi accomuna i ragazzi della Penisola nel segno della sostenibilità. Ma i prezzi alti fanno paura. 

Dieta green sì o no?

Chi è un climatariano? La definizione la forniva circa un anno fa il New York Times, quando si trattava di identificare quel consumatore che a tavola si mostra particolarmente sensibile all'impatto ambientale, preferendo alimenti sostenibili, ancor meglio se sani. Uno scrupolo che accomuna un numero crescente di persone nel mondo, segno che le campagne di sensibilizzazione per promuovere e valorizzare l'ambiente e la filiera alimentare etica non sempre cadono nel vuoto. Tanto che, recentemente, la Fondazione Barilla Center For Food ha deciso di rispolverare l'etichetta coniata dal quotidiano americano nel divulgare i risultati dell'indagine affidata a Vox Populi. Il target di riferimento, anche stavolta, è quello dei cosiddetti Millennials, i giovani italiani tra i 18 e i 30 anni che spesso costituiscono la fascia di consumatori più appetibile per le grandi realtà dell'industria alimentare. L'indagine di mercato commissionato da Barilla ha coinvolto un campione di 800 ragazzi in tutta la Penisola, chiedendo loro preferenze e criteri che influenzano la scelta quando si tratta di imbandire la tavola. E, a sorpresa, da Nord a Sud, i giovani interpellati si dicono pronti ad adottare diete sostenibili, attente alla salute dell'ambiente. L'ostacolo che spesso scoraggia le buone intenzioni? Il prezzo. Pur consapevoli dei vantaggi dell'alimentazione sostenibile – sicura da un punto di vista nutrizionale per il 73% del campione e senza particolari ripercussioni sulla vita sociale per il 64% di loro – ben il 61% dei ragazzi ritiene la dieta green ben poco “sostenibile” sotto il profilo economico.

Low cost, sano e riciclato. Il cibo sulla tavola dei ragazzi

Timore giustificato o pregiudizio? L'ultima analisi che ha fotografato la banca dati dell'Osservatorio dei Prezzi nazionale (risalente ad aprile 2015) smentirebbe i ragazzi: mangiare sano non costa di più, e anzi “limitare il consumo di carne porterebbe a un risparmio significativo sul bilancio familiare” sostengono gli esperti della Fondazione, facendo appello anche agli ultimi studi internazionali di settore. Ma c'è di più. I giovani italiani si dimostrano coscienziosi anche sul fronte della lotta allo spreco (che da qualche giorno, nel nostro Paese, può contare su un prezioso strumento legislativo in più): il 59% dichiara di comprare solo quello che pensa di consumare, 6 su 10 riutilizzano gli avanzi di cibo, molti praticano la raccolta differenziata, acquistano frutta e verdura di stagione e a chilometro 0, riducono il consumo di acqua. E anche se il 43% degli intervistati lamenta la scarsa disponibilità di alimenti alternativi ai cibi meno sostenibili, la lista della spesa di tanti ragazzi italiani dimostra un buon rapporto con l'alimentazione sana: cereali, olio d'oliva, frutta e verdura sono consumati in abbondanza; seguono carne bianca, latticini, legumi. Poi affettati, carni rosse e uova. Nota dolente: poche preferenze per il pesce. Ma si può sempre migliorare, la buona volontà c'è.

Dove comprare il pesce a Roma: 7 indirizzi raccomandati dagli chef

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È uno dei prodotti più consumati durante la stagione estiva e sono sempre più numerosi i luoghi dove poterlo acquistare. Non tutti però sono affidabili. Ecco le migliori insegne per comprare pesce a Roma, consigliate dai professionisti del settore. 

La tradizione del pesce a Roma

I piatti di pesce sono parte fondamentale della tradizione gastronomica italiana da Nord a Sud, Roma compresa. Nonostante nell’immaginario collettivo la tavola romana sia rappresentata sempre da ricette a base di carne, dal quinto quarto all’immancabile guanciale, la cucina laziale vanta anche diversi piatti di pesce. Come la zuppa broccoli e arzilla – piatto povero tipico della tradizione contadina – il baccalà con i ceci, un tempo il pasto classico del venerdì, giorno dedicato all’astinenza dalla carne. E ancora filetto di baccalà in pastella, seppia con i piselli e baccalà in guazzetto: abbinamenti semplici dai sapori veraci a base di ingredienti poveri, questi i principi fondamentali della cucina capitolina.

E se lungo il litorale romano che comprende Anzio, Nettuno, Fregene, Maccarese, Ostia e Fiumicino fino ad arrivare a quello di Latina, con Gaeta, Terracina, Sperlonga, i numerosi  stabilimenti e i locali storici si recano direttamente all'asta del pesce, dove vanno i ristoratori di città, troppo distanti dal mare? L’unica soluzione è quella di affidarsi a delle pescherie valide. Abbiamo dunque chiesto agli chef quali sono i punti vendita migliori  per gli acquisti e quali sono le loro specialità.

Ittica Urbano

Uno degli indirizzi più gettonati è Ittica Urbano, punto di riferimento per Bistrot 64 e per due insegne di recente aperture e di folgorante successo, Retrobottega e Tordomatto. “Il loro punto forte sono i molluschi”, spiega lo chef del Tordomatto Adriano Baldassare “in particolare, le loro ostriche sono eccezionali. E poi ovviamente anche tutto il resto: spigole, orate, tonno, salmone. C’è l’imbarazzo della scelta”. Nata nel 1956, Ittica Urbano offre un’ampia selezione di prodotti freschi e surgelati, dai filetti in pastella alla pasta all’uovo ripiena. Quasi tutto il pesce proviene dal mare romano (Fiumicino, Anzio e Nettuno in particolare), ma sono disponibili anche delle selezioni dall’estero. Un altro motivo per provarla? “Una carta con oltre 60 qualità di ostriche!”. La pescheria è la preferita anche del team di Sbanco, pizzeria – e non solo! - aperta quest’anno nel quartiere Appio Latino: “Ci riforniamo esclusivamente qui che, a nostro avviso, è l'indirizzo migliore in città”.

Ittica Urbano

Ittica Urbano | Roma | via Appia Nuova | tel. 392 2230275 | www.itticaurbano.com/

Antica Pescheria Galluzzi 1984

Altra insegna storica della capitale è l’Antica Pescheria Galluzzi 1984, che da anni porta nelle tavole romane i migliori pesci da Anzio, Terracina, Gallipoli, Mazara del Vallo e Porto Santo Stefano. A consigliarla, è lo chef di Primo al Pigneto Marco Gallotta, che da sempre si affida a questo indirizzo: “Abbiamo provato anche con altri fornitori, ma nessuno ci soddisfa come Galluzzi. È una garanzia”. La pescheria conta 2 punti vendita, uno a Monti e l’altro nel quartiere Aurelio e, oltre alle materie prima da cucinare e interpretare a proprio piacimento, offre anche delle proposte già pronte da cuocere: bocconcini di pesce in pastella, spiedini di mare e tante altre sfiziosità che vanno a comporre il banco di questo locale. Ovviamente, come tutte le pescherie che si rispettino, offre su richiesta il servizio di pulitura.

Antica Pescheria Galluzzi 1984

Antica Pescheria Galluzzi 1984 | Roma | via Venezia, 26 | tel. 06 4744444 | www.anticapescheriagalluzzi.it/

Azzurra

Direttamente dal mare del Circeo invece arrivano i pesci di Azzurra, pescheria preferita da Osteria di Monteverde, trattoria romana nell’omonimo quartiere che propone i piatti della tradizione laziale, fra cui il cosiddetto pesce povero. “Alici, sgombro, acciughe, sardine: tutto il pesce povero presente nel nostro menu proviene da Azzurra, che offre una selezione davvero ampia e ricercata di pesce azzurro, molluschi e crostacei”. La sede principale della pescheria è a San Felice Circeo, ma il punto vendita a cui la trattoria fa riferimento è quello capitolino in zona Marconi.

Azzurra | Roma | via G.M. della Torre, 6 | tel. 06 55380166 | www.facebook.com/Pescheria-Azzurra-Circeo-Roma

Pesca Pronta

Anche se le insegne in città non mancano, c’è chi si spinge comunque fino al litorale per acquistare il pescato del giorno. È il caso di Davide Del Duca, chef di Osteria Fernanda, che da sempre si affida a Pesca Pronta di Fiumicino, azienda che si rifornisce su scala globale. Infatti, al bancone si trovano astici americani dal Canada, calamari e ostriche francesi, salmone dalla Norvegia, sgombro dalla Spagna, spigola dalla Grecia e tanti altri pesci del Mare Nostrum, dal polpo agli scampi. Pesca Pronta è l’unica insegna di Roma a rifornire il ristorante, ma lo chef ci tiene a specificarne un’altra in provincia di Milano. “È doveroso sottolineare che le ostriche vengono da Oyster Oasis, un’azienda di Magenta che, aperta appena 2 anni fa, ha una selezione di molluschi davvero invidiabile. Il mio punto di riferimento è Corrado Tenace, responsabile vendite per la compagnia e grande amante della buona tavola”.  

Pesca Pronta

Pesca Pronta | Fiumicino (RM) | via Giovanni Durli, 45 | tel. 06 658771 | www.pescapronta.it/

La Boutique del Pesce 5

Un po’ fuori Roma, poco dopo aver superato i Castelli Romani, si trova La Boutique del Pesce, rifornito punto vendita di Valmontone che offre il meglio del pescato di Anzio e Terracina. A fare la spesa qui, è lo chef del vicino comune di Olevano Romano, Giovanni Milana della trattoria Sora Maria e Arcangelo. “Non facciamo molto uso di pesce, la nostra è prettamente una cucina di terra. Ma quel poco che trovate in menu lo acquistiamo da La Boutique del Pesce”. La loro specialità? “Sicuramente i gamberi rossi di Anzio e tutto il pesce povero, alici e sgombro in primis”.

La Boutique del Pesce 5 | Valmontone (RM) | tel. 06 9590552 | www.facebook.com/pages/La-Boutique-Del-Pesce-5

Megliofresco

Una pescheria, ma anche un bistrot con piatti espressi da gustare al tavolo oppure da portar via: è Megliofresco, locale nel quartiere di Primavalle di proprietà della famiglia Scarci. Dalla cucina escono primi piatti, hamburger di pesce, plateau di ostriche (12 varietà), frutti di mare misti, insalate e tartare. Dal pesce azzurro ai crostacei, la chef Alba Esteve Ruizdi Marzapane si affida completamente a questa insegna. “Non ho preferenze per il pescato. Siamo noi chef a doverci adattare alla disponibilità del mare, e in generale della natura, non il contrario. Acquisto il meglio che c’è al momento e creo i piatti con gli ingredienti che trovo”.

Megliofresco

Megliofresco | Roma | via di Boccea, 350 | tel. 06 6635411 | www.megliofresco.it/

Eataly

Fra la lista di insegne valide per il pesce di qualità, non può mancare infine il concept store che raccoglie il meglio del made in Italy. Situato al terzo piano di Eataly, il ristorante Spazio – ideato e gestito dalla Niko Romito Formazione – può contare sull’ampia selezione del piano sottostante per i piatti di pesce. “Dai crostacei ai molluschi, tutti i prodotti di Eataly sono di ottima qualità. La nostra esperienza con il pesce fresco è stata sempre positiva, per questo non sentiamo l’esigenza di cambiare. Alle volte acquistiamo qualche prodotto dai piccoli pescatori del litorale romano, ma non ci siamo mai affidati a delle pescherie in città”.

Eataly | Roma | piazzale XII Ottobre, 1492 | tel.  06 90279201 | www.eataly.net/it_it/

 

a cura di Michela Becchi

 

 

Educazione alimentare, gusto e svezzamento. I primi anni di vita con la ricetta di Iside De Cesare

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Terza e ultima puntata del nostro viaggio alla scoperta della più corretta alimentazione nei primissimi anni di vita. Dopo alimentazione complementare, dieta vegetariana e vegana, oggi parliamo di rischio obesità.

Nelle puntate precedenti abbiamo parlato di alimentazione complementare, per sottolineare come la graduale introduzione di alimenti diversi dal latte non escluda la prosecuzione dell’allattamento, e del divezzamento, anche vegetariano e vegano. Ora affrontiamo il tema dell'alimentazione durante i primi anni di vita, fondamentale per prevenire l'obesità, con il Dottor Giuseppe Morino, responsabile di Educazione Alimentare del Bambino Gesù.

Il divezzamento influenza allergie e intolleranze in età adulta?

Per molti anni si è ritenuto più prudente introdurre per ultimi gli alimenti ad alto potere allergenico per minimizzare lo sviluppo di intolleranze e allergie alimentari future. Tuttavia, secondo le evidenze emerse da studi recenti sembrerebbe che l’introduzione di piccole quantità di alimenti ad alto potere allergizzante nel cosiddetto periodo finestra (che va dai 4 ai 6 mesi) possa essere un fattore protettivo per lo sviluppo di intolleranze e allergie alimentari nelle epoche successive. Ecco perché è consigliabile dare il glutine anche a quei bambini che hanno familiari celiaci, dai 6 mesi.

Se un genitore è allergico a un determinato alimento, lo sarà anche il figlio?

No, o meglio il bimbo avrà una predisposizione a una reazione allergica, ma non necessariamente nei confronti dello stesso alimento. In gergo tecnico parliamo di diatesi allergica.

È importante prevenire obesità. Quali sono le cause principali?

Una delle cause può essere il peso alla nascita: il bambino prematuro è maggior candidato a sviluppare l'obesità, vi sarebbe infatti una maggiore predisposizione all’aumento ponderale eccessivo e a squilibri del sistema metabolico. È dunque importante non compensare la nascita prematura con calorie in eccesso. Tra le numerose cause vi sono anche la quota proteica in eccesso e l'alimentazione complementare precoce. Nella prima pappa, che va data non prima dei 4 mesi, la quantità di carne non deve superare i 20/30 grammi. Ovviamente a queste si aggiunge il comportamento alimentare del bambino - oggi i bimbi sono selettivi, non amano frutta e verdure ma adorano i grassi e i carboidrati – e la sedentarietà, che va combattuta non tanto con lo sport praticato due orette a settimana ma abituandoli al movimento spontaneo.

A quanti anni si può sporadicamente introdurre una frittura sana?

Eviterei prima di tutto di parlare di frittura sana. Ammessa e non concessa, meglio se fatta con olio di oliva (non extravergine) con punto di fumo alto e solo se integrata in un'alimentazione varia, dove l'importante non sono tanto i metodi di cottura ma le materie prime (e la loro varietà) utilizzate.

Il bambino si rifiuta di mangiare: come comportarsi?

Nello sviluppo del comportamento alimentare ci sono tre tappe fondamentali: la prima pappa, il passaggio alla tavola dei genitori e il periodo dei no (dai due ai quattro anni). Queste sono fondamentali per sviluppare il futuro comportamento alimentare del bimbo. È dunque importante prestare molta attenzione. Quindi: la prima pappa va proposta in maniera positiva dalla mamma, che deve guardare il figlio negli occhi, posizionando il cucchiaino in modo che il bimbo possa guardarlo. Non è poi necessario che finisca la porzione. Altra cosa che normalmente consiglio, è di preparare brodi vegetali non misti (brodo di carote, di patate, di zucchine...) in modo che possa sviluppare le sue preferenze. Una volta raggiunta la tavola, il pargolo familiarizza con il cibo attraverso il tatto, quindi permettergli di toccare quel che vuole. Invece durante il periodo dei no è importante continuare a offrire un'alimentazione varia, magari facendosi aiutare a fare la spesa o a preparare la tavola, coinvolgendolo il più possibile nella preparazione di quello che poi mangerà.

La ricetta di Iside De Cesare

La chef, due volte mamma, della Parolina, con alle spalle esperienze del calibro della Pergola dell'Hotel Rome Cavalieri e delle Colline Ciociare, propone una ricetta semplice semplice da servire ai propri pargoli. A base di patate, pollo e finocchio.

Crema di patate con pollo, finocchio e olio extra vergine di oliva (per 4 pappe)

350 g di patate

170 g di petto di pollo petto

1/2 finocchio

Olio extra vergine di oliva

Pelare le patate, tagliarle a pezzi, quindi bollirle e frullarle con l’acqua di cottura. Intanto cuocere al vapore il petto di pollo e il finocchio a pezzi. Omogenizzare il composto e impiattare la pappa mettendo la crema di patate, al centro l’omogenizzato di pollo e finocchio, quindi condire con un cucchiaino di olio extra vergine di oliva a crudo. Servire la pappa tiepida.

 

La Parolina | Acquapendente (VT) | via G. Leopardi, 1 | tel. 0763 717130 | www.laparolina.it

a cura di Annalisa Zordan

Educazione alimentare, gusto e svezzamento.

I primi mesi di vita con la ricetta di Entiana Osmenzeza 

Dal sesto al dodicesimo mese di vita con la ricetta di Marco Martini

 

 

 

 

Fulin a Firenze. Il ristorante di cucina pechinese di qualità

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Sembrava quasi impossibile che a Firenze, città dove i ristoranti cinesi sono diventati l’equivalente di fast food a basso prezzo, con un menu fotocopia che si ripete da un posto all’altro senza soluzione di continuità, potesse aprire un vero ristorante cinese. Eppure Fulin - Luxury Chinese Experience ha smentito tale convinzione.

La presenza della cucina orientale è datata fine anni Sessanta, ma ben presto i locali che hanno aperto i battenti in seguito si sono limitati a una cucina standard, di un livello qualitativo scarso, senza nessun appeal per il consumatore curioso, soprattutto senza stagionalità. In seguito, gli investimenti degli imprenditori cinesi si sono spostati nel settore “all you can eat” o nei ristoranti solo nominalmente giapponesi, con il sushi protagonista, ma sempre con l’obiettivo di proporre una cucina a basso costo e senz’anima

{gallery}Fulin{/gallery}

L'incontro tra il fotografo Ugolini e due cuochi cinesi

Poi, in una zona periferica della città, ma frequentata da un pubblico crescente di persone grazie ai numerosi locali che hanno aperto i battenti, ecco la svolta: l’incontro è stato quello che ha messo insieme Gianni Ugolini, fotografo professionista con forte passione della gastronomia e due giovani cinesi, Francesco eStefano Dai, quest'ultimo con un’esperienza maturata nei ristoranti da mille coperti del nonno, utilizzato per i banchetti tradizionali della comunità cinese residente in Toscana: “Lavoro nel settore gastronomico da ormai quindici anni, grazie al ristorante di famiglia fondato da mio nonno a Prato. Era specializzato nelle cerimonie, quindi tanti coperti ma nessun italiano che lo frequentasse. Il motivo era soprattutto legato al servizio, che nella cultura cinese non esiste, si portano i vassoi a tavola e stop, senza curarsi di altri aspetti. Nel nuovo ristorante ho invece cercato di creare un servizio professionale, e un tipo di cucina che guardi più a Pechino e Hong Kong che a Shangai. Quello che mi dà soddisfazione è vedere il ristorante pieno di ragazzi cinesi, finalmente orgogliosi di trovare una cucina all'altezza”.

Ravioli - Fulin Luxury Chinese Experience

Fulin: cucina e location

Gianni è proprietario dell’immobile, Francesco e Stefano sono due giovani con idee chiare e precise, cioè proporre, in un ambiente non banale, piatti della cucina pechinese eseguiti secondo le regole classiche della tradizione, integrandoli con materie prime del luogo. Da qui l’utilizzo di olio toscano, vino e ovviamente della materia prima fresca come carne e pesce. La scelta è stata quella di non nascondere il sapore fondamentale degli ingredienti con salse preconfezionate. Tant'è che, salvo rare eccezioni, i piatti si presentano integri e facili da capire. Il locale ha sale ampie, ben disposte su piani diversi, con un arredamento che sposa tradizione cinese e design occidentale. In estate è possibile mangiare nella terrazza con ottima vista, altrimenti ci si può salire per sorseggiare l’aperitivo.

{gallery}Fulin food{/gallery}

La concessione all’occidente è quella di suddividere le portate secondo uno schema classico, poi la scelta è del cliente: possono essere portate a tavola tutte assieme o secondo i tempi canonici. Il menu risulta ampio e curioso. Si parte con i ravioli al vapore come antipasto, con varie farciture: gamberi, capesante, maiale e zucchine ma anche manzo, curry ed erba cipollina. Altrimenti ci sono i classici involtini, lo specchio dorato, il budino di uovo su letto di funghi o il tofu con gamberone fritto. Gli spaghetti, che possono essere fatti con pasta all’uovo o di riso, vengono proposti con maiale profumato all’aglio o in brodo, con gamberetti e granchio reale, accompagnati da insalata di uovo e spinaci. Ma le proposte sono molteplici. Il riso viene messo non solo ad accompagnare le carni ma anche come pietanza singola, le carni sono suddivise per genere mentre esiste una lista nutrita di piatti a base di pesce. Le cotture sono essenziali, rapide, i sapori ben definiti, non tendono mai a confondersi. Da provare anche le verdure croccanti, come i fagiolini saltati con foglie di ulivo e mandorle croccanti. È un posto adatto anche per vegetariani e vegani considerando l’ampia scelta di pietanze a disposizione. Piccola carta dei dolci, ma certo non è previsto il gelato fritto! La carta dei vini è basata su vini italiani con qualche chicca francese, non scontata, curata da sommelier professionisti, ma non è escluso che, in futuro, qualche vino arrivi anche dalla stessa Cina. Il servizio cortese e attento, e la spesa è sui 50-60 euro.

 

Fulin - Luxury Chinese Experience | Firenze | via Giampaolo Orsini, 113 | tel. 055 684931

a cura di Leonardo Romanelli

 

 

Nuove aperture a Roma. Tra street food e traslochi eccellenti: Pianostrada cambia casa e Trapizzino…

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Alla fine di settembre il laboratorio gourmet di Trastevere si trasferisce sull’altra sponda del Tevere, dove un tempo c’era Zoc. Stesso periodo d’apertura per Bere a piazza Risorgimento, mentre Stefano Callegari si prepara ad aprire un nuovo Trapizzino. Intanto per l’estate c’è un rinnovato Bastianelli al Molo. 

Pianostrada trasloca. Da Zoc

Solo qualche giorno fa annunciavano ai clienti che le seguono sul web “stupende novità”. Intanto Pianostrada, il laboratorio gastronomico nascosto tra i vicoli di Trastevere che tra i primi ha rivoluzionato l’idea di street food nella Capitale, ha chiuso per ferie. La cucina di vicolo del Cedro riaprirà i primi giorni di settembre e il team tutto al femminile (la mamma, l’amica e due figlie sempre sorridenti) che negli ultimi due anni ha saputo conquistare romani e turisti tornerà a dispensare focacce farcite con prosciutto crudo e mostarde, Baccaburger - il panino della casa al nero di seppia con burger di baccalà  - polpettine fritte, insalate golose e mille altre invenzioni di stagione. Ma la novità qual è? In vista c’è un trasloco importante, che accontenterà i frequentatori più assidui, spesso costretti ad aspettare davanti all’uscio prima di conquistare un posto al bancone o uno dei quattro tavoli a disposizione nel minuscolo locale trasteverino. E  visto quello che sono riuscite a fare in pochi metri quadri, chissà cosa succederà quando l’ultima settimana di settembre (questa la data prevista per l’inaugurazione) Pianostrada si sposterà di là dal Tevere, in via delle Zoccolette.  Poche centinaia di metri in linea d’aria e un contesto tutto nuovo: attraversato ponte Sisto, le ragazze ereditano gli spazi del vecchio Zoc, che hanno preso in gestione grazie all’accordo con Angelo Belli, patron di Urbana 47 e proprietario dell’ex ristorante a km 0 al civico 22 del vicolo che corre perpendicolare a via dei Pettinari, lungo l’ansa del Tevere.

Particolarmente apprezzato per il cortile nascosto, Zoc ha chiuso più di un anno fa e lo spazio aspettava qualcuno che lo restituisse a nuova vita. I lavori sono già cominciati, il format di Pianostrada resterà invariato, solo “potremo disporre di un bellissimo giardino e di quello spazio in più che ci mancava”, confermano soddisfatte le ragazze, da tempo in cerca di uno spazio più confortevole. Ma l’autunno alle porte si preannuncia foriero di novità sotto molti punti di vista.

I trapizzini da Risorgimento a Trilussa

Per esempio, e ci sarà modo per riparlarne, piazza Risorgimento si appresta a fare spazio all’ennesimo investimento sulla qualità. Dietro c’è ancora una volta Luigi Parise, già proprietario di un pub in zona Prati, che la scorsa primavera ha inaugurato il Pergamino Caffè, una caffetteria devota agli specialty coffee (fornitore e maestro Massimo Bonini di Lady Cafè) che il Gambero Rosso ha premiato tra le botteghe dell’anno nell’edizione 2017 della guida Roma. L’imprenditore romano però non sembra stanco di sperimentare e promette di regalare ai turisti che affollano la zona, spesso costretti ad accontentarsi di una birra di dubbia qualità tra una visita ai Musei Vaticani e un giro per la città, una birreria di grande ambizione. L’insegna c’è già, si chiamerà Bere, i lavori invece sono in corso d’opera, proprio accanto al Pergamino. Apertura prevista per ottobre e un bancone da 26 vie, 20 spine artigianali a rotazione e 6 in cask. Amanti della birra più che soddisfatti, ma per mangiare qualcosa? Ci pensa Stefano Callegari con i suoi trapizzini, che costituiranno il pezzo forte dell’offerta gastronomica, da mattina a sera.

E a proposito di Callegari, anche il celebre pizzaiolo romano (da Sforno a Tonda, ora di nuovo in pista con Sbanco) sembra averci preso gusto. La notizia è che tra qualche mese Trapizzino arriverà anche a Trastevere, proprio nel cuore della movida romana, a piazza Trilussa. Callegari stravolgerà i locali del ristorante Il Fontanone, per farne un Trapizzino sui generis, con tanto spazio e tavoli a disposizione. C’è pure l’idea di servire al piatto le specialità che solitamente finiscono nelle tasche di pizza, per giocare con la formula dell’osteria tradizionale con must della casa come il pollo alla cacciatora o il picchiapò. Fantasia o realtà? Per saperlo dovremo attendere ancora un po’, l’apertura è prevista per la fine dell’anno, ma potrebbe slittare all’inizio del 2017.

Foto di Alberto Blasetti

Il nuovo Bastianelli. C’è Dario Tornatore

Noi intanto ci concentriamo sul presente. Mentre si attende per la metà di agosto l’esordio di Edoardo Papa a Garbatella (Biglietto Prego! ve l’abbiamo raccontato qui), i romani che vogliono scappare della città per il tempo di una cena al mare da qualche settimana trovano man forte nel rinnovato Bastianelli al Molo, insegna storica di Fiumicino ora valorizzato da un profondo restyling, che ha coinvolto anche la cucina. Ai fornelli c’è Dario Tornatore, la proposta si sdoppia tra una solida offerta legata ai classici di mare e qualche voce gourmet, che mette alla prova l’estro dello chef con il pescato del giorno. Con il plus di una rilassante terrazza sul mare, perfetta per un aperitivo al tramonto o una cena a due. C’è ancora qualche giorno, invece, per godersi un buon caffè o passare in piazza Cairoli per assaggiare uno dei club sandwich più goduriosi di Roma. Tutto questo da Roscioli Caffè, che il 14 agosto chiuderà per ferie. Si riapre il 22 con una bella novità nello staff, Massimiliano Sepe, ex Salotto Culinario, che si occuperà della linea di cucina.

Bistrot a street food. Da Centocelle a Trastevere

Tra le aperture estive da segnalare anche qualche novità lontano del centro, come Core a Centocelle, che continua a coltivare la sua anima nascosta da quartiere gourmet (leggasi Mazzo o Proloco Dol). Il bistrot che aprirà alla fine di agosto in via delle Palme si è già presentato al pubblico con una festa preinaugurale e nasce da un’idea imprenditoriale di Andrea Ianne in collaborazione con LeCool: Core come cuore alla romana, ma anche essenza in inglese, sarà aperto da mattina a tarda notte, con proposta enciclopedica cha spazia tra insalate, crudi di pesce, taglieri e carne cotta sulla pietra ollare. Spazio minimal e materiali naturali d’ordinanza.

Se invece torniamo in centro città la formula del cibo semplice, pronto da mangiare e pret à porter continua ad avere la meglio. In via Benedetta, per esempio, c’è Mammò, che da qualche mese si sdoppia tra salumi della Tuscia e pastrami (ma nel panino finiscono anche le specialità di Jolanda de Colo’). Consueta apertura a oltranza, da mattina a tarda sera. Mentre in via Cavour c’è spazio per un altro pasta bar, Maccheroni Express, tra fagottini al pesto, mezze maniche all’amatriciana, fettuccine al ragù, gnocchi alla sorrentina, e tanto altro. Da consumare sul posto o take away. E in via Bergamo è arrivato anche Plancino Caffè, a completare il progetto Plancha intrapreso qualche tempo fa in zona piazza Fiume dalla famiglia Orsini. Aperto da mattina a sera, è caffetteria (con i dolci di Andrea De Bellis), gastronomia e cocktail bar.

Pianostrada | Roma | via delle Zoccolette, 22 | dalla fine di settembre | www.facebook.com/Pianostrada-Laboratoriodicucina-1124417467586382/?fref=ts

Bere | Roma | piazza Risorgimento | da ottobre

Bastianelli al Molo | Fiumicino (RM) | via della Torre Clementina, 312 | tel. 06 6505378 | www.almolo312.com

Biglietto Prego! | Roma | piazza Damiano Sauli, | dal 17 agosto

Core Bistrot | Roma | via delle Palme 71/b | dalla fine di agosto | www.facebook.com/corebistrot/?fref=ts

Mammò | Roma | via Benedetta, 1 | dalle 8 alle 22 | tel. 06 96524894 |  www.facebook.com/mammofood/home

Maccheroni Express | Roma | via Cavour, 245 | dalle 12 alle 22 | tel. 06 4885727 | www.maccheroni-express.it

Plancino Caffè | via Bergamo, 24 | dalle 7 alle 22 | tel. 06 9527096 | www.plancharoma.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Foto di copertina Bastianelli al Molo di Alberto Blasetti

Da Michele apre a Londra. Con due pizze speciali oltre a Margherita e Marinara

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Dal 1870 l’insegna della famiglia Condurro è un’istituzione della pizza napoletana. E la fila davanti all’ingresso lo conferma. A settembre la pizza di Michele arriva a Londra, parte di un progetto di franchising internazionale. 

La pizza di Michele

Un’unica sede, dal 1870. E allora, armati di buona pazienza, l’unico modo per gustare la pizza di Michele è mettersi in fila come tutti gli altri davanti all’ingresso di via Sersale. Una volta all’interno, la scelta è semplice: Margherita o Marinara, perché la vera pizza napoletana è così, nulla di più, sostiene la famiglia Condurro, che da oltre 150 gestisce la storica insegna di Napoli.

Disco “a ruota di carro”, cornicione sottile, salsa di pomodoro profumata e forno a legna che lavora a ciclo continuo, per accontentare una richiesta che non scema mai, fino al termine del servizio. Così il locale spartano non smette di attirare napoletani e turisti in visita alla città per un’esperienza che fa folclore. E vale Due Spicchi sulla guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso. Recentemente la pizza di Michele si è guadagnata un’altra importante vetrina internazionale, conquistando la top ten di Daniel Young, autore del manuale enciclopedico sulle migliori pizzerie d’Italia e del mondo (Where to eat pizza), frutto dei consigli e delle recensioni di giornalisti ed esperti del settore enogastronomici. Nella lista degli indirizzi più quotati, Da Michele si è piazzato ottavo, con i fratelli Salvo, La Notizia e 50 Kalò tra i primi dieci (ma il migliore resta Franco Pepe, a Caiazzo, medaglia d’oro davanti a Pizzarium, di Gabriele Bonci). A testimoniare la stima per il panorama delle pizzerie partenopee, che vantano la paternità di un prodotto ormai diffuso in tutto il mondo.

Da Michele a Londra

Motivo in più per andare in avanscoperta oltre i confini nazionali, devono aver pensato in casa Condurro. A settembre L’Antica Pizzeria da Michele aprirà il suo primo locale in Europa, a, Londra. L’insegna si appresta a inaugurare in Stoke Newington, fa sapere la stampa inglese senza nascondere l’attesa per l’arrivo di un’attività pronta a far impazzire gli amanti della pizza. A seguirne le sorti sarà Marco Condurro, il figlio di Michele, che per i primi mesi seguirà personalmente il lavoro dei 4 pizzaioli formati a Napoli per esportare il gusto autentico delle pizze di via Sersale, comunque disponibili solo nelle due varianti Margherita e Marinara. Con una piccola deroga, per stupire gli inglesi con effetti speciali: due gusti speciali presenti in carta a rotazione. Da bere, oltre alla birra, anche i vini di Mastroberardino. Senza dimenticare che nell’ottica di intraprendere un franchising di qualità su scala internazionale, L’Antica Pizzeria da Michele è già arrivata in Giappone, “l'unica che riconosciamo e che infatti si fregia del nostro marchio”, dichiarava qualche tempo fa la famiglia Condurro. Ora Londra si unirà al gruppo, probabilmente come primo step di una serie di aperture in Europa. Mentre per l’Italia non si segnalano piani di nuove aperture. La fila in via Sersale è inevitabile.

Da Michele a Londra | Londra | 125 Stoke Newington Church street | da settembre 2016 | www.damichele.net

Apre il RefettoRio per le Olimpiadi di Rio. La cena inaugurale di Massimo Bottura e gli ospiti attesi

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Fino al 18 settembre il Refettorio Gastromotiva di Lapa, frutto del sodalizio tra Massimo Bottura e David Hertz, sfamerà 108 persone a sera, offrendo loro un pasto gratuito preparato con gli scarti. Ma la mensa resterà in attività anche dopo le Olimpiadi. 60 gli chef attesi.

L’inaugurazione del RefettoRio

A Rio le Olimpiadi sono già entrate nel vivo e l’Italia le sta conducendo da protagonista, come testimonia un medagliere già nutrito e motivo di soddisfazione. Nella grande metropoli brasiliana, però, si gioca anche un’altra partita, che con lo sfarzo del Maracana e gli alberghi presi d’assalto dai visitatori stranieri ha poco a che spartire. E in campo, stavolta, scendono gli chef: nella favela di Lapa è tutto pronto per cominciare a portare un po’ di speranza alle famiglie brasiliane che ogni giorno combattono con la fame. Come da tabella di marcia il Refettorio Gastromotiva ha aperto le porte poche ore fa:  ai fornelli, per la cena inaugurale, proprio Massimo Bottura – che il progetto l’ha ispirato e confezionato insieme a David Hertz , sul modello del Refettorio Ambrosiano– che la settimana scorsa era volato a Rio per presentare ufficialmente la mensa brasiliana al premier Matteo Renzi. Dietro al refettorio di Lapa c’è infatti la sinergia tra Food for Soul e la Ong locale Gastromotiva, che i due chef avevano raccontato un mese fa a Roma, in occasione della conferenza di presentazione alla Fao.

I numeri del Refettorio di Lapa

E del progetto si sapeva già molto: un ristorante-scuola (400 metri quadri in tutto, costruito da zero in 55 giorni, 200mila euro il contributo di Food for Soul, con diversi partner e sponsor italiani da Ferrari ad Alitalia) con tanti chef ospiti e ragazzi brasiliani che il talento in cucina l’hanno scoperto grazie alla formazione di Gastromotiva, il design dei fratelli Campana, il grande quadro in cioccolato di Vik Muniz ispirato all’Ultima Cena e il murales a quattro mani Schaefer/Spear,  il desiderio di portare cultura, nutrimento e dignità attraverso l’arte e la solidarietà, com’era stato anche a Milano. Fino al 18 settembre (quando termineranno anche le Paralimpiadi) il Refettorio servirà pasti gratuiti ogni sera - ma si potrà visitare durante la giornata -  108 coperti a servizio, con l’obiettivo di raggiungere  un totale di 19mila pasti dispensati a indigenti e bisognosi. Poi, da ottobre, la mensa funzionerà anche a pranzo: chi sceglierà di fermarsi potrà lasciare un’offerta, lasciando pagata una cena per il servizio serale, che continuerà a essere gratuito.

Gli chef ospiti

Gli chef cucineranno (a vista) con ingredienti in eccesso e scarti alimentari ancora buoni da mangiare (in arrivo dai mercati e dalle residenze degli atleti e della stampa), tra gli ospiti si attendono oltre 60 volti celebri della gastronomia internazionale, a cominciare da Davide Oldani - a Rio per guidare la cucina di Casa Italia - protagonista della cena del 10 agosto. Il giorno successivo, la sera dell’11, toccherà a Alex Atala, il 14 a Rafael Costa e Silva, mentre per il 18 agosto si attende l’arrivo di Alain Ducasse, tra i sostenitori più convinti della cucina degli scarti. E parteciperanno anche Gaston Acurio, Virgilio Martinez, René Redzepi, Mario Batali, Mauro Colagreco. Ma sul calendario degli ospiti eccellenti sono già segnati anche i fratelli Adrià: Albert arriverà a Rio nel mese di ottobre, Ferran solo quando i riflettori sul Brasile si saranno già spenti da tempo, a febbraio 2017, a conferma della volontà di portare avanti con impegno il progetto del Refettorio.

 

RefettoRio Gastromotiva | Rio de Janeiro | rua de Lapa, 108

 

a cura di Livia Montagnoli

Foto di copertina di Rafael Cavalieri


Ricette di pesce d'autore. Balzi Rossi, Lorenzo e La Pineta

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Panorami mozzafiato, pesce freschissimo e l’abilità dello chef: questi gli ingredienti principali di un ristorante costiero con tutti i crismi. Ne abbiamo selezionati 12, e ci siamo fatti dare le ricette preferite del menu estivo 2016. Partiamo dalla costa ligure e toscana.

Balzi Rossi

L'anno scorso avevamo lasciato questo storico locale a picco sul mare nelle mani di un altro chef. Quest'anno, però, Giuseppina (Pina Begli) è tornata, non ai fornelli bensì alle redini dell'intero progetto. Al fianco della storica chef c’è Enrico Marmo. Cuoco 28enne, con alle spalle una formazione sostanziosa (una per tutti, Cracco a Milano) che qui è già in grado di mediare tra la filosofia del locale, fatta di ingredienti locali e freschissimi, cotture veloci e leggere, pulizia di linee e sapori, e la sua ragionevole voglia di esprimersi. Ai lettori del Gambero Rosso regala la sua ricetta degli spaghetti ai ricci di mare.

Balzi Rossi | Ventimiglia (IM) | Via Balzi Rossi, 2 | tel. 0184 38132 | www.ristorantebalzirossi.it

Spaghetti e ricci di mare (per 4 persone)

240 g di spaghetti

100 g di ricci di mare

75 g di acqua salata

50 g di olio extravergine

50 g di rosmarino fresco

3 spicchi di aglio

sale

Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata, nel frattempo emulsionare i ricci di mare con l’aiuto di un frullatore in una caraffa graduata, aggiungendo metà della dose di olio e tutta l'acqua salata. In una casseruola dai bordi alti scaldare l’olio rimasto, l’aglio, il rosmarino e il sale: quando la pasta è al dente scolare gli spaghetti nella casseruola senza riaccendere il fuoco. Versare l’emulsione di ricci nella casseruola e mantecare la pasta, facendo in modo che le uova si rapprendano grazie al calore. Ultimare il piatto con una spolverata di pane raffermo croccante.

Lorenzo

Un'istituzione in Versilia e anche più, con una reputazione più che trentennale garantita dal sodalizio, ormai storico, fra il ristoratore Lorenzo Viani e lo chef Gioacchino Pontrelli, le due anime del locale. Lorenzo è un tempio della vera, grande ristorazione classica nostrana. In tavola solo precisione, eleganza e, ovviamente, il miglior pesce di questa costa, trattato con mano sapiente e leggera. Senza dimenticare che, nonostante la fama sia legata al mare, al comparto carne è riservata la medesima cura del resto. Cura che in primis è rivolta al cliente. Qui le attenzioni, i sorrisi e la piena disponibilità nell'accontentare ogni esigenza fanno davvero la differenza. Venendo a noi, Gioacchino consiglia di cimentarsi con un'insalatina tiepida di mare.

Lorenzo | Forte dei Marmi (LU) | Via Giosuè Carducci, 61 | tel. 0584 874030 | www.ristorantelorenzo.com

Insalatina tiepida di mare profumata al ginger su vellutata di carota nera

Insalatina tiepida di mare profumata al ginger su vellutata di carota nera (per 4 persone)

600 g di misto pesce e crostacei (scampi sgusciati, gamberi sgusciati e calamaretti)

1 kg di carote nere

100 g di ginger (zenzero)

100 g di olio extravergine

1 limone

1 spicchio d’aglio

1 peperoncino

sale

Sbucciare le carote e cuocerle in acqua per circa un’ora. A cottura ultimata passarle in padella con aglio olio e peperoncino. Salare e passare le carote per renderle vellutate. Cuocere a parte per pochi minuti l'insalata di mare. Condirla con zenzero grattugiato, olio, sale e succo di limone. Adagiare sul fondo del piatto la vellutata di carote, sistemare sopra l'insalata di mare e completare con un giro di olio ligure.

La Pineta

Quando tra gli habitué si parla di questo locale, nella maggioranza dei casi non si parla de La Pineta, ma "dello Zazzeri", perché l'anima di tutto è proprio lui, Luciano Zazzeri, chef e patron, che con l'aiuto dei due figli manda avanti da più di cinquantacinque anni una delle tavole più gettonate di questo tratto di costa. Ai fuochi una giovane brigata multietnica (dalla Corea, dalla Turchia, da Parma, dall'America) dà freschezza e stimolo a una cucina caratterizzata da materia prima impeccabile e un tocco lievissimo e sapiente. Per gli amanti della carne, Luciano ha aperto la Locanda del Sole al Castello di Querceto nel comune di Montecatini Val di Cecina, seguendo la sua passione per il bosco e la caccia. Tornando al mare, provate a preparare gli straccetti di pasta fresca con le triglie. Di seguito la ricetta.

La Pineta | Marina di Bibbona (LI) | Via Dei Cavalleggeri Nord 27 | tel. 0586.600016 | www.lapinetadizazzeri.it

Straccetti di pasta fresca con le triglie

Straccetti di pasta fresca con le triglie (per 4 persone)

Per la pasta sfoglia:

100 g di farina “00”

50 g di semola

4 uova

1 pizzico di sale

2 cucchiai di olio

Per la salsa alle triglie:

400 g di triglie

4 filetti di triglie deliscati

10 pomodorini ciliegini

1 cipolla bianca

vino bianco

aglio

peperoncino

olio di oliva extravergine

prezzemolo

pepe

Preparare la sfoglia di pasta fresca e tagliarla a piccoli rombi. Squamare e pulire bene le triglie. Soffriggere leggermente in una casseruola la cipolla bianca, l’aglio e il peperoncino. Bagnare con il vino bianco e acqua, quindi aggiungere le triglie. Farle cuocere pochissimo per poi sfilettarle. Cuocere la pasta per circa 2 minuti, passarla in padella e saltarla con la metà della salsa preparata. Quasi a fine cottura aggiungere la restante parte di salsa, insieme ai pomodori ciliegini tagliati a cubetti e al prezzemolo. Saltare i filetti di triglia in padella con olio, sale e pepe. Mettere la pasta nel piatto e guarnire con un filetto di triglia, un ciuffetto di prezzemolo e un filo di olio extravergine a crudo.

a cura di Francesca Fiore

 

 

Trapizzino a New York. L’insegna aprirà nel Lower East Side

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Dopo il Giappone, Stefano Callegari esporta il suo Trapizzino negli Stati Uniti. E a New York celebra la storia di un successo iniziato nel 2008 e in costante ascesa. Il locale aprirà nel LES, ereditando gli spazi della pizzeria Goodfella’s. 

Tutti pazzi per il Trapizzino

L’aveva promesso, l’ha fatto. Difficile, ormai, pensare che il Trapizzino possa conoscere limiti geografici o culturali. A Roma non esiste amante della pizza e della buona tavola che non l’abbia addentato almeno una volta, a ognuno la propria variante del cuore – dal pollo alla cacciatora alla lingua in salsa verde, dalle polpette al sugo alle zucchine alla scapece con stracciatella – purché la farcitura finisca dritta dalla pentola alla tasca di pizza che l’attende. Pratico da mangiare e goloso come il pizzaiolo che l’ha inventato - Stefano Callegari - da qualche mese il Trapizzino (che oggi è marchio registrato) ha conquistato anche il Giappone: lo scorso febbraio è arrivato a Kanazawa, ad aprile ha raddoppiato per le strade di Tokyo. Ma il vero sogno nel cassetto, Stefano lo coltiva da qualche anno in più: nel 2012, in collaborazione con Paul Pansera, il pizzaiolo e patron di Sforno, Tonda e Sbanco, era arrivato a New York, trapizzini al seguito, conquistando gli avventori del Madison Square Eats. Bilancio dell’avventura oltre mille pezzi venduti al giorno in uno dei più celebri street food market della metropoli. E stampa locale, New York Times compreso, in deliquio. Non a caso l’idea di aprire un punto vendita permanente nella Grande Mela non è mai naufragata, continuando a maturare negli ultimi due anni.

Trapizzino a New York

Fino a quando Callegari ha raggiunto un accordo commerciale con l’imprenditore che sfrutterà il marchio per importare il Trapizzino negli Stati Uniti, a New York.  Ora la certezza che l’impresa si farà arriva proprio da oltreoceano. Sarà Luca Vincenzini ad aprire il primo punto vendita del brand a New York, in 144 Orchard street, Lower East Side, nei locali dell’ex pizzeria Goodfella’s di Frank Rizzuto, che da tempo aveva annunciato di voler cedere l’attività, sorte peraltro condivisa con tanti commercianti della zona, in un’area della città dove la concorrenza è spietata, e molte insegne faticano a tenere il passo. E così, tra qualche mese, la scena gastronomica di New York (dove tra poche apre al pubblico il secondo store di Eataly, al World Trade Center) potrà vantare due campioni della pizza made in Italy, in arrivo per tentare di sfondare in America da Roma e Napoli. Oltre all'attesa per Stefano Callegari, infatti, non manca molto all’apertura delle due insegne newyorkesi di Gino Sorbillo, dedicate rispettivamente alla pizza fritta e alla tonda. Un po’ più a lungo si farà attendere il Trapizzino, comunque in apertura entro l’anno, mentre Callegari lavora anche sul fronte capitolino per inaugurare un nuovo punto vendita a piazza Trilussa, nel cuore di Trastevere. E celebrare una volta di più un successo che dal 2008 non conosce confini.

 

a cura di Livia Montagnoli

Apre oggi Eataly Downtown al World Trade Center di New York. Ecco com’è

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Il raddoppio di Eataly a Manhattan passa per un luogo importante nella storia della città e dell'intero pianeta ed è dedicato alla pace tramite la valorizzazione del pane di tutto il mondo. Alla pizza Rossopomodoro, il ristorante più ambizioso, l’Osteria della Pace, è affidato a Riccardo Orfino. 

Eataly Downtown. Qualche numero

Mesi d’attesa e una curiosità cresciuta nelle ultime settimane, quando mentre le prime immagini dello spazio ospitato all’interno della torre numero 4 del World Trade Center hanno cominciato a circolare sui siti di tutto il mondo la direzione di Eataly Downtown si preoccupava di comunicare una data, l’11 agosto, per l’apertura al pubblico. E adesso che l’ora x è scattata, dalle prime ore del mattino pronti per la colazione (che sarà un must del nuovo store), ecco cosa c’è da aspettarsi dal raddoppio di Eataly a New York, proprio all’interno del monumentale edificio progettato da Santiago Calatrava con vista sulla Freedom Tower e sulla piazza del Memorial a Ground Zero. I numeri sono importanti: 38 milioni di dollari di investimento per la città che più nel mondo ha dimostrato di saper apprezzare la bandiera made in Italy portata da Farinetti – come ci raccontava il giovane Executive chef di Eataly Mondo Enrico Panero qualche settimana fa – qui insieme a Joe Bastianich e Mario Batali, celebri italoamericani della ristorazione statunitense e partner già ai tempi della prima apertura; terzo piano di 74 articolato in quasi 5mila metri quadri tra isole del gusto, forni e prodotti a scaffale; 600 dipendenti in tutto,Nicola Farinetti alla guida, in qualità di responsabile dell’Area America.

Il pane e la pace

Ad accogliere gli ospiti all’entrata è stato posizionato il tavolo della Pace ideato da Renzo Piano, in memoria delle vittime cadute l’11 settembre 2001. Dietro, una grande mappa del pane come viene consumato nei diversi Paesi del mondo, in 185 varietà; proprio al pane, infatti, si è scelto di affidare un messaggio di pace e condivisione, che identifichi la doppia natura culturale e commerciale del brand. I forni per la panificazione lavoreranno a ciclo continuo per presentare un prodotto artigianale di qualità e conquistare i newyorkesi con il gusto delle farine macinate a pietra. E ogni mese sarà dedicato a un pane internazionale, a cominciare dai bagel della tradizione ebraica.

Pizza, piadina & Co.

Ma a Downtown c’è spazio anche per i forni della pizza, affidati alle cure del team Rossopomodoro, con Antonio Sorrentino e Ezio de Angelis a capo della squadra di giovani pizzaioli. L’offerta? Pizza napoletana in 4 versioni, classica, tipo 1 integrale, multicereali e senza glutine. Il percorso si sviluppa tra scaffali e ristoranti tematici, i tavoli si affacciano sulle grandi vetrate panoramiche. La proposta gastronomica spazio dalla piadina dei fratelli Maioli all’Ape Piaggio per il taglio del prosciutto a mano, ai prodotti caldi e freddi del banco gastronomia, con ampio assortimento di salumi (con permesso speciale) e formaggi nostrani. Poi ci sono i quattro ristorantini: La Pasta, La Piazza, il Pesce Orto e Mare, insieme alla più ambiziosa Osteria della Pace gestita da Riccardo Orfino (già LadyBu a Milano). E ancora il mozzarella bar, l’angolo della pasta fresca, il salad bar, la pasticceria, la macelleria, l’ortofrutta e una caffetteria Lavazza.

Entro tre anni si punta al traguardo di un miliardo di euro di fatturato, con grandi opportunità di crescita proprio nel Nordamerica.

Eataly Downtown | New York | 4 World Trade Center, 101 Liberty street | dall’11 agosto | www.eataly.com

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare a Rio durante le Olimpiadi. 8 ristoranti gourmet per conoscere l'alta cucina carioca

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In occasione delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, la città carioca è pronta a un'invasione di tifosi, pronti a scoprire, da vicino, la cucina brasiliana e le sue varianti. Ecco un nuovo capitolo della nostra guida al mangiare a Rio dedicato all'alta cucina.

L'alta cucina brasiliana (e quella sudamericana in generale) sta vivendo un'incredibile rinnovamento, svincolandosi progressivamente dall'influenza della cucina internazionale e soprattutto francese per valorizzare e reinterpretare prodotti e tradizioni locali. Senza dimenticare commistioni e contaminazioni.

Aprazivel

Se vi trovate nel quartiere di Santa Teresa non potete evitare una sosta all’Aprazivel, ristorante dall’atmosfera rilassante, grazie anche alla sua posizione e ai giardini di cui è circondato che garantiscono ai clienti un panorama di tutto rispetto. La cucina della chef Ana Castilho, da lei chiamata “cucina delle radici”, punta a esaltare la commistione di sapori su cui si forma la tradizione brasiliana con qualche guizzo creativo e personale: particolarmente apprezzate sono la moqueca, la zuppa di pesce, gli acarajé, i rotoli di formaggio e fagioli fritti, il palmito assado, cuore di palma grigliato dentro un tronco d’albero servito su un letto di bambù, i numerosi e rinfrescanti cocktail di frutta. Carta dei vini molto fornita, ampia lista di cachaça, l’acquavite brasiliana, e un servizio impeccabile completano l’offerta dell’Aprazivel.

Aprazivel | Rio de Janeiro | Rua Aprazível, 62 | tel: +55 21 2508 9174 | www. aprazivel.com.br

Eleven Rio de Janeiro

Eleven Rio

Un altro chef che affonda nella cultura gastronomica d’oltreoceano è Joachim Koerper, tedesco appassionato sostenitore della cucina mediterranea, con il suo Eleven Rio, “gemello” dell’Eleven di Lisbona. Il locale è stato aperto nel 2015 e, poco più di un anno dopo, ha ricevuto la prima stella Michelin. Due le linee di cucina: un menù alla carta conciso, più “classico” e influenzato dalla cultura europea, e un menù degustazione più creativo, dove lo chef sorprende i suoi clienti con abbinamenti innovativi e ricerca sui prodotti. Fra le ultime creazioni proposte il baccalà confit con cipolla e purea di patate baroa, un tipo di tubero locale commistione fra patata e carota chiamato anche mandioquinha, e il maiale a cottura lenta, accompagnato da purea di pesche, aglio bianco e salsa di limone. Tre i menù degustazione proposti: da 6, da 8 e da 11 portate.

Eleven Rio | Rio de Janeiro | Rua Frei Leandro, 20, |tel. +55 21 2266-7591| www.elevenrio.com.br

Lasai Rio de Janeiro

Lasai

Malgrado Rio sia famosa per street food e brace, i ristoranti di alta cucina non lasciano certo a desiderare. Tra i locali ormai affermati c’èLasai,nel quartiere Botafogo: premiato dalla guida Michelin con una stella e presente nella versione latinoamericana della classifica 50 Best Restaurant 2015, al 16esimo posto. Rafa Costa e Silva, dopo l’esperienza quinquennale con Andoni Luis Aduriz al Mugaritz, è tornato in Brasile per aprire quest'oasi di pace e tranquillità, creata sui princìpi di slow food. Etica della stagionalità e ingredienti locali sono due dei rigorosi dettami a cui si attiene la cucina del Lasai: i prodotti vengono dalla fattoria dello chef, che controlla direttamente la produzione. Sono due i menu degustazione proposti, con piatti creativi e sorprendenti, ma sempre legati alla stagionalità degli ingredienti.

Lasai | Rio de Janeiro | Rua Conde de Irajá, 191 |tel. +55.21.3449.1834/54 | www.lasai.com.br

L'Etoile Rio de Janeiro

L’Etoile

Impossibile, in una selezione del genere, non nominare L’Etoile, il ristorante francese allo Sheraton Hotel & Resort di Rio, guidato dal celebre chef Jean Paul Bondoux e dal suo braccio destro argentino Emmanuel Serrano. Situato nel quartiere Vidigal, propone una commistione di piatti francesi con influenze brasiliane, come la terrina di foie gras con chutney di fichi, le cosce di rana alle erbe, la trilogia di ceviche con patate dolci, la tajine di polpo e cernia con emulsione agli agrumi. Rigorosi standard internazionali per il servizio, un ambiente raffinato ma accogliente e una vista mozzafiato completano l’offerta dell’Etoile.

L’Etoile | Rio de Janeiro | Sheraton Rio | Av. Niemeyer, 121| tel. 55 21 2529-1299 | www.letoile-rio.com.br

Mee Rio de Janeiro

Mee

Ultimo indirizzo che ha ottenuto una stella Michelin è Mee, che si trova dentro il Belmond Copacabana Palace: una posizione invidiabile, sul lungomare di quella che viene considerata da tutti la spiaggia per eccellenza della metropoli brasiliana. Creato dell'artista Christian Develter, Mee è il primo ristorante panasiatico di lusso a Rio: è guidato dal celebre chef Ken Hom, che spazia fra influenze cinesi, vietnamite, thailandesi, cambogiane e malesi, proponendo una sintesi unica. Fra i piatti di punta il manzo Kobe con salsa ponzu, il sushi di uovo di quaglia al tartufo, l’insalata tailandese piccante al mandarino. L’offerta è completata dal sake sommelier, che consiglia ai clienti come abbinare ai piatti dello chef gli oltre 25 sake presenti in carta.

Mee | Rio de Janeiro | Belmond Copacabana Palace | Av. Atlantica, 1702 | tel. +55(21)2548-7070 | www.letoile-rio.com.br

Olympe Rio de Janeiro

Olympe

Chi preferisce le influenze internazionali può optare per l’Olympe, uno dei ristoranti più celebri di Rio: guidato dallo chef Claude Toisgros, figlio di uno dei fondatori della nouvelle cuisine francese, Pierre Troisgros. Approdato a Rio nel 1979, insieme al figlio Thomas, propone una commistione fra tradizione francese e brasiliana, senza deludere mai le aspettative dei suoi clienti: la base dei piatti di ispirazione europea è arricchita da abbinamenti creativi con frutta, verdura e pesce locale. Fra le proposte dello chef imperdibili i ravioli farciti con mousse di pastinaca, pinoli e fior di sale, e il soufflé di lamponi, servito con un coulis di bacche rosse e del gelato.

Olympe  | Rio de Janeiro | Rua Custódio Serrão, 62 | tel. +55 21 2539-4542 | www.olympe.com.br

Roberta Sudbrack Rio de Janeiro

Roberta Sudbrack

La chiamano “la Pelè della gastronomia brasiliana” ed è stata la prima chef del Brasile chiamata dirigere le cucine presidenziali, in occasione dell’elezione di Fernando Henrique Cardoso nel 1995: è Roberta Sudbrack, anche lei premiata con una stella Michelin e al 14esimo posto della 50 Best Latinoamericana. Il locale che porta il suo nome si  trova nel quartiere del Jardim Botanico: il cuore della cucina della Sudbrack è fatto di una continua esplorazione e ricerca sui prodotti locali, di solide basi classiche, dalla preferenza per i metodi di cottura tradizionali e per le tecniche non meccanizzate. Il menu degustazione proposto è di otto portate e cambia ogni giorno in base ai prodotti disponibili nei mercati di Rio: la personale ricerca di Roberta Sudbrack l’ha portata a rivoluzionare pietanze come il quiabo, piatto tradizionale della cucina brasiliana, o la banana, frutto al centro della cultura gastronomica carioca, che viene ridotta a farina e diventa elemento di molte delle proposte della chef.

Roberta Sudbrack | Rio de Janeiro | Av. Lineu de Paula Machado, 916 | tel. +55 21 3874-0139 | www.robertasudbrack.com.br

Zuka Rio de Janeiro

Zuka

Ultimo indirizzo di questo capitolo è Zuka, nel quartiere di Leblon: un ristorante più informale ma considerato molto alla moda dagli abitanti di Rio. Situato in cima allo Sheraton Hotel, ha una struttura particolare: la cucina è posta al centro della sala, in modo da mostrare alla clientela ogni passaggio degli chef. La chef Ludmilla Soeiro propone piatti eleganti, creativi e molto curati: da provare il tonno con tagliatelle di palmito pupunha e infusione di rafano, la bistecca d’entrcote con patate rustiche e crema al tartufo, il ceviche “zingy” e ilpetto d'anatra glassato al miele con cous cous marocchino.

Zuka | Rio de Janeiro | Rua Dias Ferreira, 233B | tel. +55 21 3205-7154| www.zuka.com.br


a cura di Francesca Fiore

 

Londra ama la pasta. Pastifici e ristoranti specializzati si moltiplicano in città

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Dal pasta bar del Borough Market al laboratorio con cucina made in Torino, dal locale di tendenza al pastificio di campagna, con i prodotti in arrivo dalla Campania. Ecco l’ultima mania degli inglesi, in barba alla demonizzazione dei carboidrati. 

London loves pasta

È un approfondimento di costume sulle ultime manie dei londinesi l’articolo del Telegraph che fotografa l’indiscutibile passione per la pasta esplosa nella capitale inglese. E mentre in città si appresta a inaugurare la storica pizzeria napoletana da Michele, l’Italia sembra ben disposta a ricambiare l’affetto che Londra le riserva, sfruttando l’onda della fortuna del made in Italy gastronomico anche ora che lo spauracchio della Brexit si fa sentire. Per ora, quel che conta, è che gli inglesi non sono più disposti a rinunciare al piacere di un buon piatto di pasta, ben eseguito, in barba all’allarmismo degli ultimi tempi, che aveva chiamato a salire sul banco degli imputati i carboidrati. E così a un paio d’anni dal boom dei cosiddetti courgetti (gli spaghetti di zucchine che possono mangiare proprio tutti, “e non fanno ingrassare!” sbandieravano  ai quattro venti i sostenitori della causa low fat), Londra torna a far la pace con pappardelle e pasta ripiena, rivela una compiaciuta Xhante Clay, giornalista del Telegraph. A sostegno della sua rivelazione, le aperture di pastifici e ristoranti che amano la pasta nel perimetro londinese si susseguono senza soluzione di continuità.

Savurè. Da Torino a Shoreditch

All’inizio di settembre in città arriverà anche Savurè, il pastificio con cucina nato a Torino (via Garibaldi) un paio d’anni fa, ora pronto per la prima trasferta oltreconfine. Laboratorio a vista, farine selezionate, tanti formati disponibili per la vendita o da consumare in loco, abbinati al condimento più congeniale ai propri gusti, nel rispetto della tradizione regionale italiana, dal ragù di cinghiale al sugo di salsiccia alla Campidanese, dal pesto al guazzetto di pesce azzurro, alla carbonara della casa. La formula così com’è sarà riproposta nel locale di Shoreditch, con il laboratorio del pastificio sempre in piena attività, tra agnolotti e pici, gnocchi e tajarin, malloreddus e spaghetti alla chitarra. Molti degli ingredienti arriveranno dall’Italia, dal guanciale abruzzese al Parmigiano Reggiano Dop, alla carne di Chianina per il ragù. Come anche le birre in abbinamento, a marchio Birra del Borgo.

Padella al Borough Market, la sfoglia emiliana al Mercato Metropolitano

Nel frattempo in città ha già aperto Padella, un pasta bar nato nei pressi del Borough Market dall’idea di un team di imprenditori inglesi innamorati dell’Italia. I due – Tim Siadatan e Jordan Frieda – sono già titolari del ristorante italiano Trullo, e proprio l’ingente richiesta di primi piatti e pasta sempre in carta nel locale di St. Paul’s Road  li ha spinti a tentare fortuna con un laboratorio gastronomico tutto incentrato sulla pasta, che servirà pici cacio e pepe, ravioli alla ricotta, pappardelle al ragù e delle improbabili tagliatelle con ‘nduja e prezzemolo. Al riparo da abbinamenti kitsch e cattive imitazioni, invece, ci sono altre due attività 100% made in Italy sbarcate recentemente a Londra: non solo sulle tigelle, ma anche sulla pasta fresca, scommetterà Manitoba, pronta a conquistare i londinesi con la consulenza di Lionello Cera e Roberta Pezzella. Mentre all’interno del Mercato Metropolitano inaugurato un paio di settimane fa a Elephant and Castle c’è pure il box della pasta, che dispensa tortellini e tagliatelle con orario no stop agli avventori del mercato sorto all’interno di un’ex cartiera.

Pasta Loco. Il bistrot della pasta a Bristol

E se è vero che dalle mode non c’è scampo, anche lontano dalla città l’attrazione fatale per la pasta ha lasciato il segno. Così a Bristol è nato Pasta Loco: di nuovo frutto dell’investimento di due soci inglesi, si presenta come il primo ristorante dedicato alla pasta fresca in città, pronto a celebrare le origini italiane dei proprietari Ben e Dom. Tra le proposte in carta gnocchi con ragù d’agnello e salsa verde, bucatini aglio, olio e pecorino, linguine alla carbonara reinterpretate con battuto di salsiccia e uovo in camicia avvolto nel lardo. Subito un successo.

Il Pastificio Caruso di Canterbury

Mentre nella campagna inglese, da qualche tempo, l’incontro tra l’inglese Harry e Simona Di Dio (da Foglianise, Benevento) ha dato vita al Pastificio Caruso di Canterbury, nel Kent.  Nella bella cascina con orto si coltivano ortaggi, si produce pasta, passata di pomodoro, si condividono ricette della tradizione campana. Per ora il pastificio lavora per la vendita al dettaglio (anche nel locale mercato gastronomico The Goods Shed) e rifornisce i ristoranti della zona. Tra le proposte cavatelli e scialatielli acqua e semola di grano duro, ma anche lasagne, spaghetti alla chitarra, pappardelle con uova bio di una fattoria locale. E ravioli in tante varianti: pere, noci e gorgonzola, pulled pork, patate, pancetta e rosmarino, o i classici ricotta e spinaci. Anche lezioni di cucina e vendita online, in attesa di aprire un ristorantino incentrato sulla pasta. Sul modello del pastificio londinese Burro e Salvia (gemellato con il pastificio delle Sfogline di Bologna), che nel 2013 apriva il primo punto vendita con laboratorio a Shoreditch, e l’anno scorso già raddoppiava con un secondo negozio a East Dulwich. A Londra la pasta è di casa.

Savurè | Londra | St. Paul street, 20 | www.savure.co.uk

Padella | Londra | Southwark street, 6 | www.padella.co/

Burro e Salvia | Londra | Redchurch street, 52 | www.burroesalvia.co.uk

Manitoba | Londra | New Oxford street, 82 | dal 16 agosto

Mercato Metropolitano | Londra | Newington Causeway, 44 | www.mercatometropolitano.co.uk

Pasta Loco | Bristol | Cotham Hill, 37A | www.pastaloco.co.uk/

Pastificio Caruso | Canterbury | Saint Dunstan’s Terrace | www.carusopastificio.com

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Rinasce il mercato di Santa Chiara a Cagliari. Valorizzazione e consumo per fare bene al turismo

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Dal 1957 accoglie i cagliaritani nel cuore della città, ora ha l’ambizione in più di proporsi come mercato gastronomico per attirare i turisti in visita al capoluogo sardo. Dopo un restyling durato qualche mese la struttura è pronta a trasformarsi con area degustazione e consumo. 

Il mercato di Santa Chiara. La storia

All’inizio dell’anno - sulla data di apertura lavori si legge febbraio 2016 – la decisione di intraprendere una riqualificazione organica del mercato di Santa Chiara, a Cagliari, metteva fine alle polemiche che di quella struttura storica, nel cuore della città, segnalavano lo stato di degrado e la mala parata delle attività commerciali negli ultimi anni. In posizione dominante su Piazza Yenne, l’edificio fa parte di una rete di mercati civici che recentemente l’amministrazione del capoluogo sardo ha dimostrato di voler riabilitare, in ritardo rispetto agli esempi coevi di altre città, ma pur sempre meritevole di aver intuito quanto un mercato attraente, tradizionale e moderno al tempo stesso, sia in grado di influenzare l’indotto turistico ed economico. Fondato nel 1957 dove un tempo si trovava il convento delle Clarisse, il complesso si articolava su due piani – il secondo ricavato nell’ex chiostro, con le botteghe incorniciate dalle arcate di un tempo – ed è il più antico di Cagliari, in posizione privilegiata tra i quartieri storici di Stampace e Castello. Oggi molto ridimensionata negli spazi, la struttura occupa l’area dell’orto dell’ex monastero.  Ma le potenzialità perché possa trasformarsi in attrazione turistica mentre continua a servire gli abitanti del luogo ci sono  tutte.

Rinnovare per conservare. Progetti e polemiche

Tanto che già nel 2013, quando tanti operatori commerciali erano in fuga e la struttura versava in condizioni di deficit, in Comune si accennava la possibilità di dotare Santa Chiara di un’area degustazione, per promuovere i prodotti locali e ripopolare i banchi ancora in attività, soddisfacendo le richieste di quegli imprenditori cagliaritani disposti a scommettere sul progetto, sfruttando l’onda del turismo estivo e lo sbarco dei crocieristi in città. È seguito un lungo periodo di stallo. Per contro, però, il mercato ha continuato a preservare quell’atmosfera autentica garantita dalla qualità e dalla tipicità dei prodotti rintracciabili tra gli stand, dal pesce freschissimo (anche se il punto di riferimento cagliaritano in materia è il mercato di San Benedetto ) al Cannonau, dal pane carasau al formaggio di pecora. Poi, qualche mese fa, la decisione di rimboccarsi le maniche. E l’avvio del progetto di restyling che ha coinvolto pareti e pavimentazione, controsoffitti e impianti, pur garantendo alla struttura di non serrare i battenti.

La fine dei lavori. Mangiare al mercato

Ora che le infrastrutture ci sono (i lavori sono terminati da qualche giorno), la sfida più ambiziosa sarà quella di ripensare il profilo commerciale di Santa Chiara, che si appresta a diventare un mercato gastronomico a tutti gli effetti. Come? Cominciando dal bando di assegnazione per i box rimasti vuoti e predisponendo un presidio della degustazione, dove sarà possibile assaggiare i prodotti tipici del territorio e le merci vendute dagli operatori negli altri stand, momentaneamente rimasti in 9. Ma il progetto di rilancio di questo mercato in miniatura (il parallelo più calzante lo rintracciamo nel Mercato del Suffragio di Milano, riportato in auge da un convincente progetto di restyling, ma a Cagliari si è parlato anche di seguire il modello del Mercato del Carmine di Genova) passa anche per la creazione di un’area per la consumazione, allestita dove un tempo si trovava il piano rialzato. Con la speranza che Santa Chiara entri a far parte di quel circuito di eccellenza turistica che l’amministrazione cagliaritana è stata in grado di realizzare negli ultimi anni. Garantendo la valorizzazione della cultura enogastronomica sarda di qualità.  

Mercato di Santa Chiara | Cagliari | Piazza Yenne, scalette di Santa Chiara | tel. 070 663939

 

a cura di Livia Montagnoli

Foto di Marco Scotto

Salsiccia di Bra: nasce la confraternita che tutela la celebre specialità piemontese

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Un salume importante per l’economia locale, che ormai è famoso un po’ dappertutto: è la salsiccia di Bra, a base di carne bovina, celebre per la possibilità di essere consumata anche cruda. E ora ha una sua confraternita, che tutelerà la ricetta tradizionale. 

La salsiccia di Bra. Produzione storica, prodotto sacro

Si può consumare cruda, come antipasto, o come prezioso ingrediente per risotti, sughi e stufati: la salsiccia di Bra è per i piemontesi un prodotto quasi sacro. I motivi sono diversi: le origini da ricondurre ai Savoia, la condivisione con la comunità ebraica, l’attuale centralità nell’economia braidese. Pur di consumarla ovunque, i piemontesi l’hanno trasformata anche in uno street food: è il Mac’d Bra, panino fatto rigorosamente con Pane di Bra a lunga lievitazione, formaggio di alpeggio (Bra Dop), lattuga locale e, naturalmente, la celebre salsiccia, sia cruda che cotta.

La tradizione vuole che le prime tracce documentarie sulla salsiccia di Bra si rintraccino in un Decreto Regio emesso dai Savoia nel 1874, che ufficializzò la produzione del prodotto, regolarizzando in particolare il consumo della versione a crudo e vietando che fosse prodotta altrove.

La salsiccia di Bra. Come si fa

L'impasto della salsiccia di Bra deve essere composto da carne bovina come pance di vitello, copertine o altri tagli: tradizionalmente era questa l’unica carne ammessa, in modo da permetterne il commercio anche nella comunità ebraica piemontese. Oggi al vitello, debitamente sgrassato, si unisce della pancetta di maiale, in un rapporto 8 a 2 per ogni chilo di impasto. Ma il vero segreto della salsiccia di Bra si nasconde nella miscela di spezie utilizzate: garofano, pimento, noce moscata, coriandolo, macis e altre ancora, in una proporzione che i droghieri e i produttori piemontesi tengono rigorosamente segreta. Una volta ottenuto l’impasto, questo deve essere insaccato in budelli naturali di agnello: è infatti vietato l’uso di budelli sintetici. La salsiccia - in piemontese sautissa ëd Bra - è riconosciuta come prodotto PAT dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: la carne deve venire da allevamenti piemontesi e il prodotto deve essere lavorato localmente.

La confraternita della Salsiccia di Bra

Ed è per tutelare questo prezioso prodotto che a luglio è nata la Confraternita della salsiccia di Bra: sono 22 i soci fondatori, animati dall’obiettivo di promuovere sempre meglio la specialità locale. Una tradizione, quella delle confraternite, molto più viva in Europa che in Italia.  A fare da padrini dei nuovi confratelli, le altre associazioni locali: dall’Accademia della castagna bianca (Mondovì) alla Confraternita del bollito e della pera madernassa (Guarene), dall’Helicensius Fabula (Borgo San Dalmazzo) alla confraternita dedicata alla lumaca, passando per l’associazione Culturale Asmangia (Monforte) e all’ordine dei Cavalieri di San Michele del Roero (Canale).

a cura di Francesca Fiore


In viaggio. Anzio, l’invenzione del pesce povero

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Da sempre la cucina di mare anziate attira turisti e foodies, grazie alla sua schiettezza e al legame con i sapori propri anche della tradizione romanesca, declinata però sul pesce, quello povero in particolare, ovvero frutto della piccola pesca nel mare tra Anzio e Nettuno. Oggi – rinnovata, alleggerita e soprattutto molto più attenta al vino – la ristorazione di questo tratto di costa laziale è una vera e propria meta gourmet. 

Per i romani che agosto lo trascorrono in città e per i tanti che, invece, approfittano dell'estate per visitare i fasti capitolini e le aree limitrofe, proponiamo un breve tour gastronomico, da fare in giornata o per qualche giorno, sulla costa al sud del Lazio.

Stabilimenti, bar e cocktail bar

Si abbronzano a San Felice Circeo, Sabaudia e Sperlonga ma cenano ad Anzio”: era l’incipit di un reportage su Anzio pubblicato sul Gambero Rosso nel 1997. Ma oggi qui ci si abbronza anche, poiché gli stabilimenti balneari più in voga, il Tirrenino e l’Oasi di Ponente in centro, il Rivazzurra e l’Atollo più in periferia, hanno fatto notevoli passi avanti offrendo servizi che, seppur lontani da quelli delle più famose località di villeggiatura, consentono una permanenza piacevole: buona musica, una ristorazione semplice ma di qualità, drink ben fatti e sfizi vari all’ora dell’aperitivo.

E per il dopocena non è più necessario raggiungere la vicina Nettuno, ma si possono sorseggiare dei buoni cocktail scegliendo locali come la Bodeguita, il Beach Cocktail Bar e Zerotredici. Sul fronte bar, Stampeggioni e il Malaga non temono rivali, per la pasticceria il primo e per una proposta gastronomia più diversificata e trasversale il secondo. Da registrare, poi, la crescita esponenziale del numero di gelaterie, che però non intaccano lo strapotere di Conforti, il più gettonato per via di una proposta di gusti limitata, golosa e selezionatissima basata sulla stagionalità e su materie prime eccellenti.

Quello che però, pur in grande evoluzione, è rimasto il carattere identitario di questo pezzo di costa romana, è la schiettezza e la particolarità della sua cucina, legata alla piccola pesca locale e agli orti. Già a fine '800, la guida Baedeker citava la trattoria Turcotto di Anzio, contribuendo non poco a costruire quella fama di cui ancora oggi gode la ristorazione locale. Quella trattoria, oggi ristorante, ha appena compiuto 200 anni ed è ancora sotto la guida della famiglia Garzia. Fino agli anni '70. Anzio era la meta gastronomica preferita non solo da politici, imprenditori e vip della Roma bene, ma anche dall’aristocrazia europea, proprio grazie alla cucina tradizionale marinara fatta di ricette semplici e genuine come la zuppa di pesce, i tortini di alici e il brodo di arzilla.

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L'enoteca De Gatto e gli altri ristoranti storici

Ma ai vini non si dava grande importanza”racconta FrancoDelGatto, titolare con la moglie Simonetta dell’Enoteca Del Gatto, tra le più premiate d’Italia “c’erano il bianco e il rosso, al massimo quattro etichette: Verdicchio Fazi Battaglia, Pinot Grigio Santa Margherita, Corvo di Salaparuta e Fontana Candida”. Agli inizi degli anni Settanta Franco decise di cambiare volto a quella che era l’osteria di famiglia dal 1936: “Avevo 14 e tante idee in testa: non volevo fare l'oste. Iniziai a girare per cantine e a conoscere produttori del calibro del Barone Ricasoli e di Josko Gravner che mi presero a cuore per la mia giovane età. Nei miei viaggi mi seguirono da subito Priscilla Regolanti, figlia di Alceste del ristorante Alceste al Buon Gusto e Roberto Giomo, che aveva appena aperto il ristorante All’Antica Darsena. Entrambi si appassionarono e furono i primi ad Anzio a redigere nel 1980 una vera carta dei vini”.

Sdoganata l'attenzione e la passione per i vini, è stato poi SandroCatarinozzi col suo ristorante Da Pierino a mettere in primo piano la grande attenzione alla materia prima e alla leggerezza della cucina. “Sandro è stato il migliore in senso assoluto per più di 15 anni”spiega Del Gatto “poiché il miglior pescato locale andava a lui e la carta dei vini era strepitosa, basata sui migliori vini italiani e francesi, senza contare rum e whisky da veri intenditori”.

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Romolo, i crudi e il pesce povero

Così, su una base solida, fonte di ispirazione e ricca di tradizioni familiari, ecco che fa ingresso sulla scena anziate Walter Regolanti che traina il ristorante di famiglia su standard di qualità elevatissimi, grazie a una vitalità e a un’energia senza eguali, che lo portano a diventare sommelier professionista nel 1993 e a fare stage da cuochi del calibro di Alain Ducasse e Moreno Cedroni. Il papà di Walter, Romolo, aveva introdotto qui nuova idea di cucina a base di crostacei e pesce crudo e gli antipasti fatti di più assaggi sfiziosi a base di pesce povero: fragolini, tracine, sgombri, marmore. “L’idea mi venne quando ancora lavoravo in cucina da Alceste con mia madre, ma lei fu subito contraria. Le dissi di non venire più, se l’idea non le piaceva”: così l'anziano Romolo sintetizza il passaggio generazionale. Gli fa eco SalvatoreSpina, pescatore da tre generazioni: “Il pesce sciabola (o bandiera), lo mangiavamo solo noi pescatori: non lo comprava nessuno. Romolo è stato il primo a proporlo in carta. Fece capire al mondo che non conta tanto la tipologia di pesce, quanto il saperlo cucinare”. Così nasce l'identità moderna della ristorazione anziate, che rimane uno degli elementi attrattivi più forti di questa costa a pochi chilometri da Roma.

La nuova ristorazione

Oggi non mangiano fuori solo i signori in villeggiatura: le famiglie si regalano una gita al mare e vogliono mangiare fuori anche loro”spiega Walter Regolanti. Così, accanto ai locali storici che continuano a essere frequentati per il 90% da forestieri, si fanno spazio una miriade di insegne minori. I più saggi tra questi nuovi ristoratori hanno deciso comunque di puntare sulla qualità e sulla freschezza del pescato, offrendo prodotti meno pregiati che consentano di praticare prezzi mai al di sopra dei 40/50 euro, altri propongono invece menu turistici basati più sulla quantità che sulla qualità. “Il pesce dell’asta non basta per tutti, così i piccoli ristoranti o si riforniscono ai mercati generali di Roma, dove finisce il pesce invenduto alle varie aste del litorale”spiega Salvatore Spina “o dalle imbarcazioni per la piccola pesca che negli anni sono quadruplicate, mettendo in difficoltà le cooperative... Prima il mare ce lo curavamo noi e in base ai periodi sapevamo dove era il caso di andare e dove no, alternando le zone e dando così modo a certe specie di riprodursi, oggi siamo costretti ad andare sempre negli stessi posti perché gli altri sono vietati”.

Ciò che continua a mancare, in una ampia fascia di litorale che va da Fiumicino a Gaeta, è una pizzeria con la P maiuscola. Ce ne sarebbe davvero bisogno, accanto a ristoranti – a parte quelli di Anzio – come il Tino, l’Osteria dell’Orologio e Pascucci al Porticciolo di Fiumicino, il Satricum, Il Vistamare, Essenza e il ristorante Claudio Petrolo nell'area di Latina che stanno facendo crescere la ristorazione dal capoluogo laziale, anche lontano dalla spiaggia.

Anzio

Da Nerone allo Sbarco: villeggiature vip e storia

Anzio fu la dimora prediletta dell’aristocrazia romana e diede i natali agli imperatori Caligola e Nerone, della famiglia Giulio-Claudia. Fu scelta da Nerone come residenza estiva e vi fece edificare la maestosa Villa Imperiale collocata verso Occidente che di fatto portò alla realizzazione del primo porto, quello “neroniano”. Dal 1998, i resti di quella che era una grande opera architettonica del I secolo d.C. sono stati messi in salvaguardia con un’opera di recupero e restauro, mentre molti reperti di tutto il periodo imperiale sono conservati all’interno del Museo Civico Archeologico di Villa Adele. Questa stessa villa, di proprietà del Comune, fa parte di un complesso di residenze nobiliari per lo più del 1700 che comprende Villa Albani, ora sede di uffici pubblici e Villa Corsini-Sarsina, recentemente restaurata e divenuta sede del Sindaco e del Consiglio Comunale. La realizzazione dell’attuale porto, chiamato Innocenziano, si deve a Papa Innocenzo XII, che a causa del naufragio che lo portò a sbarcare sulle coste di Anzio, decise di realizzarvi un approdo sicuro.

Anzio è conosciuta in tutto il mondo perché il 22 gennaio 1944 le truppe alleate sbarcarono qui, con l’intento di raggiungere rapidamente Roma e liberarla dalle truppe tedesche di occupazione. In memoria di quell’avvenimento, il monumento ai caduti in Piazza Garibaldi e il cimitero di guerra britannico nel quartiere Falasche. Dal 1994, all’interno di Villa Adele c’è Museo dello Sbarco, che raccoglie cimeli e reperti dell’epoca bellica.

 

Ristoranti ad Anzio

Al Turcotto | riviera Mallozzi, 44 | tel. 06 9846340 | www.ristoranteturcotto.it

Romolo al Porto | via Porto Innocenziano, 19 | tel. 06 9844079 | www.romoloalporto.it

Alceste al Buon Gusto | p.le Sant'Antonio, 6 | tel. 06 9846744

Pierino | p.zza C. Battisti, 3 | tel. 06 9845683 |

Enoteca Del Gatto | via G. Mazzini, 2 (ang. via XX Settembre) | tel. 06 9846269 | www.enotecadelgattoanzio.com

Ristoranti sulla costa laziale

Tino | Fiumicino | Monte Cadria 127 | tel. 06 5622778 | www.ristoranteiltino.com

Osteria dell’Orologio | Fiumicino | via Torre Clementina, 114 | tel. 06 6505251 | www.osteriadellorologio.net

Pascucci al Porticciolo | Fiumicino | v.le Traiano, 85 (ingresso via Fiumara, 2) | tel. 06 65029204 | www.pascuccialporticciolo.com

Satricum | Latina | s.da prov.le Cisterna-Nettuno km 13,7 | tel. 0773 1762252 | www.satricvm.com

Vistamare dell'Hotel Fogliano | Latina | p.le G. Loffredo via Lungomare, 15 | tel. 0773 273418 | www.ilfoglianohotel.it

Essenza | Pontinia (LT) | via G. Leopardi, 13 | tel. 0773 848935 | www.essenzaristorante.com

Claudio Petrolo | Gaeta (LT) | p.zza Conca, 20 | tel. 0771 65129 | www.claudiopetrolo.com

On the beach

Tirrenino | Nettuno | via Egidi, 1 |

Oasi di Ponente | Anzio | p.le Sant'Antonio, 1 | tel. 06 9844892 |

Rivazzurra | via Ardeatina, 9 | tel. 06 98342100

Atollo | Anzio | Lavinio | Lungomare Enea | tel. 06 9821101

Cocktail & bar

Bodeguita | Anzio | Riviera Mallozzi, 7 | tel. 328 851 0292

Zero13 | Anzio | via G. Garibaldi |

Stampeggioni | Anzio | via Nettunense, 219a | tel. 06 9874585

Malaga | Anzio | riviera Zanardelli, 71 | tel. 06 9846131

Il gelato di Conforti | Anzio | p.zza G. Polli, 4 | tel. 3384670929 | www.ilgelatodiconforti.com

 

a cura di Marco Castaldi

 

Articolo uscito sul numero di Luglio 2016 del Gambero Rosso. Per abbonarti clicca qui

Food Tech, nel mondo e in Italia. Giro d'affari in crescita costante per chi investe su cibo e tecnologia

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Gli ultimi dati non fanno che confermarlo: il 2015 ha visto esplodere il settore che mette al servizio dell'industria alimentare tecnologie all'avanguardia e strumenti digitali. E il trend positivo continua nel 2016: ecco chi ne beneficia e cosa succede in Italia. 

Investire nel food tech

L'ultima indagine di settore arriva dal report annuale di Rosenheim Advisors, relativo a un 2015 che ha visto crescere con andamento costante il giro d'affari del comparto food tech. E d'altronde il business di questo ecosistema che mette tecnologie all'avanguardia e strumenti digitali al servizio dell'industria alimentare e del settore enogastronomico merita di essere tracciato con attenzione sempre maggiore, visto il volume di investimenti che è in grado di generare a livello globale. 6,8 miliardi di dollari nel corso del 2015, per essere precisi. Stando ai dati elaborati, il gioco lo conducono ancora Stati Uniti, Cina, Germania, India e Regno Unito; l'Europa, nel complesso, ha investito circa un miliardo di dollari. Ma un trend positivo è innegabile anche nel nostro Paese, che a partire dalla consegna del cibo a domicilio (il settore finora più attraente e remunerativo) sta lentamente virando verso altri segmenti, dalla ricerca di ristoranti all'e-commerce di prodotti enogastronomici, alle etichette intelligenti. In Italia il volume di affari  che coniuga cibo e tecnologia sfiora i 135 miliardi di euro, molto si deve agli investimenti delle food start up, che nel mondo hanno attirato 5,7 miliardi di dollari solo nel 2015 (facendo registrare un incremento annuo del 152%). Ed è solo l'inizio. L'indagine prefigura scenari futuri incoraggianti.

Un 2016 incoraggiante

Nell'anno in corso è già iniziato un processo di consolidamento delle piattaforme di food delivery, di cui abbiamo già ampiamente trattato, che stanno rapidamente conquistando quella fetta di mercato finora esclusa dal servizio a domicilio, dai ristoranti stellati allo street food di qualità. Fino a tracciare un trend nuovo, in arrivo da oltreoceano ma già sperimentato anche da qualche pioniere italiano, che prevede la produzione di cibo a uso esclusivo del food delivery. Intanto sopravanzano anche le piattaforme di e-commerce, che prospettano al consumatore un mercato sempre più diversificato e attento alle soluzioni iper-locali, con positive ricadute per il made in Italy enogastronomico. Mentre i ristoratori vedranno ampliarsi ulteriormente il ventaglio di possibilità per fidelizzare il cliente via app, intercettando le sue preferenze e abitudini alimentari e offrendogli nuovi servizi. E tutti intuiscono quanto lo sviluppo e il sostegno di nuove start up sia linfa vitale per un settore sempre più attrattivo come quello del food tech.

L'Italia e il food tech

A questo scopo, prima dell'estate, a Roma nasceva Startupbootcamp Foodtech, il primo acceleratore globale e indipendente nel mondo dedicato al food tech. Tra i partner in prima linea anche il Gambero Rosso. Mentre dal Sud dell'Italia arrivano gli esiti dell'Agrogeneration tenutosi tra Messina e Catania dal 18 al 22 luglio, con il contributo del CREA e del Mipaaf e la partecipazione di tante realtà del settore, come Future Food Institute e Ruralhub. Nell'ambito della manifestazione incentrata sulla nutrizione del pianeta, l'hackaton Feeding Fairha proposto soluzioni innovative che fanno leva sulla tecnologia per aiutare il comparto alimentare. Tra queste lo Scarto d'oro, per riutilizzare gli scarti di pomodoro nella realizzazione di nuovi prodotti, Food Farm'ony– una mappa fisica ed elettronica per suggerire ai turisti nuovi percorsi sensoriali incentrati sul cibo – e Food Flowers Pirates, che scommette sulla produzione e commercializzazione di fiori edibili. Il mondo del food tech è bello perché è vario.

Produrre cacao sostenibile grazie al cloud. Il progetto di Barry Callebaut in Costa d'Avorio

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Rilanciare la filiera del cacao in Costa d’Avorio grazie al cloud: è l’obiettivo del progetto appena avviato da Sap Rural Sourcing Management e Barry Callebaut, big company svizzera del settore cioccolatiero.  

I produttori di cacao in Costa d’Avorio e il cloud computing

La gran parte del cacao utilizzato nel mondo viene dall’Africa Occidentale: in particolare Paesi come Costa d’Avorio, Ghana, Camerun e Nigeria. Secondo i dati Fao, la Costa d’Avorio è la prima produttrice di fave di cacao: solo nel 2013 ne ha prodotto quasi 1, 5 milioni di tonnellate. Insieme al Ghana, esporta oltre il 50% del totale consumato sul globo. Rendere sostenibile la filiera è dunque un passo complesso ma fondamentale: grazie al progetto di Barry Callebaut, che fa parte di un programma più ampio per la produzione sostenibile di cacao chiamato Katchilè, oltre 65mila piccoli produttori ivoriani verranno messi in rete per collaborare e innovare la produzione.

Il cloud ha rappresentato una vera rivoluzione nell’ambito delle tecnologie digitali: letteralmente “nuvola”, è uno spazio virtuale di dati e servizi, accessibile da qualsiasi luogo e con qualsiasi dispositivo. Se per il singolo utente questo significa poter salvare i propri file personali senza problemi di spazio, per le aziende il cloud è molto di più. Il cloud computing, infatti, è uno strumento innovativo che permette a qualsiasi impresa, grande media o piccola che sia, di accedere a tutta una serie di servizi e applicazioni da cui sarebbe tagliata fuori per problemi di budget.

Gestire un’azienda in cloud

In questo modo, ogni azienda può fare online quasi tutto quello che prima faceva in maniera “analogica”: ordini e gestione delle vendite, standard e procedure da seguire, corsi di aggiornamento per i lavoratori, contabilità dell’azienda e investimenti futuri.

Per fare un esempio, utilizzare uno specifico software di gestione delle vendite che ottimizzasse le risorse, prima del cloud, era comunque molto dispendioso: ogni azienda doveva spendere un certo numero di risorse per l’acquisto della licenza, per l’assunzione di esperti che formassero i propri lavoratori, per le fasi di test e di aggiornamento, per la protezione dei propri sistemi.

Oggi lo stesso servizio viene invece “affittato” via cloud, pagato a consumo o con altre modalità: questo rappresenta un grande cambiamento, soprattutto per quelle piccole aziende che non dispongono di grandi risorse in termini finanziari. Grazie al cloud queste imprese hanno accesso gratuito -o sostenendo costi molto contenuti- a programmi e servizi in passato disponibili solo alle grandi aziende.

Con il cloud, infatti, l’intera produzione è messa online, dalla raccolta all’export: tutte le operazioni vengono gestite da remoto, tagliando i costi ma non solo.  Gestire una buna parte di operazioni in maniera virtuale, infatti, permette anche un notevole risparmio in termini di inquinamento: un modo per semplificare i processi di business grazie alle tecnologie digitali, migliorando la vita delle persone e tutelando le risorse naturali.

Cosa vuol dire produzione sostenibile

Nel caso specifico lo strumento del cloud non sarà solo un mezzo per tagliare costi e sprechi: sarà soprattutto un “ponte” grazie al quale i piccoli produttori di cacao potranno avere consulenze aggiornate sulle buone pratiche di coltivazione e tutela del territorio, aiutandoli a gestire meglio le proprie imprese.

Ma la sostenibilità non si limita all’aspetto ambientale: vuol dire anche rispetto dei lavoratori. Per questo i principi imprescindibili per la produzione di cacao Barry Callebaut sono un reddito equo garantito a tutti i lavoratori della filiera, l’inserimento di pratiche standard per il lavoro responsabile, la consapevolezza delle risorse del proprio territorio e la capacità di provvedere ai bisogni di base della famiglia, compresa l’istruzione. Infine, il cloud servirà anche a tracciare l’intera produzione e ad avere così una sorta di “certificazione on line”, consultabile da tutti in qualsiasi momento. 

 

a cura di Francesca Fiore

Versi di vini. Camillo Sbarbaro

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Il nostro consueto viaggio nelle liriche a tema enologico oggi incontraCamillo Sbarbaro. Scrittore del gruppo riunito intorno alla rivista La Voce, visse defilato rispetto gli ambienti letterari dell'epoca. La sua fu una poesia dai toni crepuscolari e lievi. 

La sua non fu una vita mondana, legata ai salotti e all'intellighentia culturale italiana. Visse infatti da impiegato e la sua attività artistica fu legata a quella della generazione di poeti legati alla rivista culturale La Voce. Le poetica di Camillo Sbarbaro (1888 – 1967) fu crepuscolare, legata ai paesaggi della sua terra, raccontata con lievi pennellate, misurata, suggestiva. Pubblicò la raccolta Resine e , soprattutto, Pianissimo che è la sua più valida opera lirica, di altissimo rilievo come i frammenti di Trucioli. Da Pianissimo, del 1914, riportiamo questa lirica.

VI

Piccolo quando un canto d’ubriachi

giungevami all’orecchio nella notte

d’impeto su dai libri mi levavo.

Come tratto da me, la chiusa stanza

all’aria della notte spalancavo

e mi sporgevo fuor della finestra

a bere il canto come un vino forte.

Con che occhi voltandomi guardavo

la camera e la casa

dove già tutti i lumi erano spenti!

Più d’una volta sulla fredda ardesia

al vento che passava nei capelli

alla pioggia che mi sferzava il viso

versai lacrime insensate.

Adesso quell’inganno anche è caduto.

Ora so come arida è la bocca

che canta spalancata verso il cielo.

Pur se ancora mi desta nella notte

quel canto d’ubriachi per la via

ad ascoltar mi levo con mozzato

in gola il fiato

e corro ancora a mettere la faccia

nel vento che i capelli mi scompigli.

Rinnovare vorrei l’amara ebrezza

e quel sottile brivido pel corpo;

il ben perduto cui non credo più

piangere come allora…

Ma non m’escono

che stente stolte lacrime oramai.

 

a cura di Giuseppe Brandone

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Galleria Campari on tour. A Londra lo Spiritello e altre opere che hanno fatto la storia del celebre brand italiano

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Saranno esposte fino alla fine del 2016 al Barbican di Londra le grafiche e i manifesti più noti che Campari ha commissionato a celebri artisti e designer in oltre 150 di storia. Per gli ospiti anche cocktail speciali e un menu made in Italy. 

Campari. Il drink che ama l’arte

Solo lo scorso maggio la Galleria Campari si è aggiudicata una menzione speciale da parte della giuria del Premio Gavi – La Buona Italia per il miglior progetto dedicato al settore agroalimentare italiano in relazione alle arti e alla cultura, vincendo la seconda edizione dell’iniziativa nella categoria Musei d’Impresa. D’altronde, quella della Campari è una storia fatta di intuizioni e campagne pubblicitarie brillanti, e più in generale di una strategia comunicativa che è riuscita a vestire il prodotto di arte e design, associandolo alla cultura e alla creatività italiane. Vocazione concretizzata nel 2010 con l’inaugurazione della galleria museo di Sesto San Giovanni (dove il gruppo è nato nel 1904 e oggi sede dell’headquarter progettato da Mario Botta), che celebrava i 150 di storia dell’azienda offrendo ai visitatori uno spazio interattivo e multimediale dedicato proprio al legame inscindibile tra il marchio Campari e il mondo del design.

La Galleria Campari. Da Milano a Londra

Non a caso l’Archivio della casa vanta oltre tremila opere su carta, dalle affiche della Belle Epoque alle grafiche pubblicitarie che hanno condizionato l’immaginario di un secolo, rinnovandosi costantemente dagli anni Trenta agli anni Settanta con la collaborazione di grandi artisti, da Fortunato Depero a Guido Crepax, a Ugo Nespolo. Ma il museo custodisce anche caroselli e spot di noti registi e oggetti di design a firma Matteo Thun, Markus Benesch e tanti altri. Ecco perché tra maxischermi, proiettori e tavoli interattivi una visita alla Galleria Campari è diventata esperienza degna di nota per chi si trovi a passare dalle parti dell’hinterland milanese. E non solo, dal momento che proprio quest’estate la Galleria ha deciso di intraprendere la sua prima trasferta all’estero, inaugurando un tour che fino al 31 dicembre  la vedrà ospite a Londra, presso l’Osteria at the Barbican Centre. Così, mentre i milanesi salutano il ritorno dell’Angiolin presso il Camparino in Galleria (Vittorio Emanuele)  - il puttino nudo in marmo che cavalca un delfino fu realizzato nella seconda metà dell’Ottocento e finì per decorare l’ingresso dello storico Caffè Campari, all’angolo tra piazza Duomo e la Galleria; poi trasferito a Sesto e ora, per tutto il mese di agosto di nuovo al suo posto – Londra si appresta a celebrare la storia di uno dei più celebri brand del bere all’italiana.

L’esposizione al Barbican Centre. Tra signature cocktail e cene gourmet

Nella capitale inglese, dallo scorso 3 agosto, sono arrivati i documenti e le grafiche più significative per raccontare il fascino che il marchio riveste da oltre 150 anni, raccolti nell’esposizione a cura di Marina Mojana, direttore artistico della Galleria. Tra i lavori anche il celebre Spiritello avvolto nella buccia d’arancia di Leonetto Cappiello, datato 1921. In occasione della mostra il bar dell’Osteria servirà Negroni e uno Spiritello cocktail ispirato dall’opera. Mentre in tavola gli ospiti potranno scegliere il menu degustazione ideato da Anthony Demetre che omaggia l’Italia e l’abbinamento a tutto pasto con il Campari.

In attesa che la Galleria di Sesto San Giovanni accenda nuovamente i riflettori su di sé, con la presentazione del nuovo progetto espositivo che vedrà la luce a settembre. Per continuare il suo viaggio nello stile e nel design.

 

Galleria Campari on tour | Londra | Osteria, Barbican Centre, Silk street | fino al 31 dicembre 2016

 

a cura di Livia Montagnoli

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