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Stragusto a Trapani. Il Festival del cibo da strada del Mediterraneo, dal lampredotto alle panelle

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Da Firenze è arrivato Luca Cai, dall'Umbria le porchette di Porchettiamo. Ma c'è spazio anche per i sapori del Friuli e le specialità del bacino del Mediterraneo, dalla Tunisia alla Spagna. Il vero protagonista, però, è lo street food siciliano, realizzato sotto gli occhi del pubblico sotto i portici di Piazza Mercato. 

Cibo in piazza. Con vista sul mare

L'appuntamento con Stragusto, a Trapani, non è uno dei soliti da rubricare distrattamente tra i festival gastronomici che a vario titolo si susseguono durante l'estate italiana. La manifestazione dedicata allo street food va in scena ormai da otto edizioni, ben prima che esplodesse la moda del cibo di strada che impazza in tutta la Penisola. E d'altronde in Sicilia di tradizioni gastronomiche popolari e mercati accattivanti ne hanno da vendere. Stragusto però, per il secondo anno consecutivo in piazza Mercato del Pesce – sotto i portici con vista sul mare recentemente restaurati – si propone di rappresentare diverse culture gastronomiche, come Festival del cibo da strada del Mediterraneo, tra laboratori e degustazioni ideati per offrire al pubblico un ideale giro del mondo tra specialità locali, italiane e del bacino mediterraneo.

Lampredotto, arancine e falafel. Tutto il buono del Mediterraneo

Ci si incontra in piazza, ogni sera dalle 18.30 fino alla mezzanotte, per assaggiare il lampredotto di Luca Cai, arrivato direttamente da Firenze, o le tipiche polpette di carne friulane, frutto di una tradizione di confine che sposa i sapori balcanici, grazie alla presenza del Mercato del cibo e del gusto di Monfalcone. Ma non mancano la porchetta e il panino con l'orecchia di maiale (insaporito con senape, miele e spezie) che a Trapani sono presenti grazie al gemellaggio con il festival umbro delle porchette d'Italia, Porchettiamo. E poi i colori di casa, le melanzane fritte alla palermitana e il pane ca meusa, le panelle e il polpo bollito, arancine e sfincioni, la frittura di pesce e la pizza rianata, tipica del trapanese. Dall'estero il leit motiv è quello speziato delle specialità tunisine – tra panini fricassè e sfoglie di pasta brik ripiene di carne e verdure – e del kebab della Palestina, tra le patrie dei falafel, serviti caldi e appena fritti. Dalla Spagna, invece, arrivano gazpacho tortilla e natillas, piccoli e golosi budini alla panna. Ma ai dolci penseranno anche le signore di Calatafimi e in più si potranno assaggiare il torrone delle Madonie, preparato al momento e la granita artigianale della Nivarata. Allo street food d'autore, declinazione moderna del fenomeno cibo di strada, ci penserà lo chef Marcello Valentino.

Laboratori del gusto e prezzi popolari

Mentre i laboratori aperti al pubblico si muoveranno sul filo della tradizione locale, con corsi di cucina per imparare a preparare il cuscusu, (quello originale!) o le busiate, la pasta attorcigliata servita con pesto di pomodoro e mandorle sulle tavole casalinghe trapanesi. A Trapani la festa è già cominciata, e si protrarrà fino al 31 luglio. I prezzi sono quelli popolari che ci si aspetta da un festival: tutte le pietanze, cucinate dal vivo durante le serata trapanesi, costano un massimo di 6 euro (e per molte non spenderete più di 1 euro!). L'idea, insomma, è quella di ricreare l'atmosfera di una tradizionale mercato di piazza, proprio dove un tempo si svolgeva ogni giorno la vendita del pesce. E l'occasione potrebbe essere quella giusta per scoprire la città di Trapani, tra chiese barocche e palazzi nobiliari, in un soleggiato fine settimana di fine luglio.

 

Stragusto | Trapani | Piazza del mercato del pesce | dal 27 al 31 luglio, dalle 18.30 alle 24 | www.stragusto.it


Manitoba a Londra. Lionello Cera e Roberta Pezzella per la tigelleria con cucina made in Italy

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Aprirà tra qualche settimana in New Oxford Street il bistrot bar e tigelleria dei fratelli Buono, che vanta la consulenza di Lionello Cera e Roberta Pezzella. Tigelle protagoniste, con farciture tradizionali e creative, e un menu che vuole conquistare tutti, con prezzi accessibili e proposte made in Italy. 

Manitoba, le origini

La storia di Manitoba comincia due anni fa, quando i fratelli Nicola e Michele Buono, appassionati di cucina in trasferta londinese decidono di scommettere sulla tradizione italiana e si mettono in testa di aprire un locale nella capitale inglese. Seguono mesi di ricerca del posto giusto, mentre insieme all'agenzia di consulenza Sagitter One si studia il concept migliore, la formula che senza tradire le origini tricolori della proprietà sia in grado di strizzare l'occhio alle ultime tendenze inglesi. L'alleato in più, come ha rivelato solo qualche giorno fa l'anticipazione del sito Reporter Gourmet, è Lionello Cera, acclamato chef di Campagna Lupia, laguna veneta, dove dirige la cucina dell'Antica Osteria Cera, tra le più solide insegne di pesce della ristorazione italiana. Il caso vuole, infatti, che lo chef veneto, sempre piuttosto defilato rispetto ai riflettori per cui tanti altri colleghi si accapigliano, sia amico di vecchia data della famiglia Buono. E quando si è trattato di definire il format, Nicola e Michele non hanno esitato un attimo a coinvolgerlo nell'impresa.

Tigelle e cucina italiana a Londra

Il progetto, peraltro, è di quelli che incuriosiscono parecchio, “tigella, kitchen & bar” come recita il pay off, bistrot dall'anima multifunzionale, aperto da colazione a cena, che si avvarrà di un'altra collaborazione importante come quella di Roberta Pezzella, anche lei volto noto della scena gastronomica italiana e apprezzata panificatrice con tante esperienze alle spalle. Il suo sodalizio con lo chef, per dir la verità, ha già avuto modo di consolidarsi negli ultimi mesi, durante il periodo di ricerca che ha portato alla definizione di impasti, lievitazioni (da lievito madre), tipologie di prodotto che avranno il compito di conquistare i clienti di Manitoba, come si chiama lo spazio che inaugurerà il prossimo 16 agosto in New Oxford Street. “Abbiamo cercato a lungo il locale giusto” ci spiega Stefano Potorti, responsabile dell'agenzia di consulenza che ha seguito il progetto sin dall'inizio “poi ci siamo trovati di fronte all'occasione giusta. Lo spazio è molto luminoso, con soffitti altissimi da cui abbiamo ricavato un mezzanino, e affaccia su strada con vetrine ampie, che invogliano ad entrare”.

Qualità a prezzi accessibili

Il pubblico che Manitoba conta di intercettare, del resto, è eterogeneo e diversificato, dagli impiegati in pausa pranzo ai turisti diretti al British Museum, alle famiglie in cerca di una cucina rilassata per cena. Con l'obiettivo di essere accessibili a tutti, anche nella politica dei prezzi. Dello spazio si è occupato Michele, di professione architetto, sviluppando un design di stampo newyorkese che lascia respiro agli elementi focali del locale, come il cooking theatre dove si realizzeranno le tigelle a vista o il bancone per il servizio take away, con la mostra degli sfizi disponibili per l'asporto. Chi vorrà rilassarsi in sala, invece, può contare su 65 coperti più qualche posto al bancone. Il menu parla 100% italiano, a cominciare dai prodotti in arrivo dalla Penisola o reperiti presso fornitori locali che distribuiscono ingredienti made in Italy a Londra.

E la carta è frutto di una consulenza ragionata di Lionello Cera, con il contributo fondamentale di Roberta Pezzella, che ha messo a punto gli impasti per tigelle, pane, lievitati per la colazione (come la veneziana alla crema) e pizza. La staff, invece, è stato reperito sul luogo, in gran parte tra i professionisti italiani residenti a Londra: con loro i “maestri” hanno effettuato una settimana di training, in attesa di tornare per avviare il locale quando sarà il momento.

Il menu. Tigella con hamburger e pasta fresca

Cosa si mangerà? Quello che Stefano Potorti definisce “un mix&match” è evidentemente un menu che vuole conquistare una platea non per forza gourmet, desiderosa di riscoprire sapori genuini con la garanzia di nomi di peso. Quindi tigella in tre versioni – con farciture classiche, di pesce o con hamburger, per rivisitare in chiave insolita un grande classico del fast food inglese – pizza, pasta fresca (dai tagliolini ai formati ripieni, come i tortellini), un paio di main course (uno di carne, l'altro di pesce). E poi frittura di pesce e insalate. Molte le pietanze disponibili per il take away. I prezzi varieranno dalle 6 alle 12 sterline per le tigelle, la sera si potrà cenare con una spesa media di 30 sterline (e salire secondo le esigenze).

Mentre la carta dei vini annovera circa 25 referenze tutte italiane per tutte le tasche, dalle 18 sterline della bottiglia più easy alle etichette più blasonate a 90-95 sterline. Da bere anche birre artigianali italiane e qualche proposta alla spina. Insomma, un progetto ben definito, che ancor prima di aprire già guarda al futuro: “Stiamo ragionando in grande, i finanziatori ci sono e vogliamo esportare l'idea all'estero. Penso agli Stati Uniti, alla Russia, al Medio Oriente”. Prima però Manitoba aprirà un altro paio di sedi in città. E l'Italia, perché no? “Non escludiamo nulla, ma da un punto di vista imprenditoriale la burocrazia di casa nostra rende difficile la scalabilità che abbiamo in mente”. Sarà proprio il caso di fare un giro a Londra.

 

Manitoba | Londra | New Oxford Street, 82 | dal 16 agosto  

 

a cura di Livia Montagnoli

Educazione alimentare, gusto e svezzamento. Dal settimo al dodicesimo mese di vita con la ricetta di Marco Martini

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Nella prima puntata abbiamo parlato dello svezzamento, o più correttamente di alimentazione complementare, in generale. Ora cerchiamo di capire se la carne sia o meno fondamentale (anche alla luce dei frequenti casi di cronaca riguardanti diete infantili squilibrate) durante questa fase di crescita assai delicata.

Parliamo ancora di divezzamento e lo continuiamo a fare con il professore Gian Vincenzo Zuccotti, Direttore del Dipartimento Pediatria dell'Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi e Professore Ordinario di Pediatria Generale e Specialistica dell’Università degli Studi di Milano. Dopo la prima puntata oggi abbiamo voluto approfondire il ruolo della carne durante questo periodo fondamentale per il neonato. Non manca però la ricetta di Marco Martini, creata in onore della piccola Vittoria, di 7 mesi.

La carne è fondamentale nel divezzamento?

La carne, grazie alle sue proprietà nutritive è uno dei primi alimenti che viene introdotto nella dieta complementare del bambino. In quanto ricca di proteine ad alto valore biologico, di vitamine e minerali. Le principali vitamine sono quelle del gruppo B, in particolare la vitamina B12 che è fondamentale per un adeguato sviluppo psicomotorio. Tra i minerali, la carne è ricca di ferro e zinco, entrambi importanti per lo sviluppo cognitivo, e non solo, del bambino.

Come procedere con un divezzamento vegetariano?

Il divezzamento vegetariano, se ben pianificato, può essere adeguato dal punto di vista nutrizionale. Esistono alcuni nutrienti critici, come per esempio la vitamina B12 che è presente in forma biologicamente attiva unicamente negli alimenti di origine animale. Pertanto è raccomandata una supplementazione di questa vitamina in corso di dieta vegetariana e vegana in qualsiasi stadio del ciclo vitale. Per quanto riguarda ferro e zinco, i vegetariani e i vegani riescono a raggiungere apporti alimentari adeguati purché seguano una dieta ben programmata con alimenti vegetali naturalmente ricchi di questi minerali oppure alimenti fortificati. Esistono numerose alternative alla carne di origine vegetale valide dal punto di vista nutrizionale. Per esempio i legumi: essi sono alimenti ricchi di proteine ad elevato valore biologico e sono ricchi in ferro e zinco. Durante un divezzamento vegetariano sarà possibile aggiungere alla prima pappa la crema di legumi (per esempio lenticchie rosse decorticate o cannellini). È tuttavia consigliato il consumo integrato di cereali e legumi in modo da compensare gli amminoacidi carenti in ciascuno dei due alimenti e assicurare così l’assunzione di un assetto di amminoacidi completo. Oltre ai legumi, un’altra valida alternativa vegetale alla carne è rappresentata dalla soia e dai suoi derivati, come per esempio il tofu, che può essere aggiunto alla prima pappa.

Come procedere con un divezzamento vegano?

La dieta vegana o “vegetariana completa” prevede l’esclusione di tutti gli alimenti di origine animale, quindi oltre a carne e pesce anche il latte vaccino e i derivati. È possibile che un divezzamento vegano possa essere adeguato dal punto di vista nutrizionale purché sia ben pianificato e purché vengano rispettate le medesime raccomandazioni menzionate per il divezzamento vegetariano. È fondamentale la supplementazione con vitamina B12, l’assunzione di alimenti naturalmente ricchi o supplementati con ferro, zinco, calcio e vitamina D. Ed è consigliato il consumo integrato di cereali e legumi per avere un apporto di amminoacidi completo.

La ricetta di Marco Martini

Lo chef del The Corner di Roma, neopapà, è alle prese con il secondo semestre di vita di sua figlia. Quali sono le scelte in fatto di alimentazione? “La mia compagna Paola ed io cerchiamo di indirizzare la piccola Vittoria verso un'alimentazione sana, senza però porre troppi limiti. Mi spiego, così come abbiamo deciso di non battezzarla, sarà lei a decidere cosa mangerà nel corso della sua vita. Non vogliamo imporre alcun regime alimentare, men che meno quello vegetariano o vegano”. Riguardo al consumo di carne, ci sono tante decisioni da prendere, prima tra tutte quale carne scegliere. “È innegabile la nostra fortuna: il nonno, mio padre Giuseppe, alleva polli, conigli, agnelli, piccioni e anatre. E noi prepariamo gli omogeneizzati con i suoi prodotti. È quel che si dice materia prima a Km 0, anzi Km 12 dato che la campagna si trova a dodici chilometri da casa nostra”.

Omogeneizzato di pollo e verdure

180/200 ml di brodo vegetale

20/30 g di pollo

Verdure di stagione (zucchina)

1 cucchiaino di Parmigiano Reggiano

3 o 4 cucchiai di semolino

1 cucchiaino di olio extra vergine di oliva

Disossare il pollo, privarlo del grasso e tagliarlo a cubetti piccoli. A parte preparare un brodo vegetale, dove verrà cotto il pollo, e bollire le verdure di stagione. Mettere nell'omogenizzatore il pollo cotto e aggiungere le verdure frullate con un po' di olio extra vergine di oliva, Parmigiano Reggiano e semolino. La pappa è pronta.

The Corner | Roma | viale Aventino, 121 | tel. 06 45597350 | www.thecornerrome.com

a cura di Annalisa Zordan

 

Educazione alimentare, gusto e svezzamento

I primi mesi di vita con la ricetta di Entiana Osmenzeza

 

Presente e futuro del gelato italiano: grandi maestri, allievi di talento

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Da scarsissimo-scadente a eccellente: riguardo al gelato c'è un po' di tutto in giro. Ma noi, ovviamente, vogliamo concentrarci sulla parte più alta della scala di qualità. E sui grandi nomi di oggi e di domani

Il gelato: una passione di ritorno

Nel mondo del gelato essere giovani non è necessariamente una questione anagrafica: perché è uno di quei settori in cui c'è una grande passione di ritorno. Qualcosa di affine alla decrescita felice, quella per cui si cambia lavoro, vita, talvolta città. Avvicinandosi a un tipo di professione in cui si trova più slancio e verità. Per questo non è raro trovare dei “giovani” gelatieri di 40 anni e oltre: ex avvocati, ex impiegati, ex consulenti non necessariamente falliti. Sarà perché il gelato incarna qualcosa di lieve, piacevole, gentile, un cibo per grandi e bambini capace di strappare un sorriso. Ma anche in grado di suscitare grandi passioni, alimentare ricerche approfondite sulle tecniche, sulle ricette, sulle materie prime, sui macchinari. E convincere a fare il grande salto, anche perché una gelateria non richiede spese enormi per aprire i battenti, né grandi spazi rispetto ad altre attività.

 

I costi

Almeno così all'apparenza: perché, dice Simone Bonini, di Carapina (Firenze e Roma) “se è vero, come ti dicono, che con 30mila euro puoi tirar su le serrande, è altrettanto vero che sono cifre che si impennano facilmente”. Sono soprattutto le strutture e i macchinari necessari a fare lievitare i costi: una gelateria di alto livello impegna fino a 8 volte tanto, “mantecatori, abbattitori, frigoriferi, e molto altro: noi abbiamo una linea di cucina e diversi dipendenti per far sì che il locale marci per tutto il giorno come si deve”. Insomma da 30 a 250mila il passo è breve, ma tutto dipende dalle scelte che si fanno. Sarà forse per questo, e perché rappresenta un modello imprenditoriale snello e dinamico, che è l'approdo di tanti che decidono di cambiare vita. Poi c'è la passione, sia chiaro, quella che ti fa affrontare sveglie all'alba e viaggi alla ricerca del prodotto migliore, che fa passare giornate intere a fare confronti e studi e prove a non finire, a sperimentare fino ad arrivare al risultato desiderato. È di questo genere di artigiani che vogliamo parlare e di una new wave di professionisti che ci sono stati suggeriti dai grandi nomi della gelateria nostrana.

I veterani, quelli che, in anni di onorata professione, hanno contribuito ad alzare la qualità media che in alcune città raggiunge livelli ragguardevoli, formando nuovi artigiani, ponendosi come modelli, maestri, riferimenti. In barba a leggi ancora nebulose che non riescono a definire un canone che sancisca la qualità. E infatti a definire un disciplinare ci stanno pensando alcuni artigiani sotto l'egida di Slow Food: Alberto Marchetti, dell'omonima gelateria torinese (con filiazioni anche lontano dalla Mole), Andrea Soban della provincia di Alessandria, Paolo Brunelli nelle Marche, tra gli artefici della Compagnia dei Gelatieri che vuole regolamentare il gelato di qualità. Ma prima di questo ci sono gli incontri con i colleghi, la capacità e la voglia di incontrarsi per vedere, oggi, i grandi nomi di domani.

Ai più affermati abbiamo chiesto di suggerirci chi seguire con attenzione. Non è una cosa semplice, ce lo hanno confermato Simone Bonini e Claudio Torcé (Roma) che pure, negli anni passati, ha formato i maggiori gelatieri capitolini “ma ormai sono rientrato in laboratorio, e da lì non esco quasi mai”. Con un po' di fatica siamo riusciti a guadagnare qualche nome, qualcuno è già emerso, qualcun altro si è appena affacciato in questo settore, altri ancora non avvieranno che il prossimo anno la loro attività. Vale la pena, però, di scoprire chi sono e iniziare a conoscerli.

 

Alberto Marchetti

È una relazione iniziata presto quella tra lui e il gelato, dice Alberto Marchetti. Una storia nata nella gelateria di famiglia dove, racconta, da bambino controllava la mantecatura e rubava cucchiaiate di gelato ancor prima che fosse pronto. E intanto imparava. Da allora non si è fermato e ha continuato a lavorare e sperimentare, nella sua Torino, non temendo neanche di tornare sui suoi passi su alcune scelte, quando è stato il caso. Appassionato di prodotti e produttori, dedica tempo e viaggi per trovare le materie prime giuste, quelle che cerca, assaggia, approfondisce. Al netto di marchi, ma fidandosi e affidandosi al suo gusto e al suo palato, e alla rete di artigiani che si sta creando nel tempo. È uno degli autori della Compagnia dei Gelatieri, che sta tentando di disciplinare il gelato di qualità. Ci segnala Francesco Di Nunno a Canosa di Puglia. Quarta generazione di gelatieri, per lui il gelato è un affare di famiglia. Ricorda infatti quando il nonno lo preparava come si faceva un tempo: con i pentoloni in cui cuoceva il latte e un fare molto casalingo che ora, ovviamente, non è più praticabile; ma quel ricordo è stato tanto forte da convincerlo, nel 2010, a lasciare la gelateria di famiglia per frequentare la Scuola Italiana di Gelateria presso l'Univesità dei Sapori di Perugia, e a fare altre esperienze fuori prima di tornare a Canosa e rilevare l'attività. Che si chiama Scoop Gelato e Caffè e ha inaugurato da meno di un mese, dopo il restyling firmato da Studio Tandem. Ma non è l'unico nome che Marchetti segnala: va da Simone De Feo della gelateria Capolinea, artigiano tutto sperimentazioni e naturalità di Reggio Emilia, a Mirko Tognetti della cremeria Opera di Lucca, altro riferimento per gli amanti del naturale, cremoso, gustoso; passando ancora da Marco Ottaviano de Il Gelato Gourmet di Firenze con il suo alfabeto di sapori (24 gusti al giorno) e di valori (dalla A di Aroma alla T di Tracciabilità); arrivando ad Antonio Luzi che con la moglie Paola ha creato la gelateria Makì a Fano, sempre ricchissima nell'offerta come nella qualità.

Andrea Soban

Ancora in Piemonte, Andrea Soban è uno dei nomi più noti della gelateria, attivo anche fuori dalla sua bottega piemontese. Soban ha sempre amato seguire la strada del prodotto e del produttore: sarà per questo che si è trovato spalla a spalla con Marchetti nel tracciare i contorni del gelato di qualità. L'interesse per il territorio, inteso come prodotto e come produttore, fa tutt'uno con quello per il gusto. A domanda, risponde sciorinando una serie di nomi e di indirizzi da tenere bene a mente. Come il giovane Gianluca Degani della gelateria Bloom di Modena: artigianale, creativo, rigoroso. O Simone De Feo di cui abbiamo già parlato. Rosario D'Angelo del Bar D'Angelo di Monforte in Sicilia, è l'ultimo erede, insieme alla sorella Annamaria, della dinastia che ha dato vita a uno dei bar e pasticcerie più note della zona, dal 1932 saldamente tra le insegne più amate e valide della Trinacria, oggi sempre più consacrati all'arte gelatiera. Mattia Cavallaro, con la sua famiglia, è invece l'artefice della Cremeria San Francesco di Bologna. Un punto di riferimento per la città che, in 10 anni, ha saputo portare avanti un lavoro costante sulla materia prima, sulla sua lavorazione (seguendo, il più possibile, tutto il ciclo produttivo), e sulla texture per mettere a segno una serie di gelati suadenti ed equilibrati, con intuizioni interessanti nelle ricette e negli abbinamenti. Ultimo nome che ci tiene a fare, Soban, è quello di Simona Carmagnola. Lei è la bravissima autrice dei gelati del nuovo indirizzo di Pavè, che oggi a Milano conta tre locali, di cui uno dedicato ai dolci sottozero. E sono proprio dessert rielaborati, dato che, insieme ai classici, si trovano gusti che sono un richiamo diretto alle proposte della pasticceria: la sbrisolona ma anche il pane burro e 160, in onore alla straordinaria confettura realizzata a partire dalla concentrazione di frutta. “Il suo nome non esce quasi mai” spiega Soban “perché gira più quello dei ragazzi di Pavè” ma vale la pena conoscerla.

 

Paolo Brunelli

51 anni, molti dei quali trascorsi tra cucine e laboratori, tra sacrifici enormi di cui non ha mai fatto mistero. Artigiano del dolce oltre che gelatiere (esiste anche una torta che porta il suo nome) Soban lo definisce “poeta visionario” per l'approccio e per le creazioni. Ma lui stesso dice “Non voglio pensare che un buon gelato sia quello tecnicamente perfetto” ma qualcosa che sia come un piatto da gourmet per materie prime e abbinamenti. Terzo artigiano coinvolto nel progetto Compagnia dei Gelatieri, ci parla della figlia d'arte Giovanna Musumeci di Randazzo, in Sicilia, che man mano sta conquistando sempre più visibilità e padronanza del mestiere nella gelateria di famiglia che porta il nome di Salvo Musumeci. Versatile, capace di grandi risultati sulla granita e il gelato, proposto con uno stile marcatamente siciliano ma rinnovato in equilibrio e cremosità. Un nome su cui scommettere, insomma, che rappresenta la nuova generazione di gelatieri, nel vero senso del termine. Le segnalazioni di Brunelli si concentrano verso il centro-sud. Passa per Roma, con Veruska Cardellicchio della gelateria DaRe di Roma, alle spalle più di 10 anni di lavoro nel sociale, oggi impegnata nell'accogliente locale tutto legno e pietra viva. A pochi chilometri c'è Luigi Tirabassi di Gelato e Cioccolato di Subiaco, che lavora la propria frutta o quella di coltivatori della zona. Ultimo riferimento è quello di Ida di Biagio e Davide Scantamburlo della gelateria e pasticceria Novecento, da un paio di anni trasferitisi a Pescara dalla costa molisana.

Otaleg

Marco Radicioni – Otaleg!

Marco Radicioni è il patron di Otaleg! di Roma, la gelateria-acquario, come la chiama lui, con in primo piano il laboratorio in cui sperimenta le sue ricette. Tutte realizzate con grandi materie prime che si possono ben vedere dalle pareti di vetro. A lui (approdato al mondo dei gelati da neanche 5 anni) abbiamo chiesto di indicarci qualche nuova leva “non necessariamente giovane di età” ci ha confermato. Segnala Marco Valentini di Lago Gelato a Trevignano, un passo da Roma. Ex steward dell'Alitalia, è un suo allievo che, però, ha maturato un pensiero diverso sul gelato: “ha scelto altri macchinari e poi usa le carapine”. Insomma, non replica un modello ma lo interpreta in modo personale. “Insieme abbiamo lavorato solo sulla parte teorica, mentre la pratica l'ha seguita da solo. Dunque non ha subìto condizionamenti”.

Sono tante le persone che, negli ultimi mesi, sono passate nella sua bottega di Roma per imparare, ma bisogna ancora attendere per poter provare i loro gelati, e anche andare oltre i confini nazionali, perché, dice Radicioni, “c'è voglia di imparare un'altra professione e andare via dall'Italia”. Qualcuno è approdato in Germania, per esempio Francesca Ricci e il suo compagno che stanno mettendo a punto un format gelato + pizza che ha chiamato in causa Radicioni per il primo e Gabriele Bonci per la seconda. “È un bel progetto, hanno una fattoria in cui producono ogni cosa: dal grano al latte e così via. Una sorta di ciclo chiuso in cui si fa autoproduzione”. Andiamo in Spagna e troviamo la stessa abbinata pizza + gelato: la prima è quella di Cristian Georgita, storico allievo e collaboratore di Gabriele Bonci (di nuovo lui) da circa un anno a Saragozza con 22.2, per il gelato, invece, bisognerà aspettare ancora un po', e se ne occuperà sua moglie Ana, che per diverso tempo è stata dietro al bancone e nel laboratorio di Otaleg! a imparare il mestiere. In ballo ancora altri progetti fuori confine, a opera di allievi di Radicioni: dal sud della Francia fino a Denver, con un progetto legato ad Alex Liberati e dell'executive chef Marta Biasotti del 4:20 e dello Smoke Ring di Roma. Poi c'è Mara Pollutri  “che ha un turbine interno e quando riesce a metterlo nel gelato, raggiunge dei risultati pazzeschi” dice Marco.

 


Raffaele Cuomo - Da Gabriele

Non si sposta spesso dalla sua gelateria Raffaele Cuomo, patron della gelateria Gabriele a Vico Equense, quella che, da sempre, è un punto di riferimento per quanti approdano nella penisola Sorrentina. Famoso per la delizia al limone come per la selezione di formaggi, per la brioche e gli altri prodotti che la bottega fondata dal padre Gabriele ha reso famosi, è uno di quegli artigiani poco avvezzi ai palcoscenici, e più a proprio agio nel laboratorio. “Non spostandomi molto non saprei chi indicare” dice. Ma, pensandoci bene, un nome ce lo fa: quello di Pina Molitierno di Vaniglia ice di a Caserta. “Perché è attenta nella lavorazione, che fa secondo tradizione”. L'uso di semilavorati ormai imperversa “mentre Pina fa un lavoro serio sulle materie prime, si mette nell'ottica di cercare il prodotto migliore e lavorarlo come si deve”. Per gli altri, aggiunge, non sa che dire perché non ha potuto verificare da vicino “sto sempre in bottega” aggiunge.

 

Alberto Marchetti | Torino | Corso Vittorio Emanuele II 24 bis | tel. 011.8390879 
Alberto Marchetti | Torino | via Po 35 bis 
Alberto Marchetti | Torino | Via Reggio, 4/q 
Alberto Marchetti | Alassio | via XX Settembre 48 
Alberto Marchetti | Milano | viale Montenero, 73 
www.albertomarchetti.it

Scoop Gelato e Caffè | Canosa di Puglia | piazza della Repubblicca, 20 | tel. 0883 824958 |

Cremeria Capolinea| Reggio Emilia | viale Ettore Simonazzi 14 | tel. 0522 452722 | http://www.cremeriacapolinea.com/

Cremeria Opera | Lucca | via Gaetano Luporini, 951 | tel. 0583 1809707 | http://www.cremeriaopera.it/

Il Gelato Gourmet | Firenze| via Matteo Palmieri 34/r | tel.  055 2341036  | http://www.marcoottaviano.it

Makì | Fano | Piazza degli Avveduti, 1 | tel. 0721 179 6064 | https://www.facebook.com/gelateriamaki

Gelateria Soban| Valenza (AL) | piazza Gramsci 23 |

Alessandria | via S, Lorenzo 99 | tel. 0131 445255 |

Alessandria | corso Borsalino 36 | tel. 334 3464246

http://www.gelateriasoban.com/

Gelateria Bloom| Modena |via Luigi Farini 23 | tel. 059 978 3631

Bar d’Angelo |Monforte San Giorgio (ME)| piazza IV Novembre | tel. 090 993 1015

Cremeria Santo Stefano | Bologna | via Santo Stefano 70/c

Pavé gelati & granite | Milano | Via Cesare Battisti 21 | tel. 02 94383619https://www.pavemilano.com/gelati-granite

 

Brunelli | Senigallia (AN) | via Giosuè Carducci, 7 | tel. 071 60422| http://www.paolobrunelli.me/

Brunelli | Agugliano (AN) | piazza Vittorio Emanuele II, 3 | tel. 071907190

Pasticceria Santo Musumeci | Randazzo (CT) | Piazza S. Maria 5, | tel. 095 921196 | http://www.santomusumeci.it/site/

Gelateria DaRe | Roma | Via Bisagno, 19 | tel 06 6401 2423 | http://www.gelateriadare.com/

Gelato e Cioccolato | Subiaco (RM) | Via Cavour, 81/83 | tel. 0774 829111

Gelateria Novecento | Pescara | via Marco Polo 102 | tel. 392 312 1394

Otaleg | Roma | via dei Colli Portuensi, 594 | tel. 338 6515450 |http://www.otaleg.com

Lago Gelato | Trevignano Romano (RM) | via Piero Ginori Conti 2 | tel. 06 99982029 |  https://www.facebook.com/LagoGelato-242806815927450

 

La Gabriele | Vico Equense (NA) | corso Umberto I, 8 | tel. 081 8798744| http://www.gabrieleitalia.com/

Vanilla Ice | Caserta | via Caprio Maddaloni, 134 | tel. 391 736 0341 www.vanillaice.it

 

a cura di Antonella De Santis

 

Caffè + gelato: abbinata d'eccezione per Io bevo caffè di qualità 2016

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Torna la quinta edizione di “Io bevo caffè di qualità”, il festival che si propone di diffondere la cultura del migliore caffè artigianale. Ma quest’anno la vera novità è rappresentata da una gelateria d’eccellenza che cercherà di coniugare la qualità del caffè con quella del gelato. 

L’evento

Erano partiti da Milano, passati per Roma, avevano risalito la penisola fino a Trieste e poi giù nel tacco dello stivale, a Lecce. È ora la volta di Firenze di ospitare i 2 esperti di caffè Francesco Sanapo e Andrej Godina per Io bevo caffè di qualità: l’evento da loro ideato e ormai giunto alla quinta edizione. Una manifestazione dedicata a uno dei prodotti simbolo d’Italia e alla sua cultura, a quella del caffè artigianale, delle torrefazioni di ricerca, dei bar di livello e di tutti i professionisti del settore. L’appuntamento è fissato per venerdì 29 luglio 2016 da Piansa Coffee Corner, bar e punto vendita aperto dal torrefattore Alessandro Staderini questa primavera in via di Ripoli, a pochi mesi dall’inaugurazione di Caffetteria Piansa in via Gioberti. Attività centrale del festival è la degustazione guidata dai professionisti e volta a far conoscere le diverse declinazioni del caffè. Ma quest'anno c'è qualcosa di diverso.

I protagonisti

Il festival è ideatoin collaborazione con Umami Area, con il supporto diCaffè Piansa. Protagonisti dell’evento, Sanapo, torrefattore e barista di Ditta Artigianale e Ditta Artigianale Oltrarno Staderini di Piansa, Godina, esperto di caffè a 360 gradi, trainer Scae e presidente di Umami Area, e i ragazzi de La via del Gelato, gelateria di Pontassieve, piccolo comune in provincia di Firenze, che da tempo cerca di coniugare 2 dei prodotti più amati dagli italiani: caffè e gelato. La gelateria è in mano a Manuela Cerulli e Matteo Goretti, rispettivamente ex naturalista e odontoiatra. Ha aperto i battenti esattamente 2 anni fa questa piccola realtà di Pontassieve e, fin dall’inizio, i 2 ragazzi hanno avuto un occhio di riguardo per il caffè artigianale. Espresso, v60, chemex, aeropress: questi i metodi di estrazione presenti nel locale e utilizzati da Manuela per i vari gusti al caffè. “Per il nostro gelato utilizziamo il caffè di Piansa. In occasione dell’evento, abbiamo creato 3 gusti in collaborazione con esperti del settore: un caffè bianco, uno con granella di fave di cacao Domori, e uno con caffè freddo estratto in diverse macinature”. Per ora, non svela altro, ma i fortunati presenti all’evento potranno degustarlo in abbinamento a caffè specialty preparati dagli esperti.

Io bevo caffè di qualità | Firenze | 29 luglio 2016, ore: 15,00-22.00 | via di Ripoli, 207 | www.facebook.com/Io-bevo-caff%C3%A8-di-qualit%

a cura di Michela Becchi

 

Paolo racconta Massimo. I fratelli Bottura, i tortellini della mamma e i primi successi

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Per una volta la pagina è tutta dedicata a Paolo, il fratello maggiore del celebre chef modenese, che per la rubrica Fratelli d'Italia del Corriere della Sera racconta di un Massimo Bottura inedito, gourmet e un po' piantagrane da piccolo. E oggi acclamato artista in cucina.   

Massimo Bottura. Il mito di uno chef

Di lui, nelle ultime settimane, ne hanno parlato un po' tutti. Gli amici di tante avventure e la compagna di una vita Lara, il suo braccio destro Giuseppe Palmieri e i ragazzi della brigata che tiene alto il nome della Francescana nel mondo, anche (e soprattutto) ora che l'Osteria di via Stella civico 22, a Modena, ha raggiunto la vetta più alta nel panorama della ristorazione internazionale. E poi la sfoglina che “gli ha insegnato il mestiere”, Lidia Cristoni, e chi ha avuto modo di scoprire l'impegno profuso nell'ultimo di tanti progetti, il più ambizioso, la realizzazione di una rete di refettori solidali che proprio nei prossimi giorni raggiungerà un traguardo importante, con l'apertura a Rio de Janeiro. Chi manca all'appello? Forse proprio quella famiglia che Massimo Bottura evoca spesso quando si tratta di attingere alla memoria per trasmettere agli altri il piacere di un cibo che è ricordo della tavola di casa e delle più autentiche tradizioni emiliane.

E allora per la serie “fratelli di...” arriva in soccorso il Corriere della Sera, che da qualche tempo dedica una rubrica ai cosiddetti fratelli d'Italia, volti spesso sconosciuti al grande pubblico, chiamati a raccontare il proprio rapporto con il fratello “famoso”. E che lo chef modenese sia stato accolto nell'Olimpo delle celebrità in grado di scatenare la curiosità di una platea trasversale – ben oltre quel circolo di gourmet che ne segue le tracce da più di un decennio - è ormai evidenza conclamata. Con quanto di deleterio questo comporti, vedi storie da copertina poco più dignitose di un mero gossip da ombrellone, che nelle scorse settimane rimbalzavano da una testata all'altra, pur avendo poco a che fare con il mito che Massimo Bottura ha saputo costruirsi in cucina, un riconoscimento dopo l'altro.

Paolo racconta Massimo. Le donne di casa e i giochi in strada

Quindi torniamo al punto, e per dirla con le parole di Paolo Bottura – il fratello in questione, professione autoconcessionario – concentriamoci sul Massimo “cuoco”. L'intervista raccolta da Elvira Serra per il Corriere si muove tra aneddoti di piccole brighe d'infanzia tra fratelli (erano in cinque, Massimo il penultimo) e storie di famiglia, che non fanno che confermare l'immagine di un Bottura iniziato alla cucina proprio dalle donne di casa: “Più che chef era gourmet” rivela Paolo al Corriere “sempre pronto a rubare come un gatto la pasta o il ripieno dei tortellini mentre le donne di casa li preparavano”. Una scena che non sarà difficile immaginare per chi è abituato ai “sermoni” del nostro, spesso impegnato sul palco a raccontare questa sorta di rito iniziatico.

Una grande casa a Modena, una tavola sempre imbandita e condivisa tra più commensali - “mai meno di quindici o venti persone” - un fratello minore (Paolo è del 56', Massimo del '62) “un po' piantagrane”, le partite a calcio, guardie e ladri in strada e l'assalto al carretto del gelataio. Poi la fine dell'adolescenza, l'esuberanza di Massimo e una carriera universitaria mai ingranata a Legge.

Massimo Bottura oggi. Artista in cucina

È qui che il racconto di Paolo incrocia la storia che tutti conosciamo: “Sapevo di un elettrauto che voleva vendere la trattoria a Campazzo, in una settimana mio fratello rilevò la gestione”. E pure all'epoca del trasferimento in via Stella Paolo giocò la sua parte: a lui il merito di aver intercettato la possibilità di accaparrarsi il nuovo locale, per approdare finalmente in centro città. Quando gli si chiede cosa pensa oggi di suo fratello orgoglioso risponde che in cucina “è un vero artista”. Il piatto preferito? La zuppa inglese reinterpretata da Massimo. Ma arriva anche l'appunto sull'Omaggio a Monk, “il piatto che forse mi ha convinto meno”. E lui può ben dirlo, visto che due volte l'anno è in prima linea per assaggiare il nuovo menu.

Dove bere un buon caffè a Milano: 5 indirizzi in città e 1 in periferia

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Una città dinamica, a volte frenetica, che finalmente inizia a proporre un modo diverso di bere in caffè. Che talvolta richiede un po’ di calma. Di sicuro maggiore attenzione. Ecco quali sono i locali che stanno rivoluzionando il concetto di bar a Milano. 

Milano e il caffè: una tendenza che tarda ad affermarsi

È passata una settimana dalla presentazione della nostra guida Milano 2017 che con questa 27esima edizione raccoglie, come ogni anno, tutti gli indirizzi più golosi del capoluogo meneghino. Anche quest'anno la fotografia di una città costantemente al passo coi tempi in molti settori: abbigliamento, design, tendenze, e anche per la ristorazione: con un fiorire continuo di formule innovative, ristoranti di alta cucina, street food d'autore, tante gastronomie di qualità e proposte snelle, veloci, dagli hamburger agli aperitivi, senza dimenticare la cucina etnica. Fra i vari format, ce ne è solo uno che sembra essere rimasto un po' fermo. È quello dei bar di ricerca, le caffetterie d'avanguardia che, come vi abbiamo raccontato più volte, con fatica si stanno affermando anche in Italia. Più metodi di estrazione, caffè artigianali di qualità e baristi preparati: questa triade fondamentale per un bar di livello sta iniziando finalmente a diventare realtà concreta in diversi punti dello stivale, dalle zone balneari, che possono far affidamento sulla tanta clientela di passaggio, alla Città Eterna, che dopo anni di sta iniziando a rinnovare completamente il panorama dei bar di alto livello.

È ora la volta di Milano, o meglio, così dovrebbe essere. Le insegne, purtroppo, sono ancora poche, anche se valide. La comunicazione dei caffè specialty e del filtro sta iniziando a farsi largo fra i foodies del capoluogo lombardo, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Intanto, vi raccontiamo tutti i locali che ci stanno provando.

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Àmati

A cominciare da Àmati, bistrot non distante dalla stazione centrale che fonda la sua offerta sull’ormai sempre più consolidato binomio gusto e salute. Prodotti sempre freschi, realizzati nella cucina a vista, proposte “grab & go” (prendi e vai) sul modello delle caffetterie di stampo anglosassone, un’attenzione rigorosa alla stagionalità e alla qualità degli ingredienti. Con un’aggiunta unica: la collaborazione con un centro di ricerche di Roma, Vis Sanatrix Naturae, che si basa sulla bioterapia nutrizionale, ovvero una metodica terapeutica che utilizza gli alimenti come strumenti di cura e prevenzione. In un format studiato per essere replicato ed esportato all’estero, non poteva mancare il caffè filtro. A occuparsi del controllo qualità del caffè è il manager del locale, Andrea Boglioni: “Inizialmente ci affidavamo al caffè di Orang Utan Coffee Project, un’iniziativa che si impegna ad aiutare i coltivatori delle piantagioni a lavorare in totale rispetto per l’ambiente”. Dunque, “compravamo il crudo da Orang Utan e lo facevamo tostare a una micro roastery di Sinalunga, Lo Scuro. Ora, anche se abbiamo ampliato, comunque continuiamo a fare riferimento a questa torrefazione”. Al momento, da Àmati si trovano una miscela per l’espresso e 4 monorigini: Guatemala, Brasile, Indonesia (caffè Orang Utan) ed Etiopia. Per il brewing (estrazione per caffè filtro) si partirà ufficialmente a settembre, con v60, aeropress, french press e cold drip. Per quest’ultimo, il caffè estratto a freddo, Andrea e Flaminia Nocchi, ideatrice del progetto insieme al papà Marzio, stanno cercando un falegname che costruisca la macchina su misura per il bar: “Abbiamo già trovato una soffieria per la struttura, manca la parte in legno”. Ancora novità in programma per la materia prima, che arriverà direttamente dll’Inghilterra, tostata da Matteo Pavoni. “Attualmente stiamo aspettando dei campioni da Matteo, ma l’idea per il futuro è di comprare il verde e farlo tostare o da Lo Scuro o da Andrea Cremone di Genova”, ideatore insieme al fratello Matteo Caruso della linea HQ Specialty Coffee. Il passo successivo? “Tostarlo direttamente qui”.

 

Flaminia Nocchi, Amati

Comunicare il caffè

Ma come viene recepito il caffè filtro nel capoluogo meneghino? “C’è molto da lavorare. I consumatori italiani ancora non sono abituati a questo tipo di prodotto, che va comunicato e spiegato in maniera semplice, partendo dalle basi”. Ma lo spazio in cui si trova Àmati sembra pronto a una vera e propria rivoluzione: “La Galleria qui accanto al locale è momentaneamente chiusa, ma presto aprirà una steak house. Dall’altra parte invece ci sarà una palestra. Gli sportivi sono i clienti ideali per il nostro format, attento alla salute e la qualità degli ingredienti. In questo modo, attraverso il cibo, contiamo di promuovere anche il caffè di ricerca”.

Tanti progetti e un obiettivo chiaro, ma impegnativo, davanti a loro: i due ragazzi si preparano alla sfida del caffè a Milano con tante buone idee ed entusiasmo. Un’altra caratteristica originale che contraddistingue Àmati? Il cappuccino realizzato con latte di mandorla di produzione propria, “sicuramente più difficile da montare rispetto al latte vaccino, ma davvero gustoso e ricco di proteine. Ottenere una texture perfetta per il cappuccino non è semplice, ma sono persino realizzabili delle piccole decorazioni di latte art”.

Out of the Box

Spostandoci a Porta Venezia, in una traversa di Corso Buenos Aires, troviamo ancora del caffè filtro, figlio dell’influenza di Boglioni, ma questa volta in una gelateria. Non è un caso isolato in Italia, anzi, anche nella pasticceria/gelateria romana del quartiere di Garbatella, Nero Vaniglia, stanno provando da tempo a promuovere un altro modo di bere caffè con metodi di estrazione diversi. Ma questa di Out of the Box è una vera storia di buona imprenditoria e di marketing intelligente, di cui torneremo presto a raccontarvi. Tutto ha inizio a Bologna, con la Sorbetteria Castiglione e il mastro gelatiere Giacomo Schiavon. È lui a creare le ricette golose per Out of the Box, format nato per idea di Flavio Sears, esperto di marketing e comunicazione con esperienze significative in diverse multinazionali alle spalle. Laboratorio a vista, selezione curata delle materie prime e un design invidiabile: questi i punti di forza del locale; ma veniamo al caffè. “L’idea di introdurre caffè filtro è stata di Andrea ed è grazie a lui se oggi portiamo avanti questo progetto. Partiamo dal verde, che facciamo tostare a Lo Scuro, e che poi estraiamo in espresso o filtro, con v60, aeropress, syphon e cold drip”. Si tratta di due monorigine, presenti fin dall’apertura, a dicembre 2015, ma che saranno presto integrati con altre proposte. “Il filtro è una novità in Italia, va raccontata incuriosendo i clienti. Noi facciamo sempre provare il nostro caffè, ed è difficile che non piaccia”. Ma il team del bar/gelateria accetta volentieri la sfida: “L’obiettivo che ci siamo imposti al momento dell’apertura era proprio questo, “think out of the box”, pensare fuori dal comune, in grande e sviluppare progetti interessanti”.

 

Out of the box, caffè filtro

Caffè Pascucci

Siamo ancora al centro, in Corso Europa, zona San Babila. Aperto poco più di un anno fa, Pascucci è un'insegna presente in diverse città d’Italia, che propone il caffè dell’omonima torrefazione declinato in tutte le sue varianti. Il locale di Milano si sviluppa su due piani ed è in mano a Marco Bagiacchi, responsabile qualità del caffè. A formare inizialmente il team di Pascucci, Marco compreso, è stato il trainer Scae e attuale campione italiano di brewing Eddy Righi, che durante l’anno tiene costanti corsi di aggiornamento. Per l’espresso, qui si utilizza una miscela biologica o un 100% arabica che, “nel caso di piccoli lotti tostiamo noi stessi in una macchina all’interno del locale”, spiega Marco.E poi monorigini specialty per tutti gli altri metodi, che comprendono syphon, v60, chemex, aeropress e cold brew. “Gradualmente, anche i caffè specialty si stanno ritagliando la loro fetta di clientela. A volte riusciamo a venderne fino a 10 al giorno, un ottimo risultato per il pubblico italiano”. In programma per il futuro, tanti eventi e serate a tema, workshop pomeridiani e degustazioni per valorizzare sempre più il caffè di ricerca. Finora, il bar ha ospitato un’unica manifestazione, ma molto rilevante, il campionato italiano di aeropress.

 

Caffè Pascucci

Taglio

Appena più distante dal centro, in zona Navigli, si trova l’insegna che, per prima, ha portato il caffè filtro a Milano. È infatti il 2013 quando Taglio – negozio, caffetteria, bistrot, cocktail bar – apre i battenti. Un locale polifunzionale, a tutto pasto, che risponde alle diverse esigenze della clientela meneghina, dalle colazioni, alla spesa, a una piccola carta per il pranzo e per la cena. In una formula così completa e moderna, trova spazio anche il caffè di ricerca, disponibile in tutte le sue varianti. La miscela è realizzata da Cristian Grimaldi, responsabile di tutto il reparto caffetteria, nella piccola tostatrice all’interno del locale. Per i monorigini, il team di Taglio si affida invece alla torefazzione greca Taf Roastery. Chemex, aeropress, v60, syphon e l’immancabile espresso: sono queste le tipologie di estrazione offerte dal locale. A formare il personale, inizialmente è stato Matteo Pavoni, in seguito Cristian, “entrato a far parte della squadra in occasione dell’apertura del nostro corner del caffè all’interno del Mercato Metropolitano”, spiega Fabrizio Fivori, uno dei responsabili del banco.

 

Taglio

Moleskine Café

Un’insegna nata appena una settimana fa nel quartiere di Brera, che si propone di coniugare l’antica atmosfera romantica dei caffè letterari a quella contemporanea dei bar specialty. Dopo l’apertura all’interno dell’aeroporto di Ginevra, Moleskine punta ora sul capoluogo meneghino con “un’alternativa agli Sturbacks” tutta made in Italy. A curare la parte del caffè è Sevengrams, azienda appartenente alle sorelle MaryAngelitaAnna e Daniela Mauro, da tempo impegnata nella comunicazione dei caffè specialty e nella formazione di baristi professionisti. “Il cliente può scegliere fra espresso o filtro del giorno, selezionato e studiato accuratamente da Sevengrams per far conoscere al consumatore tutte le sfumature del caffè”. Il personale è stato formato dalle sorelle Mauro e dalla pluricampionessa italiana di Latte Art, trainer Scae Chiara Bergonzi.

 

Moleskine Café

E per comprare...

Purtroppo le torrefazioni di qualità in città tardano ancora ad arrivare, e l’unico caffè specialty disponibile per l’acquisto, al momento, è quello di Pascucci. Ma appena fuori città, nel comune di Seveso, c’è la torrefazione/caffetteria Griso, associata a Scae, a fornire materia prima di ottimo livello. Espresso, v60, aeropress e cold brew sono i sistemi di estrazione presenti all’interno del locale, che vanta anche un’ampia selezione di tè e infusi. I padroni di casa sono Antonio Biscotti, mastro torrefattore, e Claudia Balzan, e selezionano personalmente i chicchi crudi migliori. All’interno del locale, si organizzano inoltre degustazioni professionali con metodo cupping, per allenare il palato e scoprire nuovi aromi e profumi a seconda dell’estrazione e del grado di tostatura.

 

Griso

GLI INDIRIZZI

Àmati | Milano | via Alfredo Cappellini, 21 | tel. 02 66712030 | www.amatinutrition.com

Caffè Pascucci | Milano | Corso Europa, 22 | tel. 02 36596516 | www.facebook.com/pascuccimilano  

Griso | Seveso (MI) | via N. Tommaseo, 13 | tel. 03 62523807 | www.facebook.com/torrefazione.griso

Moleskine Café | Milano | Corso Garibaldi, 45 | tel. 02 72000608|www.facebook.com/Moleskine-Caf%C3%A9-Milan-Corso-Garibaldi

Out of the Box | Milano | via Malpighi, 7 | tel. 02 36637300 | www.facebook.com/OutOfTheBox.MI

Taglio | Milano | via Vigevano, 10 | tel. 02 36534294 | www.taglio.me/

a cura di Michela Becchi

 

Mangiare in collina. 16 Indirizzi per l'estate 2016

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Un po' di fresco e una vista da perdere il fiato, cosa c'è di meglio per una torrida serata estiva? Basta spostarsi e salire un po', verso la collina. Se volete salire di qualche centinaio di metri alla ricerca di un quiete, refrigerio e di una tavola che valga davvero la pena, segnatevi questi indirizzi.

Per molti l'equazione estate uguale mare non è così rigorosa: ci sono anche le colline intorno alle nostre città che, a distanza di pochi chilometri, assicurano quiete, refrigerio e una vista straordinaria. Insieme, ovviamente, a una cucina da non perdere.

 

La Rei del Boscareto Resort– colline dove passeggiare: Langa

Un contesto indimenticabile che assicura un soggiorno incantevole nel cuore delle Langhe, su una collina in cui è possibile ammirare un panorama incantevole sui vigneti della zona. Ospitalità, Spa, grande design per un'ospitalità esclusiva che punta anche sulla cucina, soprattutto quella de La Rei e di Pasquale Laera. L'ex allievo di Antonino Cannavaacciuolo originario di Putignano, ma ormai perfettamente a proprio agio nelle Langhe, dove continua a mettere a punto una proposta su misura per la zona, tra Mediterraneo e Piemonte, elabrazioni classiche e moderata creatività. Tra i piatti batsuà e bagnetto verde di foglie di sedano, il plìn ai tre arrosti o i tajarin di fave bianche, cardamomo e ricci di mare.

Rei del Boscareto Resort | Serralunga d'Alba (CN) | via Roddino, 21 | tel. 013 613042 | www.ilboscaretoresort.it

 

Aqua Crua – colline dove passeggiare: Monti Berici

Dopo importanti esperienze internazionali e dieci anni con Massimiliano Alajmo, Giuliano Baldessari è in pista con un locale tutto suo. Pulizia delle forme, ricerca del particolare, cucina a vista, meravigliosa cantina e grande architettura creano un ambiente moderno con il calore dell'antico, dove nulla, nel ristorate come nelle stanze annesse, è lasciato al caso. Stesso discorso per la cucina. Equilibrio nei piatti, ingredienti selezionati, una mano felice e una tecnica impeccabiledefiniscono una personalità sempre più sicura e originale che va migliorando di anno in anno, anche nella concezione dei piatti: moderni, ma con una radice antica che gioca con note amare e spinte più ruvide. Con il nuovo menu Iniziazione, Baldessari  vuole essere ancora più libero di giocare con toni meno immediati, contrasti e sapori che tengono l'ospite sempre in allerta. Per esempio con la Finta Mortadella con ketchup fermentato di funghi o il Cuore di asino affumicato, o ancora lo sgombro in salsa di ostrica e coriandolo, piatti che creano una continuità con quelli dell'altro menu, I Frattali, in cui l'attenzione è tenuta viva da un'idea di gioco e decontestualizzazione, come per Illusione: pasta di mozzarella di bufala dal cuore di acqua di pomodoro. Ma i menu variano frequentemente con molta attenzione, lodevole, alle diverse esigenze alimentari.

Aqua Crua | Barbarano Vicentino (VI) | piazza Calcalusso, 11 | tel. 0444 776096 | http://www.aquacrua.it/

 

La cucina del Petrarca – colline dove passeggiare: Colli Eugenei

Cucina di qualità, semplice e genuina, improntata sui piatti della tradizione veneta e in un ambiente cordiale. La cucina del Petrarca è il posto ideale per chi vuol provare la quiete dei colli Euganei in un ambiente rilassato: fermatevi per godere con calma della vista sullo splendido borgo di Arquà Petrarca. Lo spazio è elegante, confortevole, l'accoglienza familiare, la cucina basata su una selezione attenta della materia prima, con particolare attenzione alla stagionalità e al prodotto locale. Soprattutto le verdure. Ma è la carne la vera protagonista, qui. Preparata sul grande spiedo al centro della sala. Una cottura sulla fiamma senza trucchi né inganni, che mantiene la promessa di un sosta semplice, gustosa, incantevole.

La cucina del Petrarca | Arquà Petrarca (PD) | via Scalette, 1 | tel. 389 000 5210

 

 

Le Giare – colline dove passeggiare: Antiappennino Romagnolo

A un passo dalla rumorosa riviera adriatica, ma lontano dal caos, tant'è che quando vi sembrerà di aver sbagliato strada, dopo mille curve, proseguite perché siete sulla via giusta. Quella verso un'oasi di pace tra colline affacciate sul mare. E calma è anche l'atmosfera che si respira in questo locale minimalista nelle architetture, dalla bella terrazza che offre una splendida vista, e molto interessante per la proposta gastronomica, curata da Gianluca Gorini. Giovane talento che ha, al suo attivo, esperienze importanti, personalità e tecnica, e fa registrare una crescita costante. La sua è una cucina originale, ricca di spunti e, anche se non manca qualche richiamo più modaiolo, è molto personale. E lo è sempre di più, anno dopo anno. C'è molto territorio nei suoi piatti, inteso come prodotti e come tradizioni, ma sempre interpretato con fare contemporaneo e intelligenza: ci sono le acidità e ci sono le belle cotture, c'è audacia e la capacità di premere senza incertezze l'acceleratore. Come per il piccione con le sue (meravigliose) interiora o il bel lavoro sui vegetali, come per il cetriolo lavorato in ogni sua parte, o il dolce: rabarbaro al gin, lampone e mandorla amara. Ma anche sul fronte dei drink ci sono interessanti proposte, e non solo di vini (con una predilezione per i naturali, ma anche infusi, birre, miscelati curati dal patron Claudio Amadori.

Le Giare | Montiano (FC)| via al Castello, 368 | tel. 0547 51430| http://www.legiare.com/

 

Marconi – colline dove passeggiare: Colli Bolognesi

La nuova casa dei fratelli Mazzucchelli si è spostata di pochissimo dalla precedente: appena qualche metro per fare posto alla nuova organizzazione della struttura (che include anche un panificio bistrot). Il tutto a Sasso Marconi, a pochi chilometri da Bologna, sulla via che sale verso i primi contrafforti dell'Appennino tosco-emiliano-romagnolo. Non cambia invece la cucina di Aurora Mazzucchelli, che insieme a fratello Massimo gestisce con impegno e grande generosità questo bel ristorante, un tempo osteria di famiglia. E la cucina di famiglia è la base solida su cui si è edificato lo stile di Aurora che rielabora, con carattere e bella creatività, proprio quella tradizione, sempre più rivolta a ricercare un'armonia con il cibo e il vino. Ha intùito, tecnica, e la capacità di entrare dentro il prodotto. Tra i piatti: il gelato d'aringa, pesca e gamberi rosa crudi, le animelle sedano e limone salato o i tortelli di Parmigiano Reggiano alla lavanda, noce moscata e mandorle.

Ristorante Marconi | Sasso Marconi (BO) | via Porrettana, 291 | tel. 051 846216 |ristorantemarconi.it

 

Povero Diavolo – colline dove passeggiare: Montefeltro

Riviera Romagnola, a un passo dal mare, ma poco più in alto: Torriana si rivela quieta dopo qualche curva sopra la Val Marecchia, vicino a orti e pascoli. Occorre affrettarsi per godere della cucina di Pier Giorgio Parini, perché questa magnifica esperienza sembra in dirittura di arrivo. A settembre, dopo 10 magnifici anni, dovrebbe concludersi. E allora, se potete, non mancate di provare questa tavola moderna, originale, solida; fatta di contrappunti e invenzioni che l'hanno resa celebre, e con essa il talento di Parini. Nessun virtuosismo fine a se stesso, ma un'impronta geniale e piena di intuizioni che stupisce per libertà nell'approccio, e ampiezza di profumi, consistenze, sapori. Ormai celebre il lavoro sui vegetali, con quella scorta di prodotti da riscoprire, ma uguale vigore si incontra anche nel trattare carni e pesci. Una cucina che ha fatto scuola, tutta scatti, spinte e rotondità a riequilibrare. In collina, ma ancora per poco.

Povero Diavolo | Torriana (RN) | via Roma, 30 | tel. 0541 675060| http://www.ristorantepoverodiavolo.com/

 

Il Tiglio – colline dove passeggiare: Parco dei Sibillini

Il contesto è incantevole: silenzio, pace e panorami magnifici. Siamo a Isola San Biagio, una frazione minuscola di Montemonaco, praticamente un gruppo di case perse nelle Marche cui si arriva dopo un tragitto tortuoso tra vallate e colline verdeggianti. Chi giunge fin qui lo fa anche per provare la cucina, rassicurante e insieme irriverente, di Enrico Mazzaroni, qui da poco più di un lustro. In un locale elegante e confortevole con il servizio e la sala guidati da Gianluigi Silvestri che accompagna con uguale garbo, piatti classici o più creativi, quelli del menu gourmet: robusti e virili nei sapori ben decisi. Tra cialde di olive nere con maionese di cipolla e l’ovetto di parmigiano con tuorlo fritto. E poi un viaggio tra i sapori di mare, terra e orto, come con la civet di lepre con alici, o la patata cotta sotto la cenere con caprino e porcini, fettuccina con lonza e pomodoro e una rivisitazione del cannellone o, in chiusura, un saporito gelato di capra al tamarindo con mandorle e caramello e una lussuriosa torta al cioccolato.

Il Tiglio | Montemonaco (AP) | Isola San Biagio | tel. 0736 856441 | www.enricodeltiglio.it

 

Pievano del Castello di Spaltenna – colline dove passeggiare: Chianti

Siamo in toscana, a Gaiole in Chianti, in un convento dell’anno 1000 trasformato in una struttura con ospitalità e centro benessere: il Castello di Spaltenna. Un “Tuscan Resort & Spa”, a mettere subito in chiaro che il richiamo al territorio circostante è decisivo, sia per le vigne di Sangiovese tutt'intorno, sia per gli interni, suggestivi e molto caratterizzati. Qui trova spazio il Pievano, in due sale con arredi antichi e una vista mozzafiato sulle colline, cui si aggiungono, in estate, il chiostro dominato dall'antico campanile della Pieve, e il tavolo dello chef in mezzo alla campagna. Da pochi mesi in cucina c'è Vincenzo Guarino: napoletano con il cuore in Toscana. E non ne fa mistero, dato che il menu mixa con creatività controllata spunti toscani, campani e internazionali. Si parte dai prodotti, accuratamente selezionati: pesce livornese e carni della zona, con tante verdure ed erbe aromatiche dell'orto privato. Si prosegue con cotture attente e piatti che, accanto ai classici del territorio, seguono ispirazioni eterogenee come la palamita in saor con cipolla di Tropea, arance e pomodorino datterino o il raviolo con zuppa liquida di cipolla. Attenzione alle diverse esigenze nutrizionali, ma anche a quelle degli appassionati dei vini toscani, ma non solo. Da gustare magari nel tavolino riservato ricavato in cantina.

Pievano del Castello di Spaltenna | Gaiole in Chianti (SI) | Pieve di Spaltenna | via Spaltenna, 13 | tel. 0577 749483 | www.spaltenna.it

 

L'asinello – colline dove passeggiare: Crete Senesi

Un piccolo borgo incastonato nei vigneti, un angolo paradiso a portata di mano, nella campagna chiantigiana che ha appena rinnovato e abbellito ancora di più lo spazio esterno da cui provengono mille erbe aromatiche. Delizioso e rilassante. Qui si consolida la cucina di Senio Venturi, affiancato da Elisa Bianchini in sala e cantina. La proposta è versatile, mai banale, con tecnica e artigianalità a fare da supporto a un'inventiva ben misurata. In carta tante proposte prevalentemente di carne, concentrate sui sapori e i prodotti stagionali e del territorio senza che questo sia vissuto come un limite, ma sempre come una ricchezza. Il menu è capace di soddisfare sia chi vuole assaggiare la tradizione locale così come chi ha voglia di provare qualche nuova invenzione.

L'Asinello | Castelnuovo Berardenga (SI) | via Nuova, 6 | tel. 0577 359279 | www.asinelloristorante.it

 

Antonello Colonna Resort – colline dove passeggiare: Colline Romane

Da Labico a Roma, da Roma a Valle Fredda nell'area a Sud di Roma, come dice lui: fuori dal mondo, a due passi dal Colosseo. La sede fuoriporta di Antonello Colonna è una struttura in continua trasformazione, una bella architettura contemporanea su un unico piano contornata da 20 ettari di parco (ben visibile dalle finestre a tutta parete), in cui si trovano coltivazioni di vario tipo. Uno spazio polifunzionale dove mangiare, dormire, rilassarsi nell'area benessere, visitare mostre d'arte, organizzare riunioni di lavoro, passeggiare nei campi. Accompagnati da una cucina che affonda le radici nella tradizione romana e dell'entroterra laziale, e utilizza perlopiù materie prime proprie: dal negatvo di carbonara al lombo di agnello affumicato, al piccione. Robusta, saporita, intensa, una cucina di territorio elegante, complice un mestiere inappuntabile e di lungo corso, che ha aperto la strada a tanti venuti dopo.

Antonela Colonna Resort&Spa | Labico (RM) | via di Valle Fredda 52 | tel. 06 9510032 | http://antonellocolonna.it/

 

Maeba – colline dove passeggiare: Irpinia

Lo spazio è molto suggestivo: un antico frantoio ristrutturato con cura, tra ulivi e interni in pietra viva. In cucina la supervisione è di Mirko Balzano, ma è Marco Caputi l'executive che, ogni giorno realizza un menu tutto giocato su accostamenti audaci ma equilibrati, salti di consistenze e sapori. A partire da materie prime locali e stagionali selezionate senza compromessi, più il pescato dal Tirreno o dall'Adriatico. I piatti accolgono suggestioni diverse, come nei gyoza alla pappa col pomodoro, non temendo neanche di azzardare abbinamenti decisi: un esempio ne sia la triglia all'arrabbiata con mortadella e provolone o la carne salada locale con ostrica birra limone e salsa di soia. Ma non mancano anche più rassicuranti spaghetti al pomodoro. Discorso a parte meritano i dolci: inconsueti e di buona fattura. Le diverse proposte di menu degustazione sapranno accontentare palati e appetiti diversi.

Maeba |Ariano Irpino (AV) | Contrada Serra, 29| tel. 338 638 7407| http://www.maeba.it/home.html

 

Marennà – colline dove passeggiare: Monti Picentini

La struttura che ospita il ristorante dell'azienda Feudi di San Gregorio è un edificio bellissimo e moderno, come moderna è la sala, nel verde a pochi chilometri da Avellino. Ai fuochi Paolo Barrale, che marcia a passo spedito verso la sua idea di cucina, coadiuvato da Angelo Nudo, in sala con Mario Ferrante. Insieme contribuiscono a dare concretezza a questa oasi di relax, dove trovare continue attenzioni: si tratti del pane e dell'extravergine dell'azienda portato in assaggio, delle molte premure verso gli ospiti, o delle proposte adatte a diverse esigenze alimentari. Il territorio qui è il punto di partenza di un viaggio di sapori e contrasti, profumi intensi e grande vigore. Formaggi campani, spalla di vitello, spezie ed erbe aromatiche e poi tante verdure locali. Tra i piatti gnocchetti di patate con latte di baccalà, fave e aglio orsino; O per e o’ muss: musetto di vitello, finocchio, limone e succo di pepe nero, o Sgombro un po' Napoli un po' Tokio: arrosto, con broccoli e salsa ponzu. In cantina le referenze aziendali più qualcuna extraregionale e una buona selezione di distillati.

Marennà | Sorbo Serpico (AV)| Strada Provinciale, 246| tel. 0825 986621| http://www.feudi.it/marenna/

 

Palazzo dei poeti – colline dove passeggiare: tra i fiumi Agri e Sinni

È uno degli alberghi più suggestivi della Basilicata, ospitato nella fortezza della Rabatana di Tursi tra vicoli e scalinate che Paolo Popia (figlio di poeti e poeta esso stesso) a metà degli anni ’90 ha riportato a nuova vita. Insieme alle stanze anche una taverna e un ristorante in cui lo stesso Popia intrattiene con poesie e racconti, mentre la cucina fa il resto. Piatti semplici, talvolta quasi ingenui, sapori decisi che raccontano questa terra bella e difficile, per esempio il fagottino di melanzane e provola, o di baccalà, i peperoni di Senise in pastella con il baccalà, l'agnello rabatanese con erbe o gli involtini di maialino nero lucano con verdure di campo. La materia prima è locale, le erbe aromatiche, spesso protagoniste dei piatti, sono quelle prodotte nell’Orto dei Poeti con metodi biologici. L'accoglienza è affettuosa e disponibile, la carta dei vini concentrata soprattutto sul territorio.

Palazzo dei Poeti | Tursi (MT)| Borgo Antico Rabatana | via Manzoni | tel. 0835 532631 | www.palazzodeipoeti.it

 

Dattilo – colline dove passeggiare: parco regionale del fiume Neto

Il ristorante si trova nella bella azienda agricola fondata da Roberto Ceraudo nel 1973, tra uliveti e vigneti. Ai fornelli Caterina, la più giovane della famiglia. Alle spalle la scuola di Niko Romito, un passaggio che non passa inosservato, soprattutto nel modo netto ed elegante di esaltare il prodotto in ogni sua sfumatura, di sapore e struttura. Il territorio è al centro del piatto almeno quanto lo è tutt'intorno, bellissimo e vigoroso: radici profonde, ma mai chiuse in se stesse. La podolica, per esempio, diventa una battuta con fiori eduli e tartufo e mostarda, o il pane con l'emulsione di olio, e poi via con le verdure, i formaggi. E pi c'è un'ospitalità garbata e professionale a rendere ancora più piacevole il soggiorno.

Dattilo | Strongoli (KR) | Contrada Maremonti| tel. 0962 865613 | http://www.dattilo.it/

 

Antica Filanda – dove passeggiare: Nebrodi

In posizione strategica, in un piccolo borghetto medievale sulla dorsale tirrenica siciliana, nel cuore dei Nebrodi. Se è diventato una meta gourmet è merito dell'appassionata gestione familiare che continua a migliorare costantemente. In estate si mangia sulla terrazza da cui si gode di un panorama unico che abbraccia tutte le Eolie, ma tutta la struttura gode di una bella atmosfera, intima e a accogliente, tanto per il ristorante quanto per le stanze. Il menu cambia spessissimo, con proposte che vanno dalla tradizione appena rivisitata alle creazioni nate in famiglia negli anni. È una tradizione al femminile questa, in cui le donne hanno da sempre portato avanti una cucina di prodotto (locale) e di fantasia, mentre la sala e la cantina (di grande soddisfazione) sono delegate agli uomini. Diversi menu degustazione, e diverse le proposte per particolari esigenze alimentari. Carni succulente, formaggi della zona, salumi da razze autoctone, scelta di extravergine di qualità, paste fatte in casa, pesce anch'esso locale, verdure selvatiche (ma non solo) che raccontano la ricchezza di questo angolo di Trinacria: uno scrigno di prodotti incredibili e di ricette sontuose pur nella loro semplicità. Serve solo di proporle alla luce di una consapevolezza contemporanea (nelle cotture o nella scelta di alcune lavorazioni più misurate e rispettose dei prodotti) per portare in tavola una cucina che parla al cuore.

Antica Filanda | Capri Leone (ME) | Contrada da Raviola | tel. 0941 919704

 

Letizia – dove passeggiare: Sulcis

Non lasciatevi scoraggiare dalla strada per arrivare a Nuxis: vale la pene fare il tragitto tortuoso per arrivare qui, immersi nella natura. Cercate di arrivare che è giorno: il giardino con il patio e la fontana è incantevole, l'ideale per una cena di piena estate e il paesaggio tutto intorno è la scenografia che arricchisce il momento del pasto. A gestire il tutto la famiglia Fanutza, che da generazioni si occupa con dedizione di una cucina fatta di prodotti del territorio, in particolare del Sulcis, e di ortaggi e verdure del proprio orto. La tradizione sarda è il cuore di una cucina che regala sapori inediti, a comporre un racconto originale del territorio originale. Carni, funghi, erbe (che non di rado si trovano anche nei dolci) come ortiche, borragine, fiori selvatici. È proprio il mondo vegetale il protagonista di questa tavola, vero paradiso per i vegetariani, dove c'è anche un menu a parte anche per i celiaci. Ma le carni sono ben presenti: porceddu, agnello, bue e cinghiale, preparati in vario modo. I vini sono soprattutto quelli del territorio, il servizio, è familiare, cordiale e sorridente.

Letizia | Nuxis (CI) | Via San Pietro, 14 | tel. 0781 957021 |

 

a cura di Antonella De Santis

 


Birra del Borgo inaugura Bancone. I primi passi del birrificio laziale dopo la tempesta

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Leonardo Di Vincenzo di progetti ne ha da vendere, anche ora che Birra del Borgo è entrata nel portfolio di Ab Inbev. E mentre ci si concentra sul potenziamento della produzione, senza penalizzare la qualità, a Borgorose inaugura una nuova sala degustazione. Poi chissà. 

Il birrificio di Spedino

Chi Birra del Borgo la segue dall'inizio, ben prima del clamore suscitato dall'acquisizione di Ab Inbev, il birrificio di Spedino a Borgorose (dal 2009, adiacente al primo impianto di Colle Rosso), provincia di Rieti, lo conosce bene. Soprattutto perché da qualche anno a questa parte Leonardo Di Vincenzo non manca di aprire le porte ad amici e appassionati del genere per mostrare loro cosa significa concretamente fare cultura brassicola sul territorio italiano, meglio se in occasione di qualche ricorrenza speciale, come il celebre (e godurioso) Birra del Borgo Day, che si ripete dal 2007. Anche quest'anno la grande festa del birrificio laziale – tra i più celebri del panorama artigianale nazionale, avremmo potuto dire fino a qualche tempo fa – ha accolto un pubblico numeroso, che le polemiche seguite alla prima vera cessione di un brand artigianale nostrano alla multinazionale che gestisce la quasi totalità del mercato birrario mondiale sono riusciti a metterle da parte. Di fronte a un prodotto che continua a distinguersi per qualità e originalità. E allora l'invito a partecipare si intensifica, grazie all'ultima creatura di Birra del Borgo, Bancone, che sabato 30 luglio aprirà ufficialmente le porte.

La sala degustazione. Birre, formaggi e un nuovo spazio da condividere

Di cosa si tratta? Una tap room destinata alla vendita e alla degustazione che guiderà i visitatori alla scoperta dell'universo BdB, tra assaggi, acquisti e racconti. “Con la tasting room che ci apprestiamo a inaugurare si conclude la prima fase di lavori avviati ancor prima dell'acquisizione” ci dice Leonardo “E vogliamo farlo con una grande festa”. Negli ultimi tempi il birrificio ha visto nascere una nuova sala cotte e uno spazio dedicato alle sperimentazioni in anfore di terracotta e botti. Solo l'inizio di un potenziamento degli impianti di produzione che risponde al nuovo status del birrificio e potrà nutrirsi di una capacità economica notevolmente aumentata dopo l'accordo multimilionario con il colosso internazionale. Non senza polemiche e scontri personali anche piuttosto accesi, “eravamo preparati alla reazione, ma certo nei primi tempi è stato un po' difficile. Quando ti trovi a vivere una situazione non è mai esattamente come l'avevi prevista”. Quel che conta però è proseguire sulla strada intrapresa, una costante nella carriera di Leonardo, tra i primi ad aprire la via per lo sviluppo di quel movimento della birra artigianale che oggi lo contesta.

Dalla festa alla birra in lattina

Bancone accoglierà gli ospiti con 14 vie, 10 spine a 4 a pompa, in abbinamento i formaggi di Campofelice, da collaborazione consolidata con i casari del territorio. La festa si protrarrà dalle 16 fino al dopocena con visite guidate, laboratori sulle birre sperimentali, assaggi inediti come la birra al cocomero prodotta durante l'ultima cotta al Birra del Borgo Day, musica e intrattenimento. E l'opportunità di scoprire come le ultime novità contribuiranno a potenziare la produzione, nello specifico la possibilità di raggiungere gli 80 ettolitri a cotta e l'idea di avviare la produzione di una birra in lattina, la Lisa (Light Italian Session Ale), ai fiori d'arancio, pepe e coriandolo. Esperimento già avviato con successo da Baladin. E poi? I progetti per il futuro sono molti: mesi fa Leonardo aveva condiviso con noi l'intenzione di realizzare una serie di locali a marchio BdB. Chissà che presto non arrivi il momento... “Per ora ragioniamo sul birrificio, poi si vedrà”.

 

BdB inaugura Bancone | Spedino di Borgorose (RI) | il 30 luglio dalle 16 al dopocena | www.birradelborgo.it

a cura di Livia Montagnoli

L'estate di Edoardo Papa. Apre a Garbatella Biglietto Prego!, pizzeria tradizionale. E In Fucina è sempre più gourmet

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In piazza Sauli, 4 vetrine su strada, i lavori sono quasi terminati. Il 17 agosto apre la nuova scommessa di Edoardo Papa, locale dal respiro internazionale, colazione, pranzo e cena. Dai cornetti homemade ai cocktail d'autore. Alla pizza tradizionale: in 5 versioni. A prezzi contenuti. E In Fucina che succede? 

Le premesse. La sfida di Edoardo Papa

Rivoluzione In Fucina. O forse sarebbe meglio dire “Biglietto, prego”. L'estate 2016 della pizza capitolina è foriera di grandi novità. E se siamo qui a parlarne il merito è tutto di Edoardo Papa, patron della pizzeria gourmet del quartiere Portuense famosa ben oltre il perimetro cittadino, Tre Spicchi sulla Guida Pizzerie del Gambero Rosso e riconosciuta tra gli esiti più originali della pizza contemporanea in Italia. Certo, l'indole di Edoardo non è mai stata semplice da domare, ma lui, negli ultimi sette anni - da quando accoglie in via Lunati, al Portuense, gli amanti di una pizza che vuole giocare fuori dagli schemi, nel “ristorante che ama la pizza” – di questa personalità esuberante ne ha fatto un vanto, la caratteristica identificativa che deve guidare ogni nuova sfida. E portare ben impresso il suo marchio di fabbrica, che piaccia o meno: “Io creo il mio standard; può anche non piacere, ma certo non voglio essere accomunato a tutti gli altri”. Ci tiene a ribadirlo, Edoardo, quando lo raggiungiamo in Piazza Damiano Sauli, nel cuore della Garbatella, per farci un'idea di quel che sarà a partire dal prossimo 17 agosto.

Che sta succedendo, dunque? Tra un paio di settimane Edoardo Papa raddoppia e scommette sull'effetto sorpresa, di quelle novità che sulle prime battute risultano quasi spiazzanti. E probabilmente l'intento è proprio questo: “Da quando siamo nati ci hanno bombardato perché siamo gourmet e cari, ora tutti inseguono la moda della pizza gourmet, anche se io tra i grandi protagonisti del genere continuo a riconoscere solo Simone Padoan. E allora noi scombiniamo le carte e nel quartiere più popolare di Roma facciamo una pizzeria tradizionale. Ma secondo la nostra filosofia”.

Biglietto Prego!. Si comincia a colazione

Lo spazio è quello dell'ex bar storico di piazza Sauli, il Settebello, proprio affianco ai celebri archi di epoca fascista: quattro belle vetrine su strada, due sale, l'area di lavoro con il forno Valoriani e una cucina separata che sarà anche laboratorio per gli esperimenti su lievitazioni e impasti. L'obiettivo di ristorazione, in realtà, è molto più ambizioso rispetto al profilo di una semplice pizzeria di quartiere, in puro stile Papa: “Inseguiamo il sogno di regalare alla città un locale di respiro internazionale, aperto dalla mattina alla sera”. E allora si comincia già alle 7 di mattina, con il servizio di caffetteria e i lieviti fatti in casa, con il pallino di servire “il miglior caffè con cornetto di Roma”. Su cornetti, maritozzi con la panna, ciambelle fritte, danesi e tante altre referenze della colazione dolce all'italiana si sta lavorando da tempo, “e dopo tanti esperimenti siamo riusciti a perfezionare impasti che restituiscono ottimi risultati. La farina per il cornetto è quella 0, il burro non è francese, ma piacevolmente grasso. Sa di latte e si scioglie in bocca. Il modello che vogliamo eguagliare (e superare?) è quello di Cristalli di Zucchero”. Da bere anche estratti e succhi di frutta di stagione, sempre fatti in casa.

Per il caffè si punta sulla piccola torrefazione Fazenda di Fiuggi, solo monorigini 100% arabica. La macchina è una Faema del '64 a tre bracci, “un pezzo storico”.

 

Materia e spiriti. Inseguendo il sogno internazionale

E d'altronde tutta l'offerta del locale si muoverà su un doppio binario, tra la nostalgia del passato e la voglia di essere attuali. Sin dal nome, un curioso Biglietto Prego!, “perché sono innamorato degli anni Sessanta, quando il bigliettaio passava sul tram a chiedere il biglietto. Ma anche in omaggio all'esperienza gastronomica che più mi ha sbalordito di recente, Tickets a Barcellona. Quaranta persone al lavoro, una macchina che funziona alla perfezione, ambizione internazionale”. Insomma, come Edoardo immagina la sua nuova creatura, in piena sintonia con suo figlio, Massimiliano, che si occuperà personalmente del locale e sarà l'anima del bar. 25 anni di cui gli ultimi 4 passati a Londra, al lavoro da Golden Bee, il ragazzo è tornato con un bagaglio importante e una grande passione per i cocktail, “per lui il cocktail è quello che la pizza rappresenta per me: un contenitore da riempire di significati sempre diversi, e personali”. E infatti, aggiungiamo un elemento importante, il mood di Biglietto Prego! sarà “materia e spiriti”, grandi ingredienti da fornitori selezionati uno per uno sul territorio nazionale e cocktail da accompagnare anche alla pizza.

Il pranzo: cicchetti e pastarelle. E l'aperitivo

Ma prima passiamo al momento del pranzo. Il locale sarà aperto dalle 7 all'1 di notte, all'ora di pranzo si trasformerà in moderna trattoria di quartiere. Prezzi contenuti (10-15 euro di media) e cicchetti serviti in vasetto con chiusura ermetica. I piatti sono quelli della tradizione romana, dalla carbonara al pollo con i peperoni, dall'amatriciana alla coda alla vaccinara, al bollito, “tutti pensati in monoporzioni da due bocconi, non di più”. Dolci compresi, “le pastarelle di una volta a modo mio, dal diplomatico al bignè con la crema”. E paninetti fatti in casa per l'immancabile scarpetta. Nel tardo pomeriggio si cambia ancora: dalle 18 scatta il momento dell'aperitivo, protagonisti i fritti della pizzeria tradizionale romana. Supplì al telefono (riso Carnaroli bio, pomodori datterini, basilico, burrata e doppia panatura con pane fresco homemade) o farciti “con i topping che In Fucina uso sulla pizza, come il ripieno con cicorietta di campo, crema di ceci e alici di Cetara”, crocchette (“con le patate del mio paesello, ripiene di provolone Recco e senza panatura aggiunta”), crostini, fiori di zucca, filetti di baccalà, frittelle sottili e croccanti da completare con ingredienti di stagione. Da bere ovviamente cocktail, ma anche birra (Atlas Coelestis e Oxiana, 6 vie) e qualche vino, anche di qualità. A cena ancora fritti e finalmente la pizza.

 

La pizza. 5 tradizionali e una gourmet

In 5 varianti, tutte tradizionali: margherita, Napoli, funghi, marinara e capricciosa, “la mia capricciosa, con ingredienti di stagione, sempre diversi”. Più una proposta gourmet a rotazione direttamete dalla carta di In Fucina. Né romana, né napoletana, l'impasto è frutto della miscela di due diverse farine. Il prezzo oscilla tra i 9 e gli 11 euro (più alto per la gourmet). Dopo cena spazio ai cocktail, con la possibilità di ordinare fritti e sfizi fino a tarda ora.

A pranzo si mangia al bancone (protagonista da mattina e sera) e appoggiati alle mensole a parete, sugli sgabelli. La sera c'è spazio al tavolo nella sala adiacente (mattoni a vista, pareti bianche, pavimento in cementine d'epoca, luci che scendono dal soffitto) o all'esterno con affaccio sulla piazza, “che diventa un'appendice del locale. Puntiamo a lavorare sui grandi numeri, con 200-300 coperti a sera, ma con la nostra qualità”. La pizza arriva al piatto, ognuno ordina la sua (e anche questa è una novità per Papa). Si apre il 17 agosto in sordina, solo la sera. Per il 24 settembre, dopo il rodaggio, è fissata l'inaugurazione ufficiale, quando si comincerà a lavorare anche a colazione e pranzo, con orario continuato. Una decina di persone al lavoro, un pizzaiolo formato davanti al forno di via Lunati, una chef d'esperienza che vanta un passato al fianco di grandi chef, da Roy Caceres a ristoranti stellati londinesi.

E In Fucina? Basta pizze tradizionali

E nel frattempo In Fucina che succede? Il 10 agosto si chiude per ferie. Quando l'8 settembre l'insegna di via Lunati riaprirà ci sarà spazio per un'ulteriore sorpresa. Non un cambio di rotta, ma un affinamento del pensiero che ha guidato fin qui una pizzeria che sarà sempre di più ristorante: “A Garbatella faremo il pret a porter. In Fucina diventerà a tutti gli effetti l'atelier”. Via dal menu le pizze tradizionali, basta Margherita e Napoli per osare di più sulle proposte gourmet, le pizze del giorno e gli evergreen della casa, forse persino qualche piatto che non contempli la pizza. “Voglio essere unico nel bene e nel male, mi piacerebbe che la mia personalità venisse rispettata, perché ci metto l'anima”. Da dove si comincia? Per esempio da un'invenzione estemporanea come la Tomato Tin. Il gioco di parole allude al whisky Tomatin, che finisce su Sua Maestà la Margherita al posto del rum, offrendo un'alternativa in più agli amanti delle celebre Margherita con rum di In Fucina. C'è tanto da scoprire.

 

Biglietto Prego! | Roma | Piazza Damiano Sauli, 6-9 | dal 17 agosto solo a cena, dal 24 settembre dalle 7 all'1

In Fucina | Roma | via Giuseppe Lunati, 25 | tel. 06 5593368 | www.infucina.com 

 

a cura di Livia Montagnoli

Parte la raccolta del Pinot grigio in Sicilia. La Cantina Settesoli apre la vendemmia 2016

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È iniziata la vendemmia nelle vigne siciliane. Ad aprire l’annata 2016 è stata una cantina dell’agrigentino che vanta uve eccellenti di qualità Pinot grigio. A seguire, i produttori di tutta Italia stanno cominciando a raccogliere. 

Cantina Settesoli: la prima raccolta

Al via la raccolta in Sicilia e praticamente prende avvio la stagione della vendemmia 2016 in Italia. Una vendemmia che, come detto più volte, è lunga circa cento giorni e si chiuderà tra ottobre e novembre con le varietà a bacca rossa. A muoversi per primi in questa annata, come accaduto lo scorso anno, sono i viticoltori della Cantina Settesoli, grande cooperativa di Menfi in provincia di Agrigento, in una delle aree più a sud dello stivale e in una delle zone a più alta densità vitata d'Europa. Da qui arrivano le prime fotografie della raccolta 2016. Qualità delle uve eccellenti e curve di maturazione che hanno convinto i tecnici agronomi e di laboratorio a dare il via libera al taglio dei primissimi grappoli.

Dal Pinot grigio allo Chardonnay

Per questo vitigno Pinot grigio, che viene raccolto interamente a mano nella Contrada Feudotto (territorio di Menfi), situato a 223 metri sul livello del mare, la vendemmia durerà ben due settimane ed è tutta eseguita manualmente. Sui circa 2 mila soci della Cantina diretta da Salvatore Li Petri e presieduta da Vito Varvaro sono solamente 266 quelli che coltivano questa varietà. La cantina dell'agrigentino, che produce annualmente circa 25 milioni di bottiglie, stima una resa media per ettaro del Pinot grigio di 80 quintali. Dopo questa varietà, considerata precoce, si partirà molto probabilmente con la raccolta dello Chardonnay.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

 

 

 

La notte dolce di Parma, con i Maestri del lievito madre. Panettone e altre storie

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Lo scorso 25 luglio Parma si è trasformata per una notte nel regno dei golosi. Protagonista indiscusso il panettone. E i migliori maestri del lievito madre. Il racconto dell'evento. 

Panettone d'estate? Ma certo!

Se qualcuno avesse pensato di proporre il panettone d'estate solo pochi anni fa, forse sarebbe stato preso per pazzo, oggi invece questa apparente forzatura cui si riconosce la paternità al giornalista e comunicatore Davide Paolini è diventata una realtà, che puntualmente si ripropone ogni estate rendendo possibile gustare il dolce natalizio per eccellenza anche nelle giornate più calde dell’anno. In realtà molti sanno quanto il periodo ideale per apprezzare al meglio il panettone artigianale, sia proprio quello estivo, visto che il burro si scioglie tra i 28 e i 36° garantendo così una degustazione perfetta, molto di più di quanto accada in pieno inverno, quando empiricamente si consiglia di avvicinare al termosifone il panettone un’ora prima di consumarlo. Ma non è l’unico dato positivo che sta chiamando a conversione anche i più scettici, la destagionalizzazione del più tradizionale dolce meneghino piace ai turisti, e porta lavoro ai pasticcieri in un periodo di bassa produzione come quello che va da giugno a settembre.

E allora ecco Parma, appena nominata Città creativa della gastronomia Unesco, diventare per una sera capitale del panettone, con un grande evento che sarebbe piaciuto a Marialuigia D’Austria Duchessa di Parma e moglie di Napoleone, ispiratrice di molti piatti della cucina parmigiana.

I maestri del lievito madre a Parma

La seconda edizione della manifestazione gourmet, ideata dal mitico pasticcere Claudio Gatti insieme a Davide Paolini, ha riunito 26 pasticceri artigianali maestri del lievito madre, giunti da tutt’Italia, dimostrando ancora una volta quanto si possa affermare la qualità di un prodotto mettendosi tutti insieme. Il progetto è stato abbracciato e supportato dal Sindaco di Parma Federico Pizzarotti e dall’Assessore Cristiano Casa, per Attività Produttive, Turismo e Commercio, in un centro storico illuminato a giorno dove le grandi abilità pasticcere dei più noti artigiani del gusto, maestri anche nella naturalità del prodotto, hanno conquistato il folto pubblico che non ha perso neppure una delle 26 tappe in una degustazione libera presentata dal Gastronauta Davide Paolini, dal 2005 promotore del panettone d’estate, protagonista di dure battaglie sul Sole 24 Ore, alla radio e sul suo sito. E del resto il panettone è una specialità tutta italiana amatissima anche fuori dall’Italia: è assodato infatti che più della metà delle citazioni online nel mondo arrivano dall’estero (52,8%), e si parla di panettone fino a 500 volte al giorno, come confermano i dati del Sole 24 Ore.

La parola a Gino Fabbri

Abbiamo chiesto a Gino Fabbri presidente dell’Accademia Maestri Pasticceri italiani le sue impressioni sulla manifestazione: “Ho aderito con grande entusiasmo all’invito di Claudio Gatti di partecipare alla Notte del lievito madre, oltre che un grande professionista è un amico serio e onesto che ha saputo creare per il secondo anno consecutivo un momento importante di coesione tra amici, colleghi, aziende, giornalisti, tutti uniti dal medesimo sentimento di rispetto verso il lievito madre, che ha prodotto un autentico successo di partecipazione amatoriale, professionale, e mediatica, con una presenza concreta delle istituzioni alle quali va il mio plauso. I grandi lievitati veri protagonisti della manifestazione erano di qualità elevata, e sono stati assaggiati da un pubblico curioso e competente, i giudizi e le impressioni sugli impasti e le cotture dati con cognizione di causa, in un contesto affascinante e un’atmosfera piacevole e conviviale”. E prosegue con un ringraziamento affettuoso che rende merito a chi nella manifestazione ha sempre creduto: “Come presidente dell'Accademia ringrazio gli accademici che hanno contribuito alla valorizzazione del lievito e in primis Achille Zoia al quale va il plauso di non essere mancato all’evento. Il panettone a Parma è una realtà già ben lievitata! Complimenti a Claudio e alla città di Parma!

3000 persone e 7 quintali di panettoni

Soddisfazione anche da Claudio Gatti, ideatore della manifestazione a cui hanno aderito i migliori Maestri di lievitazione e pasticceria da Achille Zoia a Gino Fabbri, da Salvatore De Riso ad Alfonso Pepe, da Paolo Sacchetti a Mauro Morandin, con un’affluenza di oltre 3000 persone, una media di 25-30 panettoni degustati per ognuno dei 26 pasticceri, e un totale di oltre 7 quintali di panettoni. Le autorità cittadine, insieme a Carlo Andreatta, responsabile area nord est di Agrimontana hanno consegnato il premio come “Miglior Maestro del Lievito Madre Emergente” a Roberto Cantolacqua della Pasticceria Mimosa di Tolentino (MC), a scelta unanime dei maestri presenti.

 

a cura di Luca Bonacini

 

Versi di vini. Gabriele D'Annunzio

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Gabriele D'Annunzio, il Vate come venne chiamato, riportò la poesia ai temi dell’antichità classica greca e romana, quando vino e amore erano in stretta simbiosi.

Un temperamento sanguigno, una personalità forte e volitiva, con la passione per le grandi imprese e l'epica dei gesti e dei pensieri. Gabriele D'Annunzio (1863 – 1938), il Vate, fu il cantore più ardito e vibrante degli anni a cavallo tra '800 e '900. Una vita dispendiosa, trasgressiva, sempre sotto i riflettori, per le sue imprese artistiche come per quelle militari e per la burrascosa vita sentimentale, con personaggi noti dell'epoca. E le liriche che celebravano l'Italia umbertina. Non mancavano, però, poesie dedicate al connubio tra vino e amore.

 

Fior de la bocca

 

Con il fior de la bocca umida a bere

ella attinge il cristallo. Io lentamente

le verso a stille il vin dolce e ardente

entro quel rosso fiore de’l piacere

e chinato su lei, muto coppiere

guardo le forme difettosamente :

la sua testa d’Emète adolescente

e la sagliente spira de ‘l bicchiere.

Or, poi che le pupille a l’amorosa

concordia da le due forme stupende

io solo, io solo, io solo ho dilettate,

godo infranger la coppa preziosa;

e improvviso un desio vano mi prende

d’infranger le membra bene amate.”

D’impianto ancora più classicheggiante è

 

Il dono di Dioniso

 

E il grappolo più grande

colsi avidamente,

che pesava d’ambrosia

come la mammella

ineffabile d’una dea

data all’adolescente

per gioire e morir quivi.

Gli acini eran vivi

d’inesausto calore

alle mie dita di gelo.

Sentii ne’ precordi l’odore

del pampino lacerato

come d’un velo

arcano che si fendesse.

O Vita, quel parvemi il primo

e l’ultimo tuo dono,

e che i miei giovini denti

mai polpa d’opimo

frutto avesser mosso

né mai bevuto agreste

sorso le mie labbra sanguigne.

L’odore di tutte le vigne

sentii ne’precordi capaci

e di tutti i mosti il sapore,

ebbi le vendemmie spumanti

di tutti gli autunni feraci

nel cuore e le feste e i canti

l’urto dei piè danzanti il suono

dei flauti frigi e Lesbo

rossa di faci pel natale

del vino e l’onda corale

e il passo del lidio coturno.

O Vita, quando la mia bocca

Vergine di baci

Diedi al tuo grappolo notturno.

 

a cura di Giuseppe Brandone

 

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Food History. Raccontare la storia del cibo per immagini: il libro fatto solo di icone

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È frutto del progetto di un gruppo di creativi spagnoli – Papila – il libro di prossima uscita dedicato al rapporto dell'uomo con il cibo, dalla preistoria ai giorni nostri. Secoli di storia raccontati solo attraverso icone che parlano la lingua universale. 

La storia dell'alimentazione. Il progetto creativo

Immaginate di ripercorrere il rapporto dell'uomo con il cibo dagli albori della storia. E poi pensate di riassumere questo racconto che si dipana per millenni in una enciclopedia gastronomica molto particolare. Già visto? No, se all'opera sul progetto si ritrova un gruppo di creativi spagnoli che fanno capo allo studio Papila, dal 2009 impegnato nello sviluppo di format, eventi, spazi e oggetti di design che interpretino l'alimentazione in modo innovativo, e fuori dagli schemi. Esattamente come è successo con Food History, una storia dell'alimentazione, dalla preistoria ai giorni nostri, raccontata solo attraverso segni grafici, icone ideate dal team per semplificare la comunicazione all'osso. Il risultato è un libro divertente di prossima uscita (e un paio di video pubblicati in rete che ne illustrano meglio il concept), finanziato grazie al crowdfunding su KickStarter, terminato lo scorso 1 luglio con il raggiungimento dell'obiettivo, e la raccolta di oltre 17mila euro che daranno forma al progetto.

 

Food History - Part I - English from Papila on Vimeo.

Food History. Un libro di icone

Tanti gli interrogativi che Food History risolve attraverso una lineare infilata di icone, dall'origine dell'espressione luna di miele (che si fa risalire a una tradizione degli antichi Romani) all'invenzione dell'apriscatole in tempi moderni, passando per come la possibilità di cuocere il cibo ha modificato il corpo umano al colore delle prime arance, che erano verdi. E così attraverso le epoche più significative nella storia dell'uomo, attraverso Paleolitico, Neolitico, Età del metallo, antico Egitto, Grecia e Roma, Medioevo, Età moderna ed epoca contemporanea, a partire dall'invenzione del fuoco. In soccorso al lettore ogni capitolo si apre con la timeline del periodo raccontato per immagini, poi la parola passa alle icone, scelte per il loro significato universale e perché la curiosità di scoprire nuovi aneddoti e vicende storiche sposi la voglia di imparare divertendosi. Non a caso, rivelano gli autori, “il libro si rivolge a tutte le fasce d'età”. Scritto in lingua inglese e spagnola, la lingua non sarà comunque un ostacolo vista la portata di interesse della tematica trattata e la capacità delle immagini di parlare a chiunque. E mentre attendiamo l'uscita del libro a settembre, ecco il video che racconta la filosofia Food History.

 

www.papila.es  

La brutta annata del vino francese. Stime produttive pre vendemmia in ribasso a 44 milioni. E lo Champagne va giù

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Gelate di primavera, grandine e peronospora minacciano la vendemmia 2016 francese: -8% sul 2015 e vita dura per i produttori di Champagne, che perde il 32%. Le prime stime. 

Non sarà la Francia, molto probabilmente, il primo produttore mondiale del 2016. Le prime stime ufficiali sulla produzione di vino diffuse dal Ministero dell'Agricoltura parlano di 44 milioni di ettolitri, che equivarrebbe a un -8% sul 2015 e a un -4% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.

Una delle peggiori annate

In parole chiare si può ben dire che siamo di fronte ad una delle peggiori annate. La fase fenologica è quella della chiusura dei grappoli e i dati potranno variare nei prossimi mesi. Le cause? econdo il monitoraggio affidato ai tecnici della rete regionale di France Agrimer, sono legate alle lunghe gelate di primavera, alla grandine e alle malattie della vite, su tutte la peronospora.

I territori

Vita dura in particolare per i produttori di Champagne, dove sono stati colpiti 4.600 ettari e dove la produzione è stimata in forte calo del 32%, per gli attacchi combinati di peronospora e muffa grigia. Borgogna e Beaujolais non se la passano meglio, con gelo, grandine e fitopatie che faranno scendere la produzione del 23%, soprattutto nella côte de Beaune, nella côte châlonnaise e nella regione di Yonne. Complicata la realtà della Val de Loire, dove le gelate e la peronospora ridurranno il raccolto di un terzo. Pressoché stabile la produzione in Languedoc-Roussillon, così come nel Bordelais. In crescita del 4% la produzione in Alsazia, mentre nel Sud Est la produzione dovrebbe aumentare dell'1 per cento.

 

A cura di Gianluca Atzeni

 

Stime di produzione 2016 al 18 luglio (in migliaia di ettolitri)

 

media 2011-15

2015

2016

var % 15-16

var % 2016 sulla media

Champagne

2665

2500

1691

-32

-37

Borgogna - Beaujolais

2255

2284

1767

-23

-22

Alsazia

1080

1008

1053

4

-2

Savoia

111

111

110

-1

-2

Jura

81

80

76

-6

-7

Val de Loire

2640

2779

1878

-32

-29

Charentes

8585

9499

8117

-15

-5

Sud Ovest

3404

3527

3503

-1

3

Bordelais

5415

5672

5644

0

4

Languedoc - Roussillon

13320

13650

13500

-1

1

Corsica

331

353

350

-1

6

Sud Est

5416

5594

5656

1

4

 

Fonte: Ministero Agricoltura francese


14 libri da leggere sotto l'ombrellone per l'estate 2016

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Vegana, vegetariana, fresca, leggera, sana, dolce, regionale. Tante cucine diverse, e per ognuna un libro da leggere e da sfogliare. Anche sotto l'ombrellone

Conto alla rovescia per le agognate vacanze, e mentre preparate la valigia per la villeggiatura, non dimenticate la scorta di libri. 

tiramisu

Tiramisù

C'è sempre un tiramisù che vi aspetta: dall'amica, da una zia, dalla mamma o in qualche ristorante del mondo. Appena si affonda il cucchiaio, salgono profumi di cacao, vaniglia e caffè. Così, quando la morbida stratificazione si scioglie in bocca, ha già sollecitato tutte le papille gustative”. Ecco il tiramisù: dolce italianissimo che ha conquistato il mondo, da Buenos Aires a Pechino, da Sidney a New York. Un dessert che non vanta antiche origini come spaghetti o pizza, ma al pari di loro è una bandiera del nostro Buon Paese. Tanto da essere una delle 10 parole italiane più conosciute all’estero. I Padovani hanno raccolto ricette classiche, gourmet e creative per un Definitive Tiramisù.

Tiramisù | Clara e Gigi Padovani | Giunti | pp. 160 | prezzo 18 euro

 

La mia vita in verde
La cucina come dono d’amore, mezzo per avvicinarsi al sacro, al divino. Per godere di ciò che la natura affida alla nostra responsabilità di esseri umani, ancora prima di essere chef.Questo il pensiero di Simone Salvini, allievo di Pietro Leemann e ora tra i grandi maestri italiani della cucina vegetariana, vegana e ayurvedica. Il suo nuovo libro è undiario di bordo personale e professionale:per ogni racconto,una ricetta. Un intreccio di riflessioni, letture, spiritualità e pratica dei fornelli, in bilico tra Oriente e Occidente. Una sbirciata nella vita di un “cuoco vegetariano felice”attraversoricette che saziano corpo, mente e spirito.

La mia vita in verde | simone salvini | Mondadori | pp. 210 | prezzo 18,90 euro

Passione Extravergine

Sentivo il bisogno di mettere in fila i miei pensieri, le mie idee e quello che è stato ed è il mio percorso di uomo oltre che di cuoco. Lavorando a questo libro ci sono riuscito”. Così Tano Simonato – l’autodidatta, geniale e creativo chef del ristorante Tano passami l’olio di Milano – presenta il primo volume delle sue ricette: il racconto di una vita appassionata nel segno dell’ingrediente fondante della cucina italiana e mediterranea, l’olio di oliva.

Passione Extravergine | Tano Simonato | Mondadori Electa | pp. 128 | prezzo 16.90 euro

 

La cucina del senza

È il risultato del format creato da Marcello Coronini per Gusto in scena: stimolare gli chef a una cucina più salutare. I senza, quindi, sono grassi, zuccheri e sale aggiunti. “A partire dagli anni ’60, con il boom economico, iniziano le produzioni di massa forzate per la necessità di produrre di più e arrivano nelle case prodotti con poco sapore. Per dare gusto ai piatti si ricorre quindi all’aggiunta, spesso in eccesso, di sale, grassi e zucchero e si creano abitudini alimentari scorrette. La 'Cucina del Senza' decreta invece una vera e propria rivoluzione alimentare, che mette insieme gusto e salute: è una svolta per la cucina di tutti i giorni”spiega Coronini e propone 71 ricette “senza”.

La cucina del senza | Marcello Coronini e Roberto Perrone | Gribaudo | pp. 158 | prezzo 12,90 euro

 

Carne trita

Leonardo Lucarelli è un antropologo ammaliato dalla ristorazione, e in questa sua opera prima racconta la vita vera, a volte cruda, sempre avvincente, che c'è dietro la porta della cucina. Che è molto diversa da quella patinata e spettacolarizzata troppo spesso propinata come l'unica possibile. Ci sono ritratti, in queste pagine, un’umanità varia e un percorso umano e professionale, l'amore verso il cibo e le relazioni che questo permette di stabilire con le persone.

Carne trita | Leonardo Lucarelli | Garzanti | pp. 288 | euro 16,40

Alla scoperta del gusto italiano

L’Italia è geograficamente una penisola, ma esplorata dal punto di vista gastronomico si trasforma in un eterogeneo arcipelago di territori contrassegnati non da una città o da un borgo, ma da un prodotto tipico, unico e inconfondibile. Il nuovo libro di Davide Paolini vuole essere una guida ai giacimenti gastronomici del nostro Paese: termine ideato dallo stesso Paolini che fa riferimento all’insieme delle valenze dell’artigiano alimentare che danno vita a prodotti unici nel loro genere.

Alla scoperta del gusto italiano | Davide Paolini | 24 ORE Cultura | pp. 240 | euro 19,90

 

Bimbo sano vegano

Una guida facile e completa per alimentarsi in modo corretto con una dieta a base vegetale, in gravidanza, allattamento, svezzamento e durante l’infanzia. Un team di esperti autorevoli spiega nel dettaglio tutto ciò che bisogna sapere per nutrire i propri figli in modo consapevole, grazie a un ricco ricettario e tanti consigli pratici per rendere i pasti variati, piacevoli e gustosi. Testimonianze, risposte e chiarimenti ai più frequenti dubbi sull’alimentazione vegana puntano a sfatare luoghi comuni e falsi miti.

Bimbo sano vegano | Michela De Petris, Pietro La Monaca,

Giulia Giunta| Mondadori | pp. 190 | euro 14,90

 

Accademia cucina

I dolci come incontro di genti e di civiltà: i casi della gubana, dello strudel e del tiramisù

La presenza di numerose culture e popoli in Friuli Venezia Giulia nel corso dei secoli ha arricchito, innovato e contaminato positivamente il patrimonio culinario locale. I piatti tipici della regione, infatti, sono spesso frutto di influenze multietniche che spaziano dai Balcani alla cucina Mitteleuropea e i dolci in particolare hanno beneficiato di questi influssi. Nel volume lo strudel, la gubana e il tiramisù diventano non solo esempio di eccellenza culinaria, ma attraverso la loro storia svelano una coesione multiculturale unica, specchio dell'incontro costruttivo tra civiltà e culture diverse, di cui dovremmo più spesso ricordarci e fare tesoro.

I dolci come incontro di genti e di civiltà: i casi della gubana, dello strudel e del tiramisù | Massimo Percotto | Forum Editrice Universitaria Udinese | pp. 52 | euro 10

QUinto quarto

Quinto quarto. Nel cuore della cucina romana

Si può capire la cucina romana del quinto quarto solo se si parte dal presupposto che era una cucina dei poveri, di gente che non era in grado di acquistare nulla, ma che riceveva in dono il patrimonio inesauribile e gratuito della natura”dicono le autrici. Il quinto quarto appartiene alla cucina romana più popolare, quella che ancora oggi si può gustare nei pranzi di famiglia e nelle osterie più tradizionali, e suscita un interesse crescente presso gastronomi e appassionati. Segno della nuova sensibilità nel consumo di carne, che oggi si vuole più consapevole e sostenibile. Ecco allora il ritorno ai tagli meno nobili, alloro utilizzo e alla loro valorizzazione.

Quinto quarto. Nel cuore della cucina romana | Beat Koelliker e Cornelia Schinharl | Giunti | pp. 224 | euro 22

 

Fresh and Light

Un nuovo appuntamento con la foodwriter australiana alla ricerca dell’equilibrio perfetto: nuove ricette che uniscono ingredienti freschi, barattoli della dispensa e tanti trucchi per dare un tocco di leggerezza ai piatti. Obiettivo: ritrovare il piacere di cucinare e di esaltare i sapori, lasciando spazio anche per i piccoli piaceri golosi della vita. Focus sui superfood: cibi energetici, integrali, dagli elevati valori nutrizionali. Senza dimenticare qualche piccolo, indispensabile, peccato di gola.

Fresh and Light | Donna hay | Guido Tommasi editore | pp. 208 | euro 28

The bagel company

The Bagel Company

Il bagel è una pasta lievitata, a forma di grosso anello, bollita brevemente in acqua e poi cotta in forno. È incredibile come da un panino così piccolo e semplice siano derivate mille e mille variazioni, dolci e salate, vegetariane, vegane o tradizionali. La sua pasta morbida e leggermente salata si sposa con gli ingredienti più disparati. Questo umile e versatile street food vanta un pedigree di tutto rispetto: se ne trova già traccia in alcuni documenti del 1600, in Polonia. Ma poi diventa una sorta di cibo-simbolo della città di New York, grazie all’immigrazione ebraica. “The Bagel Company” ha raccolto questa tradizione e la propone nelle sue molteplici varianti.

The Bagel Company | Myriam Sabolla | Guido Tommasi editore | pp. 159 | euro 19,90

 

Verdure antiche e dimenticate

Rutabaga, scorzonera, mizuna... Nomi di cui sappiamo poco: sono solo alcuni degli ortaggi dimenticati che a volte giacciono solitari accanto a cespi di insalata e peperoni. Sono verdure antiche che talvolta fanno capolino in alcuni banchi di frutterie e anche di supermercati. Rimane difficile usarle, perché non le conosciamo. Eppure sono spesso ricche di nutrienti e di sapori che non hanno mai varcato la soglia della nostra cucina perché probabilmente la loro coltivazione è stata abbandonata da tempo, trascurata dall’agricoltura moderna, tesa a immettere sul mercato prodotti più resistenti alle malattie e più facili da vendere. Keda Black ci spinge e ci accompagna a conoscerli, a prendere dimestichezza con le loro superfici spesso raspose, bitorzolute, irregolari e a godere della loro riscoperta.

Verdure antiche e dimenticate | Keda Black | Guido Tommasi editore | pp. 192 | prezzo 25 euro

 

Le verdure preferite di Mr Wilkinson

Perché un libro sulle verdure? Un altro? E poi perché mai proprio sulle verdure preferite di Mr Wilkinson? Perché lui, Mr Wilkinson, punta a spiegare ai lettori come è arrivato a scegliere quelle di cui scrivere. E presenta l’approccio culinario in maniera curiosa, originale e avvincente. Mr Wilkinson racconta di sé e dei suoi gusti, e nelle sue ricette ci mette il cuore.

Le verdure preferite di Mr Wilkinson | Matt Wilkinson | Guido Tommasi editore | pp. 290 | euro 28

 

La cucina extra vergine

Le intolleranze alimentari, dopo un primo momento di paura e sbandamento, rappresentano una grande opportunità per fuggire dai prodotti industriali, precotti, preconfezionati, lavorati e artificiali. Da qui parte l’autrice per proporre un approccio salutistico al cibo: vi accorgerete di aver perso peso, di essere più contenti e di dormire più serenamente, assicura. E questo senza contare che avrete diminuito il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, cancro e diabete di tipo 2.

La cucina extra vergine | Susan Jane White | Guido Tommasi editore | pp. 262 | prezzo 25 euro

 

 

 
 

Street Chef a Cortona. Una notte sotto le stelle con il cibo di strada d’autore

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Al Mix Festival di Cortona il 2 agosto va in scena l’omaggio alla tradizione gastronomica popolare d’Italia, con 7 chef riuniti per una cena che unisce a tavola la Penisola, da Nord a Sud. Prima però il pomeriggio tra lampredotto, piadine e panzanella. 

Cortona in festa

È la quinta edizione per il Cortona Mix Festival. Per una settimana la manifestazione anima l’intera cittadina toscana facendo leva sulle connessioni e la contaminazione tra arti diverse, riconducendo forme alternative di creatività alla voglia di sorprendere il pubblico e fare spettacolo. E così ogni anno, a cavallo tra la fine di luglio e l’inizio di agosto si va in scena con tanti ospiti che si ritrovano in piazza Signorelli, stavolta per onorare il ricordo di Umberto Eco, con narratori e musicisti jazz, fotografi e performer, attori e maestri d’orchestra. Il festival è già in corso, e si protrarrà fino al 7 agosto, ma l’appuntamento dedicato agli appassionati di cibo è in programma per martedì 2 agosto, dalle 16 a tarda notte, quando tra piazza Garibaldi e via Nazionale, per la serie Cortona con Gusto, Terretrusche organizza Street Chef.

Un sorso ed un morso

Si comincia nel pomeriggio, con l’iniziativa Un sorso ed un morso, che prende in prestito gli scorci più suggestivi del centro cittadino per ricreare l’atmosfera della domenica del villaggio; l’obiettivo è quello di ripercorrere idealmente le piazze delle diverse regioni d’Italia attraverso le suggestioni del gusto. Chiaramente offrendo il meglio dello street food italiano. Ogni stand proporrà quindi un’ambientazione tematica e specialità che non hanno bisogno di troppe presentazioni, dalla trippa di Chianina al panino col lampredotto del fiorentino Leonardo Torrini alla piadina romagnola con prosciutto e squacquerone. La rappresentanza toscana, per dir la verità sarà molto più nutrita, tra porchetta cotta in forno a legna e zuppe contadine, dalla ribollita della Valdichiana al farro della Garfagnana, alla panzanella, dai pecorini proposti in degustazione agli hamburger di Chianina e di Cinta Senese, ai salumi toscani. E poi ciaccia fritta e frittura mista di pesce di lago proposta dalla Cooperativa pescatori lago Trasimeno, frizzone romagnolo e verdure dell’orto pastellate e servite in cartoccio, e gelato naturale per chiudere in dolcezza.

Street chef. 7 chef per la cena d’autore in piazza

Dopo il tramonto, dalle 21, in piazza sarà il momento degli chef. Sette personalità della ristorazione d’autore italiana si cimenteranno ancora una volta con un’interpretazione di piazza della tradizione gastronomica popolare. Gli ospiti prenderanno posto ai tavoli allestiti sotto le stelle, mentre gli chef, con il supporto dei cuochi del territorio serviranno le portate di una cena gourmet che unisce le forze per presentare un menu inedito. Ambasciatore ideale dell’incontro in cucina tra personalità tanto diverse è Paolo Gramaglia. Con lui Claudio Sadler, da Milano con la sua fregola sarda allo zafferano con ragù di polpo al peperoncino, Gaetano Trovato – che gioca in casa, da Colle Val d’Elsa – con un baccalà alla livornese, Pino Cuttaia, per proporre una sferzata di Sicilia, con l’arancino di riso al ragù di triglia e finocchietto selvatico. A Paolo Gramaglia, da Pompei, il compito di valorizzare la cultura partenopea, in prima battuta con l’aperitivo tra Pompei e Cortona – un succo di pomodorini vesuviani con bufala in coppa Martini – poi con la tradizionale genovese. Da Roma arriva Giuseppe di Iorio, con la guancia di vitello, cavolo viola, gel di passion fruit e chips di riso al cacao, da Como (Casta Diva Resort) Massimiliano Mandozzi, con alici, bufala, limone candito e panzanella. Mentre a fare gli onori di casa sarà Silvia Baracchi, dal relais Il Falconiere di Cortona, con le sue mezze maniche farcite di oca giuliva su passata di granturco. Con loro oltre 30 ristoranti della Valdichiana cucineranno in piazza, in abbinamento a 30 etichette del Consorzio Vini Cortona. L’appuntamento serale è su prenotazione, tramite il sito dell’iniziativa.

Street Chef | Cortona | piazza Garibaldi e via Nazionale | il 2 agosto, dalle 16 a tarda sera | per info www.ticketing.terretrusche.com

Ice cream Museum a New York. Il temporary per novelli Willy Wonka appassionati di gelato

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Una piscina di caramelle in cui tuffarsi dal trampolino, altalene giganti, stanze che profumano di cioccolato e palloncini commestibili. Tutto questo è il museo pop up al Meatpacking District, fino al 31 agosto. Biglietti sold out in 5 giorni.  

Il museo che ha fatto impazzire New York

Su Instagram le foto ricordo già impazzano da qualche ora e a New York molti lo considerano il pop up più goloso dell’anno. Quel che è certo è che i 30mila biglietti disponibili per la prevendita online sono andati sold out ancor prima che il temporary museum aprisse i battenti (in soli 5 giorni). Ora che l’Ice Cream Museum della Grande Mela ha ufficialmente inaugurato, per dir la verità, gli organizzatori hanno concesso qualche speranza in più a tutti coloro che non sono riusciti ad assicurarsi un ingresso: “Sign up for news e tickets updates” si legge sull’accattivante e cremoso fondale rosa confetto che accoglie in homepage chi curiosa sul sito del museo. Tanto basti per sottolineare il clamore suscitato in città dall’iniziativa promossa per l’estate (fino al 31 agosto) nella galleria di Maryellis Bunn al Meatpacking District, a qualche centinaio di passi dal celebre Whitney Museum.

Un mondo fiabesco per i maniaci del gelato

Il gruppo di creativi, artisti e designer (una trentina) all’opera negli ultimi mesi sull’allestimento di questo percorso a misura di bambino, ma molto più apprezzato da tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno sognato di tuffarsi in una piscina stracolma di caramelle colorate e non aspettano altro che fare un salto indietro nel tempo di qualche decennio, ha lavorato sulla possibilità di trasportare i visitatori in una dimensione fantastica che prende forma sotto i loro occhi senza paura di scadere nel kitsch. Poca quindi l’attinenza con la realtà, tantomeno l’intento educativo del museo, praticamente assente. Tanta invece la voglia di stupire con effetti speciali. E inevitabile scomodare il parallelo con la mitica fabbrica di Willy Wonka, che la penna di Roal Dahl aveva saputo descrivere nei dettagli più stravaganti ben prima di qualche anno fa, quando arrivò sul grande schermo. Cosa aspettarsi, dunque, da una visita al numero 100 di Gansevoort Street durante il prossimo mese?

Il percorso. Un tuffo in piscina… Tra le caramelle

Il museo “curato da un collettivo ossessionato dal gelato” - si legge sul sito dell’iniziativa – “propone al pubblico un’esperienza ice-cream centric” improntata sull’interattività e sulla condivisione, com’è chiaro dalle prime foto che circolano a mezzo stampa e sui social network dallo scorso 29 luglio, quando il temporary ha aperto le porte. E allora si passa dalla stanza del cioccolato alla piscina di caramelle (di plastica!), dall’altalena biscotto all’angolo dei palloni commestibili all’elio, per arrivare alla degustazione di gelato offerta al termine del percorso con la collaborazione di alcune tra le più celebri gelaterie della città, che si alterneranno ogni settimana per proporre gusti sempre diversi. Immancabile lo shop che propone gadget di ogni tipo per gelato-maniaci e nostalgici dell’infanzia e ben chiaro al termine dell’esperienza l’intento commerciale di un’operazione che pur dichiaratamente studiata per finire in pasto ai social network – come ha rilevato compatta la stampa locale – ha fatto letteralmente impazzire la città. Complice una calda estate newyorkese e un’irresistibile passione per il gelato. Ma non è meglio mangiarlo?

 

Ice cream Museum | New York | 100 Gansevoort street | fino al 31 agosto |  www.museumoficecream.com

Foto di copertina The Verge

Valore Paese. Bando per 20 nuovi fari in concessione: perfetti per progetti su cibo e ristorazione

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A settembre l'Agenzia del Demanio pubblicherà un nuovo bando nell'ambito del progetto di rinascita di fari ed edifici costieri di pregio che affollano il litorale italiano. La prima tranche ha portato a esclusioni eccellenti, ma promette tante originali attività ricettive e ristorative. E si continua così. 

Dalle Case Cantoniere ai fari. L'Italia più bella

E dopo le Case Cantoniere arrivano i fari. L'Agenzia del Demanio in sinergia con i ministeri di turno sembra aver intrapreso con convinzione la strada della valorizzazione di un patrimonio abbandonato per lungo tempo a se stesso. E per farlo chiede l'aiuto dei privati, stimolandone la voglia di fare impresa con quanto di più prezioso possiede il nostro Paese: i beni paesaggistici, storici e artistici. Qualche settimana fa il bando relativo alla concessione di 30 edifici dell'Anas su tutto il territorio nazionale ha spinto molti potenziali imprenditori del settore dell'ospitalità a guardare le celebri case rosso pompeiano dislocate lungo le principali arterie della Penisola sotto una nuova luce: perché non trasformarle in punti d'accoglienza e ristoro per i turisti che visitano l'Italia? Per candidarsi c'è tempo fino al 31 ottobre 2016, i primi risultati concreti si vedranno la prossima estate. Intanto però, di comune accordo con il Ministero della Difesa, il Demanio anticipa la pubblicazione di un altro bando (pronto per settembre) per l'affidamento in concessione di 20 cosiddetti “gioielli del mare”, tra fari, torri ed edifici costieri che si stagliano suggestivi lungo il litorale italiano. Venti in tutto, da assegnare in concessione a privati fino a un massimo di 50 anni dietro versamento di un canone d'affitto annuo.

Valore Paese – Fari. La prima fase, i primi progetti

Solo qualche tempo fa, la prima tranche del progetto di rinascita dei fari italiani (bandita a ottobre 2015) aveva portato all'assegnazione di nove edifici: incassi stimati oltre 6 milioni per gli affitti e altrettanti investiti dai privati per la riqualificazione delle strutture, molte destinate a confluire nel paniere del settore turistico-ricettivo, con evidenti risvolti occupazionali. Tra i primi aggiudicatari a beneficiare dell'iniziativa Valore Paese – Fari giovani imprenditori, imprese locali e investitori esteri; di diversa natura i progetti vincitori, molti concentrati sull'offerta gastronomica, come quello che trasformerà il Faro Capo Grosso sull'isola di Levanzo a Favignana in un resort dove ospitare workshop di cucina, eventi, escursioni e attività di sensibilizzazione sulla pesca consapevole. Ancora in Sicilia, ad Augusta, il Faro di Brucoli sarà allestito come punto di accoglienza turistica per la promozione dei prodotti enogastronomici locali, e pure Murro di Porco a Siracusa diventerà locanda con ristorante e 14 camere grazie all'iniziativa di un giovane under 30. E così sarà per la bottega dei sapori prevista nella riqualificazione del Faro di Capo d'Orso a Maiori, assegnato al WWF, e in maniera diversa per i fari di Punta Imperatore a Forio d'Ischia e San Domino alle Isole Tremiti assegnati alla società tedesca Floatel GmbH, già specializzata nel recupero di lighthouse all'estero, che realizzerà la sua idea di rifugio nel faro.

A questo proposito però spiace e sorprende notare che sia stata accantonata la proposta di Gualtiero Marchesi, che proprio sul faro di Punta Imperatore aveva puntato per realizzare un'accademia culinaria diffusa.

Il nuovo bando. 20 tra fari, torri ed edifici costieri

A settembre però si apriranno nuove molteplici possibilità per chi non demorde e vuole investire sul turismo sostenibile. Tra gli immobili coinvolti il Faro di Capo Zafferano sul promontorio che divide i golfi di Palermo e Termini Imerese, il Faro di Riposto in provincia di Catania, il Faro di Capo Rizzuto in Calabria, ma anche il Faro del Po di Goro, alla foce del Po, o il Faro Spignon, circondato dalla laguna di Venezia. A Ponza andrà in concessione il Faro della Guardia, a Vieste il Faro di Torre Preposti, sull'isola d'Elba quello di Punta Polveraia, a Salina il Faro di Capo Faro. E anche Pantelleria partecipa con il Faro di Punta Spadillo. Tra gli edifici più suggestivi anche la Torre Angellara di Salerno, lo Stand Florio di Palermo con il suo chiostro in stile moresco e il convento seicentesco di San Domenico Maggiore Monteoliveto a Taranto.

Aspettando la pubblicazione del bando il demanio promuove per tutto il mese di agosto le giornate #openlighthouse, come per ogni vendita che si rispetti. Chi fosse interessato a investire può partecipare alle visite e cominciare a sognare con cognizione di causa. L'Italia determinata a creare valore finalmente comincia a girare.

 

Informazioni disponibili su www.agenziademanio.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Carissimo Davide. In ricordo di Davide Oltolini

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Stimato critico enogastronomico, sommelier, volto noto della tv, uomo gentile e serio professionista. Queste le scarne parole che ci consegnano le cronache del giorno dopo per tracciare il ritratto di Davide Oltolini, oggi che non c'è più. Nel giorno del suo compleanno. Noi però vogliamo salutarlo così, senza paura di cedere al ricordo più intimo. 

Carissimo Davide.

 

Quel "carissimo/a" era il marchio di fabbrica delle tue telefonate, rapide e pragmatiche ma mai prive di un tocco floreale in apertura e in chiusura. Tra il "carissima" e il succo della comunicazione interponevi sempre una pennellata adulatoria, garbata e vezzosamente ironica, detta col sorriso sornione che instillava ogni volta il dubbio: ci fa o ci è?

Domenica 31 luglio, tra le 16 e le 17, hai mandato alla posta di redazione le tre schede piemontesi che ti mancavano per concludere la lista annuale della guida ristoranti. Mi avevi chiesto diverse volte alcuni libri che non ho potuto inviarti prima, te li avevo ripromessi proprio la scorsa settimana giurando che stavolta ti sarebbero arrivati, e tu hai chiosato l'ultima mail con "attendo con fiducia, allora".

 

Ti ho conosciuto sette anni fa e da allora, alla doppia scadenza annuale delle pubblicazioni cui davi il tuo puntualissimo e affidabile contributo, ci sentivamo via mail, telefono e sms per le solite concitate comunicazioni strutturali. Per quello che ho avuto modo di sapere, leggere e sentire di te e da te, pure davanti ai pochi bicchieri che abbiamo condiviso e anche e soprattutto nel cazzeggio di contorno che ci salva dal prenderci troppo sul serio, eri un professionista vero, serio, razionale e concentratissimo. Autocompiaciuto e ingenuo per scherzo, mai arrogante, mai eccessivo, consapevole di sapere ma sempre, nella tua collaborazione con noi, con un signorile passo indietro. Eri un degustatore seriale, sezionavi le esperienze al ristorante come facevi con un vino o un formaggio, registravi ogni dettaglio e lo riportavi al "quartier generale" puntualizzando immancabilmente "io mi rifaccio alle vostre decisioni". Nove su dieci noi ci rifacevamo alle tue.

 

Ciao carissimo, è stato un onore averti avuto in squadra con noi

 

La guida Ristoranti d'Italia 2017, attualmente in corso d'opera, sarà dedicata a Davide Oltolini.

 

 

a cura di Valentina Marino

 

 

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