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Quali pesci preferire in estate nel versante Adriatico Sud. I consigli di: Domenico Cilenti, Pasquale Cetrone, Marco Carone e Floriano Pellegrino

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Acque cristalline, profumo di salsedine e tavole rassicuranti; le coste italiane d'estate diventano meta turistica e gastronomica. Ma quale pesce bisogna ordinare in questa stagione? Abbiamo intrapreso un lungo viaggio alla scoperta del pesce estivo e di varietà tipiche. Oggi approdiamo in Puglia in compagnia di Domenico Cilenti, Pasquale Cetrone, Marco Carone e Floriano Pellegrino.

 

Continua la nostra navigazione tra le acque e le coste italiane, alla ricerca dei pesci di stagione e varietà tipiche. Oggi approdiamo in Puglia, a Peschici, a Polignano a Mare e a Lecce dai Bros', che per il menù Estate 2018 hanno messo in piedi un viaggio incredibile, toccando anche (ovviamente) le coste pugliesi.

Peschici

Domenico CilentiDomenico Cilenti

Il contesto è di quelli che predispongono al meglio, nel suggestivo dedalo di viuzze del centro storico. E il ristorante Porta di Basso gode di una posizione invidiabile, incastonato com’è nella roccia, con il plus di un affaccio a strapiombo sul mare di incredibile bellezza. In cucina, poi, c’è il patron Domenico Cilenti, che da queste parti ci è nato e ha deciso di tornarci a lavorare dopo essersi fatto le ossa all’estero. Lui è un perfetto interprete di una cucina di territorio dove mare e terra si fondono in un felice connubio orchestrato con il massimo rispetto per la materia prima, dalle verdure coltivate ancora secondo il ritmo delle stagioni negli orti della zona al miglior pescato locale che sceglie personalmente. In vista del fermo biologico della pesca che porterà al blocco delle attività della flotta da pesca italiana in tutto l’Adriatico,Domenico si affida solo alle piccole imbarcazioni, “in questo momento si pesca il pesce piccolo per la zuppa e i pesci locali, tipo scorfani di scoglio, trigliette, totani e molluschi. C'è ancora il pesce azzurro e i cosiddetti pesci da trabucco (antica macchina da pesca, ndr), capita poi che si peschino ancora le orate di mare, le seppie e qualche ricciola”. È proprio la ricciola, insieme al cefalo, la preferita di Domenico. “Marinata e al carpaccio è ottima, così come il cefalo, che io accompagno con pane e pomodoro, in maniera molto tradizionale”. In ogni caso, secondo lo chef, il pesce o lo si fa marinato “con zucchero e sale, buccia di arancia o limone e una macinata di pepe: e via, il risultato è garantito”- oppure lo si fa leggermente scottato, magari accompagnato da una bisque fatta con testa e lische, “perché del pesce non si butta via nulla!”.

Polignano a Mare

Marco CaroneMarco Carone e Vito Mancini

Da Peschici navighiamo verso Polignano a Mare, qui Pasquale Cetrone ha raccolto il testimone lasciato da papà Vito (per tutti Tuccino) con l’obiettivo di dare nuova linfa al locale di famiglia, che tra l'altro regala un affascinante affaccio sul porticciolo. Missione riuscita. Da Tuccino si trovano solo materie prime selezionate, primo fra tutti un pesce sempre freschissimo, vanto e fama di questa tavola tanto amata dai buongustai della zona. Oggi, ad aiutare Pasquale (che rimane il regista di tutto) nella scelta del pesce c'è il nipote Marco Carone. “Noi abbiamo due barche a Porto Cesareo, che ci forniscono tre volte a settimana, poi andiamo all'asta dei gamberi viola a Gallipoli, unico posto in Italia dove si fa la pesca giornaliera. Le altre marine, invece, fanno pesca di bordata uscendo per tre, quattro giorni durante i quali congelano a bordo. I gamberi sono sempre ottimi dal punto di vista qualitativo, sia chiaro, ma quelli di Gallipoli rimangono pur sempre i più gustosi e apprezzati”. Al di là dei gamberi, questo è periodo di saraghi, scorfani, orate, triglie, sgombri, alicette e polpi veraci.“In questi giorni si cominciano a pescare anche i moscardini e gli allievi(seppioline piccole)che a Bari si mangiano crudi”. In realtà a Bari e provincia un po' tutto il pesce lo si mangia crudo - “al naturale”, specifica Marco – dal polpo allo scorfano, “un pesce colorato e affascinante, nonostante sia proprio brutto, che oggi va per la maggiore”.Loro lo propongono marinato con gli agrumi e sfilettato, “lo serviamo così da vent'anni, seguendo alla lettera la ricetta di mia nonna”, la moglie di Tuccino.

Bros'

Floriano PellegrinoFloriano Pellegrino

Da due tavole solide e tradizionali, cambiamo spartito per suonare le note dei Bros'. Loro sono Floriano Pellegrino e Isabella Potì, compagni di vita e lavoro, giovani, belli, rock, talentuosi e velocissimi: il loro ristorante non ha neanche tre anni, ma è avanti anni luce. Ciononostante hanno i piedi saldamente piantati nella tradizione pugliese e salentina. Il nuovo menù Estate, in linea con il nuovo allestimento interno dai colori bordeaux e azzurro, lo dimostra chiaramente. “Il tema che abbiamo voluto associare a questa stagione è “shine on you”. Una scelta” spiega Floriano “non solo legata alla tradizione salentina delle luminarie, che nasce nel mio paese d'origine Scorrano, ma anche e soprattutto perché è di buon auspicio”. Buon auspicio per intraprendere un viaggio che tocca la Thailandia, il Brasile, il Canada, ma anche Castro, Frigole, Gallipoli, Leuca, ovvero “tutti luoghi da cui prendiamo i nostri prodotti, scelti con coscienza e giudizio. Essendo io un buon salentino e un buon conoscitore del territorio, so bene che a seconda del posto, a seconda delle correnti marine e del microclima, il pesce cambia e acquista un sapore diverso”. Così, i ricci li acquistano da un signore che li procura unicamente da Leuca, “lì si che sono speciali”, mentre tutti gli altri pesci glieli porta Enzo, “un fornitore locale, diventato per me quasi uno zio”. Venendo alla ricetta, Floriano sceglie di svelarci la “Ricotta scante cotta, ricci” perché (gli) ricorda il mare. Il mare pugliese.

Ricetta con i ricci e la ricotta dei Bros di Lecce

Ricotta scante cotta, ricci

800 g di panna

200 g di ricotta forte

12 g di colla di pesce

30 g di ricci freschi per persona

Scaldare a 60° C panna e ricotta. Sciogliere la gelatina precedentemente ammollata. Far freddare in ciotoline per il servizio. Al momento del servizio temperare e versare il riccio fresco con un filo di olio evo.

Cracker

Primo impasto

450 g di farina 00

25 g lievito di birra

225 g di acqua

16 g sale

Unire farina, acqua, lievito e impastare per tre minuti. Aggiungere il sale e impastare fino ad ottenere una pasta uniforme.

Secondo impasto

155 g di burro

120 g di farina 00

Unire gli ingredienti fino a ottenere un composto omogeneo. Formare un rettangolo e freddare. Stendere il primo impasto e porre nel mezzo il secondo impasto. Chiudere come se fosse una sfoglia. Dare 3 giri semplici e 1 doppio. Stendere con la sfogliatrice al numero 6, coppare e cuocere a 160° C per 9 minuti.

Impiattare accompagnando il cracker con a ricotta e i ricci.

 

Porta di Basso - Peschici (FG) – via C. Colombo, 38 – 0884355167 - portadibasso.it

Da Tuccino - Polignano a Mare (BA) – via Santa Caterina, 69f – 0804241560 - tuccino.it

Bros' – Lecce – via degli Acaja, 2 – 0832092601 - brosrestaurant.it

 

a cura di Annalisa Zordan

 

La mappa dei pesci estivi

Tirreno Nord. I consigli di: Enrico Marmo, Davide Cannavino e Valentino Cassanelli

Tirreno Centro. I consigli di: Luciano Zazzeri, Fulvietto Pierangelini e Gianfranco Pascucci

Tirreno Sud. I consigli di: Giorgio Scarselli, Rinaldo Merola e Martina Caruso

Adriatico Nord. I consigli di: Maria Grazia Soncini, Lionello Cera e Francesco Brutto

Adriatico Centro. I consigli di: Gennaro D'Ignazio, Mauro Uliassi e Moreno Cedroni

 

 


I nodi più urgenti del settore vitivinicolo: intervista al Ministro Centinaio

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Ocm Promozione, Comitato vini e voucher agricoli. In questa intervista al settimanale Tre Bicchieri, il ministro garantisce massimo impegno e rapidità per la risoluzione di questi nodi fondamentali per il settore. E spiega perché agricoltura e turismo devono camminare assieme.

 

Al netto dei ritardi con cui si è formato il governo Lega-M5S, il primo cartellino giallo il ministro per le Politiche agricole, alimentari e forestali, Gian Marco Centinaio, lo ha ricevuto il 9 luglio, quando la filiera nazionale del vino gli ha inviato una lettera-appello, con cui lo ha invitato a velocizzare alcune pratiche fondamentali per tutto il comparto, come la nomina del Comitato nazionale vini del Mipaaf e il bando Ocm promozione. A distanza di due settimane, i provvedimenti non sono stati ancora emanati ma Centinaio usa parole rassicuranti nei confronti dei produttori di vino, che il Ministro elogia per la loro tenacia, garantendo il massimo impegno degli uffici ministeriali e rapidità nel risolvere le questioni aperte. A preoccupare sono soprattutto i sette mesi di inattività del Comitato vini, il cui lavoro sui disciplinari di produzioni delle Do e Ig italiane è determinante per mandare avanti la macchina. Ormai, va detto, per quelle Doc che speravano in un'approvazione delle nuove regole di produzione entro la vendemmia 2018, si dovrà andare al 2019. Mentre sull'Ocm promozione, purtroppo, consorzi e associazioni temporanee di imprese dovranno lavorare nei mesi estivi (come già accaduto in altre occasioni), con tutte le complicazioni del caso. Quindi, per evitare una seconda ammonizione a partita appena iniziata, occorre davvero colmare i ritardi.

Chi è Gian Marco Centinaio

Dirigente di azienda, nato a Pavia il 31 ottobre 1971, nel 1999 si laurea in Scienze politiche con indirizzo economico territoriale presso l'Università di Pavia. La sua carriera istituzionale inizia nel 1993 come presidente del Comitato di quartiere Città Giardino e in seguito come consigliere comunale del Comune di Pavia fino al 2009. Nelle elezioni comunali del 2009 ottiene l'incarico di vicesindaco e assessore alla Cultura e marketing territoriale per il Comune di Pavia. Alle elezioni politiche del 2013 viene eletto senatore per la Lega Nord e nominato capogruppo. Nel corso della XVIIma legislatura, ha ricoperto diversi incarichi nelle commissioni Affari costituzionali, Finanze e tesoro, Istruzione. Il 4 marzo 2018 è stato rieletto senatore per la Lega, e nominato capogruppo al Senato. Il 1 giugno 2018 ha giurato come ministro per le Politiche agricole alimentari e forestali.

 

Ministro Centinaio, partiamo dai tre nodi più urgenti per il settore vitivinicolo. Ocm Promozione (manca il bando), Comitato nazionale Vini del Mipaaf (manca la nomina del presidente) e voucher in agricoltura per la prossima vendemmia.

Mi lasci fare una premessa: grazie produttori italiani. Se il nostro vino è diventato un simbolo di qualità nel mondo è grazie alla loro tenacia. Quello che voglio fare da Ministro è affiancarli, liberarli il più possibile dal freno della burocrazia, e i tre nodi che avete citato sono un esempio di quello che sto affermando.

 

Il bando Ocm promozione è in forte ritardo. Che novità ci sono?

Ho chiesto agli uffici di accelerare con l'uscita del bando che è ormai pronto. Per andare sui mercati internazionali la promozione è centrale.

 

Altro nodo, il Comitato vini, necessario a far funzionare la macchina delle Dop

Sul Comitato nazionale vini siamo in definizione. È importante mettere le basi per un lavoro triennale importante.

 

Veniamo ai voucher. Si moltiplicano le richieste di riattivazione. La vendemmia, però, parte il 1 agosto...

Sulla questione dei voucher stiamo lavorando in Parlamento sul Decreto Dignità. Il Ministro Di Maio ha aperto e il nostro obiettivo ora è dare certezze. Non vogliamo fare passi indietro sulla tutela dei lavoratori, ma semplificare e far emergere il nero. Ricordo che a chiedere i voucher è tutto il mondo agricolo e turistico.

 

I produttori vitivinicoli hanno chiesto più volte, negli anni precedenti, all'ex ministro Martina di attivare un tavolo permanente con il comparto e, in particolare, con le associazioni di categoria per favorire il confronto diretto ed evitare decisioni calate dall'alto, che rischiano di scontentare tutti. Quali segni di cambiamento intende dare in questo rapporto?

Il mio approccio è pratico. Fare un tavolo che non funziona non mi interessa. Se, invece, c'è la volontà della filiera di lavorare bene e insieme, allora il Ministero sarà protagonista. Di cabine di regia annunciate ne abbiamo viste tante. Serve un passo in più e su questo voglio lavorare.

 

Ministro, nel suo curriculum c'è una laurea in economia territoriale e sono note le sue esperienze in campo turistico. Ci spiega come Agricoltura e Turismo potranno viaggiare assieme e creare valore aggiunto?

I turisti vengono in Italia sia per le sue bellezze storiche, architettoniche, naturalistiche, sia per l’enogastronomia. Intelletto e palato, gusto e bellezza, viaggi tra sapori e tesori: l’abbinamento agricoltura e turismo è presto fatto. Tutto insieme costituisce un’esperienza emozionale, che si compone di quello che il viaggiatore vede, ma anche di quello che assaggia.

 

Il settore vino punta molto sull'enoturismo, che finalmente ha trovato posto nella legislazione italiana, anche se vanno definiti i dettagli applicativi.

Per me turismo, cibo e vino sono i pilastri per il rilancio di immagine ed economico del Paese. Non è un caso che ora il mio Ministero diriga anche le politiche sul turismo. Quindi, sono felice di poter concretizzare una norma giusta come quella sull'enoturismo. Finalmente, anche per i nostri imprenditori vinicoli valgono gli incentivi che hanno gli agriturismi. Parliamo di 4 milioni di turisti accolti, che possono diventare molti di più. Il decreto attuativo lo stiamo condividendo con le Regioni per le ultime limature.

 

Trattati di libero scambio. Sul Ceta lei ha detto che non c'è fretta e che ha bisogno di numeri. Per le aziende del vino italiane, il Canada è il quinto mercato di destinazione, con crescite di circa il 10% in volume e in valore nel 2017 (dati Istat). E anche l'export agroalimentare nei primi cinque mesi 2018 segna +4% a valore. Cosa ne pensa?

Analizzando la crescita dell’export italiano, si evince che le esportazioni agroalimentari del nostro Paese stanno correndo più di quelle dei concorrenti, facendo segnare dati molto confortanti sia durante sia a fine anno. E questo non è un segnale da sottovalutare. Prima di prendere una decisione sul Ceta, a Bruxelles, ho posto sul tavolo all’attenzione sia del Commissario europeo per l'Agricoltura, Phil Hogan, sia della politica italiana, la necessità di poter ragionare se questo accordo serva o no all’Italia. Se fa il bene dell’economia italiana o non lo fa. Serve sapere se i prodotti italiani in Canada sono tutelati o no, se siamo tutelati dal fenomeno dell'Italian sounding. Abbiamo tempo per poter fare un analisi, di poter vedere cosa succederà, di poter chiedere alle nostre aziende. A me interessano le nostre aziende. Vogliamo capire con dati concreti se realmente il Ceta sia vantaggioso per il nostro Paese.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 26 luglio
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Startupbootcamp FoodTech 2018. 9 food startup dall'Italia e dal mondo che cambieranno il futuro

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A Roma si apre il terzo ciclo di incubazione promosso dal prestigioso acceleratore Startupbootcamp Foodtech. Sono sette le realtà coinvolte (più due accettate con riserva), tutte in grado di offrire soluzioni all'avanguardia per il futuro del sistema alimentare.

 

Si è conclusa a Roma la presentazione del nuovo ciclo di accelerazione di startup da parte di Startupbootcamp Foodtech, l’acceleratore di riferimento per il settore foodtech e agritech. Sono 9 le realtà selezionate.

Matteo FagoMatteo Fago

Come funziona la selezione

Ci sono arrivate oltre 700 domande provenienti da tutto il mondo”, ci spiega Matteo Fago, uno dei fondatori e finanziatori di Startupbootcamp Foodtech, “noi abbiamo selezionato le sette startup più innovative, più due accettate con riserva di approfondimento”. Secondo quali criteri? “Una prima scrematura è fatta sulla base della correttezza dell'application e la completezza del team, che deve avere un componente che si occupi di sviluppo, uno di business e così via. Poi si vanno a valutare le idee di business, e per questo ci avvaliamo dell'aiuto di mentors, ognuno dei quali dà una valutazione. Sulla base di queste, sottoponiamo le prime cento startup a un colloquio dove si discute con loro del progetto”. Dopodiché ne selezionano circa una ventina e durante i selection days (che si sono appena conclusi a Roma) si stila la classifica finale. Scopriamo le nove selezionate.

Authenticook

Mette in contatto i turisti con i locali affinché possano godere di autentiche esperienze gastronomiche organizzate e ospitate da famiglie indiane. È una sorta di Airbnb del food. Paese: India.

www.authenticook.com

 

Bioerg

Specializzata nella produzione e commercializzazione di additivi alimentari, in particolar modo di destrano chiamato NextDext, ovvero un polisaccaride utilizzato nell'industria alimentare. Sono molteplici le proprietà: nei gelati, per esempio, evita la cristallizzazione, nei prodotti freschi evita l'ossidazione e nei prodotti da forno aumenta la sofficità. Paese: Italia.

www.bioerg.it

 

Farm-R (Farmer to Farmer Rental)

Consente agli agricoltori di condividere macchinari e servizi, cercando così di risolvere la sottoutilizzazione dei macchinari nel settore agricolo. É molto intuitivo da usare e fornisce la possibilità di richiede le macchine on demand in pochi clic. Paese: Regno Unito.

https://farm-r.com

 

Hotbox Food

Ha ideato un dispositivo avanzato per la consegna a domicilio di cibi caldi di piccolo, medio e grande formato. Attraverso una serpentina di acciaio inox sfrutta il calore in eccesso dello scooter, che altrimenti andrebbe sprecato, per mantenere calde le pietanze. Paese: Italia.

http://hotboxfood.it

 

Mushroom Cups

Ha ideato una bevanda simile al caffè con i funghi delle foreste croate, eliminando così gli effetti collaterali del caffè. Paese: Croazia.

https://mushroomcups.com

 

Poirot Systems

Offre una gestione dell'inventario rapida e impeccabile, sostituendo il lavoro manuale. È rivolta a bar, ristoranti, hotel che vogliono eliminare carta e penna, ma mantenendo ordine e controllo su tutte le operazioni. Paese: Estonia.

https://poirot.systems/

 

Vaartani

Vaartani ha creato un modello di intelligenza artificiale in grado di comprendere, classificare e rispondere alle domande dei consumatori relative ai prodotti alimentari confezionati. Paese: Spagna.

https://vaartani.com

 

Special mention per due startup accettate con riserva di approfondire alcuni aspetti:

Berlin Green

Un sistema modulare di idroponica indoor, da utilizzare quotidianamente e senza alcuno sforzo. Paese: Germania.

www.berlingreen.tech


Ecopack

Crea film biodegradabili a base di materie prime vegetali che hanno un costo di 1 dollaro al chilo, un imballaggio utile per ridurre i costi e sostenibile per l'ambiente. Paese: Russia.

www.ecopackproject.com

A loro, durante i tre mesi previsti dal programma di accelerazione, sarà fornito l’aiuto tecnico di un team di imprenditori, partner e investitori, “in modo tale che possano raggiungere obiettivi che in condizioni di normalità richiederebbero almeno un anno e mezzo di lavoro”. Poi, al termine dei tre mesi, i rispettivi progetti verranno presentati a investitori e imprenditori di tutto il mondo.

 

www.startupbootcamp.org

 

a cura di Annalisa Zordan

 

 

 

 

 

 

Cercasi assaggiatori di Nutella & co. Ferrero offre 60 posti per il lavoro più goloso del mondo

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Gusto e olfatto sono i requisiti base di un giudice sensoriale, che aiuta le aziende alimentari a testare il prodotto per pianificare nuove linee di sviluppo. Ferrero ne cerca 60, e senza esperienza: i candidati seguiranno un corso di formazione, 40 di loro avranno il lavoro. Ecco in cosa consiste, e chi può provarci. 

 

Il lavoro goloso

I candidati dovranno essere disposti a trasferirsi per qualche tempo ad Alba, è vero. Ma il fatto che la cittadina piemontese sia conosciuta in tutto il mondo non solo come capitale del tartufo, ma pure per essere il quartiere generale di Ferrero, non è un dato trascurabile. Non per chi sceglierà di rispondere all’annuncio di lavoro più goloso dell’estate, che prevedibilmente riceverà moltissime adesioni. Nutella cerca giudici sensoriali per testare il prodotto, e per la prima volta sceglie di rivolgersi all’esterno anziché eseguire i suoi test tra i dipendenti dell’azienda. I requisiti? Decisamente alla portata di molti: niente allergie e capacità di utilizzare un pc. Mentre non è richiesta la famigerata esperienza sul campo, né si valuteranno particolari competenze specifiche. Anzi, meglio che ad assaggiare siano semplici consumatori portati a esprimere valutazioni dirette e non influenzate da considerazioni troppo tecniche, tipiche degli addetti ai lavori.

 

Il giudice sensoriale. Chi è?

Alla fine saranno in 60 gli aspiranti assaggiatori selezionati tramite colloquio tra chi ha risposto all’annuncio apparso all’inizio di luglio su Openjobmentis: alla fine di settembre comincerà per loro un percorso formativo retribuito di 3 mesi, per educare il senso del gusto e dell’olfatto, e pure per imparare come si può esprimere con le parole più giuste quanto è stato percepito durante l’assaggio: in 40, i più idonei, riceveranno il lavoro – un contratto in somministrazione duraturo nel tempo - in Soremartec, la società di ricerca e sviluppo di Ferrero. Ma il lavoro, in sostanza, in cosa consiste? I giudici lavoreranno per due giorni a settimana, alternandosi in turni di due ore, alle prese con l’assaggio di semilavorati e materie prime, dal cacao alla granella di nocciole (quindi chi pensa di poter affondare il cucchiaino per tutta la giornata in un barattolo di Nutella è fuori strada), e la concentrazione sarà fondamentale per svolgere al meglio un ruolo che le grandi aziende del comparto alimentare sono sempre più propense a incentivare per sostenere il processo di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti o linee già in produzione, che però richiedono costanti test qualità.

 

Presente e futuro di Ferrero

Dunque l’azienda piemontese fondata nel 1946 e guidata oggi da Giovanni Ferrero detta le regole di una rigorosa gestione della produzione, che nel 2017 le ha permesso di salire sul podio mondiale del settore dolciario, terza per fatturato (10,6 miliardi di euro) subito dopo Mars e Mondelez. Non a caso negli ultimi due anni il percorso di consolidamento aziendale è passato da un lato attraverso nuove acquisizioni - l’ultima, qualche mese fa, l’acquisto della divisione americana di Nestlè, ha fatto molto parlare di sé, dimostrando la chiara intenzione di mettere radici negli Stati Uniti – dall’altro sullo sviluppo di prodotti capaci di conquistare nuovi mercati e abitudini alimentari. Anche a questo scopo i giudici sensoriali si riveleranno fondamentali per fornire un’ampia gamma di percezioni gusto-olfattive da cui partire in fase creativa per realizzare nuovi best seller. Mentre Nutella procede a vele spiegate verso il suo sogno americano: dopo il successo del Nutella Cafè di Chicago, e i numerosi tentativi di imitazione, anche New York avrà il suo store dedicato agli amanti della crema alla nocciola più famosa nel mondo, entro la fine del 2018 nei pressi di Union Square. Da quest’altra parte dell’oceano gli aspiranti assaggiatori possono inviare le proprie candidature a alba@openjob.it(specificando nell’oggetto RIF. ALB01).

 

a cura di Livia Montagnoli

La tradizione islamica e l’evoluzione del cibo halal

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Quello del cibo halal è un mercato fiorente anche in quelle parti del mondo in cui i musulmani sono una minoranza, perché le regole alimentari richiedono cibi preparati osservando procedure precise. Ma cosa succede con la globalizzazione e la spettacolarizzazione del cibo? Ce lo spiega un libro della Oxford University Press. La recensione di Fabio Parasecoli.

 

Il Ramadan è passato. Sebbene questa tradizione sia praticata da milioni di persone in tutto il mondo, molti cittadini nei paesi occidentali spesso hanno solo un vago sentore dell'esistenza dei cambiamenti annuali nelle abitudini alimentari.

 

Regole islamiche sul consumo di cibo

Quando inizia il Ramadan, quando finisce, ciò che comporta non è mai molto chiaro. E così, anchepiatti particolari e celebrazioni, che variano nel mondo islamico, rimangono per lo più sconosciuti anche quandoad adottarli sono i vicini della porta accanto. Con l'aumento, nelle città del Global North, di immigrati musulmani, le cui abitudini sono spesso oggetto di sospetto se non di pura ostilità, è importante guardare più da vicino ai precetti alimentari islamici per comprenderne le origini, le ragioni e il funzionamento. Il centro di tutto sono le regole sul consumo di cibo, sviluppate attorno al concetto fondamentale di halal, che indica ciò che è ammesso, nel cibo e in altri campi. È sicuramente un argomento che merita maggiore attenzione, specialmente tra chi è interessato al cibo e alla sua cultura. Ma oltre alla rilevanza culturale e religiosa, quello del cibo halal è diventato ormai un segmento fiorente nel mercato alimentare globale, il cui valore supera notevolmente i mille miliardi di dollari.

L’evoluzione dei principi islamici

“Halal Food: A History”, scritto dagli storici Febe Armanios e Boğaç Ergene, esamina il tema del cibo “lecito” non solo dal punto di vista storico, come suggerisce il titolo, ma affronta anche le tendenze contemporanee in termini di modelli di consumo, produzione e commercio. Dopo un'introduzione accessibile ed esauriente sull’halal come concetto legale nell'Islam, gli autori spiegano che pratiche e principi non sono bloccati nel tempo, ma sono - al contrario - in costante evoluzione. In realtà, infatti, il ragionamento giuridico ha sempre interagito con le circostanze storiche e le preferenze regionali determinate dai contesti locali e dalla loro cultura materiale. "Il desiderio dei musulmani di vivere secondo i principi islamici è complicato dalla loro lotta per interpretare e applicare meglio quei principi alle circostanze in continua evoluzione” si legge nel libro “Spesso, le antiche interpretazioni giuridiche islamiche di ciò che è o non è halal sono più flessibili delle aspettative moderne, come nel caso della macellazione halal e di chi deve essere incaricato di eseguirla... queste concettualizzazioni sono ricostruite, mentre i musulmani si adeguano a cambiamenti nuovi, a volte radicalmente diversi e spesso importati dall'Occidente, riguardo la produzione del cibo e l'approccio all'alimentazione".

 

Pratiche di macellazione

Gli autori osservano come queste dinamiche influenzino diversi aspetti del cibo e delle bevande halal. Maggiore attenzione è data alla macellazione perché oggi un numero maggiore di musulmani mangia carne, conseguenza di un maggiore potere d'acquisto, e di una più generica svolta epocale tra le popolazioni benestanti verso un maggiore consumo di carne e prodotti lattiero-caseari. A causa dell'aumento della domanda, la carne è spesso importata da paesi non musulmani, cosa che amplifica le preoccupazioni sulle pratiche di macellazione adottate. Allo stesso tempo, Armanios ed Ergene sottolineano che "le tendenze radicali e pietistiche" stanno diventando sempre più popolari tra i musulmani, non solo nei paesi in cui questi costituiscono la maggioranza, ma anche tra le comunità di migranti di tutto il mondo. Tali approcci, che sottolineano l'importanza della purezza e la necessità di differenziare i musulmani dalle comunità circostanti, usano l'halal come strumento per mantenere una separazione rituale e, in alcuni casi, un isolamento culturale. Ultimo ma non meno importante, poiché il mercato per il cibo halal è in espansione, gli organismi di certificazione si stanno moltiplicando; la competizione per garantirsi segmenti di mercato può essere uno stimolo a stabilire standard più severi che meglio giustificano la loro presenza e le operazioni. Gli autori del libro si riferiscono a questo fenomeno come alla "burocratizzazione" e alla "scientizzazione" dell'halal.

 

Sostenibilità nel cibo halal

I musulmani non vivono in una bolla. I dibattiti sul trattamento più compassionevole degli animali si espandono all'interno delle varie comunità, dove è stata prestata maggiore attenzione all'allevamento e alla macellazione, in particolare per quanto riguarda lo stordimento prima della macellazione. Dato che diversi alimenti, soprattutto quelli preconfezionati, sono prodotti industrialmente, le ansie sui loro ingredienti stanno aumentando: oltre alle preoccupazioni riguardo salute e nutrizione, che i musulmani condividono con i consumatori di altre religioni, si sta moltiplicando anche una apprensione sulla purezza degli additivi, delle gelatine e di altre sostanze che aggiunte al cibo per migliorarne la stabilità e la durata di conservazione.

 

Il ruolo della TV e i media

Inoltre, i musulmani non sono isolati dal crescente interesse per il cibo come forma di svago e di espressione personale, e anche loro sono partecipano alla trasformazione del cibo in fenomeno mediatico, in TV, su Internet e in particolare sui social media. Oggi l'approccio al cibo halal prende in considerazione la sua qualità, il suo sapore e anche il suo aspetto, soprattutto su Instagram, creando ciò che è stata definita come "cucina halal", degna dell'attenzione di foodies appartenenti a tutte le fedi religiose. Per Armenios ed Ergene, la crescente attenzione sull'halal e i dibattiti che accende sono il risultato della globalizzazione e dei modelli migratori, che spingono le comunità musulmane dislocate nei più remoti luoghi del pianeta ad accedere alle reti di distribuzione transnazionali. In un'epoca in cui una nuova generazione di politici populisti in molti paesi occidentali sta cavalcando l'onda del nativismo e, a volte, della xenofobia, è importante essere più informati non solo su cosa mangiano i musulmani, ma anche perché e come lo fanno.

 

Halal Food: A History - Febe Armanios e Boğaç Ergene – Oxford University Press - 400 pp. -29.95$

 

a cura di Fabio Parasecoli

 

 

Dove mangiano gli chef in vacanza. I ristoranti del cuore di Roberto Petza e Ilario Vinciguerra

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Sempre più vicine (per alcuni già passate), le ferie preannunciano pranzi all'aria aperta e cene vista mare. Per selezionare i ristoranti migliori, abbiamo chiesto aiuto a due grandi chef italiani, Roberto Petza e Ilario Vinciguerra. 

 

Al mare o in montagna, di pesce o carne, purché si tratti di un pasto in pieno relax da gustare durante le meritate vacanze estive. A indicare le insegne da non perdere, questa settimana, Roberto Petza, sardo doc del S'Apposentu di Casa Puddu, agriturismo con camere, orto, azienda produttrice di formaggi di pecora, centro di formazione per cuochi e ristorante d'eccezione nel cuore di Siddi. E poi Ilario Vinciguerra dell'Ilario Vinciguerra Restaurant, meridionale verace che ha trovato la quadra salendo al Nord da giovanissimo, nella splendida villa Liberty di Gallarate, Varese.

 

da achille

Cucina tradizionale sarda

Nel Sulcis-Iglesiente, a Sud della Sardegna, Sant'Antioco rappresenta da tempo una meta d'eccezione per gli amanti del mare, che qui potranno trovare acqua cristallina, sabbia finissima e tante case colorate che ne dipingono il perimetro. Sul fronte gastronomico la località non delude e, fra le tante insegne della zona, ce ne è una storica molto cara allo chef Petza, Da Achille dell'Hotel Moderno, un'attività a conduzione familiare portata avanti da più di sessant'anni con cura e passione. Una cucina che ha fatto del pescato del giorno il proprio punto di forza, abbinato ai migliori ingredienti del territorio. Ad accompagnare ogni piatto, una buona selezione di vini locali e non, presentati con attenzione dallo staff che da sempre accoglie ogni commensale con premura a calore.

 

da vito

Sul Golfo dell'Asinara

Nella Sardegna nord-occidentale, invece, è Da Vito a Sennori, in provincia di Sassari, con la sua vista panoramica sul Golfo dell'Asinara, a catturare l'attenzione dello chef. Una cucina di mare senza fronzoli, essenziale, fondata sulle tante eccellenze locali, ma che non rinuncia a una ricerca minuziosa, creando piatti che esprimono una continua evoluzione. Un bell'ambiente accogliente ed elegante, in cui deliziarsi con i migliori prodotti della zona, lavorati con tecnica impeccabile, dalla fregola col granchio alla ricotta salata con olio e bottarga, da abbinare a uno dei tanti vini sardi disponibili in carta.

 

Il rifugio

La montagna sarda

Coste frastagliate da mozzare il fiato, tramonti indimenticabili e fondali affascinanti, ma non solo: la Sardegna è anche montagna, colline rocciose e piante selvatiche. Un'isola dalla doppia anima in cui al pesce fresco di giornata si affiancano piatti di carne robusti e succulenti. A Nuoro, per esempio, Il Rifugio è il luogo ideale dove assaporare la perfetta espressione dell'entroterra sardo. C'è la bistecca di cavallo alla griglia, fiore all'occhiello del locale, ma anche tanta pasta fresca fatta in casa, come i celebri culurgiones. Da gustare immersi in un'atmosfera semplice e informale, dall'accoglienza familiare tipica del Sud Italia.

 

Il Bikini

Nella Penisola Sorrentina

Restiamo ancora nel Meridione con i consigli dello chef Vinciguerrra, campano doc che per rilassarsi durante una giornata libera sceglie di tornare nella sua terra, ritrovando i sapori della giovinezza. Più precisamente, è Vico Equense la sua oasi di pace e del gusto, una località incantevole dove poter mangiare e bere bene a tutte le ore del giorno. A Il Bikini, per esempio: un pezzo di storia della Penisola Sorrentina, stabilimento balneare e ristorante con terrazza da cui godere di una delle più belle vedute sul Golfo di Napoli. Le materie prime sono quelle del territorio, le ricette quelle ispirate alla tradizione locale ma rivisitate con gusto contemporaneo, il servizio quello orchestrato in una sala curata che gira come un orologio.

 

nonna Rosa

Rielaborare la tradizione

E a proposito di rivisitazioni: ancora a Vico Equense, non lontano dal centro, la cucina di Peppe Guida è un esempio perfetto di cultura popolare che si evolve, prendendo spunto dal passato ma guardando al futuro. Il risultato? Un menu essenziale, semplice, immediato, di gusto. Piatti di sostanza, ma anche ricercatezza nell'estetica e nella lavorazione di ogni singolo ingrediente caratterizzano l'esperienza all'Antica Osteria Nonna Rosa, spazio giocato sui toni scuri e ricavato all'interno di una vecchia dimora seicentesca. Una tecnica solida, una predilezione per la pasta e una mano sicura nei dolci testimoniano la grande preparazione dello chef, abbinata a un servizio accogliente, familiare, in grado di trasmettere lo stesso calore dei piatti.

GLI INDIRIZZI

Antica Osteria di Nonna Rosa – Vico Equense (NA) – fraz. Pietrapiano via privata Bonea, 4 – 0818799055 – www.osterianonnarosa.it

Da Achille dell'Hotel Moderno – Sant'Antioco (CI) – via Nazionale, 82 – 078183105 – www.hotel-moderno-sant-antioco.it

Da Vito – Sennori (SS) – loc. Badde Cossos – 079360245 – www.ristorantedavito.it

Il Bikini – Vico Equense (NA) – s.s. Sorrentina 145 km 13, 900 – 08119840029 – www.ilbikini.com

Il Rifugio – Nuoro – via A. Mereu, 28 – 0784232355 – www.trattoriarifugio.com

GLI CHEF

Ilario Vinciguerra Restaurant – Gallarate (VA) – via Roma, 1 – 0331791597 – www.ilariovinciguerra.it

S'apposentu di Casa Puddu – Siddi (VS) – vico Cagliari, 3 – 0709341045 – www.sapposentu.it

a cura di Michela Becchi

 

Farinetti approda sull'Etna. Partnership tra il brand Borgogno e Francesco Tornatore

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Il patron di Eataly non ha mai nascosto le sue ambizioni di produrre vini sul vulcano. E ora arriva a Castiglione di Sicilia, in una delle zone più vocate della Doc, dove nasce il brand Villa dei Baroni, che gestirà 20 ettari tra vigneti e uliveti. Si produrrà vino ma anche olio. 

 

Oscar Farinetti, tramite il marchio Borgogno, approda sull'Etna. Un'avventura dal sapore siciliano dopo oltre 250 anni di attività nel cuore di Barolo. Il patron di Eataly ha perfezionato la joint venture con Francesco Tornatore, imprenditore etneo che sul vulcano è presente da generazioni. Oggetto dell'intesa è la creazione di una newco per la creazione del nuovo marchio "Villa dei Baroni", che produrrà vini in contrada Carranco a Pietramarina, una frazione di Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania, sul versante nord.

 

L'Etna, una zona vocata

Una zona tra le più vocate, e ambite, dai produttori di vino. In totale, si tratta di una ventina di ettari, tra vigne e uliveti. La strategia appare chiara e molto solida: i piemontesi di Borgogno hanno scelto uno dei produttori più importanti dell'Etna, esperto e stimato, che ovviamente continuerà a produrre e proporre le sue sette etichette a marchio Tornatore. E si posizionano in un'area caratterizzata da clima mite, ambienti tardivi per la maturazione delle uve e altimetrie che favoriscono forti escursioni termiche, ideali per lo sviluppo degli aromi dei vini.

 

L'espansione del brand Borgogno

Dal 2015, Borgogno ha deciso di andare al di fuori dei confini delle Langhe, con l'acquisizione di tre ettari nella zona dei Colli Tortonesi per la produzione del Derthona, e con l'acquisto di 15 ettari a San Marzano Oliveto, sulle colline dell'astigiano, per la produzione di Barbera d'Asti con Cascina Valle Asinari. Il fattturato 2017 di Borgogno è stato di 3,2 milioni di euro e una previsione per il 2018 in crescita a 5 milioni di euro (+56%). La produzione è di 230 mila bottiglie, per l'80% esportate e un restate 20% commercializzato sul mercato italiano.

 

Le voci dei protagonisti

"Borgogno" afferma Oscar Farinetti in una nota "è orgogliosa di entrare in società con Tornatore. Da tempo abbiamo iniziato a guardare oltre i confini della zona del Barolo e questa volta ci siamo spinti lontano e abbiamo deciso di investire in Sicilia, sull’Etna, territorio distante ma accomunato alle Langhe per la produzione di vini di grande potenza e struttura. Tornatore è la persona giusta: insieme, progettiamo di realizzare non solo grandi vini ma anche olio dagli splendidi uliveti di Nocellara dell’Etna". La famiglia Tornatore, che nel 2012 ha creato una moderna cantina sull'Etna, oggi gestisce circa cento ettari (tra proprietà e controllo diretto) di cui 46 vitati, e ha una lunga esperienza nella produzione di olio (cultivar Nocellara dell'Etna). Lo stesso Francesco Tornatore, 71 anni, amministratore unico di Ntet (azienda leader nel settore delle componenti per reti telefoniche ed elettriche) e Cavaliere del lavoro nel 2010, si dice molto soddisfatto della chiusura di questa trattativa: "Dar vita a una società con Oscar Farinetti per produrre insieme vino dell'Etna è un risultato grandioso per me e la mia famiglia, che da sempre crede alle potenzialità del Vulcano. La nostra conoscenza del territorio e la sua bravura di imprenditore nel portare nel mondo il made in Italy più buono, unita alla capacità di entrambi di amare il vino" conclude "potrà portare solo del bene all'Etna".

a cura di Gianluca Atzeni

 

Roma. Pane e Tempesta Panificio Naturale raddoppia alla Pisana. Parla Fabrizio Franco

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Aprirà al pubblico a settembre, con un’offerta di pane, pizza alla pala e pasticceria da forno all’italiana, ma il laboratorio di via della Pisana è già operativo da un paio di mesi come nuovo centro di produzione di Pane e Tempesta. Tanti progetti per onorare la panificazione naturale. 

 

A Monteverde, Roma, molti hanno imparato a conoscere la filosofia di Pane e Tempesta giorno dopo giorno, curiosando in negozio in cerca di qualche formato di pane insolito e per una pausa pranzo a base di pizza alla pala. Ma col tempo l'intera città ha scoperto che l'esperienza avviata da Fabrizio Franco e Omar Abdel Fattahnel nel piccolo laboratorio di via Giovanni de Calvi a partire dalla fine del 2014 vale il viaggio, per l'attenzione fin quasi religiosa alla materia prima, la voglia di sperimentare, la disponibilità nel condividere questo percorso con chi vuole sapere di più. Pur conservando l’atmosfera informale di una bottega di quartiere. Poco più di un anno fa, però, il cammino subiva una brusca frenata: impossibile continuare a panificare in uno spazio così piccolo, il core business dell'attività diventava la pizza. Ma il pane, come piace ripetere a Fabrizio, quasi fosse un mantra, “è una forma di meditazione che se manca ti toglie l'equilibrio, e pure una fede a cui è difficile rinunciare”.

 

Fabrizio Franco

Da Capitano Ultimo al nuovo laboratorio

All'epoca arrivava in soccorso Franco Palermo, di stanza presso i Volontari di Capitano Ultimo, dall'altra parte della città. Lì, uno degli storici maestri della panificazione romana, da qualche tempo aveva avviato con dedizione una nuova sfida, che ogni notte prendeva (e continua a prendere) forma lontano dai riflettori, nel laboratorio della Tenuta della Mistica, coinvolgendo gli “ospiti” della Casa Famiglia di Ultimo. Il pane come forma di reinserimento sociale per ragazzi in cerca di riscatto individuale; e un'opportunità per ricominciare a respirare il mestiere per Fabrizio, che in Franco, all'epoca, trovava un nuovo complice, “è stato l'unico ad aprirci le porte in un momento difficile, e di questo gli saremo sempre grati”. Da un paio di mesi, però, gli equilibri sono cambiati ancora. Fabrizio ha smesso di fare la spola ogni notte da un capo all'altro di Roma: “Dopo un anno intenso la nostra collaborazione con l’Associazione si è conclusa, difficilmente avremmo potuto andare avanti insieme, diversi i nostri obiettivi. E le nostre strade si sono separate. Noi nel frattempo abbiamo trovato un nuovo laboratorio, e non c'è stato un giorno di stop”. Dunque, cosa c'è ora nel futuro (che è già presente) di Pane e Tempesta? “Con il nuovo spazio il nostro diventa un panificio naturale a tutti gli effetti, e mi piace sottolineare la parola naturale, perché in questa direzione abbiamo intenzione di muoverci in coerenza con il nostro essere artigiani, che ricordiamoci devono sempre essere mossi da sensibilità umana e consapevolezza dell'azione”.

Pane e Tempesta. Panificio Naturale

Insomma, Pane e Tempesta resta dov’è, ma raddoppia, in uno spazio più confortevole in via della Pisana 167, dove fino a qualche tempo fa era in attività il panificio Buono Buonissimo, specializzato in prodotti per celiaci: “Sono già partiti i lavori di ristrutturazione per dare un po’ di modernità all’area di vendita, mentre io e Omar siamo già al lavoro ogni notte davanti al forno, che d’ora in avanti sarà il nostro centro di produzione. Abbiamo anche il vantaggio di poter disporre di due laboratori separati: quello che un tempo era dedicato alle lavorazioni senza glutine diventerà la nostra fucina per la pasticceria da forno, per un progetto che vogliamo portare avanti parallelamente alla panificazione, con la stessa serietà. Sarà un Pane e Tempesta di periferia, che concentrerà produzione e vendita; vedremo come ci accoglierà il quartiere, ma ci sarà da divertirsi”. Dunque il primo step è stato quello di rendere agibile l’area produttiva, “c’era già un bel forno elettrico a camere separate, noi stiamo integrando con le nostre attrezzature, e questo ci ha permesso di rimettere in produzione molte tipologie di pane che non facevamo più, ma soprattutto di riprendere quel discorso sulla tecnica, la qualità, il metodo che avevamo interrotto”.

 

pizza

Naturale, perché?

Per ora Fabrizio sforna 13 diverse tipologie di pane tra formati grandi e piccoli, “non sono molti per un forno tradizionale, ma faccio tutto da solo, e con una certa maniacalità. Quanto prima cercheremo di rimettere in produzione il nostro pane sciapo con farina di ceci, e anche quello con acqua fermentata di pane”. Ma perché naturale? “Col tempo abbiamo capito molte cose sulla qualità dei cereali, il biologico in sé non significa quasi più niente -  anche i grandi mulini possono farlo, ma la farina bio della grande produzione è comunque morta - è meglio parlare di farine naturali. Per esempio ci sono farine convenzionali da mulini che lavorano grani italiani che sono interessanti per il discorso sull'impatto ambientale. E poi piccole realtà come il Mulino Silvestri, che fa un lavoro “sporco”, ogni sacco è diverso dall'altro: quella è una farina viva, e nel nostro settore bisognerebbe cominciare a parlare di impatto energetico della materia prima: la panificazione è un processo che parla di rispetto della vitalità del prodotto”. Lo stesso approccio influenza le ricerche sull’acqua che più di recente appassionano Fabrizio, sulla scia di pensatori che in passato hanno teorizzato i vortici dei fluidi, come l’austriaco Viktor Schauberger: “L’acqua svolge una funzione fondamentale nella panificazione, è l'elemento mediano. Le mie sembrano riflessioni esoteriche, ma la vitalità dell'acqua è un capitolo pazzesco: io ho cominciato a dinamizzarla con i vortici perché creano un tipo di energia implosiva, più pulita dell'esplosiva e comunque potente”.

 

pane

Il pane, la pizza, la pasticceria

Ma è la passione per il mestiere artigiano a dare un senso a tutta la storia: Il nostro pane sarà una storia romantica, finalmente ci sentiamo liberi di esprimerci come vogliamo, nel nostro piccolo. Abbiamo rifiutato le proposte di eventuali soci finanziatori, perché Pane e Tempesta racconta anche la storia di un legame profondo tra me e Omar, e vogliamo che continui così”. A settembre il punto vendita aprirà al pubblico, nessuna inaugurazione in pompa magna, ma un lavoro progressivo, che porta verso la licenza di somministrazione, “con l’idea di servire la pizza al piatto di sera”. Lo spazio non manca, e oltre al banco per pane, pizza alla pala e pasticceria (da consumare sul posto in ogni momento della giornata), il locale ospiterà una ventina di tavoli. E la pasticceria giocherà un ruolo altrettanto importante: “Ci lavoro dai tempi di Cristalli di Zucchero, sono convinto che un buon cereale può dare tanto alla pasticceria da forno di tradizione italiana; la pasticceria non è solo burro e zucchero! Noi proporremo biscotti, crostate, torte da forno, più avanti anche lieviti all’italiana. Forse non saranno dolci belli da vedere, ma di sicuro buoni e realizzati con materie prime di qualità. All’opera ci sarà un’ex collega che lavorava con me da Cristalli, una pasticcera molto in gamba”. Ancora qualche settimana per la prova sul campo.

Pane e Tempesta Panificio Naturale – Roma – via della Pisana, 167 – da settembre 2018

a cura di Livia Montagnoli


Mangiare vicino ai laghi del Lazio: lago del Salto, lago di Bolsena, lago di Vico, lago di Nemi

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Chi sceglie il mare, chi la montagna. Ma ci sono anche tanti laghi in Italia dove trascorrere le vacanze estive, rilassandosi in mezzo alla natura e anche a tavola. Ecco gli indirizzi più buoni per mangiare nei pressi dei laghi del Lazio. 

 

Lago del Salto: il pesce d'acqua dolce

Un lago artificiale, il più grande d'Italia, punto di snodo di luoghi incontaminati, gole che sembrano infinite e anfratti selvaggi: è il lago del Salto, ricco di una fauna ittica che è al centro della cucina locale, abbondante e variegata. Si trovano diversi tipi di carpe, tinche, carassi, cavedani, persici reali, lucci, siluri e scardole. E poi alcuni crostacei come il gambero turco e il gambero americano. Pesce a parte, piatto imperdibile di questa zona è la pasta fatta in casa, con formati tipici come le fregnacce e gli strangozzi; strano ma vero, è molto diffusa anche la polenta.

 

Lago del Salto

I ristoranti

La locanda del Poeta (Collalto Sabino). Un bel casale in pietra nel verde, piatti semplici ma curati nei dettagli, prodotti del reatino, sapori tipici: sono gli ingredienti della locanda del Poeta, a Collalto Sabino, in provincia di Rieti. Cantina fornita con etichette da tutta Italia, servizio cordiale e premuroso, atmosfera rilassata grazie al giardino con laghetto.

 

la trota

La Trota (Rivodutri). È una delle grandi tavole della regione, il ristorante dei fratelli Maurizio e Sandro Serva. La qualità della cucina aumenta di anno in anno, fra grandi classici e le continue sperimentazioni, donando un'interpretazione della cucina d'acqua dolce di rara eleganza. Carrello dei formaggi fra i migliori d’Italia, selezione attenta dei vini in carta, servizio impeccabile, spazio bellissimo. Tre Forchette nella guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso.

Le pasticcerie

Fratelli Napoleone (Rieti). Passato e presente convivono alla perfezione nel bancone di questa storica insegna, che accoglie i clienti con un'esposizione sempre fornita e ordinata. Fiore all'occhiello sono i grandi lievitati delle feste, ma il locale è perfetto per ogni occasione grazie ai classici frollini e il cioccolato pregiato, senza dimenticare i bignè ben glassati e la millefoglie.

I bar

Betti Caffè (Rieti). La posizione nel cuore della città ne fa un indirizzo frequentato da tanti residenti e lavoratori della zona. È il punto di ritrovo perfetto per la colazione, con espressi di buona fattura e brioches fragranti e profumate. E poi tramezzini, piadine e panini farciti per la pausa pranzo.

Le pizzerie

Il Picchio allegro (Rieti). Sono oltre 50 le farciture fra cui scegliere per la pizza romana gustosa e genuina del Picchio allegro. In menu anche un’ampia varietà di antipasti, salumi, formaggi e insalate creative, con proposte anche per celiaci. Buona selezione di birre artigianali, vini e Champagne.

 

lago di Bolsena

Lago di Bolsena, nel cuore della Tuscia

È il lago vulcanico più grande d'Europa e racchiude una serie di paesini gioiello circondati da uliveti, vigneti e boschi rigogliosi. A poca distanza dalle rive del lago sorgono due piccole isole, destinazioni imperdibili per gli amanti della natura: l’isola Bisentina e l’isola Martana. Protagonista indiscusso della tavola è ancora una volta il pesce d’acqua dolce, coregone in primis (celebre la versione alla mugnaia, infarinato e cotto in padella, e quella alla bolsanese, al forno con l'aceto), mentre una delle ricette più conosciute è la sbroscia, zuppa di pesce con patate, cipolla, pomodoro e mentuccia, servita su pane raffermo.

I ristoranti

La parolina (Acquapendente).IsideDeCesaree RomanoGordinisono due star della ristorazione della Tuscia. In quell'angolo in cui Lazio, Toscana e Umbria si toccano e le loro tradizioni si incontrano nella rilettura, originale ed equilibrata, che ne fanno i due. Servizio inappuntabile, coordinato da Giuseppe Castellana, ricerca attenta e, tutt'intorno, uno dei paesaggi campestri più romantici della zona.

 

il bocconcino

Il Bocconcino (Bagnoregio). In questa trattoria tradizionale, la campagna è declinata alla maniera provenzale, come tradiscono l'arredo e l'atmosfera del locale. La regia è quella di Gloria Corrias, sarda proveniente da una grande azienda agricola e un allevamento di bovini e ovini. Carta dei vini in linea con la proposta, che mescola armoniosamente tradizione sarda e sapori dell'alto Lazio.

Villa San Michele (Vitorchiano). Immersa in uno splendido parco, a 30 km dal lago, la cucina di Lorenzo Iozzia parte da ingredienti locali per dare un tocco siciliano al menu. Piatti semplici che nascondono una elaborazione accurata, carta dei vini ampia e servizio preciso: inoltre, due fornite carte per caffè e acqua.

Le pasticcerie

 

Armante

Armante - Le delizie dei Borboni (Viterbo).Partiti da Marcianise e approdati a Viterbo, gli Armante collezionano successi da cinque anni con la loro pasticceria rigorosamente napoletana. Un posto da non perdere per gli amanti di sfogliatelle e babà, ma anche per panettoni, dolci lievitati e torte classiche.

Le Cose Buone (Viterbo). Dopo aver raccolto il testimone dalla madre Anna, Renée Abou Jaoudé ha impresso una marcia nuova al corso di questo locale. Dolci nitidi e puliti nei sapori arricchiscono l'ampio bancone della pasticceria, tra biscotti, monoporzioni e torte di ottima fattura.

Polozzi (Viterbo). La sede centrale, in piazza della Rocca, è quella dedicata alla pasticceria, cui si aggiungono una gelateria e un bar gastronomia. L'offerta è varia con proposte classiche elaborate con gusto contemporaneo, spaziando anche dalle monoporzioni alle praline di cioccolato (ottime anche le tavolette e le creme spalmabili).

Le gelaterie

Lolla Gelato (Bolsena).  Aperto nel 2016, il locale della giovane Lorenza Bernini è entrato a pieno titolo tra le gelaterie da non perdere una volta arrivati nella Tuscia. Niente basi, grassi idrogenati o coloranti: solo materie prime d'eccellenza compongono i gelati artigianali leggeri e gustosi di Lolla.

L'Antica Latteria (Viterbo). La latteria aperta da Ugo Zena nel 1960 è oggi portata avanti da figli e nipoti, che si dedicato alla produzione di gelati ma anche di torte e cioccolato. I gusti cambiano di continuo, dando sfogo alla fantasia dei gelatieri: Sinfonia di sapori (cioccolato bianco, granella di nocciole, zenzero e gianduia), mascarpone e arachidi sono due specialità irrinunciabili.

Polozzi (Viterbo).Tre insegne per questa gelateria/caffetteria viterbese che ha fatto della qualità degli ingredienti il suo punto di forza. Nella sede della gelateria in via Roma, creme setose e sapori autentici conquistano il palato, soprattutto i grandi classici come fiordilatte e pistacchio di Bronte, ma anche le versioni più originali e creative.

Le pizzerie

Il Casaletto (Viterbo).Anime del locale sono Marco Altobelli con la compagna Donatella, che si destreggiano fra gli impasti e l'allevamento di maiali del papà di Marco. La pizza, che affianca la proposta dell'agriturismo, è preparata con farine selezionate macinate a pietra e lunghe lievitazioni. Le verdure sono della stessa azienda, la mozzarella è locale e la carta di vini e birre perfettamente all'altezza del resto della proposta.

'O Sarracino (Viterbo). La vera pizza napoletana verace a Viterbo: è quella di 'O Sarracino, un impasto leggero con il cornicione ben alveolato, farcito con ingredienti della tradizione, come i friarelli con la salsiccia. Da provare anche i calzoni e le proposte della cucina, dai paccheri con rana pescatrice alle fritture.

 

lago di Vico

Lago di Vico, nel sud del Viterbese

Ancora prodotti tipici della Tuscia, ma stavolta dimentichiamo pesce d'acqua dolce: attorno al Lago di Vico, fra Sutri, Ronciglione e Vetralla, sono i gusti dell'entroterra a dominare, con piatti di carne robusti e tanti legumi, una cucina casereccia che riprende i sapori del passato. Dopo una visita alla Concattedrale di Santa Maria Assunta di Sutri, ecco dove fermarsi per concedersi un pasto rinfrancante.

I ristoranti

La sfera d'Oro (Sutri). La famiglia Casini gestisce da tre generazioni questa semplice e accogliente osteria nella graziosa piazzetta del centro storico. Fra pasta fatta in casa e piatti caserecci, dalle verdure fritte alle braciolette di agnello a scottadito, a tavola si ritrovano tutti i sapori più autentici della tradizione.

 

dar sor francesco

Dal Sor Francesco (Vetralla). Una trattoria di stampo classico, con ingredienti del territorio e ambiente curato in legno, per un'atmosfera semplice e familiare, sempre piacevole. A fare la parte del leone, funghi, carni e tartufi; per concludere, dolci fatti in casa a regola d'arte. Alta attenzione all'olio extravergine di oliva.

 

lago di Nemi

Lago di Nemi, incastonato tra i Castelli

Nel borgo delle fragole, è il lago di origine vulcanica a dare forma e carattere al grazioso paesino, con i suoi filari di querce, tigli e aceri che circondano le sponde. Oltre alle famose fragoline, declinate in tanti modi, nel gelato così come in pasticceria (da provare la crostata di frolla con crema e fragoline), qui si trova tutto il meglio dei Castelli Romani, dal pane di Lariano e Genzano alla porchetta di Ariccia. Sapori netti e decisi che trovano la loro espressione migliore nelle tavole più ricercate della zona.

I ristoranti

I Castelli (Genzano di Roma). Alessandro Balossini e Margherita Cannistrà hanno scelto di puntare tutto sulle proposte gourmet ispirate alla tradizione. Le materie prime sono quelle del territorio, la carta dei vinoi è curata e in evoluzione.

La Botte di Ferro (Ariccia). Un locale che si distingue per la qualità del pescato, elaborato con tecnica e precisione dallo chef pugliese AntonioPutignano, che acquista le materie prime dai vicini mari di Anzio e Terracina. Presente anche un menu degustazione a 55 euro.

Pietrino e Renata (Genzano di Roma). Mezzo secolo di storia alle spalle, oggi al cambio generazionale, per questo indirizzo tutto dedicato alla cucina di tradizione, quella meno conosciuta. Zuppa di ramoracci, strozzapreti con castrato, fegatelli di maiale e via così. Accompagnati da vini del territorio e un servizio cordiale e disinvolto.

GLI INDIRIZZI

I ristoranti

Dal Sor Francesco – Vetralla (VT) – via Blera, 28 - 0761481185- www.dalsorfrancesco.it/

I Castelli – Genzano di Roma (RM) – via Italo Belardi, 31 - 0669376773- www.icastellienotecaristorante.it/

Il Bocconcino – Bagnoregio (VT) – via Giacomo Matteotti, 3 - 0761793313- https://www.facebook.com/Ristorante-il-Bocconcino-cucina-stagionale-128997277207868/

La Botte di Ferro – Ariccia (RM) – viale dei Castani, 17 - 069333053www.labottediferro.it/

La Locanda del Poeta – Collalto Sabino (RI) – via Turanense, 39 - www.lalocandadelpoeta.com/

La Parolina – Acquapendente (VT) – loc. Trevinano via Giacomo Leopardi, 1 - 0763717130- www.laparolina.it/

La Sfera d'Oro – Sutri (VT) – piazza del Comune, 36 - 0761600030- www.facebook.com/pages/Ristorante-Sfera-Doro/154089614623986

La Trota – Rivodutri (RI) – via S. Susanna, 33 - 0746685078- www.latrota.com/

Villa San Michele – Vitorchiano (VT) – via De la Quercia, 15 b - 0761373441- www.villasanmicheleviterbo.it/

Pietrino e Renata – Genzano di Roma (RM) – via Gen. R. Lordi, 70 – 0697249478 – www.pietrinoerenata.com

Le pizzerie

Il Casaletto – Grotte S. Stefano (VT) – strada Grottana, 9 - 0761 367077- www.ilcasaletto.it/

Il Picchio Allegro – Rieti – via Cranio, 18 - 0746 271826- www.picchioallegro.com/

'O Sarracino – Viterbo – via Camillo Benso Conte di Cavour, 39 - 3283667619m.facebook.com/O-Sarracino-Viterbo-714167588705313/?locale2=it_IT

Le pasticcerie

Armante – Le delizie dei Borboni – Viterbo – via Monte Santo, 24 - 338 724 0116- www.facebook.com/ledeliziedeiborbone/

F.lli Napoleone – Rieti – via Sant'Agnese, 4 - 0746 203346- www.pasticcerianapoleone.com/

Polozzi – Viterbo – piazza della Rocca, 5 - 0761 346727- www.facebook.com/Polozzi/

I bar

Betti Caffè – Rieti – viale Matteucci 28/30 - 0746 481720- www.facebook.com/BettiCafe/

Le gelaterie

L'Antica Latteria – Viterbo – via della Verità, 25 - 0761 344285- www.lanticalatteria.com/

Lolla Gelato – Bolsena (VT) – Corso della Repubblica, 59 - 338 612 2106- www.lollagelato.it/

Polozzi – Viterbo – via Roma, 1 - 0761 305495- www.facebook.com/Polozzi/

a cura di Michela Becchi

 
 

Norvegia. La città di Tromsø e la bottarga dolce di Bottarga Borealis

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A Tromsø, in Norvegia settentrionale, si produce una bottarga buonissima. L'idea è di un norvegese, uno svedese e un'italiana.

 

La bottarga di Tromsø

Se sei a 350 chilometri dal Circolo Polare Artico fai presto ad avere tutta una serie di primati. La città di Tromsø, nella Norvegia settentrionale, ne ha diversi: il birrificio più a Nord del mondo, il Mack Bryggeri, la diocesi cattolica, il parco botanico, l'università, pare anche il Burger King. E la bottarga. Che non a caso qui si chiama Borealis, per richiamare il fenomeno dell'aurora, l'evento naturale che, insieme all'avvistamento delle balene, muove flussi turistici invernali interessanti da queste parti. A questa latitudine tutto immagineresti tranne di trovare un prodotto così profondamente Mediterraneo con il suo richiamo alla Sicilia, alla Sardegna, alla Grecia. E così giochiamo di paradosso: se il caviale più buono si fa in Italia e non nel Mar Caspio, così allo stesso modo una eccellente bottarga può non essere esclusivo appannaggio delle nostre latitudini.

Non parliamo di muggine né di tonno, ma di sacche ovariche estratte dal merluzzo tipologia Skrei. E se il metodo di lavorazione rimane quello tradizionale - estrazione, salatura ed essiccazione - a cambiare sono il paesaggio, la natura, il suo clima… e l'idea un po' folle di chi ha pensato questo prodotto.

I tre ideatori

Joakim Wikström è svedese, Jonas Juselius è norvegese, Lia Berti è italiana. La loro società, la Hrogn AS con sede a Tromsø, si è buttata in questa avventura dopo una lunga ricerca sulle bottarghe di tutto il mondo, da quella di Cabras al Karasumi giapponese. E oggi, grazie a loro, esiste la bottarga artica: ha odore e sapore gentili; con il tempo diventa più sapida, ma è anche facilmente re-idratabile. Inoltre rispetto al tonno e al muggine, il merluzzo Skrei è meno grasso e ha valori proteici più alti. Il che vuol dire che ha un aspetto anche meno oleoso e una buona versatilità in cucina, pure sui piatti caldi. Il suo retrogusto quasi dolce può conquistare i palati dei non amanti del genere. Per questo i tre soci parlano spesso di una “bottarga al femminile”.

{gallery}Lavorazione della bottarga{/gallery}

Come è nata l'idea

Ma come nasce l’idea di punta a fare business proprio sfruttando gli elementi più duri della natura che, apparentemente ostile, diventa alleata? Tutto prende il via quando Jonas, appassionato di cucina, legge della bottarga e si dice: abbiamo i pesci migliori, perché non farne anche bottarga? Piano piano, insieme ai piani dell’amico e socio Joakim, allora studente di economia e oggi uno dei bracci operativi dell’impresa, provano e riprovano e dal garage dietro casa riescono a spostarsi attraverso vari passaggi nell’attuale stabilimento. A un certo punto della storia, arriva Lia, studentessa italiana e laureatasi con un tesi sulla bottarga: la sua ricerca diventa un vero e proprio business plan e da qui prende forma l’impianto attuale. Arrivano anche degli investitori finlandesi e si comincia a fare sul serio. La dimensione rimane però ultra artigianale. La Hrogn AS produce 2.500 chili di bottarga l’anno (ben oltre i 2.000 da business plan) venduta a 100 euro il chilo.

 

www.bottargaborealis.com

 

a cura di Francesca Ciancio

 

Articolo uscito sul Gambero Rosso di maggio. Un numero tutto rinnovato che potete trovare in versione digitale su App Store o Play Store

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COSA TI SEI PERSO

Nel numero di maggio del Gambero Rosso trovate il racconto completo di Francesca Ciancio sui maggiori produttori di caviale italiani, che spiega come avviene la produzione, quali sono le caratteristiche nutrizionali, i suggerimenti per assaporarlo al meglio, quali chef lo apprezzano (Enrico Bartolini, Antonio Guida, Marcello Trentini) e come lo utilizzano in cucina.

 

 

 

Vendemmia al via in Italia. Parte dalla Sicilia la raccolta 2018: le foto dalle vigne

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I primi grappoli di Pinot grigio sono stati staccati in Sicilia, a Menfi, in provincia di Agrigento. Dopo un difficile 2017, quest'anno il raccolto è stimato in ripresa in tutto lo Stivale. 

 

Come da qualche anno, a fine luglio, prende il via ufficialmente la raccolta delle uve in Italia, primo produttore mondiale di vino davanti a Francia e Spagna. A staccare i primi grappoli per l'annata 2018 sono stati i viticoltori della cooperativa Settesoli, a Menfi, in provincia di Agrigento. Le uve della varietà Pinot grigio, raccolte in contrada Feudotto, come si può vedere in foto, sono già arrivate in cantina. Rispetto allo scorso anno, l'Italia dovrebbe recuperare buona parte dei quantitativi persi un anno fa, a causa del combinato disposto di siccità e gelate primaverili che hanno determinato la classificazione della 2017 tra le annate più scarse di sempre. Per quest'anno, invece, le stime sono in netto rialzo per gran parte delle denominazioni (dal Prosecco al Chianti, dalla Doc Montepulciano d'Abruzzo alla Doc Sicilia) come abbiamo scritto sul settimanale Tre Bicchieri nel sondaggio realizzato sia per il Centro Nord sia per Centro Sud.

Clima estremo

I cambiamenti climatici, con temperature medie che negli ultimi quindici anni si sono alzate, come certificato dagli esperti (dal Cnr agli statunitensi del Noaa), stanno costringendo spesso i produttori ad anticipare la raccolta, che ufficialmente dovrebbe iniziare il 1 agosto. Al punto che l'Assoenologi, l'associazione nazionale enologi ed enotecnici, ha chiesto ufficialmente alle istituzioni la modifica della data di inizio vendemmia, con l'anticipo a luglio, attraverso un'istanza di modifica al Testo unico del vino (legge 238/2016), che potrà eventualmente essere operativa solo dal prossimo anno. Il 2018 è finora uno degli anni più caldi degli ultimi vent'anni e, dal punto di vista agronomico, si sta caratterizzando per le temperature e per rapidi e violenti episodi di pioggia e grandine.

Centinaio apre ai voucher

Nel frattempo, per la raccolta del 2018 si aprono concrete speranze di attivazione in tempi rapidissimi dei buoni lavoro-voucher, grazie all'introduzione di un emendamento al “Decreto Dignità” (Dl 87/2018) che dovrebbe garantire agli occasionali la possibilità di essere impiegati nei lavori in vigna. Il ministro per le Politiche agricole, alimentari, forestali e turismo, Gian Marco Centinaio, ha confermato nella nostra recente intervista la volontà del Mipaaft di attivare i voucher.

 

 

A cura di Gianluca Atzeni

Ma quanti ristoranti italiani aprono a New York? Le ultime novità e una grande protagonista: la pasta fresca

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Ci provano i grandi imprenditori americani – vedi Danny Meyer e Mark Barack – i pizzaioli e i cuochi italiani in cerca di fortuna oltreoceano. E le insegne ispirate alla cucina italiana si moltiplicano: La Pecora Nera apre il terzo locale, ispirato ad Amalfi, ma le novità sono molte. E la pasta al pomodoro arriva anche all'aeroporto La Guardia. 

 

C'è stata un'epoca, a New York, in cui la ristorazione italiana orientava il gusto della città. Era la fine degli anni Ottanta, imprenditori di grande carisma emigrati dall'altra parte dell'oceano fiutavano le incredibili opportunità di una città al centro del mondo, che sull'evoluzione della cultura italo-americana ha costruito parte della sua storia. Nascevano così rinomati gruppi di ristorazione italian style, dall'intuizione della famiglia Mungai Ruggeri all'impero di Pino Luongo, per citare le esperienze più longeve, di recente al centro di un'operazione nostalgia che cerca di rilanciare vecchie glorie come Bice e Coco Pazzo. Oggi il terreno è fertile per nuove incursioni made in Italy, che passano dal prestigio dei nostri pizzaioli nel mondo (e New York, in poco più di un anno, ha visto arrivare Gino Sorbillo, Stefano Callegari, Angelo Iezzi, mentre Gabriele Bonci dopo Chicago aprirà presto a Miami) come pure dalla riscoperta della pasta fresca, protagonista di interpretazioni locali – come il Pasta Flyer di Mark Ladner – e nuovi tentativi di impresa di italiani in cerca di gloria a New York.

 

Da Danny Meyer a La Pecora Bianca

Ma la cucina made in Italy, o meglio la variante italo-americana che piace oltreoceano, vive anche un rinascimento legato all'intraprendenza di grandi gruppi di ristorazione newyorkesi che hanno fiutato l'affare: Danny Meyer in primis, da sempre legato al modello della trattoria italiana, vero trait d'union tra l'epoca delle grandi insegne italo-americane che fu e il nuovo corso dell'esperienza gastronomica tricolore (tra gli ultimi esperimenti la pizzeria Martina e l'osteria Vini e Fritti); e certamente il progetto che più ha segnato il revival della cucina italiana “popolare” in città, La Pecora Bianca di Mark Barak. L'insegna, che esordiva tre anni fa a Manhattan come casual dining destinato a diventare the place to be, ha vissuto un'espansione continua, e nell'autunno 2017 ha raddoppiato con un secondo spazio a Midtown, ricalcando la formula consolidata. E a quanto pare non finisce qui: il prossimo anno La Pecora Bianca aprirà un nuovo locale da 200 coperti, a Bryant Park, ispirato alle atmosfere della Costiera Amalfitana, dove Barak si è recato personalmente per cogliere nuove suggestioni. E anche la cucina virerà su colori e sapori del Mediterraneo, con forno a legna e laboratorio di panificazione per completare l'offerta con una soluzione di bakery grab and go (panini, focacce, pasticceria da forno). Il ristorante sarà ospitato all'interno del nuovo Park Terrace Hotel, e provvederà anche al room service per la struttura. In menu resteranno comunque i grandi classici della casa, specializzata in primi piatti, dagli gnudi di ricotta alla gramigna con salsiccia e broccoli.

 

La cucina emiliana di Nonna Beppa

E sulla pasta scommette pure la nuovissima cucina di Nonna Beppa, insegna di ispirazione emiliana inaugurata di recente in Hudson Street (antica cucina emiliana è il sottotitolo dell'impresa, che ha già sbancato a Miami Beach, prima esperienza oltreoceano del team italiano, a partire dal 2014). A chiudere i tortellini c'è Martha Salamanca, sfoglina al lavoro dietro un vetro che permette ai commensali di sbirciare durante la preparazione della più celebre specialità emiliana, servita in brodo o con la panna. Il progetto, però, porta la firma di Giancarlo Cacciatori (chef) e sua moglie Valentina Imbrenda, originari di Persiceto e già nel mondo della ristorazione in Italia. In menu anche tigelle, passatelli in brodo, lasagne, piadine. E Lambrusco.

Cardoncello di Vino

Meno conforme agli stereotipi, la proposta di Cardoncello di Vino, l'italian modern osteria che prende il nome dal fungo dei nostri boschi, protagonista sul menu dell'insegna appena inaugurata a Chelsea. Dietro al progetto c'è Max Convertini, cuoco di origini pugliesi, in sala Christian Ferrulli, che attinge da una cantina di 150 etichette. Il menu? Tortino di cardoncelli arrosto, patate e caciocavallo, burrata con crema di melanzane e pomodorini arrostiti, fettuccine con cardoncelli e cacioricotta, caserecce con cipolla rossa, pancetta, pecorino e liquirizia, cavatelli con cime di rapa.

 

Cucina italiana a La Guardia

Insomma, la cucina italiana piace ai newyorkesi, e anche il restyling dell'aeroporto La Guardia, che sarà completato entro la fine dell'anno, scommetterà sul suo appeal. Lo scalo più celebre della città è quello che meno ha beneficiato della rivoluzione gastronomica in atto in molti aeroporti del mondo, Newark e JFK compresi. Ma presto il Terminal B presenterà ai viaggiatori una nuova food hall all'altezza delle aspettative. Coinvolti tra gli altri Shake Shack, la taqueria d'autore di Julian Medina, una torrefazione cittadina. E l'insegna italiana di Scott Tonant, che ha conquistato la sua fama in tv, tra i protagonisti del format Chopped. A lui il compito di onorare la tradizione tricolore all'Osteria Fusco, tra un piatto di pasta al pomodoro e un pollo al forno. Sperando non si tratti dell'ennesima interpretazione folcloristica.

 

a cura di Livia Montagnoli

Prodotti del mese. Agosto: l'anguria e la ricetta di Matias Perdomo

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Agosto. Mese di ferie (spesso) obbligate, di esodi verso il fresco, che sia dato dalla brezza marina, dal lago o dalla montagna, mese di stelle cadenti, di calura e d'anguria. Che qui vi presentiamo in una veste nuova con la ricetta di Matias Perdomo, chef di Contraste a Milano.

 

Degna conclusione di una cena estiva, ma anche merenda ideale sotto l'ombrellone, è l'anguria (o cocomero) che, come la si mette, rimane comunque regina indiscussa di questa stagione. Specie ad agosto, quando le temperature si fanno bollenti.

Anguria o Cocomero

Appartenente alla famiglia delle Cucurbitacee, il Citrullus lanatus (questo il suo nome scientifico) si può chiamare sia cocomero che anguria, con la differenza che il primo termine deriva dal latino cucumis (cetriolo), mentre anguria ha origini greche. In ogni caso si tratta di una pianta annuale, di origine africana, i cui frutti sono disponibili esclusivamente d'estate. Attualmente esistono migliaia di cultivar. Ci sono quelle piccole o quelle enormi, che arrivano a pesare anche 90 chili, c'è la tipica anguria dalla polpa rossa, ma anche quelle con polpa gialla, arancione o bianca. Anche la buccia e i semi possono essere di colore diverso, ma la forma di questi ultimi è sempre quella classica a goccia. Quel che invece può cambiare è proprio la forma del frutto, che va dal rotondo all'ovale, e in alcuni paesi vengono fatti crescere in modo da assumere una forma cubica, utile per risparmiare spazio durante il trasporto.

Anguria gialla

Proprietà

L’anguria è ricchissima di acqua (rappresenta circa il 95%) e di conseguenza è ipocalorica, in più ha un alto potere saziante. È inoltre fonte di minerali e vitamine, in particolare potassio e vitamina A (il precursore della vitamina A). Il frutto è poi ricco di citrullina, che fu isolata per la prima volta proprio dall'anguria. Di che si tratta? Di un amminoacido non essenziale (che quindi il nostro corpo è in grado di produrre autonomamente) presente nel fegato e nel rene, che, in combinazione con altri aminoacidi, stimola sia il sistema immunitario che quello cardiocircolatorio.

Ricetta con l'anguria di Matias Perdomo

La ricetta di Matias Perdomo, chef di Contraste a Milano

Anguria tagliata a fette

4 spicchi d'aglio

Olio extravergine d'oliva

Peperoncino fresco

Prezzemolo fresco

8 triglie

Vino bianco

4 fette di pane

Affettare gli spicchi d'aglio e disporre in una pentola con olio e peperoncino fresco, farlo appassire e aggiungere un rametto di prezzemolo che poi andrà tolto successivamente. Aggiungere le fette di anguria (dipende dalla dimensione) senza buccia e senza semi; far rosolare a fuoco lento fino a ridurre della metà il contenuto. Sfilettare le triglie e togliere le lische; tagliare i filetti a forma rettangolare (2 cm x 0,5 cm). Con le teste e le lische fare un soffritto di aglio, olio e peperoncino, rosolare e sfumare con vino bianco. Far evaporare il vino e aggiungere il liquido d'anguria ottenuto precedentemente. Fare andare a fuoco lento per 10 minuti e filtrare il tutto. Prendere le fette di pane del giorno prima, friggerle in padella con olio extravergine rendendo croccanti tutte le parti. Inzuppare le fette ancora calde nel cacciucco per 2-3 volte fino ad ammorbidirle senza far perdere la consistenza.

Disporre il pane su un piatto, bagnarlo ancora con il cacciucco restante, poggiare i rettangoli di triglia come da foto dopo averli leggermente scaldati in forno a 180° per 2 minuti.

 

Contraste – Milano – via Giuseppe Meda, 2 – 02 49536597 - contrastemilano.it

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Cannata Sicilian Bakery: il panificio messinese di Tommaso Cannata sbarca a Milano

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Ancora a Milano, un nuovo indirizzo per gli amanti dell’arte bianca, un forno d’eccellenza in arrivo direttamente dalla Sicilia, per volontà del maestro panificatore Tommaso Cannata. Che all’indirizzo meneghino coniuga pizza, bakery e bistrot. Naturalmente, alla siciliana. 

 

L’inarrestabile successo dei panifici a Milano

Tommaso Cannata lo aveva già annunciato da tempo: dopo l’esperienza decennale nel forno messinese, una ricerca lunga e minuziosa sui grani antichi siciliani e i metodi di lievitazione naturale, uno studio costante tramandato anche al figlio Salvatore, che porta avanti l’attività con lo stesso puntiglio del padre, è giunto il momento di confrontarsi con un nuovo panorama. E non uno qualunque: quello milanese, una piazza che ormai da tempo accoglie format gastronomici e formule innovative da ogni dove, che scelgono il capoluogo meneghino come banco di prova per la loro impresa. Soprattutto, una città che comincia a imporsi sempre di più come punto di riferimento nazionale per l’arte bianca: ai veterani Princi e Longoni, si affiancano ora giovani e promettenti leve come Aurora Zancanaro col suo micro laboratorio LePolveri, e il nuovo progetto Forno Collettivo, con la consulenza di Laura Lazzaroni. Non c’è luogo migliore, quindi, per presentare una nuova realtà, ispirata al passato, alla tradizione siciliana, fondata sul duro lavoro di una famiglia, ma che guarda al futuro.

 

grani siciliani

Da Messina a Milano, con le ricette della Sicilia

Corso Indipendenza, angolo via Ciro Menotti. È qui che Tommaso ha scelto di creare la sua panetteria, che è anche bakery, bistrot e pizzeria. Uno spazio polivalente adatto a tutte le ore, dove a farla da padrone è il gusto della Trinacria, un mix di sapori e profumi inebrianti, dal carattere schietto e autentico, profondamente mediterraneo. Una tavola che piace, che continua a far parlare di sé, e che ha già cominciato a conquistare il palato dei milanesi grazie alla recente apertura di Fud-Bottega Sicula, locale tutto incentrato sulle eccellenze dell’isola. Ma torniamo al pane. Di grani siciliani e a lenta lievitazione, lo stesso che i più fortunati hanno potuto assaggiare nella casa base messinese, Cannata La Boutique del Pane. Ma non solo: ci saranno le focacce messinesi, fra i più celebri cibi da strada della zona, e poi pizza, biscotti, dolci da credenza, tutte le specialità che negli anni hanno assicurato a Tommaso la fama a livello regionale e nazionale, tanto da fargli guadagnare, nel 2016, il titolo di fornaio Best in Sicily.

 

cannata

Il bar, la colazione e l’aperitivo

I prodotti, quindi, sono gli stessi di sempre. A cambiare, nella nuova Cannata Sicilian Bakery, è il format, più dinamico e in grado di soddisfare le diverse esigenze di una clientela sempre più attenta. “La vera novità sarà l’angolo bar”, spiega Tommaso, l’entusiasmo di un vero appassionato e la sicurezza costruita dopo anni di esperienza, “dove faremo colazioni, ma anche aperitivi”, con cockatil e una lista dei vini studiata con cura, “una selezione mirata di bollicine siciliane”, e poi vini tipici per gli amanti dei bianchi e i rossi dell’isola. Etichette che hanno fatto la storia della viticoltura regionale e altre meno conosciute, di nicchia, scovate dal panettiere, tutte pensate per accompagnare i grandi classici della rosticceria siciliana, “in particolare quella messinese”. Naturalmente, fra focacce e pani tipici, non mancheranno i veri protagonisti dello street food locale: gli arancini. “Ho portato proprio ieri 200 kg di riso siciliano, con cui abbiamo preparato il primo vero arancino 100% siciliano di Milano”, racconta l’artigiano divertito, a solo poche ore dall’inaugurazione (il locale ha aperto i battenti questa mattina, 1 agosto 2018). Per la colazione, caffè Barbera, brioche e lieviti fatti in casa, oltre alle crostate e tutti i dolci da forno.

L’obiettivo

Anche se, considerate le premesse, la risposta ci sembra piuttosto scontata, abbiamo voluto chiederlo al titolare in persona. Perché Milano? “Perché, semplicemente, ritengo sia attualmente la città che più si avvicina alle grandi capitali europee. Anzi, credo che sia la capitale europea per eccellenza, perché è in grado di evolversi senza dimenticare la tradizione”. È in un luogo simile, quindi, che Tommaso ha deciso di portare il suo bagaglio di conoscenze, “vorrei condividere le tecniche acquisite negli anni con i cittadini milanesi. Ci sono tanti colleghi bravi, ma il mio è uno stile di panificazione diverso, tutto incentrato sui prodotti siciliani. Mi piacerebbe avere un riscontro anche in un’altra regione”. E soprattutto, “far conoscere le tante aziende di nicchia dell’isola che negli anni hanno creduto in me, scegliendo di collaborare insieme”. A guidare l’attività meneghina, sarà presto il figlio Salvatore, “che mi darà il cambio non appena tornerò a Messina”, insieme a una squadra di 8 persone circa. Per una sala con 20 posti a sedere, ma che a breve potrebbe sorprenderci con uno spazio esterno tutto da scoprire, “il tempo di ottenere i permessi, e poi ci sarà anche la possibilità di rilassarsi all’aperto”.

Cannata Sicilian Bakery – Milano – Corso Indipendenza, 2 - www.facebook.com/cannatasicilianbakery/ 

a cura di Michela Becchi

 

 

Gino Fabbri e Davide Oldani premiano i pasticceri di Auchan

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Vi siete mai chiesti chi sono gli artefici dei dolci che si trovano nei banchi frigo dei supermercati? Auchan Retail Italia ha deciso di dare loro un po' di visibilità tramite un concorso di pasticceria, che ha decretato la migliore torta e il miglior pasticcere.

 

Il concorso di Auchan Retail Italia

Solo per farsi un'idea: Auchan in un anno vende 681mila chili di torte, 257mila chili di mini pasticceria, 7 milioni di cornetti e 300mila cannoli siciliani. Numeri abnormi che si vanno a sommare alle quantità spropositate di ingredienti utilizzati, dai 125mila litri di latte ai 60mila chili di zucchero. Ma chi c'è dietro alla preparazione di tutto questo? 90 pasticceri, dislocati in 45 laboratori, “tutti selezionati dopo un primo colloquio conoscitivo – ci dicono da Auchan – e una prova pratica in cui testiamo le conoscenze tecniche su ogni linea di prodotto”. Professionisti che macinano numeri impensabili, e nonostante questo non rinunciano alla creatività e all'ingegno. Ecco come funzionano le cose: “Tutti i dolci sono studiati coerentemente con le caratteristiche della produzione dei nostri laboratori con ricette che possono essere replicate anche negli altri punti vendita. Per ogni nuova produzione, quindi, si prepara una scheda di lavorazione e il tutto viene verificato dal servizio qualità, e per una presentazione ottimale al cliente, in ultimo si abbina l'imballaggio più adatto alla vendita. Ma questo non limita la creatività dei pasticceri, anzi, li stimola”.

Concorso di pasticceria di Auchan

La giuria e il vincitore

È per questo che l'azienda ha deciso di farli gareggiare (e stimolarli ulteriormente) per eleggere la migliore torta e il miglior pasticcere d’Italia, con una giuria d'eccezione presieduta da Gino Fabbri (Tre Torte nella guida Pasticceri&Pasticcerie 2018) e Davide Oldani (Tre Forchette nella guida Ristoranti d'Italia 2018). “La giuria ha valutato la presentazione generale ed estetica, la decorazione, la qualità del taglio e della struttura e ovviamente il gusto”. Ad aggiudicarsi il titolo di miglior pasticcere è Mario Grasso, pasticcere del punto vendita di Porte di Catania, che lavora nel settore da circa trent'anni, di cui più della metà passati nei laboratori di Auchan, e che ha convinto la giuria con la sua torta Sapori di Sicilia preparata con quattro semplici ingredienti: pistacchio, mandorle, agrumi canditi e ricotta di pecora.

Auchan la torta del primo classificato

Il premio? “Un viaggio per due persone e una giornata formativa nel laboratorio di Gino Fabbri a Bologna per prepararsi alla gara internazionale di pasticceria Auchan Mondo 2018”. Le gare, dunque, non finiscono qui. In bocca al lupo.

 

a cura di Annalisa Zordan

 


Come cambiano in Italia i consumi di vino in estate?

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Cosa succede da giugno a settembre sugli scaffali delle enoteche italiane? Esiste una stagionalità anche per le diverse denominazioni? Secondo Vinarius, non solo non è più il tempo per i vini di andare in ferie, ma nel 2018 ci sarà un incremento delle vendite fino al 18%. E Tannico stila la top wine list dell’estate.

 

Se un tempo da giugno a settembre gli enotecari preferivano andarsene in ferie, consci della flessione che avrebbero inevitabilmente subito gli affari, oggi non è più così. La situazione va analizzata contesto per contesto, ma quel che è certo è che  le cose sono cambiate. Come sono cambiate le preferenze dei consumatori. Così per molte enoteche l'arrivo dell'estate è il momento per fare il cambio stagione sugli scaffali, mettendo in prima fila vini più leggeri che meglio si adattano alle alte temperature. O addirittura riservando più spazio a birre artigianali o distillati.

 

Scaffale o bancone: come cambiano i consumi?

Di cali di consumi chiediamo anche a chi oltre che sulla vendita a scaffale, ha un osservatorio privilegiato su mescita e consumo al tavolo, Fabrizio Pagliardi, oste di lungo corso che dopo l’esperienza romana di Remigio Champagne e Vino e della Barrique, ha deciso di replicare con l’apertura di Barnaba, wine bar che ha subito conquistato le Tre Bottiglie e il premio Novità dell’anno della nostra guida Roma 2019. “Calo dei consumi? Direi di no. Al massimo scende un po’ la spesa media, ma questo dipende dalle tipologie di vini scelti e dalle modalità di consumo che, in questo periodo dell’anno, tendono a cambiare, spostandosi decisamente dalle cene agli aperitivi”. Nuovo orientamento anche per la vendita a scaffale.

“Durante l’estate oltre la metà delle vendite in enoteca è rappresentata dai bianchi, con punte in alcuni casi anche del 70%" dice Andrea Terraneo, presidente Vinarius- l’Associazione delle Enoteche Italiane che conta un centinaio di iscritti in tutta Italia – rileva anche un incremento di bollicine e, novità di questi ultimi anni, rosati. Che succede invece nella vendita online? Per rispondere ci siamo rivolti al ceo di Tannico, Marco Magnocavallo, la cui piattaforma in soli 5 anni dalla nascita è diventata la prima enoteca italiana al mondo, con un’offerta di 13mila etichette, 2,5mila cantine e 85mila clienti. Quest’estate Tannico scommette nuovamente - dopo l’esperimento di Vinitaly - sull’integrazione offline/online, con il suo Double Decker Summer Edition Vintage: il tipico bus inglese a due piani, riconvertito in Wine & Cocktail Bar d’eccellenza, con un déhor all’aperto e una terrazza di degustazione al Base di Milano, fino al 9 settembre, con un fitto programma di eventi (www.tannico.it/double-decker-summer-edition). Magnocavallo ci spiega che il picco di vendite dei vini bianchi si concretizza nel mese di maggio: +40% rispetto alla media mensile dell’anno, per poi iniziare un graduale decremento. Complessivamente, il periodo estivo per i bianchi porta in media un +20% rispetto ai tre mesi precedenti. Grande incremento anche per i rosati e le bollicine.

 

Capitolo rossi

In questo panorama estivo, c'è ancora spazio anche per i vini rossi? "Le cose sono cambiate anche per questa categoria” illustra ancora Terraneo “una volta d'estate in automatico si chiedeva il rosso più leggero, con meno alcol. Adesso il cliente non si fa più problemi a comprare un Nebbiolo anche ad agosto". E qui entra in gioco sia la maggiore conoscenza delle denominazioni, sia il forte richiamo della componente territoriale. Cosa molto evidente anche e soprattutto con i turisti, sempre più presenti sia in Italia sia in enoteca. Insomma, chi entra in enoteca – locale o turista che sia – dimostra di conoscere o voler scoprire le denominazioni autoctone seguendo il richiamo della componente territoriale, lo sottolinea anche Terraneo: "Una cosa è certa: le zone che sono riuscite a comunicare meglio l'enoturismo, hanno registrato un incremento di vendite maggiore, con richieste precise e puntuali su vini del territorio”.

Online le vendite di rossi, ancorastabili durante la primavera, iniziano a scendere verso giugno, spiega Magnocavallo,anche se per alcuni vini, come il Barolo, le vendite iniziano a scendere da gennaio per arrivare al loro minimo annuale a luglio e agosto (-65% in confronto con il mese medio dell'anno). L'Amarone, ha un trend simile, scendendo però con meno velocità (Barolo -52% nei mesi maggio-luglio, contro Amarone -37%)”.

 

Identikit del consumatore estivo

Per l'estate 2018, Vinarius stima una crescita delle vendite, da giugno a settembre, fino al 18%. Complice l'arrivo dei turisti stranieri, ma anche nuove tendenze, nuovi abbinamenti e soprattutto nuove tipologie di vino che sembrano intenzionate a prendersi il ruolo di protagoniste dell'estate. Chi sono i consumatori estivi? Secondo Vinarius, il 50/60% è generalmente compreso nella fascia di età dai 30 ai 50 anni, mentre per il 25/30% si tratta di giovani tra i 18 e i 30 anni e per l'altro 25/30% di over 50. Si tratta per lo più di uomini (in media: 65% uomini e 35% donne), ma il rapporto cambia in base alla zona: al centro-nord la presenza è paritaria, al centro-sud si rileva un 70% di presenza maschile un 30% di presenza femminile. Inoltre, nei tre mesi d'estate, la clientela di turisti subisce una forte impennata come conferma Pagliardi: alla stagionalità dei vini corrisponde, anche la stagionalità della clientela. Nessun timore, quindi, per la fuga dalla città dei clienti abituali: “Adesso inizia il boom dei turisti”. Che clientela è? “Molto giovane e sempre più preparata, che ormai arriva in Italia con le idee chiare sulle nostre denominazioni. Tra le richieste più frequenti rientra senz’altro quella dei vini naturali, soprattutto da parte dei consumatori nordeuropei”.

 

La top 7 dei vini dell'estate

 

1 - Lunga vita agli aromatici

Se i rosati rappresentano la novità delle ultime estati, di certo sono e rimangono una certezza i vini bianchi. Da sottolineare l'impennata, negli ultimi tre anni, degli aromatici: dal 2014 a oggi, il 65% delle enoteche Vinarius intervistate registra per le varietà Gewürztraminer, Moscato e Malvasia un aumento medio del 20/30% con punte anche del 50%".

 

2 – Le grandi performance online del Lugana Doc

Nessun dubbio sulla top list delle denominazioni per Tannico “In testa troviamo Lugana Doc che a giugno registra un secco +62% rispetto alla media degli altri mesi” dice Magnocavallo “e poi bianchi siciliani e dell’Alto Adige (siamo sopra il +50%). Tra i bianchi quello che cresce meno è il Vermentino di Sardegna (+20%), ma in questo caso la spiegazione va ricercata nelle performance dei 12 mesi: il picco non è forte perché questa denominazione viene consumata regolarmente anche negli altri periodi dell’anno”.

 

3 – Campania Felix

Cosa si beve al tavolo o al bancone? Lo chiediamo a Fabrizio Pagliardi. Per lui, escludendo le bolle (la cui selezione, nei suoi locali, è particolarmente ricca) sono i vini freschi a dominare la scena con una predilezione per i bianchi campani che stanno vivendo un periodo particolarmente felice.

 

4 – Rosati: dal Salento al Garda passando per l'Abruzzo

Non possiamo fare a meno di far riferimento all'ottimo momento dei vini rosati. Il motivo?“Sono vini freschi, leggeri e facili da abbinare" spiega AndreaTerraneo “tant'è che negli ultimi tre anni abbiamo registrato un aumento della richiesta anche del 20%". Tutta un'altra storia rispetto a solodieci anni fa: “Oggi " continua"è il cliente – soprattutto quello giovane - che spinge verso questa tipologia di prodotto e noi enotecari, quindi, cerchiamo di ampliare le nostre proposte. I più venduti? Senz'altro quelli del Salento (60% delle richieste), territorio che in questi anni ha lavorato molto bene su questa tipologia, seguiti dai rosati del Garda e dell’Abruzzo".

 

5 – Bollicine ad ampio spettro

Inutile sottolineare, poi, il trend in continua ascesa delle bollicine: Prosecco su tutti soprattutto per le vendite in enoteca: l'estate è la stagione migliore per l’aperitivo. E l'aperitivo, va da sé, è il momento migliore per il Prosecco, suggeriscono da Vinarius. Aggiunge, a questo panorama, il quadro delle vendite via internet Magnocavallo:“ad avere una stagionalità più forte rispetto alle altre tipologie di vino sono senz’altro le bollicine che nel periodo maggio/luglioregistrano un +35% rispetto ai tre mesi precedenti e scendono in maniera netta solo nel mese di agosto”. In particolare, online sono Champagne e Franciacorta a tenere banco durante l'estate: +38% e +35% tra maggio e giugno rispetto ai tre mesi precedenti, mentre cresce di poco il Trento Doc: +8%. Come detto, da Pagliardi le bollicine - quasi esclusivamente francesi - hanno un posto centrale nella sua cantina. E il pubblico apprezza, con un interesse vivo verso questa tipologia di vino in ogni stagione.

 

6 - Il rosso e l'enoturismo: Cirò, Lagrein, Chiaretto

C'è più cultura del vino, dei territori e delle denominazioni. E questo lo si riscontra proprio nei momenti più difficili per le vendite di una tipologia, come nel caso dei rossi in estate. Che chi ha fatto un buon lavoro di comunicazione conl'enoturismo, spiega Terraneo, ha avuto migliori risultati di vendita con richieste mirate su vini del territorio. Per esempio? “Per le enoteche della Calabria rosati da Cirò, per l'Alto Adige Lagrein, per la zona di Brescia, la preferenza va sul Chiaretto. Insomma, anche il turista adesso conosce la nostra territorialità: per noi, che su questo abbiamo sempre lavorato, è un grande risultato".

 

7 - La resistenza del Lambrusco

Per quanto riguarda, invece, le vendite online l'estate segna una battuta d'arresto per i rossi, le cui vendite da maggio a luglio calano del 33% rispetto ai tre mesi precedenti, con agosto che tocca il minimo annuale dei consumi: -50% rispetto alla media.Quali sono, quindi, i rossi che reggono anche la prova-estate? “Lambrusco, Toscana Igt e rossi dell’Alto Adige, tutti con cali che non superano il 25%”.

 

Non solo vino

Merita una menzione a parte, anche il buon momento che stanno vivendo altri due prodotti sempre più presenti in enoteca: le birre artigianali e il gin. Di entrambi, ormai, anche negli esercizi più piccoli, si possono trovare 3-4 referenze a rotazione.

 

 

a cura di Loredana Sottile

 

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 28 giugno

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Le Recho. Il food truck solidale nei campi profughi di Francia. Per cucinare insieme oltre le differenze

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Nato nel 2016, il progetto francese di due giovani chef si appresta a compiere 2 anni con un temporary restaurant che invita alla condivisione nel cuore di Arras. Le Grand Recho metterà i rifugiati alla prova in cucina, con la partecipazione di grandi chef. Ma la missione più importante resta a bordo del truck. 

 

L’emergenza dei campi profughi è arrivata di recente anche sotto i riflettori del Basque Culinary World Prize 2018, che alla fine, pochi giorni fa a Modena, ha incoronato l’australiano Jock Zonfrillo. Tra i 10 finalisti in lizza, però, c’era pure il nome di Ebru Baybara Demir, chef turca impegnata da tempo al confine con la Siria, a Madir, dove combatte la disoccupazione femminile proponendo formazione in cucina per le donne turche e siriane assunte per provvedere ai pasti nei campi profughi. Un impegno coraggioso e importante nel cuore di uno dei più sanguinosi fronti aperti da un conflitto che sembra non avere mai fine. Ma, e l’argomento è costantemente all’ordine del giorno, i campi d’accoglienza dei migranti costretti a fuggire dai propri Paesi d’origine si moltiplicano in molti Paesi d’Europa, e l’emergenza umanitaria moltiplica gli sforzi di chi è disposto a portare un po’ di sollievo nelle loro vita, in situazione di precarietà perenne.

Il food truck Le Recho

C’è della creatività – oltre che tanta buona volontà – dietro al progetto francese Le Recho, che nel 2016 nasceva con l’intento di avvicinare i rifugiati e le comunità locali attraverso la cucina, e oggi riunisce un’equipe di 12 donne, tra i 25 e i 35 anni. A bordo di un food truck. Quando si è trattato di inventare una soluzione pratica e funzionale per cucinare nei campi profughi, infatti, Vanessa Kryceve ed Elodie Hue hanno subito pensato di ricorrere al mezzo che ha conquistate la ribalta di festival gastronomici e feste di piazza, pianificando però un tour piuttosto inconsueto, tra i centri d’accoglienza di Francia e d’Europa. Un modo per agire concretamente e insieme portare un messaggio di speranza e solidarietà: Recho, non a caso, è l’acronimo di Refuge, Chaleur, Optimisme. Da allora il truck acquistato tramite crowdfunding si muove per portare condivisione attraverso la preparazione di buon cibo, che spesso coinvolge anche i rifugiati dei campi, invitati a cucinare insieme allo staff. E già in passato l’iniziativa è riuscita a coinvolgere chef di fama internazionale, per esempio nella “giungla” di Grand Synthe (ricordiamo a questo proposito anche il progetto in progress di Massimo Bottura, per portare gelati e sorrisi ai bimbi del campo profughi di Tessalonica). Ma al di là delle collaborazioni celebri, quel che conta davvero per una realtà come Le Recho è la volontà di lavorare con continuità sul territorio, portando a casa risultati incoraggianti: la primavera scorsa, ancora una volta a Grand Synthe, il truck ha servito 1600 pasti in due giorni.

 

Le Grand Recho. Il ristorante solidale di Arras

E il prossimo ottobre, ad Arras, il progetto prenderà fissa dimora (per 15 giorni, dal 6 al 20 del mese) sulla Grand Place della cittadina francese, inaugurando il ristorante solidale Le Grand Recho, dove volontari e rifugiati cucineranno insieme ogni giorno, per servire una media di 150 pasti a prezzo libero (per finanziare le missioni del 2019). Ma il senso di comunità sarà stimolato anche attraverso corsi di cucina e servizi alle persone più svantaggiate, con i rifugiati coinvolti nella distribuzione dei pasti a domicilio per persone anziane e sole. Anche in questo caso è prevista la mobilitazione di grandi chef francesi, che ad Arras cucineranno in piazza con i loro colleghi del posto. L’idea vincente, però, che speriamo possa avere seguito, è quella di ribaltare la prospettiva per rompere le barriere di diffidenza: chi arriva da fuori non necessariamente è un problema, ma anzi può rivelarsi una grande risorsa. A patto che entrambe le parti collaborino al processo di integrazione. E che i rifugiati accolti sul territorio possano cucinare per chi li accoglie è davvero un bel modo per consolidare il legame.

 

www.lerecho.org

 

a cura di Livia Montagnoli

Tiramisù World Cup 2018 a Treviso. Come partecipare alla sfida amatoriale che elegge il miglior tiramisù

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Fedele alla tradizione o creativo? Purché sia buono – il più buono – i giurati della Tiramisù World Cup sono pronti a rendergli omaggio. 600 sono i posti disponibili per partecipare alla sfida di tiramisù che prenderà il via all'inizio di novembre nelle Terre del Prosecco. Unico requisito? Essere amatori. Ecco come partecipare. 

 

Tiramisù World Cup. Seconda edizione

Un anno fa, la prima edizione della Tiramisù World Cup ha decisamente superato le aspettative. Concorrenti in arrivo da tutto il mondo per la sfida amatoriale sulla preparazione del dolce al cucchiaio più amato in Italia e all'estero, ma pure il più discusso per la disputa che ne contende le origini tra Friuli e Veneto, e il più controverso quando si tratta di mettersi all'opera, con varianti e personalizzazioni della ricetta – uova, mascarpone, savoiardi e caffè - pressoché infinite. A Treviso, la Coppa del Mondo di Tiramisù, organizzata dalla Knowledge Company Twissen, riuniva così il pubblico delle grandi occasioni, conquistando menzioni e pagine sulle testate internazionali (più di 500 testate in 56 Paesi) e un insolito record legato alla possibilità di partecipare non solo per mettere le mani in pasta, ma anche per giudicare i contendenti, muniti di cucchiaino per l'assaggio: in sole 12 ore dall'apertura delle iscrizioni, i 350 posti disponibili per i giudici sono andati sold out! Quest'anno la sfida replica all'inizio di novembre, dal 1 al 4 del mese: si inizia in 600, arriva alla vittoria un campione per ciascuna categoria, la migliore ricetta originale e la migliore variante creativa. Ma la competizione diventa itinerante, spostandosi nelle Terre del Prosecco, con la prima giornata a Conegliano (nel chiostro dell'ex convento di San Francesco), la seconda a Pieve di Soligo (Villa Brandolini), la terza a Valdobbiadene (Villa dei Cedri), quando andrà in scena l'ultima fase delle selezioni. Per semifinali e finale, invece, gli sfidanti premiati dalla giuria popolare (180 persone selezionate online) si ritroveranno alla Camera di Commercio di Treviso, dove un team di giurati esperti – 30 per le semifinali, 9 per la finale – decreterà i vincitori di categoria.

 

È vostro il miglior tiramisù? Come partecipare

L'iscrizione è riservata a maggiorenni rigorosamente non professionisti, che possono partecipare anche per entrambe le categorie. A ognuno dei partecipanti sarà fornito un kit con gli ingredienti della ricetta base, al resto ciascuno provvederà come meglio crede, purché sia rispettata la regola più ferrea: niente alcol. Per assicurarsi un posto alle selezioni è già possibile – e consigliabile provvedere quanto prima – iscriversi online sul sito della manifestazione, indicando luogo e data preferiti. E quest'anno gli organizzatori non nascondono le aspettative: la speranza è che il numero di sfidanti in arrivo dall'estero cresca ulteriormente, per promuovere nel mondo, attraverso il tiramisù, l'immagine del Veneto tout court e incentivare il turismo internazionale a visitare la regione. Non a caso la manifestazione diventa itinerante per trainare un'altra eccellenza dell'enogastronomia locale come il Prosecco, che sui mercati internazionali non sembra conoscere crisi, e anzi è sempre più apprezzato nel mondo anglosassone e in America. Ma anche il tiramisù rivendica il suo appeal: “Questa importante manifestazione mette in risalto uno tra i prodotti italiani più famosi al mondo- conferma Roberto Lestani, presidente della Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria, che patrocina l’evento - Viviamo in un mondo economico complesso non solo a livello italiano ma anche internazionale, ed è opportuno creare sistema e sinergia in particolare quando si parla di food, turismo ed enogastronomia. Siamo un Paese che ha ancora molte cose da dire in campo internazionale. La TWC è un'opportunità di crescita per il territorio”. Pronti per la sfida?

 

www.tiramisuworldcup.com 

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Agosto in città: dove mangiare a Roma e Milano

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Nel numero di agosto del mensile del Gambero Rosso abbiamo selezionato 65 indirizzi utili per mangiare fuori a Roma e a Milano durante tutto il mese di agosto, a partire dalla colazione.

 

Milano. Prima colazione

Iginio Massari

Anche lei qui, maestro? Ma certo che sì. Nella Milano degli sbarchi a raffica (qui solo di vip e star di ogni specie produttiva, food in cima) non poteva mancare il king dei pasticceri: Iginio Massari. Eccolo, a un salto dal Duomo, nel flagship nuovo di zecca annesso a una sede di Banca Intesa San Paolo. Cosa c’è? Tutto. Gelatine, cioccolatini, monoporzioni, mignon, curatissimi anche nella coreografia espositiva. E poi, tra classici e nuove creazioni, le torte e le celebri scatole di biscotti, in una teca a parte di fronte al banco caffetteria, i lieviti squisiti per la colazione del mattino. Manca, ad oggi, solo il dehors completamente trasparente capace di 40 persone sedute e cuore di proposte salate fuori dagli schemi (le previsioni parlavano di varo entro l’estate). Si apre alle 7,30. Domenica un’ora dopo.

Iginio Massari – via Marconi, 4n06-ang. p.zza Diaz (Duomo) – 0249696962 – iginiomassari.it

 

Rinaldini Milano
Altra new entry, e altra bandierina gloriosa piantata sulla mappa gourmande milanese. Il premiato e arcinoto pasticciere riminese Roberto Rinaldini ha varato il suo spazio, non a caso in coincidenza con l’ultima Design Week (aprile scorso), in pieno centro, affiancando alla rinomata offerta dolce anche una consistente proposta salata, che tracima con ottimi risultati e buoni piatti nel lunch time. Ma, ovviamente, sono anzitutto grandi le prime colazioni, che attingono a piene mani al banco con le creazioni di Rinaldini, dai lieviti agli éclair, accompagnate peraltro da una caffetteria di livello. Curata anche la selezione di tè e tisane. Piccolissimo handicap, l’apertura alle 8. Ma almeno in agosto, in genere, l’ansia mattutina è decisamente ridotta.

Rinaldini Milano – via Santa Margherita, 14 (Vittorio Emanuele) – 02 39566725 – rinaldinipastry.com

 

Cracco Cafè
Fatevi del bene, o fatevi del male (fate voi): ma non rinunciate alle uova, proposte in tutte le modalità iconiche da breakfast, ma tradotte poi quanto a cura e sapore in versione Cracco, lo chef che, fosse stato chiamato a disegnare qualcosa, come Giotto bambino, invece della celebre “O” avrebbe certamente tracciato, appunto, un ovale chiuso. Quanto alla location, è Milano Galleria che di più non si può, e insieme evocativamente parigina. Pareti a stucco dipinte a mano, pavimento in mosaico e bancone fine dell’800, de hors affacciato sul passagi odel mondo, e insieme sobriamente appartato. E il mattino qui ha davvero il gusto in bocca: lieviti e dolci super, pane, burro e marmellata (al top), viennoiserie dolce e salata. La caffetteria tiene botta. E si rischia, con piacere di far tardi: così tanto da tracimare verso aperitivo, light lunch, rompi digiuno goloso… Ma questo è il poi. Ed è un’altra storia.

Cracco Cafè – Galleria Vittorio Emanuele II – 02876774 – ristorantecracco.it

 

Marchesi 1824
Una "casa fondata nel 1824", come racconta il trailer della storica insegna meneghina, nata in zona Magenta (e alla quale, dopo l'acquisizione da parte di Prada nel 2014, si sono affiancate altre due sedi: quella originaria però, attenzione, in agosto fa pit stop), e nel cui team è arrivato, a rifinire e impreziosire ulteriormente la proposta, il talentuoso pasticcere Diego Crosara. Arricchita da questa bella novità, la formula continua il suo viaggio su livelli di sempre maggior rispetto, con start dalle 7,30 per doppiare la boa vitale del breakfast (e con impegno variegato, poi, lungo tutto l'arco della giornata, fino alle 20). I lievitati qui sono ineccepibili. Tutto quel che sa di cioccolato è molto buono. E la caffetteria è all’altezza. In decisa crescita i cakes, alternativa davvero golosa alle scelte più canoniche.

Marchesi 1824 – via Monte Napoleone, 9 (San Babila) – 02 76008238 – pasticceriamarchesi.com

 

California Bakery
Parlar bene di una catena? E perché no, se fa il suo, e a dovere? Questo marchio, ormai stranoto in città, continua a rafforzarsi e a moltiplicare le sedi (ormai sono sette). Ma mantiene il suo buon livello nella proposta gastronomica (ricca, tra l'altro, di prodotti bio e di provenienza tracciata) e nella formula snella e divertente che punta a offrire un break goloso a qualunque ora. Cominciando da una colazione che guarda (meglio, ammicca) agli States. Spazio allora a pancake, brownie e muffin, ma anche bagel e sandwich sempre divertenti e freschi (interessante tra gli altri quello molto “Grande Mela” al pastrami, con pane alle prugne e semi di papavero) e per i più affamati anche hamburger. Per chi ha voglia – fatta colazione - di imparare e mettersi in gioco, sono aperte le iscrizioni ai corsi del Cooking Lab.

California Bakery – p.zza Sant'Eustorgio, 4 (Porta Ticinese) – 0239811750 – californiabakery.it

 

Milano. Mangiare

Erba Brusca
In città (il movidone dei Navigli in fondo è a un tiro), ma ideologicamente in cascina. Contemporanea, smart e giovane, però. Vera e coerente, quella dell’Erba è una “cucina con orto”. Dove il menu si ispira al territorio, e la materia prima, spesso autoprodotta – o attinta da Presidi Slow Food - ha rilevanza paritaria al contributo della mano dello chef. Che qui è donna e cosmopolita (Alice Delcourt, franco-americana) e ha tra i suoi hit la lombarda coscia d’oca in cassetta riletta con crema di mele, coriandolo e kimchi casalingo; i pizzoccheri con verza, patate, Casera, Latteria e Bitto giovane; l’agnellone brasato agli agrumi, daikon scottato, crema di olive e mandarini canditi. Dolci a livello. Possibili percorsi da quattro (32 euro) o sei (a 45) piatti, col gioco possibile di calici abbinati alla cieca. In cantina la Francia di Alice, l’Italia giusta, sidro e birre.

Erba Brusca – alzaia Naviglio Pavese, 286 (Navigli) – 0287380711 – erbabrusca.it

 

Terrazza Gallia
Dal mercato del calcio (i fan ricorderanno il vecchio Gallia e le sue trattative epiche) a quello dell’accoglienza deluxe e del cibo gourmet, con l’abbrivio vincente dei Cerea di “Vittorio”, di cui i cuochi resident sono rodati allievi. Roof con terrazza sporta sul cuore d’una Milano più pulsante che mai, e spazio a drink, aperitivi,easy food. E poi sala gourmet, con sommelier di classe - Valentina Bertini, trascinante, - cantina visitabile e team di riguardo. La cucina (sospesi per ora i defilé stagionali dedicati a bollito e tartufo e dato ai Cerea ciò che è loro col remake-dedica di alcuni piatti firma) viaggia tra capesante scottate, crema di castagne e ketchup di barbabietola (con spigoli vivi d’acidità e crunch impeccabil), ravioli di gamberi e branzino con porcini animato dal ritorno alla cottura in terracotta. La pasticceria è golosa e moderna.

Terrazza Gallia – Hotel Excelsior Gallia – p.zza Duca d'Aosta, 9 (Stazione Centrale) – 0267853514 – terrazzagallia.com

 

Bottega del Ramen
Senza etnico, non è più mangiare e Milano. E in una via sempre più "foodie" – e appunto etnica, con altri locali “giap” in serie - la Bottega ha in poco tempo saputo conquistare i cultori della specialità. Una fiducia acquisita grazie a ingredienti di qualità, pasta fatta in casa, sapore artigianale delle combinazioni (dieci, con e senza brodo). Aspettando i ramen si può scegliere tra una dozzina di stuzzichini, tra cui spiccano i ravioli gyoza, sia di carne che di verdure, e pollo e maiale marinati in salsa di soia. Bello anche trovare i dorayaki, il dolce più famoso della tradizione giapponese. Alla voce bevande, piccola ma curiosa lista di birre asiatiche. Cortese e veloce il personale, in uno spazio sviluppato su due piani, dove la parte più importante è lasciata a un animato tavolo sociale.

Bottega del Ramen – via Vigevano, 20 (Porta Genova) – 0289410258 – bottegadelramen.com

 

Mantra Raw Vegan
Deducata agli agostani “vegan & raw”, più che un "mantra” è una scomessa: una proposta crudista di risoluta fedeltà alla propria filosofia in ogni piatto, ma senza sacrificare gusto e godimento. Giudicate voi se vinta, cominciando magari dagli acquisti al Market (tra le offerte "grawnola" e foglie di cavolo essiccate con salsa di anacardi) per proseguire poi scegliendo tra il take away (vari i piatti disponibili) o sedersi ai tavoli e divertirsi con spaghetti di zucchine alla marinara, taboulè di canapa con hummus di rapa rossa e melograno, la pizza (crudista, ovvioo, e un bel po’ lontana dalla tonda classica). Tra i doci, bella e buona la "cheezecake" alla pera, con succo di zenzero pressato a freddo e base di frutta secca o il "tirawmisù" al cocco. Da bere estratti e centrifughe, naturalmente, ma anche vino.

Mantra Raw Vegan – via P. Castaldi, 21 (Venezia) – 02 89058575 – mantrarawvegan.com

 

Enrico Bartolini Mudec Restaurant
Benvenuti nella fascinosa casa madre, quartier generale (e cassaforte di prestigio) da cui Enrico Bartolini pilota il suo ormai non più piccolo impero. E benvenuti nell’attico del Mudec è in una delle zone più neo-milanesi di Milano, dove moda-arte-cibo consonano in una mappa ravvicinata di atelier dedicati. Cosa troverete? Cucina strepitosa; sala duttile e vivace; cantina ricca e originale, con ricarichi alti, sì, ma anche bottiglie belle e non impossibili, e una mescita arguta e stimolante, incluso (a piacere del cliente e senza forzature) il gioco del bicchiere nero, con un vino da provare a indovinare. I piatti? Incantano. Dai mini “trompe l’oeil” ormai iconici (l’oliva, la cipolla) alle vere portate: il calligrafico saòr rivisitato, d’umiltà solo apparente, con l’alice impreziosita da ostrica bretone e caviale; la ventresca di tonno, calamaretti e taccola “bruciata”; lo spaghetto all’anguilla, sontuoso e fragrante insieme, servito su erbe fresche e salsa ceviche; l’’animella “roti” lineare e attualissima. Impressionano anche i dessert. Nota a parte per il menu lunch (un piatto, un dolce, acqua e caffè a 45 euro) che dilata e democratizza la possibilità di una sosta e un’esperienza.

Enrico Bartolini Mudec Restaurant – via Tortona, 56 (Tortona) – 02 84293701 – enricobartolini.net

 

Disegno di Maurizio Ceccato

Roma. Prima Colazione

Sant’Eustachio

Se l’aspirazione di (quasi) ogni italiano che si rispetti è quella di avere per la colazione del mattino un caffè degno di questo nome, Sant’Eustachio è la risposta al massimo livello a una domanda nazionale. Sta nella sua tazzina (e nella tazzona del celebre doppio espresso), nella qualità del contenuto – ottenuta selezionando da sempre sul posto di produzione la materia prima, e torrefacendo il meglio in proprio nella piccolissima “stanza dei bottoni” annessa al bar e visitabile on demand - il segreto della celebrità imperitura di quest’insegna, in voga fin dagli anni Trenta. Sul filone nodale si sono innestate nel tempo variazioni di ogni tipo e gusto, e un ricco assortimento di gadget e utensili indispensabili per replicare a casa il gusto Sant’Eustachio. Sul fronte food nell’assortimento da mattina vincono i lieviti di tradizione.

Sant’Eustachio – piazza Sant’Eustachio 82 (Pantheon) – 0668802048 – santeustachioilcaffe.it

 

Time del Grand Hotel Via Veneto

“Dolce vita”? Why not? Ma anche salata, se è quello il tipo di breakfast che referite. Ovviamente,lo spazio poliedrico e dedicato di questo meraviglioso, curatissimo hotel dagli arredi decò, è pronto a giocare con internazionale disinvoltura su entrambi i tavoli. Si spazia dai lieviti, torte, sweeties in genere, accompagnati da un validissimo servizio di caffetteria, a ottimi toast e club sandwich, o uova lavorate on demand, e quant’altro serve a una pausa salty; rinforzabile (se l’ora è più tarda) con insalate e piatti della tradizione romana tradotti in versione light. In mezzo, volendo, l'ora dell'aperitivo, con proposte interessanti da sorseggiare e stuzzichi di pari livello. Il ristorante Magnolia, adiacente e smart, è pronto eventualmente per concludere con una cena gourmet con piatti resi unici dalla vena “artistica” dello chef.

Time del Grand Hotel Via Veneto – Via Vittorio Veneto, 155 (Pinciano) – 06487881 – ghvv.it

 

Vanni

Non chiude mai. Neanche a Ferragosto. Ci fosse, niente niente, qualche Rai-man rimasto in città a meditare rivoluzioni nei palinsesti (e soprattutto negli organigrammi) d’autunno… Piazzato al cuore della “house of card” dei poteri mediatici nazionali, Vanni ha legato la sua fama a due fattori: esser stato in qualche modo il backstage “pausa caffè” della tivù pubblica e del suo apparato, e esser divenuto, con merito, il meeting point di un quartiere ricco, grande, animato. Storia prossima ai cent’anni, spazi ampi, dehor spesso con fila, dà il buongiorno ai clienti con ampia scelta di lieviti, caffè e cappuccini, e produzioni dolciarie proprie, tra mignon, monoporzioni, torte. Sul versante salato generosa scelta di snack, pizza inclusa. E, archiviato il breakfast, si continua fino a mezzanotte con l’intero repertorio dell’assistenza food & beverage.

Vanni – via Col di Lana 10 (Prati) – 06326449012 – vanni.it

 

Rosemary

La colazione, ovvio: ma poi avanti fino a cena, sempre nel segno di prodotti bio e del territorio, in questo locale sui generis dietro il cui progetto c’è il marchio di Legambiente. LMa torniamo al breakfast, che apre con classe e dolcezza i giochi dalle 7 del mattino, qui: ciambelloni, crostate, cornetti farciti con confetture artigianali, dolcetti, biscotti veg e yogurt fresco, e poi caffetteria, succhi, spremute, centrifughe ed estratti. Ovviamente si può virare sul salato, ben assistito (ad esempio con un tagliere di salumi e formaggi targati Lazio e ben selezionati) anche senza tracimare sugli hit che aspettano chi passerài un po’ più tardi per il lunch: gazpacho con sedano croccante, fettuccina con bottarga di muggine affumicata e olive taggiasche o tradizionalissima carbonara, ma anche tofu alla griglia con patate, pomodorini e capperi.

Rosemary – via Modena 15 (Monti) – 0648913645 – rosemary.bio

 

Santi Sebastiano e Valentino

Colazione in pasticceria? Come se fosse, visto il livello dell’assortimento, tra ventagli e tiramisù, millefoglie, macaron e plumcake. Colazione al bistrot e, volendo, tirar tardi ai tavoli interni o nel dehors aspettando che una famina bis induca a sondare la lista dei piatti da unch? Corretto. Cambiare musica, e farsi il breakfast in panetteria – ma speciale, come avrete capito – con pane alle uvette e nocciola (o uvette e cannella, o…) – spalmato di burro di rango e marmellata della casa, pizzicando oi a volontà tra cornetti aerei e lievitati vari? Questo è il posto giusto. E fermamente disponibile anche nel mese del fugone dalla metropoli, salvo per pochissimi giorni a cavallo del 15. Con gli optional non indifferenti di piena praticabilità per i disabili, pet ben accolti e, per gli strangers in Rome, al banco gente che parla sia inglese che francese… Ps: a sorpresa, è buono anche il caffè.

Santi Sebastiano e Valentino – via Tirso, 107 (Salario) – 0687568048 – santi-sebastiano-e-valentino

 

Roma. Mangiare

Achilli al D.O.M Hotel

A buttare un occhio (e lampi di verve) passa ogni tanto Massimo Viglietti, chef della casa madre Al Parlamento; ma a inventar cucina secondo una linea agile (menu a 50 euro) e golosa su questa magica, piccola terrazza al cuore di Roma è Alessio Tagliaferri, delfino dei “patron” sempre più in volo con le sue ali. L’idea è riprodurre in città gioco e sapori d’una fuga in spiaggia con gli amici: e allora ecco il menu “al sacco”, non cucinato; quello ai carboni, da falò sulla sabbia; e la cucina del “casotto”, con lo chef estivo scatenato ai fornelli dello stabilimento. S’intrecciano così crudi, cannelloni alla brace e spaghetti freddi di zucchine alla puttanesca con tzatziki, l’ambo vigliettiano “coniglio-ostriche” e i ravioli di gamberi in brodo al Lapsang. La cantina (c’è una sommelier super) va, insieme ai cocktail (anche in versione dessert). E in “sala club” si servono sigari e liquori pazzeschi (due secoli e oltre di distillati) a prezzi ovviamente appropriati.

Achilli al D.O.M Hotel - via Giulia, 131 (rione Regola) – 066832144 – achilli.restaurant

 

Giulietta
La casa testaccina di Cristina Bowerman & soci (l'altra è sempre Glass Hostaria) è un concerto polifunzionale in cui convivono più anime: il ristorante con gastronomia, la gelateria (rispettivamente Romeo Chef & Baker e Frigo) e Giulietta, regno della pizza. Anzi alle pizze, dato che la proposta gioca, come in politica, su due forni, ammiccando sia ai tifosi della versione napoletana che ai fan della romana, bassa e coi bordi croccanti. Il risultato? Vincenti entrambe per impasto buono e digeribile e per la qualità di materie e topping (felici sia se classici che più creativi). Si va così dalla Campagna Romana (fiordilatte, carciofi, fonduta di pecorino e fave) alla Margherita del Vesuvio con pomodorini del Piennolo, bufala e olio evo, o la fritta ripiena di provola, ciccioli, ricotta e pepe. Gli sfizi spaziano dai supplì alla frittatina di pasta. Da bere vino, birra e cocktail, in un ambiente decontratto e piacevole.

Giulietta - p.zza dell'Emporio, 28 (Testaccio) – 0645229022 – giuliettapizzeria.it

 

Giuda Ballerino

Panorama romano da privilegiati, terrazza super, Andrea Fusco ai fornelli: per un Giuda Ballerino passato da qualche anno dalla rock dance del quartiere di origine a una fighissima modern venata di jazz danzata sul teto di qauesto albergo importante. Fusco è nella sua piena maturità e ha organizzato la sua coereografia per palati in tre suite-menu: nove proposte a 110 euro, cinque o sette a 90 e 100. Tra gli ultimi, molto bello quello interamente dedicato al Lazio, con sole materie prime regionali (incluse alcune poco prevedibili, come ostriche e cervo). Per i super light in ansia da prova costume, e per i veg, attenzioni golose come la zucca e vegetali di campo uniti a ricotta e salsa all’uovo e il mix di una ventina di erbe di collina “dedicato” al re delle insalate d’autore Enrico Crippa. Buoni vini , ditillati e cocktail. Servizio ineccepibile.

Giuda Ballerino – Hotel Bernini Bristol – p.zza Barberini, 23 – 06 488933288 – giudaballerino.com

 

Acciuga
La nuova casa romana (e in proprio) dopo i passaggi da Setttembini e Chinappi e l’abbrivio marchigiano in un bel locale fanese, di Federico Delmonte, giovane cuoco al turning point di carriera. Bianco, blu (i colori dell’acciuga migratrice dell’insegna), grandi vetrate, ferro e legno scuri, cucina a vista e un piccolo “a parte” più raccolto e intimo disegnano la scena. La cucina è fresca e volutamente semplice. Due i menu, il signature Federico (7 portate “organizzate” dallo chef a 60 euro) e Acciuga (4 portate a scelta del commensale a 45). Si parte con piada cotta alla griglia, souvenir del nord Marche, e si viaggia poi tra delicata ricciola con sedano, aceto di abete e anice stellato, triglia marinata con curry nero e lime, murici con tartufo nero, liquirizia e pangrattato. Luca Boccoli firma la cantina. Che, dunque, sedurrà e divertirà a dovere.

Acciuga – via Vodice, 25 a (Prati) – 063723395 – acciugaroma.it

 

Zia

Una new entry gestita da un giovane cuoco talentuoso, deciso a tentare l’avventura professionale più importante della sua paarabola in libertà e scioltezza. A Zia va in scena dunque il trentaduenne Antonio Ziantoni (già con Anthony Genovese al Pagliaccio, e prima in giro di formazione per il mondo). Il palcoscenico è quello di Trastevere. E la pièce gastronomica allestita dallo chef è insieme pop (c’è un un menu a 28 euro per il pranzo) e gourmet: spaghetti alla chitarra con ragù di quaglia e gelato al pistacchio; lingua, zabajone e funghi; animelle, cardoncelli e pecorino sono alcuni esempi. L’ambiente è amabile e funzionale. La cantina in strutturazione, con una seconda faccia del beverage isieme dialettica o complementare rispetto a vini e bolle, e imperniata sulla proposta in abbinamento anche di estratti e tè.

Zia – via G. Mameli, 45 (Trastevere) – 0623488093 – ziarestaurant.com

 

selezione a cura di Antonio Paolini

Disegni di Maurizio Ceccato

 

 

QUESTO È NULLA...

Anteprima servizio Milano-Roma del mensile di agosto

Nel numero di agosto del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate tutta la selezione dei locali aperti ad agosto, compresi bar, cocktail bar, gelaterie e bistrot. La selezione fa parte di un interessante servizio dove Antonio Paolini, con la complicità degli esperti (Enzo Vizzari, Albert Sapere, Luigi Cremona, Paolo Marchi, Alfredo Tesio, Roberta Schira, Eleonora Cozzella e Carlo Ottaviano), mette a confronto, dal punto di vista gastronomico, Milano e Roma.

 

Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store

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Il nuovo Magorabin di Torino. Il progetto di Marcello Trentini

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Il ristorante torinese di Marcello e Simona Trentini cambia pelle e raddoppia. Ancora a Torino, a pochi metri dalla vecchia insegna. Aspettando l'apertura autunnale di Magorabin Alimentari. 

 

Novità a Torino

Le aperture in piena estate pare siano una nuova tendenza della ristorazione d’eccellenza. E così anche Marcello Trentini, chef pluripremiato di Magorabin, ha scelto una sera di mezza estate, il 3 agosto 2018, per aprire il suo nuovo ristorante. L’inaugurazione ufficiale sarà in settembre, e fra settembre e ottobre aprirà anche- nello spazio dell’ex ristorante - Magorabin Alimentari, una bottega come quelle di una volta, con prodotti di ricerca, un laboratorio di panificazione e tavolini per fermarsi a gustare a ogni ora del giorno, fino a notte, abbinamenti food sfiziosi, pane e varie cose buone, e pochi piatti selezionati dalla cucina di Trentini.

 

Marcello Trentini

Il nuovo ristorante

Ma ora il protagonista è lui, il ristorante stellato, frutto della continua evoluzione di uno chef che di salti acrobatici nella sua carriera ne ha fatti molti. Il nuovo Magorabin è a pochi passi dal precedente, stesso isolato di corso San Maurizio, nel cuore di Vanchiglia. Spazi ampiati del 50%, una cucina progettata e costruita ex novo su misura del “Mago”, con laboratorio di panificazione. Due sale, parquet di legno di tradizione, toni scuri e giochi di luci e ombre, uno spazio chef’s table, raccolto in un piccolo angolo dedicato con un alto tavolo conviviale da otto posti, ricavato da una lastra unica di quercia bruciata al cannello e nella parere una colonna antonelliana a vista, un tocco di storia fra la contemporaneità. Ad accogliere gli ospiti un salotto con poltroncine di nabuk stile anni ‘70, un impianto audio per ascoltare dischi in vinile mentre si gusta uno champagne o un cocktail.

 

marcello trentini

Le proposte

Uno scenario perfetto per la creatività di Marcello Trentini: dai signature dishalle degustazioni con campo libero alla ricerca dei prodotti, delle sensazioni e delle tecniche più coinvolgenti. In sala Simona, con la quale porta avanti il suo progetto da una quindicina d'anni,e il suo staff. Per presentare, oltre alla selezione di cantina, miscelati e bevanti preparati al momento, “sui” piatti.

Il Mago comincia una nuova avventura, anzi meglio: l’avventura del Mago non è mai finita. Allacciate le cinture.

Magorabin – Torino - Corso San Maurizio 61b - 011 812 6808 - www.magorabin.com

a cura di Rosalba Graglia

 
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