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Fuorisalone 2018. Gli appuntamenti a tema enogastronomico della Milano Design Week. Terza tappa

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Prosegue la nostra rassegna in cerca delle opportunità per scoprire come si influenzano cibo e design, in occasione del Fuorisalone di Milano, dal 17 al 22 aprile. 

Fuorisalone di gusto, tra cene speciali, quartieri che si animano all'insegna del cibo, festival di street food e aperitivi esclusivi. Il fil rouge è quello che lega la creatività artistica con la cultura gastronomica, fonte d'ispirazione l'una per l'altra (e viceversa), in uno scambio di idee che fa contenti tutti: chi vuole semplicemente divertirsi nelle serate della Milano Design Week, chi cerca nuovi spunti di riflessione e chi suggestioni innovative veicolate da artisti e designer in arrivo da tutto il mondo. Mentre l'apertura dei giochi si avvicina a grandi passi, continuiamo a perlustrare la città in cerca degli appuntamenti a tema enogstronomico che prenderanno forma dal 17 al 22 aprile (ricordandovi le puntate precedenti, qui e qui).

 

Premiata Ditta Marras&Co: Lo spazio dello stilista sardo in via Cola di Rienzo non è nuovo a iniziative che sulla condivisione di competenze puntano l'accento per mettere in scena una rappresentazione corale e contaminata dall'incontro tra arti diverse: la moda, il design, l'architettura, il cibo. Da diversi mesi una formazione inedita è al lavoro per trasformare gli spazi di Nonostantemarras in un laboratorio creativo, con l'apporto di realtà d'eccellenza del made in Italy, come La Fabbrica del Lino, Fantin, Kiasmo, Saba, WalletDecò. In occasione del Fuorisalone il risultato – insolite collezioni firmate Antonio Marras al confine tra design industriale e performance artistica – sarà mostrato al pubblico (ingresso gratuito, dalle 10 alle 19). In esposizione anche una rivisitazione di Ballu Tundu in omaggio al Manjar Blanc, dolce al cucchiaio tipico di Alghero, ma di origine catalana, “per chiudere gli occhi e tornare bambini”. Ma il cibo sarà protagonista soprattutto al temporary restaurant Domus Rana, ideale gemellaggio tra le due famiglie Marras e Rana per creare uno spazio votato all'ospitalità, ispirato al ristorante della provincia di Verona e ai valori che porta in tavola.

Via Cola di Rienzo, 8 - antoniomarras.com

Eat Urban Food Truck Festival: Appuntamento consolidato nel cortile dell'ex convento di San Vittore (dov'è di scena anche la collettiva Doutdesign), ritrovo per gli amanti dello street food nel distretto Sant'Ambrogio. Dalle 10 alle 23 lo spazio ospiterà truck, apecar, furgoncini e cucine itineranti, con la consueta selezione di specialità regionali e internazionali. Ma quest'anno lo street food sarà protagonista anche in piazza del Cannone, all'interno del Parco Sempione, dove prenderà forma una food court dedicata al relax e all'intrattenimento, sotto la supervisione del Sant'Ambrogio Design District.

Via San Vittore, 49

 

Materials Village 2018: Il Superstudio Più ospita la quinta edizione della rassegna dedicata a nuove tecnologie e sostenibilità, che quest'anno si avvale della collaborazione di Seeds&Chips, il summit sulla food innovation in programma dal 7 al 10 maggio. Al tema smart city si legherà l'area tematica allestita per presentare le ultime tecnologie in fatto di Smart Food Cities, come la startup Robonica con il progetto Linfa, una serra in miniatura in idroponica che permette la crescita rapida di molti vegetali. Ma al Superstudio (dove la mostra si protrarrà fino al 12 maggio), Seeds&Chips organizzerà anche dibattiti ed eventi legati all'innovazione alimentare.

Via Tortona, 27 - materialsvillage.it

 

Berkel alla Coltelleria Lorenzi: La storica insegna di via Ponte Vetero celebra il 120esimo anniversario di un'azienda che dell'attenzione al design ha fatto il proprio marchio di fabbrica, e da oltre un secolo produce affettatrici professionali che sono diventate oggetto di culto. L'inconfondibile Volano P15 Berkel (che riprodue un modello degli anni Quaranta) sarà protagonista in vetrina per l'intera settimana, nell'allestimento che la Coltelleria dedica al genio di Wilhelmus Van Berkel, omaggiando così l'arte del taglio perfetto.

corso Magenta, 1 - o-lorenzi.it

 

Make a Wish/ Make a Dish, Odo Fioravanti da 28 Posti: Ancora un menu inedito che gioca e si interfaccia con il design per Marco Ambrosino, veterano della Milano Design Week, sempre incline a collaborare con artisti e designer. Quest'anno va in tavola il sodalizio con Odo Fioravanti, che ha dato forma a sei impiattamenti insoliti, in cui ricetta e piatto si ispirano a vicenda, e la forma nutre gli occhi, prima che il gusto solleciti il palato. In menu macaron con acciughe, soncino, miso con funghi, melone invernale con erbe in conserva, concepito come un climax di sapori suggerito dalla mise en place; poi l'Imbuto, una sorta di gru che permette di versare la salsa sullo sgombro, e la pasta al pomodoro Ready Made, servita in cloche by Ikea. E ancora, sul filo dell'ironia, Specchioriflesso, nella portata che si avvale di un gioco di specchi per separare la carne dal pesce, il diaframma dal cefalo. Chiusura con il Piatto vuoto: il dolce c'è, ma è nascosto sotto il piatto! Pungente satira sul vizio di protestare per le porzioni ridotte di una tavola gourmet. Segue la Piccola Pasticceria a Stendere. Il menu sarà disponibile per tutta la settimana del Fuorisalone.

via Corsico, 1 - 28posti.org

 

a cura di Livia Montagnoli


ValueAble: il progetto di inserimento lavorativo delle persone Down punta alla ristorazione

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Ragazzi Down e ristorazione. Una formula che convince sempre più. Ecco il nuovo progetto dell'Associazione Italiana Persone Down.

 

L'esperienza più nota è forse quella della Trattoria degli Amici, costola gastronomica della Comunità di Sant'Egidio, ristorantino che impiega volontari, professionisti della ristorazione e persone con sindrome di Down e gestito da una cooperativa sociale. Un bellissimo progetto di solidarietà e un'azienda che mira a essere autonoma e a fare profitto, come altre imprese sociali: Assurd pucceria di Potenza, la Locanda alla mano di Milano, 21 grammi di Brescia o il Ca' Moro di Livorno (qualcuno ricorderà la visita motivazionale di Cannavacciuolo in Cucine da Incubo). Tutte realtà esemplari ma per forza di cose difficili da replicare, dove creare anche percorsi lavorativi protetti per chi necessita di particolari condizioni difficilmente replicabili altrove. L'obiettivo dell'integrazione non può però essere legato all'eccezionalità di poche situazioni ma alla quotidianità di molte – normalissime – attività. Perché la disabilità in età adulta, come giustamente proclamato sul sito della Trattoria, può essere una risorsa per la società.

 

La Sindrome Down

L'aspettativa di vita, negli anni, si è allungata del 60%: negli anni '40 era intorno ai 12-13 anni, circa 33 nel '79, ora siamo a 62. Questo dipende non solo dai progressi della medicina nel combattere le patologie correlate (per esempio le cardiopatie), ma dallo stile di vita condotto “in Italia oggi chi è affetto dalla sindrome vive principalmente in famiglia e non in un istituto come un tempo” dice Anna Contardi, coordinatrice nazionale Aipd – Associazione Italiana Persone Down. Sono, dunque, ragazzi che diventeranno adulti. E da adulti potranno essere un carico per la società – come avveniva un tempo - oppure una risorsa, come sempre più frequentemente accade oggi. L'emancipazione delle persone con sindrome di Down è un discorso che riguarda tutti: sostenere l'integrazione e l'autonomia delle fasce più deboli, ma in grado di provvedere a se stesse, significa avere una società più sana e inclusiva, in grado di convogliare energie e risorse verso altre situazioni che richiedono assistenza più specifica. Per questo il primo passaggio è quello legato alla formazione all'indipendenze: gestire soldi, muoversi in città, avere il senso del tempo e degli orari, assolvere da soli a tutte quelle attività sa espletare nella quotidianità. È un prerequisito necessario per abitare da soli e lavorare.

 

Di cosa c'è bisogno

Alle persone con sindrome di Down servono più tempo e più impegno per raggiungere un buon livello di autonomia e per l'apprendimento. E serve un inserimento protetto nel mondo lavorativo. Ma quel cromosoma in più, nella coppia 21, in genere comporta disabilità intellettive non invalidanti. Porta caratteristiche fisiche, come il taglio degli occhi, e psicologiche, e - come per la maggior parte delle persone non affette da Trimosia 2 - una predisposizione a certe patologie e per alcune attività, per esempio il riordino e il controllo, vista l'attitudine alla precisione. Una potenzialità se ben impiegata. Senza contare che la conquista di un posto nella società, che solo fino a pochi anni fa sembrava inaccessibile, quel senso di riscatto e l'orgoglio per i propri risultati sono molle determinanti nell'approccio al lavoro.

Il progetto ValueAble: riconoscere le persone come portatrici di valore

Per questo l'Aipd sta sviluppando dei percorsi professionali, e uno riguarda il settore dell'ospitalità e la ristorazione: “che permette un inserimento di qualità perché ci sono molte mansioni semplici e ben organizzate” spiega Anna. Tant'è che le prime collaborazioni, con McDonald's, risalgono al 1992, poi c'è stato il caso – diventato un reality tv – di Hotel 6 Stelle, per l'inserimento in strutture alberghiere e tante altre esperienze. Ora, però, si vuole dare più solidità a questo impegno, con ValueAble: un progetto italiano finanziato con fondi europei, che fa seguito a On my own at work, un primo percorso di inserimento professionale in Italia, Spagna, Portogallo, oggi anche in Turchia, Ungheria, Germania.

Presentato da poco - ma dopo un anno di messa a punto – ValueAble vuole rafforzare quanto già fatto, lanciando un marchio che possa motivare le strutture che accolgono persone Down evidenziandone il coinvolgimento e consolidandone il legame con le associazioni di assistenza: “aiutiamo le aziende e ne riconosciamo l'impegno con un marchio: di bronzo se accolgono il tirocinante, d'argento se l'assumono, d'oro se si fanno ambasciatori del progetto e di una politica di non discriminazione e di inserimento” spiega, e aggiunge che il marchio implica un'assunzione di responsabilità da parte delle aziende che richiedendolo si impegnano a continuare nel percorso.

La rete

Oggi in Italia siamo nell'ordine del centinaio di esperienze lavorative e di tirocini, molti di più se contiamo anche gli stage brevi, con circa 24 strutture: catene alberghiere, fast food, ristoranti, bar. I locali aderenti a ValueAble, complessivamente, attualmente sono 52, ma è un numero destinato a crescere. Chi partecipa entra in un catalogo sul sito valueblenetwork.eu in cui, oltre alla visibilità dell'azienda, è indicata anche la struttura formativa con cui può collaborare, per semplificare l'interazione tra i vari attori. Sul sito non mancano testimonianze di chi, come azienda o come cliente, è entrato in contatto con questo progetto. Dal punto di vista pratico, l'associazione ha strutturato una formula di tutoraggio nell'avvio del tirocinio per individuare le strategie e la formazione necessaria, oltre alla selezione dei ragazzi.

 

Gli strumenti

Abbiamo sviluppato due supporti, uno per i ragazzi e uno per le aziende” spiega Anna. Il primo è una app personalizzabile con l'agenda lavorativa, la lista dei compiti da svolgere, o magari - per chi deve preparare la sala dei ristoranti - le foto che mostrino l'apparecchiatura corretta, o le immagini dei prodotti da usare per chi si occupa delle pulizie. Tutte cose che i ragazzi possono consultare per diventare indipendenti il più rapidamente possibile. “Poi abbiamo realizzato 14 brevi video destinati ai colleghi, per ovviare agli errori più comuni (come l'eccesso permissivismo) e illustrare il modo corretto di interagire o spiegare le cose”. L'obiettivo ultimo non è fare beneficenza, ma rendere, il prima possibile, queste persone delle risorse per le attività in cui lavorano. “Questo avviene se si individuano chiaramente le mansioni più adatte per ognuno, e le giuste procedure” spiega Anna. Compatibilmente con le ore di lavoro, “consigliamo 25 ore, perché sono quelle in cui la produttività è più alta” dice Anna.

 

Produttività

Del resto anche prima del progetto ValueAble si sono avute esperienze simili, come quella di Valentina Burtone, addetta alle pulizie della società di catering Magnolia di Monteporio Catone, “Viene tre volte a settimana ed è completamente indipendente” racconta Filippo Buonomini Dopo un primo periodo di affiancamento con un operatore dell'associazione”. Come se la cava? “In termini lavorativi Valentina è produttiva ed efficiente”. Non è un risultato isolato: nelle grandi catene di fast food, la valutazione della produttività è intorno al 70-80%, dunque allineata agli standard aziendali. Alfredo, un ragazzo dell'Aisp, è oggi capomagazziniere McDonald's a piazza di Spagna. Una posizione conquistata per merito. Ormai molti fast food (McDonald's e Burger King) hotel (come Ostuni Palace, foto in copertina) e ostelli, Gdo (Carrerfour), store (Bottega Nespresso), bar (Mychef dell'Aeroportodi Roma o Bacio di Latte di Bari) strutture come il Mercato Centrale di Roma e ristoranti impiegano persone Down.

Un caso emblematico è quello del Veritas di Napoli (Due Forchette per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso e una Stella Michelin) in cui lavora Francesco Torre, arrivato poco dopo lo chef, Gianluca D'Agostino, di cui è amico di famiglia. “Quando si presentò l'ipotesi di prenderlo, ne discutemmo con il maître, e decidemmo di provare” racconta “inizialmente eravamo preoccupati di non riuscire a gestire la situazione”. Francesco si occupa della preparazione della sala fino alla mise en place e poi passa in cucina dove è di supporto ai cuochi per il riordino delle cose, “Francesco è molto ordinato e preciso, i ragazzi si appoggiano molto su di lui” spiega lo chef “è una figura molto importante, difficile da trovare e formare, un jolly nel vero senso della parola”. Dunque esperienza positiva? “Per noi, sì, senza dubbio” risponde lo chef “e credo lo sia anche per lui, visto che sta con noi da più di 7 anni”.

Il caso più recente è quello di Niccolò Manfredi, che dal 3 aprile - seguendo il progetto ValueAble - ha cominciato uno stage da Giulietta (alter ego del ristorante Romeo all'Aventino a Roma) dove poi verrà assunto: “arriva alle 18,30, fa il commis: prepara la sala e fa il primo servizio”, spiega Fabio Spada, con Cristina Bowerman patron della pizzeria. Il tutor, Vincenzo, arrivato per correggere eventuali errori nelle relazioni o nei modi in cui gli vengono spiegate le mansioni, sta riducendo la sua presenza affidando Niccolò al suo referente della struttura “così da avere informazioni univoche da una sola persona”. È bastata una settimana per capire con chi avevano a che fare: “Niccolò ha una dedizione al lavoro e correttezza comportamentale che in molti dovrebbero imparare. Ha rispetto delle regole, senso del lavoro e ha affrontato lo stress della prima settimana con lo spirito giusto” dice Spada. Con il resto del gruppo si integra bene, vuoi perché è molto tranquillo, vuoi perché per le nuove generazioni, come sono in molti da Giulietta, questa disabilità è ormai familiare. Per i clienti, invece? “Noi non abbiamo percepito stupore o imbarazzo”, la sua presenza è parsa un fatto normale. Niccolò è fidanzato e la sua ragazza già lavora in un fast food. Prossimamente si sposeranno.

 

Il valore aggiunto

C'è imposto dalla legge di ridare qualcosa alla società” dice Filippo Buonomini, che ricorda che le aziende sopra i 15 dipendenti devono assumere una cosiddetta 104, una categoria protetta,“ma sono convinto sia un ottimo investimento. A prescindere dalla legge”. Perché è vero che nei primi giorni Valentina non era produttiva, ma la sua presenza ha portato qualcosa di positivo, migliorando il lavoro di tutti. “Un clamoroso valore aggiunto dal punto di vista emotivo: le poche volte che manca si sente” spiega che le dinamiche lavorative sono cambiate: “il suo contributo è enorme: siamo molto più efficienti anche grazie al suo lavoro, all'affetto e ai sorrisi che regala, magari in momenti di stress, anche solo dal punto di vista produttivo, ogni azienda dovrebbe avere una persona così” dice Filippo, e la sua testimonianza, aggiunge, è la stessa che farebbe chiunque abbia in azienda una persona con la sindrome di Down “Ho conosciuto manager che gestiscono Burger King e impiegano persone dell'Aipd, le loro esperienze sono identiche alle mie”. Stessa cosa dagli uffici Bulgari di Roma dove il fattorino è un ragazzo dell'Aipd: “Abbiamo fatto interviste per sapere come andava, e tutti ci hanno confermato un netto miglioramento delle dinamiche della squadra” racconta Anna.

 

Come cominciare

Una delle difficoltà, spiega ancora Anna, è avvicinare le persone. Molti farebbero qualcosa, ma non sanno come. O sono spaventati che possa non andare bene. È un timore legittimo.“Abbiamo proposto all'Aipd di prendere altri stagisti per formare nuovi ragazzi, in comunione con loro” dice Spada.Così che altri ristoratori possano inserirli nella squadra senza provvedere alla formazione ma potendo contare su persone già professionalizzate. Ma chi è titubante, può anche cominciare con brevi stage che sono comunque utili ai ragazzi per inizare l'inserimento nel mondo professionale: “sono in debito nei confronti di questa associazione” racconta Filippo “l'Aipd fa qualcosa di utile per i ragazzi, le famiglie, e le persone che ci entrano in relazione”. Senza contare un aspetto fondamentale: il cambiamento dell'immagine sociale cui abbiamo assistito egli ultimi anni e cui ancora assisteremo. Oggi è del tutto normale vedere un ragazzo Down andare al lavoro da solo, con i mezzi pubblici, passeggiare, fare sport o viaggiare. Oggi è così, domani sarà meglio. Anche grazie a progetti di sensibilizzazione come quello che vede insieme la coppia Bowerman-Spada con Maria Felicia Brini, di Masseria Felicia: un vino dedicato al progetto, in vendita da Giulietta. Si tratta di un piedirosso 2014 di una vigna storica, che grazie al consiglio di Alessio Pietrobattista ha trovato un destino unico: sostenere l'Aiap. Lo riconoscete dalla grafica e dal nome: Io posso, perché sei tu. Serve altro?

 

http://www.valueablenetwork.eu/

 

a cura di Antonella De Santis

 
 

Respect Food Night. A Milano la cena di beneficenza contro lo spreco alimentare

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Un programma fitto di appuntamenti golosi, quello del Fuorisalone 2018, che fra laboratori e degustazioni, lascia spazio anche alla solidarietà. Con la cena Respect Food Night, evento volto a raccogliere fondi per l'associazione Food for Soul fondata da Massimo Bottura.

 

L'evento

8 chef per un totale di 13 Stelle Michelin, più 300 ospiti: è questa la ricetta vincente per la cena del Fuorisalone dedicata ai progetti dell'associazione Food for Soul, la realtà ideata da Massimo Bottura con la missione di sensibilizzare e supportare le comunità nella lotta contro lo spreco alimentare e l'isolamento sociale. Un evento esclusivo creato da Grundig, brand storico nell'elettronica di consumo che con la serata RespectFoodNightvuole fare luce sull'importanza della lotta allo spreco, un tema sempre più sentito in campo gastronomico, fra manifestazioni, iniziative e progetti dedicati. L'obiettivo della cena? Far conoscere al pubblico l'associazione di Bottura, e soprattutto raccogliere fondi per finanziare e sostenere lo chef nei suoi progetti.

I protagonisti

Così, all'interno del Castello Sforzesco di Milano, il prossimo 18 aprile 8 cuochi d'eccezione saranno chiamati a raccolta per portare le proprie specialità in assaggio, creando un menu degustazione unico per deliziare il palato degli ospiti. A rispondere senza indugio all'appello di Bottura, i suoi colleghi e amici Andrea Berton (Berton, Milano), Enrico Cerea (Da Vittorio, Bergamo), Carlo Cracco (Cracco in Galleria, Milano), Antonio Guida (Seta, Mandarin Oriental Hotel Milano), Giancarlo Morelli (Pomiroeu, Monza), Matias Perdomo (Contraste, Milano) e Viviana Varese (Alice Eataly, Milano). Il costo è di 200 Euro, interamente devoluti a favore dell'associazione, una onlus nata due anni fa sulla scia del successo del Refettorio Ambrosiano di Milano, a cui sono seguiti quello di Rio de Jainero, Londra, Parigi, Bologna e Modena. Ma soprattutto frutto dell'intraprendenza di un cuoco instancabile, un professionista che non smette mai di sorprendere. In cucina così come nella vita.

Lo Spezial Party di Roma

Perché la solidarietà – si sa – parte sempre di più anche dalla tavola. Dalla collaborazione tra artigiani del gusto e addetti ai lavori, che scelgono di lavorare fianco a fianco per far fronte alle principali problematiche del settore, dallo spreco alimentare all'obesità, dalla crisi delle attività agricole colpite da sisma e catastrofi climatiche alla fame nel mondo. Aumenta il senso di responsabilità da parte dei professionisti, e cresce di pari passo il numero di iniziative pensate per contribuire, in parte, a risolvere o contenere i danni. Fra le ultime nate, lo Spezial Party a Il Palazzetto di Roma, organizzato da Roberto E. Wirth, proprietario dell'Hassler Hotel e presidente fondatore del Centro Assistenza Bambini Sordi e Sordociechi (Cabss), insieme a Italia Squisita. Una festa a tutto gusto che lo scorso 10 aprile 2018 ha radunato 27 chef per sostenere il Cabss, raccogliendo fondi per finanziare i programmi di intervento precoce per bambini sordi e sordo ciechi da zero a sei anni. A trainare il gruppo di cuochi, Francesco Apreda (Imàgo sulla terrazza dell’Hassler, Roma), ideatore del tema della serata: le spezie. Da Cristina Bowerman ad Alba Esteve Ruiz, da Marco Claroni a Giulio Terrinoni, e molti, molto altri ancora i protagonisti della cena. Per una kermesse golosa, buona per il palato e per i bambini in difficoltà.

www.foodforsoul.it

a cura di Michela Becchi

È morto Nino Pieropan. Un ricordo del produttore che ha rinnovato il Soave

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Da quattro generazioni nel cuore del borgo di Soave, nel quartier generale di Palazzo Pullici, dove nel 1880 nasceva l'azienda vinicola Pieropan. Nino aveva da poco compiuto 71 anni, e la sua vita l'ha dedicata a rendere grande una denominazione storica cui ha saputo dare nuova linfa. Al lavoro per oltre quarant’anni. Proseguono l'attività i figli Andrea e Dario. 

 

Era da qualche mese che girava la voce, sommessa e quasi mai pronunciata, quasi a negare una notizia cui non si vuol credere. Nino Pieropan sta male. Qualche giorno fa invece la conferma, data con voce rotta da uno dei figli … Non solo sta male, ma nonostante la sua grande voglia di lottare contro tutto e tutti, si sta spegnendo. Oggi, a metà mattina, la sua lotta è finita e Nino ci ha lasciato.

Un produttore volitivo e sensibile, capace più di quarant’anni fa di caricarsi sulle spalle una denominazione storica ma francamente appannata e di riportarla nell’Olimpo del vino italiano. Persona mite e al tempo stesso mai doma, fortemente legata al suo territorio, ai suoi vitigni e a un mondo contadino riletto con gli occhi dell’esperienza e della conoscenza. Ci mancheranno i suoi vini ed il suo sorriso ma ciò che ci mancherà di più è la sua serena e pacata lettura del mondo del vino soavese, in perenne oscillazione fra i numeri e la qualità, fra una collina ed un territorio pianeggiante che pur consegnati alle medesime attività agricole sembrano mondi incapaci di dialogare. Ho conosciuto Nino molti anni fa e forse non l’ho frequentato quanto avrei voluto, ci si scambiava gli auguri a Natale, ogni tanto una visita in azienda ma fin dalla prima volta non con la sensazione di effettuare un “controllo” sull’operato, quanto quello di andare a trovare un amico che conosce il territorio e i suoi segreti molto meglio di me.

In cantina ci si poteva andare come anche soprassedere, rimanendo a chiacchierare nel salottino per un paio d’ore. Poi dalla sua riserva emergeva un Calvarino, un La Rocca o talvolta anche un Soave Classico di dieci o vent’anni prima e si brindava, sempre sbigottito da come quel calice fosse in grado di raccontare storie tanto lontane nel tempo. Con il passare del tempo, da buon padre illuminato, lasciava che fossero Andrea e Dario a intrattenersi con me, lui faceva un passo indietro quasi a sottolineare come il suo compito in gran parte fosse svolto e toccasse ora ai giovani farsi valere. Puntualmente Andrea e Dario, forti della gioventù e dell’entusiasmo, raccontavano i nuovi progetti, tenendo però al centro dell’obiettivo il ruolo fondamentale del papà.

Aveva da poco compiuto 71 anni, il momento in cui avrebbe dovuto godersi il frutto di tutta la sua vita, un’azienda avviata saldamente condotta dai figli, Teresita al suo fianco e un piccolo nugolo di nipoti a riempire le sue giornate. Purtroppo la malattia lo ha strappato ai suoi cari e non possiamo che unirci a loro nel suo ricordo.

 

a cura di Nicola Frassan

Vinitaly 2018. Cucina d'autore e grandi chef per la fiera del vino di Verona

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Alla vigilia della quattro giorni del vino di Verona uno sguardo sulla (consistente) presenza di chef, pizzaioli e cucine blasonate in Fiera. Ospiti delle cantine o di supporto alle cittadelle gastronomiche i protagonisti della ristorazione nazionale si prestano alla valorizzazione del made in Italy in occasione dell'importante vetrina di promozione dell'enogastronomia italiana. 

Davide Oldani alle Ex Gallerie Mercatali

Il primo a entrare in cucina, in una Verona presa d'assalto per l'annuale appuntamento con il Vinitaly (dal 15 al 18 aprile) sarà Davide Oldani. Lo chef del D'O di Cornaredo firmerà la cena di gala inaugurale della fiera, sabato 14, alle Ex Gallerie Mercatali di Verona: un appuntamento con l'alta cucina dedicato al maestro della ristorazione d'autore italiana (e pure di un giovane Oldani alle prime armi), Gualtiero Marchesi, che ha ispirato lo chef nell'ideazione del menu. D'eccezione anche lo spazio – nel 2017 fu l'Arena -  acquistato dalla Fiera per 7 milioni di euro nel 2015, che dopo una lunga ristrutturazione che ha ripristinato il fascino di un importante esempio di archeologia industriale è pronto a presentarsi al pubblico: quest'anno ospiterà l'evento inaugurale per 300 fortunati invitati, col tempo diventerà una costola aggiunta del quartiere fieristico, con bar, ristoranti, spazio congressi. Intanto tutto è pronto per aprire l'edizione 2018 di Vinitaly, mai come quest'anno affollata di grandi protagonisti della cucina. Vetrina del made in Italy per eccellenza, l'appuntamento con una delle fiere vinicole più prestigiose del mondo ha finito col trasformarsi in un contenitore di eventi enogastronomici pantagruelico, al cospetto di un parterre di buyer internazionali delle grandi occasioni. E allora anche gli chef accorrono a sostegno di aziende, cantine e produttori per mostrare il volto migliore dell'enogastronomia nazionale.

 

Gli chef del Vinitaly. Temporary restaurant e Cittadelle della gastronomia

Anzi, è la Fiera stessa a incentivare la presenza di cuochi in arrivo da tutta la Penisola, al servizio, per esempio, del Ristorante d'Autore allestito al primo piano del Palaexpo: in collaborazione con Ais e Consorzio per la Tutela del Franciacorta, si avvicenderanno ai fornelli Enrico Bartolin, Marco Volpin, Daniel Canzian, Nicola Locatelli, alla guida della cucina una giornata ciascuno, per un appuntamento che è già sold out. In alternativa, all'interno della Fiera, sarà possibile mangiare al Selfservice d'Autore della Galleria dei Signori, per un pasto veloce proposto dai cuochi dei Jeunes Restaurateurs d'Europe (40 euro a persona); o al Ristorante Goloso guidato dalla Federazione Italiana Cuochi, nel Padiglione C Sol&Agrifood. E ancora presso le Cittadelle della gastronomia, nell'area H, che offriranno un gran numero di alternative territoriali, sponsorizzate dalle cantine o dalle Enoteche Regionali.

 

Cucine regionali d'autore

Il Piemonte porterà al padiglione 10 oltre 200 produttori vinicoli, ma presenterà pure un avamposto dedicato alla cucina con il Ristorante Piemonte, allestito nell'area H: in cucina Davide Palluda (il 15 e 16 aprile) e Walter Ferretto (il 17 e 18), con piatti della tradizione piemontese abbinati ai grandi vini locali. Truppa mista e ben nutrita anche per il Lazio, con 60 produttori di vino, 9 aziende olearie e un Padiglione dedicato da 1800 metri quadri; molti gli appuntamenti con la gastronomia regionale, e tre note realtà della ristorazione locale al servizio della valorizzazione del territorio laziale e dei prodotti locali: i fratelli Serva aprono il 15 aprile, il 16 toccherà a Dino De Bellis, il 17 sarà la giornata di Antonello Colonna. Ma da Roma arriverà anche Cristina Bowerman, seppur fuorisede: la chef di Glass curerà il menu per gli ospiti di Berlucchi a Palazzo Lana di Borgonato (Brescia), in omaggio a un valido esempio di imprenditoria al femminile (quella di Cristina Ziliani) di successo. Per l'Abruzzo, e i 50 anni della denominazione Montepulciano d'Abruzzo, arriva invece il campione dell'alta ristorazione regionale, Niko Romito, che il 16 aprile presenterà due piatti inediti dedicati alla Doc. Proposta inedita anche per Pino Cuttaia, al seguito della Cantina Milazzo, in abbinamento con il Terre della Baronia Rosso. Mentre Matteo Baronetto arriva da Torino per un gemellaggio interegionale con la marchigiana Velenosi Vini; e dalle Marche salirà anche Errico Recanati, per omaggiare con i suoi piatti 50 anni di cucina italiana (quelli di Andreina a Loreto) e insieme il cinquantenario delle Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi e Rosso Piceno. Sempre presente la famiglia Cerea, che in fiera porterà la cucina del ristorante Da Vittorio per l'edizione limitata presentata da Allegrini il 15 aprile. Il 17 aprile, invece, brindisi da Col Vetoraz con i dessert di una new entry del Vinitaly, la giovane Isabella Potì, pastry chef del team Bros, da Lecce.

 

Pizza&Bollicine

Palcoscenico d'onore anche per la pizza, con l'abbinamento Pizza&Bollicine di Zonin che chiama in fiera Enzo Coccia e Renato Bosco, e il Gruppo Terra Moretti, insieme ai pizzaioli Stefano Vola, Giovanni Santarpia e Gennaro Nasti. Presenza confermata, tra le cittadelle della gastronomia, anche per i ragazzi della Trattoria degli Amici della comunità di Sant'Egidio. Le altre sorprese – perché in fondo Vinitaly è uno sconfinato happening dedicato a tutti gli appassionati di vino e di cibo – toccherà scoprirle curiosando tra i padiglioni. Tra qualche ora si comincia.

 

a cura di Livia Montagnoli

Anteprima Oli d'Italia 2018 Seconda Parte. Premi speciali: le migliori aziende d'Italia

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Seconda e ultima parte delle anteprime sui premi speciali della guida Oli d'Italia 2018. Prossima alla presentazione (16 aprile 2018 a Verona), la guida racconta la produzione olivicola nazionale, con un focus particolare sulle realtà migliori, dai frantoi più validi alle Dop d'eccellenza.

 

 

Un conto alla rovescia vissuto fra anticipazioni, dettagli e sorprese, quello per la presentazione ufficiale della guida Oli d'Italia, il manuale dedicato al mondo dell'oro verde, dagli oli certificati Dop e Igp a quelli che godono del miglior rapporto qualità/prezzo. Specialità uniche nel loro genere, in grado di stupire per bontà e personalità. Dopo il racconto dei primi 6 premi speciali assegnati dalla guida, ecco la seconda e ultima parte delle nostre anticipazioni. In attesa del Sol di Verona.

 

Frantoio dell'anno: Le Tre Colonne

Un'azienda di nicchia che ogni anno ottiene risultati eccezionali su diverse cultivar. Le Tre Colonne è un nome noto nel panorama olivicolo pugliese, una realtà esemplare in continua evoluzione. La regia è quella di Salvatore Stallone, proprietario e agronomo che produce oli di livello non solo per lui, ma anche per tutti gli olivicoltori che si affidano al suo frantoio. In tanti, infatti, decidono di andare a molire a Giovinazzo, in provincia di Bari, sapendo di poter contare su un'esperienza solida, un talento straordinario, e una tecnica impeccabile. Oltre che sulla cura e il rispetto per la materia prima che solo un produttore appassionato può avere. Tre etichette da Tre Foglie, dal De Monocultivar Coratina Denocciolato (miglior olio della Puglia di questa annata, squisito con le sue note vegetali e le sue sensazioni di amaro e piccante intense e avvolgenti) a Le Selezioni Armonia, un blend elegante e raffinato. Senza dimenticare Le Selezioni Monocultivar di Coratina, olio intenso dai profumi verdi di erba falciata, carciofo e mandorla. Tre prodotti d'eccellenza che si inseriscono a pieno titolo nella schiera degli oli migliori d'Italia, frutto di un lavoro certosino in campo così come in frantoio.

Le Tre Colonne – Giovinazzo (BA) – s.da prov.le 107 Giovinazzo-Terlizzi km 0,200 c.da Caldarola – 0803941570www.letrecolonne.com

 

Miglior Olio Dop (premio ex aequo): Polifemo Dop Monti Iblei Monocultivar Tonda Iblea – Viragì

Dalla Puglia andiamo in Sicilia, per uno dei migliori oli certificati Dop dell'anno. Si chiama Polifemo, ed è un monovarietale di tonda iblea, tipica oliva della Sicilia orientale, caratterizzata dalla nota inconfondibile di pomodoro cuore di bue con la sua foglia. È proprio questo il profumo inebriante che si riscontra al naso, insieme a sensazioni di carciofo e mallo di noce, che conferiscono ancora più carattere a questo fruttato medio perfettamente equilibrato. A realizzarlo, Viragì, la creatura di Gianluca Gurrieri, Silvano Ragusa e Giuseppe Vivera, gruppo di amici amanti della natura che più di 10 anni fa hanno scelto di dedicarsi all'olivicoltura. Oggi, l'azienda conta 10 ettari di terreno con oltre 5mila alberi di tonda iblea e nocellara etnea.

Viragì – Chiaramonte Gulfi (RG) – c.da Mazzarronello – 3939299344www.viragi.it

 

Miglior Olio Dop (premio ex aequo): L'Olinto Dop Chianti Classico Monocultivar Frantoio Bio – Podere Grassi

Nel cuore del Chianti Classico, Podere Grassi ha saputo rinnovare e migliorare gli impianti e le tecniche colturali, arrivando oggi a una qualità di ottimo livello. Quella dell'azienda è una storia familiare che va avanti da generazioni, fin dall'inizio del Novecento, quando il fondatore, Olinto, decise di iniziare l'attività. È proprio a lui che sono dedicati gran parte degli oli dell'azienda, come l'Olinto Dop Chianti Classico Monocultivar Frantoio Bio, olio dai forti richiami balsamici, che si apre al naso con una sferzata di erba fresca e una trama aromatica fatta di foglia di carciofo, cipresso e ortica. Per concludersi con un palato avvincente e profondo, che gioca sulle note vegetali e gode di un ottimo equilibrio fra amaro e piccante.

Podere Grassi – Greve in Chianti (FI) – via Dudda, 33 – 3356892035

 

Miglior Olio Igp (premio ex aequo): Madrechiesa – Terenzi

Premio anche al miglior olio Igp, altra importante certificazione olivicola. A distinguersi per la sua complessità aromatica è Madrechiesa dell'azienda toscana Terenzi, un olio che racchiude in sé tutti i profumi tipici della sua terra d'origine. Muschio, aglio selvatico, alloro: queste e molte altre le caratteristiche olfattive di questo prodotto dal gusto pieno che evoca i profumi verdi. Un olio ricercato, frutto dell'impegno che la famiglia ha investito in Maremma, con 14 ettari di ulivi secolari. Un'azienda che riserva un occhio di riguardo anche al territorio, grazie all'autonomia energetica ottenuta attraverso il fotovoltaico, e la pratica di un'agricoltura a basso impatto ambientale.

Terenzi – Scansano (GR) – loc. Montedonico . 0564599601www.terenzi.eu

 

Miglior Olio Igp (premio ex aequo): Cherubino Centesimato Igp Sicilia Monocultivar Nocellara del Belice Bio – Terraliva

Nel cuore dei Monti Iblei, a Buccheri, una delle zone più vocate all'olivicoltura, la tenuta di Tino Cavarra e sua moglie Giuseppina Frontino comprende un vero patrimonio arboreo di 1700 piante di ulivo, a oltre 700 metri sul livello del mare. L'azienda a conduzione biologica produce diverse etichette che rappresentano l'espressione di un territorio florido e generoso. Fra queste, il Centesimato, un monovarietale di nocellara del Belice che si è aggiudicato il premio di miglior Igp per le sue note di peperone, pomodoro verde ed erba falciata, che tornano al palato con un amaro elegante e un piccante appena più accentuato.

Terraliva – Buccheri (SR) – c.da Sant'Andrea – 0931880062www.terraliva.com

 

Miglior rapporto qualità/prezzo (premio ex aequo): Giove Monocultivar Coratina – Depalo-Oleà

Luigi e Savino Depalo seguono con amore i loro 10mila ulivi nelle campagne di Giovinazzo, al nord di Bari. Da sempre impegnati nella valorizzazione dell'oro verde di qualità, quest'anno hanno portato a termine grandi risultati su tutti i fronti, presentando tre etichette di alto livello, realizzate con la complicità di Salvatore Stallone, compaesano esperto di frangitura. A spiccare è Giove, un fruttato intenso che al naso si esprime con tutte le sue sensazioni di erbe di campo, le nuance vegetali di cicoria e cardo, che si confermano anche all'assaggio. Sfumature diverse di cicoria e radicchio si alternano in bocca, seguite da un amaro e un piccante esuberanti e bilanciati.

Depalo-Olea – Giovinazzo (BA) – p.zza Duomo, 55 – 3475972116www.oliodepalo.it

 

Miglior rapporto qualità/prezzo (premio ex aequo): Oliva Grossa Monocultivar Bella di Cerignola – La Selvotta

Ancora una cultivar pugliese, la bella di Cerignola, ma stavolta nata, cresciuta, raccolta e lavorata in territorio abruzzese. Oliva Grossa è un olio dal fruttato intenso sfaccettato e intrigante, caratterizzato da aromi vegetali, dall'asparago fresco alla rapa rossa. Elegante anche all'assaggio, con una nuance spiccata di valeriana, risulta armonico e preciso nelle sue sensazioni di amaro e piccante. La mano è quella degli Sputore, famiglia di Vasto, sulla splendida Costa dei Trabocchi, che può fare affidamento su un frantoio proprio a ciclo continuo. Sono i fratelli Giovanni ed Elio a curare l'intera filiera di trasformazione, impegnandosi di anno in anno per ottenere risultati sempre migliori.

La Selvotta – Vasto (CH) – via Buonanotte, 10 – 0873801658www.laselvotta.it

 

Azienda dell'anno: Trappeto di Caprafico Tommaso Masciantonio

Correva l'anno 1874 quando a Casoli, ai piedi della Maiella, venivano impiantati i primi ulivi dell'azienda Trappeto di Caprafico, oggi gestita da Tommaso Masciantonio. La strada fatta da allora è lunga e costellata di successi: oggi, la realtà è una delle più rappresentative di tutto l'Abruzzo in fatto di qualità. O meglio, eccellenza. Un monocultivar di intosso in grado di stravolgere il palato anche dell'assaggiatore più esperto, una Dop, quelle delle Colline Teatine, perfetta per eleganza e finezza, e un monovarietale di crognalegno - cultivar autoctona prodotta in piccolissime quantità - che delinea alla perfezione tutti i profumi inconfondibili del paesaggio da cui prende vita. Tre prodotti diversi, tutti eccellenti, tutti Tre Foglie. Dietro ogni bottiglia, il duro lavoro di Tommaso, olivicoltore di rara abilità, con la capacità straordinaria di saper comprendere e rappresentare la propria terra, l'umiltà unica di chi continua a mettersi in gioco, fra nuovi progetti e sfide continue. E soprattutto l'entusiasmo di chi di oli ne ha prodotti e vuole produrne ancora molti, la voglia di sognare di chi, nonostante l'esperienza decennale, sa che c'è ancora molto da imparare, e la caparbietà di un vero abruzzese.

Trappeto di Caprafico - Casoli (CH) - c.da Caprafico, 35 - 0871897457 - www.trappetodicaprafico.com

 

Olivicoltore dell'anno: Doria

Una realtà olivicola a conduzione familiare che continua a stupire di anno in anno per i suoi oli pregiati, dalla personalità brillante e la vivacità spiccata: immersa nella Piana di Sibari, l'azienda della famiglia Rizzo possiede 13 ettari coltivati in regime biologico, per un totale di circa 6500 piante. Al timone, AlessandraPaolini, che fin dal suo ingresso in azienda ha studiato con attenzione per realizzare un prodotto di alto livello, concentrandosi sulle singole varietà, e valorizzandone profumi, caratteristiche e qualità. Nasce così 'A Catananna, monovarietale di nocellara etnea dal fruttato medio/intenso, un inno alla terra calabrese con sensazioni di pomodoro e noce, presenti all'olfatto così come al gusto, accompagnate da un finale di zenzero fresco e piacevolmente speziato. E poi il Sud Bio, un olio tutto verde che gioca con le note di cardo, erba e ortica, e ancora Lei, da tempo fiore all'occhiello della produzione, un Due Foglie Rosse raffinato e ammaliante, un'armonia perfetta fra erbe mediterranee e una componente amara e piccante contenuta e mai invadente.

Doria - Cassano Allo Ionio (CS) - c.da Mandria di Nola - tel. 345 6503780 - www.agricoladoriasrl.it

 

Miglior performance territoriale (premio ex aequo): Colli Etruschi

Raccontare un territorio anche attraverso l'oro verde è possibile. Lo dimostrano le aziende impegnate nella promozione dell'agricoltura locale, quelle che fanno da esempio a tutte le realtà più giovani della zona. Come Colli Etruschi, punto di riferimento nella Tuscia, in provincia di Viterbo, che negli anni ha sempre più puntato a innalzare la qualità dei prodotti e del lavoro in campo da parte dei quasi 400 soci della cooperativa. A coadiuvare il tutto, Nicola Fazzi, direttore agronomo che si occupa di monitorare gli 800 ettari di uliveti. Fra i prodotti di punta, l'Evo Dop Tuscia Monocultivar Caninese (Tre Foglie), uno dei più validi esempi di caninese – varietà tipica del viterbese – di quest'anno. Un fruttato medio che si apre con note selvatiche di erbe di campo, attenuate da una piacevole nuance di salvia, sensazioni che tornano al palato accompagnate da sentori di carciofo ed erbe officinali.

Colli Etruschi – Blera (VT) – via degli Ulivi, 2 – 0761470469www.collietruschi.it

 

Miglior performance territoriale (premio ex aequo): Olearia San Giorgio

Altra regione, altra azienda; stessa devozione verso la propria terra d'origine. In Calabria, in particolare nella zona di San Giorgio Morgeto, nel Parco Nazionale d'Aspromonte, è Olearia San Giorgio a fare la parte del leone, grazie alla sua capacità di esaltare luoghi e varietà unici nel loro genere. Fondata nel 1940 da nonno Domenico, oggi l'azienda è in mano alla terza generazione della famiglia: Domenico Giordano, Antonio e Girolamo Fazari. Sono a loro a occuparsi dei 150 ettari di terreno (di cui 138 a conduzione tradizionale e 12 a regime biologico), e delle 25mila piante di cultivar autoctone. C'è il monovarietale di ottobratica, che ogni anno si conferma un cavallo di razza, complesso nella trama aromatica, preciso e coerente nel gusto ampio e sofisticato; l'Aspromontano, un amalgama perfetta di timo, indivia, pomodoro e foglia di mirto, avvolgente ed equilibrato. E poi il Micu 1906, fruttato leggero dalle note delicate di pomodoro verde e valeriana, con un amaro e un piccante lievi ma ben presenti.

Olearia San Giorgio – San Giorgio Morgeto (RC) – c.da Ricevuto, 18 – 0966935321www.olearia.eu

 

Oli d'Italia 2018 - Gambero Rosso - 530 pp - 13,90 euro . La guida è già disponibile on line. Dal 19 aprile sarà acquistabile anche in libreria. 

 

a cura di Michela Becchi

 

Anteprima Oli d'Italia 2018. Nord: i migliori extravergine premiat

Anteprima Oli d'Italia 2018. Centro: i migliori extravergine premiati

 

Anteprima Oli d'Itlaia 2018. Sud&Isole: i migliori extravergine premiati

Verona: ecco dove mangiare durante il Vinitaly

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Breve guida ragionata di Verona: un indirizzario alle migliori tavole della città del Vinitaly.

 

Eccoci dunque arrivati alla grande fiera del vino e agli appuntamenti satellite. Un tripudio di etichette grandi e piccole, assaggi, lunghe degustazioni Ma non si vive di solo vino, per questo abbiamo selezionato una serie di insegne per mettere qualcosa sotto i denti: ricette tradizionali o irresistibili proposte internazionali, pizza, piatti gourmet.

Casa Perbellini

Qualcosa di speciale

La scena cittadina è dominata dall'universo composito di Giancarlo Perbellini. Mentre lo chef si appresta a sbarcare a Milano, continua ad assicurare, nella città scaligera, una proposta gastronomica capace di accontentare tutti i gusti (e tutte le tasche). Su tutti, ovviamente, c'è il ristorante principale, Casa Perbellini (Due Forchette e una valutazione di 88 sulla guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso), dove va in scena la sua cucina più personale, uno spazio quasi domestico dove si celebra un rapporto strettissimo tra chi lavora in cucina e gli ospiti ai tavoli. Tante formule, diverse per menu e fasce orarie e la certezza di una grande esperienza. Altro giro altra corsa per lo chef e il suo team con Al Capitan della cittadella (Due Forchette e una valutazione di 82 per la nostra guida): cucina di mare genuina, grande materia prima, stagionalità, varietà nelle proposte di degustazione, ambiente accogliente e una bellissima vista sul centro di Verona, anche grazie all’elegante dehors. Una posizione invidiabile è anche quella dell'Osteria Ponte Pietra con quelle terrazze con vistasull’Adige e sul ponte di epoca romana. L'ambiente è elegante ma intimo e la cucina raffinata (curata dallo chef Michael Silhavi, cresciuto alla corte di Perbellini) ha la giusta dose di creatività (Due Forchette nell’edizione 2018 della guida Ristoranti d’Italia). Si muove tra il fascino antico e la modernità, Al Cristo dove operano i Famiglietti minuziosa attenzione ai dettagli, carta dei vini enciclopedica, cucina moderna tutta focalizzata su un prodotto di primissima scelta e un affaccio su una delle piazzette più belle di Verona che vi farà innamorare. Come accadrà con una delle grandi tavole italiane, quella della famiglia Rizzo: Il Desco, un locale che fa della classicità contemporanea il suo grande punto di forza con una proposta capace di aggiungere un pizzico di modernità ed estro alla solida e tecnicamente impeccabile cucina di casa. A rinnovare la proposta del 12 Aposoli, Mauro Buffo, solida preparazione e un pedigree blasonatissimo di grandi esperienze all'estero e in Italia, a lui il compito del restyling di questa storica insegna, che vanta una straordinaria cantina che, se non ne avete abbastanza di vino, consigliamo di visitare. Arrivato da poco in città, anche L'Escargotche bissa nella città scaligera l'insegna sarda e mira a portare all'ombra dell'Arena qull'angolo dell'isola sempre più orientata verso il fine dining.

 

Amo

Qualcosa di informale

Giancarlo Perbellini, lo dicevamo sopra, insieme al suo gruppo ha ormai colonizzato buona parte della città. Con Andrea Manzoli, ad esempio, ha aperto la Locanda4 cuochi a ll'ombra dell'Arena: cucina a vista, ambiente informale ma curato, menu che gira in base alla stagionalità e al mercato. Nella stessa zona anche Al Bersagliere, un’osteria di tradizione familiare che propone cucina veronese ben fatta e senza troppi fronzoli, ma lascia spazio anche alla creatività. Tre sale piccole ma accoglienti, che raccolgono le incredibili collezioni del patron, servizio attento alle richieste del cliente e cantina ampia con prezzi adeguati. Non ci si sposta molto per arrivare all'Alcova del Frate unlocale che rimanda alle osterie di una volta, nell'ambiente accogliente come nella cucina tradizionale tutta concentrata sulle ricette tipiche, come polenta grigliata con il gorgonzola dolce, bigoli al ragù d’asino, o tagliata di petto d’anatra alla cannella con Recioto e miele. Da bere una bella panoramica di etichette locali ma non mancano ottime referenze italiane e d'Oltralpe. Per il pesce uno dei riferimenti è L’Oste Scuro: materie prime trattate con rispetto (e con una punta di creatività), cotture veloci e delicate, piatti puliti, sapori netti. Semplice anche la proposta di Amo, il bistrot dell'Arena MuseOpera, lo spazio museale di Palazzo Forti, tavolo sociale, sgabelli alti e tutto il corollario che si addice a un posto del genere: atmosfera originale e divertente, come la proposta del menu, che tira fuori grandi classici e tapas golose. A proposito di suggestioni internazionali, se siete in cerca di una cucina eterodossa e per niente di tradizione c'è Yard, ristorante “globetrotter” che propone cose come platano fritto e patatine al tartufo, paste della tradizione italiana, falafel e lobster roll.

 

Tapasotto

Ancora vino?

Se davvero ancora non ne aveste abbastanza di calici e assaggi, ecco una manciata di indirizzi in cui bere un bicchiere (o due o tre...) accompagnandolo con qualcosa da stuzzicare. Come per esempio le polpette (di manzo, di bollito e capperi, di cavallo e così via) dell'Osteria Sottoriva dove però non mancano anche i piatti più tradizionali della cucina veronese e addirittura la pizza. Versatile anche la proposta della Antica bottega del vino: vineria, bottega e ristorante con una ricca la selezione enologica, buone proposte alla mescita, piatti della gastronomia veneta eseguiti a regola d’arte e tante proposte sfiziose per antipasto e aperitivo. Infine suggeriamo Tapasotto, ennesima insegna dell'universo Perbellini che assicura una sosta gourmet fatta di piccoli sfizi: taglieri di salumi e formaggi, piccole tapas d'autore, per accompagnare un aperitivo o, assaggio dopo assaggio, soddisfare la cena.

 

Pizza a degustazione di Renato Bosco

Pizza che passione!

Un anno di grandi arrivi per gli amanti dell'arte bianca: oltre alle insegne già consolidate, la città scaligera si arricchisce di alcune belle novità. La prima (ma sarebbe meglio dire le prime) porta la firma di uno dei più talentuosi pizzaioli veneti: Renato Bosco, grande lievitista e instancabile ricercatore. Uno di quelli che gestiscono impasti diversi, lievitazioni impeccabili e cotture alternative (per esempio al vapore) con grande disinvoltura e incredibile abilità. Già Tre Spicchi per Saporè in provincia di Verona, e Tre Rotelle per la proposta in teglia, che valgono una deviazione a San Martino Buon Albergo. A un passo da piazza delle Erbe, Pizza Saporè Stand Up ha portato la pizza in teglia crunch e doppio crunch in una formula take away (con al massimo un paio di tavolini d'appoggio) cui si aggiungono panini farciti con i prodotti del vicino mercato. Che è vicino anche a Saporè Downtown copia conforme del primo locale di Bosco, quello con pizza a degustazione. Bosco aveva messo piede a Verona, in realtà, già con La Torre, laboratorio gastronomico (con annesso locale) all’interno di un’antica torre medievale, in cui celebra il connubio tra pizza in teglia e caffè. Per chi ama lo stile napoletano, invece, un altro grande nome ha trovato posto in città: GuglielmoVuolo- “ pizzaioli da 4 generazioni” che, lasciatasi alle spalle la bella esperienza da Eccellenze Campane, è approdato in città con il suo locale Assaporito nel perimetro della Fiera di Verona. Ultimo, ma solo in ordine di tempo (aperto il 9 aprile), un altro dei grandi nomi della lievitazione: Berberè, il format dei fratelli Aloe partito da Bologna e che in poco tempo ha piantato bandiera in diverse città, in Italia e a Londra. Una formula che deve il suo successo agli impasti realizzati con farine semintegrali biologiche macinate a pietra, e a una maturazione lenta: 24 ore di fermentazione a temperatura ambiente con pasta madre viva. Anche in questo caso a un passo da piazza delle Erbe, centro nevralgico della città dove, vale la pena di ricordare, c'è anche il Du De Cope un indirizzo vivace e colorato (un altro locale che grafita nell'orbita, neanche a dirlo, di Giancarlo Perbellini) che propone pizze all’italiana ricche e saporite, basate su prodotti locali e sulla stagionalità degli ingredienti,.

 

12 apostoli – Verona - vicolo corticella san marco - 045 596999 - http://www.12apostoli.com/

Al Bersagliere - Verona - via Dietro Pallone, 1 - 045 800 4824 - www.trattoriaalbersagliere.it

Al Capitan della cittadella - Verona - piazza Cittadella, 7 - 045 595157 - www.alcapitan.it

Al Cristo – Verona – piazzetta Pescheria, 6 – 045 594287 - www.ristorantealcristo.it

Amo Bistrot - Verona - Arena MuseOpera, vicoletto Due Mori, 5 - dal 24 ottobre – 0458011482 - www.ristoranteamo.it

Antica bottega del vino - Verona - via Scudo di Francia, 3 - 045 800 4535 - www.bottegavini.it

Assaporito – Verona - viale del Lavoro, 32 -  045 502438 - http://www.guglielmovuolo.com/

Berberè – Verona - via dei Pellicciai 2-  045 20 66 922- http://www.berberepizza.it/

Casa Perbellini - Verona - piazza San Zeno, 16 - 045 878 0860 - www.casaperbellini.com

Il Desco - Verona - Via Dietro S. Sebastiano, 5/7 - 045 595358 - www.ristoranteildesco.it

Du De Cope - Verona - Galleria Pellicciai, 10 - 045 595562 - www.pizzeriadudecope.it

L'Escargot - Verona - via Oberdan, 2 - www.escargotrestaurant.com

L’Oste scuro - Verona - vicolo San Silvestro, 10 - 045 592650 - www.ristoranteostescuro.tv

La Torre - Verona - Stradone Scipione Maffei, 1 - 045 252 5464 - www.facebook.com/latorreverona

Locanda 4 cuochi - Verona - via Mario Alberto, 12 - 045 803 0311 - www.facebook.com/Locanda4Cuochi

Osteria Ponte Pietra - Verona - via Ponte Pietra, 34 - 045 804 1929 - www.ristorantepontepietra.com

Osteria Sottoriva - Verona - via Sottoriva, 9/A - 045 801 4323 - www.osteriaveronaantica.it

Saporè - San Martino Buon Albergo (VR) - via Ponte, 55a - http://www.boscorenato.it/sapore-degustazione/

Saporè Pizza Stand Up - Verona - via della Costa, 5 -
045 801 0870 - http://www.boscorenato.it/sapore-pizza-standup/

Saporè Downtown - Verona - via Amanti, 6/8 - 045 8032221- http://www.boscorenato.it/sapore-downtown/

Tapasotto - Verona - Galleria Pelliciai, 12 - 045 591477 - www.tapasotto.it

Yard – Verona – Corso Cavour, 17a - 045 4645069- http://www.yardrestaurant.it/

 

a cura di Antonella De Santis

Fuorisalone 2018. Gli appuntamenti a tema enogastronomico della Milano Design Week. Quarta tappa

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Sacher torte tra i gioielli, tofu drink e specialità asiatiche. Ma anche ricette musicali, bistrot d'autore in galleria e cucina romana all'ombra della Madonnina. Ancora qualche suggerimento per vivere il Fuorisalone 2018, dal 17 al 22 aprile. 

 

Ancora Fuorisalone, ancora qualche suggerimento per non perdere gli appuntamenti più golosi di quella che è una grande festa di tutta la città, dal 17 al 22 aprile. Che si tratti di eventi che coinvolgono l'intero quartiere o iniziative dei singoli, da scovare tra cortili segreti, gallerie d'arte e ristoranti di Milano, c'è tutto un indotto della Settimana del Design che dipende dalla capacità di valorizzare l'innovazione creativa attraverso il cibo e i suoi protagonisti, spesso con il supporto di designer in arrivo da tutto il mondo. Ma di questa liturgia della gastronomia che ama la contaminazione sono paladini anche gli chef, anch'essi, a loro modo, sotto i riflettori del Fuorisalone. Proseguiamo la rassegna, dunque, con l'invito a recuperare le puntate precedenti ai link in calce.

 

Porta Venezia in Design: tra i primi distretti meneghini a proporre un percorso a tema tra locali, negozi, showroom e bellezze architettoniche del quartiere, Porta Venezia festeggia quest'anno la sesta edizione del circuito che animerà l'intera settimana del design. L'idea è sempre la stessa: guidare alla scoperta dei luoghi nascosti o meno conosciuti votati all'artigianalità e all'ospitalità, insegne gastronomiche comprese. Sul sito del progetto la mappa dei locali partecipanti.

portaveneziaindesign.com

 

Asia Design Pavilion: 4000 metri quadri all'interno dell'hangar della Magawatt Court di via Watt per il debutto del padiglione dedicato al design asiatico, che vede la partecipazione di Cina, Giappone, Thailandia, Cambogia India, Corea, Singapore, Turchia, Iran e Qatar,. Tutti i giorni dalle 10 alle 20, con l'opportunità di scoprire anche le culture gastronomiche dei Paesi invitati: Oriental (food) Design Week è il progetto curato da Vittorio Castellani all'interno della fiera, che proporrà approfondimenti teorici e assaggi cucinati sul posto. Oriental, invece, proporrà happy hour a base di sake e whisky giapponesi, che diventano ingrediente principe per un'idea di miscelazione insolita. Mentre l'installazione Tofoo inizierà il pubblico meneghino ai tofu drink. Con una sorpresa nel cilindro: il padiglione sarà raggiungibile anche in battello, risalendo il Naviglio Grande.

Megawatt Court – via Watt, 15 – asiadesignpavilion.com

 

 

Al Cortile: Riapre in occasione del Fuorisalone lo spazio dedicato alla ristorazione di Food Genius Academy, che dal 2015 lavora sulla formazione di giovani cuochi, pasticceri e personale di sala, poi arruolati nella brigata del ristorante, che funziona così da banco di prova. Sempre piacevole pranzare nel dehors ripensato come un cortile della Vecchia Milano, per la primavera 2018 va in scena un menu romano-milanese (in città è proprio scoppiato l'amore per la cucina romana, a giudicare dall'ondata di aperture sul tema, da Trapizzino a Felice, a BaGhetto), con supplì, carbonara e ossobuco. A cena, invece, sono protagonisti gli ortaggi in arrivo dalla Vertical Farm di via Col Di Lana.

Al Cortile – via Giovenale, 7 – 02 89093079 – alcortile.com

 

Atelier Swarovski a Palazzo Serbelloni: Cornice d'eccellenza per esaltare i gioielli della celebre maison austriaca, che nel cortile del palazzo allestisce una serra su misura per regalare a Milano la suggestione di una pasticceria viennese: al pop up del Daniel's Cafè gli ospiti potranno curiosare tra le collezioni Swarovski mentre gustano una Sacher torte.

Palazzo Serbelloni – corso Venezia, 16

 

Il BistRo di Aimo e Nadia: Fresco di apertura, il nuovo progetto di Alessandro Pisani e Fabio Negrini firmato Aimo e Nadia prende forma negli spazi della galleria di Rosanna Orlandi, guru del design milanese. Ma ora al numero 14 di via Bandello si può anche mangiare, a tutte le ore del giorno, negli spazi ideati proprio dalla Orlandi, in collaborazione con Etro. Si comincia dalla colazione al bar, per proseguire verso la sala che ospita una trentina di coperti (ma c'è anche un social table da 14 posti), per pranzo e cena. Cucina semplice, tanta italianità e grande qualità del prodotto. E poi cocktail per il dopocena. Il Fuorisalone potrebbe essere un'ottima occasione per andare in avanscoperta.

Via Bandello, 14 – dalle 7.30 alle 23 – 391 3336789  - bistroaimoenadia.com

 

Ricette Musicali al FutureDome: Al FuturDome di via Paisiello (il nuovo spazio di Ventura Projects, che da Lambrate si trasferisce in un palazzo liberty in zona Loreto) lo chef-performer Jasper Udink ten Cate propone un insolito approccio per fondere musica e cibo. Le ricette musicali sono un kit completo di canzoni, piatto in ceramica e ricetta da replicare che riprende i piatti preferiti dagli artisti delle canzoni. Lo chef olandese esporrà per l'occasione anche un particolare tavolo da cocktail.

Via Paisiello, 6 – futuredome.com

 

Fuorisalone, prima tappa

Fuorisalone, seconda tappa

Fuorisalone, terza tappa

 

a cura di Livia Montagnoli


ViniVeri a Cerea. I nostri assaggi in 10 etichette

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Il nostro report da Cerea in 10 assaggi. Ecco le etichette che ci hanno colpito di più nella manifestazione ViniVeri

 

Compie 15 anni ViniVeri, la prima manifestazione italiana dedicata ai vini, e prodotti alimentari, prodotti nel pieno rispetto dell’ambiente e della sua biodiversità, secondo principi naturali e sostenibili. “Amore per la natura e i suoi cicli” il tema conduttore della 15esima edizione che ha raccolto 130 tra vignaioli italiani ed europei. Amore come arte del saper attendere, come “certezza che la natura non tradisce mai”, nelle parole del Presidente di ViniVeri Giampiero Bea. Tanti gli interventi e le degustazioni in programma, così come le aziende alla prima uscita. Ci siamo concentrate su quest’ultime, insieme a qualche classico imperdibile. Ecco i 10 assaggi che ci hanno colpito di più.

 

Franciacorta Pas Dosé Il Contestatore ‘13 - Il Pendio

Partiamo con l’ultima sboccatura, fresca fresca, di questo chardonnay coltivato nella parte alta, circa 450 metri di quota, di Monticelli Brusati. 42 mesi sui lieviti per una cuvée che esce dal coro per il suo carattere grintoso, il nerbo acido quantomeno vivace, senza risultare magro o stretto sul piano aromatico. Ha tensione e sapidità, ricordi agrumati croccanti e un finale saporito di mandorla e anice. Tanta energia e qualche spigolo da smussare con qualche mese in bottiglia. 30 euro in cantina.

 

Fine Metodo Classico Rosé - Bergianti

Batteria di grande carattere, e ottima pulizia gustativa, per questa realtà biodinamica nel modenese che produce seminativi, grani, legumi, con tanto di fattoria sociale. Il Fine è un metodo classico da Lambrusco di Sorbara che sosta 24 mesi sui lieviti, non dosato, come tutte le cuvée della casa. Colore buccia cipolla e profumi che ricordano la scorza d’arancia, le erbe spontanee e i piccoli frutti rossi. Bocca tesissima e sferzante, perfettamente giocata su un carattere maturo dell’annata e una vena acida rigenerante. Finale di melograno e lunga sapidità. Chiama tortellini in brodo con gli ‘occhi’, ovvero con il grasso che galleggia. Squisito e graffiante il Bergianti Rosso Metodo Classico 2013 da salamino. Bellissima scoperta; 15mila le bottiglie totali prodotte.

 

Costafredda ’16 - Carlo Noro

Tra le novità di questa quindicesima edizione di ViniVeri, annoveriamo questa giovane azienda che ha alle spalle una solidissima tradizione di preparati biodinamici. Due ettari nel comune di Piglio, divisi tra cesanese e passerina. Spicca la Passerina del Frusinate Costafredda 2016, succosissima e dal sorso rilassato e ben ritmato da ricordi di camomilla e pesca. Frutto puro e delicatissima punta tannica (il 20% delle uve fa macerazione), con sensazioni di tè verde che condano carattere e tensione. Elegante e armoniosa. Buono anche il Cesanese Collefurno di pari annata, appena marcato da sensazioni speziati un po’ astringenti.

 

Solo ’15 - Vodovipec

Per noi, il vino della fiera. Un vino misurato e profondissimo, capace di dire tantissime cose senza mai alzare la voce, senza strappi, con una declinazione sapida magistrale. Questa Vitovska, che sosta un anno in anfora con le bucce per poi passare 18 mesi in botti grandi di rovere, profuma di estate, sintetizza al meglio il carattere solare dell’annata e straordinaria complessità minerale dei terreni rocciosi del Carso triestino. Profuma di fieno, ma anche di ostrica, ha un respiro iodato che cresce lento e inesorabile nel bicchiere. Ancora basilico, tratto tannico ricamato, frutto puro, ancora richiami di menta e tè verde. Il finale è appena piccante, pepe e zenzero. Progressione incantevole e potenziale d’invecchiamento enorme.

 

Don Chisciotte ‘16 - Pierluigi Zampaglione

Due ettari vitati e una sola etichetta prodotta. Pierluigi Zampaglione produce vino a Calitri nell’Alta Irpinia, a ben 800 metri di altitudine e dal 1990 segue i dettami biologici. Qui le uve vengono raccolte tra fine settembre e inizio ottobre quando riescono a raggiungere la piena maturazione, per uno stile peculiare. La prima uscita del Don Chisciotte è del 2006: in breve è diventato un classico, guadagnano nel tempo in freschezza e profondità sapida. Lo dimostra l’annata 2016 tutta giocata sulla nota fumé e le erbe aromatiche, salvia e timo; preciso e netto, al palato è maturo e dalla scia minerale trascinante.

 

Barbaresco Rio Sordo ‘15 - Cascina delle Rose

Ha tanto da raccontare, anche se in fase embrionale, il Rio Sordo di Cascina delle Rose. Protagonisti Giovanna Rizzolio, suo marito Italo e i figli Davide e Riccardo, nella località Tre Stelle, nel comune di Barbaresco. Rio Sordo ’15 è un inno alla classicità del Barbaresco. Sfoggia una compostezza di beva e un rigore eccezionale. Sentori delicati di cannella, tabacco e profumi balsamici si riconoscono nel bicchiere, per una beva complessa e austera. Frutto maturo, e molto puro insieme a un tannino pregevole che placherà la sua potenza tra qualche anno.

 

Quinta da Serradinha ’15 - Antonio Marques – da – Cruz

Antonio Marques ha un passato nel mondo dell’economia e una predilezione per il mondo del vino. Nel 2003 riprende le vigne del nonno per produrre vini molto originali, caratterizzati da una spiccata acidità, valorizzando l’enorme patrimonio di vitigni autoctoni. L’azienda si trova nelle vicinanze di Leiria, un’ora di viaggio a nord di Lisbona, e si contraddistingue come una di quelle realtà pioneristiche del biologico. Quinta da Serradinha ’15 è un blend di castelato, touriga nacional e tinta miuda; colore scarico e brillante, i profumi ricordano il melograno e la macchia mediterranea con una piacevole e distinta nota di ginepro. Il sorso sorprende per la sua estrema freschezza, tannini cremosi e una freschezza sorprendente. L’influenza del vicino Atlantico è netta. Si beve, beve e ribeve. Importato in Italia da Alibante.

 

Montecucco Sangiovese Poggio d'Oro Ris. '12 - Le Calle

Siamo partiti dal Rosso delle Calle '17, che a dispetto del nome è un rosato (molto carico) da ciliegiolo che del vitigno conserva tutta la carica speziata e piccante; abbiamo continuato con il Montecucco Rosso Campo Rombolo '16 fresco, fragrante e croccante, di grande bevibilità. Abbiamo chiuso con una bella versione Riserva di Poggio d'Oro '12, che del territorio conserva il tratto fumé e lo sbuffo di sottobosco mentre il tannino è fitto e di buona grana. 

 

Montefalco Sagrantino Campo di Raina '14 - Raina

Dai suoi 10 ettari sulle colline di Montefalco Francesco Mariani tira fuori circa 50mila bottiglie che parlano il dialetto regionale tra trebbiano spoletino, grechetto e sagrantino. La versione 2013 del Montefalco Sagrantino Campo di Raina ha carattere e grinta. Naso scuro, a tratti balsamico, ha tannino da vendere (dal sagrantino non ci aspettavamo da meno) ma ben gestito. Nota di merito a una versione terragna di Sagrantino Passito '14 e al Vermouth Numero Uno, 80% Sagrantino, 20% Trebbiano Spoletino aromatizzato con erbe aromatiche e spezie, equilibrato nelle sue piacevoli note di timo, rosmarino, china e rabarbaro.

 

Vino Santo Trentino '02 - Gino Pedrotti

Cinque ettari nella Valle dei Laghi sono più che sufficienti per creare un piccolo (e raro) gioiello di vino. L'etichetta dice 2002; nella bottiglia c'è nosiola in purezza, fatta appassire per cinque mesi (da fine settembre a Pasqua, per questo è vino "santo") che nel frattempo viene attaccata anche dalla preziosa botritis cinerea. Lunga e lenta pigiatura, lunga e lenta fermentazione, lunghissima maturazione (può uscire già a 5 anni per disciplinare, ma qui in azienda preferiscono aspettarne almeno dieci): il risultato è un profilo aromatico giocato su note dolci di castagna e noce, di grande fragranza e complessità. Armonia ed equilibrio e freschezza cercano di fermare il tempo che passa (come conferma un '85 custodito gelosamente sotto il banchetto nel quale abbiamo avuto la fortuna di imbatterci).

 

ViniVeri - Cerea (VR) - AreaExp – via Libertà 57 - 13-15 aprile 2018 - http://www.viniveri.net/

 

a cura di Stefania Annese, William Pregentelli e Lorenzo Ruggeri

Respect Food Night. A Milano la cena di beneficenza contro lo spreco alimentare

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Un programma fitto di appuntamenti golosi, quello del Fuorisalone 2018, che fra laboratori e degustazioni, lascia spazio anche alla solidarietà. Con la cena Respect Food Night, evento volto a raccogliere fondi per l'associazione Food for Soul fondata da Massimo Bottura.

 

L'evento

8 chef per un totale di 13 Stelle Michelin, più 300 ospiti: è questa la ricetta vincente per la cena del Fuorisalone dedicata ai progetti dell'associazione Food for Soul, la realtà ideata da Massimo Bottura con la missione di sensibilizzare e supportare le comunità nella lotta contro lo spreco alimentare e l'isolamento sociale. Un evento esclusivo creato da Grundig, brand storico nell'elettronica di consumo che con la serata RespectFoodNightvuole fare luce sull'importanza della lotta allo spreco, un tema sempre più sentito in campo gastronomico, fra manifestazioni, iniziative e progetti dedicati. L'obiettivo della cena? Far conoscere al pubblico l'associazione di Bottura, e soprattutto raccogliere fondi per finanziare e sostenere lo chef nei suoi progetti.

I protagonisti

Così, all'interno del Castello Sforzesco di Milano, il prossimo 18 aprile 8 cuochi d'eccezione saranno chiamati a raccolta per portare le proprie specialità in assaggio, creando un menu degustazione unico per deliziare il palato degli ospiti. A rispondere senza indugio all'appello di Bottura, i suoi colleghi e amici Andrea Berton (Berton, Milano), Enrico Cerea (Da Vittorio, Bergamo), Carlo Cracco (Cracco in Galleria, Milano), Antonio Guida (Seta, Mandarin Oriental Hotel Milano), Giancarlo Morelli (Pomiroeu, Monza), Matias Perdomo (Contraste, Milano) e Viviana Varese (Alice Eataly, Milano). Il costo è di 200 Euro, interamente devoluti a favore dell'associazione, una onlus nata due anni fa sulla scia del successo del Refettorio Ambrosiano di Milano, a cui sono seguiti quello di Rio de Jainero, Londra, Parigi, Bologna e Modena. Ma soprattutto frutto dell'intraprendenza di un cuoco instancabile, un professionista che non smette mai di sorprendere. In cucina così come nella vita.

Lo Spezial Party di Roma

Perché la solidarietà – si sa – parte sempre di più anche dalla tavola. Dalla collaborazione tra artigiani del gusto e addetti ai lavori, che scelgono di lavorare fianco a fianco per far fronte alle principali problematiche del settore, dallo spreco alimentare all'obesità, dalla crisi delle attività agricole colpite da sisma e catastrofi climatiche alla fame nel mondo. Aumenta il senso di responsabilità da parte dei professionisti, e cresce di pari passo il numero di iniziative pensate per contribuire, in parte, a risolvere o contenere i danni. Fra le ultime nate, lo Spezial Party a Il Palazzetto di Roma, organizzato da Roberto E. Wirth, proprietario dell'Hassler Hotel e presidente fondatore del Centro Assistenza Bambini Sordi e Sordociechi (Cabss), insieme a Italia Squisita. Una festa a tutto gusto che lo scorso 10 aprile 2018 ha radunato 27 chef per sostenere il Cabss, raccogliendo fondi per finanziare i programmi di intervento precoce per bambini sordi e sordo ciechi da zero a sei anni. A trainare il gruppo di cuochi, Francesco Apreda (Imàgo sulla terrazza dell’Hassler, Roma), ideatore del tema della serata: le spezie. Da Cristina Bowerman ad Alba Esteve Ruiz, da Marco Claroni a Giulio Terrinoni, e molti, molto altri ancora i protagonisti della cena. Per una kermesse golosa, buona per il palato e per i bambini in difficoltà.

www.foodforsoul.it

a cura di Michela Becchi

Oli d'Italia 2018, la guida dedicata all'olio extravergine di oliva. Ecco i premiati

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Dopo tante anticipazioni, finalmente è stata presentata al Sol di Verona Oli d'Italia 2018, il volume ideato dal Gambero Rosso in collaborazione con l'Unaprol, che si propone come una guida per il consumatore. Fra punteggi e premi speciali, ecco cosa si trova all'interno dell'ultima edizione.

 

8 anni di guida

Una guida dedicata all'olio extravergine di oliva firmata Gambero Rosso. Perché?” Era questa la domanda che ci ponevamo e ponevamo ai lettori nel 2011, all'uscita della prima edizioni di Oli d'Italia, un manuale che al tempo si presentava con 273 aziende e 376 oli recensiti. Numeri che nel tempo sono cambiati, salendo e scendendo, assecondando il ritmo delle varie campagne olearie, che negli ultimi tempi sono state messe a dura prova da condizioni climatiche avverse e problematiche ormai note agli appassionati del genere ma anche ai consumatori consumi, ostacoli chiamati mosca olearia e Xylella fastidiosa. 273 aziende divenute 330 nel 2012, 394 nel 2013, 411 nel 2014, per poi decrescere di nuovo nel 2015, a seguito di quello che è poi passato alla storia come “annus horribilis” dell'olio extravergine di oliva.

I numeri

Cifre instabili e in continuo cambiamento, proprio come il prodotto che rappresentano, figlio di un settore dinamico e influenzato da tanti fattori diversi. Che fra difficoltà e momenti bui, negli ultimi 8 anni è riuscito a catturare l'attenzione del pubblico e quella dei produttori, sempre più impegnati in una produzione di qualità, anche a discapito della resa. Riavvolgiamo il nastro e riprendiamo a fare i conti: “39 oli extravergine di oliva Dop e una Igp fanno dell'Italia il leader nei prodotti a denominazione protetta e di eccellenza”. Si apriva così, nel 2011, la primissima versione della guida. Oggi sono 46 i marchi riconosciuti dall'UE e 360mila le tonnellate di olio prodotte nel 2017/2018.

Il panorama olivicolo contemporaneo

Ma soprattutto, a crescere sono state le competenze degli olivicoltori, assaggiatori, capo panel, giornalisti del settore, commercianti, addetti ai lavori. Per una rete di professionisti sempre più specializzati, curiosi, ma soprattutto in grado di raccontare al pubblico il mondo dell'extravergine, spiegarne pregi e qualità, facendo luce sul ruolo fondamentale che ha nella nostra dieta quotidiana. Si amplia questo micro-cosmo tutto verde, radunando seguaci da ogni dove, tutti impegnati nella valorizzazione dell'olio buono e dell'intero comparto. Iniziano a evidenziarsi i primi cenni di interesse anche da parte dei consumatori, destinatari ultimi della guida, che ogni iniziativa, progetto e prodotto editoriale in campo olivicolo si propone di indirizzare verso una scelta e un utilizzo sempre più consapevole dell'olio buono.

L'importanza della formazione

A confermarlo, Stefano Polacchi, curatore della guida Oli d'Italia: “Questa crescita è fatta di assaggi su assaggi, di corsi di degustazione, di laboratori, di specializzazione: a livello amatoriale o super-tecnico, in ogni caso si tratta di ottimi canali per accrescere la propria consapevolezza alimentare e per educare il gusto, che deve necessariamente avere un suo percorso di crescita per arrivare a definire cosa sia buono e cosa sia qualità”. Detto in una parola: formazione. Degli operatori e degli assaggiatori, dei negozianti e dei comunicatori. Questa la risposta a quella domanda che 8 anni inaugurava il nostro percorso all'interno di un mondo tanto affascinante quanto complesso: “Perché?”. O meglio: per chi? “Per i consumatori ai quali abbiamo voluto fornire uno strumento per conoscere più da vicino le realtà e i territori d'eccellenza dell'olio in Italia. Per chef, cuochi, osti. Per i produttori, per premiarne il lavoro e dare loro un incoraggiamento a procedere sulla strada della qualità”. Era il 2011, il Gambero Rosso compieva 25 anni e il volume di 350 pagine dall'inconfondibile copertina color verde faceva il suo timido ingresso fra gli scaffali delle librerie, con l'obiettivo di valorizzare prodotti e produttori. Oggi, la guida compie 8 anni, conta 528 pagine e 743 oli. La risposta a quel “Perché?”, però, è sempre la stessa. E la ribadiamo con ancora più convinzione.

Guida 2018: la ribalta dei monocultivar

Dunque, dicevamo, 743 oli e 476 aziende. Ma anche 1500 indirizzi per mangiare, comprare e dormire intorno ai frantoi. E poi, le immancabili Foglie: i punteggi assegnati a ogni etichetta entrata in guida che vanno da Una (oli puliti, di buona fattura) a Tre (oli eccezionali, emozionanti), passando per le Due (oli ben fatti, precisi ed equilibrati), e le Due Rosse (oli eccellenti). Per ogni prodotto, a corredo ci sono la scheda dell'olio e dell'azienda, con i consigli per l'abbinamento perfetto. È un prodotto dalle tante sfumature, l'olio, con tante varianti a seconda della tipologia di oliva, i tempi di raccolta e il metodo di conservazione, ma fra le tante declinazioni dell'oro verde una fra tutte domina la scena di quest'ultima edizione: “Sono aumentate in modo esponenziale le etichette monocultivar”, spiega il curatore, “da una sola varietà di oliva e spesso locale. È il segnale di come si cerchi di interpretare il proprio territorio, la campagna, la collina o la piana dove sorge l'oliveto: fino a pochi anni fa si mischiava in modo indifferenziato, oggi si tende a distinguere, a esaltare l'espressività del prodotto”. Che non significa – sia chiaro – che un olio da singola cultivar sia migliore di un blend, piuttosto che “si tratta di una scelta figlia di un percorso di approfondimento che porta a interpretare la propria storia”.

I premi speciali

Proprio al legame con la terra d'origine è dedicato uno dei 13 premi speciali (che vi abbiamo già raccontato approfonditamente qui e qui LINK) selezionati dalla commissione d'assaggio. Ma ci sono anche i riconoscimenti per l'azienda dell'anno, quella che meglio di tutte ha saputo definire con successo le varie etichette della casa, per l'olivicoltore dell'anno, la figura impegnata nella cura agronomica delle piante e nella valorizzazione di ogni varietà, per il miglior blend, il miglior olio Dop e via dicendo. Per un totale di 21 aziende (diversi i premi ex aequo) insignite con un marchio di qualità “speciale”. Perché gli ex aequo? Perché scegliere una singola realtà, in tanti casi, diventa sempre più difficile, perché sono sempre di più i produttori che operano, in campo e in frantoio, un lavoro certosino con una cura maniacale per le olive e la loro lavorazione. Una difficoltà di fronte alla quale, mai come in questo caso, siamo felici e orgogliosi di trovarci.

 

Miglior fruttato leggero: Monocultivar Prempesa – Belfiore

Belfiore - Castelnuovo Magra (SP) – via Montefrancio, 88 – 3355637888 – www.agricolabelfiore.it

Miglior fruttato medio (premio ex aequo): Monocultivar Ascolana – Conventino di Monteciccardo

Il Conventino di Monteciccardo – Monteciccardo (PU) – via G. Turcato, 4 – loc. Conventino – 0721910574 – www.conventinomonteciccardo.bio

Miglior fruttato medio (premio ex aequo): Extramum Colabella Monocultivar Taggiasca – Paolo Cassini

Paolo Cassini – Isolabona (IM) – via Roma, 62 – 0184208159 www.oliocassini.it

Miglior fruttato intenso: Olivastro Monocultivar Itrana – Quattrociocchi

Americo Quattrociocchi – Alatri (FR) – via Mole Santa Maria, 11 – 0775435392 – www.olioquattrociocchi.it

Miglior monocultivar (premio ex aequo): Incipit Monocultivar Nostrale di Felitto – Marco Rizzo

Marco Rizzo – Felitto (SA) – via Roma, 39 fraz. San Giorgio – 3335772480 – www.oliorizzo.it

Miglior monocultivar (premio ex aequo): Monocultivar Leccino Bio – Pruneti

Pruneti – Greve in Chianti (FI) – via dell'Oliveto, 24 – loca. San Polo in Chianti – 0558555091 – www.pruneti.it

Miglior biologico (premio ex aequo): Monocultivar Casaliva Bio – Olio Cru

OlioCru – Arco (TN) – via A. Moro, 1 – 0464715344 – www.oliocru.it

Miglior biologico (premio ex aequo): Olio Extravergine di Oliva Bio – Giovanni Batta

Giovanni Batta – Perugia – via San Girolamo, 127 – 0755724782 – www.frantoiobatta.it

Miglior blend (premio ex aequo): Affiorato – Olio Intini

Olio Intini – Alberobello (BA) – c.da Popoleto – 0804325983 – www.oliointini.it

Miglior blend (premio ex aequo): Dop Valli Trapanesi Bio – Titone

Titone – Trapani – via Piro, 68 – fraz. Locogrande – 0923842102 – www.titone.it

Frantoio dell'anno: Le Tre Colonne

Le Tre Colonne – Giovinazzo (BA) – s.da prov.le 107 Giovinazzo-Terlizzi km 0,200 c.da Caldarola – 0803941570 – www.letrecolonne.com

Miglior olio Dop (premio ex aequo): Polifemo Dop Monti Iblei Monocultivar Tonda Iblea – Viragì

Viragì – Chiaramonte Gulfi (RG) – c.da Mazzarronello – 3939299344 – www.viragi.it

Miglior olio Dop (premio ex aequo): L'Olinto Dop Chianti Classico Monocultivar Frantoio Bio –Podere Grassi

Podere Grassi – Greve in Chianti (FI) – via Dudda, 33 – 3356892035

Miglior olio Igp (premio ex aequo): Madrechiesa – Terenzi

Terenzi – Scansano (GR) – loc. Montedonico . 0564599601 – www.terenzi.eu

Miglior olio Igp (premio ex aequo): Cherubino Centesimato Igp Sicilia Monocultivar Nocellara del Belice Bio – Terraliva

Terraliva – Buccheri (SR) – c.da Sant'Andrea – 0931880062 – www.terraliva.com

Miglior rapporto qualità/prezzo (premio ex aequo): Giove Monocultivar Coratina - Depalo-Oleà

Depalo-Oleà – Giovinazzo (BA) – p.zza Duomo, 55 – 3475972116 – www.oliodepalo.it

Miglior rapporto qualità/prezzo (premio ex aequo): Oliva Grossa Monocultivar Bella di Cerignola – La Selvotta

La Selvotta – Vasto (CH) – via Buonanotte, 10 – 0873801658 – www.laselvotta.it

Azienda dell'anno: Trappeto di Caprafico Tommaso Masciantonio

Trappeto di Caprafico - Casoli (CH) - c.da Caprafico, 35 - 0871897457 - www.trappetodicaprafico.com

Olivicoltore dell'anno: Doria

Doria - Cassano Allo Ionio (CS) - c.da Mandria di Nola - tel. 345 6503780 - www.agricoladoriasrl.it

Miglior performance territoriale (premio ex aequo): Colli Etruschi

Colli Etruschi – Blera (VT) – via degli Ulivi, 2 – 0761470469 – www.collietruschi.it

Miglior performance territoriale (premio ex aequo): Olearia San Giorgio

Olearia San Giorgio – San Giorgio Morgeto (RC) – c.da Ricevuto, 18 – 0966935321 – www.olearia.eu

 

Oli d'Italia 2018 – Euro 13,90 – disponibile in libreria e online

a cura di Michela Becchi

Sommelier Wine Box – un regalo per la sete di eccellenza, originalità e cultura

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L’idea di Luca Menato mette al centro della proposta di e-commerce la storia dei vignaioli italiani, con una scatola sorpresa e i vini selezionati da un sommelier per raccontare le proposte più originali e intraprendenti della viticoltura nazionale. Per chi ama farsi stupire. 

 

E un bel giorno ti arriverà a casa una scatola di cartone, come tante ne girano a bordo dei corrieri espressi. Ma qui finiranno le cose normali. Perché già aprendola, l’emozione sarà quella di un bambino che scarta un regalo sorpresa. Sorpresa, esatto, perché i tre vini che troverai all’interno non li avrai scelti direttamente tu, ma piuttosto li avrà selezionati un sommelier di rilievo, ogni volta uno diverso, seguendo un filo che lega qualità, piccole eccellenze della vitivinicoltura, idee tematiche alquanto originali. Avrai avuto qualche indizio, certo, ma il resto sarà tutto da scoprire...

Abbiamo cominciato a ragionare a Sommelier Wine Box quando, durante le molte fiere enologiche, abbiamo capito quanta passione e quanta dedizione stia dietro al vino” dice Luca Menato, laurea allo Bocconi e diverse esperienze lavorative prima di giungere qui. “E ci siamo resi conto che sono proprio le storie dei produttori quelle che noi vorremmo conoscere per apprezzare davvero ciò che beviamo”. Al suo fianco la sorella Sara, dottorato all’Università di Padova e poi qualche anno presso Sotheby’s, presso il FAI: “Crediamo in questo progetto perché crediamo nella passione di chi lavora ogni giorno nei vigneti”. E di chi non cerca soluzioni banali, evidentemente, perlomeno dentro il calice.

 

Sommelier Wine Box. Come funziona

La formula è semplice: si può acquistare un singolo box o un abbonamento (con durata a piacere), versione Entusiasta o versione Esperto, per avere ogni mese il proprio dono da scartare, da scoprire, da bere. E per conoscere qualcosa di nuovo. “Ci rivolgiamo a chi non si ferma in superficie ma va in profondità alle cose, a chi cerca un apprendimento continuo. Non vogliamo limitarci a offrire ottimi vini ma trasmettere tutta la passione dei loro produttori, stupendo con un viaggio nella cultura enologica italiana chiunque abbia voglia di farsi stupire”.

Le storie, le famiglie, le persone: perché insieme alle bottiglie (e a una simpatica, innovativa confezione da trasporto, qualora vi andasse di condividerne una a casa di amici) troverete un pieghevole che racconta esaustivamente chi quei vini li ha immaginati, lavorati e accompagnati fin lì, e una lettera con le parole dei produttori stessi, “che hanno accettato la sfida dell’innovazione senza perdere l’artigianalità, innamorati della loro terra e con la voglia di raccontare il proprio vino”.

Sul sito i dettagli, un blog, la squadra dei sommelier, le modalità di iscrizione. E le immagini, lo stile grafico, che già raccontano l’ambizione di questo innovativo progetto.

 

https://www.sommelierwinebox.com/

 

a cura di Emiliano Gucci

 

Steven Raichlen Grills Italy. Sesta puntata: carne d'agnello e dessert affumicato a Cuneo

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Dalla Liguria al Piemonte, alla scoperta dei cuneesi e della carne d'agnello sambucano. Steven Raichlen, mago della griglia, approda a Cuneo, dove questa volta si diletta anche con i dessert, come sempre fatti al barbecue.

Gli agnelli sambucani

In Valle Stura, Piemonte, l'agnello sambucano rappresenta un'eccellenza unica del territorio, una carne rara, magra e deliziosa, introvabile altrove. Insieme allo chef Erik Barin de La mucca pazza, Steven Raichlen, guru del barbecue e della griglia negli Stati Uniti, nella sesta puntata di Steven Raichlen Grills Italysi cimenta con la cottura di questa carne. “Si tratta di una razza autoctona”, racconta Erik, “presente solo qui. Per tre mesi l'anno, da giugno a settembre, vengono portati a pascolare in alta montagna, e poi scendono di nuovo. Camminando così tanto, la carne risulta molto magra”. Pochi capi, “circa 5mila”, espressione unica di un luogo immerso nella natura più incontaminata.

 

La ricetta dello chef

Dopo la visita agli agnelli, si passa alla griglia. Chef Erik prepara la coscia con olio extravergine d'oliva e poi un mix di sale, zucchero di canna, paprika, aglio in polvere, cipolla in polvere e pomodoro secco. Tutto cotto nel barbecue affumicatore a pellet, “molto utilizzato negli Stati Uniti”, commenta Steven, “ma non molto conosciuto qui in Italia”. Il vantaggio? “Il sapore dolce e affumicato che conferisce al cibo”. Mentre la carne si cuoce a 140°C, il cuoco prepara una salsa di rabarbaro, “anche questo è in ingrediente popolarissimo in America, ma non mi aspettavo di trovarlo qui”. Sapori poco mediterranei, con forti richiami mitteleuropei, per un piatto tipico del Nord Italia. Si passa alle costolette d'agnello, condite semplicemente con olio, sale grosso e pepe, e accompagnate da un trito di cetriolini, aglio, sale, pepe ed extravergine. Dopo un'ora e mezza di cottura è pronta anche la coscia, dalla pelle croccante e piacevolmente affumicata: “Squisita!”.

 

La versione di Raichlen

Come sempre, poi, è il turno di Raichlen. Questa volta, però, si invertono i ruoli: è Steven a ritornare invece ai sapori tipicamente italiani, con erbe aromatiche e tanto buon olio. Per farlo, utilizza un affumicatore di legno firmato Weber, la grande casa di produzione di griglie e barbecue statunitense, “una macchina eccezionale che consente di inserire un recipiente d'acqua per creare del vapore. In questo modo, la carne risulterà umida e tenerissima”. A insaporirla, un chimichurri all'italiana, “una salsa argentina che adoro, ma che ho intenzione di rielaborare a modo mio”. Innanzitutto, però, la carne: occorre incidere dei piccoli tagli da ogni lato, per poter inserire poi delle fettine sottili di aglio e delle punte di rosmarino. Si posiziona la coscia da 1 chilo e mezzo sulla griglia, e si ripongono dei pezzetti di legno precedentemente immersi nell'acqua nella parte inferiore, per quel tocco di affumicato in più che – ormai lo sappiamo – è uno dei marchi di fabbrica di Steven. Per la salsa, invece, aglio tritato, rosmarino, timo, menta, salvia, prezzemolo, erba cipollina, sale, pepe nero macinato fresco, olio extravergine d'oliva, peperoncino, scorza di limone, succo di due limoni, aceto di vino bianco e un goccio d'acqua.

 

Bread pudding: il dolce al cuneese affumicato

Per la prima volta, poi, il re del barbecue mostra come realizzare un buon dolce sulla griglia. La ricetta scelta è quella del bread pudding, il budino di pane tipico della tradizione anglosassone, una preparazione semplice e a base di pochi ingredienti, dal gusto autentico e delizioso. Stavolta, però, con un sapore tutto piemontese, quello del cuneese, cioccolatino ripieno di rum. Per realizzarlo, basta tagliare delle fette di pane e tostarle leggermente, prima di iniziare a preparare la crema all'inglese. Una volta pronta, “versiamo la crema sopra il pane e i cunesi tagliati a pezzetti in una padella, e mettiamo il tutto sul fuoco”. Mentre si cuoce, un tocco da vero artista: la panna montata affumicata (“ha un sapore unico!”). Come prepararla? “Basta mettere la ciotola dentro un recipiente con del ghiaccio, e poi riporlo nell'affumicatore”. In questo modo, la panna non si scioglierà e assumerà tutte le note della tostatura.

 

Steven Raichlen Grills Italy va in onda ogni lunedì ore 21.30 su Gambero Rosso Channel, Sky 412

 

a cura di Michela Becchi

 

 

 

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Si ringrazia
 

Fuorisalone 2018. Gli appuntamenti a tema enogastronomico della Milano Design Week. Quinta (e ultima) tappa

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Ultimo giro di ricognizione tra i distretti del design di Milano nel giorno inaugurale del Fuorisalone 2018. Ecco dove cucinano gli chef e quali appuntamenti con il racconto del cibo non perdere in città, dal 17 al 22 aprile. 


Ultima puntata della nostra ricognizione tra appuntamenti a tema enogastronomico in vista della Milano Design Week, che proprio oggi prende ufficialmente il via, e animerà la città fino al 22 aprile, in concomitanza con il Salone del Mobile 2018. Tra i suggerimenti per l'uso anche una serie di esperienze che coinvolgono volti noti della ristorazione cittadina in contesti insoliti, alle prese con performance artistiche e oggetti di design. E poi orti sostenibili, progetti innovativi e mercati estemporanei, che prendono vita in tutti i distretti di Milano. Il file rouge, ribadiamolo per l'ultima volta, è quello che unisce il ruolo creativo del cibo con la comunicazione delle più moderne proposte di design. Le puntate precedenti le recuperate ai link in calce: ora la mappa è (quasi) completa.

 

Carlo Cracco, Enrico Bartolini e gli altri: chef per la Milano Design Week. È lunga la lista degli chef coinvolti a vario titolo nel corso della settimana del Fuorisalone. Enrico Bartolini, che per la nuova collaborazione con Pandenus ha scelto di cimentarsi con impasti e lievitazioni (in vista del locale in apertura a piazza Gae Aulenti), proporrà la sua pizza all'Opificio 31 di via Tortona - proprio dirimpetto alla cucina che dirige all'interno del Mudec – per tutta la settimana. Un banco di prova per saggiare l'interesse del pubblico, prima di tagliare il prossimo traguardo. Carlo Cracco, invece, è subito protagonista con il pop brunch approntato per gli ospiti del Lavazza Tiny Bar, che inaugura il 17 aprile alla Mediateca Santa Teresa di Brera, per festeggiare le nuova macchina per l'Espresso con le grafiche di Toiletpaper. Ma lo chef, e i suoi occhi, campeggiano anche nel Salotto più famoso della città, dove qualche giorno fa ha inaugurato la prima installazione della serie Cracco in Galleria. Sempre a Brera, invece, Daniel Canzian ospita l'installazione Noi in Laguna, che prende forma nel dehors del ristorante di via Castelfidardo: in tavola, per tutta la settimana, un menu ispirato al tema dell'opera, con suggestioni che evocano la laguna veneta. Mentre Yoji Tokujoshi si mette al servizio di un brand giapponese di fama internazionale come Muji: nello store di via Torino, The Floating Forest si concentrerà sull'arte della tavola nipponica, con la partecipazione dello chef.

 

Orto Botanico di Brera, Coltivando e Mi-Orto: Partecipa attivamente al Fuorisalone anche l’Università degli Studi di Milano, che accoglia l’esposizione House in Motion nelle tre sedi di Ca’ Granda, dell’Audi City Lab e dell’Orto Botanico di Brera, che si trasforma in una smartown grazie all’installazione interattiva di Mario Cucinella. Il secondo orto, invece, prende forma da Eataly Smeraldo per iniziativa dell’associazione Liveinslums, che ai cittadini offre uno spazio condiviso in piazza Venticinque aprile, dove l’installazione di orti mobili e iniziative interattive si protrarrà fino al 3 giugno. Sabato 21, dalle 10.30 alle 14, visita guidata e pranzo conviviale all’orto del Politecnico al quartiere Bovisa, per l’iniziativa Coltivando.

Weating al Din-Design: Seconda edizione per lo street food delle cucine itineranti ospiti nel giardino di via Massimiano, zona Lambrate, dove va in scena il consueto appuntamento con i designer di Din-Design. L’area ristoro, quindi, è arredata con tavole e sedute di design. Dalle 10 alle 20 (domenica fino alle 18).

 

Ink Eat al Milan Design Market: Nel cuore dell'Isola Design District, il Milan Design Market è uno spazio dove curiosare tra oggetti inediti e insolite soluzioni d'arredo. Tra gli stand anche la proposta golosa di Ink Eat, che su macaron e dolciumi proposti al Design Bar stampa grafiche personalizzate su richiesta del cliente con inchiostro alimentare. L’appuntamento per godere di una merenda molto particolare è in via Pastrengo, dalle 10 alle 21.

 

Faema Art & Caffeine da Habitat: Appuntamento il 16 al 22 aprile al CityLife Shopping District, presso lo showroom di Habitat, che inaugura lo spazio con dehors Le cafè habitat e offre degustazioni di caffè monorigine erogati dalla Faema E71 e insieme ripercorre 50 anni di design con l’esposizione allestita in Galleria Ferrieri. Ricco il calendario di incontri, esibizioni di latte art, incontri con esperti dell'estrazione. E ogni sera Coffee in good spirits, drink a base di caffè.

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Alessandro Di Rosa, l'artigiano del vetro che inventa piatti per chef. Il suo nuovo laboratorio a Modica

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Thalass nasce a Modica nel 2007, dall'esperienza del maestro vetraio Alessandro Di Rosa. E negli ultimi 10 anni ha fornito molti chef, grazie al perfetto equilibrio tra funzionalità ed estetica di piatti unici perché lavorati artigianalmente, e sartoriali perché ideati per vestire il cibo, senza prevaricarlo. Da qualche settimana c'è un nuovo laboratorio, nel cuore della città siciliana. E la storia di Thalass va avanti. 

 

Un artigiano del vetro nel cuore di Modica

Alessandro Di Rosa vive e lavora a Modica, da più di vent'anni artigiano (e artista) del vetro. Col restauro delle vetrate settecentesche, nella città delle 100 chiese, ha iniziato la sua attività. Era il 1995, e da allora molte cose sono cambiate. Il punto di svolta, nel 2007, con la nascita di Thalass, un'idea di vetreria sartoriale che veste il cibo, e oggi molti addetti ai lavori del mondo della ristorazione riconoscono come sinonimo di piatti d'autore per chef altrettanto creativi. Il percorso di Alessandro e del suo laboratorio artistico, però, in un crescendo di stima e apprezzamento per le lavorazioni raffinate del suo catalogo, non è frutto di improvvisazione, né soggetto alle bizze di un estro artistico che galoppa a briglie sciolte. Perché se è vero che la creatività è un aspetto fondamentale del suo approccio al lavoro, altrettanto (se non più) importante è accertarsi che ogni sforzo sia funzionale al risultato finale, un piatto bello e resistente, che non rubi la scena al cibo pur riuscendo a esaltarlo. E soprattutto non esaurisca il suo compito in tavola, ma tenga conto dell'economia generale della gestione di un ristorante, dal servizio al riassetto delle stoviglie, passando per il lavaggio. Tutto questo, Alessandro lo racconta col piglio sincero di chi ancora riesce a stupirsi per le conquiste maturate sul campo, orgoglioso per l'ultimo traguardo raggiunto, con l'inaugurazione del nuovo laboratorio a pochi metri dal centro storico della città, “dove ho sempre sognato di lavorare. Un investimento importante e coraggioso, ho acquistato i locali, chiuso l'attività per due mesi in attesa di riaprire nel nuovo spazio. Con tante aspettative e anche un po' di timore per l'inizio di una nuova avventura”.

Vincenzo Candiano

 

Il nuovo laboratorio di Thalass

Per fortuna, a qualche settimana dall'apertura, il lavoro è già ripreso a pieno ritmo, “abbiamo ordini che ci impegneranno per diverse settimane a venire, con i ragazzi siamo in 6, una vera realtà artigianale che si prefigge alti standard, e può contare sulla manualità maturata in anni di lavoro”. Da Thalass si lavora con serietà e consapevolezza, senza mai abusare delle energie: “Riusciamo a produrre un centinaio di pezzi al giorno (ci vogliono 48 ore e due cotture per sfornare un piatto, ndr), ma solo perché il nostro sistema è rodato. È importante che tutti lavorino con serenità, gli straordinari sono un'eccezione rara”. Una piccola impresa meridionale con molto carattere, insomma, e non stupisce rilevarlo, visto l'approccio volitivo di chi la dirige: “Nel nuovo laboratorio, per adattarci allo spazio, abbiamo fatto di necessità virtù, all'ingresso ci sono i ragazzi che lavorano, ho schermato i forni per garantire a tutti di avvicinarsi in sicurezza per guardarli all'opera. Ho fatto tesoro degli errori passati, ho ottimizzato gli spazi. Sul retro si articola lo showroom, come nelle botteghe di un tempo, dove l'artigiano lavorava sotto gli occhi di tutti. Questo ci ha dato nuovo sprint, siamo orgogliosi di mostrare il nostro lavoro”.

Per Wicky Priyan

Gli inizi nella ristorazione. Come si inventa un piatto da chef?

Ma com'è arrivato Alessandro sin qui? “Quando ho iniziato, molti anni fa, mai avrei pensato che i miei piatti potessere servire la ristorazione. Certo mi è sempre piaciuto mangiare, scoprire tavole nuove, e il desiderio di uscire dal mio microcosmo mi ha aiutato molto”. Poi, nel 2007, la crisi economica ha accelerato il processo, la necessità di reinventarsi si è fatta impellente: “Con Franco Ruta (patron della Dolceria Bonajuto, scomparso nel 2016, ndr) giravo tanto per ristoranti. Lui è stato una figura chiave, uno dei miei mentori, insieme a Corrado Assenza. A entrambi sono grato per aver orientato il mio interesse in questa direzione. Ho capito che potevo investire le mie energie in un nuovo settore”. Ma non dall'oggi al domani, “perché in questo mestiere non ci si improvvisa: ho maturato l'idea, comprato nuovi forni, e deciso di dedicare tutte le mie energie su un obiettivo”. All'inizio c'è voluto tempo persino per comprendere che l'unicità, il fatto che ogni pezzo fosse diverso dall'altro perché dipinto a mano, e avesse una storia a sé, rappresentasse un valore aggiunto: “Corrado mi ha aiutato a capirlo, 'la mano non è mai uguale', mi diceva, e questo accomuna chiunque lavori in modo artigianale”. Il resto l'ha fatto quella che oggi Alessandro non esita a definire “una certa faccia tosta”: “Ho cominciato a propormi per quello che facevo, ho girato e mangiato tantissimo, visitato le migliori e le peggiori tavole d'Italia e del mondo. Nel 2008 mi sono presentato col mio baracchino a Identità London, molti chef hanno usato i miei piatti... Thalass è finito sull'Herald Tribune”.

 

Estetica e funzionalità

E allora è arrivato il momento di fare sul serio: la certificazione di sicurezza sul colore, gli studi ripetuti per testare la resistenza del prodotto. “Il discorso creativo e lo stupore per la bellezza di un piatto si esauriscono in un paio d'anni se non procedono insieme alla garanzia di resistenza. I nostri piatti servono ristoranti e catering, se non è possibile impilarli con facilità e lavarli senza timore di romperli perché un cliente dovrebbe comprarli?”. Non è un caso che, ancora oggi, in visita ai ristoranti dei suoi potenziali clienti, Alessandro esiga di fare un giro nelle cucine, “per vedere come lavorano, misurare con gli occhi gli spazi: solo così posso rispondere al meglio alle loro esigenze”. Funzionalità, quindi, ma senza mettere in ombra una creatività prolifica che dei piatti di Thalass è stato il biglietto da visita per sfondare: “Molti chef si sono fidati di me, e ci hanno messo la faccia. Senza un testimonial all'inizio è difficile emergere. Oggi sono soddisfatto di poter presentare il mio prodotto per quello che è, mi contattano anche dall'estero, per ordini da catalogo o linee personalizzate; ma sono molto riconoscente a chi ha creduto nel mio lavoro all'inizio”.

Per Ciccio Sultano

Come il già citato Corrado Assenza (che di recente l'ha portato anche sul palco di Identità Golose), o Accursio Craparo e Ciccio Sultano: “Ma anche Carlo Cracco in passato, e Wicky Priyan a Milano. All'estero, invece, tramite distributori di fiducia, interagiamo molto con gli Emirati Arabi: a Dubai i nostri piatti sono entrati persino nelle collezioni di un museo. E a Londra, da qualche tempo, riforniamo molti ristoranti”. Tra i primi sodalizi, invece, Alessandro ricorda con particolare intensità quello con Pino Cuttaia: “Per (e con) lui ho realizzato una delle creazioni a cui sono più affezionato, un piatto per la Razza che riassume il mio modo di lavorare: volevo ricreare l'habitat di un pesce che si adagia sul fondo, ho utilizzato la sabbia, sfruttando il fatto che fonde a temperature più alte del vetro. Il risultato è un piatto dinamico, con la sabbia cruda che resta isolata e si muove racchiusa tra due lastre di vetro, e raggiunge un equilibrio con il colore del pesce davvero affascinante. Ma c'è voluto molto lavoro per perfezionare la tecnica”. La conoscenza di materiali e cotture è fondamentale quanto la bravura di un cuoco nel maneggiare grandi ingredienti: “Amo il vetro, so fare bene quello, non mi avventuro con la ceramica smaltata, molti lo fanno meglio di me. Però mi piace introdurre materiali alternativi, come il rame, o la micca. Lavorare su diverse temperature di fusione”. E poi c'è l'amore per il Giappone e l'estetica orientale, che presto ispirerà una nuova linea dai colori pastello.

I nuovi progetti, gli obiettivi futuri

Tra le ultime invenzioni anche un piatto per i crudi su tre livelli, per permettere al ghiaccio che si scioglie di defluire in basso: di nuovo la funzionalità al servizio dell'estetica. Con la volontà di non prevaricare mai l'obiettivo: “Non è necessario stupire a tutti i costi con colori sgargianti e linee complesse; mi piace lavorare con forme semplici, che accolgono il cibo. Non voglio realizzare bomboniere da tavola che si rompono al primo sguardo. Devo pensare al cameriere che porta il piatto, al lavapiatti in cucina”. La logistica la cura personalmente, tramite corrieri fidati: “In un anno, su migliaia di pezzi consegnati, durante il trasporto se ne rompono 3 o 4!”. Ora si lavora sul nuovo menu di Craparo, “si è presentato con la sua idea, abbiamo studiato insieme i piatti, ho realizzato 2 o 3 disegni diversi. Presto si potrà apprezzare il risultato”. E intanto si guarda al futuro, con l'idea di intensificare i rapporti con l'estero, ma con serenità: “Ora ho un nome e un'idea solida da presentare, sto rifacendo i cataloghi, mi racconto per quello che sono diventato, con il mio lavoro”. A testa alta.

 

www.thalass.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Foto di Carmelo Poidomani (in apertura un piatto Thalass per Carlo Cracco)


La lezione di Aimo e Nadia: cambiare tutto perché nulla cambi

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Una vicenda incredibile iniziata in una Milano remota di oltre 55 anni fa. Un processo di osmosi che ha trasferito competenze, talento e genialità da un grande cuoco che ha fatto la storia della ristorazione italiana a due bravissimi quarantenni. Nel numero di aprile del mensile del Gambero Rosso vi raccontiamo il passato, il presente e il futuro di un ristorante mitico: il Luogo di Aimo e Nadia. Qui un assaggio.

 

Sono passati più di cinquantacinque anni da quando il toscano Aimo Moroni, uno dei più geniali cuochi italiani, incredibile valorizzatore dei migliori prodotti disseminati lungo lo Stivale, con la moglie Nadia ha messo radici nella periferia occidentale della città. Oggi ai fornelli ci sono due bravissimi quarantenni: nulla è più come è prima tranne i capisaldi italiani. Inamovibili. Tutto merito di un fortunato processo di osmosi e di una figlia testarda e tosta.

Aimo: “La prima volta che ci siamo incontrati io avevo 12 anni, lei 4. Fu in un campo in mezzo a coltri, erpici e due buoi bianchi altissimi. Le nostre case distavano dieci minuti a piedi una dall’altra, senza elettricità tutt’e due. Ci rincontrammo anni dopo nella casa di lei, mio padre ci andava spesso e io lo accompagnai. Stavolta aveva 15 anni. Abbiamo giocato a carte e lei ha vinto. Io, invece, ho perso pure la testa: era bellissima. Una bambina vivace e dispettosa. Lo è anche adesso. Lei sarà con me tutta la vita, mi sono detto”.

Nadia: “Era un gran bel ragazzo quando l’ho conosciuto. Stiamo insieme da più di 60 anni. Chi mi ha dato la pazienza di sopportarlo? Sarò figlia di San Giobbe, il mio nome si riferisce alla pazienza (ride, ndr). La stima! Quello è il segreto. E se c’è contrasto ci si ferma un attimo, alcuni a dire il vero non li ho mai risolti. Ma è certo che io ho sempre lavorato con la sua testa e le mie mani. Come tutti i geni, si sa, non stanno dietro a nessuno”.

{gallery}Aimo e Nadia - il locale{/gallery}

Si guardano complici, si vezzeggiano come adolescenti al primo morso e si perfezionano i ricordi a vicenda. Il Luogo dei luoghi, lo spazio templare in via Montecuccoli per Aimo Moroni è rimasto il “negozio”. In sessant’anni non è cambiata una virgola nel lessico familiare. Il ghigno granghignolesco del cuoco fresco degli 84 anni appena compiuti è solcato dalla memoria di un principio di stenti e di fame che ritorna ossessivamente. “Sono arrivato a Milano nel ’46, avevo 12 anni. Mio padre mi mandò qui a guadagnarmi il pane. Non i soldi, attenzione, il pane. Ci arrivai col mio amico Gialindo viaggiando su un vagone per il bestiame. Facevo il lavapiatti o il garzone, a seconda. Passavo davanti alle vetrine ingoiando a vuoto come Charlot. Le mani piagate dal freddo le curavamo col grasso di rognone, un emolliente medicamentoso. Mio padre e mia madre, cuoca di famiglia di grandi casati italiani e francesi, mi avevano insegnato a riconoscere la qualità di una gallina dalle trame delle zampe e dallo stato delle unghie. Il mio primo maestro, un cuoco che si chiamava Cesare, mi insegnò a distinguere un taglio di cosce con carré buono da uno cattivo, mandandomi in avanscoperta di soppiatto. Mentre lui contrattava con i macellai io dovevo sfiorare i tagli con le dita, se l’impressione era di un velluto unto d’olio dovevo dargli un cenno che sì, andava bene. Se invece sentivo la carne ruvida, niet”.

{gallery}Aimo e Nadia - il team{/gallery}

È cominciata così. Il ragazzino sbalzato da una pagina di letteratura neorealista, senza scuola e senza un soldo, illuminato da una volontà di ferro e da un palato leggendario, diventa cuoco. Un cuoco dalla curiosità leonardesca. Quel ricordo ossessivamente attivo scava da qualche parte nel profondo, cambia di segno e diventa leva di un riscatto che agisce assai oltre i confini della sfera personale. Fagioli risina di Spello (Perugia) e fagioli rossi dei Ghiareti di Sorana (Pistoia), gallina bianca di Saluzzo e bue di Carrù (Cuneo), origano di Pantelleria (Trapani), farro della Garfagnana (Lucca), peperone di Carmagnola (Torino), col fiuto di un cercatore d’oro cerca e trova un pulviscolo di materie prime sconosciute e a ciascuna restituisce dignità regale, manipolando poco, quasi niente.

È quello che fa De André con ladri e puttane. Pasolini coi ragazzi di vita, Riccetto e gli altri, raccontati nudi e crudi. La prosa di Aimo e Nadia, per la natura stessa dei fatti di cucina, riesce più gioiosa. Ma il risultato in via privata Raimondo Montecuccoli, quartiere Bande Nere, è lo stesso. A partire dal 1962, anno di nascita del bar-trattoria: “Non c’era niente, figurarsi… è periferia ancora adesso. Nessuno aveva una buona ragione per arrivare fino a qui. Eppure la gente arrivava, numerosa e sempre più frequentemente”.

{gallery}Aimo e Nadia - i piatti{/gallery}

A turno gettano i ricordi sul tavolo come tarocchi, flash back che riaffiorano nitidi, disordinatamente, scandendo le tappe di un grand tour iscritto in ogni ricetta. Lo Spaghettone al cipollotto, la Zuppa etrusca, Pane e pomodoro cucivano entro lo stesso piatto le materie attinte dal paniere peninsulare, riducendo i confini nazionali (isole incluse) a quelli di un quartiere dove fare la spesa tutti i giorni. L’effetto collaterale era la tessitura di relazioni di fibra super resistente con i produttori, ad oggi 82. Risorgimento e Resistenza insieme. Unità e Democrazia compiute. L’umanità porosa e partecipe di Aimo e Nadia arriva dritta a segno, e la periferia diventa miracolosamente centro. Gino Veronelli, manco a dirlo, se ne accorge fra i primi. E riconosce il gesto a occhi chiusi: è quello che ha fatto lui con i vignaioli, pari pari. Il resto è storia nota.

Aimo: “Il più grande torto che potrebbero farmi Fabio e Alessandro? Cancellare quei piatti dalla carta. Se cancelliamo cicoria e fave, la pasta con le sarde, cancelliamo Sciascia, Pirandello e Manzoni in un colpo solo”.

Nadia: “Tranquillo, Aimo, amore. Non ci pensano nemmeno”.

Aimo: “Non solo tranquillo, con quei due ragazzi sono al sicuro”.

 

 

a cura di Sonia Gioia

foto di Alberto Blasetti

 

 

QUESTO È NULLA...

Nel numero di aprile del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate il racconto completo, con le riflessioni di Stefania Moroni, figlia di Aimo e Nadia, dei due cuochi, Fabio Pisani e Alessandro Negrini, e del sommelier Alberto Piras. Un servizio di 13 pagine che svela altri aneddoti, racconta i progetti futuri ed è arricchito dalla timeline con le date più rappresentative dell'incredibile storia di Aimo e Nadia.

 

Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store

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Più agile e funzionale al racconto del cibo. La guida vini dell’Espresso diventa appendice di quella dei ristoranti

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La svolta annunciata dal direttore Enzo Vizzari sul palco del Vinitaly, in occasione di un dibattito su Vino e Comunicazione. Come proporre un modello più agile e di facile comprensione nell’era del digitale? Stop alla “Bibbia” del vino, meglio un compendio dei migliori, organizzato per classifiche tematiche. Così dopo 18 anni di onorata carriera la guida vini dell’Espresso arriva al capolinea, e si trasforma appendice di quella dei ristoranti. Un altro tassello dei mille cambiamenti che il mondo dell’editoria – per definizione in difficoltà – ha subito e subirà in questi anni. 

 

Basta Bibbie del vino

L’annuncio ufficiale arriva al Vinitaly, in occasione di una chiacchierata sul palco con Oscar Farinetti. Ed Enzo Vizzari, direttore delle guide L’Espresso, si mostra sicuro nel pronunciare una sentenza che certamente non sarà priva di strascichi nel mondo degli addetti ai lavori: “Non ha senso pubblicare ogni anno una Bibbia di tutti i vini, basta una selezione dei 100 migliori per tipologia”. Così, durante un dibattito nello stand di Repubblica che ha visto coinvolta anche la sommelier Adua Villa, Vizzari introduce la svolta che porterà al nuovo corso della guida Vini edita dal gruppo L’Espresso, negli ultimi anni guidata da Andrea Grignaffini e Antonio Paolini, che alla fine di gennaio scorso abbandonava il suo ruolo di curatore passando al Gambero Rosso. L’edizione 2019 della guida, dunque, non ci sarà. O almeno non come l’abbiamo conosciuta finora. E invece confluirà all’interno della guida ristoranti, diventando un’appendice in più della pubblicazione più longeva in casa L’Espresso. L’idea la spiega il direttore sostenendo la necessità di evolversi e stare al passo con i tempi, riflettendo sul rapporto che corre tra pubblicazioni cartacee e online quando si tratta di raccontare il mondo del vino con autorevolezza. Del resto il tema del dibattito - Vino e comunicazione – è ampio quanto arduo da dirimere.

Un compendio più snello, insieme ai Ristoranti

Ma di una cosa si dice sicuro Vizzari: mai sottovalutare il ruolo di internet e dei social network. Di qui ad approdare alla conclusione che una guida vini non è più necessaria il passo decisamente non è breve, e certo sulla decisione devono aver pesato molte altre considerazioni. Però di sicuro, spiega Vizzari, c’è la volontà di realizzare un compendio più snello, cassando la reiterazione “di nozioni base, tecniche di degustazione, e decine di migliaia di assaggi e descrizioni delle cantine anno dopo anno”. Invece la nuova appendice comprenderà una lista dei migliori cento bianchi, cento rossi, cento bollicine e cento vini da meditazione, strizzando l’occhio a quelle classifiche che ormai vanno per la maggiore, in risposta alla necessità di semplificare la comunicazione (ma è sempre un bene?). E l’operazione, in casa L’Espresso, sembra tanto più naturale in virtù del legame che sempre di più unisce vino e cibo, elementi inscindibili di un’esperienza gastronomica che vive del rapporto tra le due componenti. Immediatezza e voglia di non prendersi troppo sul serio, dunque, sono le linee guida che orienteranno le future indicazioni sul vino del gruppo guidato da Vizzari, che quest’anno avrebbe celebrato la sua 19esima edizione, e già un paio d’anni fa, con l’edizione 2017 aveva rivisto le carte in tavola all’insegna della semplificazione, introducendo il modello delle classifiche (da bere subito, da conservare, da comprare) per guidare alla consultazione più agile. A ottobre scorso, nel presentare la guida vini 2018, Vizzari ne sottolineava il ruolo esaustivo e funzionale, “strumento bibliografico essenziale” per raccontare il vino in tutte le sue dimensioni. Ora evidentemente qualcosa è cambiato.

Summa 2018 report. I migliori assaggi dalla manifestazione della Tenuta Alois Lageder

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Summa è una manifestazione che, nonostante i 20 anni alle spalle e una crescita continua, continua a mantenere una dimensione intima e familiare. Perfetta per tasting di vini che hanno come punti focali, artigianalità e sostenibilità.

 

Tra i molti eventi che precedono la grande kermesse del Vinitaly, Summa è ormai diventato un appuntamento imperdibile per molti appassionati del mondo del vino che si ritrovano in Alto Adige. Dopo aver festeggiato l’anno scorso i 20 anni, la tradizionale due giorni organizzata da Alois Lageder negli storici spazi di Casòn Hirschprunn & Tòr Löwengang di Magré, ha proposto quest’anno una selezione di oltre 80 cantine provenienti da: Italia, Francia, Austria, Germania, Slovenia, Kazakhstan, Australia e Nuova Zelanda.

Un gruppo di produttori uniti da una comune filosofia, basata sui principi della sostenibilità ambientale e su un orientamento verso l’agricoltura biologica o biodinamica. Summa è una manifestazione dall’atmosfera unica, che per la sua particolare natura, si differenzia dai sempre più numerosi saloni del vino o dalle fiere commerciali. Nonostante sia cresciuta molto, ha saputo preservare intatta quella dimensione raccolta, quasi intima e familiare, che da sempre la caratterizza. Le due giornate nella Tenuta Alois Lageder conservano il volto di un momento d’incontro conviviale. Alla passione per il vino, si unisce il piacere di ritrovarsi in un luogo che rifugge la fretta, per riscoprire un senso del tempo scandito dai ritmi della natura e per avvicinarsi al calice e ascoltare la voce del vino con calma e tranquillità.

Le parole di Alois Clemens Lageder spiegano bene lo spirito dell’iniziativa: “Per me Summa rappresenta soprattutto un’occasione speciale, in cui vignaioli – molti dei quali sono amici di lunga data – giornalisti, operatori di settore e visitatori interessati s’ispirano reciprocamente, in un’atmosfera familiare e accogliente. L’enorme forza che nasce da questo incontro influisce sulle nostre idee e sul nostro lavoro quotidiano. Questa è l’essenza che accompagna Summa sin dal suo inizio”. Il sentimento di condivisione e di amicizia ha connotato profondamente anche quest’ultima edizione di Summa, contraddistinta da un ricco programma di degustazioni guidate, verticali, seminari, passeggiate nei vigneti, visite in cantina e assaggi dalle botti. Un modo completo di avvicinarsi e vivere il mondo del vino, per apprezzarne meglio tutti gli aspetti e le sfaccettature e non dimenticare il lavoro e l’impegno che c’è dietro ogni bottiglia.

I migliori assaggi stranieri

Le Cantine austriache e tedesche hanno offerto in degustazione Grüner Veltliner di buona qualità e molti Riesling d’annata, ancora troppo giovani per esprimere il loro potenziale. Vini in una fase in cui gli aspetti floreali e fruttati dominano il profilo varietale, in attesa dello sviluppo degli aromi terziari di pietra focaia, resina e idrocarburo, che li rendono tra i bianchi più affascinanti al mondo.

Interessanti i Pinot Noir della Cantina Schubert Wines, che coltiva le vigne in Nuova Zelanda, nella zona di Martinborough e Wairarapa, utilizzando una selezione di cloni francesi di Pommard e Dijon.

Una curiosità i vini del Kazakistan di Arba Wine, che oltre al Lagyl Arba Sapevari 2014 un po’ rustico e scontroso, ha proposto in degustazione l’insolito Pino Arba Pinot Noir 2013, da profilo fin troppo morbido e fruttato. Molte le etichette interessanti dei produttori di casa nostra.

 

E quelli italiani

Tra i bianchi ricordiamo il Colli Orientali Sauvignon Blanc DOC Primaluce 2015 di Aquila del Torre, che con il suo profilo raffinato e la sua nitida freschezza, interpreta perfettamente il fortunato binomio vitigno-terroir.

Il Trebbiano d’Abruzzo DOC Bio 2015 di Emidio Pepe, è vibrante e profondo, e percorre il palato con grande slancio e bella persistenza finale.

Sempre più convincente il Petrolo Bòggine Anfora 2016. Sei mesi di macerazione sulle bucce regalano un sangiovese di sorprendente finezza e armonia espressiva, con un profilo delicatamente floreale, di viola e petali di rosa. Il frutto è fragrante e delicato, i tannini domi e l’acidità equilibrata.

Sempre nel campo del sangiovese in purezza, è una piacevole conferma il Toscana IGT Le Pergole Torte 2015 di Montevertine, che pur in un’annata piuttosto calda, riesce a far prevalere l’eleganza sulla potenza, la finezza sulla ricchezza, disegnando una delle più belle espressioni del grande rosso di Toscana.

Pur giovanissimo, dimostra subito il suo valore l’Etna Rosso DOC San Lorenzo 2016 della Tenuta delle Terre Nere, un nerello mascalese che conquista per la finezza e l’armonia delle sue delicate note floreali e fruttate, che si stemperano in un finale sapido e pietroso.

Nasce nelle splendide terre di Riparbella il Toscana Rosso IGT Caiarossa 2013, un equilibrato blend di merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, syrah, sangiovese, petit verdot e alicante, che seduce per la straordinaria complessità e profondità espressiva, unite e eleganza e freschezza.

Un’anteprima il Barolo DOCG 2014 di Pio Cesare, che delinea nel calice il profilo di un’annata complessa, con un raffinato volto floreale, un frutto fresco e delicato e cenni balsamici che virano verso sfumature di erba menta e radice di liquirizia.

IlToscana IGT L’Apparita 2014 di Castello di Ama, interpreta un’annata non facile con un merlot dal frutto fragrante, note di violetta e spezie, attraversate da una vena di freschezza che regala un sorso sottile e persistente.

Tra i Pinot Noir si è distinto per finezza e complessità il Krafuss 2015 di Alois Lageder, un vino dal frutto elegante, impreziosito da lievi sfumature speziate.

Infine, chiudiamo con due cabernet franc in purezza; il Costa Toscana IGT Duemani 2015 e il Paleo Rosso 2014 di Le Macchiole, che mettono bene in luce l’eccellenza assoluta raggiunta da questo vitigno bordolese nell’entroterra del litorale toscano.

 

 

a cura di Alessio Turazza

 
 

Vinitaly 2018 report. Emidio Pepe e la grande verticale del 7

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Tutti in piedi per la famiglia Pepe. Non capita spesso di assistere a una standing ovation nel bel mezzo di una degustazione. Un tributo spontaneo alla serietà di un’azienda che ha portato il vino abruzzese nel mondo con una forza e un’energia senza eguali, amplificando la capacità di viaggiare nel tempo dei vini abruzzesi.

 

I vini di Emidio Pepe

Sono vini che trasportano, che spaccano le commissioni, che fanno discutere e riflettere sul metodo, sul momento storico. Poi, li testi sulla distanza e ci trovi dentro tanta verità. Una verità che è territorio, un carattere tenace e autentico, anche esuberante, accompagnato da una vitalità di fondo travolgente. Non tengono nel tempo, evolvono e trovano un nuovo equilibrio. Una differenza sostanziale, tanto sul terreno del Trebbiano quanto sulla partita del Montepulciano. E quest’aspetto le tre generazioni di famiglia l’hanno sempre rimarcato, messo in luce, portando anche nel più remoto banchetto sempre almeno un paio d’annate molto mature ad accompagnare le ultime uscite, a contestualizzare, a mostrare una continuità, una coerenza del percorso.

 

Emotional wines: un successo dentro e fuori i confini nazionali

Un lavoro, mettendoci sempre la faccia, che ha portato grandissimi riscontri, soprattutto all’estero: i vini di Pepe sono tra le etichette italiane più presenti nella ristorazione internazionale, con una straordinaria profondità di annate disponibili, a prezzi molto importanti. Basta vedere i lotti battuti nelle aste di New York. Di fatto, all’estero godono di una riconoscibilità ancora più forte che tra i confini nazionali: il 65% della produzione viaggia in oltre 40 Paesi. E in un contesto come quello del Vinitaly, che scatena la corsa ad assaggiare campioni di botte e prove di vasca, fare il punto su 50 anni produzione è un’esperienza ancor più intensa.

Emotional wines”, nelle parole di Jeff Porter, wine manager del gruppo Batali&Bastianich, che ha condotto la degustazione. In vero, c’è davvero qualcosa di viscerale in queste bottiglie di Montepulciano, frutto di 8 ettari vitati che danno le spalle al Gran Sasso e guardano l’Adriatico, che poggiano un strato di argilla a protezione del calcare. Hanno un carattere forte che porta una reazione altrettanto intensa, positiva o negativa che sia. In sala le tre generazioni: Emidio Pepe, munito di coppola e il solito sguardo fiero, le figlie Sofia, l’enologa di casa, poi Daniela e le nipoti Chiara e Gaia. Si parte dall’ultima vendemmia e si gioca con il numero della fortuna.

2017

Un cestino di ciliegie e visciole appena colte, ha una materia prima eccezionale per qualità e purezza. C’è grande maturità e densità; non è caduta una goccia tra aprile a settembre, un anno con rese spietate e una produzione scesa del 50%. La consistenza è quasi viscosa, il frutto voluminoso ma non vistoso; la bocca è ben contrastata da una sapidità elevata che avvolge la bocca, e ha un finale lunghissimo per un vino che sarà licenziato dalla cantina tra almeno tre anni. Chiusura di melograno pieno, tanto nel tratto aromatico, più fresco, che nella texture. Potenziale enorme.

 

2007

Altra annata calda, ma non torrida come la 2017. Si apre su un timbro tipico di fuliggine, di camino, poi terra bagnata e piccoli frutti rossi. La bocca è sinuosa. L'inizio è lento e morbido, su un frutto morbido e rassicurante, poi si vira su note speziate molto fini ma persistenti. Il finale ricorda lo zafferano, c'è una leggera coda alcolica e poi nuovo picco d’intensità fruttata molto ben ritmato.

 

1997

Il sette porta il calore anche negli anni ’90. Annata solare con un’ottima distribuzione delle piogge per un vino che dosa e abbina molto bene aspetto primario e terziario. Del tutto unica una sensazione agrodolce al palato, con sensazioni che ricordano la soia, ma anche un piccante di fondo e sensazioni carnose. Chiudiamo gli occhi e abbiamo messo il naso su un salame serio, stagionato il giusto. Bocca di grande piacevolezza, masticabile e reattiva. Mette una fame straordinaria.

 

1987

Annata a dir poco difficile, ricorda Sofia. Con rese scese anche qui del 50%: il numero fortunato colpisce ancora. Spicca per un profilo balsamico e fumé più accentuato, più scuro. Molto affascinanti le sensazioni di ginepro, resina e radice. Bocca un po’ più inchiodata sul timbro speziato, con qualche venatura animale più marcata e un andamento un po’ contratto. Lunga chiusura ma priva del cambio di marcia degli altri vini in batteria.

 

1977

Annata equilibrata e bilanciata, millesimo ideale per il lungo tragitto. Colore rubino ancora molto brillante che nasconde un soffio incantevole che ritroviamo dall’inizio alla fine. Profumi sottili di scorza d’arancia, di mandorla, di legno di quercia, di grafite. Bocca sontuosa, fresca, profonda, non mostra muscoli ma tanta stoffa pregiata, trama tannica particolarmente setosa ma tenace. Finale che sfugge e poi torna in maniera prepotente. E poi cambia, cambia, cambia nel bicchiere. È scattato l’applauso in sala, tutti in piedi davanti a un vino così.

 

1967

La seconda grande annata della decade insieme alla ’64. Il colore mostra le rughe: “è un lord britannico consapevole”, commenta Chiara. Mettiamo il naso nel bicchiere, ci ricorda caramelle d’altri tempi. Qualcosa che a Roma oggi si trova solo da Castroni, per dire, dalla Rossana o giù di lì. Profuma di mandorla, di noci, ma anche un frutto rosso dolce e morbido con una balsamicità del tutto particolare. Con l’aria prende forza, poi si ferma, riparte. Toni di fiori secchi ed erbe officinali, una venatura di rabarbaro. Poi di nuovo il frutto, la china. Ha ancora energia sul finale, che giocano con punte dolci e piccanti.

 

Guardo Emidio Pepe che è proprio davanti a me. Non ha detto una sola parola per tutta la degustazione. Ha sempre quello sguardo fiero e orgoglioso. Francamente contagioso. Così i suoi vini.

 

Emidio Pepe -Torano Nuovo (TE)- via Chiesi, 10 - 0861 856493 - http://www.emidiopepe.com/

 

a cura di Lorenzo Ruggeri

foto: Andrea Straccini

 

 

Cracco Confidential. Il docu-film sullo chef e sulla genesi del ristorante in Galleria

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Arriva in tv il documentario prodotto da Ruvido Produzioni al seguito di Carlo Cracco nell'ultimo anno di lavori in Galleria, dalla chiusura di via Hugo all'inaugurazione del nuovo ristorante. In mezzo tanti momenti difficili e motivi di soddisfazione, le aspettative per il futuro e il ricordo degli inizi in cucina. In onda il 18 aprile su NoveTv. 

 

L'ultimo anno di Carlo Cracco

L'ultimo anno di Carlo Cracco è stato così movimentato da sembrare un film. E non è da escludere che per primo lo chef vicentino - a cavallo tra l'abbandono di Masterchef, il cantiere per portare a termine il faraonico progetto in Galleria, la macchia di una stella persa da riconquistare, il coronamento del matrimonio con Rosa rubricato tra gli eventi più mondani degli ultimi mesi a Milano – abbia più volte provato la sensazione di trovarsi su un set. Lui che alle telecamere deve la fama conquistata presso il pubblico generalista, icona di stile e modello di star chef che molti hanno provato a imitare, oggi lontano per scelta dal mondo della tv (perlomeno quello di Masterchef, ma ora si dice pronto ad abbandonare anche Hell's Kitchen, il format che forgia aspiranti executive chef), per concentrarsi su una realtà di ristorazione che insieme è progetto di vita, e vive con (e per) la città. Ma c'è spazio per presentarsi ancora una volta al pubblico del piccolo schermo, mercoledì 18 aprile, alle 21.25 su NoveTv, con un racconto che non prevede effetti speciali, suspance e sguardi torvi seppur cristallini: un diario di viaggio che ripercorre l'ultimo anno in Galleria, fotografo Carlo Cracco nell'intimità di casa, indaga le origini della sua passione per la cucina.

 

Cracco Confidential. Il film

Cracco Confidential, e il titolo del docu-film prodotto da Ruvido Produzioni per Discovery Italia sembra calzante, è tutto questo. 60 minuti per entrare nel mondo di Carlo Cracco, quello che è stato in passato – con il doveroso omaggio al maestro Gualtiero Marchesi – quello che è cresciuto negli ultimi mesi, lo stesso che oggi si proietta verso il futuro. Con lui, nella vita e sullo schermo, la moglie Rosa Fanti e il braccio destro Luca Sacchi, ma anche chi lo accompagna in cucina, i ragazzi della brigata e il personale di sala che permettono di gestire la macchina ambiziosa in Galleria. E poi gli architetti che hanno dato forma allo spazio, esaltandone la storia nel segno di una ricercatezza che non ha paura di perdersi nella dovizia di particolari, Laura Sartori Rimini e Roberto Peregalli. Oltre agli amici di sempre, cronisti dell'uomo oltre lo chef.

 

Il racconto di uno chef

Una storia che procede convinta sulla direzione tracciata dal filone Chef's Table – in fondo un altro modo, estremamente efficace, di costruire una mitologia degli chef – che proprio in questi giorni regala agli abbonati di Netflix l'opportunità di scoprire la Sicilia di Corrado Assenza, nella serie spin off dedicata ai pastry chef. Cracco Confidential, però, è la prima produzione italiana del genere, e prende le mosse da una situazione di stress - “un'esperienza catartica” l'ha definita Cracco – per riflettere sulla realtà di un cuoco all'apice del successo. Dentro c'è anche molta Milano, e l'esigenza di Cracco di vivere da protagonista la sua città adottiva, aspirazione condivisa col suo maestro: "Il desiderio di Marchesi era andare in Galleria: forse il mio rammarico più grande è non averlo qui con noi per fargli vedere questo ristorante", ha raccontato lo chef in conferenza. Dopo la messa in onda italiana, il documentario è già pronto a intraprendere il circuito internazionale.

 

a cura di Livia Montagnoli

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