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Salumi da Re 2018. La grande festa norcina che animerà la tre giorni all’Antica Corte Pallavicina

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L’appuntamento con la quinta edizione della festa dedicata alla norcineria italiana è dal 7 al 9 aprile. Come ogni anno il Gambero Rosso e i fratelli Spigaroli hanno radunato a Polesine Parmense eccellenze del settore, ognuna con la propria storia. E sono moltissime le opportunità per approfondire la conoscenza di un universo affascinante, tra convegni e assaggi golosi. 

Conto alla rovescia per Salumi da Re 2018

Il countdown è quasi terminato: Salumi da Re, l’annuale raduno di norcini, allevatori e salumieri organizzato dal Gambero Rosso e dai fratelli Spigaroli, spegne cinque candeline con questa edizione 2018. Dal 7 al 9 aprile, sempre nella suggestiva Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense (frazione di Polesine Zibello), la salumeria nazionale si riunirà per tre giorni di convegni, approfondimenti e numerosi assaggi. Ma soprattutto per tre giorni di festa, che porteranno sul Gran Palco del Maiale esperti del settore a ogni livello – dai produttori ai pizzicagnoli, dagli allevatori ai comunicatori – e autentici protagonisti del panorama gastronomico italiano, tra i quali lo chef Fulvio Pierangelini, ospite d'eccezione della manifestazione per raccontare il ruolo che i salumi hanno avuto nella sua cucina (anche se, nel mito, il suo nome è legato alla cucina creativa di mare.

 

Da Fulvio Pierangelini alla gara di taglio del prosciutto

Con lo chef, molto legato ai fratelli Spigaroli, abbiamo approfondito i motivi della sua partecipazione nell'intervista di qualche settimana fa: a Polesine salirà sul palco anche per raccontare come il lardo di cinta abbia avuto un ruolo di rilievo ai tempi del Gambero Rosso (compresa un'incursione nel dessert!). Ma protagonisti saranno anche giovani appassionati desiderosi di mettersi alla prova, che partecipando al concorso “Il panino teen-ager: una cosa buona tra le mani” (sabato 7 alle ore 13.30), daranno il via al programma di appuntamenti. Dal primo all’ultimo, un viaggio attraverso i migliori salumi e le affascinanti storie che raccontano, che si avvicenderanno sul Gran Palco del Maiale, per una maratona di incontri serrati (qui ve li raccontiamo nel dettaglio) sugli argomenti più caldi, condotti da Mara Nocilla, giornalista del Gambero Rosso e curatrice per l'editore della guida Grandi Salumi. Ad accompagnarla, ci saranno Giorgio Melandri (giornalista enogastronomico, collaboratore della nostra guida Vini d’Italia) e Mauro Pellegrini (presidente dell’UDB). Ma non mancheranno i momenti di adrenalina, con la spettacolare Gara di taglio del prosciutto, a mano e a macchina, giunta alla sua seconda edizione. Lunedì 9 aprile, infine, Salumi da Re incontrerà “Cento mani di questa terra”, festa annuale organizzata da Chef to Chef Emilia Romagna Cuochi, associazione che riunisce cuochi e produttori della regione.

Ecco tutte le Aziende protagoniste della manifestazione

Salumi da Re - Antica Corte Pallavicina, Polesine Zibello (PR) - dal 7 al 9 aprile 2018 - www.salumidare.it


Prodotti del mese. Aprile, gli asparagi del futuro e la ricetta di Giuliano Baldessari

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Più produttivo, più resistente alle malattie, agli insetti e ai cambiamenti climatici, più nutriente e per lo più di sesso maschile. È l'asparago del futuro secondo i ricercatori Crea del centro di Genomica e Bioinformatica. Diamo il benvenuto ad aprile con questa ricerca sugli asparagi e una ricetta di Giuliano Baldessari, chef di Aqua Crua a Barbarano Vicentino.

 

Ad aprile la natura torna a splendere. Non solo nei colori degli alberi in fiore, ma anche con sapori e odori che arrivano dai banchi del mercato. Questo mese, tra le tante novità, arrivano gli asparagi. Che sono stati oggetto di una grande scoperta ad opera dei ricercatori Crea del centro di Genomica e Bioinformatica.

La ricerca di Crea

L’asparago oggi non ha più segreti. Un team di ricercatori Crea del centro di Genomica e Bioinformatica ne ha infatti decodificato il genoma, un passo avanti che consente di individuare in maniera puntuale le caratteristiche agronomiche, nutraceutiche e fisiologiche, riconoscendo quelle migliorabili attraverso l’impiego delle nuove tecnologie. Pensiamo per esempio alla precocità, la dimensione, la presenza di antiossidanti, la resistenza ai patogeni o agli stress ambientali, le richieste del mercato. Non solo, la decodifica ha permesso di individuare i geni implicati nella determinazione del sesso dell’asparago, una variabile importante per la produzione commerciale. Vediamo perché con il ricercatore del Crea Giuseppe Leonardo Rotino.

L'asparago ermafrodita che consente la decodificazione del genoma

Il Crea di Genomica e Bioinformatica di Montanaso Lombardo (ex Unità di Ricerca per l’Orticoltura) si occupa fin dalla seconda metà degli anni '70 di miglioramento genetico dell’asparago. Mentre il progetto riguardante il sequenziamento del genoma e lo studio del determinismo sessuale è stato avviato nel 2010 prendendo spunto dall’incontro tra il Prof J. Leebens-Mark (University of Georgia, USA), il Dr. Falavigna (Crea) e il prof F. Sunseri (Università di Reggio Calabria). Questi ultimi avevano scoperto un mutante ermafrodita nella vasta collezione del Crea, cioè contenente nello stesso fiore sia gli organi maschili che femminili completamente fertili, e dunque in grado di autofecondarsi - per comprendere l'importanza del ritrovamento è necessario sapere che l’asparago di norma presenta piante maschili e piante femminili distinte, che per formare il frutto e il seme, necessitano di essere impollinate da un’ape - Una scoperta molto importante per dare l’avvio alla ricerca dato che l’ermafroditismo è un carattere trasferibile che semplifica l’analisi genetica”. La decodificazione del genoma consente infatti di individuare il sesso nelle piantine senza aspettare la fioritura. Il che, in termini commerciali, si traduce in un vantaggio tangibile:“Il vantaggio principale è la possibilità di utilizzare marcatori molecolari per identificare precocemente il sesso delle piante con la possibilità di distinguere le piante maschili (XY), femminili (XX) ed i supermaschi (YY), privilegiando così le piante maschili”. Uno dei motivi per cui nelle coltivazioni commerciali sono preferite le piante maschili è proprio dovuto al fatto che i maschi non producono frutti e semi. Infatti, essendo la parte edule il turione (cioè una parte vegetativa, il giovane germoglio), la formazione di frutti e semi significa utilizzare una parte delle risorse create con la fotosintesi per formare frutti e semi, cioè organi che non hanno alcun valore commerciale.

Il miglioramento genetico

Nel lungo periodo i vantaggi sono altri: “L’ermafrotismo potrà essere utilizzato “dietro le quinte”, nell’attività di miglioramento genetico; infatti, il carattere ermafroditismo può consentire l’autofecondazione che è biologicamente e tecnicamente impossibile nel normale asparago. Il carattere “ermafroditismo” può essere trasferito in qualsiasi background genetico; la possibilità di utilizzare il polline della medesima pianta per fecondare le proprie cellule uova (autofecondare) consente di poter semplificare l’analisi genetica di caratteri agronomici chiave e di sviluppare popolazioni di breeding e di mapping altrimenti impossibili da ottenere. Questo permette di adoperare schemi di miglioramento genetico che agevolano l’individuazione di marcatori molecolari e l’isolamento di geni utili e di fissare più facilmente i caratteri utili”. Il che renderà più efficiente il lavoro di selezione che permette di ottenere nuove varietà di asparago in grado di renderlo più resistente e di soddisfare le richieste di un consumatore sempre più esigente.

L'asparago del futuro

L’attività di miglioramento genetico è finalizzata a ottenere un asparago che garantisca un'elevata e stabile produzione, quindi che sia adatto alle varie condizioni pedoclimatiche (per esempio mancano varietà idonee agli ambienti di coltivazione del Sud Italia), che migliori in precocità e fornisca una produzione con un'elevata percentuale di turioni (la parte edule), e che a loro volta questi siano resistenti alla sfioritura”. O ancora, i ricercatori stanno lavorando sulla resistenza a ruggine e stemfiliosi, e sulla tolleranza agli insetti.“In tempi più lunghi, la disponibilità del genoma dell’asparago permetterà di ottenere prodotti più salubri, nutritivi e produttivi e maggiormente resistenti e tolleranti agli stress biotici e abiotici con minore necessità di input chimici e fabbisogno d’acqua, migliorando quindi anche la resilienza della coltura per fronteggiare i cambiamenti climatici”.

Certo, la decodifica del genoma dell'asparago non rimarrà circoscritta all'asparago, “avrà delle ricadute sulla coltivazione in generale perché è un passo fondamentale per poter comprendere le basi genetiche di importanti caratteri agronomici (precocità, dimensione sfioritura e colorazione del germoglio/turione), nutraceutici (antiossidanti) e fisiologici (resistenza e tolleranza ai patogeni ed a stress ambientali)”.

Germinazione (il piatto con gli asparagi) di Giuliano Baldessari

Germinazione di Giuliano Baldessari

Come sempre diamo il benvenuto al mese con una ricetta, questa volta quella di Giuliano Baldessari, chef di Aqua Crua a Barbarano Vicentino.

Ingredienti per la salsa

100 g spaghetti di mare (alghe)

40 g parmigiano reggiano

Zenzero fresco tritato q.b.

70 g olio di vinacciolo

2 g olio all’aglio

Sale q.b.

Salsa di soia q.b.

5 g tartufo nero pregiato

Scorza di limone

Acqua

Sciacquare bene in abbondante acqua gli spaghetti di mare e cuocerli partendo da acqua fredda fino a quando non raggiungono l’ebollizione. Raffreddarli, scolarli bene ed emulsionarli con tutti gli ingredienti tranne che il tartufo e il limone che andranno aggiunti solo alla fine. Emulsionare fino a ottenere una maionese.

Per gli asparagi

4 asparagi bianchi

4 asparagi verdi

Mondare e pulire delicatamente gli asparagi e tenerli in acqua fino al momento del servizio.

Asciugare e condire gli asparagi con olio e sale. Mettere la salsa di alghe nell’apposito piatto con una sac a poche e infilare l’asparago crudo nell’apposito spazio. Servire con un tovagliolo umido, caldo e aromatizzato.

 

a cura di Annalisa Zordan

Nuovi bandi dal settore agroalimentare: 70 milioni per i giovani agricoltori, il Mipaaf contro lo spreco

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Ismea stanzia 70 milioni per incentivare il primo insediamento agricolo per giovani tra i 18 e i 41 anni di età. Mentre il Mipaaf promuove un nuovo bando contro lo spreco alimentare: si cercano progetti innovativi capaci di ridistribuire risorse e limitare la produzione di eccedenze. Come partecipare. 

Il ritorno alla terra

Da qualche anno a questa parte, il ritorno alla terra non è più un’utopia, e coinvolge pure una generazione che non necessariamente è cresciuta in campagna, ma sa di potersi confrontare con il lavoro agricolo con spirito rinnovato e nuovi strumenti a disposizione. Del resto se la vocazione rurale dell’Italia non è mai stata messa in dubbio, l’apporto di giovani forze (e idee) contribuisce a rilanciare il settore. Ma il bando Ismea istituito per il terzo anno consecutivo per finanziare il primo insediamento in agricoltura ha il duplice obiettivo di favorire da un lato l’accesso alla terra dei giovani imprenditori, dall’altro di alleggerire una situazione occupazionale che continua a preoccupare su base nazionale. Negli ultimi due anni sono stati più di 150 i giovani che hanno abbracciato l’imprenditoria agricola grazie all’aiuto finanziario stanziato da Ismea, circa 116 milioni di euro che hanno interessato un totale di 6mila ettari e contribuito alla creazione di 450 posti di lavoro. Per il 2018 la cifra a disposizione ammonta a 70 milioni di euro, suddivisi in 2 lotti: 35 per il Centro Nord, 35 per il Sud e le isole; e il bando chiama a partecipare i giovani di età compresa tra i 18 e i 41 anni che vogliano investire in agricoltura per la prima volta, e potranno usufruire di mutui a tasso agevolato per comprare un’azienda agricola.

 

Il bando Ismea. Chi può partecipare

La domanda, da presentare tramite sportello telematico Ismea entro l’11 maggio 2018, dovrà contenere un Piano di Sviluppo razionale, che dimostri la sostenibilità economica, finanziaria e ambientale del progetto. Chi beneficerà del fondo dovrà avviare il piano entro 9 mesi dalla proclamazione e portarlo a termine entro 5 anni dalla data dello stanziamento, pena la decadenza del contributo. E la candidatura è soggetto al possesso di requisiti specifici che precisano l’identikit del futuro imprenditore agricolo, che dovrà dimostrare di aver maturato adeguate competenze professionali: una laurea in indirizzo agrario, un titolo di scuola media superiore in campo agrario, un corso di formazione professionale o un’esperienza lavorativa di almeno 2 anni come lavoratore agricolo (con una deroga che ammette al bando anche chi, sprovvisto di tali qualifiche, si impegni a maturarle entro 36 mesi dal finanziamento).

 

Il Mipaaf contro lo spreco

Intanto il Ministero delle Politiche Agricole ha appena attivato un nuovo bando contro lo spreco alimentare, che segue l’iniziativa varata nel 2017 per promuovere i progetti legati alla lotta allo spreco. 700mila euro stanziati dal Mipaaf per selezionare a livello nazionale le idee innovative che incoraggino il recupero delle eccedenze alimentari (alla fine del 2017, la prima tornata aveva portato a scegliere i 10 più meritevoli). I progetti dovranno essere presentati entro il 10 maggio 2018, ciascuno potrà ricevere fino a un massimo di 50mila euro, e sarà valutato “in base a innovatività, applicabilità, classi di prodotti e platea interessata, con orientamento al recupero delle eccedenze ai fini dell'alimentazione umana e, in particolare, alla distribuzione agli indigenti ed eventuali forme di pubblicità”. Possono candidarsi al bando università, organismi di diritto pubblico, associazioni, fondazioni, consorzi, società e imprese individuali; ma pure reti di imprese o start up, come l’ultima che di recente vi abbiamo raccontato, la frutta di Bella Dentro a Milano (mentre qui trovate i 10 progetti premiati dal Mipaaf per il bando 2017).

 

Il bando Ismea 2018

Il bando Io non spreco 2018

 

a cura di Livia Montagnoli

Our Syria. Recipes from home. La cucina del ricordo contro la diaspora culturale: a Firenze per Middle East Now

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Nona edizione per il festival sul Medio Oriente promosso da Map of Creatione a Firenze. Tante le proiezioni cinematografiche e gli incontri culturali, e consueto focus sul cibo come veicolo di condivisione. Quest’anno la scena è per la Siria, e le due autrici del libro Our Syria, che nel mondo portano la storia di donne che hanno perso per sempre la propria casa. E la ritrovano in cucina. 

Middle East Now. Il festival

Firenze chiama, il Medio Oriente risponde. È una moderna rotta culturale quella tracciata nel Mediterraneo dei giorni nostri dal festival Internazionale sul Medio Oriente e il Nord Africa che per una settimana trasforma il capoluogo toscano in centro d’accoglienza di stimoli creativi interculturali, tra cinema, mostre ed eventi speciali. Middle East Now è la rassegna organizzata dall’associazione Map of Creation (direzione artistica Lisa Chiari e Roberto Ruta) per stimolare la riflessione sull’integrazione culturale attraverso l’espressione artistica, in un contesto di condivisione che riunisce ospiti da tutto il bacino mediterraneo. Giunto alla nona edizione, quest’anno il festival andrà in scena dal 10 al 15 aprile, proponendo un cartellone ricco di spunti per raccontare il Medioriente contemporaneo e le sue difficoltà, mentre in Siria preoccupa l’escalation pressoché incontrollata di violenza e dolore, filtrata da comunicazioni parziali e poco efficaci. A Firenze, invece, la chiave di lettura è quella della comunicazione, perché l’informazione è democrazia, e i social network – se usati a proposito - sono potenti alleati di questa rivoluzione pacifica.

Hashtag. Condivisione è la parola chiave

E quindi è Hashtag la parola chiave dell’edizione 2018 di Middle East Now, alla ricerca delle parole più seguite nei diversi ambiti di approfondimento del festival: “Le notizie più seguite, i piatti più fotografati, i politici più twittati, le città più raccontate, i libri più letti, gli attori e registi più amati. Un viaggio tra storie e volti, personaggi e temi caldi di attualità” recita il manifesto della nona edizione, che coinvolgerà per la prima volta anche il teatro. Diversi gli spazi interessati in città, il Cinema La Compagnia e il Cinema Stensen, il Teatro Cantiere Florida e la FSM Gallery, il BUH Circolo Ricreativo Urbano e la Scuola Cordon Bleu, con matinee, proiezioni pomeridiane e serali, e diversi appuntamenti speciali in calendario, dall’esibizione dell’unica band rock metal dell’Afghanistan (protagonista pure del documentario che chiuderà il festival, Rockabul) al corso di introduzione alla lingua araba, al teatro con Fabrizio Gifuni, protagonista di White Rabbit Red Rabbit, testo teatrale dell’iraniano Nassim Soleimanpour, tradotto in 20 lingue e rappresentato dal 2011 sui palchi di tutto il mondo. Ma ci sarà spazio per una libreria installazione progettata dagli architetti di Archivio Personale, per raccontare attraverso i suoi autori gli anni turbolenti del mondo arabo; e un focus della programmazione cinematografica sarà dedicato proprio alla Siria, con la proiezione di film e corti che ripercorrono gli ultimi tragici 7 anni di guerra che hanno stravolto il Paese, fino all’ultimo potente documento del regista siriano Talal Derki, Of Fathers and Sons, premiato dalla giuria al Sundance Film Festival. Di Siria si parlerà sul palco, insieme a giornalisti, scrittori, registi e attivisti.

Our Syria. Ricette di casa

Ma anche a tavola, grazie al consueto spazio che la manifestazione riserva al cibo e alla sua valenza culturale. Giovedì 12 aprile, dalle 19.30, al Cinema La Compagnia andrà in scena la cucina siriana, con le ricette di Dina Mousawi Itab Azzam, autrici del libro Our Syria. Recipes from home. Una narrazione che imbandisce la tavola di specialità mediorientali, spezie e colori, ma è soprattutto un racconto di resilienza, e attaccamento alle proprie radici, di donne che in cucina cercano di esorcizzare la paura e lottare contro la distruzione della loro cultura. Non a caso Our Syria, edito alla fine del 2017, è diventato un best seller culinario (in Inghilterra sold out, ancora non tradotto in italiano), portando alla ribalta le storie di donne siriane come Hala, Mona, Shaima, e tante altre, che hanno accettato di condividere col mondo le ricette di famiglia e i profumi di una casa che si sono lasciate alle spalle per andare incontro a un destino incerto, portando con sé il ricordo di una vita normale, e della cucina di tutti i giorni. Le autrici (da tempo a Londra, dove hanno concepito il libro) hanno raccolto le ricette tra Beirut e Berlino, condividendo i ricordi di rifugiate siriane, cucinando con loro e aiutandole nel percorso di elaborazione del cambiamento, alla ricerca degli ingredienti giusti per evocare il ricordo di casa, melograni, limoni, pomodori, a centinaia di chilometri di distanza dalla Siria. I piatti sono quelli tipici di una cultura gastronomica da sempre aperta alle suggestioni in arrivo da oriente (dall’Iraq alla Turchia, alla Cina) e occidente, dal kibbeh al kebab di amarena, dai falafel al dolce di cocco e semolino. Presenti al festival, Dina Mousawi e Itab Azzam saranno protagoniste anche sabato 14 aprile, con la lezione di cucina alla Scuola Cordon Bleu (dalle 10.30) e l’aperitivo della sera al Cinema La Compagnia, con la cucina siriana di casa.

Middle East Now - Firenze - dal 10 al 15 aprile 2018 - www.middleastnow.it

 

 

a cura di Livia Montagnoli

Vinitaly 2018. Temi, parole chiave e tutte le anticipazioni

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Manca poco alla 52° edizione di Vinitaly. Qui le anticipazioni e gli appuntamenti del Gambero Rosso.

 

15 – 18 aprile: sono date che gli appassionati di vino avranno segnato in agenda già da un po'. Per i pochi che invece non sanno di cosa stiamo parlando, sono i giorni nei quali si svolgerà la 52° edizione di Vinitaly. L’appuntamento di Verona non è più soltanto una fiera, ma uno snodo del mondo del vino italiano che punta all’internazionalizzazione.

Vinitaly e la sua pubblicazione

Vinitaly non è più soltanto una fiera, ma un hub per il vino italiano che offre alle aziende e a chi opera nel settore una serie di servizi attivi durante tutto l'anno (Vinitaly International, OperaWine, Vinitaly Wine Club, Vinitaly International Academy, Wine2Wine). Rispetto a tutto questo la componente fieristica rappresenta solo il momento culminante. In più nel 2017 si è aggiunta anche una pubblicazione: la “5 Star Wines: The Book”, prima guida edita da un salone del vino, realizzata per offrire agli operatori un ulteriore strumento di busines. Business che viene agevolato quest'anno anche dal nuovo strumento di consultazione e ricerca digitale, un catalogo on-line che diventa portale interattivo per facilitare la ricerca dei professionisti.

I numeri

Lo scorso anno i padiglioni di Veronafiere hanno ospitato 4.300 espositori provenienti da 30 Paesi, stand presi d'assalto da un pubblico di 128mila professionisti di settore, dei quali 48mila (il 37,5%) da ben 141 nazioni, un numero in crescita dell'8% rispetto all'edizione 2016. Le presenze straniere crescono non solo tra i visitatori, ma anche tra gli espositori: quest'anno l'International Wine Hall (pad. D) si arricchisce di una collettiva di cantine dalla Croazia e di uno stand dalla Georgia, che allestirà i propri spazi con le tradizionali anfore di terracotta. A queste si aggiungono vecchi e nuovi espositori da Francia, Spagna, Portogallo, Azerbaijan, Argentina, Australia, Ungheria, Stati Uniti. Non mancheranno nemmeno i liquori: il Pisco dal Perù, una collettiva giapponese dedicata al sakè e, novità assoluta, bevande liquorose perfino dall'Etiopia. Crescono anche gli spazi dedicati ai produttori biologici, biodinamici e artigianali, ospitati nel padiglione 8. Stiamo parlando del ViViT (Vigne Vignaioli Terroir), della collettiva della FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) e del VinitalyBio, tra gli stand più frequentati della manifestazione, e che proprio per questo cresceranno in superficie.

Verona vista dall'alto

Sol&Agrifood e Vinitaly and The City

Come ogni anno, inoltre, in contemporanea col Vinitaly si svolgerà il Sol&Agrifood, il Salone Internazionale dell'Agroalimentare di Qualità, una vetrina per pasta, salumi, specialità dolciarie, formaggi birre, caffè e soprattutto olio extravergine di oliva, vero protagonista del padiglione con un nutrito programma di degustazioni guidate e con l'Evo Bar, un'area dedicata agli oli vincitori del concorso Sol d'Oro, concorso internazionale giunto alla sua XIX edizione.

Ma oltre al business e agli affari, il Vinitaly sarà un'occasione concreta per vivere l'enogastronomia a 360° grazie al fitto programma che Veronafiere ha pensato per Vinitaly and The City (13 – 16 aprile): i luoghi più affascinanti del centro storico scaligero (ma ci saranno iniziative anche a Bardolino e Valeggio sul Mincio) diventeranno un percorso in cui ogni tappa avrà una forte connotazione regionale e in cui ogni territorio proporrà la sua arte, i suoi luoghi, i suoi prodotti enogastronomici, i suoi personaggi e gli artisti. In tal senso non vi perdete, nelle ultime pagine di questo giornale, tutte dedicate ad un ampia guida sul mangiare e bere bene a Verona. Da utilizzare durante Vinitaly e non solo.

Gambero Rosso a Vinitaly

Gambero Rosso è al Vinitaly con il suo stand (Padiglione 9 – C16) e con la grande Degustazione Tre Bicchieri domenica 15 aprile dalle 11.30 alle 16.30, nella Sala Argento del PalaExpò (ingresso A2). Le etichette premiate sulla trentunesima edizione della guida Vini d'Italia – ben 436 recensite con il massimo riconoscimento – saranno protagoniste per un giorno dei banchi d'assaggio del Vinitaly. Come di consueto ci saranno i Premi Speciali (miglior rosso, miglior bianco, migliori bollicine e dolce dell'anno), i Tre Bicchieri sotto i 15 euro e i Tre Bicchieri Verdi, quelli prodotti da uve di vigneti di coltura biologica o biodinamica.

Non solo Vino. A Verona nello spazio della Fiera dove si svolge Vinitaly, è anche il tempo dell’extravergine italiano cui è dedicato il Salone dell’Olio di Oliva (Sol). È l’occasione per avvicinarsi a uno dei prodotti cardine della tradizione gastronomica e agroalimentare italiana, che come il vino raccontano i territori e le storie delle persone che ci vivono. Lunedì 16 aprile, nel primo pomeriggio nella Sala Vivaldi del PalaExpò, il Gambero Rosso presenta in anteprima la guida Oli d’Italia 2018. È la pubblicazione che racconta e giudica i migliori extravergine made in Italy con circa 500 aziende recensite e quasi un migliaio di etichette degustate. Durante la manifestazione vengono anche consegnati gli attestati alle aziende che con le loro etichette si sono aggiudicate i Premi Speciali 2018.

 

www.vinitaly.com

foto di apertura Ennevi-Veronafiere

 

 

L'articolo completo è uscito nel numero di marzo del Gambero Rosso, chepotete trovare in versione digitale su App Store o Play Store

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Comprare etnico a Milano. I market orientali proliferano in città: da Kathay a Chineat, a Oriental Milano

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Mangiare etnico a Milano, e di qualità, si può. Probabilmente come in nessun altra città d'Italia. Ma anche il commerico di prodotti orientali ed esotici non è da meno. Così sul modello del grande food market Kathay aprono insegne dedicate a stranezze e curiosità alimentari di ogni tipo. Il nostro tour in cerca di specialità orientali. 

La cucina etnica a Milano

Tra le grandi città d'Italia, indubbiamente è Milano a condurre le danze quando si parla di cucina etnica. Capace negli ultimi anni di attrarre visitatori in arrivo da ogni parte del mondo, il suo respiro internazionale piace pure ai grandi gruppi stranieri, che nel capoluogo lombardo investono con frequenza crescente. Il risultato evidente è il debutto italiano di celebri catene di ristorazione internazionale, da Toridoll – con le sue botteghe del ramen – a Wagamama, che prima dell'estate aprirà un grande locale a pochi metri dal duomo, al fast food filippino Jollibee, che nelle ultime settimane ha fatto molto parlare di sé. Per altro verso sono le insegne gourmet a fare della ristorazione etnica meneghina un fiore all'occhiello dell'offerta gastronomica locale: da Wicky's a Iyo, passando per Gong e Pacifico. Senza contare le numerose interpretazioni della cultura nipponica a tavola, l'apripista Casa Ramen e il nuovissimo Kanpai, Sakeya e la gastronomia Yamamoto (ma la lista è ben più nutrita). Certo è che non si può parlare di etnico a Milano senza addentrarsi nella China town di via Paolo Sarpi, diventata meta d'attrazione cittadina, specie per le numerose tavole autentiche che si avvicendano sul corso principale e nelle strade limitrofe. Campione del quartiere è Agie Zhou, imprenditore illuminato che si è fatto conoscere con la mitica ravioleria take away, e ora ci prova a piazzale Loreto con Le Nove Scodelle e la cucina fermentata del Sichuan. Anche alla luce del proliferare di insegne che interpretano la cucina orientale – e soprattutto per il successo trasversale che queste tradizioni gastronomiche incontrano in maniera crescente, anche tra le mura di casa - va letto il successo dei market multietnici che aprono uno dopo l'altro in città. E non parliamo di botteghe di scarsa ambizione o piccoli locali di dubbia legalità che accomunano gran parte delle città italiane, ma di veri e propri supermercati dell'etnico, che allineano scaffali ricolmi di specialità esotiche e rarità gastronomiche, spesso frutto di grandi investimenti.

Kathay

Pioniere del genere è stato Kathay, che al pubblico si è presentato sin dall'inizio, e specie dopo il trasloco di fine 2016, come il più grande e fornito food market multietnico della Penisola. Il locale attuale ha ereditato l'attività già consolidata in via Rosmini, ripensando gli spazi in modo più moderno e funzionale nella sede di via Canonica, zona Paolo Sarpi. Grandi insegne rosse a segnalarlo da lontano, il supermercato si sviluppa su due livelli e copre mille metri quadri tra prodotti bio, spezie e tè al piano inferiore, prodotti conservati e freschi, drogheria, bevande alcoliche e surgelati al secondo piano (più una sezione per l'oggettistica e i casalinghi, tra stoviglie, bacchette e complementi d'arredo in stile). L'offerta è pressoché pantagruelica, con prodotti in arrivo da tutto l'Estremo Oriente (Cina, Giappone, Thailandia, Filippine, Corea), l'India, il Medio Oriente e l'America Latina. Vastissima la selezione di spezie, Kathay è anche il paradiso per gli amanti delle salse esotiche, dalla teriyaki giapponese alla pad thai, al condimento giusto per le preparazioni al wok.

E poi ampia sezione per sake, birre e distillati dal mondo, gelati al mochi, ortaggi esotici. Con possibilità di ordinare online e orario continuato, da mattina a sera. Ma Kathay ha fatto scuola.

 

Chineat

Proprio su via Paolo Sarpi, un paio di mesi fa, ha inaugurato Chineat, un nome, un programma. Specializzato in prodotti orientali, anche il nuovo market si sviluppa su due livelli, ma copre spazi più ridotti. A scaffale prodotti freschi, alghe, mochi, noodle, riso, cereali, sake e birre. Ben fornito il reparto surgelati, con ravioli cinesi e udon, mentre il piano inferiore è riservato alla selezione di tè e tisane e all'oggettistica. Come da consuetudine, prezzi competitivi e alta probabilità di perdersi tra sacchetti di patatine dai gusti improbabili e curiosi snack in confezioni fluorescenti.

Gaghe

Ben precedente è la scommessa di Gaghe, in via Piacenza (Porta Romana), inaugurato alla fine del 2016 da una coreana che a Milano ha voluto importare la sua cultura gastronomica (ma il negozio vende anche specialità giapponesi). Dimensioni più ridotte – al pari di una bottega ben fornita – ma ampio assortimento di curiosità alimentari, dagli spaghetti di riso alle patatine al wasabi, alle alghe essiccate da sgranocchiare. Salse coreane immancabili, kimchi, gnocchi di riso, ravioli surgelati e piatti già pronti come pollo in agrodolce e ramen. Ma anche kit per onigiri, cioccolato al matcha e dolciumi di ogni tipo (con buona pace dei salutisti).

Oriental Milano

Fresco di inaugurazione, invece, in via San Gregorio (Buenos Aires) è arrivato il concept store di Oriental Milano, un po' market, un po' gastronomia (soprattutto take away) concentrato chiaramente sulla cucina orientale. A scaffale prodotti alimentari confezionati e utensili da cucina, da mangiare sul posto o a portar via piatti della cucina cinese e giapponese. Più uno spazio destinato agli eventi, in calendario per presentare i nuovi prodotti disponibili per l'acquisto, come il gelato e i prodotti surgelati, la radice di wasabi, polvere di yuzu e alga kombu bianca, la soia fermentata (natto), la base per preparare i gyoza homemade.

Ma anche riso giapponese organico e noodle del distretto di Nagasaki (goto tenobe udon), sake e birra artigianale Musashino, per una selezione che privilegia la qualità, e quindi si discosta dall'offerta dei market descritti fin qui. Dietro al progetto c'è un imprenditore italiano, Andrea Calvo, laureato all'Università di Pollenzo con un passato nella ristorazione cinese e da importatore di prodotti alimentari asiatici, oggi alla guida di 85 metri quadri dove l'esperienza gastronomica strizza decisamente l'occhio all'approfondimento culturale (lo spazio è stato progettato da Caterina Hu, scenografa italo-cinese). Dalla cucina ravioli (in tre varianti) e zuppe, una selezione di sushi e sashimi, dorayaki. E preparazioni liofilizzate da acquistare o idratare al momento con acqua bollente.

Ricca anche la sezione dedicata agli utensili, tra grattugie e cestelli in bambù, ciotole e cucchiai da ramen.

 

Aspettando Tenoha

Ma la rassegna si arricchirà prestissimo con l'esordio di Tenoha, in via Vigevano 18, pronto al debutto il 4 aprile. Un altro concept store, stavolta di importazione asiatica (in arrivo da Tokyo, dove ha esordito nel 2014), con spazio co-working, vendita, caffetteria e ristorazione, nei locali che in precedenza hanno ospitato anche il temporary store di Ikea in città. Presto per svelare tutti i dettagli, ma ne sentiremo parlare.

 

Kathay – Milano – via Canonica, 54 – www.kathay.it

Chineat – Milano – via Paolo Sarpi, 15 – 02 36795490

Gaghe – Milano – via Piacenza, 24 - www.facebook.com/GAGHE-759246040874287/

Oriental Milano – Milano – via San Gregorio, 25 – www.orientalmilano.com

Tenoha – Milano – via Vigevano, 18 – dal 4 aprile 2018 – www.tenoha.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Le Bellevue sul lago di Ginevra. Ristorante didattico ma di charme, nell'ex albergo Belle Epoque

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Aperto al pubblico da poco più di un mese, il ristorante di Montreaux ambisce a diventare una meta gourmet, e l'investimento sugli spazi è evidente. Ma al lavoro ci sono solo studenti, di uno dei più prestigiosi istituti di formazione all'ospitalità nel mondo: il Glion Institute. La vista mozzafiato e la supervisione di un grande chef fanno il resto. 

Le Bellevue. Oltre un secolo di storia

Le vetrate che affacciano sul lago di Ginevra, tutt'intorno le Alpi a riempire l'orizzonte. E un edificio di fine Ottocento che mantiene intatta la suggestione di un'epoca, nell'ex hotel intriso di atmosfere Belle Epoque, oggi ripensato come meta gourmet. Le Bellevue, che conserva il nome originale dell'esclusivo albergo, è quello che si direbbe un ristorante di charme con vista. E in effetti tutte le carte in tavola non fanno che confermare l'attitudine da rifugio fine dining dell'insegna inaugurata alla fine di febbraio a Montreaux, all'interno del Campus del Glion Institute of Higher Education, specializzato in Hospitality Management. Ma la particolarità della “mensa” deriva proprio dalla specificità del luogo, sede di uno dei più prestigiosi istituti universitari nel settore dell'ospitalità, fondato nel 1962 e ogni anno frequentato da studenti in arrivo da tutto il mondo (96 nazionalità che convivono in aula, all'inizio erano solo 15 studenti da 5 Paesi diversi), che in oltre il 90% dei casi escono con serie opportunità d’inserimento al lavoro. Ecco perché l'istituto ha deciso di progettare un ristorante aperto al pubblico gestito esclusivamente da studenti, che accolgono i clienti dal lunedì al venerdì, a pranzo e cena.

Il ristorante didattico sul lago

Nulla è stato lasciato al caso: a guidare la brigata c'è Dominique Toulousy, un passato stellato al Jardins de l'Opera di Tolosa, che coordina gli studenti del primo semestre insieme alla restaurant manager Chantal Wittmann. I ragazzi assumono a turno la guida della brigata, poi passano in sala per perfezionare il servizio e lavorare a contatto con il cliente, maturando quella capacità di relazione difficilmente spiegabile in aula. E intanto imparano a gestire una cantina importante, approfondendo la conoscenza del vino e come presentarlo, secondo il principio che combina esperienza pratica e accademica ancor prima del periodo di stage: un metodo di apprendimento sempre più diffuso anche in Italia (dove una legge regolamenta i ristoranti didattici, una cinquantina in tutta la Penisola; ricordiamo il caso dell'alberghiero di Recoaro, che a dicembre scorso inaugurava Casa Artusi, ma pure il precedente romano de I Carbonari, a Roma, seppur in un contesto molto diverso), che a Montreaux trova una cornice particolarmente esclusiva.

Gli spazi, il menu

Il progetto architettonico è stata curato da Michel Gicquel e Natacha Froger, nell'ottica di integrare gli spazi storici con un design moderno (e complementi d'arredo firmati da celebri designer internazionali, col bar che evoca i viaggi sull'Orient Express, concepito come carrozza ristorante d'antan. Mentre alla sala da pranzo si aggiunge la stanza per le cene private, adibita anche a sala convegni. Gli ingredienti in tavola, invece, sono quelli del territorio: pesce d'acqua dolce – dal coregone al gambero di lago – formaggi svizzeri, carni da tutto il Paese, dall'agnello del Vallese al vitello dell'Oberland Bernese; e poi cacciagione in stagione, ostriche e frutti di mare dalla costa Atlantica. L'impronta di cucina vira verso proposte internazionali, per abituare i ragazzi a confrontarsi con clienti in arrivo da tutto il mondo. E all'offerta più compassata del ristorante (in carta ravioli di foie gras con tartufo, pluma di maiale iberico con topinambur alla vaniglia e limone confit, bavarese al pain d'epices con tatin di mele) si aggiunge quella rilassata del format Fresh, anch'esso gestito dagli studenti all'interno del campus, ma orientato alla cucina “salutare”, tra carpaccio di rape con mandorle e limone, quinoa croccante con rucola e salsa al coriandolo e senape, medaglioni di pollo con zucca arrosto, cereali e yogurt piccante. Anche i prezzi sono commisurati all'investimento: il menu degustazione più articolato, da 6 portate, costa 125 franchi svizzeri.

 

http://www.glion.edu/restaurants/

 

a cura di Livia Montagnoli

Salumi da Re 2018. Le curiosità norcine (e non solo) sul palco dell’Antica Corte Pallavicina

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Allevatori e salumieri da tutta Italia si danno appuntamento per il loro raduno annuale alla Corte dei fratelli Spigaroli. Questa quinta edizione andrà in scena dal 7 al 9 aprile: ecco un ultimo focus su alcuni dei prodotti di cui parleremo (e che assaggeremo).

 

Come ogni anno, Pasqua e Pasquetta hanno portato sulle nostre tavole le più svariate prelibatezze norcine, spesso presenti nel ripieno di torte e lievitati salati. Ma non solo, perché salami, prosciutti, culatelli e molto altro saranno protagonisti anche del prossimo fine settimana. Protagonisti, in particolare, della quinta edizione di Salumi da Re: da sabato 7 a lunedì 9 aprile, all’Antica Corte Pallavicina dei fratelli Spigaroli (a Polesine Parmense, frazione di Polesine Zibello), andrà in scena un ricco programma cadenzato da interessanti convegni e occasioni di degustazione, animato inoltre da due concorsi e dalla presenza di numerosi ospiti tra cui il grande chef Fulvio Pierangelini.

 

Non solo coscia. I salumi di spalla

Vi abbiamo già dato qualche anticipazione su alcuni dei temi che saranno affrontati sul Gran Palco del Maiale, dall’imprescindibile valore della materia prima alla rivalutazione del ruolo del pizzicagnolo. Continuiamo a scoprirli a partire dall’appuntamento previsto per il 7 aprile dalle ore 18.45, dedicato ai salumi di spalla. I quali meritano un approfondimento perché “nonostante negli anni la parte posteriore del maiale sia diventata quella più importante, anticamente lo era la spalla che garantiva una più ampia disponibilità di carne”, come sottolinea Massimo Spigaroli, chef del ristorante dell’Antica Corte Pallavicina (a cui la nostra guida Ristoranti d’Italia assegna il punteggio di 84/100 e Due Forchette). Una carne che, però, è più difficile: “contiene tanti muscoli diversi, contro i 5 fasci muscolari che compongono la coscia, per giunta maggiormente intramezzati da grasso e nervi: la consistenza, di conseguenza, risulta più tenace”, prosegue Spigaroli. Eppure gli abili norcini della Bassa Parmense sono riusciti a ottenerne un prodotto unico, la spalla cruda di Palasone, che da queste parti è considerata la Regina dei salumi (il Re, invece, è il celebre culatello di Zibello).

 

La spalla una e trina: cruda (con o senza osso) e cotta

Anche se sarebbe più corretto utilizzare il plurale, dato che le spalle crude sono due: con o senza osso. La prima è decisamente più difficile da realizzare: “con i maiali attuali è quasi impossibile”, precisa lo chef, “la strada è stata facilitata dal recupero delle antiche razze: servono animali longevi con carni compatte e che non contengano molta acqua, altrimenti queste ultime calano troppo e si strappano dall’osso che invece rimane fermo”. Di conseguenza entra aria in eccesso che rischia di far andare il salume in putrefazione. Ed è proprio da questo incidente di percorso che è nata la versione cotta, quella più comunemente nota come spalla di San Secondo: “dalle nostre parti i salumi, fatta eccezione per quelli con la cotenna, sono pensati per essere consumati crudi: quando però ci si rendeva conto che qualcosa stava andando storto, per evitare sprechi si rimediava con la cottura”, conclude Spigaroli.

 

La pancetta, gioiosa e versatile

Senza nulla togliere al fatto che, al servizio dell’estro degli chef, è possibile affrancare i salumi dal ruolo di sola farcia per i panini o di affettati da tagliere e assicurargli un ingresso di tutto rispetto in cucina. Discorso analogo vale per la pancetta, attorno alla quale ruoterà il primo convegno previsto per domenica 8 (dalle ore 10.30). Popolare, generosa e con un gusto particolarmente dolce, si è rivelata versatile ai fornelli e adatta a impreziosire pizze gourmet. Una dritta, utile per le preparazioni casalinghe, ce l’ha fornita Massimo Spigaroli: “la pancetta è una sorta di ‘ammorbidente’ naturale, valore aggiunto per qualsiasi carne rosolata nel forno o in padella: ci avvolgo coscia, spalla e lombetto (farcito del suo fegato) del coniglio, cotti poi in casseruola, serviti con il fondo di cottura e verdure stagionali”.

Di questo salume pop e gioioso ci sono pure le versioni innovative. Uno degli ultimi esempi arriva da Alfonsine, nel Ravennate, dove Le Terre del Bio ha ideato la pancetta lombata, caratterizzata appunto dalla presenza del lombo: “è arrotolata, arricchita con sale e pepe e infine stagionata per circa 4 mesi”, ci racconta il titolare Andrea Brunelli, “ci piace molto sperimentare in questa direzione: alleviamo maiali magri, nutrendoli con le farine ottenute dai cereali che noi stessi coltiviamo; la nostra azienda agricola a carattere familiare è attiva da tanti anni, mentre mio padre faceva il norcino solo per passione. Nel 2015 abbiamo deciso di acquistare un allevamento e di trasformare un hobby in un’attività, alla quale ad aprile 2017 si è aggiunto il punto vendita annesso al laboratorio”.

 

E poi, le curiosità norcine

Sempre l’8 aprile, si parlerà pure delle tante belle espressioni della creatività dei norcini, da intendere come voglia di sperimentare mantenendo con orgoglio il legame con il proprio territorio. L’innovazione è un concetto che nella salumeria (ma in realtà in piena sinergia con un trend che abbraccia ogni fronte gastronomico) trova terreno fertile nei numerosi tentativi di alleggerire i salumi e renderli più magri.

 

Dalla Valchiavenna, slinzega e violino

Da Madesimo arriva MA! Officina Gastronomica, una bottega che raccoglie eccellenze locali (tra cui vino, birra e miele) e dove un posto d’onore è chiaramente riservato ai salumi di produzione propria. Al timone ci sono Stefano Masanti e Stefano Ciabarri, un duo vincente anche nella ristorazione (sono rispettivamente chef e sous chef – Masanti pure titolare – del locale Il Cantinone, sempre a Madesimo, recensito dalla guida Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso con Due Forchette e una valutazione di 84 centesimi): il loro cavallo di battaglia, declinato in più versioni e che fa da portabandiera delle tradizioni della Valchiavenna, è la brisaola, “volutamente con la ‘i’ al posto della ‘e’ per distinguerla da quella diffusa a livello industriale”, ci tiene a precisare Ciabarri.

Dalla realizzazione di quest’ultima prende parallelamente forma la cosiddetta slinzega: “si impiegano tre parti della coscia del bovino, ossia magatello, punta d’anca e sottofesa: i ritagli ottenuti dalle fasi di preparazione e pulitura previste per la brisaola sono utilizzati per la slinzega”, continua Ciabarri, “il metodo di lavorazione è lo stesso: la carne viene sottoposta a salatura e stagionatura, più breve rispetto alla prima dato che i tagli sono più piccoli; la slinzega è di frequente e a torto considerata di qualità inferiore, ma in realtà è più economica semplicemente perché i tempi di produzione sono meno lunghi”.

La stessa filosofia ritorna in altre specialità di MA!: lardo e salame di suino nero di Samolaco (anch’esso un comune della provincia di Sondrio), razza autoctona recuperata dall’allevatrice Vera Capelli (di cui si parlerà nel convegno dedicato alla materia prima e alle antiche razze suine rustiche), e il violino, un prosciutto crudo ottenuto da coscia o spalla della capra (presidio Slow Food) oppure di selvaggina, come nel caso di capriolo e camoscio.

 

Quando i salumi arrivano dal mare

Infine, la curiosità per antonomasia, qualcosa che a Salumi da Re di certo non vi aspettereste e che sorprenderà piacevolmente chi alla carne preferisce il pesce: stiamo parlando dei “salumi di mare” dell’omonima azienda con sede a Borgo a Buggiano, in provincia di Pistoia. Dove la migliore materia prima rigorosamente ittica arriva per essere stagionata e disidratata con sale di Volterra. E poi trasformata in soppressata di polpo Marocco, tonno in porchetta e speck di pesce spada, solo per fare qualche esempio.

 

Salumi da Re – Antica Corte Pallavicina, Polesine Zibello (PR) – dal 7 al 9aprile 2018 – www.salumidare.it

 

a cura di Agnese Fioretti


Dieci modi di riciclare l'uovo di cioccolato

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Dopo i bagordi pasquali è tempo di riciclare le uova di cioccolato. Ecco 10 consigli dei big del settore.

 

Romperlo, con un pugno o una carezza, è il suo destino. Ma una volta scoperta la sorpresa, come usare quel che resta dell’uovo di Pasqua? Lo abbiamo chiesto ad alcuni big del settore: il pasticciere filosofo Corrado Assenza (Caffè Sicilia, Noto), il gelatiere funambolo Marco Radicioni (Otaleg!, Roma), la chef stellata Antonia Klugmann (L’Argine a Vencò, Dolegna del Collio), lo chef rivoluzionario Marcello Trentini (Magorabin, Torino), la giovane pastry chef Isabella Potì (Bros, Lecce).

 

1 - Per la prima colazione

Accompagnato al pane caldo, uno sballo” suggerisce Corrado Assenza; ridotto in granella e mischiato a fiocchi di avena o di riso soffiati” è la proposta di Antonia Klugmann.

 

2 - Dentro un panino

Non ha certo bisogno di presentazioni: è la classica merenda di una volta, che siamo certi apprezzeranno anche i bambini di oggi.

 

3 - Nella cioccolata in tazza

L'attuazione è facile: fate bollire 200 millilitri di latte e aggiungete un cucchiaino di farina o di fecola, un cucchiaino di zucchero, 20/25 grammi di cioccolato; e mescolando riportate a bollore. Et voilà, la cioccolata in tazza è fatta.

 

4 - Per fare la ganache

Sono quattro i principali ingredienti di una ganache classica: il cioccolato fondente, preferibilmente 70%, la panna, il miele e il burro. Il primo è l’ingrediente fondamentale, quello che dona carattere alla crema: è preferibile scegliere un cioccolato 70% in modo da farne emergere maggiormente le note aromatiche. Tuttavia questo non vieta di optare per un cioccolato fondente 50% o per uno al latte o bianco. In questi casi è necessario abbassare di circa il 30% il dosaggio dei liquidi. La panna costituisce la parte acquosa fondamentale della preparazione. A seconda del grado di spessore della crema che vogliamo ottenere, può essere sostituita anche con il latte. Il miele, in piccole dosi, svolge la funzione di anticristallizzante, contribuendo a mantenere la splendida lucentezza della preparazione. Per i più esperti è possibile sostituire il miele con lo zucchero invertito. Infine il burro che conferisce, in fase finale, cremosità e morbidezza. Come prepararla? Portate la panna a bollore e versatela sul cioccolato tritato, insieme al miele e al burro.

 

5 - Le idee sottozero del gelatiere Marco Radicioni

Granita di tè allo zenzero e “virgole” di cioccolato; come contrappunto croccante in un sorbetto di arance moro e finochiella; “stringere” i rottami di cioccolato in freezer per 4/5ore e usarli per arricchire il gelato di ricotta di pecora e scorza d’arancia oppure una centrifuga di carote, da mangiare al cucchiaio.

 

6 - Nella salsa inglese al cioccolato

A differenza della crema è senza farina e quindi risulta un po’ meno densa. Anche in questo caso l'attuazione è semplice: raccogliete in una bacinella il cioccolato tritato, i tuorli e lo zucchero, e mescolate con una frusta cercando di incorporare meno aria possibile. Continuando a mescolare, unite il latte bollente e rimettete il tutto nella casseruola fino a raggiungere la temperatura di 85-90°.

 

7 - Per uno spuntino goloso

Conservato in barattolo di vetro insieme a frutta secca tostata (noci, mandorle, nocciole, albicocche secche); per confezionare cioccolatini o piccole tavolette insieme a frutta secca e spezie.

 

8 - Per preparare lo zabajone al cioccolato

Per la scelta del supealcolico, c'è l'imbarazzo della scelta: potete optare per il moscato, il rum, il marsala o il vino passito…

 

9 - Per la salsa royale

Una supersalsa della cucina francese del ‘700, ricca e aristocratica, un sugo d’arrosto con aggiunta di foie gras, cioccolato e tartufo nero, usata per condire il coniglio, la lepre, il pollo o il piccone”, spiega Marcello Trentini.

 

10 – Per la salsa “dos e brusch”

La risposta piemontese, più semplice e contadina alla royale: la salsa per il coniglio “dos e brusch”, dolce e brusco, ricetta settecentesca sabauda; niente foie gras e tartufo nero, nel sugo d’arrosto si scioglie il cioccolato, si aggiungono gli amaretti sbriciolati e qualche goccia di aceto di vino”. Parola di Marcello Trentini.

 

foto di Pippo Onorati per Mammanannapappacacca

 

L'articolo completo è uscito nel numero di marzo del Gambero Rosso, che potete trovare in versione digitale su App Store o Play Store

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Cucina di casa. Le basi: Pasta brisée, Pasta sfoglia, Pasta da pizza e Pasta frolla

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Avete deciso di cominciare a cucinare a casa? Il segreto è partire dai fondamentali. Ecco le ricette spiegate passo passo della pasta brisée, della sfoglia (armatevi di pazienza), della pasta da pizza e della frolla.

 

Dopo le ricette regionali, facilmente replicabili a casa, (ri)partiamo dalle basi con una rubrica che spiega passo passo le ricette delle preparazioni fondamentali. Qui quelle della pasta brisée, della sfoglia, della pasta da pizza e della frolla.

Pasta brisée

È un impasto base tipico della cucina francese e rappresenta un jolly sia per preparazioni dolci che salate (come per esempio le quiche). Attenzione: perché cuocendo acquisti la caratteristica friabilità, la pasta deve essere lavorata il meno possibile, evitando di scaldarla col calore delle mani, cosa che la renderebbe dura e difficile da stendere. Consigliamo dunque di raffreddare le mani in acqua e ghiaccio prima di lavorarla.

Ingredienti

300 g di farina

150 g di burro

Sale

Acqua

Setacciate la farina con il sale in una ciotola larga, disponetela a fontana e mettetevi al centro il burro morbido a pezzetti. Amalgamate sfregando con la punta delle dita (o meglio ancora con una forchetta) fino a ottenere delle grosse briciole. Fate nuovamente la fontana, versatevi 6 o 7 cucchiai di acqua e impastate rapidamente quel tanto che basta per ottenere un impasto omogeneo. Raccoglietelo a palla, avvolgetelo con la pellicola trasparente e lasciate riposare per almeno un'ora nella parte meno fredda del frigo. Al momento di stenderla, appoggiatela sulla spianatoia leggermente infarinata e infarinate anche il matterello, quindi, una volta stesa infarinatela ancora pochissimo, avvolgetela attorno al matterello stesso e srotolatela sopra alla tortiera.

 

dolce fatto con la pasta sfoglia, crema e fragole

Pasta sfoglia

Anche la pasta sfoglia è un vero jolly per preparazioni dolci e salate. Pochissimi gli ingredienti: acqua, farina, burro e un pizzico di sale. Ma per realizzarla a dovere ci vuole molta, molta pazienza. Il metodo di lavorazione della sfoglia venne adottato per la prima volta in Francia, ed è attribuito a un certo François Claude Gelée, un noto pasticcere-pittore. Un’altra leggenda narra di un pasticcere che, durante la lavorazione della pasta brisée, si dimenticò di mettere il burro. Cercando di rimediare all’errore, lo fece a pezzetti e lo incorporò all’impasto: il risultato fu l’invenzione della pasta sfoglia. I principali ingredienti sono farina e acqua, che danno all’impasto la giusta elasticità, il burro, che dona consistenza e determina la qualità della sfoglia, e il sale, che se dosato sapientemente regala in cottura colore e sapore. Il principio è quello della lievitazione fisica: si stratificano il grasso e l’impasto e così facendo si incorpora aria. Durante la cottura, questa si dilata e spinge le sfoglie, isolate dal grasso, verso l’alto, determinando la piacevole friabilità della pasta. Alla sua buona riuscita, oltre che la bontà degli ingredienti, concorrono anche altri fattori come la durata dei tempi di riposo (che influisce sulla maggiore o minore strutturazione della maglia glutinica), la tecnica adottata per l’inserimento del burro, e il numero e la tipologia dei cosiddetti “giri”.

Ingredienti

500 g di burro di ottima qualità

500 g di farina più un poco per la spianatoia

1 cucchiaio da caffè di sale

Acqua

Premessa: per preparare la pasta sfoglia occorre lavorare con il pastello (l’impasto base a cui man mano si incorpora il panetto) e il panetto (il composto di burro e farina che si prepara all’inizio).

Setacciate 400 g di farina sul tavolo (possibilmente di marmo) e mescolate con il sale. Fate la fontana e versate al centro circa un bicchiere di acqua leggermente tiepida (non si può specificare esattamente la quantità: versatene quindi poca alla volta). Amalgamate gli ingredienti e lavorate energicamente l'impasto fino ad averlo ben liscio. La pasta dovrà risultare piuttosto solida. Non lavorate la pasta più del necessario: quando sarà liscia e ben amalgamate raccoglietela a palla e incidetela con un taglio a croce piuttosto profondo (questa operazione faciliterà la successiva stenditura). Sistematela in una ciotola, sigillate con la pellicola trasparente e lasciatela riposare per una mezz'ora.

Setacciate 100 g di farina sul tavolo, allargatela e fatevi cadere 500 g di burro tagliato a pezzetti quindi passate le mani in acqua e ghiaccio, asciugatele e impastate rapidamente burro e farina usando il più possibile la punta delle dita per non scaldare l'impasto. Aiutandovi con due coltelli a lama larga, date all'impasto di burro e farina una forma regolare di parallelepipedo e, se fosse troppo morbido, tenetelo per qualche minuto in frigorifero.

Infarinate pochissimo il tavolo e stendete il pastello con il matterello formando un quadrato dello spessore regolare di mezzo centimetro. Appoggiate il panetto esattamente al centro del quadrato e copritelo prima con uno e poi con l'altro lembo di pasta. Premete leggermente con il matterello sigillando bene i bordi. Ripiegate i lembi di pasta, uno al di sopra e l'altro al di sotto del panetto. Imprimendo al matterello una pressione regolare e muovendolo in una sola direzione, stendete la pasta in modo da formare un rettangolo di circa mezzo centimetro di spessore. Piegate la pasta in modo da formare tre strati e con il matterello formate nuovamente un rettangolo di circa mezzo centimetro di spessore. Questo si chiama “dare un giro”. Piegatela ancora in tre, avvolgetela con la pellicola trasparente e fatela riposare in luogo fresco (va bene la parte meno fredda del frigo). Dopo 30 minuti date un altro giro. In tutto dovrete dare 6 giri a intervalli di 30 minuti durante i quali la pasta dovrà riposare al fresco.

 

due mani che reggono l'impasto della pizza

Pasta da pizza

Questa una variante per prepararla a casa, che ovviamente non ha nulla a che vedere con la pizza e gli impasti dei maestri pizzaioli (qui trovate i consigli di Stefano Callegari per un impasto che però necessita di 24 ore di lievitazione).

Ingredienti

350 g di farina 0

20 g di lievito di birra

1 cucchiaio da caffè di sale

 

Sciogliete il lievito in una tazza con poca acqua appena tiepida, unitevi una manciata di farina e impastate ottenendo un piccolo panetto morbido che farete lievitare, ben coperto, per un'ora, fino a quando sarà più che raddoppiato. Setacciate il resto della farina, fate la fontana e mettete al centro il panetto lievitato, un cucchiaio da caffè colmo di sale e tanta acqua leggermente tiepida, per ottenere un impasto morbido. Lavorate energeticamente la pasta per una decina di minuti quindi raccoglietela a palla e, dopo avervi praticato un'incisione a croce, sistematela in una ciotola infarinata e copritela con un canovaccio, appena umido, piegato in quattro. Avvolgete la ciotola con un panno di lana e lasciate lievitare la pasta, in un luogo tiepido fino al raddoppio. In estate sarà sufficiente un'ora e nella stagione fredda occorrerà più tempo. Una volta che la lievitazione è completata la pasta è pronta per essere utilizzata: dividetela in pezzi più o meno grossi e spianate col matterello. Con queste dosi si ottengono due pizze dal diametro di 30 centimetri circa.

 

Crostata ai frutti di bosco di Iginio Massari

Pasta frolla

È tra i prodotti più noti della pasticceria tradizionale e la sua realizzazione è davvero alla portata di tutti. Le caratteristiche fondamentali di questo impasto sono la buona malleabilità, la morbidezza, senza eccedere nell’eccesso di umidità e la resistenza alla lavorazione e la buona plasticità. Le frolle si dividono in un numero pressoché infinito di varianti. Tuttavia è bene tracciare un quadro essenziale delle famiglie di impasti.

Frolla milanese: è la madre di tutte le frolle (sotto la ricetta). La base è formata da quantità di zucchero e burro uguali, mentre la farina è pari al loro peso complessivo. A questi ingredienti vanno aggiunte le uova in un rapporto di 1:10 rispetto al peso totale.

Frolla napoletana: in questa preparazione si aggiungono le mandorle bianche in polvere, che in parte sostituiscono la farina bianca. Il peso della farina e delle altre componenti secche è superiore al totale complessivo di burro e zucchero. In tal caso l’impasto ha bisogno di una maggiore quantità di liquidi. L’aumento di questi ultimi sviluppa automaticamente più glutine e i prodotti finiti risultano più duri sulla crosta: allora occorre intervenire aggiungendo lieviti in polvere.
Pasta sablée: il prodotto finito è estremamente friabile, grazie alla maggior percentuale di grassi che consente di isolare ogni particella di farina inibendo parzialmente la capacità d’assorbimento dei liquidi. In questo caso si lavora prima la farina con il burro e poi si uniscono lo zucchero, le uova e gli aromi.

Frolla montata: è un impasto estremamente morbido e che deve essere manipolato con la sac à poche. Si realizza montando a spuma il burro con lo zucchero, poi si aggiungono le uova, gli aromi, il sale e in ultimo la farina bianca. Si utilizza immediatamente.

Ingredienti

200 g di farina

100 g di burro

100 g di zucchero (per aumentare la friabilità e la finezza della pasta si può usare quello a velo)

2 tuorli d'uovo

Scorza grattugiata di 1/2 limone

1 pizzico di sale

Setacciare la farina in una larga ciotola, fate la fontana e mettetevi il burro morbido a pezzetti e un pizzico di sale. Amalgamate i due ingredienti con la punta delle dita fino a ottenere delle grosse briciole. Formate nuovamente la fontana e mettete al centro i tuorli d'uovo, lo zucchero e la scorza di limone (solo la parte gialla). Impastate di nuovo rapidamente gli ingredienti il minimo indispensabile per ottenere un impasto liscio, quindi raccoglietelo a palla, avvolgetelo nella pellicola trasparente e fatelo riposare nella parte meno fredda del frigorifero per almeno un'ora. Al momento di stenderla, trasferitela sulla spianatoia infarinata e datele, con il matterello, la forma voluta. Tenete presente che la frolla, per la sua composizione, non si stende perfettamente ma tende un po' a sbriciolarsi specialmente lungo i bordi e quello che può sembrare un difetto, è invece la prova che è ben riuscita: morbida e friabile al punto giusto.

Undicesimo Vineria Up. Francesco Brutto apre un pintxos bar sopra il suo ristorante a Treviso

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Ancora qualche giorno prima che Up possa accogliere i primi avventori al piano di sopra di via della Quercia numero 8, dove il giovane chef trevigiano proporrà la sua idea di pinxtos bar alla veneta. Piattini e mezze porzioni del giorno sulla lavagna, cocktail e vini naturali in abbinamento, prezzi contenuti e voglia di divertirsi. Francesco ci racconta come sarà. 

La cucina di Francesco. Tra Undicesimo e Venissa

Si chiamerà Up, di sopra, indicazione quanto mai intuitiva per indicare i locali al primo piano di via della Quercia 8, Treviso, dove qualche anno fa Francesco Brutto rilevava quella vineria che sarebbe diventata la sua Undicesimo Vineria. Un’insegna di provincia che di strada ne ha fatta molta da quando Francesco, classe 1988, trevigiano di Campocroce, si è messo in testa di costruire il ristorante dei suoi sogni, nella sua città, insieme al fidato Regis Ramos Freitas, maitre di sala e sommelier incontrato nella cucina del Venissa. E dall’inizio socio in affari di Francesco a Treviso, dove il giovane chef è approdato dopo l’alunnato – fondamentale – accanto a Piergiorgio Parini, al Povero Diavolo, e l’esperienza al Venissa (allora c’era Antonia Klugmann), che oggi segue a distanza, come consulente molto presente, con la sua brigata in sala e cucina (alla guida c’è Chiara Pavan, con Francesca Regaiolo) per tenere alto il nome del ristorante della famiglia Bisol in Laguna. Sull’isola di Mazzorbo, Brutto è tornato l’anno scorso, una prima stagione per prendere in mano le redini del Venissa e dell’annessa Osteria Contemporanea; oggi si dice molto soddisfatto di come stanno andando le cose: “Sono molto contento, in cucina si lavora con molto affiatamento, alla brigata si è aggiunta una bravissima pasticcera in arrivo dal Central, ora abbiamo una sala molto organizzata, Regis mi segue con la consulenza sulle carte dei vini, l’Osteria acquista una fisionomia sempre più definita, tanto che stiamo pensando di alzare il tiro per trasformarla in un ristorante vero e proprio. Nel weekend di Pasqua abbiamo fatto 250 coperti in 3 giorni! Io faccio la spola spesso, di notte, quando finisco il servizio a Treviso, porto in Laguna gli approvvigionamenti. E ogni mattina, alle 7, sono di nuovo qui per ricominciare, col servizio del pranzo, e poi la cena”.

Undicesimo Vineria. L’importanza del pensiero

Perché la vera casa di Francesco resta a Treviso, nella cucina che si è cucito su misura, imprevedibile quanto basta per non annoiare mai, “per noi la provocazione sarebbe tornare a fare tradizione, ma non funzionerebbe. I nostri clienti vengono perché vogliono essere sorpresi. Qualche tempo fa ho provato a fare una serata un po’ particolare, 10 piatti ‘donati’ da chef noti di tutta Italia, amici che si sono prestati al gioco. Noi avevamo il compito di riproporre le loro ricette, così com’erano. Beh, l’idea non ha funzionato, la gente viene qui per trovare il nostro pensiero”. Che significa tanto territorio e un lavoro minuzioso sulla materia prima, interpretata con sensibilità, grande tecnica e creatività finanche spiazzante (alcune ricette le trovate sul numero di aprile 2018 del mensile del Gambero Rosso): in sala l’ambiente è volutamente minimal, colori freddi e pochi fronzoli, “perché chi siede a tavola possa concentrarsi unicamente su cosa sta mangiando”. Quattro persone curano il servizio, la sera si raggiungono al massimo i 20 coperti. Dalla prossima settimana, però, Undicesimo offrirà pure un’anima più informale, quella di Up, pintxos bar work in progress proprio sopra al ristorante (ma con ingresso separato): “Uno spazio completamente diverso, atmosfere calde, colore, approccio conviviale. A Treviso, rispetto a Venezia con i suoi bacari, credo manchi la tradizione dell’osteria che propone materia prima trattata con qualità, una proposta para compartir come dicono in Spagna, ma adattata al nostro territorio”.

Up. Il pintxos bar di Undicesimo

Dunque Up sarà lo spin off informale di Undicesimo Vineria, una linea di piattini e mezze porzioni segnalata ogni giorno sulla lavagna, in base alla disponibilità del mercato, “niente primi piatti, ma tanti assaggi, almeno una decina ogni giorno, da condividere con il tavolo, o spizzicare per l’aperitivo, proposte vegetariane, di carne e pesce. Tutto fatto al momento, molte cotture alla brace nella cucina di Undicesimo, e poi su col montacarichi per finire le preparazioni nella piccola cucina d’appoggio di Up”. Certo mai tradizione pura, perché al lavoro sul menu, ancora in fase di studio, c’è pur sempre Francesco: “Avremo sicuramente qualche proposta fissa, come la nostra versione delle sarde in saor (croccanti) che sta andando forte all’Osteria del Venissa. E poi molte idee frutto dell’ispirazione momentanea, ci sarà da divertirsi”. L’idea è quella di riavvicinare quella clientela locale più giovane che si è persa quando Undicesimo ha preso la strada dell’alta ristorazione. Per bere si potrà scegliere dalla carta dei vini di Undicesimo, oppure alla mescita, già consistente al piano di sotto – “grazie al Coravin” – e più informale da Up, con una proposta di vini naturali, “di quelli eleganti e puliti però, non proposte forzate per proporre il naturale a tutti i costi”. E poi le birre, tre italiane e tre straniere (Mikkeller, “perché è la birra che più ci piace all’estero”), ma soprattutto cocktail, “gastronomici come li chiamo io, perché partecipo all’ideazione con Regis. Siamo grandi amanti della miscelazione e ci piace modularli anche in funzione dei piatti proposti”. Cinque o sei le proposte che ruoteranno spesso sulla carta dei drink. In sala una decina di tavoli, più qualche posto in terrazza, ma si potrà mangiare anche al bancone, dalle 18 fino a tarda sera: “Sarà l’opposto di Undicesimo Vineria, ma offriremo comunque un servizio curato, all’inizio lo seguirà Samuele, che sale dal ristorante”. I prezzi? “Dai 5 ai 15 euro, tra piattini e porzioni. Tutto molto accessibile, vogliamo che la gente si diverta a provare più cose, le condivida con gli altri”. Tra qualche giorno si comincia.

 

Undicesimo Vineria Up - Treviso – via della Quercia, 8 – dalla metà di aprile 2018 - vineria.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Keynco. I cocktail pronti da bere, affinati in bottiglia

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Dopo i cocktail in bottiglia e quelli in bustina, arrivano i drink affinati che non necessitano di diluizione. Il progetto, nato sul finire del 2016, è di due ragazze: Valeria Sebastiani e Giada Panella.

 

Una romana l'altra de L'Aquila, una trentacinquenne l'altra non ancora trentenne, entrambe con la passione per i drink. Valeria Sebastiani è la parte operativa, che i cocktail li crea in “laboratorio”, mentre Giada Panella è più orientata alla parte commerciale. Un duo equilibrato, come i loro drink.

Valeria Sebastiani e Giada Panella, dell'azienda Keynco

The Key

Giada e Valeria si sono conosciute sul lavoro anni fa e da allora non si sono più lasciate, si sono messe in proprio, hanno aperto una società che organizza eventi, la Keynco, e ora stanno lanciando la loro linea di drink in bottiglia. The Key l'hanno chiamata.“La chiave di tutto, del nostro auspicato successo e del successo di chi decide di comprare i nostri prodotti magari per organizzare un evento di lancio, ma anche la chiave del bere bene. Il progetto nasce infatti dalla volontà di mettere a disposizione un cocktail in bottiglia, equilibrato ed elegante, pronto così com'è per essere gustato”. A onor di cronaca, non sono le uniche ad aver puntato su questo settore, che inizia a far parlare di se, ma che è tutt’altro che mainstream. A fare da apripista nel “lontano” 2014 Emanuele Broccatelli quando ancora era all'Hotel Majestic di Roma (il barman romano ha poi lanciato la sua linea di cocktail Drink | It). Poi sono arrivati i ragazzi del Mag Cafè di Milano con il loro servizio a domicilio e infine Patrick Pistolesi insieme a Luca Quagliano e Alessandro Palmarin, con i drink in bustina chiamati NIO-Needs Ice Only. Ma ciò che differenzia i drink The Key da tutti gli altri è il tempo.

Il valore del tempo e la conoscenza delle spezie

Con il tempo ci siamo rese conto che era proprio il tempo a consegnare prodotti di qualità, un po' come avviene per i vini”. Le ragazze si sono infatti rese conto che dopo un certo periodo di affinamento in botti di acciaio o tini, i drink raggiungevano un livello di morbidezza ed eleganza tali da essere fruibili così, senza l'aggiunta di ghiaccio o alcuna diluizione. E più passa il tempo (in bottiglia), più li si assaggia, e più si scoprono differenti sfaccettature, proprio come i grandi vini da invecchiamento che man mano svelano la loro complessità; nonostante si possano bere fin da ora, sarà divertente vederne l’evoluzione negli anni. “Attesa, tempo, pazienza sono gli ingredienti fondamentali dei nostri drink, ma anche le spezie, le erbe e gli oli essenziali giocano un ruolo fondamentale. E ciascuna ha le proprie regole”. Non a caso Valeria sta studiando gli scritti di Ildegarda di Bingen, una naturalista tedesca, erbaria e curatrice, che a differenza delle sue “colleghe” non fu tacciata di stregoneria, anzi divenne santa e dottore della Chiesa.

I cocktail The Key dell'azienda Keynco

Tremate, tremate, le streghe son tornate!

Ecco perché questi drink non si possono definire semplici cocktail in bottiglia. Rappresentano piuttosto un progetto che racconta anche, e soprattutto, una storia di donne giovani, imprenditrici, che si sono prefissate di salvaguardare i saperi, le conoscenze e i ritmi di altre donne, le erbarie che con il loro sacrificio e il loro coraggio hanno tramandato tutto quello che sapevano in fatto di erbe. Erano donne che raccoglievano le erbe, le miscelavano e le estraevano per preparare pozioni, unguenti, balsami e tisane secondo ricette tramandate dalle donne per le donne. Un patrimonio di conoscenze empiriche, reso possibile solo da una solidarietà femminile organizzata ma non istituzionalizzata, che in un certo periodo storico ha iniziato a spaventare, e per questo è stato dapprima ridicolizzato e poi condannato dai demonologi cattolici e dagli inquisitori. “Tutto il nostro progetto nasce dal rispetto per le antiche conoscenze tramandate dalle donne, e dalla volontà di riportarle alla luce e ridare alle legittime progenitrici di quest'arte i giusti meriti. Da qui nascono sette ricette, sette equilibri per sette palati differenti. Poi in futuro ci saranno le Special Key e vorremmo iniziare a produrre il nostro gin e il nostro vermouth con vini naturali”.

Informazioni utili

Nel loro laboratorio di 180 metri quadri a Quarto Miglio, per ora producono il Gin Martini con oli essenziali di limone, l'Old Fashioned preparato con la genziana“un tocco abruzzese utile a equilibrare e dare spessore al cocktail”, il Martinez preparato con gin, vermouth, liquore di marasche e china per un effetto al naso avvolgente e in bocca pungente e metallico. E ancora il Negroni con oli essenziali di bergamotto che regalano profondità, il Mi°to (bitter, vermouth blended, pepe di Sichuan, tè in foglie e albicocche), il Manhattan e infine il Velvet (tequila, vermouth blended, bitter, tè in foglie, spezie e caramello) che al naso e in bocca risulta dolce, per poi terminare amaro senza stancare. Tutti e sette imbottigliati in bottiglie di vetro di un'azienda spagnola, che richiamano un po' quelle dei profumi, e una volta vuote possono essere riciclate “diventando porta fiori o porta penne”. Il tappo è in sughero sardo, per un corretto mantenimento e invecchiamento, e il tocco distintivo è la ceralacca che richiama il vecchio metodo di imbottigliamento; “è il nostro sigillo”. Insomma, c’è anche una considerevole cura per il design.

Per ora i 7 drink si possono trovare all'Enoteca Trimani a Roma (dove il 6 aprile li presenteranno al pubblico), al ristorante La Ciambella, nella friggitoria Pastella, da Santo Palato, da Mostò sempre a Roma. E ancora, a Torino all'Enoteca Botz e al Luogo Divino, e a Parigi da Vini Mariani. Ma l'obiettivo è di arrivare in altri grandi ristoranti “che magari vogliono offrire ai clienti drink ben fatti ma non sono disposti ad affrontare la spesa della bottiglieria e di un barman”, e nei minibar degli alberghi di un certo livello. Un mercato disposto a investire sulla qualità. Il costo? 30€ la bottiglia da mezzo litro e 7,5€ la monoporzione. Ne sentiremo parlare.

 

www.keynco.it

 

a cura di Annalisa Zordan

 

 

 

Venezia-Parigi-Londra: viaggio gourmet sull’Orient Express

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Pronta al binario la nuova stagione del treno più fascinoso al mondo, quest’anno con la grande novità della sala da bagno privata in suite, per un viaggio ancora più indimenticabile.

 

È il viaggio da fare, uno di quelli che... “almeno una volta nella vita”, perché trasporta letteralmente altrove, non solo nello spazio ma anche nel tempo, prima ancora di partire e prima ancora di arrivare. È il viaggio del lusso del Grand Tour d’Ottocento, quello del tempo lento, dell’indugio sognante nel dondolìo, tra boiseries intarsiate, cristalli Lalique, velluti, chinoiseries e paesaggi, tanti e diversi, dal finestrino.

Un viaggio che non si dimentica; e istruzioni per l’uso dal sapore sfacciatamente edonistico consigliano di organizzare partenza e arrivo in tono con la bellezza del viaggio, in quanto a glamour, qualità e trasporto emotivo.

 

 

Prepararsi alla partenza

Il VSOE Venice Simplon Orient Express parte da Venezia per Londra alle 11 circa del mattino, val bene dunque immergersi nel giusto mood sin dalla sera precedente, in modo da non sprecare attimi preziosi d’attesa e cominciare a vivere l'esperienza già prima che il viaggio inizi.

L’isola di San Clemente è il posto giusto per cominciare a sognare. La cena all’Acquerello, il ristorante in piazzetta con vista sulla laguna, magari al crepuscolo, può rappresentare il primo passo per entrare nell'atmosfera giusta e predisporsi al viaggio nel tempo e ai suoi piaceri gastronomici. A cominciare dai piatti a firma di Vincenzo Di Tuoro, che con mano partenopea predispone tutto ciò che occorre per festeggiare a tavola la sera della vigilia.

 

 

Al mattino presto la lancia – ovviamente vintage - in radica tirata a lucido e divanetti marinari in pelle bianco e azzurro, è pronta a consegnarci alle successive 36 ore di viaggio alla scoperta di atmosfere e sensazioni che avevamo forse dimenticato: sul treno cambierà tutto, la percezione del tempo diventa una storia a sé per ognuno.

 

L'imbarco

All’imbarco, la crew è schierata in divisa per il benvenuto, a ogni vagone è assegnato uno steward che provvederà a ogni necessità con lo stile del miglior maggiordomo di scuola inglese. All’ingresso in cabina è già pronto il mini buffet di benvenuto con fragole, Champagne, frutta fresca e pasticcini appena sfornati.

 

 

La prenotazione per pranzo e cena avviene già nella prima mezz’ora di viaggio, il maître di sala passa a conoscere i suoi ospiti e consigliare la sala ristorante. Pranzo e cena si prenotano insieme perché è previsto che i pasti avvengano ogni volta in una carrozza ristorante diversa, in modo da stordirsi per bene della bellezza di ognuna e poterle apprezzare tutte, ognuna nel suo stile: la Côte d’Azur, Etoile du Nord e L’Oriental fino alla 3674, la stupenda carrozza dello Champagne Bar.

 

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Il viaggio gourmet

L’esperienza culinaria a bordo è forse, quella che rimane più indelebile, parla del territorio che attraversa e traduce il viaggio in gusto per il palato e i sensi. A ogni ora del giorno, le proposte gastronomiche pensate ad hoc per gli ospiti viaggianti dallo chef Christian Bodiguel, accompagnano il viaggio dal mattino presto fino a tarda notte, quando al rientro dal piano bar, si scopre la cabina trasformata in camera da letto: lenzuola di Fiandra, logo in oro, e un set di cioccolato finissimo sul cuscino, selezionato dai migliori produttori di terra svizzera, in cui in quel momento corre il treno.

 

 

Acrobata dei micro-spazi della cucina su rotaia, Christian Bodiguel ha elevato la qualità di pranzi e cene serviti a bordo, ai livelli dei ristoranti più blasonati sulla terraferma. Il menu è ispirato a piatti della cucina classica francese rivisitati, a partire da ricette della tradizione ottocentesca ritrovate personalmente da Bodiguel in accurate ricerche d’archivio.

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Un tempo i piatti si preparavano nelle cucine del Cipriani a Venezia, ma poi tutto è cambiato per poter costruire menu à la carte, che cambia stagionalmente, con prodotti freschi di qualità e piatti preparati a bordo. In tempi più recenti, negli ultimi 15 anni, la cucina ha assunto un’impronta italo-francese, grazie alla scelta di preparare i piatti con i prodotti locali, quelli del territorio attraversato dal treno, a creare una sorta di supporto gastronomico al racconto del viaggio. Oltre che al momento della partenza, in Italia, l'approvvigionamento avviene infatti anche a Parigi.

 

La gestione della cucina da viaggio

Ciò che affascina della gestione di una simile cucina in viaggio, è il calcolo – necessariamente precisissimo - degli approvvigionamenti delle materie prime, che devono includere fornitura di base, quella di emergenza e il necessario per menu di riserva per qualsiasi esigenza, come quello light per chi tiene alla linea o vegano per chi segue il regime alimentare veg. Un calcolo preciso significa stoccaggio igienico, sicuro anche in spazi microscopici, dove ogni cosa è stivata in piccoli contenitori impilabili come in farmacia. Le tecniche di preparazione sono decise in base a ciò che effettivamente si può cucinare, al momento e in sicurezza, in una cucina lunga quanto un vagone, ma larga abbastanza per il passaggio di una sola persona, con piani di lavoro - sui due lati - profondi 60cm. Occorre una coreografia perfetta. Le prove si fanno direttamente sul treno, perché insieme al piatto vanno misurati i movimenti in sincronia tra chi a quel piatto lavora.

 

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Banditi i fritti a rischio incendio, sì invece a forni per tutto il possibile, dai brasati al pane caldo. Per 265 coperti da smistare in 6h, sotto la guida di Bodiguel in cucina ci sono 6 cuochi: 3 al caldo, 2 capipartita al freddo, e il sous chef. Bodiguel ci racconta che “la sfida più grande è sulla tratta Londra Parigi, avviene di sera e da Calais a Parigi vanno serviti due turni di cene in pochissimo tempo. Il tempo a bordo va calcolato in base a una timeline fittissima di azioni e compiti di ogni operatore, dove il minimo rallentamento di un anello della catena si ripercuote in maniera esponenziale su tutto il processo”. Un sistema complesso che potrebbe mettere in ansia al solo pensiero, ma ben gestito e celato dietro il sorriso e la disponibilità di un servizio impeccabile che al contrario, ispira tranquillità, lentezza e piacere di indugiare a tavola.

 

 

Pranzo, cena e dopocena

In menu il caviale Beluga Imperial Petrossian (510 euro per 50gr) si accompagna a Champagne Krug 2008 (una bottiglia si aggira sui 410 euro). In mezzo piatti dove la fragranza di ogni ingrediente sorprende i palati più scettici. Ci si rende conto della leggerezza dell’intero menu quando, dopo poche ore, ci bussano alla porta per la cena e si è già pronti per una nuova esperienza. Alla domenica brunch, freschissimo da non dire.

Alla carrozza 3674 si va per il dopocena, per un drink e il piano bar, il pezzo forte è uno shot di Rémy Martin Louis XIII; il mixologist ci dice che costa un po’ - 230euro - ma è raro trovarlo e non si può non cedere al piacere di gustarlo in un’atmosfera come questa. Ma non mancano ovviamente anche cocktails come il Guilty Twelve, preparato con 12 ingredienti misteriosi e ispirato al celebre racconto di Agatha Christie, oppure il British Connection e il Train Stabilizer a base di Remy Martin. New entry il Belmond’zest: profumo d’Italia, a base di Champagne, limoni della Costiera Amalfitana e Sangue Morlacco, un liquore di ciliegie proveniente da un piccolo produttore in terra di Sardegna.

 

Pit stop a Parigi

La notte trascorre rapida e lo scenario delle valli francesi all’alba resta indelebile per sempre. Parigi è la sosta importante di mezzogiorno: mai pit-stop tecnico potrà offrire spettacolo più insolito. È allo scalo di Parigi che la cucina si rifornisce dei prodotti più freschi che arrivano espressi dai mercati generali, con le carni dello stesso macellaio dell’Eliseo. In un programma cadenzato al minuto, tra gesti e compiti assegnati come in una coreografia dalle geometrie accuratamente misurate, la crew di bordo e la squadra in banchina si incrociano e si scambiano pacchi e cassette di carni, pesce, verdura e primizie. Tutto avviene in un silenzio d’ordinanza da massima concentrazione. Sul finestrino della cucina viene ribaltato un drappo di cuoio paracolpi: la mercanzia passa di lì. Chef Christian dirige con pochi gesti, sguardi e abili movimenti di supporto, il sous chef a bordo, posizionato al finestrino, si occupa del double check della bolla di consegna. Non c’è un gesto fuori giro, non uno sfiorarsi né un intralciarsi. La fluidità dei movimenti di tutti all’unisono su tutto ha dell’ipnotico. La scena dura circa 15mn, spettacolo in piano sequenza d’autore che si ripete perfetto e uguale da anni. Cosa sale sul treno dal mercato di Parigi? Frutta fresca, verdure, fragole e fiori di zucca, sembrano pacchetti di gioielleria. Ma il pezzo forte è il trasbordo in treno delle aragoste vive. La ripartenza è prevista intorno alle 12.30. Dopo un’ora esatta, seduti al tavolo glamour delle cucine mobili più cool di ogni tempo, ci serviranno una delle migliori aragoste mai gustate.

 

L’arrivo a Londra

Per quanto desiderato, l'arrivo a Londra - meglio esserne avvisati – è un salto nel tempo non solo metaforico: si avverte netto. La melancolia del distacco dal predellino dei sogni può descriverla solo chi l’ha provata, e proprio per questo è importante assicurarsi un atterraggio morbido. Una cena al The Lanesborough è quel che ci vuole per attutire il ritorno alla realtà. L’aperitivo al The Library Bar, tra i più antichi in città, è d’obbligo. La sala da pranzo al Célèste in stile Regency, regala un’esperienza estetica oltre che culinaria: gli oggetti collezionati sui pannelli azzurri con gli stucchi bianchi sembrano scorci della casa di John Soane a Holborn, la cupola in vetro crea una scena che cambia al variare della luce naturale. Ogni cosa intorno e il menu di grande ricercatezza, leggero ma ricco di sapere e perizia a firma Eric Frechon e Florian Favario, diventano gli ingredienti più adatti per accogliere l’approdo di un viaggio unico come la traversata a bordo del VSOE.

 

Il viaggio in Orient Express è un’onda continua tra vita contemporanea e sogni d’altri tempi che per 36 ore diventano realtà. La notte del rientro alla realtà va onorata al Cafè Royal, sintesi perfetta tra il bel mondo di fine Ottocento e il bel mondo di oggi. Gli interni progettati da Chipperfield immergono in spazi contemporanei tra i più eleganti al mondo. Un afternoon tea al tavolo preferito da Oscar Wilde, nell’antica Grill Room dell’1865, tutta ori e specchi, sarà il suggello al più bel viaggio di sempre.

 

Venice Simplon-Orient-Express https://www.belmond.com/it/venice-simplon-orient-express/

San Clemente Kempinski - Acquerello - Isola San Clemente (VE) - 0414750111- https://www.kempinski.com/en/venice/san-clemente-palace-kempinski/- https://it.lhw.com/hotel/San-Clemente-Palace-Kempinski-Venice-Italy?rooms=1&numadult1=2&numchild1=0

The Lanesborough Hotel - Gran Bretagna - Londra - Hyde Park Corner - +44 (0)20 7259 5599- https://www.oetkercollection.com/destinations/the-lanesborough/- https://it.lhw.com/hotel/The-Lanesborough-London-England?rooms=1&numadult1=2&numchild1=0

Café Royal- - Gran Bretagna - Londra - 68 Regent St, Soho - +44 (20)20 7406 3333- https://www.hotelcaferoyal.com/- https://it.lhw.com/hotel/Cafe-Royal-Hotel-London-England?rooms=1&numadult1=2&numchild1=0

 

a cura di Emilia Antonia De Vivo

Garofalo, operazione trasparenza. Un sito per spiegare come si fa la pasta e da dove viene il grano

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Basta inserire la data di scadenza indicata sul pacco, e il sito restituisce un documento dettagliato sul lotto di provenienza della semola utilizzata per produrre la pasta acquistata. Garofalo promuove un'operazione trasparenza che sfrutta la comunicazione web e gli spot televisivi. L'obiettivo? Non avere segreti, ed educare all'acquisto consapevole. 

Come si fa Garofalo?

L'url del nuovo sito parla chiaro: comesifagarofalo.it è l'ultimo dominio registrato dal pastificio di Gragnano diretto dall'amministratore delegato Massimo Menna (che però è azionista di minoranza, di fronte al gruppo spagnolo Ebro Foods, che detiene la quota di controllo del gruppo dal 2014, e di recente ha acquisito anche il pastificio Bertagni 1882). Uno strumento online a disposizione di tutti, per risalire la filiera fino alle origini della materia prima “utilizzata nella produzione del tuo pacco di pasta”. “Il grano migliore e più adatto alla lavorazione di Pasta Garofalo è prodotto in varie aree geografiche del mondo, dall'Italia fino alle zone calde ed asciutte dell'Arizona e dell'Australia”, spiega una nota introduttiva sul portale in questione. Ben lungi dall'accampare sterili polemiche – quelle che negli ultimi tempi hanno agitato l'industria della pasta di fronte ai nuovi obblighi di legge - dunque, Garofalo sceglie di condividere le sue scelte col consumatore: per risalire alla provenienza delle semole utilizzate sarà sufficiente inserire la data di scadenza indicata sul retro della confezione. La ricerca restituirà un documento completo su provenienza, caratteristiche chimico-fisiche, microbiologiche e igienico-sanitarie della semola utilizzata (ma solo per pacchi di pasta prodotti nel 2017, con scadenza nel 2020, escluse varianti integrale, senza glutine e ai legumi). E, assicura l'azienda, nessuno dei grani utilizzati, provenienti in gran parte dall'Arizona, è trattato con glifosato e pesticidi per accelerarne l'essiccazione, favorita invece dal clima desertico dell'Arizona.

 

Il sito, lo spot, la nuova etichetta. Per il consumo consapevole

Ma il sito è anche un'opportunità per condividere il processo produttivo nelle sue dinamiche più moderne: la pasta di una volta era migliore? No, afferma con sicurezza Garofalo, che in campo mette la sua tecnologia di produzione, entra nel dettaglio dei controlli qualitativi cui sono sottoposti la semola e il prodotto finito, fa largo uso di infografiche e approfondimenti testuali per raccontare come nasce la pasta, dall'impasto alla trafilatura, all'essiccazione (e già che c'è dispensa anche consigli sulla cottura ottimale). Del resto, mutuando un detto della saggezza popolare partenopea, “a robba bella se fa avvedè”, e questo è il motto che prende in prestito Garofalo per riassumere la sua operazione trasparenza, che dall'8 aprile si avvarrà anche di una campagna pubblicitaria televisiva – lo spot Buona Pasta non mente, in due episodi che fanno leva sull'ironia, già disponibili online - e prevede pure un nuovo restyling grafico del packaging, che riporterà informazioni dettagliate sulla materia prima e il processo produttivo, ben oltre gli obblighi previsti per legge sull'etichettatura (la nuova normativa è entrata in vigore qualche mese fa, e prevede l'indicazione di provenienza del grano in etichetta). Mentre online finiranno anche il dettaglio dei controlli a campione che vengono realizzati da un ente esterno sul prodotto finito distribuito nei punti vendita.

 

www.comesifagarofalo.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Shakejob, l'app di Openjobmentis per chi cerca e offre lavoro nella ristorazione. Contro il nero

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L'idea è di quattro giovani ingegneri e Openjomentis l'ha sviluppata intuendone le potenzialità. E infatti l'app, che ha esordito alla fine del 2017 in Lombardia, oggi si diffonde a macchia d'olio in tutta Italia, semplificando lo scambio tra domanda e offerta di lavoro nella ristorazione. Solo con contratti regolari. 

Una risposta al lavoro nero

Openjobmentis, lo fa intuire il nome, è un'agenzia per il lavoro, l'unica quotata in Borsa Italiana. Ma perché il progetto Shakejob vedesse la luce è stato fondamentale l'incontro con 4 ingegneri neolaureati, Alberto Brianza, Carlo Gravina, Alessandro Roveda e Andrea Corsini, ideatori dell'app destinata a facilitare l'incontro tra domanda e offerta nel settore della ristorazione. Un utile strumento per semplificare e regolamentare le pratiche tra chi cerca e chi offre lavoro, in un comparto, l'abbiamo ripetuto più volte, che fatica ad affrancarsi dall'abuso del lavoro nero, complici pure contratti stagionali e turni flessibili, che favoriscono il ricorso a soluzioni poco ortodosse (l'Ispettorato del Lavoro, per il 2017, registra 11mila casi di lavoratori irregolari nel settore, circa un quarto sul totale di controlli effettuati. Il problema l'abbiamo sollevato di recente, in cerca delle motivazioni che portano gli chef ad abbandonare la cucina). E quindi anche un valido alleato per contrastarlo, il fenomeno dell'evasione, facilitando il compito di quei datori di lavoro che vogliono rapportarsi ai candidati in piena trasparenza e legalità, ma soprattutto le dinamiche di relazione di chi un impiego nella ristorazione lo cerca, da cameriere, pasticcere, cuoco, barman, pizzaiolo o lavapiatti che sia.

Shakejob. Come funziona

Come? Attraverso l'app che Openjobmentis ha fatto sua, credendo dall'inizio all'intuizione dei ragazzi, presto concretizzata nel servizio disponibile già dalla fine del 2017, quando Shakejob ha esordito in Lombardia. L'app diventa così un luogo virtuale, una piazza di scambio dove chi cerca personale – anche all'ultimo momento per sostituzioni estemporanee o periodi di lavoro particolarmente intensi – presenta il suo annuncio, ricevendo in tempo reale le candidature per quella posizione. Individuato il match, si stipulerà un regolare contratto di somministrazione a ore – bastano pochi click - e al termine della prestazione sarà Openjobmentis a farsi carico dell'emissione della busta paga per il lavoratore, eliminando un onere per il datore. Del resto il perfezionamento dell'app ha seguito indagini di mercato ben precise, che sviluppano il concetto di flessibilità individuando le prerogative più ricercate dai ristoratori: la velocità della contrattualizzazione, l'individuazione rapida di figure professionali specifiche e certificate, la semplicità nella retribuzione. Ecco, Shakejob cerca di soddisfarle tutte, grazie allo sviluppo di una componente tecnologica all'avanguardia e alla selezione di imprese e candidati qualificati (per poter accedere alla piattaforma è necessario superare un colloquio.

 

Flessibilità e semplificazione

L'intuitività dell'app (qualcuno l'ha voluta paragonare al servizio offerto da Uber) fa il resto: disponibile h24 – dato non trascurabile, considerando che le agenzie del lavoro sono chiuse nel fine settimana, e sbrigare le pratiche burocratiche per attivare un contratto a chiamata è in questo caso impossibile - direttamente dallo smartphone, il servizio ha finito presto per comprendere anche aree della Toscana e del Piemonte, Verona e Padova, Trento e il Friuli, e presto sarà disponibile anche nel Lazio, in Umbria e in Sardegna, con l'obiettivo di coprire tutto il territorio nazionale. La possibilità di assumere ed essere assunti in maniera regolare, ma con agilità, è la carta vincente, tanto che presto il servizio potrebbe toccare anche altri settori dell'ospitalità, l'alberghiero e i servizi turistici. “A oggi sono circa 600 i candidati presenti nella banca dati di Shakejob” rivela Daniela Pomarolli, responsabile del progetto, a Wiredla metà attivi tra Milano e Varese”. Sul suo profilo il candidato può indicare i giorni liberi e il raggio chilometrico entro cui è disposto a muoversi: informazioni utili per sfruttare a pieno l'app, che segnala ai ristoratori in cerca di personale solo i profili idonei alle richieste, incrociando le esigenze di domanda e offerta. E Shakejob sembra mantenere la promessa che è diventata il suo slogan: “Contatto giusto. Contratto giusto”.

 

www.shakejob.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 


Tenoha apre a Milano. Uno spazio per scoprire la cultura giapponese, anche a tavola

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2500 metri quadri in via Vigevano, nell'ex edificio industriale ripensato come spazio fluido e accogliente, per incontrarsi, mangiare, lavorare, fare acquisti attingendo dal catalogo di oggetti di design e prodotti giapponesi. Così si presenta la Tokyo contemporanea a Milano, con un concept store che ruota intorno alla ristorazione, da mattina a sera. 

Il Giappone a Milano

Un concept store per chi apprezza il valore delle piccole cose. Massima popolare che sposa i dettami più inflazionati del pensiero orientale, quella cultura giapponese tanto devota all'armonia degli spazi e alla cura per i dettagli, pur perfettamente calati nell'estetica minimalista che è diventata un marchio di fabbrica del Giappone nel mondo. Tenoha, appena inaugurato a Milano, zona Tortona (in via Vigevano 18, dov'era il temporary store di Ikea) è uno spazio polifunzionale che a questa filosofia si ispira per portare a Milano “l'essenza del Giappone contemporaneo, evidenziandone i trend attuali”. Una formula che, specie in una città inflazionata com'è la Milano di oggi, ci mette poco a trasformarsi in mera operazione commerciale che strizza l'occhio alla mania per tutto ciò che arriva dall'Estremo Oriente, cibo in testa. Il progetto però non è frutto di qualche furbo imprenditore con il pallino per gli affari, ma dell'ennesima società giapponese che si interessa al mercato meneghino negli ultimi mesi (e la prospettiva di fare buoni affari conta anche in questo caso).

Tenoha. Scambio culturale

Sayu ha dato forma al primo spazio Tenoha nel 2014, a Tokyo: in origine un luogo per riunirsi, incontrarsi, realizzarsi. Sì, perché come i moderni spazi adibiti al co-working Tenoha vuole essere il posto giusto per il tempo libero e il relax, ma pure offrire un ambiente confortevole dove lavorare, condividendo gli spazi o ritagliandosi la propria isola. Tutto riassunto graficamente nell'albero che cresce verso il cielo, mettendo le foglie che sono il simbolo di Tenoha (anche per l'attenzione alla sostenibilità ambientale dell'intero progetto). Consolidata la presenza a Tokyo, dove il concept ha sposato l'intenzione di portare la cultura italiana in Giappone (all'interno del complesso anche un ristorante di cucina italiana e il Bondolfi Boncaffè), ora il team intraprende il processo inverso, offrendo all'Italia un avamposto per scoprire la cultura nipponica. Il progetto fa parte di un investimento di più ampio respiro intrapreso da Italia Fudosan Real Estate a partire nel 2017 per lo sviluppo di un'area destinata al retail e al food in via Vigevano. Gli interni dell'ex edificio industriale degli anni Trenta offrono 2500 metri quadri di superficie complessiva, articolata in aree tematiche: lo store con prodotti di design, gli spazi attrezzati destinati al co-working aperti 24/7, uno spazio pop up da valorizzare in partnership con realtà che proporranno attività in linea con la filosofia del luogo, il grande spazio eventi con accesso indipendente per mostre ed occasioni private.

La cucina. Ristorante e caffetteria tra Italia e Giappone

Ma soprattutto la zona dedicata alla somministrazione, caffetteria e ristorante pensati per integrare le due culture gastronomiche, soprattutto in termini di approccio al cliente: l'arte dell'ospitalità giapponese (omotenashi) che incontra gli usi e costumi italiani. Intorno tanto legno e verde che si arrampica sulle pareti, ma un approccio che rifiuta gli stereotipi sull'Oriente tradizionale, puntando invece a rappresentare la Tokyo contemporanea (disponibili anche due salette private in stile giapponese). Circa un centinaio i coperti a disposizione, più una trentina all'aperto, nel cortile interno che d'estate diventerà beer garden, e una proposta che accompagna tutta la giornata, dalle 9 a mezzanotte. Ma cosa si mangia? Pranzo light, con il classico menu delle insalate riletto in chiave nipponica, salsa di sesamo, yuzu, tofu a contaminare le ricette (esempio è la caprese di tofu, con pomodori e salsa di sesamo). Disponibile anche l'opzione bento box, con pollo fritto croccante al sale con foglia di ciliegio, tartare di maguro, verdure di stagione con yuzu (anche in versione vegetariana, con fave grigliate, radice di fiore di loto al matcha, datterini e pere con salsa di sesamo). A cena la proposta è più in linea con la tradizione giapponese da izakaya, tonkatsu, zuppa di miso o di dashi, udon in brodo di maiale, karaage, rana pescatrice allo yuzu, filetto di manzo flambato al sake, e prezzi che spaziano dai 10 ai 25 euro per un piatto principale. Ma prima l'aperitivo, oriental style, con yakitori, kushiage, tempura e altri snack caratteristici dello street food orientale, in abbinamento alla carta dei drink, cocktail con twist all'orientale, bollicine o vini al calice. Dolci altrettanto tradizionali, con mochi preparati sul momento, ma anche gelato e tiramisù al matcha.

Dietro c'è la consulenza di Hideyuki Manaka, chef patron che a Tokyo guida il ristorante Da Fiore ad Omotesando, interpretando la cucina italiana. Sarà questa la chiave per intrecciare con originalità le due anime culinarie di Tenoha? Vedremo se alla lungimiranza dell'operazione commerciale si accompagnerà una buona personalità gastronomica. Di certo, ormai, la piazza cittadina è affollata di validissime insegne per mangiare giapponese. Non sarà semplice.

 

Tenoha – Milano – via Vigevano, 18 – www.tenoha.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Casa Leali: 54 anni in 2 e tanta voglia di fare

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Lo chef emergente dell'anno per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso è un giovane imprenditore – classe 1993 – che insieme al fratello sta regalando alla zona del Garda un nuovo riferimento gastronomico.

 

Neanche esce dall'alberghiero che subito si trova ad avere a che fare non solo con pentole e padelle, ma anche con la gestione di un locale. Quello aperto poco tempo prima dai suoi genitori che ha rilevato con il fratello Marco, 50 anni in 2 e tanta voglia di fare. Lui è Andrea Leali Chef Emergente dell'anno per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso LINK.

Marco e Andrea LealiMarco e Andrea Leali 

Diventare imprenditori

Mentre mi diplomavo all'alberghiero di Gardone Riviera prendevamo il nostro primo locale a Cunettone” racconta Andrea Leali. Quel locale era l'Osteria P.J. poi diventata Pijei, ancor oggi di loro proprietà. “L'avevano aperta i nostri genitori, che però presto si sono resi conto che avere un locale non era quel volevano”. Così Andrea chiama il fratello – all'epoca impiegato in tutt'altro settore - e gli propone di subentrare all'attività. In breve le cose prendono la loro piega: si parte con una cucina semplice, accessibile: “da bistrot”. Marco cambia vita, diventa sommelier dando seguito alla passione, prima solo privata, per il vino e così pongono le basi per il futuro che verrà. E che in buona parte è già qui.

 

 

Dopo qualche stagione decidono di spostarsi e approfittano della casa di famiglia, un grande casale del 1400 dove ancora oggi genitori e fratelli abitano. Prendono una porzione al piano terra e un paio di anni fa la trasformano: cucina, una sala da circa 25 coperti e un altro paio di salette private. Il locale di Cunettone è ancora aperto: “è il nostro bistrot” spiega, indirizzo fondamentale anche per far girare l'economia della piccola azienda familiare. Pochissime prove alle spalle “alcune qui in zona, e un paio di mesi in un ristorate italiano negli Stati Uniti, ma non un nome grosso” racconta e ammette: “avere due realtà da gestire con così poca esperienza non è semplice, ma è una sfida giornaliera”. Fatto sta che i due si lanciano, forti di un locale di proprietà, di un mutuo sulle spalle (“ma è stato un investimento misurato” dice) della sfrontatezza dei loro pochi anni nell'affrontare il carico della gestione economica del ristorante.

 

Da Pijei a Casa Leali

Al bistrot, che Marco ancora riesce a seguire durante il giorno, la proposta è immediata, semplice, lo spazio informale: 20 coperti e un grande bancone, orari elastici e una proposta poco elaborata, anche per la mancanza di spazi e attrezzature. Ci sono piatti tradizionali appena rivisti, e poi salumi e formaggi. Qualche dipendente e la supervisione della mamma. A Casa Leali invece è tutto più ragionato: “è stata l'evoluzione di tante idee che avevamo”.

Millefoglie con sfoglia caramellata, chantilly e profumo d’agrumi 

 

Un passaggio quasi inevitabile, a sentir loro, ma fatto muovendosi con calma: “Lavoriamo solo la sera e osserviamo due giorni di chiusura settimanale. Non facciamo più di 20 coperti” spiega“non abbiamo fretta: abbiamo già fatto degli errori”. Quali? La cucina: “all'inizio non ci rappresentava del tutto”. Qualche esercizio di stile di troppo, “qualche piatto un po' fine a se stesso” e il conto è arrivato subito “l'abbiamo accusata, c'era una curiosità iniziale ma poi abbiamo avuto poco repeat da parte della clientela”. Insomma un posto da provare ma in cui si tornava poco, nel tempo Andrea continuava a fare da sé il suo apprendistato, a suon di prove e di studio. A quel punto il cambio, un annetto fa: “abbiamo fatto una virata più classica, legata al territorio e più rappresentativa di quel che siamo noi”. Bene così: meno effetti speciali e una proposta più centrata. Ora l'obiettivo è formare una squadra forte, con tutte le difficoltà del caso, e continuare su questa strada “anche per essere all'altezza del riconoscimento ricevuto” quando a Roma, alla presentazione della guida del Gambero Rosso, ha avuto modo di incontrare e confrontarsi con colleghi di grande esperienza. Oggi da Casa Leali arrivano giovani del posto e appassionati di alta cucina. “Spendere 50-60 euro a testa per la cena in un piccolo centro come il nostro non è una cosa abituale, ma siamo in posto con molti ristoranti importanti”, il Garda attira tanti da Milano, Bergamo, Verona: “questa è una zona di seconde case” oltre che un'area all'interno nelle traiettorie gourmet. A pochi passi ci sono i fratelli Camanini al Lido 84 e Stefano Baiocco di Villa Feltrinelli, solo per fare due nomi.

Animelle di vitello toscate condite alla milanese

Casa Leali oggi

Tre persone in cucina con un sous chef più grandi di un paio di anni di Andrea, e uno in sala, qualche stagista a rotazione per metter su un ristorante con tutte le cose al posto giusto: dagli antipasti caldi e freddi alle paste ripiene, alla zona per la pasticceria (dove a breve arriverà il terzo fratello, Francesco). E una cucina – la loro - che Andrea non esita a definire istintiva. “Una cucina di pancia, golosa, ricca di tecnica ma senza estremizzazioni o spigoli”. Insomma: “una cucina che ti mette a tuo agio”. Almeno per adesso “magari tra tre mesi c'è stile completamente diverso perché abbiamo voluto cambiare, provare: abbiamo pochi dogmi”. Nessuna definizione definitiva: “non ci siamo mai seduti al tavolo per definire le cose, cambiamo ogni giorno apportando sempre qualcosa di nuovo, interessante” senza un programma prestabilito, insomma: “tendenzialmente ogni 3 o 4 mesi rinnoviamo il menu, sostituiamo circa il 30% dei piatti”. Procedono per intuizioni e slanci “ci attira un ingrediente o una tecnica, da lì parte la ricerca di un abbinamento gustativo o di un'altra tecnica, poi facciamo prove fino a quando non pensiamo che il piatto va bene, e allora lo mettiamo in carta”. Con un focus sulla panificazione che è una passione recente, con la gestione dei lieviti madre “un mondo molto difficile e super affascinante”. Ma non solo.

Trota alpina con i suoi profumi, crema di fagiolo bianco, fieno greco

 

Prodotti e produttori

Così, tra una prova e l'altra, sono nate cose come trota alpina con i suoi profumi, crema di fagiolo bianco, fieno greco, o la vellutata di mandorla cruda, vongole al burro e casaliva (cultivar autoctona del lago di Garda) affumicata, i ravioli di cipolla, sugo di verdure leggermente alcolico, salsa al Franciacorta e rabarbaro, o il risotto con capperi di Gargnano e liquirizia “il piatto che mi entusiasma di più in questo momento, anche perché legato al territorio. Ci sono queste foglie di cappero sottaceto fantastiche, che raccontano la potenza di questa terra”.Tanta brescianità, nessuna imposizione, ma la scelta di concentrarsi sul proprio territorio con estro e libertà. Perché con il cambio del locale, è arrivato, spontaneamente, anche un lavoro molto attento sui fornitori: non più grandi distributori, ma produttori locali con il salto sul mercato di Milano per il pesce di mare e i pescatori del Garda per quello di acqua dolce. A ribadire l'impegno, anche la creazione di Cibodimezzo, che riunisce una decina di ristoratori della zona mettendoli in rete con i produttori. Il risultato? La creazione, per ogni ristorante, di due menu l'anno realizzati solo con prodotti del territorio, che si aggiungono a quelli abituali. Una vetrina per i produttori e uno scambio che mette in rete chi il cibo lo produce, chi lo lavora e chi lo consuma, anche attraverso cene organizzate direttamente nelle aziende agricole del territorio. A mettere in circolo energia, idee e voglia di fare.

 

Casa Leali - Puegnago sul Garda (BS) – via Valle, 1 - 3665296042 - www.casalealiristorante.it

Pijei – Cunettone di Salò (BS) viale Europa, 9 - 0365 42111- https://www.facebook.com/BistroWineBar/?rf=469736366546482

http://www.cibodimezzo.it/

 

a cura di Antonella De Santis 

foto: Nicolò Brunelli

 

Anteprima Oli d'Italia 2018. Centro: i migliori extravergini premiati

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Conto alla rovescia per la presentazione della guida Oli d'Italia 2018, il volume dedicato all'oro verde che raccoglie le più valide aziende olivicole della Penisola. Intanto, ecco le migliori etichette del Centro Italia.

 

Le cultivar

Frantoio, moraiolo, leccino. E ancora itrana, caninese, rosciola, carboncella, raja, e poi intosso, dritta, gentile di Chieti, ascolana tenera. A ogni regione, la sua cultivar, ovvero la sua varietà di oliva. A ogni zona, la sua trama aromatica, i suoi profumi e sapori, la sua piccantezza e il suo amaro. Ci sono le olive da mensa e quelle da olio, le varietà a duplice attinenza, dalle dimensioni e forme diverse, ognuna con i suoi sentori e le sue note. C'è un microcosmo complesso e multiforme, un mondo affascinante profumato di erba fresca che racconta i tanti territori olivicoli italiani, piccoli universi diversi fra loro, nonostante la vicinanza, che ogni assaggiatore deve conoscere bene prima di analizzare un extravergine. Certo, riconoscere le tante cultivar italiane non è sufficiente per poter esaminare un olio: ogni oliva, infatti, assume, modifica, amplifica o riduce le proprie note aromatiche a seconda del periodo di raccolta, della lavorazione e del filtraggio. Difficile riconoscere la stessa nuance - distinta e netta - di pomodoro con la sua foglia in un monocultivar di itrana – tipica varietà laziale della zona della Colline Pontine – in un olio datato, ma soprattutto conservato male. L'identità di ogni oliva, però, è lì, racchiusa nella drupa, pronta a esprimersi in tutta la sua ampiezza nel prodotto finito, se fatto con cura, dedizione, tecnica e precisione.

 

giano

L'origine degli oli

In ogni bottiglia, c'è poi lo zampino della terra d'origine, che gioca un ruolo fondamentale ma non imprescindibile per il risultato finale: il discorso di terroir, l'insieme delle condizioni pedo-climatiche unite alle conoscenze dell'agricoltore, nel mondo olivicolo si fa più intricato e difficile. L'origine dell'olio, però, non deve condizionare gli assaggiatori: ogni extravergine è il frutto di un anno di lavoro, dapprima in campo e poi in frantoio, che varia a seconda dell'olivicoltore e della campagna, e soprattutto delle scelte fatte dall'azienda. E così un frantoio, tipica cultivar toscana caratterizzata da sentori balsamici e da una nota di cipresso, potrà risultare più o meno intenso e persistente a seconda della lavorazione, delle temperature dei macchinari, e dei tempi di raccolta. Senza dimenticare il caso dei blend, l'unione di più varietà che dà vita a oli sfaccettati in cui si fondono più aromi e caratteri. Lo sappiamo bene noi del panel della guida Oli d'Italia, prossima alla pubblicazione (la presentazione è prevista per il 16 aprile al Sol di Verona), che ogni anno ci troviamo a confrontarci con oli della stessa azienda e stessa varietà, completamente diversi dalla campagna precedente. Perché l'extravergine è un prodotto in movimento, in continua evoluzione, che cambia pelle di anno in anno.

 

leccino

Il panorama italiano

Quella della biodiversità olivicola italiana, però, con oltre 500 cultivar censite, è una risorsa da tutelare con cura. Lo conferma David Granieri, presidente Unaprol, Consorzio Olivicolo Italiano, che sottolinea l'importanza di questo tesoro da valorizzare. “L'Italia mantiene saldamente il primato europeo della qualità negli oli extravergine di oliva Dop e Igp con 46 marchi riconosciuti dall'UE. Su questo dobbiamo puntare, esaltando la distintività di prodotti unici, valorizzandoli, rendendoli riconoscibili sui mercati internazionali e sviluppando strategie di marketing adeguate per quello che è il simbolo della dieta mediterranea e una bandiera del made in Italy”. Per raggiungere questo obiettivo, come sempre, occorre fare rete, con “un'azione coordinata e condivisa, anche a livello istituzionale, che possa portare alla difesa delle nostre aziende e a una stabilità produttiva, premessa indispensabile per avere una crescita costante”.

 

olio

Ma non finisce qui, perché l'altro “salto culturale” da fare in campo olivicolo è quello della sensibilizzazione dei consumatori verso un uso consapevole dell'extravergine di qualità. Che è condimento e alimento, “un elemento imprescindibile nella nostra dieta”. La sfida maggiore? “Coniugare la tradizione con l’innovazione tecnologica, per migliorare la qualità di un prodotto che, a differenza di quello degli altri Paesi, è sottoposto a controlli rigorosi con 9 livelli diversi”. Anche per questo è stata creata la guida Oli d'Italia, un manuale destinato “non solo agli addetti ai lavori, ma a tutti coloro che desiderano avvicinarsi a questo affascinante settore e (ri) conoscere l’eccellenza italiana”.

a cura di Michela Becchi

I premiati del Centro

Tre Foglie

Abruzzo

Olio Extravergine di Oliva - Ermoli Crugnale - Pettorano sul Gizio (AQ) - www.crugnale.it

Tre Torri Olio Extravergine d'Oliva -Frantoio della Valle -Prezza (AQ) - www.frantoiodellavalle.com

Erbacius Monocultivar Picholine - Frantoio Hermes - Penne (PE) - www.frantoiohermes.it

Monocultivar Ascolana - Giardini di Giulio - Tocco da Casauria (PE) - www.giardinidigiulio.com

Monocultivar Toccolana Bio - Guardiani Farchione - Tocco da Casauria (PE) - www.guardianifarchione.com

Oliva Grossa Monocultivar Bella di Cerignola - La Selvotta - Vasto (CH) - www.laselvotta.it

Dop Pretuziano delle Colline Teramane Bio – Persiani - Atri (TE) - www.aziendapersiani.it

Olio Musino Monocultivar Ascolana Tenera – Skygreen - Nocciano (PE) - www.skygreen.eu

Filodolio Monocultivar Intosso - Tenuta Sant'Ilario - Pineto (TE) - www.tenutasantilario.com

Veneranda 19 - Tenuta Zuppini - Torricella Sicura (TE) - www.tenutazuppini.com

Dop Colline Teatine Bio - Tommaso Masciantonio - Trappeto di Caprafico - Casoli (CH) - www.trappetodicaprafico.com

L'Olio Monocultivar Intosso - Tommaso Masciantonio - Trappeto di Caprafico - Casoli (CH) - www.trappetodicaprafico.com

Monocultivar Crognalegno - Tommaso Masciantonio - Trappeto di Caprafico - Casoli (CH) - www.trappetodicaprafico.com

Lazio

Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana - Alfredo Cetrone - Sonnino (LT) - www.cetrone.it

Olivastro Monocultivar Itrana Bio - Americo Quattrociocchi - Alatri (FR) - www.olioquattrociocchi.it

Olio Extravergine di Oliva - Antiche Terre Pacella - Sgurgola (FR) - www.oliomontilepini.it

Athos - Boni Francesca - Vetralla (VT) - www.oliotraldi.com

Evo Dop Tuscia Monocultivar Caninese - Colli Etruschi - Blera (VT) - www.collietruschi.it

Cajeta Monocultivar Itrana - Cosmo Di Russo - Gaeta (LT) - www.olivadigaeta.it

Dop Sabina – DueNoveSei - Moricone (RM) - www.duenovesei.com

Colle del Polverino Monocultivar Itrana Bio - Francesco Saverio Biancheri - Priverno (LT) - www.colledelpolverino.it

Monocultivar Itrana Bio - I Lori - Cori (LT)

Grand Cru Gioacchina Pen Monocultivar Pendolino - Ione Zobbi - Canino (VT) - www.iandp.it

Le Ciaie Monocultivar Itrana – Mandrarita - Itri (LT) - www.mandrarita.it

Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana - Oleum Summum - Sonnino (LT) - www.oleumsummum.it

Carventum Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana – Oscar - Rocca Massima (LT) - www.oscarfrantoio.it

Monocultivar Itrana Bio - Paola Orsini - Priverno (LT) - www.olioorsini.it

Monocultivar Caninese Bio - Sergio Delle Monache – Tamia - Vetralla (VT) - www.oliotamia.com

Formica Alta - Tenuta di Carma - Bagnoregio (VT) - www.concarma.com

Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana Bio - Villa Pontina - Sonnino (LT) - www.olio.villapontina.it

Marche

Olio Extravergine di Oliva - Del Carmine – Ancona - www.aziendadelcarmine.it

Monocultivar Ascolana Tenera - Gioacchino Garofoli - Castelfidardo (AN) - www.garofolivini.it

Monocultivar Piantone di Mogliano Bio - I Tre Filari - Recanati (MC) - www.itrefilari.it

Frà Bernardo Monocultivar Tenera Ascolana Bio - Il Conventino di Monteciccardo - Monteciccardo (PU) - www.conventinomonteciccardo.bio

Risveglio Monocultivar Raggiola - Massimo Mosconi – Emozioneolio - Serrungarina (PU) - www.emozioneolio.com

Monocultivar Ascolana Tenera – Montecappone - Jesi (AN) - www.montecappone.com

Monocultivar Ascolana Tenera - Olive Gregori - Montalto delle Marche (AP) - www.olivegregori.it

Monocultivar Picholine - Poldo Service - Castelfidardo (AN) - www.poldoservice.it

Evoo Monocultivar Ascolana Tenera Bio - Tenuta 100 Torri - Ascoli Piceno - www.evoo.it

Toscana

Ad Astra Monocultivar Leccino – Casagrande - Figline e Incisa Valdarno (FI) - www.fattoriacasagrande.it

Castello di Fonterutoli Dop Chianti Classico - Castello di Fonterutoli - Castellina in Chianti (SI) - www.mazzei.it

Monocultivar Frantoio Bio - Fattoria Corzano e Paterno - San Casciano in Val di Pesa (FI) - www.corzanoepaterno.com

Olio Extravergine di Oliva Bio Fattoria di Lavacchio - Pontassieve (FI) - www.fattorialavacchio.com

Olio Extravergine di Oliva Bio Denocciolato - Fattoria di Monti - Peccioli (PI) - www.fattoriadimonti.it

Monocultivar Moraiolo Bio - Fattoria Ramerino - Bagno a Ripoli (FI) - www.fattoriaramerino.it

Monocultivar Raggiolo Denocciolato Bio – Fèlsina - Castelnuovo Berardenga (SI) - www.felsina.it

Grand Cru - Fonte di Foiano - Castagneto Carducci (LI) - www.fontedifoiano.com

Rose Monocultivar Olivastra Seggianese - Frantoio Franci - Castel del Piano (GR) - www.frantoiofranci.it

Dop Chianti Classico - Frantoio Pruneti - Greve in Chianti (FI) - www.pruneti.it

Monocultivar Leccio del Corno - Giacomo Grassi - Greve in Chianti (FI) - www.giacomograssi.com

Monocultivar Leccio del Corno - I Greppi di Silli – Miciolo - San Casciano in Val di Pesa (FI) - www.igreppidisilli.com

Monocultivar Maurino Bio - Il Casalone Vignoli - San Casciano in Val di Pesa (FI)

1929 Monocultivar Frantoio - Il Felciaio - Castagneto Carducci (LI) - www.ilfelciaio.it

Monocultivar Pendolino Bio - La Ranocchiaia - San Casciano in Val di Pesa (FI) - www.laranocchiaia.it

Dop Chianti Classico Monocultivar Correggiolo - Losi Querciavalle - Castelnuovo Berardenga (SI) - www.agricolalosi.it

Olio Extravergine di Oliva - Olio di Dievole - Gaiole in Chianti (SI) - www.dievole.it

L'Olinto Dop Chianti Classico Monocultivar Frantoio Bio - Podere Grassi - Greve in Chianti (FI)

Olio Extravergine di Oliva Bio - Poggio di Sotto - Montalcino (SI) - www.collemassari.it

Monocultivar Leccino Bio – Pruneti - Greve in Chianti (FI) - www.pruneti.it

Idillio Bio - Reto di Montisoni - Bagno a Ripoli (FI) - www.retodimontisoni.it

Olio Extravergine di Oliva Bio – Roncigliano - Scandicci (FI) - www.roncigliano.com

Olio Extravergine di Oliva – Sàgona - Loro Ciuffenna (AR) - www.sagona.it

Madrechiesa Igp Toscano – Terenzi - Scansano (GR) - www.terenzi.eu

Umbria

Tremilaolive Monocultivar Borgiona - Castello Monte Vibiano Vecchio - Marsciano (PG) - www.montevibiano.it

Monocultivar Moraiolo – Decimi - Bettona (PG) - www.oliodecimi.it

Dop Umbria Colli Assisi Spoleto - Frantoio di Spello - Spello (PG) - www.frantoiodispello.it

Quinta Luna - Frantoio Gaudenzi - Trevi (PG) - www.frantoiogaudenzi.it

Istante Monocultivar Moraiolo - Frantoio Loreti - Gualdo Tadino (PG) - www.frantoioloreti.it

Canale - Frantoio Ranchino - Orvieto (TR) - www.frantoioranchino.it

Olio Extravergine di Oliva Bio - Giovanni Batta – Perugia - www.frantoiobatta.it

Monocultivar Ascolana - Giulio Mannelli - Bettona (PG) - www.agrariamannelli.it

L'Affiorante Monocultivar Moraiolo Bio – Marfuga - Campello sul Clitunno (PG) - www.marfuga.it

Olio Extravergine di Oliva - Nello Filippi Coccetta - Giano dell'Umbria (PG)

Monocultivar San Felice - Oro di Giano – Agricadd - Giano dell'Umbria (PG) - www.orodigiano.it

Olio Flaminio Fruttato - Trevi Il Frantoio - Trevi (PG) - www.olioflaminio.it

Inprivio Monocultivar Frantoio – Viola - Foligno (PG) - www.viola.it

Due Foglie Rosse

Abruzzo

Majia Monocultivar Coratina - Cascina Bruno - Elice (PE)

Monocultivar Ascolana - Fattoria Torre delle Valli - Civitella Casanova (PE) - www.fattoriatorredellevalli.it

Fines Vestinorum - Frantoio Hermes - Penne (PE) - www.frantoiohermes.it

Vesta Dop Aprutino Pescarese Bio - Frantoio Hermes - Penne (PE) - www.frantoiohermes.it

Electum - La Selvotta - Vasto (CH) - www.laselvotta.it

Dop Aprutino Pescarese - Sandro Di Giacomo - Pianella (PE)

Olio Extravergine di Oliva Bio - Sandro Di Giacomo - Pianella (PE)

Olio Extravergine di Oliva - Tocco d'Italy - Tocco da Casauria (PE) - www.toccoditaly.com

Lazio

In Monocultivar Itrana - Alfredo Cetrone - Sonnino (LT) - www.cetrone.it

Superbo Monocultivar Moraiolo Bio - Americo Quattrociocchi - Alatri (FR) - www.olioquattrociocchi.it

Eximius Monocultivar Caninese - Boni Francesca - Vetralla (VT) - www.oliotraldi.com

Io Bio - Colli Etruschi - Blera (VT) - www.collietruschi.it

Cavarossa - Cosmo Di Russo - Gaeta (LT) - www.olivadigaeta.it

Don Pasquale Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana - Cosmo Di Russo - Gaeta (LT) - www.olivadigaeta.it

Monocultivar Leccio del Corno – DueNoveSei - Moricone (RM) - www.duenovesei.com

Monocultivar Itrana - Filomena Coletta - Casino Re - Sonnino (LT) - www.casinore.it

Colle del Polverino Bio - Francesco Saverio Biancheri - Priverno (LT) - www.colledelpolverino.it

Colle del Polverino Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana Bio - Francesco Saverio Biancheri - Priverno (LT) - www.colledelpolverino.it

Etichetta Oliva Verde Dop Sabina - Frantoio Oleario F.lli Narducci - Moricone (RM) - www.frantoionarducci.it

Antinoo Bio - Gianluca Maria Lauri - Tivoli (RM)

Olitrana Monocultivar Itrana - Gregorio De Gregoris - Sonnino (LT) - www.olitrana.it

Monocultivar Coratina - Il Simposio - Nettuno (RM) - www.aziendailsimposio.com

La Cesa Monocultivar Itrana Bio - La Tenuta dei Ricordi - Lenola (LT) - www.latenutadeiricordi.net

Monocultivar Maurino - Laura De Parri - Cerrosughero - Canino (VT) - www.oliocerrosughero.it

Monocultivar Caninese - Luca Di Piero - Civita Castellana (VT) - www.aziendaagricolalucadipiero.it

Monocultivar Itrana - Luca Rossi – Sangregorio - Santi Cosma e Damiano (LT) - www.oliosangregorio.it

Olio La Macéra Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana - Michele Costantini - Sezze (LT) - www.lamacera.it

Dop Colline Pontine Monocultivar Itrana Bio - Paola Orsini - Priverno (LT) - www.olioorsini.it

Monocultivar Maurino Bio - Sergio Delle Monache – Tamia - Vetralla (VT) - www.oliotamia.com

Cocceio Bio - Tenuta Colfiorito - Castel Madama (RM) - www.colfio.it

100% Carma - Tenuta di Carma - Bagnoregio (VT) - www.concarma.com

San Sebastiano - Tenuta Di Ponio - Castelforte (LT) - www.tenutadiponio.it

Marche

Monocultivar Piantone di Mogliano Bio – Bonfigli - Falerone (FM) - www.aziendabonfigli.it

Monocultivar Piantone di Mogliano - Casolare della Quiete - Corridonia (MC) - www.casolaredellaquiete.it

Oleo De La Marchia Monocultivar Ascolana - Del Carmine – Ancona - www.aziendadelcarmine.it

Oleo De La Marchia Monocultivar Frantoio - Del Carmine – Ancona - www.aziendadelcarmine.it

Monocultivar Moraiolo - Fattoria Le Terrazze - Numana (AN) - www.fattorialeterrazze.it

Monocultivar Mignola Bio - I Tre Filari - Recanati (MC) - www.itrefilari.it

Monocultivar Raggia Bio - I Tre Filari - Recanati (MC) - www.itrefilari.it

Frà Giocondo Monocultivar Leccino Bio - Il Conventino di Monteciccardo - Monteciccardo (PU) - www.conventinomonteciccardo.bio

Frà Pasquale Monocultivar Raggiola Bio - Il Conventino di Monteciccardo - Monteciccardo (PU) - www.conventinomonteciccardo.bio

Spalià Monocultivar Ascolana Tenera - L' Olivaio Frantoio Oleario - Castelleone di Suasa (AN) - www.lolivaio.it

Sbarrè - Luigi Zura Puntaroni - San Severino Marche (MC)

Olio Extravergine di Oliva - Oleificio Venturi Agape - Sassocorvaro (PU) - www.olioagape.it

Toscana

Monocultivar Frantoio Dop Chianti Classico - Barone Ricasoli - Castello di Brolio - Gaiole in Chianti (SI) - www.ricasoli.it

Grifo Monocultivar Frantoio – Belvedere - Capannori (LU)

Castello di Fonterutoli Dop Chianti Classico - Castello di Fonterutoli - Castellina in Chianti (SI) - www.mazzei.it

Privilegio Foglia Bianca Igp Toscano Bio - Consorzio Produttori Olio Colline di Pisa - Palaia (PI) - www.olioprivilegio.com

Monocultivar Pendolino Bio - Fattoria Corzano e Paterno - San Casciano in Val di Pesa (FI) - www.corzanoepaterno.com

Monocultivar Moraiolo Bio Denocciolato - Fattoria di Monti - Peccioli (PI) - www.fattoriadimonti.it

Monocultivar Frantoio Bio - Fattoria Ramerino - Bagno a Ripoli (FI) - www.fattoriaramerino.it

Igp Toscano Colline di Firenze - Fattorie Parri - Montespertoli (FI) - www.fattorieparri.it

Monocultivar Moraiolo Denocciolato Bio – Fèlsina - Castelnuovo Berardenga (SI) - www.felsina.it

1979 - Fonte di Foiano - Castagneto Carducci (LI) - www.fontedifoiano.com

Riflessi Monocultivar Maurino - Fonte di Foiano - Castagneto Carducci (LI) - www.fontedifoiano.com

Villa Magra - Frantoio Franci - Castel del Piano (GR) - www.frantoiofranci.it

Villa Magra Grand Cru Monocultivar Correggiolo - Frantoio Franci - Castel del Piano (GR) - www.frantoiofranci.it

Monocultivar Olivo Bianco - Giacomo Grassi - Greve in Chianti (FI) - www.giacomograssi.com

Olio Extravergine di Oliva Bio – Grattamacco - Castagneto Carducci (LI) - www.collemassari.it

Proxima Saecvla - I Greppi di Silli – Miciolo - San Casciano in Val di Pesa (FI) - www.igreppidisilli.com

Monocultivar Correggiolo Bio - Il Casalone Vignoli - San Casciano in Val di Pesa (FI)

Casetta - Il Felciaio - Castagneto Carducci (LI) - www.ilfelciaio.it

Monocultivar Frantoio - Il Peraccio - Paterno di Pelago - www.ilperaccio.it

Agrifoglio - Il Violone - Figline e Incisa Valdarno (FI)

Podere Curcugnano Monocultivar Frantoio Igp Toscano Colline di Firenze - Italo Chelli - Bagno a Ripoli (FI) - www.agriturismocircugnano.it

Dop Chianti Classico Bio - La Ranocchiaia - San Casciano in Val di Pesa (FI) - www.laranocchiaia.it

Monocultivar Correggiolo Bio - La Ranocchiaia - San Casciano in Val di Pesa (FI) - www.laranocchiaia.it

Olio Extravergine di Oliva – Lanciola - Impruneta (FI) - www.lanciola.it

Orum Igp Toscano Monocultivar Olivastra Seggianese - Le Pusciane - Seggiano (GR) - www.lepusciane.it

Monocultivar Coratina - Olio di Dievole - Gaiole in Chianti (SI) - www.dievole.it

Monocultivar Nocellara - Olio di Dievole - Gaiole in Chianti (SI) - www.dievole.it

L'Olinto Dop Chianti Classico Monocultivar Leccino Bio - Podere Grassi - Greve in Chianti (FI)

Macchia Monocultivar Maurino Bio - Podere Riparbella - Massa Marittima (GR) - www.riparbella.com

Monocultivar Frantoio Bio – Pruneti - Greve in Chianti (FI) - www.pruneti.it

Olio Extravergine d'Oliva Bio - Reto di Montisoni - Bagno a Ripoli (FI) - www.retodimontisoni.it

Purosangue Igp Toscano – Terenzi - Scansano (GR) - www.terenzi.eu

Monocultivar Pendolino Bio - Val di Lama - Pontedera (PI) - www.valdilama.it

Dop Lucca - Villa Santo Stefano – Lucca - www.villa-santostefano.it

Umbria

Emozione – Decimi - Bettona (PG) - www.oliodecimi.it

Olio Extravergine di Oliva – Flea - Gualdo Tadino (PG) - www.birraflea.com

Olio Extravergine di Oliva - Frantoio di Spello - Spello (PG) - www.frantoiodispello.it

Olio Extravergine di Oliva Bio - Frantoio di Spello - Spello (PG) - www.frantoiodispello.it

Chiuse di Sant'Arcangelo Monocultivar Moraiolo - Frantoio Gaudenzi - Trevi (PG) - www.frantoiogaudenzi.it

Memoria - Frantoio Loreti - Gualdo Tadino (PG) - www.frantoioloreti.it

Poggio Amante Dop Umbria Colli Orvietani - Frantoio Ranchino - Orvieto (TR) - www.frantoioranchino.it

Verdoro Monocultivar Frantoio - Frantoio Speranza - Giano dell'Umbria (PG) - www.frantoiosperanza.com

Dop Umbria Colli del Trasimeno Bio - Giovanni Batta – Perugia - www.frantoiobatta.it

Olio Extravergine di Oliva - Giulio Mannelli - Bettona (PG) - www.agrariamannelli.it

Casa Gola - Luciana Cerbini - Bevagna (PG) - www.casagola.com

Dop Umbria Colli Assisi Spoleto Bio – Marfuga - Campello sul Clitunno (PG) - www.marfuga.it

Trace Monocultivar Frantoio Bio – Marfuga - Campello sul Clitunno (PG) - www.marfuga.it

Muraiolo Monocultivar Moraiolo – miaITALY - Spello (PG) - www.miaitaly.it

Olio del Cardinale - Molino Il Fattore - Foligno (PG) - www.luigitega.it

Selection Selezione Speciale Bio - Molino Il Fattore - Foligno (PG) - www.luigitega.it

Basilio Oro di Giano - Oro di Giano – Agricadd - Giano dell'Umbria (PG) - www.orodigiano.it

Monocultivar Leccino Bio – Stoica – Perugia - www.stoicaitaly.com

Monocultivar Moraiolo Bio – Stoica – Perugia - www.stoicaitaly.com

Colleruita Dop Umbria Colli Assisi Spoleto – Viola - Foligno (PG) - www.viola.it

Costa del Riparo Bio – Viola - Foligno (PG) - www.viola.it

Le migliori pasticcerie di Palermo e dintorni: 9 indirizzi imperdibili

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Mangiare a Palermo è un'esperienza gastronomica indimenticabile. Oltre alle tante prelibatezze salate, a catturare l'attenzione dei buongustai di tutto il mondo sono i dolci golosi e ricchi di gusto. 9 indirizzi per assaggiare i migliori della zona.

 

Oltre a essere una delle mete turistiche più gettonate dell'isola e la Capitale Italiana della Cultura 2018, Palermo è una città che custodisce una tradizione gastronomica antichissima, frutto – come le altre cucine locali – delle tante dominazioni diverse (arabe e spagnole in primis) che si sono susseguite negli anni, lasciando una traccia indelebile anche nella tavola. Fra le tante specialità del luogo, a cominciare dal cibo da strada, golosa interpretazione delle straordinarie materie prime del territorio, fra pani ca' meusa e sfincione, trova spazio anche l'arte dolciaria, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Dalla cassata ai cannoli, ecco dove trovare i migliori dolci del capoluogo siciliano (e zone limitrofe) secondo la guida Pasticceri & Pasticcerie 2018 del Gambero Rosso.

Accardi – Palermo

Un locale polifunzionale che coniuga diverse anime, dalla pasticceria al bar, passando per la gastronomia. Ai dolci, Antonino Accardi con il fratello Luigi, che da oltre 40 anni si impegnano ogni giorno nella preparazione di creazioni dal gusto unico. Si comincia con i lieviti appena sfornati, fra cornetti classici, integrali al miele, con mandorle o treccine ripiene di golosa crema pasticcera. Fra le specialità della casa, le proposte da ricorrenza: uova di cioccolata, dolci della tradizione, torroni, panettoni e colombe. Interessante l'offerta di pasticceria secca, in particolare i biscotti del faraone al Kamut e i pasticcini con mandorle e pistacchi, ma non sono da meno i dolci da frigo, come i profiterole, le cassate e le torte Gattopardo con frolla al pistacchio, cremoso al cioccolato, mousse di ricotta di pecora, pan di Spagna al mandarino e copertura di glassa alla nocciola. Completano il quadro frutta Martorana, gelati e una linea di praline al cioccolato sfiziosa e ben fatta.

 

accardi

Accardi – Palermo – via G. Amoroso, 1 – 091485797 – www.accardipasticceria.com

Alba – Palermo

Nel 2016 un importante lavoro di ristrutturazione ha ridotto i posti a sedere, ma ha donato leggerezza e luminosità a questa storica insegna palermitana che oggi, oltre alla sede di piazza Don Bosco, conta anche un punto vendita a Mondello, vicino al mare, e uno nella zona residenziale di via Empedocle Restivo. Si tratta di un locale ben consolidato sia sul fronte dolce che salato, con un'offerta ampia e variegata che spazia dalla cassata alle arancine, dal gelato di caffè con panna alle brioche. Buoni i babà, i cannolicchi, i cestini di panna e fragole, e ottimo anche il gelo di anguria, qui chiamata “mellone”. Alba è anche un indirizzo di riferimento per la pausa pranzo e l'aperitivo, con proposte salate che alternano la rosticceria tipica regionale ai piatti di pasta più celebri, come i famosi anelletti al forno.

 

alba

Alba – Palermo – piazza Don Bosco, 7c – 091309016 – www.pasticceriaalba.it

Antica Pasticceria Don Gino – Bagheria

Un'insegna storica, nata nel '49 per volontà di Eugenio (detto Gino) Codogno, e che negli anni ha saputo restare al passo coi tempi, coniugando la tradizione del passato alle tecniche di pasticceria più innovative. L'ambiente, infatti, è fresco e moderno, dallo stile essenziale e curato nei minimi dettagli, mentre l'offerta resta saldamente ancorata alle ricette tipiche dell'isola, senza però risultare banale. Cavallo di battaglia del locale sono le granite, disponibili nei 4 gusti classici - arancia, limone, mandorla e caffè - da gustare con brioche soffici e ariose, perfette per essere inzuppate oppure farcite con del buon gelato artigianale. Fra cassate e carretti siciliani con cesti di frutta Martorana, trovano spazio anche specialità come la cheesecake e i cupcakes, ideali per la pausa merenda, da accompagnare a una buona tazza di tè o una cioccolata calda fatta in casa.

 

don gino

Antica Pasticceria Don Gino – Bagheria (PA) – via D. Alighieri, 66 – 091968778 – www.pasticceriadongino.it

Antico Caffè Spinnato – Palermo

Uno dei nomi storici della città, l'Antico Caffè Spinnato è un'istituzione che ha saputo rinnovarsi e investire sempre più. L'ultimo colpo di Riccardo Spinnato è la collaborazione un pasticcere di rango quale è Maurizio Santin uno dei grandi nomi dell'arte pasticcera nostrana, nato e cresciuto nel ristorante di famiglia, l'Antica Osteria Del Ponte di Cassinetta di Lugagnano, poi da tempo tra i volti del Gambero Rosso Channel con “Dolcemente”, “Dolci di casa”, “Dolcemente con”, “Questo l'ho fatto io”. In Sicilia, Santin si impegna a dare nuova vita alle specialità locali, rispettando sempre il gusto della tradizione, ma aggiungendo il suo tocco personale, più fresco e moderno, maggiormente in linea con la pasticceria contemporanea. Così facendo, è riuscito a portare la celebre insegna palermitana ai vertici della guida Pasticceri&Pasticcerie, conquistando le Tre Torte, massimo riconoscimento. E lo ha fatto grazie alla sua tecnica impeccabile, unita all'esperienza e la manualità di chi con le mani in pasta ci ha passato buona parte della sua vita. Nel locale è oggi possibile trovare creazioni originali come la Tre veli e mezzo, un crumble al cacao con biscotto al cioccolato, frangipane al pralinato nocciola e una glassa lucida al cioccolato. Da non perdere la rivisitazione estiva della cassata, con mousse di ricotta, biscotto al pistacchio, cremoso agli agrumi, glassa bianca e agrumi canditi, e poi il Santin-buccellato, glassa e mousse di mandorle con cuore di frutta e fichi secchi, salsa di nocciole, biscotto alla mandorla e frolla.

 

spinnato

Antico Caffè Spinnato - Palermo - Via Principe di Belmonte, 111 - 0917495104 - www.caffespinnato.it/

Cappello – Palermo

Ancora un'insegna di riferimento che si amplia, cambia pelle, mantenendo però invariato l'alto standard di qualità delle materie prime e tecniche di lavorazione. La pasticceria Cappello negli ultimi anni è cresciuta e, oltre alla scuola di cucina Cappello Pastry Academy accanto alla sede di via Colonna Rotta, al punto vendita centrale di via Garzilli, da due anni a questa parte conta anche un nuovo avamposto, il Cappello Bistrot, sotto la monumentale Porta Nuova. A coadiuvare l'attività, la terza generazione della famiglia, guidata da Giovanni: classe '86, talento da vendere ed estremo rigore sulla selezione dei prodotti. Dal laboratorio escono éclair dal gusto e l'estetica mirabile, macaron dalle ganache più disparate e cioccolatini e praline di grande qualità. Il set di monoporzioni è sontuoso, fra mousse assortite e tiramisù da maestro, cassatine tradizionali e non, cestini di panna con fragoline e babà al rum. I più fortunati, potranno trovare anche pagnotte a lievitazione naturale appena sfornate, preparate da papà Salvatore, che segue ancora buona parte della produzione. Al mattino, cornetti al burro e brioche al cioccolato, gustosi e ben lievitati così come le sfoglie alla frutta.

 

cappello

Cappello – Palermo – via Colonna Rotta, 68 – 091489601 – www.pasticceriacappello.it

Caffè Delizia – Bolognetta

La famiglia Lo Faso gestisce con amore e professionalità da oltre 30 anni quella che fin dall'inizio ha rappresentato un punto di riferimento per i golosi della zona e non solo. Alla guida del laboratorio, Giuseppe, appassionato pasticcere che prende ispirazione dalla tradizione regionale, rivisitandola con gusto e personalità. Nascono così le sue creazioni dolci più apprezzate, come le mini Operà o le piccole briochine con mousse di pistacchio e ricotta. Non mancano i cannoli, impeccabili per fragranza del guscio e qualità della ricotta di pecora, proveniente da piccoli allevamenti locali, e poi le cassate, gustose e ben decorate. Presenti anche semifreddi e torte moderne, con glasse lucide e farce originali. Al fianco dell'artigiano, il figlio Mauro, ideatore della Sweet Room, una saletta dove concedersi una sosta golosa, indugiando senza fretta dalla colazione – con i lieviti ben alveolati e ripieni di confetture fatte in casa – alla merenda. Nei periodi di festa è possibile acquistare anche i grandi lievitati, oltre alle uova di cioccolato di Pasqua.

 

delizia

Caffè Delizia – Bolognetta (PA) – via V. Emanuele, 38 – 0918724324 – www.pasticceriadelizia.it

Oriens Bar – Lercara Friddi

Una pasticceria a gestione familiare che nel tempo ha saputo conquistare il cuore degli abitanti della zona, spingendo anche i turisti a far visita al piccolo paesino di Lercara Friddi, nel cuore dell'isola. Un punto di ritrovo per i buongustai, che qui possono contare su gelati artigianali cremosi e realizzati con ingredienti di prima scelta, biscotti secchi della tradizione e una selezione di praline di tutto rispetto. All'Oriens Bar, però, ci si viene soprattutto per i lieviti della prima colazione: sfoglie croccanti profumate di burro buono che strizzano l'occhio alla tradizione francese, croissant ripieni di creme ricche e vellutate, confetture di frutta e cioccolata, perfette da accompagnare a espressi e cappuccini. A completare l'offerta, i grandi lievitati delle feste, e una proposta di torte e semifreddi da non perdere.

 

oriens bar

Oriens Bar – Lercara Friddi (PA) – piazza Umberto I, 6 – 0918251530 - www.facebook.com/PasticceriaOriens/

Pasticceria Palazzolo – Cinisi

Affacciata su via Nazionale, al centro della vita residenziale del comune di Cinisi, la Pasticceria Palazzolo è il luogo ideale per prendere il tè, mangiare un buon dolce e ritrovare il gusto di una pausa all'insegna del relax. In laboratorio, Santi Palazzolo, che con la moglie Nunzia gestisce l'intera attività insieme a quattro dei loro cinque figli. L'offerta è ampia e va dai croissant per la prima colazione, fragranti e scioglievoli, tutti realizzati con pasta madre, alle proposte di rosticceria. A giocare la parte del leone, però, sono i mignon e le monoporzioni, buccellati e cassate in primis. Anche se non sono da meno i cannoli di ricotta e i dolcetti alle mandorle. Ottimi anche i tronchetti, le granite, i dessert al piatto e il comparto biscotteria.

 

palazzolo

Pasticceria Palazzolo – Cinisi (PA) – via Nazionale, 123 – 0918665265 – www.asticceriapalazzolo.com

Sciampagna – Marineo

Passano gli anni ma il suo locale continua a stupire per un'eleganza senza pari, sia negli arredi curati, sia nel rigore di ogni singola proposta. Che si tratti di dolce o salato, Carmelo Sciampagna porta avanti, senza sosta, la sua ricerca della perfezione. Offrendo ai clienti una pasticceria moderna realizzata con tecnica e sensibilità, gusto e attenzione. Da anni segnalato come uno dei più validi artigiani del territorio siciliano – e di tutta la Penisola – nell’ultima edizione della guida del Gambero Rosso, Carmelo si è guadagnato per la prima volte le Tre Torte. E non c'è da stupirsi che un allievo di Iginio Massari, viaggiatore instancabile, con il pallino per il buon cioccolato, sia entrato a pieno diritto nell'Olimpo dei grandi pasticceri d'Italia. Tra i prodotti, ottime la rosticceria tipica e la pasticceria tradizionale, fatta di savoiardi eterei e cantucci squisiti, torte Saint Honoré e Delizia, ma una volta varcato l'ingresso del locale è impossibile resistere alla tentazione delle monoporzioni. E poi i mignon (imperdibile la quadra al limone), le torte moderne, come la Lorenzo bye bye con croccante al limone, bavarese di cioccolato bianco e limone, biscuit al pistacchio e fragole. Non deludono i croissant, così come i fagottini con pere e anice stellato e le veneziane ripiene di crema pasticcera setosa e dal gusto impeccabile.

 

sciampagna

Sciampagna – Marineo (PA) – via Agrigento, 17 – 0918727508 – www.pasticceriasciampagna.it

a cura di Michela Becchi

Pasticceri & Pasticcerie 2018 del Gambero Rosso | Prezzo: 14,90 | disponibile in edicola, libreria e online

Pasticceri & Pasticcerie 2018 del Gambero Rosso. Classifica e premiati

Le migliori pasticcerie di Bolzano e dintorni: 5 indirizzi imperdibili

Le migliori pasticcerie di Salerno e dintorni: 9 indirizzi imperdibili

Le migliori pasticcerie di Padova e dintorni: 6 indirizzi imperdibili

Le migliori pasticcerie di Bologna e dintorni: 7 indirizzi imperdibili

Le migliori pasticcerie di Siracusa e dintorni: 7 indirizzi imperdibili

Le migliori pasticcerie di Bergamo e dintorni: 7 indirizzi imperdibili

Le migliori pasticcerie di Roma: 10 indirizzi da provare

Da enoteca a ristorante: il P Franco di Londra apre un nuovo locale ad Hackney

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P Franco, per gli amatori inglesi del vino, non ha bisogno di molte presentazioni: si tratta di una delle enoteche più note dell'East End, fra vini naturali e una cucina di stampo internazionale e dallo stile contemporaneo. Che fra pochi mesi sarà disponibile anche in un nuovo locale, Bright, un ristorante ad Hackney gestito dal team del P Franco.

 

P Franco

In viticoltura, quando si parla di “piede franco”, ci si riferisce a quelle viti non innestate su radici americane dopo la piaga della fillossera. A Londra, invece, P Franco – nome che fa riferimento proprio a questa pratica agronomica – è uno dei wine bar più in voga della capitale. Un punto di riferimento per tutti gli amanti del buon bere (e della buona tavola) ad Hackney, una delle zone più caratteristiche per la movida cittadina, un'area in pieno fermento, fra ristoranti d'autore, pub di livello, format insoliti, negozi alla moda e mostre d'artisti. Un punto nevralgico della capitale, polo d'attrazione per giovani ma anche per gli amanti del gusto e dell'estetico, che a breve potrà vantare un nuovo indirizzo di qualità firmato P Franco.

Il nuovo progetto

Si chiama Bright, ed è l'avventura degli chef William Gleave e Peppe Belvedere, che affiancheranno Phil Bracey, manager dell'enoteca e addetto ai cocktail. Negli spazi dell'ex Ellory, dove, a partire dal prossimo maggio, sarà possibile gustare una cucina ricca e ricercata, da sempre chiave del successo di P Franco. Nonostante si tratti di un wine bar, infatti, il locale – nato nel 2014 in un vecchio ristorante cinese take-away - fa affidamento su una tavola golosa, fatta di materie prime d'eccezione e piatti d'autore. Soprattutto negli ultimi due anni, in seguito a una serie di eventi e degustazioni organizzate, che hanno consentito al team di ampliare la propria rete di produttori, la fetta di clientela e specializzarsi sempre di più nella cucina.

La cucina di P Franco

Niente taglieri di salumi e formaggi, quindi, né bruschette o piccole tapas. O meglio, sì, ma non solo: P Franco continua a essere un'eno-tavola con una selezione di etichette (soprattutto naturali) tutta da scoprire, ma con una cucina che va ben oltre la classica offerta dei locali di questo genere. Un format molto più simile ai bar à vin parigini, portato avanti da un squadra d'eccezione: Phil Bracey, dal 2015 gestore del locale, ideatore di menu e offerte sempre nuove, amante del gusto e da anni impegnato nella valorizzazione delle ricette della casa, Liam Kelleher e James Noble, i proprietari e direttori della Noble Fine Liquor, azienda di vini biologici, naturali e biodinamici, con punto vendita al Broadway Market.

Il team

E poi Gleave, ex head chef del Garagistes, in Tasmania, “il miglior ristorante in tutta l'Australia”, come l'aveva definito Bracey, e dal novembre 2015 in forze al team di P Franco. È stato proprio Gleave a elevare la cucina del wine bar a una nova dimensione, con uno stile più raffinato e delle ricette più elaborate. A dargli manforte, Giuseppe Lacorazza, arrivato nell'estate 2017 dal WildAir di New York, e poi ancora Belvedere. Negli anni, poi, diversi chef del territorio si sono dati il cambio ai fornelli, per serate a tema, o anche per brevi periodi, consulenze e cene a quattro mani. Personaggi del calibro di Anna Tobias, ex Blueprint Cafe, The River Cafe, Rochelle Canteen, e Tim Spedding, in carica dall'autunno 2016 all'inverno 2017, prima alla guida del The Clove Club, e attualmente alle prese con il Coombeshead Farm nella Cornovaglia. Professionisti di passaggio, che hanno lasciato una traccia indelebile nel menu e nell'atmosfera del ristorante.

Il ristorante

Un locale dinamico, insolito, che nel 2017 si è aggiudicato il premio di Eater come miglior ristorante londinese dell'anno, in grado di “competere con gli stabilimenti più lungimiranti della capitale”, ma soprattutto un luogo in cui “cibo, vino ed etica rappresentano la storia culinaria londinese. Un luogo in cui l'apparente noncuranza nasconde una passione genuina”. Nel nuovo spazio firmato P Franco, in Westgate Street, ci saranno ancora i piatti di Gleave, quelli di Belvedere, e un'offerta ampia e variegata di vini naturali dal respiro internazionale. Una notizia che era già nell'aria da tempo. Già da qualche mese, infatti, si vociferava di nuovi locali pop up previsti a Tokyo, Parigi e New York, “speriamo di creare una rete di locali articolata al di fuori di Londra”, ha dichiarato Bracey alla redazione di Eater. Per ora, comunque, nessun dato certo, né su eventuali nuove aperture, né sui dettagli del menu londinese: “Sembra sciocco, ma parte dello spirito di P. Franco è la mancanza di pianificazione. Non abbiamo mai messo in programma una buona cucina, abbiamo colto una buona occasione e ha funzionato. Ci piace imparare mentre camminiamo, senza troppi piani. Tutto ciò che vogliamo è un buon bicchiere di vino, e del buon cibo”.

Bright – Londra – 1, Westgate Street – da maggio 2018

a cura di Michela Becchi

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