Quantcast
Channel: Gambero Rosso
Viewing all 5335 articles
Browse latest View live

Appunti di degustazione. Lambic: 10 etichette da non perdere

$
0
0

Grandi-piccoli brrifici, rigorosamente delle Fiandre. Un viaggio dentro i migliori lambic, con le etichette imperdibili per gli appassionati della acide.

Vi abbiamo già parlato dei lambic, delle loro caratteristiche e di dove e come vengono prodotti, oggi continuiamo il nostro viaggio nel mondo delle acide a fermentazione spontanea e andiamo alla scoperta di 10 etichette da provare assolutamente.

 

 

Brouwerij Boon

 

 

Le migliori etichette

 

Mariage Parfait | Brouwerij Boon

È uno dei capolavori di casa Boon, prodotto in quantità che non la rende impossibile da reperire. Un blend di lambic di tre anni con una piccola percentuale di lambic giovane. Complessa al naso (note di cantina, di pelle di salame, di kiwi) ma controllata in acidità e astringenza (alcol 8% vol.)

Il birrificio.Insieme a Jean Van Roy, di Cantillon, e Armand Debelder, di 3 Fonteinen, Frank Boon è una delle grandi firme delle geuze. Tra tutti, a nostro parere, quello più avvicinabile anche dai palati neofiti. Da provare la Oude Geuze a l’Ancienne e la celebre Mariage Parfait.

Mariage Parfait | Brouwerij Boon | Lembeek | Fonteinstraat, 65 | www.boon.be

 

Oude Kriek | Geuzestekerij Oud Beersel

Al bel colore rosso rubino che è intrigante di per sé, si aggiunge un bouquet che lascia ampio spazio alle ciliegie che caratterizzano la ricetta, ma pure a gradevoli note di mandorla. In bocca la tendenza dolce del frutto è contrastata da acidità e freschezza (alcol 6,5% vol).

Il birrificio.Quando dissero a Gert Christiaens che le sue birre preferite, quelle di Oud Beersel, non sarebbero più state disponibili perché il birrificio aveva chiuso i battenti, non la prese bene. E decise di farle lui. Rilevato il tutto nel 2005 questo giovanotto ha saputo già farsi valere. Da provare anche la nuovissima, e commemorativa, Oude Geuze Vandervelden 135.

Oude Kriek | Geuzestekerij Oud Beersel | Laarheidestraat 230 | Beersel | www.oudbeersel.com

 

Oude Geuze Cuvée René | Brouwerij Lindemans

Lo storico birrificio Lindemans mantiene viva la tradizione con questa Oude Geuze dedicata al fondatore. Dal colore dorato, rivela leggere note citriche e un sottofondo vinoso che riporta allo sherry fino, discreta l’astringenza al palato e finale asciutto (alcol 6% vol).

Il birrificio.Azienda a conduzione familiare da sei generazioni, Lindemans sa fare un po’ tutto. Il suo lambic è forse tra i migliori in circolazione, i prodotti più moderni e sperimentali, come una collaborazione con il danese Mikkeller, un po’ meno. Da provare anche la Oude Kriek Cuvée René

Oude Geuze Cuvée René | Brouwerij Lindemans | Vlezenbeek | Lennikse Baan 1479 | www.lindemans.be

 

Oude Geuze | Brouwerij 3 Fonteinen

Per quanto la Oude Geuze si possa considerare la sua entry level, con lei Debelder fa già capire la sua filosofia. Rustica e ruvida, dall’acidità spiccata e un finale estremamente dry. Perfetta come aperitivo e con le ostriche (alcol 6% vol).

Il birrificio.Le geuze di 3 Fonteinen sono quanto di più fedele alla tradizione si possa trovare nel Pajottenland. Complesse, ruvide, non disposte a scendere a compromessi. Esattamente come il loro creatore, Armand Debelder, partito come assemblatore e oggi anche produttore. Se vi capita di trovare la leggendaria Doesjel, non fatevela sfuggire.

Oude Geuze | Brouwerij 3 Fonteinen | Lot | Molenstraat 47 | www.3fonteinen.be

 

Quetsche a l’Ancienne | Geuzestekerij Tilquin

Questche è la susina selvatica; il frutto posto a macerare in un assemblaggio di lambic per 4 mesi. Il risultato finale è una insolita quanto eccellente geuze fruttata e leggermente acidula (alcol 6,4% vol).

Il birrificio.Il più giovane assemblatore, e l’unico in Vallonia invece che nelle Fiandre, è Pierre Tilquin. Partito nel 2009 con appena 20 barrique e oggi arrivato a 500. Con ottimi risultati, per inciso. Da provare anche la sua Oude Geuze.

Quetsche a l’Ancienne | Geuzestekerij Tilquin | Bierghes (Rebecq) | Chaussée Maïeur Habils 110 | www.gueuzerietilquin.be

 

Oudbeitje Lambic | Geuzestekerij Hanssens Artisanaal

Un lambic alle fragole senza uso di sciroppi o zuccheri vari. Fragrante, profumo decisamente intenso e persistente. In bocca rivela una dissetante vena aspra (alcol 6% vol).

Il birrificio.Un produttore che ci piace molto: sembra ancora casalingo, ma sa sfornare fantastiche geuze, fedeli a ciò che dovrebbero sempre essere. Da non perdere la Oude Schaerbeekse Kriek.

Oudbeitje Lambic | Geuzestekerij Hanssens Artisanaal | Dworp | Vroenenbosstraat 15/1

 

 

Morte_Subite_Brussels. Foto :Milo_Profi_Morte Subite.  Foto :Milo Profi

 

Le imperdibili

 

Geuzestekerij De Cam

Karel Goddeau assembla lambic da vent’anni ed è ancora poco noto al di fuori del circuito degli appassionati. Produzione limitatissima ma di notevole spessore. Da provare la Nectarine Lambiek e la Kriek Lambiek.

Geuzestekerij De Cam | Gooik | Dorpstraat 67, | tel. +32 (0)476 81 68 06

 

Brouwerij De Troch

Produttore modernista nel senso che, con la linea Chapeu, ha declinato il suo lambic in diversi gusti banana, fragola, ananas e via dicendo. Se avete la fortuna di assaggiare il suo lambic direttamente dalla botte, fatelo…

Brouwerij De Troch | Wambeek | WambeekLangestraat 20 | www.detroch.be

 

Brouwerij Mort Subite

Azienda storica entrata a far parte del gruppo Heineken. Alcuni prodotti puntano decisamente alla dolcezza, altri rivelano il rispetto per la tradizione. Da provare la Oude Geuze e la Oude Kriek.

Brouwerij Mort Subite | Asse | Lierput 1 | www.mort-subite.be

 

Brouwerij Timmermans

Il birrificio più longevo (fondato nel 1702) è oggi parte del gruppo John Martin. Impegnato sul fronte dei lambic alla frutta ha saputo recentemente ritornare nel cuore degli appassionati con due prodotti tradizionali da non perdere: la Oude Geuze e la Oude Kriek.

Brouwerij Timmermans | Itterbeek | Kerkstraat 11 | www.brtimmermans.be

 

Piccolo vocabolario delle fermentazioni spontanee

 

La prima distinzione da fare è tra produttori e assemblatori. Ci sono birrifici che fanno entrambe le cose, altri invece (le Geuzestekerij) che assemblano lambic altrui.

Lambic È il frutto della fermentazione e dell’affinamento in botte del mosto.

Geuze Assemblaggio di lambic di età diverse.

Kriek lambic in cui sono lasciate a macerare ciliegie di una varietà particolare, un tempo originarie di Schaarbeek, oggi spesso importate dalla Polonia. Sono birre molto diffuse.

Framboise o Frambozen Lambic con lamponi.

Faro Ultimamente in disuso, è un lambic addolcito con zucchero scuro, la tradizione vorrebbe che l’addizione si facesse nel bicchiere stesso con un pestello. In qualche caso, come fa Tilquin, si utilizzano susine o altra frutta.

 

a cura di Maurizio Maestrelli.

Foto di copertina: Kris Jacobs

 


La nuova Enoteca Regionale del Lazio by VyTA. Il restyling di Daniela Colli e la cucina di Dino De Bellis

$
0
0

Inaugura ufficialmente il 20 ottobre, con una grande festa che coinvolgerà i produttori vinicoli regionali e i fratelli Serva. Ma dopo un profondo restyling l’Enoteca Regionale di via Frattina è già operativa, sotto la gestione di VyTA. Le foto del nuovo spazio e dei piatti. 

Vyta e la rinascita dell’Enoteca di via Frattina

Quando due anni fa interpellavamo Nicolò Marzotto sugli obiettivi futuri del gruppo Vyta - all’epoca identificabile principalmente per la catena di boulangerie delle principali stazioni ferroviarie italiane – l’Enoteca Regionale del Lazio di via Frattina era già nel mirino. Alla fine del 2015, il marchio gettava le basi per l’espansione degli anni a venire, approfondendo il suo legame con Grandi Stazioni da un lato (con la riqualificazione di nuovi spazi a firma Daniela Colli, il piccolino gioiellino di Firenze Santa Maria Novella valga per tutti), uscendo dagli scali ferroviari per indirizzarsi sulla ristorazione fatta e finita dall’altro. L’acquisizione dell’Enoteca votata alla valorizzazione dei prodotti del territorio del Lazio, a pochi passi da piazza di Spagna, è arrivata nel 2016 (in concessione tramite bando regionale), con l’obiettivo di far dimenticare il bilancio ben poco lusinghiero della precedente gestione, “in perdita di 600mila euro l’anno senza pagare l’affitto”, ha rivelato recentemente il presidente Arsial Antonio Rosati. Ma da qualche settimana lo spazio di via Frattina si presenta completamente rinnovato a turisti e romani che curiosano tra bottiglie e tavoli dell’enoteca. L’inaugurazione ufficiale per celebrare il restyling – come sempre a cura di Daniela Colli – è fissata per il 20 e 21 ottobre, quando il menu sarà concertato dai fratelli Serva, in arrivo dalla Trota di Rivodutri (Tre Forchette per una delle eccellenze indiscusse della ristorazione laziale e nazionale), alla presenza di tutti i principali attori vinicoli della regione.

La nuova Enoteca Regionale del Lazio. Il restyling

Ma l’Enoteca di VyTa è già operativa in soft opening sotto la direzione dell’executive chef Dino De Bellis, che già prima della chiusura per lavori aveva assunto la guida della cucina. Alle sue direttive c’è Gianluca Passi, che gestisce un menu declinabile in tutti i momenti della giornata, dal pranzo veloce in stile american bar (ma l’impronta è sempre quella regionale) alla cena che valorizza i prodotti del territorio con una proposta tradizionale e moderna al tempo stesso. Da bere, chiaramente, vini del Lazio, con diverse referenze biologiche. 48 i coperti in sala, 30 nell’area riservata all’enoteca; il bar apre dalle 11, l’aperitivo è servito dalle 17 alle 20, per la cena si va avanti fino alle 22.30. 

L’occhio, però, ancor prima che sul menu, cade sulla nuova disposizione degli spazi, il grande bancone in rame rosa e marmo (che richiama il design di Firenze) che domina il piano terra, e al primo piano l’atmosfera più calda del ristorante, tra legno, metallo, cristallo nero e velluti.

La cucina di Dino De Bellis. Il ristorante e gli sfizi

Dalla carta le specialità del Lazio, la ricotta romana Dop, l’aglio rosso di Proceno, le patate viola della Tuscia, il pescato del litorale, il tartufo di Campoli Appennino, che diventano protagonisti nel piatto. In alternativa, dalle 12 alle 20, gli sfizi serviti al bancone: supplì, filetto di baccalà, le tielle di Gaeta, il Club Sandwich nella sua variante locale, con ricotta di bufala campana Dop, prosciutto arrosto, uovo bio, guanciale tostato e pomodoro camone. O il burger con manzo maremmano, guanciale amatriciano, carciofo e pecorino dolce. E poi i panini, dedicati ai capoluoghi di provincia, le scarpette servite con pane caldo, i cicchetti per l’aperitivo in abbinamento ai cocktail classici e creativi. “Con la scelta di affidare la gestione a un privato stimiamo introiti di 400mila euro all’anno, che verranno anche destinati a borse di studio per studenti in agraria e nel settore enologico” chiosa Antonio Rosati. L’auspicio, per il buon nome dell’Enoteca Regionale del Lazio, è che la previsione possa avverarsi.

 

Enoteca Regionale del Lazio | Roma | via Frattina, 94 | www.vytaenotecalazio.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Fiorano Rosso: il vino del mito continua a conquistare premi

$
0
0

Per molti ancora sconosciuto, il Fiorano Rosso è un vino da primato, un grande rosso da invecchiamento protagonista di aste clamorose in estremo oriente e cercato dagli appassionati come un tesoro segreto. Un vino storico tornato in produzione solo pochi anni fa. Lo si produce a pochi chilometri da Roma.

Sono molti a ignorare che a pochissimi chilometri da Roma, nella zona di Ciampino, si produca un grandissimo vino. Di più: un vino che ha fatto la storia della vitivinicoltura italiana. È il Fiorano Rosso, l'etichetta di punta della Tenuta di Fiorano che la famiglia Boncompagni Ludovisi produce dagli anni '50. Tra le prime e più importanti espressioni di taglio bordolese in Italia. Pochi anni dopo, il marchese Mario Incisa della Rocchetta lavorava al Sassicaia, il suo bordolese.

 

alessandrojacopo boncompagni ludovisi

Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi

La storia del Fiorani, però, si è interrotta per diversi anni, fino a rinascere qualche stagione fa. Quando il Principe Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi, ereditato da Alberico i diritti di reimpianto, decide di far tornare in vita quel grande vino, le cui vecchie annate ancora girano tra gli appassionati, ammantate da un alone di mistero che ne alimenta il fascino. Ma soprattutto ancora in ottima salute, nonostante il passare dei decenni. Tanto da lasciare senza parole anche il degustatore più smaliziato. 

La Tenuta, appena 6 ettari vitati in un piccolo paradiso a pochi passi da Roma, conserva le stesse uve a bacca rossa, cabernet sauvignon e merlot, mentre per quelle a bacca bianca grechetto e viognier hanno preso il posto di malvasia e semillon.

Il Fiorano Rosso ’12, sempre intenso e gustoso conquista i Tre Bicchieri. Un vino che esprime sentori di piccoli frutti neri, uniti alla macchia mediterranea, danno freschezza a un palato che resta scattante, grazie all’importante struttura acida che sorregge con eleganza tutto l’impianto.

 

fiorano rosso

 

Il “vecchio” Fiorano e il “nuovo” Fiorano: quali gli elementi di continuità, e quali le differenze?

Nel momento in cui ho preso le redini della Tenuta di Fiorano, è stato proprio mio cugino il Principe Alberico a fornirmi tutte le indicazioni precise su cosa fare, dove e come farlo, fin nei minimi dettagli: quali vitigni utilizzare, come impostare il vigneto, quali operazioni fare, tutto seguito ancora dalle sue stesse maestranze e negli stessi luoghi, inclusa la grotta di tufo dove già dagli anni quaranta i nostri vini invecchiano in botte e successivamente in bottiglia.

 

Quindi anche la cantina è la stessa?

Sì, è proprio qui, nella Storica Cantina, che le fasi della raccolta e della vinificazione seguono quel protocollo che mio cugino mi ha trasmesso. È stata una grande emozione fargli assaggiare le mie prime annate di Fiorano e ottenere da lui i complimenti e l’incoraggiamento a proseguire. Bisogna inoltre tenere presente che la Tenuta di Fiorano da sempre è a conduzione che oggi si chiama biologica, che all’epoca, per Alberico, voleva dire semplicemente il rispetto totale della natura.

 

Questi gli elementi in comune. Per quanto riguarda le differenze, invece, quali sono?

Quelle che ci possono essere in un passaggio generazionale, nelle variazioni climatiche degli ultimi anni, in qualche nozione agronomica in più che applico nel rispetto del desiderio di Alberico di preservare l’unicità di questi vini. Da qualche anno, oltretutto, mi avvalgo della consulenza di un bravissimo enologo, Lorenzo Costantini, che ha una competenza profonda del nostro territorio. Questo ha fatto sì che i vini abbiano conservato un senso di continuità riconosciuto da tutti coloro che hanno potuto provare il Fiorano degli anni passati.

 

Per molti anni il Fiorano Rosso non è stato in produzione: cosa è accaduto in quegli anni?

Mio cugino Alberico, dopo aver espiantato i vigneti, si allontanò per qualche anno dalla Tenuta, anche se continuò a seguirla ogni giorno da Roma, trasferendo la gestione diretta a mio padre Paolo e a me, le due persone a lui più vicine. Quel periodo fu per me meraviglioso, mi avvicinai alla Tenuta con un interesse sempre crescente per l’agricoltura, tanto che Alberico, consapevole di questa mia passione, fu molto felice di trasferirmi i suoi diritti di reimpianto dei vigneti, che curo dagli anni novanta.

I vini della Tenuta di Fiorano pagano un preconcetto verso la vitivinicoltura laziale?
In effetti, a causa di questo preconcetto i produttori laziali pagano un grosso scotto. Conosco tanti produttori di vini del Lazio che stanno facendo un ottimo lavoro, sono certo che con il tempo sapremo tutti insieme valorizzare ancora di più un territorio vocato da sempre alla coltura della vite. I vini della Tenuta di Fiorano, come altri della vitivinicoltura laziale di qualità, hanno avuto e hanno i loro estimatori, a prescindere da mode, preconcetti e da riserve mentali.

 

Quali sono le prospettive di una cantina a un passo da Roma? E la vicinanza è un vantaggio o meno?

La Tenuta continuerà a produrre il vino nello stesso modo, cercando di dare sempre il massimo della qualità e del prestigio che terre straordinarie come le nostre meritano. La Tenuta di Fiorano è ancora nel comune di Roma, a pochi chilometri dal centro della città, all’interno del parco Archeologico dell’Appia Antica e questo fa sì che numerosi turisti e appassionati di vino possano approfittare dell’occasione per visitare una cantina storica alle porte di Roma.

 

Il Fiorano Rosso è uno di quei vini mitici, che hanno fatto la storia dell'enologia italiana. Come mai, secondo lei, è più facile trovarlo nei ristoranti di alcune metropoli asiatiche che in Italia?

È assolutamente vero che il Fiorano si trova ormai da molti anni in Asia così come in tanti altri Paesi del mondo. Ma anche in Italia è molto diffuso. La nostra distribuzione è molto attenta in quanto produciamo un numero di bottiglie limitato, che per il Fiorano Rosso sono circa 9/10mila. Ma nonostante la produzione volutamente limitata, cerchiamo di accontentare quanti più operatori possibili. Sin dai primi anni duemila, da quando il mio Fiorano è sul mercato nazionale e internazionale ho seguito l’insegnamento di Alberico: amore per questa terra e produzione limitata del Fiorano.

 

Il punto sulla vendemmia 2017. Come è andata?

Conosciamo tutti l’andamento climatico di questa vendemmia e anche la Tenuta di Fiorano ha sentito il grande caldo e una certa siccità. Questo ha ridotto la produzione, ma siamo speranzosi sulla qualità dei vini. Ora tutto il raccolto è in cantina e le vinificazioni si stanno svolgendo in modo che ci fa pensare in una qualità comunque alta. Aspettiamo ancora per poterne parlare con maggiori elementi di analisi.

 

Tenuta di Fiorano | Roma | Via di Fioranello, 19-31 |  tel. 06.79340093 | http://tenutadifiorano.it/

 

a cura di Antonella De Santis e Lorenzo Ruggeri

 

 

 

 

 

La storia del Fiorani, però, si è interrotta per diversi anni, fino a rinascere qualche stagione fa. Quando il Principe Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi, ereditato da Alberico i diritti di reimpianto, decide di far tornare in vita quel grande vino, le cui vecchie annate ancora girano tra gli appassionati, ammantate da un alone di mistero che ne alimenta il fascino. Ma soprattutto ancora in ottima salute, nonostante il passare dei decenni. Tanto da lasciare senza parole anche il degustatore più smaliziato. 

La Tenuta, appena 6 ettari vitati in un piccolo paradiso a pochi passi da Roma, conserva le stesse uve a bacca rossa, cabernet sauvignon e merlot, mentre per quelle a bacca bianca grechetto e viognier hanno preso il posto di malvasia e semillon.

Il Fiorano Rosso ’12, sempre intenso e gustoso conquista i Tre Bicchieri. Un vino che esprime sentori di piccoli frutti neri, uniti alla macchia mediterranea, danno freschezza a un palato che resta scattante, grazie all’importante struttura acida che sorregge con eleganza tutto l’impianto.

Anteprima Tre Bicchieri 2018. Trentino

$
0
0

L'anticipazione dei premiati della nuova guida Vini d'Italia 2018 oggi ci porta a scoprire i migliori vini del Trentino.

Le nostre degustazioni annuali ci danno una fotografia del Trentino del vino in buona salute. I vini premiati sono ben dodici, un record per la regione. Evidentemente qualcosa si muove in un panorama dalle grandi potenzialità che in passato abbiamo criticato per una certa inerzia e l'apparente staticità.

Conferme di livello arrivano dal comparto spumantistico, con il TrentoDoc che in questo momento rappresenta l'enologia trentina ai suoi massimi livelli. I premiati sono capitanati da una spettacolare versione '06 del Giulio Ferrari e dal Graal Riserva '10, anch'esso ormai un classico. Si confermano di livello Maso Martis, MezzaCorona, Letrari, Balter, e ritorna ai Tre Bicchieri Opera con un delizioso Nature '11. Bossi Fedrigotti dimostra di avere più frecce nel proprio arco, e quest'anno fa centro con un eccellente TrentoDoc Conte Federico Riserva '12.

La pattuglia dei rossi è guidata da un'ennesima ottima prova del San Leonardo, annata '13, che si conferma vino di caratura internazionale, e ci introduce al panorama della Piana Rotaliana, dove quest'anno spiccano gli eccellenti Teroldego Pini '13 di Zeni e il '15 di De Vescovi Ulzbach, punte di un terroir sempre più emergente come risulta dai nostri assaggi e dai riassaggi, dove aziende come Barone De Cles ed altre pongono serie candidature per il futuro prossimo. Chiude la rassegna un altro grande rosso, il Ritratto '13 della LaVis-Valle di Cembra, spunto per celebrare lo stato di grazia del mondo cooperativo trentino, sempre più capace di esprimere prodotti di alto profilo.

Soprattutto ci sembra che si stia ormai ricomponendo la dicotomia tra piccoli vignaioli e strutture sociali, che da piccoli vignaioli sono costituite: non più due mondi opposti che si guardano in tralice ma due facce della stessa medaglia... Chiudiamo infine ricordandovi che solo per motivi di spazio non siamo riusciti a recensire molte piccole e piccolissime aziende che meritano davvero attenzione.

 

I vini del Trentino premiati con Tre Bicchieri

Ritratto Rosso ’13 - La Vis - Valle di Cembra

San Leonardo ’13 - Tenuta San Leonardo

Teroldego Rotaliano ’15 - De Vescovi Ulzbach

Teroldego Rotaliano Pini ’13 - Roberto Zeni

Trento Brut Rotari Flavio Ris. ’09 - Mezzacorona

Trento Brut Altemasi Graal Ris. ’10 - Cavit

Trento Brut Conte Federico Ris. ’12 - Bossi Fedrigotti

Trento Brut Giulio Ferrari Riserva del Fondatore ’06 - Ferrari

Trento Brut Rosé +4 ’09 - Letrari

Trento Dosaggio Zero Ris. ’12 - Maso Martis

Trento Opera Nature ’11 - Opera

Trento Pas Dosé Balter Ris. ’11 – Nicola Balter

 

Pasta e pizza nel cuore degli italiani. Bocconi analizza la ristorazione in Campania

$
0
0

Gli italiani preferiscono la cucina tradizionale, e amano mangiare fuori. Cresce l'industria della ristorazione nello Stivale, e lo dimostrano i dati raccolti dalla Bocconi e quelli diffusi da Fipe. Tutti i dettagli.

La ricerca

Qualità e tradizione. Sono questi i principi cardine che guidano le nuove generazioni 2.0 nelle scelte alimentari e gastronomiche. Con oltre 30mila imprese attive, la Campania, regione dalla ricchezza gastronomica incredibile e dalla storia antica, risulta terza nel settore dei servizi di ristorazione. A diffondere i dati, MET Bocconi, che registra un interesse crescente dei millenials verso i prodotti più semplici, quelli che hanno segnato il successo del made in Italy nel mondo. Si è tenuto ieri, 25 settembre 2017, a Napoli il seminario “L'ospitalità incontra il Business” – Dal Sud al Nord alla ricerca di eccellenze”, organizzato da APCI, Associazione Professionale Cuochi Italiani, e Fiera di Milano. Con la partecipazione di Nino Daniele, Assessore a Cultura e Turismo del Comune di Napoli, Sonia Re, direttore generale APCI, Simona Greco, Exhibition Director di Host e BIT, Magda Antonioli, direttrice del Master in Economia del Turismo dell'Università Bocconi, Sal De Riso, pasticcere Maestro AMPI, Alfono Iaccarino, chef del Don Alfonso, e Roberto Carcangiu, presidente APCI.

La crescita della Campania

Diversi gli spunti di riflessione emersi durante la giornata. Primo fra tutti, l'aumento significativo del turismo enogastronomico che, in termini numerici, si traduce in un +49% nel 2016. “Per il nostro Paese la ristorazione è stato un asset fondamentale negli anni di crisi, e in particolare per Napoli”, ha osservato Nino Daniele. “In questo settore la tecnologia, che oggi garantisce il buon vivere, si è messa al servizio di antichi saperi, realizzando le due sfide del futuro: progresso tecnologico e sostenibilità”. Dal 2014 a oggi, infatti, l'intero comparto è cresciuto del 2,5% annuo.

Sempre più cene al ristorante

Aumenta, dunque, il numero di italiani che scelgono di mangiare fuori casa: i pasti al ristorante, infatti, rappresentano oltre un terzo della spesa alimentare delle famiglie, circa il 35% pari a 75 miliardi di euro. E cresce, di pari passo, il numero delle imprese di ristorazione in Italia, più di 325mila. A concentrare più ristoranti e locali di street food è la Lombardia (13,9%) seguita dal Lazio (11,3%) e dalla Campania (9,3%). Con circa 51 miliardi di euro nel 2014, di cui il 40% riconducibile ai soli ristoranti, le imprese italiane rappresentano da sole quasi un settimo di tutto il fatturato del settore nella UE-28 (375 miliardi) e più di un decimo di tutto il valore aggiunto (18 miliardi di euro su 152), il37,4% dovuto ai ristoranti.

La cucina campana

Sono ancora la pizza e la pasta i prodotti iconici del made in Italy nel mondo, quelli che, più di tutti, richiamano i turisti nella Penisola. In continuo sviluppo, la Campania conta, secondo i dati FIPE, 8.804 ristoranti, di cui 258 citati nelle maggiori guide gastronomiche, Michelin, Ristoranti d'Italia dell'Espresso e Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso. Parlare di cucina campana però significa contemplare diverse aree geografiche, da Napoli alla Costiera Amalfitana, con prodotti e ricette differenti, zone in cui la tradizione campana ha assunto un'identità ben definita. Sono 4 le località dove i concept di ristorazione migliori con un'offerta ampia e di qualità si concentrano: le isole, Ischia in primis, seguita da Capri e Procida, Napoli, la Costiera Amalfitana e la Costiera Sorrentina. Ad accomunare le diverse zone, il legame con la tradizione e il territorio, percepibile anche nei menu: il21,7% dei locali offre, infatti, una cucina classica, mentre il 20,5% ricette tipiche campane, a base di ingredienti locali.

a cura di Michela Becchi

Pantaleo a Roma. Cibo, miscelazione e vino tra Martini d’autore e cucina per tutte le ore

$
0
0

Al posto della storica libreria Gangemi, il locale che inaugura a pochi metri da piazza Navona può contare sulle esperienze pregresse dei suoi ideatori. Chi dal mondo del servizio di sala, chi dalla miscelazione, chi da prestigiose cucine, i soci di Pantaleo mettono insieme anime complementari. E il risultato si vede. 

Uno spazio storico per Pantaleo

Fino a non molto tempo fa, in piazza San Pantaleo numero 4 c’era la storica libreria/casa editrice Gangemi (prima ancora, dalla fine dell’Ottocento, il caffè Giacomo Protto). E molti oggi ne piangono la chiusura, ennesima riprova che in uno dei centri cittadini più belli del mondo la cultura fa fatica a sopravvivere. Specie quando l’avanzata di ristoranti e locali a uso e consumo del turismo più massificato fa incetta di spazi, fagocitando le attività commerciali con decenni di storia alle spalle. Il premio di consolazione, in questo caso, arriva dal team nascosto dietro l’insegna Pantaleo, che tra qualche ora accenderà i riflettori su un nuovo salotto dedicato a food, wine e mixology, proprio nel locale, articolato su tre piani, che molti appassionati bibliofili ricorderanno. La posizione è strategica, lungo la rotta che da Campo de’ Fiori conduce a Piazza Navona, e viceversa, dirimpetto al Museo di Palazzo Braschi. La missione precisa: garantire a romani e non un’accoglienza calorosa, versatile, finanche di tendenza, come ormai richiede l’etichetta di una certa ristorazione che strizza l’occhio alle suggestioni in arrivo dal mondo. E però l’esperienza pregressa dei soci rappresenta il valore aggiunto. In veste di patron e direttore di sala c’è Sergio Frasca, in arrivo dall’Imago dell’Hassler, dov’era responsabile sommelier; con lui lo chef Roberto De Santis, già al Majestic al fianco di Filippo La Mantia, e il barmanager Paolo Sanna, a guidare le anime complementari di un locale destinato a restare aperto dalla colazione fino al dopocena. Chiudono il cerchio gli imprenditori Giovanni e Domenico Iozzi.

Lo spazio. Tre piani per i diversi momenti della giornata

In vista del maestoso ingresso di Palazzo Grassi, sei vetrate alte più di 6 metri affacciano sulla bella piazza romana; all’interno, per il completo rinnovamento degli spazi, si è fatto largo uso di ottone, ferro battuto e brunito, velluti rossi in omaggio alla Roma papalina. Su una delle pareti, all’ingresso, un murales di Leonardo Spina che rappresenta il santo titolare in veste di conte Negroni, giocando con le molteplici ispirazioni del concept, un po’ contaminato dall’arte alchemica da cui si vuole far discendere la miscelazione, un po’ suggestionato da uno dei simboli del martire Pantaleo, il fuoco freddo, leit motiv di una cucina che mixa ceviche e marinature a freddo e pietanze calde in forma di cicchetti e portate principali. Di tutto un po’, insomma, proprio per assecondare le diverse inclinazioni della giornata, compresa la deviazione sulle rotte del Mediterraneo, in vista dell’Oriente, di parte del menu. La distribuzione degli spazi risponde alla molteplicità di intenti: all’ingresso il bancone della cucina e il cocktail bar, con una grande tavolo sociale e alti sgabelli al centro della sala; nel mezzanino il salotto più riservato, con poltrone in velluto e tavoli da caffè, per sorseggiare un tè nel pomeriggio o pranzare in tranquillità; al piano inferiore una sala conviviale, col bancone tondo che invita a condividere la preparazione del cibo, e le bottigliere scenografiche ricolme di vini e distillati.

Cucina e miscelazione

All’attenzione per il design è corrisposta una selezione accurata dei prodotti in arrivo dal territorio laziale, anche se c’è spazio pure per ostriche bretoni (selezione Corrado Tenace) e caviale. La carta è enciclopedica: tartare di carne e plateau di ostriche, taglieri di salumi e ribs di maiale; e poi proposte più studiate, come i bocconcini di triglia in agropiccante su cruditè di cipollotti al lime e polvere di anacardi o il gazpacho andaluso con chips di platano e petali di cipolla che accompagna l’aperitivo, insieme a un’ampia scelta di starter.

La miscelazione, invece, è territorio di Paolo Sanna, che ha creato una linea interamente dedicata al Martini, dal Dirty Martini con capperi e cucunci al Japan (col sake che sostituisce il vermouth), allo Smoked con whisky torbato. Grande attenzione anche alla carta dei vini, curata personalmente da Sergio Sanna. In attesa di provare con mano, ecco qualche ricetta che racconta lo spirito di Pantaleo.

 

Pantaleo | Roma | piazza San Pantaleo, 4 | dal 27 settembre 2017

 

a cura di Livia Montagnoli

Foto Andrea Di Lorenzo (http://andreadilorenzo.format.com/)

 

Ceviche rossa e nera di pescato con maionese di pomodori e maionese al nero di seppia

Ingredienti per 4 persone

Per la coulis di pomodori

5 pomodori ramati; 1 cipolla rossa di Tropea; 2 spicchi di aglio; basilico; sale; pepe.

Per la marinata

1 peperoncino fresco; 2 cm di zenzero; 1 spicchio di aglio; il succo di 2 limoni; il succo di 1 lime; coriandolo.

Per la maionese

1 uovo intero; 1 tuorlo; 200 gr. di olio evo; qualche goccia di succo di limone; nero di seppia.

Per la ceviche

4 filetti di triglia; 2 filetti di orata; 8 gamberi rossi; ½ cipolla rossa; 3 coste di sedano; acqua q.b..

Procedimento

Iniziare preparando la coulis. Scaldare un tegame sul fuoco, aggiungere un filo d’olio extraverginee far rosolare l’aglio, la cipolla e i pomodori, tagliati precedentemente a spicchi grossolani. Quando cominciano a rilasciare gli umori, spegnere il fuoco e aggiungere sale, pepe e basilico. Frullare il tutto e tenere da parte.

Preparare la maionese utilizzando il mixer: versare gli ingredienti in una ciotola e frullare fino a ottenere un composto omogeneo. Suddividerla in due parti e in una di esse aggiungere il nero di seppia. Conservare in due ciotole a temperatura ambiente.

Frullare il peperoncino, lo zenzero e l’aglio con il succo degli agrumi, 2 bicchieri d’acqua e un pizzico di sale. Aggiungere il coriandolo e marinare il pesce con il composto per un tempo variabile da 30 minuti a un’ora e ½ in base alla grandezza delle carni.

Al termine della marinatura, prendere una boule di porcellana e porre sul fondo la coulis, aggiungere il pesce marinato, decorare con cipolla a pezzetti e sedano a julienne e, infine, aggiungere qualche goccia di maionese al nero di seppia.

 

Pulled Pork: spalla di maiale sfilacciata a mano su salsa barbecue mediterranea

Ingredienti per 4 persone

5 kg di collo e spalla di maiale; 20 gr di paprika; 100 gr di zucchero di canna; 1 cucchiaio di senape; 20 gr di sale; 10 gr. di pepe; 10 gr di peperoncino dolce.

Per la salsa barbecue mediterranea

3 pomodori rossi; 1 spicchio d’aglio; cipolla; sale e pepe q.b.. 

 

Procedimento

Amalgamare le spezie e massaggiare la carne con il composto così ottenuto fino a ricoprirla in modo omogeneo. Lasciare marinare in frigo per 12 ore. Al termine del periodo indicato, scaldare il forno a 250° e lasciar abbrustolire la carne. Aggiungere un bicchiere d’acqua, coprire con carta d’alluminio e abbassare il forno a 180° e cuocere per altre 2 ore. Una volta ultimata la cottura, far raffreddare e sfilacciare il maiale.

Preparare la salsa barbecue mediterranea, frullando insieme i pomodori, l’aglio, la cipolla, aggiungendo sale e pepe. Servire tiepido, ponendo sul fondo di una terrina la salsa e sopra il maiale sfilacciato.

 

Il Premio Kyle Phillips per il giornalismo enogastroalimentare under 35 a Indra Galbo del Gambero Rosso

$
0
0

Giovane, anticonformista, curioso e brillante. Questo è il profilo del giornalista enogastronomico premiato ogni anno da Aset. Nel 2017 il riconoscimento spetta a Indra Galbo, vice curatore della guida Oli d'Italia del Gambero Rosso. 

Assoluta mancanza di pregiudizi, curiosità professionale, serenità di giudizio, voglia di esplorare, franchezza, scrittura brillante e sobrietà di comportamento. Sono le qualità del bravo giornalista enogastronomico secondo Aset, l'Associazione Stampa Enogastroalimentare Toscana. Ogni anno, dal 2014, l'associazione si impegna a premiare il giornalismo di settore under 35, in ricordo del collega prematuramente scomparso Kyle Phillips:il Premio Kyle Phillips è aperto a tutti i giornalisti iscritti all’Ordine operanti sul territorio nazionale che,non avendo compiuto il 35esimo anno di età al 31 dicembre dell'anno di riferimento del premio, si occupino in modo non occasionale di vino, enogastronomia, cibo, alimentazione, agricoltura, agroalimentare e ristorazione.La scelta dei candidati avviene sia per segnalazione da parte dei colleghi della stampa, sia per autocandidatura.

E per l'edizione 2017 il riconoscimento va a Indra Galbo, “per il suo modo brillante e anticonformista di fare informazione nel settore enogastroalimentare”. Romano, classe 1983, dopo anni di formazione sul campo spesi nelle redazioni di periodici, telegiornali e uffici stampa, ha intrapreso un percorso legato all'approfondimento della cultura del cibo e del vino frequentando il Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico presso il Gambero Rosso. Oggi, proprio per il Gambero Rosso, segue la guida Oli d'Italia, di cui è vice curatore; e alla cultura dell'extravergine ha dedicato molti anni della sua formazione, iscritto all'albo dei tecnici ed esperti assaggiatori degli oli di oliva vergini ed extravergini.La consegna del Premio si è tenuta al Palazzo Pretorio di Certaldo, alle porte di Firenze, in occasione dell'appuntamento “Il gusto della cultura: tra cipolla e Fra' Cipolla, Certaldo si racconta” organizzato dalla Camera di Commercio di Firenze in collaborazione con i CAT di Confcommercio e Confesercenti nell'ambito del progetto regionale di Vetrina Toscana ed il Comune di Certaldo. Tutto il Gambero Rosso si congratula per il bel riconoscimento al lavoro svolto con passione.

 

www.asettoscana.it

Scienza del vino. L’erbamat: ecco perché è inserito nel disciplinare del Franciacorta

$
0
0

Un vitigno autoctono si rivela prezioso per la buona riuscita del Franciacorta, tanto da essere stato inserito nel suo disciplinare. Uno studio ha valutato le sue caratteristiche.

Dalla vendemmia 2017, a seguito della recente modifica del disciplinare del Franciacorta Docg (D.M. 14/07/2017), è stato ufficialmente introdotto il vitigno autoctono erbamat. Il comportamento vegetoproduttivo del vitigno in vari ambienti è stato oggetto di uno studio, così pure la sua attitudine alla spumantizzazione.

 

Il cambiamento climatico e le conseguenze sulla vite

Negli ultimi 50 anni in Italia si è assistito a un evidente cambiamento climatico, specialmente intorno al 1985, con l’inizio di una nuova fase climatica che ha influenzato le fasi fenologiche della vite, anticipandole fino a 10-20 giorni rispetto al periodo precedente. L’aumento medio annuo delle temperature, secondo uno studio del 2011, è stato di 0,08 °C.

Tra i fattori che influenzano questo cambiamento, sono da annoverare l’incremento della CO2 nell’atmosfera e quello dei gas a effetto serra, la variazione del bilancio respirativo delle piante, la trasposizione verso il periodo invernale del massimo pluviometrico e il generale aumento della radiazione solare. Elementi che, nel loro insieme, hanno contribuito a modificare in modo significativo la maturazione delle uve e la natura del mosto stesso.

Nel caso specifico, nella Franciacorta, da un progetto sullo sviluppo di un modello agrometeorologico previsionale dello chardonnay, si evidenzia un notevole anticipo della data media di vendemmia, tanto che dal 1980 ad oggi si è passati da vendemmie settembrine a raccolte effettuate anche nella prima decade di agosto.

 

Le prove sperimentali sull'erbamat del 2009-2011

Da queste premesse, il Consorzio per la Tutela del Franciacorta, tra il 2009 e il 2011, realizzò alcuni impianti (in parte ex-novo in parte mediante sovrainnesto) nelle aziende Barone Pizzini, Ronco Calino, Ferghettina, Vezzoli, Castello Bonomi e Guido Berlucchi, per una serie di prove sperimentali sul vitigno erbamat - usato in passato come uvaggio per aumentare acidità, finezza e freschezza dei vini bresciani - sia di tipo agronomico, volte trovare l'ottimale forma d'allevamento e gestione della pianta in vigneto, sia di tipo enologico, per trovare il connubio perfetto con le basi spumante realizzate con i vitigni internazionali consentiti dal disciplinare del Franciacorta. Non solo: con questa iniziativa il Consorzio, senza discostarsi da un'ottica tradizionale, avviò un lavoro di recupero con l’intento di valorizzare il legame vitigno territorio, prendendo in considerazione proprio l’erbamat come vitigno complementare a chardonnay, pinot nero e pinot bianco.

 

Lo studio

Lo studio che presentiamo, condotto dal Consorzio per la tutela del Franciacorta in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e 5 aziende franciacortine (Barone Pizzini, Guido Berlucchi, Ferghettina, Ronco Calino e Castello Bonomi) che hanno messo a disposizione i propri vigneti, ha richiesto anni di sperimentazioni. Nello specifico sono presenti qui quelle effettuate tra il 2014 e il 2015, che sono di fatto la continuazione di lavori svolti in Franciacorta a partire già dal 2010 nell’ambito del cosiddetto “Progetto Erbamat”.

Il Prof. LeonardoValenti(responsabile scientifico da parte dell’università), coadiuvato dall'agronomo MarcoTonni,che ha seguito a livello tecnico pratico lo svolgimento delle prove in campo, ha in primo luogo analizzato le peculiarità del vitigno erbamat: maturazione molto tardiva, elevata acidità e grappolo compatto, caratteristica – questa - che lo rende particolarmente sensibile ai marciumi (Marciume acido o Botrite precoce). Si è reso dunque necessario valutare le pratiche più idonee a ridurre la compattezza del grappolo. Procedendo, anche a fini pratici ed economici, si è pensato di ridurre la percentuale di allegagione o il numero di acini su ogni grappolo, ad esempio praticando sfogliature intense in concomitanza della fioritura.

 

Le prove

Si è così proceduto a verificare l’efficacia di 5 differenti prove - sfogliatura in prefioritura delle prime 6 foglie basali su tutti i germogli (speroni compresi), sfogliatura in prechiusura del grappolo sulla fascia dei grappoli su entrambi i lati; sfogliatura in invaiatura lungo la fascia dei grappoli sul lato Est (nel caso di un orientamento dei filari Nord-Sud), sul lato Nord (nel caso di un orientamento dei filari Est-Ovest); trattamento con zolfo bagnabile in fioritura con atomizzatore a scoppio a spalla (6 kg/hL per 3 hL/ha) distribuiti sulla sola fascia del grappolo; taglio di 1/3 della punta del grappolo alla fase fenologica di acino a diametro di un pisello - eseguite nei vigneti delle aziende Ferghettina, Barone Pizzini e Guido Berlucchi, prendendo spunto da precedenti prove sperimentali, come quella sul “Ruolo della potatura verde per il condizionamento della morfologia del grappolo e della maturazione delle uve” (Poni et al., 2008).

Per valutare la risposta varietale alle diverse forme di allevamento sono stati fatti tre esperimenti, cui hanno preso parte le aziende Barone Pizzini, Guido Berlucchi e Castello Bonomi. Le prove erano di Guyot, regolato a 8 gemme sul capo a frutto; Guyot lungo a scavalco, regolato a 14 gemme sul capo a frutto; Capovolto, regolato a 14 gemme sul capo a frutto.

 

La raccolta dei dati

Per il controllo dello sviluppo fenologico, la raccolta dei dati è stata effettuata adottando come riferimento il disciplinare osservativo della rete fenologica nazionale IPHEN (Italian Phenological Network) che, a partire dal 2006, produce e diffonde carte fenologiche di analisi e previsione della fenologia di chardonnay e cabernet sauvignon.

Avvalendosi dei dati meteo della stazione di Erbusco, installata dal Consorzio nell’ambito del progetto “Sviluppo di un modello agrometeorologico previsionale della maturazione dello chardonnay in Franciacorta”, e del modello fenologico IPHEN per chardonnay, è stata simulata la fenologia dell’erbamat sulla serie meteo 1955-2015, per tracciarne l’andamento delle principali fasi fenologiche (fioritura, allegagione, invaiatura, maturazione). I dati analizzati dalla stazione meteo sono stati necessari anche per confrontare e spiegare le differenze tra i risultati ottenuti nelle annate 2014 (fresca e piovosa) e 2015 (calda e siccitosa).

Per entrambi gli anni, nel periodo estivo, sono stati predisposti campionamenti delle uve con cadenza di 7-10 giorni, al fine di tracciare le curve di maturazione dalle analisi di °Brix, pH e acidità. A maturazione raggiunta, le uve sono state pressate con un’idropressa e microvinificate separatamente. Durante la fermentazione alcolica è stato monitorato il °Babo (il contenuto zuccherino del mosto) e la temperatura. Infine, sono state svolte le analisi di routine sui vini. L’andamento delle fermentazioni è stato regolare e senza arresti. Durante il biennio, per ogni sito, sono stati effettuati i rilievi agronomici tradizionali (fertilità, sanità dei grappoli, numero di gemme totali sul tralcio, peso medio del grappolo).

 

I risultati

Dalla comparazione di rilievi fenologici è emerso che già dall’allegagione: l’erbamat, ha uno sviluppo ritardato di circa 7 giorni rispetto allo chardonnay, ma la differenza più evidente è a inizio maturazione, durante l’invaiatura, che si protrae per più di un mese, raggiungendo il 100% degli acini invaiati oltre la metà di settembre.

Riguardo il comportamento vegetoproduttivo si osserva che per entrambe le annate, la prima gemma fertile è sempre oltre la terza in media, ma frequentemente alla quarta e quinta, specialmente su Guyot lungo. Un altro aspetto interessante (più evidente nel 2014 che nel 2015), è l’apparente correlazione tra vigoria e fertilità: all’incremento dell’indice di vigoria corrisponde la riduzione della fertilità.

In merito alla sanità del grappolo, l’incidenza dei marciumi nell’annata 2014 ha un valore medio complessivo del 26.7%. Diversa l’annata 2015, ove si sono registrare soglie di danno minime (totale complessivo 2.3%), in prevalenza causate da Marciume acido (95.2%).

Dalla valutazione della risposta varietale a diverse forme di allevamento (fertilità del grappolo) è emerso che la forma d’allevamento a Guyot regolato a 8 gemme si presta meglio a essere utilizzato per il minore indice di vigore e per la più alta fertilità reale; ma anche per la più semplice gestione del vigneto rispetto alle altre forme d’allevamento.

In merito alle tecniche per la riduzione della compattezza del grappolo, dalle rilevazioni del peso medio del grappolo si evince che solo il taglio di 1/3 della punta del grappolo alla fase fenologica di acino a diametro di un pisello (tesi 4), è risultata con un peso medio inferiore a causa della parziale asportazione della punta del grappolo.

Inoltre, per quanto riguarda la suscettibilità a marci umi, solamente nel trattamento con zolfo bagnabile 18 kg/ha in fioritura sulla sola fascia del grappolo (tesi 5), è stato rilevato un numero maggiore di grappoli colpiti da marciume, probabilmente a causa del limitato arieggiamento dei grappoli per la mancata sfogliatura.

 

Conclusioni

Dalle prove sperimentali condotte nel biennio 2014-2015, si può affermare che l’erbamat nel tempo è in grado di conservare acidità elevata (in particolare acido malico) e bassi livelli di pH, caratteristiche fondamentali come punto di partenza per la produzione di base spumante.

Inoltre il recupero dell’erbamat - oltre ad avere una valenza prettamente enologica - ha permesso di caratterizzare la Franciacorta non solo per i vini prodotti, tipici di una “viticoltura di vitigno” (in cui le varietà internazionali, chardonnay, pinot nero e pinot bianco, ne sono protagoniste), ma anche per il legame vitigno-territorio, proprio della “viticoltura di territorio” in cui il primo attore è la varietà locale integrata con la viticoltura del terroir.

La sua introduzione nelle cuvée di Franciacorta, si rivela una scelta strategica anche in ambito commerciale, poiché creare un nuovo prodotto che si differenzia nel mercato per la sua irriproducibile tipicità, potrebbe soddisfare la domanda crescente di vini da vitigni autoctoni.

 

a cura di Alberto Grasso

oto Berlucchi

 

Materiale tecnico fornito da Gabriele Valota, enologo e perito agrario che ha collaborato al progetto Erbamat, da cui ha preso vita la sua tesi di laurea: “Valutazione delle caratteristiche agronomiche del vitigno Erbamat in Franciacorta”.


Libri. Cocktail Safari di Stefano Nincevich

$
0
0

Oltre 70 cocktail popolari raccolti in un unico volume che racconta storie, leggende e aneddoti legati ai drink più famosi. Tutti i dettagli sul libro del giornalista Stefano Nincevich.

L'autore

Fra i maggiori esperti del settore dei bar, in particolare dell'ambito della mixology, Stefano Nincevich è un viaggiatore instancabile, sempre in giro per conoscere locali e incontrare bartender di tutto il mondo. La sua, infatti, è una delle firme più autorevoli della redazione di Bargiornale, per la quale si occupa di raccontare storie, percorsi ed evoluzioni dei locali che hanno fatto dei dettami della mixology il loro mantra. Milanese doc, Stefano è un sostenitore convinto dell'aperitivo, ma non rinuncia a provare tradizioni e usanze diverse al di fuori dei confini nazionali. La somma delle sue esperienze di fronte al bancone non poteva che tradursi in un libro di ricette per barman amatoriali.

Il libro

Perché se la storia dei cocktail è “una materia poco nota e avvolta, per sua natura, dai fumi dell'alcol”, più chiari sono invece i motivi che hanno reso alcuni drink più celebri di altri. Ed è proprio questo che Stefano si propone di raccontare nel volume CocktailSafari, un libro dedicato a tutti i drink che hanno conquistato un posto d'onore al banco e uno spazio nella memoria degli appassionati del genere. Ma il testo è anche un omaggio a chi vive il bar come “una delle ultime isole felici di socialità fuori dai formalismi”. Edito da Tecniche Nuove, Cocktail Safari si avvale delle illustrazioni d'avanguardia di Andy Fluon, musicista, cantante e pittore italiano, co-fondatore, insieme a Morgan, del gruppo Bluvertigo.

I lettori

A ogni cocktail, il suo racconto. Con dati storici, informazioni tecniche, ma soprattutto aneddoti, curiosità, episodi che hanno contribuito ad accrescere il successo delle varie bevande, leggende che si perdono nella notte dei tempi e che hanno reso i drink popolari. Non mancano, poi, spiegazioni e ricette, descritte in maniera semplice, con un linguaggio immediato e fruibile da tutti. Un volume adatto ai bartender e gli operatori di settore, certo, ma pensato soprattutto per i consumatori, per il pubblico meno addentro alla materia che vuole cimentarsi in casa propria con distillati, spezie, liquori e altri ingredienti.

I commenti degli esperti

70 ricette di altrettanti cocktail raccolte insieme per il pubblico casalingo, ma che non hanno tardato a raccogliere l'entusiasmo degli addetti ai lavori. A cominciare da Dario Comini, patron del Nottingham Forest di Milano e pioniere della miscelazione d'avanguardia: “Il cliente più esigente troverà in questo libro un prezioso alleato, il mixologist avrà pane per i suoi denti dalla minuziosa ricerca storica della genesi di drink ormai dimenticati e ritornati in auge negli ultimi tempi”. Un volume ampio, scritto con cura e attenzione ai dettagli, ma anche con un trasporto emotivo non indifferente, come specifica Salvatore Calabrese, autore di The Maestro, Industry Legend. “Conosco Stefano da molti anni ormai. Non è un barman, non è un cocktail historian in senso tradizionale e neppure vorrebbe esserlo. Di professione fa il giornalista ed è sempre stato un osservatore attento, preciso, ma allo stesso tempo disincantato della nostra realtà. Nel suo libro, Cocktail Safari, c’è amore, c’è cultura e c’è passione. Tre ottimi motivi per leggerlo e berlo con gli occhi.

La ricetta: Caruso

Ingredienti

1/3 di Dry Gin

1/3 di Vermouth Dry

1/3 di crema di menta verde

Shakerare i vari elementi con pochi cubetti di ghiaccio per una decina di secondi e versare nella coppetta. Può essere proposto anche nella versione “Caruso Bianco”, con crema di menta bianca.

Cocktail Safari | Stefano Nincevich, Andy Fluon | Tecniche Nuove | pp. 204 | euro 24,90 | www.tecnichenuove.com

a cura di Michela Becchi

Libri sul cibo per l'estate. Bee Happy. Storie di alveari, mieli e apiculture

Libri sul cibo per l'estate. Lima, Cucina dal Perù

Libri sul cibo per l'estate. Mozzarella in carrozza. Ricette d'artista

Libri sul cibo per l'estate. Omicidi all'acqua pazza

Libri sul cibo per l'estate. Cibi di Strada – Il Sud

Libri sul cibo per l'estate. Il balsamico della tradizione secolare

Libri sul cibo. La cucina di Afrodite di Christina Loucas

3 pizzaioli e 12 talenti da scoprire. Gambero Rosso insieme alla Città dei Ragazzi

$
0
0

La Fondazione Opera Nazionale per Le Città dei Ragazzi e il Gambero Rosso insieme per rilanciare la Bottega dei Talenti: si parte dalla pizza. Il 2 ottobre al via il primo corso nella sede di via della Pisana. 

Maestri della pizza che fanno del bene

Tre grandi pizzaioli, dal 2 ottobre e per due mesi, saranno i docenti (a titolo completamente gratuito) di dodici giovani ospiti della Città dei Ragazzi, che attualmente accoglie e riabilita (con supporto psicologico e formativo) minorenni stranieri non accompagnati nella sede di via della Pisana a Roma.

Loro sono Giancarlo Casa della Gatta Mangiona, Luca Pezzetta di Osteria di Birra del Borgo e Marco Rufini di Casale Rufini, a Palestrina. Insieme e coordinati dalla Gambero Rosso Accademy, condurranno i ragazzi alla scoperta della professione del pizzaiolo: dalle basi alla scelta della materia prima, passando in rassegna tipologie e stili, dalla tonda alla pala, fino alla romana pizza in teglia. Si metteranno alla prova con un metodo didattico nuovo e diverso, incentrato soprattutto sulla pratica, per arrivare a formare in 84 ore (circa due mesi per tre volte a settimana) pizzaioli abili e consapevoli nell'utilizzo delle materie prime. Per un'esperienza professionale e personale unica.

 

Formazione e integrazione. Alla scoperta dei talenti nascosti

Gambero Rosso Academy ha accolto e abbracciato il progetto da subito, condividendone il sistema educativo e credendo fermamente che la formazione, seria e impegnata, sia il primo grande passo verso l'integrazione reale. “Certi dei risultati sotto ogni aspetto, crediamo possa essere un esempio di rete cittadina efficace: essere solidali senza andar troppo lontano”, spiega Camilla Carrega, Academic Programs Coordinator della Gambero Rosso Academy.

A ribadire l'importanza e il significato della formazione professionale le parole di Vincenzo Cappannini, presidente della Fondazione Opera Nazionale per le Città dei Ragazzi: “Ogni corso professionale costituisce per i nostri ragazzi un'opportunità unica per lo sviluppo dei loro talenti e, al tempo stesso, diventa lo strumento per la loro successiva promozione nel mondo del lavoro. La sinergia con Gambero Rosso va nella direzione di coinvolgere individui e imprese d'eccellenza nella crescita dei ragazzi che accogliamo per prepararli a essere cittadini attivi e responsabili”.

Il Gambero Rosso ringrazia Molini Spigadoro per aver aderito a questa iniziativa fornendo farine per tutta la durata del corso.

Alcuni rappresentanti della Città dei Ragazzi faranno parte della squadra della Biosagra For kids, la manifestazione che si terrà alla Fattoria di Fiorano domenica 1 ottobre per sostenere la ricerca terapeutica infantile. E quest'anno parte del ricavato sarà destinato anche al progetto della Bottega dei Talenti della Città dei Ragazzi.

 

Città dei Ragazzi | Roma | largo Città dei Ragazzi, 1 | www.oncr.it

 

a cura di Sara Bonamini

 

Il Festival della Gastronomia a Roma. Una riflessione sui festival gastronomici con Luigi Cremona e Lorenza Vitali

$
0
0

Esordisce alle Officine Farneto il nuovo format di Witaly, che fa tesoro del passato per ripensare l'accezione di festival gastronomico, in un settore saturo di proposte, che difetta in originalità. La soluzione? Contaminare ed essere contaminati. Con coerenza. 

Organizzare un evento. Come si fa

Quello che andrà in scena dal 7 al 10 ottobre alle Officine Farneto si chiamerà semplicemente Festival della Gastronomia. Un numero zero, verrebbe da dire, se non fosse che a organizzarlo, riflettendo sul concetto stesso di festival gastronomico, ci hanno pensato Luigi Cremona e Lorenza Vitali – insieme nella vita e per Witaly – che proprio alle prime armi non sono. E anzi, dalla profonda conoscenza di un settore sempre più saturo di proposte, dove “troppi eventi sono il copia/incolla uno dell'altro”, è nata l'esigenza di ripartire, con spirito nuovo, assecondando però un modus operandi affinato negli anni: “Oggi la saturazione del comparto enogastronomico, la proliferazione di eventi senza arte né parte è un problema che ci riguarda tutti” conferma Lorenza Vitali. “Noi abbiamo sempre creato format che ci appartengono, muovendoci tanto sul territorio, alla scoperta del nuovo, del non conosciuto. E tanti oggi riconoscono a Luigi il merito di averli scoperti: mestiere e chilometri (quelli da macinare per restare sempre aggiornati) sono le componenti imprescindibili di questa ricerca”.

Quattordici anni fa, il percorso di Witaly nel mondo degli eventi di settore cominciava da Napoli con Cooking for Wine: un embrione di quello che sarebbe diventato il concorso Emergente (chef, pizzaiolo, sala) negli anni a venire – una delle più interessanti vetrine per la scoperta di talenti della ristorazione italiana - pensato come costola di VitignoItalia. Poi, più di recente, il battesimo di Cooking for Art: “Il nome alludeva al contesto della prima edizione, presso il Chiostro di Santo Spirito in Sassia. Fino all'anno scorso l'abbiamo mantenuto, anche se il format non ha mai smesso di cambiare pelle”. Un percorso in ascesa, e una credibilità riconosciuta in primis dagli altri addetti ai lavori, che pure non ha impedito di fermarsi a riflettere sulla possibilità di cambiare ancora, evidenziando una caratteristica intrinseca agli appuntamenti di Witaly: poter giocare da maestri di cerimonie, diventando contenitore “certificato” per altri, cassa di risonanza per realtà e iniziative affini, aggregatore di temi differenti che raccontano il patrimonio enogastronomico italiano oggi. Offrendo al contempo proposte complementari, che rispondono alle esigenze di target diversi.

 

Il Festival della gastronomia. Un contenitore di qualità

Le motivazioni sono molteplici: “L'idea, sin dal nome volutamente banale, è quella di partire dall'assunto che questo settore sta crescendo in modo indiscriminato: si vedono troppe cose senza personalità in giro! E il rapporto costi-benefici diventa più complesso: si rischia di cadere nel già visto, operare scelte che non accontentano tutti gli interlocutori”. Ecco, allora, cosa sarà il Festival della gastronomia: “Un patchwork di tanti eventi”, racconta Lorenza, e non certo nel senso deleterio del termine. “Apriamo casa nostra a chi merita visibilità, in un certo senso ci facciamo da parte come brand per dare spazio alle realtà che rappresentano tendenze e stimoli del settore: una sorta di downsizing creativo, per fare pulizia di concetti superflui. Portiamo avanti una comunanza di intenti con chi procede nella nostra stessa direzione. E ci fa bene anche in termini di razionalizzazione di costi e logistica”. Un approccio critico, dunque, affine a quello con cui un critico gastronomico approccia le sue esperienze al ristorante, assumendosi la responsabilità di raccontare agli altri ciò che gli piace, forte di competenze acquisite sul campo, in molti anni di carriera: “Fare eventi è un lavoro durissimo, bisogna puntare a essere unici restando coerenti”.

 

Gli appuntamenti alle Officine Farneto

Alle Officine Farneto, quindi, ci sarà spazio per TerreBio, la rassegna dei migliori produttori biologici d'Italia, “perché anche a livello sociale, e di consumo, il mondo dei cibi naturali è ormai un settore consolidato, che esula dagli interessi di nicchia”. E poi VitignoItalia, con l'anteprima d'autunno dell'edizione 2018 della kermesse dedicata ai vini autoctoni d'Italia. Ma anche il festival itinerante God Save the Wine, a cura di Andrea Gori, e Le grandi bollicine di Luca Boccoli. Tornano invece l'appuntamento con le Migliori Botteghe di Roma e con le guida Alberghi e Ristoranti del Touring Club Italiano 2018. E alla pizza è dedicato l'approfondimento delle Strade della pizza, che si aprono ai pizzaioli in arrivo dal mondo. Per gli addetti ai lavori, come sempre, l'appuntamento più significativo è quello con le finali nazionali di Emergente, che proclameranno i giovani chef, pizzaiolo, Emergente Sala. E a proposito di giovani talenti, alle Officine Farneto arriverà pure Martino Ruggieri – in forze al Pavillon Ledoyen di Yannick Allenò e quest'anno in concorso alla finale italiana del Bocuse d'Or – per una cena speciale, lunedì 9, riservata a una quarantina di ospiti, che si potrà prenotare online. Al cibo, però, penserà anche il team di Acquolina con Angelo Troiani, per una sorta di appuntamento con Troiani ieri, oggi e domani che racconta una delle più longeve e soddisfacenti storie di imprenditoria della ristorazione a Roma.

 

La ristorazione italiana oggi. Vivaio di giovani talenti

Sullo stato dell'arte della ristorazione italiana, peraltro, Lorenza e Luigi hanno un quadro molto chiaro, specie quando si tratta di guardare al vivaio: “La qualità è molto cresciuta rispetto a 10 anni fa, e non solo nelle cucine blasonate. I giovani si informano di più, viaggiano e assaggiano cucine prima impensabili. E nel percorso di aggiornamento contano anche le strutture che hanno alle spalle, che hanno capito l'importanza di supportarli, investendo in comunicazione e facendoli crescere: iniziano a capire che questo fa gioco alla missione aziendale”. Discorso ancor più evidente quando si parla di pizza: “I primi anni del concorso facevamo fatica a trovare pizzaioli sotto i 30 anni: in pizzeria c'erano i maestri del mestiere insieme ai 'garzoni di bottega'. Abbiamo dovuto alzare il limite di partecipazione a 35 anni. Ora invece i nomi di giovanissimi pizzaioli di talento si sprecano. Il cambiamento del settore è epocale”. Ancora in sofferenza, invece la ristorazione al femminile, “le donne che ce la fanno devono avere tre volte il carattere e la forza di un loro collega”, ribadisce convinta Lorenza. Solo 5, quest'anno, le ragazze in gara, Sarah Cicolini, Ivana Daleo, Solaika Marocco tra gli chef, Carmilla Cosentino e Sara Jole Guastalla per la sala.

 

Festival della Gastronomia | Roma | Officine Farneto, via dei Monti della Farnesina, 77 | dal 7 al 10 ottobre 2017

 

 a cura di Livia Montagnoli

A Food for Soul il premio per la Sostenibilità dei Global Gastronomy Awards. Bottura sul palco di New York

$
0
0

L'undicesima edizione della cerimonia ideata dalla svedese White Guide introduce un premio speciale all'impegno sociale e ambientale degli chef più famosi del mondo. E il Refettorio di Massimo Bottura si aggiudica il premio, insieme al progetto per il rilancio dell'agricoltura messicano promosso da Enrique Olvera. 

Massimo Bottura fa il bis

Nel 2014 la motivazione centrava l'attenzione sulla qualità oggi universalmente riconosciuta a Massimo Bottura, capace di “reinventare continuamente una delle cucine più amate nel mondo”, dando nuova linfa a una tradizione “ricca, ma fondamentalmente conservatrice”. Il genio creativo al servizio dell'Osteria Francescana saliva allora sul palco dei Global Gastronomy Awards per ritirare il riconoscimento assegnato annualmente dalla scandinava White Guide, che in passato ha premiato tanti numi tutelari dell'alta gastronomia internazionale, da Ferran Adrià ad Alain Passard, a Renè Redzepi, Gaston Acurio e David Chang (l'anno scorso la vittoria è arrivata in America, con Dan Barber). E quest'anno, la cerimonia di gala, per la prima volta di scena a New York, accende di nuovo i riflettori sullo chef modenese – da oggi unico a figurare due volte nell'albo dei vincitori - chiamato a ritirare il Sustainability Forward Award per il progetto Food For Soul. L'edizione 2017 è l'undicesima nella storia del concorso organizzato dalla guida ai migliori ristoranti di Svezia, che col tempo ha finito per concentrare l'attenzione non solo sulle qualità intrinseche alla cucina dei migliori chef del mondo, ma soprattutto sul contributo che l'alta ristorazione può portare alla salvaguardia del pianeta, e al sostegno delle realtà sociali più svantaggiate.

 

Sustainability Forward Award. Vince Food for Soul

Ecco perché, oltre al canonico Global Gastronomy Award (che quest'anno incorona Enrique Olvera), a partire dal 2017 due nuovi premi valorizzano le scelte etiche e sostenibili degli chef. Così Food for Soul, fondazione che presiede alle attività dei refettori promossi da Massimo Bottura, si aggiudica il premio “post-plate”, che sottolinea il ruolo positivo della cucina in funzione antispreco, evidenziato dalla motivazione pronunciata sul palco, per “l'appassionato lavoro nella realizzazione di Refettori in tutto il mondo (l'ultimo in ordine di tempo ha aperto a Londra, e già si prospetta una collaborazione con le istituzioni francesi per un Refettorio a Parigi, in vista delle Olimpiadi 2024, ndr), con l'impegno a ridurre lo spreco di cibo, la produzione di rifiuti e gli oneri della povertà mediante l'approvvigionamento, la preparazione e il servizio di cibo delizioso a chi ne ha bisogno, con grande dignità. E per essere riusciti a coinvolgere in quest’iniziativa colleghi chef, artisti, volontari e comunità”. Con Bottura, sul palco, anche Lara Gilmore e Cristina Reni. Il premio “pre-plate”, assegnato a chi si spende per utilizzare ingredienti sostenibili, spetta sempre a Enrique Olvera, chef messicano del pluripremiato Pujol, che a pochi giorni dal devastante terremoto che ha colpito Città del Messico è salito sul palco per onorare il riconoscimento, facendosi una volta di più ambasciatore di una cultura antichissima e di una comunità che ora più che mai ha bisogno di essere sostenuta.

 

Enrique Olvera e il Global Gastronomy Award 2017

A lui, e al progetto Yolcan promosso con Lucio Usobiaga, la commissione dei GGA ha riconosciuto il merito “diaver guidato la rinascita dell'antica agricoltura azteca nell'area Chinampas di Città del Messico, portando prodotti locali e biologici sulle tavole della città e supportando la comunità agricola del territorio”. Agli sforzi profusi nel progetto, Olvera somma le qualità che gli sono valse il Global Gastronomy Award 2017, “per aver portato i piatti della tradizione popolare al rango dell'alta cucina, valorizzando prodotti autoctoni e preparazioni antiche”, nel pieno rispetto delle radici della cultura gastronomica messicana. E l'appuntamento per il prossimo anno, con i Global Gastronomy Awards, sarà proprio a Città del Messico.

 

http://whiteguide.com/white-guide/global-gastronomy/

 

a cura di Livia Montagnoli

Gourmet Food Festival 2017. I segreti di Iginio Massari

$
0
0

In attesa di Gourmet Food Festival, il Maestro Iginio Massari fa visita a Torino e affascina la platea dell’Ascom con un diluvio di racconti e aneddoti.  

Iginio Massari? Presente. Non poteva mancare a Gourmet Food Festival il Maestro dei Maestri, colui che ha fondato nel '93 l'Accademia dei Maestri Pasticceri Italiani e che ha allenato la squadra italiana vincitrice della Coppa del Mondo di pasticceria, a Lione nel 1997 e nel 2015, e a Roma nel 2002. Il fuoriclasse della pasticceria, in visita a Torino in occasione dell'incontro organizzato da Agrimontana, si racconta e ci racconta i suoi progetti futuri (o quasi).

Iginio Massari parla di pasticceria e racconta la sua storia

Abbiamo incontrato il Maestro dei Maestri Iginio Massari a Torino, nella sede dell’Ascom, invitato da Agrimontana e accolto dal direttore commerciale Luigi Bardini e da Maria Luisa Coppa, presidente dell’Ascom e da Fede, alias Federico Quaranta di Decanter. Un invito a parlare di pasticceria, naturalmente, e a raccontare la sua storia e il segreto del suo successo, anche mediatico. È un uomo da 300 autografi al giorno Massari: ha addirittura perso un aereo per Oslo per l’assalto dei fan, come una rock star. E anche in questa occasione è stato una sorta di one man show, affascinando la platea con un diluvio di racconti, sulla storia del pane, delle meringhe, della panna... Raccontando le sue esperienze, provocando, come è nel suo stile. Ha sottolineato l’importanza del linguaggio nella pasticceria, “ma cosa sono la farina di mandorle o di pistacchio…non esistono!”. Ha ribadito quanto sia importante sapere esattamente quel che si fa - “la pasticceria è una scienza esatta” - in fatto di sapori, consistenze, temperature. Ha criticato il gusto omologato di certa frutta, si è scagliato contro i fritti fatti senza cura, contro conservazioni sbagliate, contro le troppe “balle” che vengono dette in giro a proposito dei dolci. Ha messo in guardia dai falsi risparmi sulle materie prime (vanillina invece di vaniglia, tanto per fare un esempio). Ha insistito sull’impegno che ci vuole per fare questo mestiere (e il mestiere è un tesoro, una ricchezza da custodire). Nella sua ingegneria del gusto, nella sua arte dello zucchero - tutte definizioni sue - nulla è lasciato al caso, ma tutto è studiato in ogni dettaglio: colore, forma, gusto.

Non ci siamo persi questa occasione per fargli qualche domanda.

Prima fra tutte, vista la location in una delle regioni di maggiore tradizione pasticcera, ci dà un giudizio sulla tradizione torinese?

È una grande pasticceria, che negli ultimi anni si è un po’ fermata forse, ma ci sono giovani leve, come Fabrizio Galla, come Alessandro Dalmasso, che sapranno continuare la tradizione studiando prodotti nuovi.

Venendo alla pasticceria.

I mignon torinesi e piemontesi sono stati una grande invenzione, sono perfetti per degustare sapori diversi senza esagerare con le quantità. Sono un’identità forte. E bisogna saper mantenere la propria identità e insieme innovare. Nelle nuove leve della pasticceria vedo passione, voglia di imparare. Chi viene da me oggi non mi chiede mai quanto guadagnerà, mi dice che vuole capire…Questo è un bel segno, è importante.

Tradizione e innovazione: è qui che sta andando la pasticceria?

Sì sono importanti tutti e due gli elementi. Chi viene in pasticceria, viene a ricercare emozioni di gusto che fanno parte dei ricordi, dell’immaginario… Ma la tradizione va rinnovata, con proposte nuove, creative..

Oggi i dolci sono un po’ demonizzati e si parla di pasticceria light, vegan...Lei cosa ne pensa?

Che è meglio mangiare poco di un dolce buono, fatto come si deve. Il dolce è un piacere per il corpo e per l’anima, e si fa con gli ingredienti giusti. Io non faccio dolci ipocalorici, dolci vegani, faccio dolci buoni e belli da vedere: anche l’occhio vuole la sua parte.

La pasticceria internazionale: chi giudica più interessante oggi?

Penso quella spagnola, ci sono grandi pasticceri a Barcellona, a Madrid. Sono molto avanti.

Macarons di Iginio Massari

E la pasticceria francese? Cosa pensa dei macarons?

Grande pasticceria, certo, grande tradizione. Anche se fino agli anni ’60 i francesi venivano da noi a imparare a fare i pasticceri. I macarons? Sono stati rivoluzionati da quel grande pasticcere che è Pierre Hermé che li ha resi anche straordinari dal punto di vista visivo. Oggi l’80% dei pasticceri francesi vive sui macarons. Se fatti bene, da un professionista, sono un gran dolce.

Hermé che ha citato – e non solo lui, naturalmente – è anche un imprenditore, ha aperto svariati punti vendita. Massari rimane fisso a Brescia?

Non voglio creare catene, ma qualche novità in mente ce l’ho, però bisogna mantenere la propria artigianalità. Per esempio non puntando su un unico centro ma creando diverse pasticcerie. Ne riparleremo...

 

Gourmet Food Festival | Torino | Lingotto Fiere, via Nizza, 294 | dal 17 al 19 novembre 2017, venerdì dalle 17 alle 23, sabato dalle 10 alle 23, domenica dalle 10 alle 20 | www.gourmetfoodfestival.it

 

Per info sugli altri appuntamenti: http://www.gamberorosso.it/it/gourmet-food-festival

 

a cura di Rosalba Graglia

 

 

 

Offestival. Nel locale più originale di Catania la rassegna di grandi chef da tutta Italia

$
0
0

Una serie di cene a 4 mani pensate per proporre alta cucina a prezzi accessibili. L'idea è di Andrea Graziano, instancabile imprenditore siciliano, patron di Fud – Bottega Sicula e Fud Off, locali di tendenza nel cuore di Catania. Il programma.

Fud Off

È il 2012 quando lo chef Andrea Graziano apre le porte di Fud – Bottega Sicula a Catania, un format innovativo, dal carattere originale e tutto incentrato sulla ricerca della materia prima. Un locale che non si può etichettare: è panineria, ristorante, pizzeria, wine bar che propone piatti contemporanei e al tempo stesso legati al territorio, una formula d'avanguardia che non ha tardato a raccogliere l'entusiasmo del pubblico e della critica. Nel 2015 arriva il bis a Palermo e poi, un anno dopo, Fud Off, cocktail e tapas bar al lato opposto di Fud, in via Santa Filomena. .Un nuovo e avvincente capitolo della saga basato su micro-piatti di pesce, carne e ricette vegane a cura di Valentina Chiaramonte, chef palermitana in trasferta meglio nota come Chez-munita,. E poi “sicilian coctels” tra l’assortimento beverage firmato dal sommelier Emanuele Fioretti. Aperto solo di notte, ca va sans dire, il locale offre una ristorazione meno formale ma di ricerca, economica ma sperimentale.

La rassegna

All'insegna della qualità in un ambiente conviviale, lo chef ha scelto di creare un evento speciale all'interno del locale: “Ho deciso di organizzare una rassegna di cucina e cocktail che raccontasse un modo diverso di fare ristorazione. Credo molto in un'evoluzione dell'esperienza gastronomica diretta alla qualità, ma attenta ai prezzi, in una ristorazione alternativa che oltre che nutrire la pancia, diverta e sia intima”. Queste le premesse di Andrea, che dal prossimo 2 ottobre 2017 inaugura una serie di appuntamenti mensili negli spazi di Fud Off, con chef d'alta cucina che si alterneranno ogni mese per cucinare a 4 mani con Valentina. “La ristorazione nel mondo propone un'interessante metamorfosi che rivoluziona il classico pattern ristorante/trattoria. I consumi si stanno differenziando, la gente non mangia più tre portate come un tempo”. Attraverso il festival, lo chef si propone di diffondere proprio questo messaggio, lo stesso che è alla base della filosofia di Fud Off: la possibilità di fare alta cucina in un ambiente informale.

I protagonisti

Con il prezioso contributo di chef da Nord a Sud, più qualche ospite speciale dalla Francia. Ad aprire le danze, Giuseppe Lo Giudice e Alessandro Miocchi di Retrobottega (Roma), seguiti da Diego Rossi del ristorante Trippa di Milano, Giuseppe Iannotti del Kresios di Telese Terme nel beneventano, Gaia Giordano, braccio destro di Niko Romito nei ristoranti Spazio di Milano e Roma. E poi, direttamente dalla Francia, Simone Tondo, sardo di origine ma parigino di adozione, Giovanni Passerini, talento romano adottato dai cugini d'oltralpe, e Mauricio Zillo, brasiliano “dall'anima napoletana”. E la lista continua con il pugliese Antonio Bufi, Matteo Monti del Rebelot di Milano, Francesco Barreca e Marco Baccanelli del ristorante capitolino Mazzo, e ancora Ornella De Felice del Coromandel. Non mancheranno, poi, gli abbinamenti con i cocktail, fra proposte nuove e originali a base di diversi distillati d'eccezione.

Offestival | Catania | dal 2 ottobre 2017 | www.fudoff.it/#bookmark_cocktail_tapas

a cura di Michela Becchi

Bocuse d'Or, ad Alba la finale nazionale. Crippa: "Da ora l'Italia fa sul serio"

$
0
0

Quattro chef professionisti in gara di fronte una giuria di 30 chef stellati, presieduta da Enrico Crippa. L'Accademia italiana punta a scalare la classifica in una delle più importanti competizioni mondiali, dove però non ha mai brillato

La finale mondiale è a Lione nel 2019, la selezione europea è a Torino nel 2018, mentre per quella italiana tutto si decide domenica 1 ottobre. Sarà Alba a ospitare la finale nazionale del Bocuse d'Or, una delle più importanti competizioni internazionali per chef professionisti, nata nel 1987 su iniziativa del francese Paul Bocuse, tra i massimi esponenti della nouvelle cuisine. In gara ci sono quattro giovani realtà del nostro panorama gastronomico, chiamate a sfidarsi per cinque ore e mezza, in una competizione che darà al vincitore il pass per la selezione europea di Torino, in programma l'11 e 12 giugno 2018, in concomitanza con Expo Forum Gourmet.

 

Enrico crippaEnrico Crippa

A giudicare i piatti, ci saranno trenta chef presieduti da Enrico Crippa (ristorante Piazza Duomo, Alba) chiamati a valutare tecnica, abbinamenti e sapore delle preparazioni. Dopo una serie di prove deludenti, l'Italia vuole prendere sul serio la competizione

 

1 4 finalisti del bocuse d'or

Paolo Griffa, Giuseppe Raciti, Martino Ruggieri, Roberta Zulian. I quatto finalisti italiani del Bocuse d'Or

 

I quattro chef candidati

Nella medioevale piazza Risorgimento, nei giorni in cui prende il via la Fiera internazionale del tartufo bianco, saranno chiamati a sfidarsi i quattro cuochi, selezionati con una call nazionale curata dall'Accademia Bocuse d’Or Italia, diretta da Luciano Tona. La giuria specializzata dovrà scegliere tra Paolo Griffa, Giuseppe Raciti, Martino Ruggieri e Roberta Zulian.

Paolo Griffa – Piemontese, classe 1991, sogna il Bocuse d'or già dalla scuola di cucina. Attualmente lavora in Francia presso il Restaurant Serge Vieirà (Due Sstelle Michelin a Chaudes-Aigues in Francia). È nato a Carmagnola, dove ha mosso i primi passi nella cucina di alto livello, lavorando dal 2010 al 2012 nel ristorante Combal.Zero di Rivoli. Dal suo progetto emergono la conoscenza dei prodotti e l'attenzione alla stagionalità. Team: commis: Pierre-Joseph Limouyoux; coach: Cristian Broglia; ente promotore: Veronique Enderlin.

Giuseppe Raciti - Siciliano, classe 1985, ha già partecipato alla selezione italiana del Bocuse d’Or del gennaio 2016, non riuscendo però a vincerla. Guida la cucina del ristorante Zash – Country Boutique Hotel a Riposto, in provincia di Catania. Ha partecipato con successo a numerosi concorsi di cucina. Tra le sue esperienze quelle al Principe Cerami di Taormina assieme a Massimo Mantarro, all'Antica osteria del Ponte con Ezio Santin, all'estero nei grandi hotel svizzeri come il Kulm di St.Moritz o lo Chalet d'Adrien a Verbier. Il legame della sua terra emerge nel progetto culinario presentato, con una reintrepretazione dei prodotti scelti per il concorso, legata alla sua isola. Team - commis: Marco Sciacca; coach: Francesco Gotti; ente promotore: Fic-Nic.

Martino Ruggieri – Trentunenne di Martina Franca (Taranto), attualmente ricopre il ruolo di deputy head chef presso il Pavillon Ledoyen di Parigi (Tre Stelle Michelin). Il suo è un curriculum di livello con con esperienze presso La Pergola di Heinz Beck, a Roma, e L'Atelier de JoëlRobuchon a Parigi. Nel suo progetto culinario, c'è l'internazionalità applicata ai prodotti della sua terra d'origine, la Puglia, in particolare la Valle d'Itria. Team - commis: Curtis Clement Mulpas; coach: Luigi Taglienti; ente promotore: Yannick Alléno.

Roberta Zulian – Da tempo all'interno del team di Andrea Alfieri, Roberta Zulian (classe 1981) svolge la professione di chef in Trentino Alto-Adige, terra a cui lega moltissimo i suoi piatti, che si caratterizzano per il frequente utilizzo di prodotti montani. Ha lavorato molto nel mondo della pasticceria, affinando le tecniche di base, elemento fondamentale per un concorso di cucina. La buona esperienza di gestione di un ristorante d'hotel, l'Alpen Suite Hotel di Madonna di Campiglio (Trento), dove lavora attualmente, l'hanno preparata a una gara intensa come il Bocuse d’Or. Team - commis: Davide Bolzoni; coach: Andrea Alfieri; ente promotore: Andrea Alfieri.

 

Le commissioni

Trenta grandi cuochi da tutta Italia compongono la giuria specializzata che si dividerà in due commissioni: la prima valuterà la tecnica, le competenze culinarie e la presentazione; la seconda, dopo l'assaggio, si concentrerà sulle caratteristiche organolettiche del piatto, l'equilibrio e la qualità del cibo proposto. La presidenza è affidata a Enrico Crippa e al presidente onorario Mathew Peters, lo statunitense che a gennaio 2017 ha vinto la finale mondiale di Lione. Nel medagliere storico di quella che per molti è la più importante manifestazione mondiale di cucina per chef professionisti, il primo posto è detenuto dalla Francia (7 ori), seguita dalla Norvegia (5 ori) e da Lussemburgo e Svezia, con un oro ciascuna. Gli Stati Uniti detengono il titolo 2017, dopo la vittoria su Norvegia e Islanda. L'Italia, nelle diverse edizioni del Bocuse d'Or non si è mai piazzata sul podio. Anzi, è stata spesso eliminata nelle prime fasi. Stavolta, l'Italia fa sul serio. “Fino ad oggi” spiega EnricoCrippail concorso non ha sviluppato attenzione perché interessava un settore gastronomico specifico”. Se si guarda al medagliere e all'ampio divario Italia-Francia, Crippa lo spiega così: “Il medagliere rende giustizia alla Francia, ma solo perché l'Italia non ha mai realmente preso seriamente il concorso”.

bocuse d'or

Verso la finale europea di Torino

La neonata Accademia Bocuse d'Or Italia avrà il compito di supportare in ogni campo gli chef italiani e prepararli alle finalissime. Il vincitore, in vista della finale europea di Torino del 2018, dovrà iniziare da subito il percorso di allenamento, in uno spazio dedicato all'interno del palazzo mostre e congressi di Alba. Si prevede una formazione di alto livello, che coinvolgerà cuochi, food designer, chef ed esperti del settore, che ricercheranno le soluzioni più innovative per rendere la cucina italiana competitiva all'interno dei circuiti di eccellenza a livello mondiale. Enrico Crippa descrive così le caratteristiche tecniche che dovrà avere lo chef italiano per sperare nel passaggio del turno: "Il cuoco, per essere un grande chef di cucina, oltre alle competenze professionali deve avere la capacità di leader e sapere guidare, esprimere calma, motivare i componenti della brigata, affinché possano dare il meglio di se stessi. Quindi le caratteristiche di questo mestiere sono calma, genialità e motivazione". Ma Crippa guarda anche alla finale 2019 e alle possibilità per l'Italia. “La fortuna dei principianti penso che accompagnerà la nostra neonata Accademia Bocuse d'Or Italia. Credo” sottolinea lo chef “che potremo posizionarci molto bene sul podio torinese e altrettanto sul podio di Lione. I candidati selezionati sono cuochi di valore puro che verranno accompagnati dall'Accademia in questa loro caratteristica”.

 

Chi sono i 30 giurati

Alfio Ghezzi, Locanda Margon; Emanuele Scarello, Agli Amici 1887; Nicola Portinari, La Peca; Andrea Berton, Ristorante Berton; Alessandro Negrini e Fabio Pisani, Aimo e Nadia; Carlo Cracco, Ristorante Cracco; Claudio Sadler, Sadler; Riccardo Camanini, Lido 84 Ristorante; Pietro Leeman, Joia; Enrico Cerea, Ristorante Da Vittorio; Paolo Lopriore, Ristorante Il Portico; Davide Palluda, Ristorante all’Enoteca; Matteo Baronetto, Ristorante del Cambio; Isa Mazzocchi, La Palta; Gino Fabbri, presidente Accademia dei Maestri Pasticceri; Matteo Berti, Direttore didattico di Alma; Vito Mollica, Il Palagio; Valeria Piccini, Ristorante Caino; Riccardo Monco, Enoteca Pinchiorri; Peppino Tinari, Villa Maiella; Moreno Cedroni, Madonnina del Pescatore Ristorante; Antony Genovese, Ristorante il Pagliaccio; Alfonso Iaccarino, Don Alfonso 1890; Gennaro Esposito, Ristorante Torre del Saracino; Angelo Sabatelli, Angelo Sabatelli Ristorante; Antonella Ricci, Al Fornello da Ricci Ceglie; Luca Abruzzino, Ristorante Abbruzzino; Stefano Deidda, *Dal Corsaro; Accursio Capraro, Accursio Ristorante.

 

Bocus d'Or | Alba (CN) | piazza Risorgimento | domenica 1 ottobre h.8-18 | www.bocusedor.com

www.accademiabocusedoritalia.it

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Grandi numeri e un Trento Doc che sta facendo scuola: Cavit conquista i Tre Bicchieri

$
0
0

Tra grandi numeri e piccoli produttori, Cavit riesce a conciliare le esigenze di qualità e quantità: circa 5mila soci e una linea di etichette di valore che, anche quest'anno, si sono aggiudicate i Tre Bicchieri.

Da una parte un colosso da quasi 5mila soci conferenti, dall'altra l'idea di rispettare origine e diversità del territorio pur raccogliendo la sfida dei mercati internazionali. Cavit si pone su questo crinale, forte di un approccio moderno, prova ne sia il sistema informatizzato per mettere in relazione i dati provenienti dalle diverse cantine. Dalla sua c'è anche la misura dei suoi conferitori: piccoli, talvolta piccolissimi produttori che segnano un ponte tra “mini” e “mega”. Perché, come dice il direttore generale Enrico Zanoni,in uno stesso territorio possono coesistere piccoli vignaioli e grandi realtà cooperative”. Ma Cavit è anche una struttura che entra sul mercato con un ampio ventaglio di prodotti che coprono diverse categorie: dai più semplici, presenti nella Gdo non solo in Italia, a quelli premium, etichette di valore che quest'anno hanno nel Trento Brut Altemasi Graal riserva 2010 la loro punta di diamante che ha conquistato i Tre Bicchieri. Un Trento che sta facendo scuola: concentrazione e finezza, con toni che scivolano con leggerezza su sentori maturi che si risolvono nell'austerità di una beva carezzevole. Ma anche le nuove chicche, un pinot nero e un grigio, meritano l'assaggio.

 

Qual è il rapporto di una grande cooperativa come la vostra con i piccoli vignaioli, tra l'altro in una regione comunque non troppo estesa?

Da parte mia non vedo competizione né conflitto, anzi c'è il massimo rispetto per chi opera in modo differente dal nostro. Sullo stesso territorio possono convivere modelli diversi, facciamo entrambi parte dell'offerta segmentata di un territorio. Tra l'altro noi lavoriamo con piccoli viticoltori.

 

Come funziona la vostra struttura?

Abbiamo oltre 4500 soci con una proprietà mediamente di poco superiore all'ettaro. La produzione dei singoli afferenti viene assorbita dalle cantine di primo livello che fanno la trasformazione e poi Cavit che coordina la produzione e si occupa della commercializzazione.

 

Su che tipo di etichette puntate?

Abbiamo un'offerta molto segmentata, si va dai prodotti di più facile accessibilità presenti anche nella Gdo di tutto il mondo, ai prodotti premium.

 

Avete un protocollo interno per controllare l'operato dei soci conferitori?

Abbiamo una filiera molto rigorosa che parte dal controllo del lavoro sul vigneto, ci avvaliamo di una sistema innovativo che si chiama Pica, Piattaforma Integrata Cartografica Agri-vitivinicola, su cui vengono convogliate le informazioni, per esempio solar radiation, tipo di terreno, e così via. In congiunzione con le nostre cantine socie abbiamo una fotografia fedele dei vigneti e possiamo seguire il loro andamento. Questa piattaforma integra automaticamente i dati provenienti da tutte le cantine, permette di incrociare dati, previsioni meteo, effettuare controlli, consentendo la gestione e la consultazione di modelli previsionali a tutti i soci.

 

È tutto informatizzato?

Naturalmente no, ci sono 12 agronomi coordinati da Andrea Faustini, che con quel sistema fa un lavoro in sinergia con le singole cantine. C'è un coordinamento degli enologi delle cantine socie e la nostra struttura enologica. Insomma, più che un controllo è un supporto, una risorsa capace di dare risposte in tempo reale, per tutti i viticoltori.

 

Sembrerebbe che spendiamo sempre di più per acquistare Champagne, ma come vanno, davvero, le vendite di Metodo Classico in Italia?

Come associazione Trentodoc registriamo una crescita costante nella spumantistica. Poi per quanto ci riguarda, come azienda, siamo in costante crescita, è vero che partivamo da basi non enormi ma da più di 5 anni c'è una progressione anno dopo anno: siamo molto contenti. Lo stesso per il prodotto di punta Altemasi, con la gamma riserva Graal Millesimato dosé e pas dosé di cui siamo molto soddisfatti

 

Come vanno le bollicine trentine all'estero?

I dati di vendita all'estero del Metodo Classico sono ancora bassi rispetto al totale della produzione, parlando di Trento Doc ci assestiamo intorno al 20% sul totale. Insomma: abbiamo ancora ampi margini di miglioramento.

 

Invece oltreconfine chi è il "nemico", lo Champagne o il Prosecco?

Credo che la crescita del Prosecco nel lungo e medio periodo possa accendere un faro sulla spumantistica italiana in generale, ed essere un fattore positivo anche per noi. Partendo dal Prosecco, chi cerca un prodotto di tipo diverso, può arrivare al Metodo Classico italiano come il Trento Doc, che deve trovare un suo segmento distintivo come offerta premium.

 

Il punto sull'annata 2017. Come è andata?

Inutile girarci intorno, questa è un'annata complicata, si sono susseguite situazioni particolari: fioritura anticipata, gelo, siccità, grandine. Qui in Trentino c'è stata una flessione della produzione pari al 12%. Per quanto riguarda la qualità, invece, nonostante alcune situazioni complicate, i tecnici dicono che le basi spumanti presentano caratteristiche corrette per far bene sperare.

 

Cavit | Ravina (TN) | via del Ponte, 31 | tel. 0461 381711 | http://www.cavit.it/

 

a cura di Antonella De Santis e William Pregentelli

Una sera all'improvviso, con Max Mariola. Lo chef cucina con quello che c'è nel vostro frigo

$
0
0

Pochi ingredienti e nessuna buona idea. Come si fa a portare in tavola la cena? Arriva in soccorso Max Mariola, con ricette semplici, golose, facilmente replicabili. E gli ingredienti a disposizione sono quelli del frigorifero di casa vostra. Le nuove puntate su Gambero Rosso Channel. 

All'ora di cena, la sfida con il frigorifero, dopo una giornata di lavoro trascorsa senza un attimo di respiro, può sembrare insormontabile. La spesa non c'è proprio stato il tempo di farla, gli ingredienti a disposizione scarseggiano, ma qualcosa bisognerà pure portare in tavola! Se poi la prospettiva è quella di una serata improvvisata tra amici, riuscire a spuntarla con l'idea giusta è fondamentale per il buon esito della rimpatriata. L'uomo giusto al momento giusto è Max Mariola, che arriva in soccorso con le ricette di Una sera all'improvviso. Il format in onda su Gambero Rosso Channel (canale 412 di Sky) è ripartito da qualche giorno con una nuova stagione ricca di spunti e consigli per chi vuole improvvisare una cena con pochi prodotti a disposizione: nella sua cucina, Max riceve le richieste d'aiuto.

 

Cucinare con quello che c'è. Le idee di Max

Un breve filmato passa in rassegna il frigorifero del “malcapitato” di turno, che sfida lo chef a realizzare un menu di tre portate con quello che c'è, avanzi compresi. Non un ingrediente di più. Tre sfide a puntata, tre piatti improvvisati dallo chef che non mancherà di proporre anche più di una interpretazione con i prodotti a disposizione, con l'accortezza di presentare ricette facilmente replicabili, semplici, golose e adatte a tutti. E Max Mariola si mette in gioco per davvero: prima di registrare ogni puntata, lo chef ha avuto solo qualche minuto a disposizione per visionare il filmato, scoprendo all'ultimo secondo gli ingredienti che dovrà valorizzare in cucina. In mezz'ora di tempo vedrete cosa riuscirà a inventare. Le nuove puntate di Una sera all'improvviso, per la regia di Stefano Monticelli, sono in onda dal 25 settembre, dal lunedì al venerdì alle 13.30 (in replica alle 19.30).

 

Una sera all'improvviso | Gambero Rosso Channel - canale 412 di Sky | dal lunedì al venerdì alle 13.30 

Anteprima Tre Bicchieri 2018. Umbria

$
0
0

L'anticipazione dei premiati della nuova guida Vini d'Italia 2018 oggi ci porta a scoprire i migliori vini dell'Umbria.

La qualità del vino umbro è nota da anni, ma quello che si percepisce vendemmia dopo vendemmia è la consapevolezza sempre maggiore che alcuni territori e alcune varietà possano offrire delle etichette di prestigio che riescano a competere con i grandi vini nazionali e mondiali.

E se fino a qualche anno fa i nomi che primeggiavano fuori regione erano solo quelli di cantine blasonate o di vitigni ormai noti (o internazionali), ora si va ad affermare sempre più la vera essenza della regione, fatta di vitigni autoctoni, aree dove la viticoltura fa parte della tradizione da decenni e, soprattutto, piccole realtà artigiane (che si affiancano a grandi e prestigiose cantine) e vanno a rappresentare un bel tessuto vitivinicolo regionale.

Inoltre, i vini bianchi si fanno notare sempre di più e anche in questa edizione della Guida si è cercato di metterlo in evidenza attraverso etichette che, anche non salendo sul gradino ai vertici, occupano una posizione di tutto rispetto nella piramide qualitativa. La 2016 è stata un'annata bella ed equilibrata (almeno fino a settembre, dopo i cali di temperatura e le piogge si sono fatti sentire condizionando soprattutto le varietà tardive) meno calda della precedente e i vini ne hanno sicuramente beneficiato. Tre i bianchi che conquistano i Tre Bicchieri, tutti già noti al podio: il Cervaro della Sala è il grande vino bianco internazionale e con Il Bianco di Decugnano dei Barbi valorizzano il territorio di Orvieto. Da Orvieto ci spostiamo poi verso Montefalco per evidenziare la bontà dell'Adarmando '15 di Tabarrini, potente e solare equilibrato da una sapidità magistrale.

Venendo ai rossi dobbiamo tornare al millesimo 2016: questa volta a beneficiarne è un grande Ciliegiolo di Narni prodotto dal bravissimo (e oramai riferimento per il territorio) vignaiolo Leonardo Bussoletti. Una grande conferma invece per il Rubesco Vigna Monticchio, il Torgiano Rosso di Lungarotti che continua a scrivere pagine di storia della viticoltura umbra di qualità. Ultimi, ma non ultimi, i Montefalco Sagrantino. Ben quattro si aggiudicano i Tre Bicchieri. La novità arriva da Tudernum che col Fidenzio (nonostante la non fortunatissima annata 2012) conquista l'ambito premio. Il resto è frutto invece del buon millesimo 2013 che ha visto tanti vini approdare alle degustazioni finali: Pardi conferma l'ottima performance dello scorso anno, Caprai non delude col suo Collepiano, infine la piccola azienda Bellafonte si rivela ancora una volta capace di presentare uno dei rossi più affascinanti ed eleganti della regione. 

 

I vini dell'Umbria premiati con Tre Bicchieri

05035 Rosso ’16 - Leonardo Bussoletti
Adarmando ’15 - Giampaolo Tabarrini
Cervaro della Sala ’15 - Castello della Sala
Montefalco Sagrantino ’13 - F.lli Pardi
Montefalco Sagrantino Collenottolo ’13 - Tenuta Bellafonte
Montefalco Sagrantino Collepiano ’13 - Arnaldo Caprai
Montefalco Sagrantino Fidenzio ’12 - Tudernum
Orvieto Cl. Sup. Il Bianco ’16 - Decugnano dei Barbi
Torgiano Rosso Rubesco V. Monticchio Ris. ’12 - Lungarotti
 

Festival gastronomici di ottobre. 12 appuntamenti da non perdere

$
0
0

Ottobre. Malgrado i primi freddi e le piogge di stagione, l’autunno ci regala sapori e profumi unici, celebrati in tanti appuntamenti lungo tutta la Penisola. Ecco una rassegna dei festival enogastronomici da non perdere.

Bio*Sagra For Kids

Alle porte di Roma, all'Orto di Alberico, torna per la quarta edizione Bio*Sagra For Kids, la manifestazione di beneficenza pensata per e con i bambini. Cuore pulsante dell'evento è la raccolta fondi Onlus FKK per sostenere la ricerca del Dipartimento di Scienze Neurologiche dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, ma non finisce qui. Quest'anno, infatti, si aggiungono alla lista altri tre progetti, questa volta di carattere sociale e professionale, ancora legati al mondo dell'alimentazione. Una domenica all'insegna della solidarietà, fra assaggi, degustazioni e attività per i più piccoli, grazie al contributo degli artigiani e degli chef che hanno scelto di aderire alla manifestazione. Il prezzo del biglietto è di 15 euro, e l'intero ricavato sarà devoluto all'associazione.

BIO*SAGRA For Kids | Roma | Orto di Alberico, via di Fioranello | 1 ottobre 2017 | ingresso 15 euro | www.biosagraforkids.it

Dall'Italia eroica all'Italia enoica

Un viaggio nella vita di Garibaldi – eroe del Risorgimento italiano – da percorrere con un calice in mano: il 1 ottobre in Piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa a Mentana, si celebra l'eroe dei due mondi, proprio nella località sabina dove egli dovette ritirarsi incalzata dai soldati pontifici e dalle truppe francesi. La storia di Garibaldi sarà rivissuta attraverso i vini più rappresentativi delle zone che lo hanno visto protagonista: da un vino simbolo della Milano di oggi, per celebrare le cinque giornate di Milano, passando fino a un vino della Gallura per ricordare l’esilio a Caprera in un sontuoso percorso di oltre dieci tappe che varcherà anche i confini italiani. Un evento organizzato da Cucina e Vini, in collaborazione con il Comune di Mentana, che coniuga la storia d'Italia con la sua antica tradizione vitivinicola, fra degustazioni guidate, laboratori e tanti assaggi.

Dall'Italia eroica all'Italia enoica | Mentana | 1 ottobre 2017 | www.cucinaevini.it

Eurochocolate (Perugia)

È incentrata sulla musica l’edizione 2017 di Eurochocolate, che si svolge come di consueto a Perugia dal 13 al 22 ottobre. Come ogni anno, il Chocolate Show trasformerà il centro di Perugia ogni giorno in un grande bazar di cioccolata, con oltre seimila prodotti esposti da più di cento produttori del settore dolciario. Anche quest’anno diversi spazi dedicati al cioccolato vegan, gluten free e ai prodotti biologici. E poi ancora seminari, intrattenimento, laboratori, degustazioni e naturalmente tanti show dedicati alla musica e al suo legame con il cibo degli dei.

Eurochocolate | Perugia | dal 13 al 22 ottobre | www.eurochocolate.com/

Fiera della nocciola (Castellero)

Dal 5 all’8 ottobre 2017 Castellero (At), ospita la 35esima Fiera della Nocciola, manifestazione di promozione della tonda gentile del Piemonte IGP. Degustazioni di dolci a base di nocciola, convegni, giri in mongolfiera per vedere dall’alto i noccioleti, sculture in legno e molto altro ancora per un programma fitto di appuntamenti. Il 5 ottobre torna la giornata della coricoltura, con dimostrazione della potatura e presentazione dei macchinari utili nella raccolta. Il 6, invece, in programma la resa della nocciola, con la selezione delle migliori nocciole con premiazione finale. Domenica 8 chiude il convegno “Influenza del clima sulle nocciole in Piemonte”, cui parteciperà D’Acunto, Presidente di Città della Nocciola.

Fiera della nocciola | Castellero (AT) | dal 5 all'8 ottobre 2017 | www.comune.castellero.at.it/

Food and Book (Montecatini Terme)

Quinta edizione per il Food and Book, l'evento dedicato a tutti gli appassionati lettori amanti della buona tavola, che ancora una volta torna, dal 13 al 16 ottobre a Montecatini Terme, con la presentazione in anteprima nazionale di Slow Wine 2017, la guida dei vini edita da Slow Food. Presentazioni di libri, cene, degustazioni, showcooking, workshop e dibattiti: tanti gli eventi ospitati dal festival che pone l'accento sul ruolo fondamentale della cucina e della tavola, coniugando letteratura e buon cibo, ancora una volta alle Terme Tettuccio. Focus sull'arte, sulla storia del caffè, incontri con l'Alleanza Slow Food Cuochi e molti altri ancora gli appuntamenti da non perdere all'interno del fitto programma della manifestazione.

Food and Book | Montecatini Terme | dal 13 al 16 ottobre 2017 | www.foodandbook.it/

Host (Milano)

40esima edizione per uno dei festival B2B più celebri d'Italia. Host è da tempo il punto di riferimento per il mondo Ho.Re.Ca., evento imperdibile per tutti gli operatori del settore che trasforma ancora una volta Milano, dal 20 al 24 ottobre, nella capitale dell'accoglienza proessionale. 14 padiglioni che integrano le filiere produttive e di servizio comuni, valorizzando la specificità di ogni settore e ogni singola azienda. Pane, pizza, pasta, tè, caffè, gelato, pasticceria: questi e molti altri i settori presenti alla manifestazione. Non mancheranno assaggi, laboratori, ma soprattutto seminari, forum e convegni dedicati ai professionisti.

Host | Milano | dal 20 al 24 ottobre 2017 | host.fieramilano.it/

International coffee day (evento diffuso)

Come ogni anno, è la giornata mondiale del caffè a inaugurare la kermesse di eventi nel mondo del cibo di ottobre. E nel 2017, si comincia un giorno prima, il 30 settembre, con l'appuntamento Venga a prendere il caffè da noi, che si ripete per il secondo anno di seguito alla Cineteca di Bologna grazie al lavoro di Cristina Caroli e Alessandro Galtieri di Aroma Caffè, bar d'eccezione del capoluogo emiliano. Ad accompagnarli in questa giornata di assaggi, tanti professionisti di diverse torrefazioni di qualità da Nord a Sud. Il 1 ottobre, invece, da Cannaregio Caffè, a Venezia, ogni cliente è invitato a farsi un selfie con la bevanda scelta, su iniziativa di Maela Galli, da anni impegnata nella promozione e diffusione della cultura del buon caffè. Al Sud, per la precisione in Sicilia, a Palermo, al bar Vabres Alessio Vabres offre assaggi gratuiti di caffè filtro e, per l'occasione, abbassa il prezzo degli espressi monorigine e specialty a 1 euro. Ancora degustazioni anche al Moleskine Café di Milano, e pure a Verona, da Manifattura Caffè, dove il prossimo 2 ottobre Alessandro Vesentin concluderà le 4 settimane di avvicinamento al caffè cominciate lo scorso mese. Sessione di assaggio anche da Caffè Cognetti a Bari, e prezzi speciali per caffè specialty al Drupa Caffè di Livorno, dove il microlotto Rabanales Guatemalteco della fazenda di proprietà di Don Gregorio Zamora, tostato da Le Piantagioni del Caffè ed estratto in filtro dal team del bar, verrà servito a solo 1 euro. Abbassa i costi per l'occasione anche Luigi Paternoster di Pierre Caffè, Gravina in Puglia (Bari), che durante il corso della giornata intratterrà i clienti con giochi, attività, degustazioni e workshop.

Bar Vabres | Palermo | 1 ottobre 2017 | www.facebook.com/Bar-vabres

Caffè Cognetti | Bari | via Salvatore Cognetti 17/19 | tel. 080 5247578 | www.facebook.com/caffecognetti1997/?pnref=lhc

Torrefazione Cannareggio | Venezia | Cannareggio, 1337 | tel. 041 716371 | www.torrefazionecannaregio.it/

Drupa Caffè | Livorno | 1 ottobre 2017 | www.drupacaffe.it/caffetteria

International Coffee Day Moleskine Café | Milano | 1 ottobre 2017 | www.facebook.com/events/503807303315769/?acontext=%7B%22action_history%22%3A%22[%7B%5C%22surface%5C%22%3A%5C%22messaging%5C%22%2C%5C%22mechanism%5C%22%3A%5C%22attachment%5C%22%2C%5C%22extra_data%5C%22%3A%7B%7D%7D]%22%7D

Manifattura Caffè | Verona | 2 ottobre 2017 | www.facebook.com/Manifattura-caff

Pierre Caffè | Gravina in Puglia (BA) | 1 ottobre 2017 | www.facebook.com/Pierrecafe84/

Venga a prendere il caffè da noi | Bologna | 30 settembre 2017 | www.facebook.com/events/275515449620927/

Lo Pan Ner (Valtellina e Valcamonica)

Un'iniziativa pensata per recuperare l'antica tradizione del pane nero delle Alpi, inserita nel più ampio progetto AlpFoodWay (Programma InterregAlpineSpace - Cooperation Programme 2014-2020) che ha l’obiettivo di definire un modello di sviluppo sostenibile per le aree alpine periferiche basato sulla conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale e alimentare. Il 14 e 15 ottobre, la seconda edizione de Lo Pan Ner coinvolgerà diversi territori della Valtellina e Valcamonica, con la partecipazione delle comunità locali, dalle famiglie alle istituzioni. Una festa che si propone di celebrare la segale, ingrediente di origini remote che in passato ha svolto un ruolo fondamentale per l'alimentazione delle popolazioni alpine. Due giorni, dunque, alla riscoperta di questo cereale minore grazie al contributo dei fornai e dei mugnai che, per l'occasione, metteranno in funzione i mulini più antichi per preparare la farina di segale come si faceva in passato.

Lo Pan Ner | Valtellina e Valcamonica | 14 e 15 ottobre 2017 | www.facebook.com/events/347456005592048

Mangiacinema (Salsomaggiore Terme)

La festa del cibo d'autore e del cinema goloso: Mangiacinema chiama ogni anno a raccolta oltre 100 artisti del gusto e dello spettacolo, per un'intera settimana di degustazioni gratuite, proiezioni e dibattiti sul ruolo della tavola nella storia del cinema. La quarta edizione è iniziata lo scorso 27 settembre, ancora una volta a Salsomaggiore Terme, e proseguirà fino al prossimo 4 ottobre. Film storici che hanno segnato un'epoca, ma anche pellicole più contemporanee, per un evento unico che anima il centro della cittadina parmense con visite guidate, forum, convegni e tanti assaggi. Per un'edizione dedicata a Fellini, con Milena Vukotic come ospite d'onore.

Mangiacinema | Salsomaggiore Terme | fino al 4 ottobre 2017 | www.mangiacinema.it/

Milano Golosa (Milano)

Tre giorni all'insegna del gusto: dal 14 al 16 ottobre al Palazzo del Ghiacco di Milano torna Milano Golosa, manifestazione gastronomica che per la sua sesta edizione ha radunato oltre 200 espositori artigiani. Cuochi, panificatori, pasticceri, casari, gelatieri e tanti altri i professionisti del settore che prenderanno parte all'evento, fra showcooking, laboratori didattici, attività pensate per i più piccoli e tanti assaggi. Protagonisti di questa edizione, le trattorie e il panino, “due grandi amori italiani”, simbolo di una cucina concreta, di prodotto, sana e gustosa. Fra le novità, infatti, l'area PaniniAmo, che con la collaborazione della fondazione Accademia del Panino Italiano, si propone di presentare il prodotto in tutte le sue declinazioni, dal classico a quello regionale, senza dimenticare il panino gourmet.

Milano Golosa | Milano | dal 14 al 16 ottobre 2017 | www.milanogolosa.it/

Offestival

Una cena al mese, per un anno intero. È l'ultima iniziativa di Andrea Graziano, patron di Fud – Bottega Sicula e Fud Off, locale di ricerca nel cuore di Catania. Proprio presso quest'ultimo, il proprietario ha deciso di invitare un cuoco d'eccezione al mese per una cena a 4 mani insieme allo chef del ristorante Valentina Chiaramonte. Si comincia il 2 ottobre con Giuseppe Lo Giudice e Alessandro Miocchi di Retrobottega (Roma), e si continua poi di mese in mese con tanti nomi noti del panorama nazionale. Per un percorso di gusto unico ospitato in un ambiente informale, all'insegna della convivialità.

Offestival | Catania | dal 2 ottobre 2017 | www.fudoff.it/#bookmark_cocktail_tapas

Wine trekking Manicardi (Castelvetro di Modena)

A passeggio tra i vigneti, fra le colline di Castelvetro di Modena. La storica azienda vitivinicola Manicardi organizza un percorso guidato suddiviso in 4 tappe, alla scoperta dei territori da cui nasce uno dei vini simbolo della tradizione enologica italiana, il Lambrusco. Suddiviso in 4 tappe, il tour previsto per il 7 ottobre dura circa un paio d'ore, con visita finale all'acetaia aziendale, e un aperitivo in terrazza con prodotti tipici e vista panoramanica sull'antico borgo di Castelvetro. E per chi volesse approfondire la conoscenza del paesino, sabato 7 e domenica 8 ottobre il Touring Club Italiano organizza “Aggiungi un borgo a tavola”: l’autunno delle Bandiere Arancioni, iniziativa nata per promuovere le piccole località dell’entroterra e le loro specialità enogastronomiche.

Wine Trekking Manicardi | Castelvetro di Modena | 7 e 8 ottobre 2017 | www.visitcastelvetro.it/eventi/wine_trekking_manicardi_vini.htm

a cura di Michela Becchi

La pinsa sfida la pizza napoletana a New York. È il nuovo culto degli americani?

$
0
0

Due aperture a Brooklyn negli ultimi due mesi, entrambe dedicate all'antenata della pizza, che affonda le radici nell'antica Roma. La pinsa, oltreoceano, sta vivendo il suo momento di gloria, sull'onda di un rinnovato interesse per la cultura gastronomica romana. 

Alle origini della pizza. La pinsa romana

Tra i miti di fondazione legati alla storia della gastronomia italiana, quello della pinsa è certamente uno dei più controversi. Considerata da molti l'antenata della pizza, le sue origini si fanno risalire all'antica Roma (e il nome, da pinsere, ne porta il ricordo), anche se piuttosto dibattuta è l'evoluzione della ricetta, da cereali poveri alternativi, che comunque sfrutta l'alta idratazione dell'impasto per conferire buona alveolatura e digeribilità. Certo è che, come ogni buon mito della cucina nazionale, la portata iconica del prodotto si riconosce dal successo che la specialità tricolore di turno riscuote all'estero. E la pinsa, cugina più riservata dell'onnipresente pizza che da tempo ha conquistato il mondo, sta lentamente facendosi strada su palcoscenici importanti, come quello statunitense. In buona parte il merito è di giovani imprenditori italiani che sull'originalità della proposta provano a scommettere per conquistare la propria nicchia di mercato su una scena ristorativa decisamente agguerrita. Lo raccontavamo un paio d'anni fa a proposito di Montesacro, pinseria di San Francisco fondata da Gianluca Legrottaglie e sua moglie Viviana, veracemente romana fin dai nomi che identificano le proposte in carta, dal Mandrione a Centocelle, da Pietralata al Quadraro. Ed è ancora più vero, due anni dopo, spostando l'attenzione su New York, che in quanto a pizzerie di qualità ormai è ampiamente in grado di dire la sua, specie alla voce pizza napoletana.

 

Pizza romana, Trapizzini... E pinsa

In forza al filone romano, di recente, è arrivato il Trapizzino di Stefano Callegari, mentre Danny Meyer – che non ha mai nascosto la sua passione per il cibo della Capitale – ha replicato l'idea di Marta con la pizzeria satellite Martina, all'East Village; l'idea, ancora una volta, servire pizza e fritti alla romana. E la pinsa? Conquista anche lei il suo momento di celebrità: “The Roman Pinsa is the new Pizza” titola convinto Eater New York. Il motivo è presto detto: nel giro di un paio di mesi Brooklyn ha tenuto a battesimo due nuove pinserie, entrambe frutto dell'investimento di giovani (e meno giovani) imprenditori italiani. PinsaLab, sulla 5th Avenue, è il progetto di Christian Cosentino e Federica, arrivati da Roma dopo aver frequentato un corso presso la Pinsa School nella Capitale; il locale, invece, è tipicamente newyorkese, soffitti alti e mattoncini rossi in uno spazio di inizio Novecento, che i ragazzi hanno ripensato con legno, ferro battuto e luci soffuse. La pinsa, protagonista del menu, viene proposta in chiave street food: si sceglie dal banco e si mangia sul tagliere una pinsa già divisa in 4 tranci. L'insegna ha aperto alla metà di luglio, ma già effettua servizio a domicilio nei dintorni, e propone ricette che da un lato recuperano gli ingredienti della tradizione italiana e romana, dall'altro strizzano l'occhio a contaminazioni di tendenza, come la pinsa messicana con jalapeno. In versione dolce, invece, la pinsa mele e cannella.

Camillo. Pinsa d'autore

Il progetto più recente, invece, si chiama Camillo, e ha appena dieci giorni di vita. L'investimento mette insieme tre nomi noti alla ristorazione newyorkese, Michael Schall, il fiorentino Michele Baldacci (un passato a La Tenda Rossa e nella cucina di Buca Lapi) e Rocco Spagnardi – l'imprenditore, lo chef e il sommelier - che dal 2010 gestiscono la storica Locanda Vini e Olii di Clinton Hill, celebre in città per il suo assortimento di vini italiani e per l'atmosfera piacevolmente informale della tavola di stampo italiano. Ora i tre soci hanno deciso di scommettere sulla pinsa, nel bel locale dei Prospect-Lefferts Gardens, dall'anima più strutturata rispetto al PinsaLab: 48 posti a sedere e un menu di pinse al piatto che spazia dalla margherita allAmatriciana con guanciale e Pecorino, alla broccoli e salsiccia, che gioca il ruolo da protagonista accanto alla carta di cucina, tra cacio e pepe e carbonara. Il nome omaggia il Conte Camillo Negroni e prelude alla selezione di amari (da quello alle erbe all'amaro ai carciofi) e vermouth che foraggiano una drink list dedicata al Negroni. L'ispirazione, comunque, resta attinente al perimetro capitolino, tra coda alla vaccinara, abbacchio e fritti della tradizione romana, come il carciofo alla giudia. E tutto, nel locale di Nostrand Avenue evoca l'idea di una trattoria della tradizione. Così la pinsa diventa un nuovo strumento, ancora sufficientemente esotico da attirare la curiosità, per promuovere la cultura gastronomica capitolina oltreoceano. Saprà competere con la pizza napoletana?

 

PinsaLab | New York - Brooklyn | 86, 5thavenue | https://www.facebook.com/pinsalab/

Camillo | New York - Brooklyn | 1146, Nostrand avenue | https://www.camillobk.com/

 

a cura di Livia Montagnoli

Viewing all 5335 articles
Browse latest View live