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Chef in vacanza. 4 ristoranti a New York secondo il Magorabin Marcello Trentini

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Mangiare a New York seguendo i consigli di un grande chef. In viaggio per vacanza o per lavoro, ma sempre con l'obiettivo di un ristorante da provare. Così è per gli chef. E così è anche per Marcello Trentini di Magorabin di Torino, che ci consiglia i suoi indirizzi preferiti di New York.

Dove vanno a mangiare gli chef quando sono all'estero? Cercano grandi esperienze o vogliono provare i posti tipici? Non c'è una regola, ma ognuno traccia una propria guida personale, fatta di indirizzi più o meno segreti. A volte posti notissimi e d'alto rango, altre poco più che trattorie o street food. Stavolta andiamo nella Grande Mela per un tour tra tavole d'eccellenza, indicateci da Marcello Trentini.

 

Marcello Trentini e Simona Beltrami

Marcello Trentini

Con Simona Beltrami è l'anima del ristorante Magorabin, nomignolo che a Torino indica l'uomo nero, spauracchio dei bambini capricciosi, e con il quale si identifica lui stesso. Marcello Trentini, studi d'arte e di cinema, spirito da esploratore e grande appassionato che ha conservato integra nel tempo la voglia di scoprire e studiare, non perde occasione di viaggiare e provare ristoranti. E da lì trae spunti di riflessione per maturare quella sua personalissima idea di cucina, che cerca il chilometro zero a livello globale, e racconta il suo Piemonte con uno sguardo nuovo, capace di ribaltare la tradizione senza perdere di vista rispetto e valorizzazione. Una cucina aperta anche alle suggestioni e ai prodotti che arrivano da tradizioni diverse dalla nostra. Quelle intercettate nei molti viaggi e nella sua continua voglia di conoscere e sperimentare. Un esempio è il pescecarne, la sua versione del vitello tonnato di origine piemontese.

Magorabin | Torino | Corso San Maurizio, 61b | tel. 011 8126808 |www.magorabin.com

 

Il viaggio

Quando vai a New York dove tiri un sasso, caschi bene”. Vuol dire che di posti che vale davvero la pena provare ce ne sono moltissimi. E non parla solo di indirizzi di alto lignaggio. “Lì altissimo e bassissimo si incontrano in continuazione: dall'hot dog all'Eleven Madison è tutto lì, e ovunque vai, vai bene. È pieno di posti e anche i più semplici sono straordinari”. Ecco perché la Grande Mela è una di quelle mete da toccare con frequenza: perché è una città in continuo movimento, dove non si smette mai di scoprire e provare, e poi perché mode, stili, passioni e ossessioni, prima passano di là.

Perciò, per Marcello, scegliere solo 4 locali non è stato facile. Alla fine ha optato per questi, visitati negli ultimi due viaggi a New York. “Li dico in ordine casuale, non di amore anche se il primo assoluto non può essere che Momofuku Ko”.

Momofuku ko

Momofuko Ko

Quella del locale di David Chang per me è l'emozione maggiore, non la cucina più alta: ho avuto almeno due esperienze migliori di cucina ma in generale Chang è il più ganzo. È un posto rock and roll, e a me piacciono un sacco i posti rock and roll. Nell'East Village, ricavato in un magazzino, chef table e only one menu. Cose che adoro. Mi piace quando si dissacra l'alta ristorazione con un approccio rock. E qui è fantastico: c'è musica da un giradischi e tutto ha un fascino garage. La cucina è molto interessante. Lui è un americano di origini coreane, ma ha anche influenze europee perché diplomato alla scuola di alta cucina francese, ama l'Italia e i prodotti italiani. E questa contaminazione è molto presente, una cosa che da noi è praticamente illegale, in Italia devi rispettare la tradizione con la T maiuscola e se fai cose che non sono attinenti con il tuo territorio sono guai. New York è un melting pot culturale, quindi fanno il cazzo che vogliono.

Momofuko Ko | USA | New York | 8, Extra Pl | tel. +1 212-203-8095 https://ko.momofuku.com/

 

Brooklyn Fare

Brooklyn Fare

In un angolo del mercato coperto di Brooklyn, c'è un vero chef table, e i piatti dello chef Cesar Ramirez sono di una qualità devastante. Ma il servizio è molto algido. È vero che è stellatissimo, ma il servizio è freddo, lui antipatico. I piatti no, i piatti sono pazzeschi. Per esempio l'anatra cacciata dello Utah scottata dal lato della pelle, una cottura classica fenomenale. Oppure un pan brioche con ricci di mare e tartufo pregiato francese. Un Tre Stelle (l'unico a Brooklyn) con un servizio imbalsamato e che non ti rende l'esperienza indimenticabile. E dire che per come e dove è il ristorate, dentro al mercato, uno si aspetterebbe uno stile diverso. Quindi un posto meraviglioso dal punto di vista gastronomico ma non da quello dell’esperienza complessiva. Peccato.

Brooklyn Fare | USA | New York | 200, Schermerhorn street Brooklyn| tel. +1 718-243-0050 | https://www.brooklynfare.com/

 

Blanca

Blanca

Lo chef è Carlo Mirarchi, di origini calabresi. Fa una cucina intelligente e interessante, dove si sentono origini del sud, per esempio nel raviolo ripieno di 'nduja calabrese o nella carne wagyu con aglio orsino. È un posto dove ti trovi la zuppa di verdure fermentate di derivazione nordica e subito dopo un capocollo fatto in casa mostruoso. E non è la sola cosa interessante. Blanca è nel retro di Roberta's, la pizzeria di famiglia. Tra l'altro una pizza niente male. È una cosa fortissima, sta in una zona vicina all'ex area ebraico ortodossa di Brooklyn a ridosso di Williamsburg. È una zona bruttina, costeggi un basso fabbricato con reti e lamiere ondulate, poi attraversi il cortile e ti trovi dentro. Anche qui chef table, cucina a vista e 12 posti a sedere al bancone. Ancora più rock and roll. Vinili di Hendrix e camerieri pieni di tatuaggi. Un Due Stelle Michelin antitesi dell'eleganza dogmatica di tipo europeo.

Blanca | USA | New York | 261, Moore St. Brooklyn (Bushwick) | http://www.blancanyc.com/

 

le bernardin

Le Bernardin

L'ultimo è Le Bernardin, perché qui pur essendo un ristorante superlussso dietro Rockefeller Center con tanto di concierge in livrea e hostess che ti fanno accomodare, ho avuto una esperienza gastronomica meravigliosa: grande eleganza, una mano sicura sul pesce e sulle preparazioni, ma anche tanta tranquillità nel servizio. Proprio qui ho avuto delle grandi lezioni sull'ospitalità. Quando abbiamo prenotato, nonostante viaggiando molto parliamo piuttosto bene le lingue, hanno capito che eravamo italiani, così ci hanno affidato a una cameriera brasiliana di origini italiane che parlava un po' anche nella nostra lingua. Un servizio su misura su ogni cosa, per esempio il vino: vedevamo sugli altri tavoli Krug, Montrachet e altri grandi etichette, invece Aldo Sohm, il sommelier - un personaggio straordinario, collega e amico del sommelier del St. Hubertus - ci ha fatto bere cose spettacolari, nulla di banale o scontato. Nonostante l'ambiente, si percepisce una simpatia generale e la voglia di giocare. Alla fine ci ha fatto uscire un piatto di tagliatelle con astice e tartufo nero, perché, ci ha detto, “per gli italiani senza pasta è come non cenare”. Un gesto che mi ha colpito molto, accaduto lo scorso anno, che ho voluto ricordare nel mio menu con le Fettuccelle alla Bernardin.

Le Bernardin | USA | New York | 155 W 51st St | tel. +1 212-554-1515 | https://www.le-bernardin.com/

 

a cura di Antonella De Santis

 

Chef in vacanza. 4 ristoranti a Stoccolma e Copenhagen secondo Ciro Scamardella

 

 

Appunti di degustazione. Brda Home of Rebula 2017 Masterclass a Vila Vipolže

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Un vitigno che unisce in un unico terroir Collio e Slovenia. È la ribolla gialla, che in oltreconfine si chiama rebula. Un'uva, e un vino, capace di stupire per legame col territorio e capacità espressive.

La rebula, un vitigno simbolo di un territorio

Ci sono vitigni e territori che sono legati in modo inscindibile. La storia e le tradizioni hanno unito il loro destino per secoli e ancora oggi rappresentano piccole sacche di resistenza al progressivo processo di globalizzazione del mondo del vino. Alle più famose uve internazionali, che hanno ormai colonizzato quasi tutte le regioni vitivinicole, si contrappongono alcune varietà autoctone, che si sono acclimatate solo in territori con particolari condizioni pedoclimatiche. Vitigni che sono sintesi ed espressione di un terroir, poco adatti a essere coltivati in altri contesti.

ribolla

Tra queste varietà, orgogliosamente legate a un’unica terra, c’è sicuramente la rebula o ribolla gialla. Un’uva a bacca bianca che da molti secoli ha trovato casa nella Brda slovena e nel Collio goriziano. La rebula è una pianta generosa, che produce grappoli con acini abbastanza grandi e dalla buccia spessa. Il vino ha un profilo aromatico piuttosto neutro e un’acidità sempre molto elevata. Le particolari condizioni climatiche della Brda, collocata tra la Alpi e l’Adriatico, garantiscono un clima mediterraneo, caldo, ventilato e con buone escursioni termiche, ideale per portare a lenta maturazione i grappoli. Per avere uve di alta qualità, è necessario scegliere terreni poveri e poco fertili, che limitino naturalmente l’esuberanza produttiva della rebula. La “ponca” della Brda, costituita da profonde stratificazioni di marne e arenarie d’origine eocenica, friabili e ricche di sostanze minerali, si è rivelata perfetta. Le vigne sono tradizionalmente piantate nelle posizioni soleggiate d’alta collina, dove la ponca affiorante e più ricca di scheletro.

 

Vila-Vipole-Brda-home-of-Rebula-MasterClass-2017-Vila Vipole - Brda

Brda Home of Rebula: oltre i confini

Oggi la rebula vive un momento di grande successo, non solo nei luoghi di produzione, ma anche sui principali mercati internazionali.Per fare il punto sullo status quo della rebula è stata organizzata la prima Masterclass Brda Home of Rebula, dal 29 al 31 agosto a Vila Vipolže, in Slovenia.

Un’occasione per degustare i vini dei più importanti produttori sloveni e italiani, visitare lo splendido territorio della Brda e le sue cantine; caratteristica più importante della manifestazione è stata infatti la sua natura transnazionale: il confine che divide la regione in Brda slovena e Collio goriziano si è dissolto come d’incanto. Grazie alla rebula il territorio ha ritrovato la sua naturale e antica unità. Vera anima di questa terra, il vino ha dimostrato di possedere un’ancestrale e simbolica forza ecumenica. Come se la natura avesse voluto riaffermare il suo primato sui conflitti e sulle divisioni ideologiche e politiche, che il confine tra Italia e Slovenia ha rappresentato per secoli. Un percorso verso un destino di unità e condivisione in nome di un vitigno, riconosciuto unanimemente come patrimonio del territorio.

bicchieri di ribolla

La degustazione

Brda Home of Rebula ha messo in luce anche la straordinaria duttilità di quest’antica varietà, che si presta alla produzione di spumanti Metodo Classico, di vini freschi e immediati, di vinificazioni con macerazioni sulle bucce, di versioni affinate in anfora e di vini passiti di grande equilibrio gustativo. Uno spettro espressivo ampio e complesso, che lascia spazio alle più diverse interpretazioni dei singoli produttori. Sono proprio queste le suggestioni emerse dalla bella degustazione condotta da Luca Gardini. Un percorso alla scoperta delle varie sfaccettature della rebula e delle sue infinite potenzialità espressive. Il filo rosso che è emerso dalla degustazione è il carattere del terroir della Brda, che con le sue note sapide e minerali, marca in modo profondo il profilo dei vini. Tra le molte le etichette interessanti, abbiamo scelto quelle che ci hanno colpito per la spiccata personalità, mentre ci diamo appuntamento all’anno prossimo per la seconda edizione di Brda Home of Rebula.

 

Rebula 2016 - Dolfo

Una Rebula di grande tipicità varietale. Si apre su freschi aromi d‘agrumi e frutta gialla. Il sorso è sapido, nitido e succoso, attraversato da una vibrante acidità.

 

Rebula 2016 - Zanut

Il bouquet esprime delicate note di fiori bianchi, freschi aromi fruttati e sentori di erbe aromatiche. In bocca si apprezza il frutto maturo, ben bilanciato dalla vena acida.

 

Rebula 2016 - Medot

Un’interpretazione che esalta il profilo fresco e citrino della Rebula. Un vino diretto e quasi tagliente nella sua essenzialità. Il sorso è vivo e dinamico, con sensazioni agrumate e leggere note di frutta esotica.

 

Rebula Opoka 2014 -Marjan Simčič

Una Rebula che nasce da vecchie vigne ed esprime grande eleganza. Il profilo olfattivo è complesso, con note floreali, di erbe officinali e freschi aromi di frutta bianca. Al palato si distende con sapida freschezza, impreziosita da delicate note fruttate.

 

Rebula 2012 - Edi Simčič

Bouquet intrigante, con sentori floreali, aromi fruttati, sensazioni balsamiche e speziate. La bocca è ricca e complessa, con frutto maturo e ricordi di miele d’agrumi, ma sempre sostenuta da viva freschezza.

 

Rebula Epoca 2007 - Ferdinand

Profumi intensi di fiori bianchi e aromi di frutta matura, morbidi cenni tropicali e sensazioni delicatamente mielate. Il frutto è ricco e succoso, ben bilanciato dalla vena sapido minerale e dall’acidità.

 

Ribolla gialla 2004 - Radikon

Il quadro aromatico è intenso e avvolgente, con note di scorza d’arancia candita, sentori di resina di pino e di tè orange pekoe e darjeeling. Bocca complessa e persistente che torna sulla nota profonda di tè, unita a frutta matura e morbide spezie. Il finale chiude su suggestioni sapide, quasi salmastre, con leggera ruvidità tannica.

 

Ribolla gialla 2009 - Gravner

Nasce da una lunga fermentazione in anfora, seguita da un affinamento in grandi botti di rovere per 6 anni. È un vino che seduce per la complessità degli aromi, che spaziano dalle note di macchia mediterranea, rosmarino, lavanda, scorza d’agrumi candita, spezie morbide, cenni di resina e sensazioni iodate.

 

 

a cura di Alessio Turazza

 

Professione tecnico di frantoio. A Perugia il corso per imparare a fare l’olio

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Torna l’appuntamento settembrino dedicato a tutti gli amanti dell’olivicoltura. Con il corso per tecnico di frantoio, l’Aprol di Perugia fornisce informazioni preziose per imparare a fare l’olio, migliorare le proprie capacità tecniche e ampliare la propria visione del settore.

Formazione in campo olivicolo

Quello dell’extravergine è un settore in crescita: consumatori più consapevoli, attenti, curiosi, e soprattutto produttori impegnati a realizzare etichette sempre migliori rappresentano, oggi, l’istantanea di un comparto ancora poco conosciuto, ma che inizia a far parlare di sé. Aumentano i corsi di assaggio, le degustazioni, e di pari passo cresce l’interesse da parte del pubblico, maggiormente disposto ad acquistare una bottiglia di qualità. Ma se quello della comunicazione e della promozione di questo prodotto simbolo del made in Italy è un tema caldo e quanto mai attuale, ancora di più lo è quello dell’aggiornamento professionale per gli addetti ai lavori. Non mancano, infatti, corsi specifici per i professionisti che operano già nel settore, ma che non si accontentano delle competenze acquisite finora. Un esempio calzante è il corso per tecnico di frantoio, organizzato dalla società agricola Aprol di Perugia.

Professione olivicoltore

Un percorso di studi articolato in 5 lezioni, pensato per gli olivicoltori ma rivolto anche agli assaggiatori di olio e tutti coloro che credono nella qualità dell’oro verde. Perché per realizzare un buon olio occorre porre la massima attenzione in campo, alla cura delle piante e del terreno, ma è in frantoio che il prodotto prende vita. Tante le fasi di lavorazione, dal lavaggio delle olive al filtraggio finale, che concorrono per determinare il gusto dell’olio, ma produrre un buon extravergine implica anche avere a che fare con procedure burocratiche e amministrative. Essere un olivicoltore significa, infatti, fare i conti con la legislatura delle etichette, e far fronte ai temi più disparati, come quello della riduzione dell’impatto ambientale, il risparmio energetico e molto altro ancora.

Il corso

Per rispondere a questi e altri quesiti, il team tecnico di Aprol Perugia, presieduto da Giulio Scatolini, presenta il corso rivolto a coloro che, già in possesso di conoscenze tecniche e competenze pratiche di base, intendono completare la loro formazione sulla corretta conduzione di un frantoio oleario. Il corso è stato organizzato proprio per aggiornare i professionisti sulle ultime innovazioni relative alla tecnologia e ai macchinari necessari per la produzione di un buon extravergine, con particolare attenzione al miglioramento delle caratteristiche organolettiche e alla diversificazione del prodotto, in base alle ricerche e alle esigenze dei diversi mercati. Con la partecipazione e il contributo di vari esperti del settore, dai rappresentanti dei maggiori marchi di frantoi oleari ai professori di agraria. Sede del corso sarà proprio l’Aprol di Perugia, dal 18 al 20 settembre 2017, e il 28 e 29 settembre, per un totale di quarantacinque ore di lezione.

Corso per tecnico di frantoio | Perugia | via Settevalli, 326 C | www.aprolperugia.it/


a cura di Michela Becchi

Il ristorante di Carlo Cracco in Galleria a Milano. Come sarà, quando aprirà. Intanto si festeggia

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L’inaugurazione più attesa del 2017 slitta ancora: in Galleria i lavori per trasformare gli ex spazi Mercedes nella casa-ristorante di Carlo Cracco non sono ancora terminati, e si procede con cura per non lasciare nulla al caso. Lo chef ci racconta con quale spirito li affronta e come sarà, mentre cura gli ultimi preparativi per la cena di gala del 13 settembre. 

Il Salotto di Milano. 150 anni di storia

All’inizio dell’anno il salotto urbano più fotografato di Milano ha cominciato a rifarsi il look, a partire dal restauro del prezioso pavimento in mosaico. Il tempo passa per tutti e 150 anni di storia certo lasciano il segno. Correva l’anno 1867, il 15 settembre la Galleria di Milano, intitolata a Vittorio Emanuele II, apriva le porte alla città. Da allora il monumentale passaggio coperto a quattro bracci tra piazza Duomo e la Scala progettato da Giuseppe Mengoni ne ha viste tante, caricandosi del fascino di secoli di storia. Più di recente, dopo anni di incuria, l’Ottagono è tornato a rappresentare il biglietto da visita della città, e ogni anno attira milioni di turisti da tutto il mondo. Anche per questo tra qualche giorno Milano celebrerà come merita il compleanno del suo Salotto, riunendo 900 ospiti per una cena di gala senza precedenti, che prenderà vita, a porte chiuse, mercoledì 13 settembre. A supervisionare l’operazione imponente lo chef Carlo Cracco, che presto farà il suo ingresso da inquilino eccellente tra le vetrine dell’Ottagono, dove un paio di anni fa si aggiudicava la concessione di uno spazio ambito: un canone di oltre 1 milione di euro l’anno (per 18 anni) per traslocare il suo ristorante nei locali un tempo di Mercedes. Ora però la priorità spetta ai festeggiamenti dell’anniversario, che sposeranno la causa solidale della Caritas: “È partito tutto dalla richiesta di celebrare il simbolo di Milano; fino a non molti anni fa la Galleria era sottovalutata, da Expo in avanti, invece, è tornata a essere il cuore di Milano, un salotto che è il centro della vita cittadina. E gli spazi commerciali ci hanno guadagnato in termini di prestigio e valore: ora tutti vogliono aprire qui, noi compresi, nonostante l'operazione non sia per niente semplice”.

 

La cena dedicata a Milano

La ricorrenza speciale, intanto, è stata l'occasione per cercare di coinvolgere tutti gli esercizi che convivono in Galleria, organizzando un evento unico nel suo genere. I 900 ospiti che prenderanno parte alla cena hanno pagato 500 euro ciascuno per aggiudicarsi un posto ai tavoli disposti lungo i quattro bracci dell’Ottagono (il tavolo centrale sarà riservato al Sindaco e alle autorità): “Si tratta di un evento di beneficenza, la Caritas utilizzerà il ricavato per finanziare il progetto della Cena Sospesa. Io ho coordinato i partecipanti, molti di loro non sono abituati a questo tipo di servizio; insieme abbiamo elaborato un menu molto semplice, in omaggio a Milano: io farò l'uovo marinato, tutti realizzeranno un risotto allo zafferano e l'ossobuco. Il dolce lo farà Marchesi, un semifreddo al panettone”. I vini arrivano dalla Franciacorta e dalla Valtellina. L’evento ha già registrato il sold out, e questo fa bene allo spirito dell’iniziativa, “un modo per ritrovarsi insieme, e dare un segnale di forza e speranza in tempi per niente felici. Invitiamo la gente a non avere paura di uscire e godersi la città”.

 

Cracco in Galleria. Ma quando?

E invece, quando potremo scoprire il nuovo ristorante dello chef? Tutti si aspettano un’inaugurazione imminente, ma proprio per la particolarità del contesto i tempi di consegna sono slittati di qualche mese: “I lavori sono ancora in corso, forse saremo pronti per la fine dicembre, ce lo auguriamo”. Una previsione che potrebbe prefigurare il rinvio del trasloco al 2018: “Non possiamo avere fretta, gli spazi sono importanti, ci sono stucchi e affreschi da recuperare. E cinque piani uno diverso dall'altro da sistemare. Abbiamo scelto di procedere con cura, per valorizzare un contesto unico, e credo sia la scelta più giusta”. Anche perché questo è un progetto a lungo termine e Cracco lo sa: per i prossimi 18 anni ha ottenuto la concessione e questa nelle sue intenzioni “diventerà una casa, un quartier generale dove si cresce insieme alla città”. È un intero concetto di ristorazione che cambia dunque, alimentandosi di un contesto che dà grande spinta e il coraggio di rischiare: “Dopo Expo il rischio era quello che tutto si esaurisse con la temuta bolla speculativa. Invece se si lavora bene i risultati arrivano. Il fermento che continua a muovere Milano è frutto di una visione profonda e condivisa, c'è dietro un progetto che non è solo della città, ma dei milanesi. Ora la nostra percezione è cambiata: Milano è più bella, funzionale, attrattiva”. E quando indugia sul paragone con Roma (“Milano forse è grande quanto un quartiere della Capitale?”) il confronto gioca decisamente a favore del capoluogo lombardo: “Non è la dimensione che fa la forza, ma il coraggio di innovare. Qui, ora, c'è grande capacità di accoglienza”.

 

Il progetto. Non solo ristorante

Ma il Cracco che verrà, padrone di casa e maestro delle cerimonie di uno degli spazi più ambiti in città, come si prepara ad affrontare il trasloco in Galleria? “Abbiamo cominciato dal servizio, dopo la pausa estiva tutta la squadra è cambiata. Per noi è un aspetto da calibrare con cura: il team deve nascere e crescere nel locale storico, per essere pronto a entrare in azione quando ci sposteremo”. Un dettaglio curioso che rende l'idea? “In via Victor Hugo non abbiamo neanche una finestra, lì ne avremo almeno otto, e che finestre!”, sorride lo chef consapevole che tutto dovrà essere gestito in modo impeccabile, perché sotto i riflettori bisogna saperci stare e i compiti di un buono staff di sala non si esauriscono col solo servizio al tavolo. Del resto l'ambizione del progetto – di questo passaggio dal famoso bunker di Victor Hugo alla serra super finestrata della Galleria - alza non poco le aspettative: “Non parliamo più di un ristorante nudo e crudo, ma della capacità di accogliere un gran numero di persone in un salotto privilegiato della città”. E l'ex spazio Mercedes, 1000 metri quadri su cinque livelli, in questi mesi sta prendendo forma per rispondere alle esigenze di un concetto di ristorazione e ospitalità che alza la posta in gioco: nel seminterrato, “proprio sotto i piedi di migliaia di persone che ogni giorno passeggiano in Galleria”, troverà spazio l'enoteca, “con cantine stupende”.

Le vetrine in Galleria, invece, introdurranno al caffè con bistrot, “con offerta che spazia dalla piccola colazione al lunch, all'aperitivo. Per proseguire con la cena e il dopocena della Scala”. Qui farà bella mostra di sé anche l'offerta di pasticceria (a cura del pastry chef Luca Sacchi), “e uno spazio dedicato alla cioccolateria, che stiamo approntando”. Al primo piano traslocherà il ristorante vero e proprio, come l'abbiamo conosciuto negli ultimi dieci anni al civico 4 di via Victor Hugo. Ancora più su l'annunciato salone delle feste, per ricevimenti ed eventi speciali, “in uno spazio unico, ma con la stessa attenzione alla cucina che riserviamo al ristorante, per cene davvero importanti”. E infatti ogni piano disporrà della sua cucina indipendente (“questo complica non poco i lavori!”). La voglia di sfidare i propri limiti non manca: l'inverno scorso, all'inizio dei lavori, Cracco descriveva le sensazioni della vigilia  come “un bel mix di incoscienza, paura, attesa, entusiasmo”. L'appuntamento del 13 settembre, tra una settimana appena, segna il debutto in Galleria. In punta di piedi, per ora. Prima di brillare di luce propria.

 

 

a cura di Livia Montagnoli

 

DaGorini. Le foto del nuovo ristorante di Gianluca Gorini a Bagno di Romagna

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C'è voluto qualche mese per ripensare lo spazio, senza snaturarlo, mentre Gianluca Gorini, in arrivo dalle Giare di Montiano, lavorava sulla sua idea di moderno ristorante di provincia. Con personalità e grande attenzione alla materia prima. Ora si parte: appuntamento l'8 settembre, all'ex Locanda del Gambero Rosso. 

DaGorini. Si parte

La voglia di ripartire, a Gianluca Gorini ha fatto bene. E così, come sempre più raramente accade tra cantieri che si protraggono all'infinito e imprevisti dell'ultimo secondo, DaGorini aprirà con una puntualità certosina sui tempi annunciati, a partire da venerdì 8 settembre. Per la gioia di chi non aspetta altro che riscoprire gli spazi della storica Locanda del Gambero Rosso, a San Piero in Bagno di Romagna, che Gianluca ha rilevato proprio su invito di Giuliana Saragoni, ("noi siamo inorgogliti dal fatto che gli ambienti dell'ex Gambero Rosso, siano stati ritenuti da Gianluca i più idonei dove basare il suo progetto", "convinti di aver trovato un degno interprete che saprà valorizzare il territorio con i piedi piantati per terra", scrivono alla vigilia Giuliana e Moreno Balzoni) ripensandoli in funzione del suo nuovo ristorante, ma senza snaturarne l'anima.

Cosa sarà DaGorini, dopo un anno di stop che ha seguito l'addio alle Giare di Montiano, Gianluca ce lo raccontava all'inizio di luglio, in pieno fermento creativo per farsi trovare preparato al suo primo appuntamento con una sfida da solista. Un'ispirazione (ma pure un'aspirazione) che si nutriva del rapporto con il territorio romagnolo, con la materia prima preservata da troppe manipolazioni, con i produttori e le piccole aziende agricole locali. A distanza di un paio di mesi tutto questo si è trasformato nel menu che il ristorante proporrà agli ospiti in pellegrinaggio in via Verdi, numero 5.

Un ristorante dinamico. Cosa si mangia

Come dicevamo allora, uno spazio per tutti, dove passare qualche ora in compagnia e rilassarsi coccolati da una sala premurosa, secondo la formula che ognuno preferisce: un pranzo veloce ma di sostanza a piccoli prezzi, la carta per la cena con 16 referenze, 4 per tipo, che cambierà spesso, secondo disponibilità degli ingredienti. E poi le degustazioni, due percorsi: 40 euro per 4 piatti da scegliere in carta, 68 per 7 portate a mano libera, secondo estro dello chef.

O la sala conviviale, un salotto per famiglie allargate o gruppi di amici (fino a 20 persone) con cui concordare un menu, a prezzo fisso, per personalizzare l'esperienza. E lo spazio dedicato ai bambini, per un ristorante intimo (una trentina i coperti nella sala principale) ma ben concepito, in nome di un'offerta dinamica che pone nuove sfide a tutta la squadra. In sala, ad affiancare Sara Silvani - sua moglie - Gianluca ha voluto il giovane Matteo Albanesi, romagnolo doc con anni di esperienza alle spalle con Niko Romito, al Reale (mentre in cucina con lui c'è il sous chef Leonardo Gasperoni).

E tra i piatti che apriranno le danze, a partire dal servizio serale di venerdì (l'inaugurazione, invece, è in programma il 7 settembre, dalle 17), il desiderio di valorizzare la materia prima balza all'occhio: Parmigiano, funghi, noci, nepitella e frutti di bosco, Coniglio, spinaci, capperi e foglie d'orzo, Gnocchi di patate, ragù di mora romagnola, pinoli e olive. Tra le “pietanze” (un bellissimo termine per dare importanza al piatto principale) la Faraona, albicocche al vermout, nocciola e rosmarino, o la Rana Pescatrice, finocchiella e camomilla. Tra i dolci, insieme ad accostamenti più arditi, non manca la Zuppa inglese DaGorini.

In bocca al lupo a Gianluca!

 

DaGorini | Bagno di Romagna (FC) | via Giuseppe Verdi, 5 | tel. 0543 1908056 | chiuso martedì e mercoledì a pranzo | www.dagorini.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Coffee Collective. Storia della torrefazione che ha conquistato Copenaghen

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Per realizzare un buon caffè occorrono studio, dedizione, ricerca. Per promuovere la cultura dell'oro nero e formare consumatori consapevoli, invece, servono una buona dose di mentalità imprenditoriale e un pizzico di coraggio. L'esempio della torrefazione Coffee Collective di Copenaghen.

La cultura del caffè a Copenaghen

Copenaghen contende ormai da anni ad altre metropoli europee il titolo di capitale gourmet, e non solo del Nord Europa. Ponte ideale con le scandinave terre del Nord, è una città eclettica, dove anche la tavola si trasforma in un polo di incontro fra diversi influssi culturali. Fra ristoranti di alta cucina, bistrot contemporanei e locali informali, qui trova posto anche il mondo del caffè, che nel Nord Europa ha rintracciato già da tempo un terreno fertile. Con metodi di estrazione alternativi e caffetterie d'eccezione dedicate esclusivamente all'oro nero, Copenaghen è stata fra le prime capitali europee ad accogliere con entusiasmo la Third Wave Coffee, ovvero quel movimento del settore caffeicolo che propone un nuovo approccio alla bevanda.

 

Caffè filtro

Coffee Collective: le origini

A dominare la scena è Coffee Collective, torrefazione nata nel 2008 a Jægersborggade, nel quartiere Nørrebro, per idea di quattro baristi appassionati. Klaus Thomsen, Peter Dupont, Casper Engel Rasmussen e Linus Törsäter avevano già esperienze nel settore degli specialty, ma sentivano l'esigenza di creare una realtà nuova, unica nel suo genere, che puntasse ancora di più sulla qualità e potesse contribuire ad accrescere l'interesse dei consumatori. “Avevamo la sensazione di poter fare di meglio, qualcosa che andasse oltre l'atto di servire caffè di qualità”, racconta Klaus. Nasce così l'idea (oggi comune in molte città, ma al tempo rivoluzionaria) condensata nello slogan “From farm to cup” (letteralmente, “Dalla fattoria alla tazza”), una filosofia che ancora contraddistingue l'azienda. Ciò che rende speciale il lavoro di Coffee Collective è, infatti, l'attenzione maniacale per ogni singolo passaggio della filiera del caffè, dalla cura in piantagione alla tostatura. “Crediamo fermamente che siano tre le figure principali di questo settore: il coltivatore, il torrefattore e il barista, professionisti con un ruolo determinante nella realizzazione di una buona tazzina”.

 

Piantagioni

Il lavoro in piantagione

Ogni caffè proposto dalla torrefazione è selezionato dal team insieme ai proprietari delle varie fazende e piantagioni. “Il nostro obiettivo è di offrire chicchi con caratteristiche distintive, in grado di abbracciare tutte le sfumature aromatiche del mondo del caffè”. Per questo motivo, “non ci limitiamo a importare il prodotto dai diversi paesi d'origine, ma ci impegniamo a mantenere un rapporto diretto con i proprietari delle piantagioni, ponendo la massima attenzione a ogni singolo raccolto”. Grazie a questo approccio, i quattro soci vengono così a conoscenza di Akmel Nuri, proprietario di una piantagione biologica in Limu Kosa, in Etiopia, della famiglia Rodrigues di Finca Buena Vista in Bolivia, del coltivatore del Guatemala Edwin Martinez, e di tanti altri personaggi a monte della filiera produttiva, figure chiave per il settore caffeicolo che spesso rimangono nell'ombra ma che, grazie all'impegno di realtà come Coffee Collective, riacquistano finalmente il valore che meritano.

 

La caffetteria: metodi di estrazione

Parallelamente e contemporaneamente alla torrefazione, nasce anche la caffetteria, con metodi di estrazione differenti e innovativi. V60, aeropress, cold brew, chemex, espresso: da Coffee Collective c'è l'imbarazzo della scelta. La carta dei caffè è ampia e comprende diversi paesi di origine, metodi di lavorazione, di raccolta, miscele e monorigini che cambiano a rotazione. Il sistema estrattivo più richiesto? “L'aeropress, quello che più di tutti cerchiamo di promuovere per la sua facilità e versatilità”. Ma il preferito di Klaus e i suoi colleghi resta il Kalita Wave, metodo pour over inventato in Giappone, simile al v60 ma con un filtro a fondo piatto che permette di ottenere un'estrazione maggiore. “Il panorama degli specialty a Copenaghen deve ancora crescere”, aggiunge Klaus, “ma i consumatori di oggi sono più esigenti, e soprattutto più aperti e curiosi verso prodotti diversi, per questo il caffè filtro ha finalmente preso piede”.

 

Kalita Wave

Gli altri locali

Con una squadra di ben 60 dipendenti, Coffee Collective è oggi una realtà consolidata che vanta quattro diversi indirizzi in città. L'ultimo è di recentissima apertura, ed è quello che più di tutti si distingue per diversificazione dell'offerta. Nato all'interno di un'ex bottega, il Bernikow Vinstue - primo locale in Danimarca a servire birra alla spina - il quarto Coffee Collective ha aperto i battenti lo scorso 1 settembre 2017, con una nuova proposta. “Negli anni passati abbiamo collaborato spesso con diversi birrifici artigianali locali, come Mikkeller, To Øl, Evil Twin, Brus, Amager Bryghus, Hill Farmstead, ma non abbiamo mai avuto l'opportunità di servirle ai nostri clienti. Quando abbiamo trovato lo spazio del Bernikow Vinstue, abbiamo pensato che fosse il luogo ideale per coniugare caffè di qualità e birra di ricerca”. Nel nuovo bar, infatti, si possono gustare espressi, caffè filtro, cappuccini, ma anche birre alla spina e drink sapientemente miscelati. “Il nostro focus resta l'oro nero: siamo baristi e non bartender, per cui per i cocktail ci affidiamo al talento dei nostri amici di Brus”, noto birrificio della città.

 

Coffee Collective

I cocktail al caffè

In un locale del genere non potevano mancare i cocktail a base di caffè, realizzati secondo i dettami della disciplina Coffee in Good Spirits. “Il nostro preferito è il White Russian, preparato con panna, latte intero, e liquore al caffè”. Quest'ultimo di produzione propria, realizzato in collaborazione con la distilleria The Clumsy Bear Vodka. Uno sguardo alle torrefazioni italiane La torrefazione è riuscita in pochi anni a diventare un brand forte e riconosciuto in città e anche all'estero, intraprendendo un percorso imprenditoriale da imitare, anche per i torrefattori italiani, che purtroppo si trovano a interfacciarsi con un pubblico meno aperto a questo concetto di caffetteria. Ma cosa ne pensano gli ideatori di una realtà simile dei loro colleghi italiani? “Ci sono dei professionisti che si distinguono in particolar modo, come Francesco Sanapo con la sua Ditta Artigianale”. Il motivo? “Per troppo tempo l'espresso in Italia è rimasto fermo al passato, imprigionato in un'atmosfera romantica non più al passo con i tempi. Persone come Francesco hanno avuto il coraggio di cambiare le cose e spianare la strada alle nuove generazioni. Oggi, mi sembra che i più giovani siano pronti a proseguire il cammino”. Parole promettenti che, ci auguriamo, possano incoraggiare i professionisti del Bel Paese a continuare a percorrere la via della qualità.

Coffee Collective | Copenaghen | Godthåbsvej 34 b | tel. +45 60151525 | coffeecollective.dk/

a cura di Michela Becchi

Anteprima Tre Bicchieri 2018. Alto Adige

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Continuiamo con le anticipazioni dei premiati della guida Vini d'Italia 2018 del Gambero Rosso. È il momento dell'Alto Adige

Nel panorama viticolo italiano l'Alto Adige rappresenta una delle punte di diamante, una zona in cui il legame fra viticoltore, territorio e vitigno è espresso da una gamma di vini di altissimo livello che spazia dalla freschezza acida della Valle Isarco all'opulenza della piana di Bolzano, dal carattere dei Pinot Nero di Mazzon alla fragrante leggerezza del Lago di Caldaro. In un territorio così variegato operano realtà profondamente differenti tra loro, i viticoltori che vinificano le uve provenienti dai pochi ettari di proprietà, le grandi strutture cooperative, le storiche aziende della provincia che alla loro opera affiancano quella di piccole aziende che conferiscono le uve in cantina. Ciò che non cambia mai è però la cura con cui vengono gestiti i vigneti e l'attenzione posta a tutte le operazioni di cantina, volte alla produzione di vini che esprimono la luminosità di questo territorio.

Importanti conferme giungono dalle cooperative che, a seconda della zona in cui operano, producono alcuni dei vini più rappresentativi delle rispettive aree, i Lagrein della cantina di Bolzano e Muri Gries, il Sylvaner della cantina della Valle Isarco, i Gewürztraminer di Tramin e Cortaccia. In altre zone invece non esiste un unico vitigno a interpretare il territorio, ecco quindi che Pinot Bianco, Sauvignon o Chardonnay si ergono a emblema di una viticoltura di alto profilo. Importanti novità giungono da aziende che ottengono per la prima volta il massimo riconoscimento, come l'azienda di Peter Zemmer che sfodera una sontuosa Riserva di Pinot Grigio Giatl, che esprime potenza e armonia, o il grande impegno profuso dalla Cantina Kettmeir nella spumantistica che fiorisce con la prima Riserva di casa, l'Extra Brut 1919. Parlando invece di vendemmie segnaliamo come l'ultima sia stata di grande soddisfazione per la schiava, con numerosi vini giunti alle nostre finali e che vede ben tre vini premiati nelle zone di Santa Maddalena e Lago di Caldaro. La Valle Isarco è la consueta fucina di vini di grande carattere, cui fanno eco i grintosi e speziati Riesling della Val Venosta. Il vitigno più rappresentativo della regione rimane però il pinot bianco che, a dispetto dei soli tre vini premiati, ha espresso un po' in tutte le cantine carattere e una splendida aderenza all'andamento climatico delle annate, risultando un vino che ha nella profondità e nella finezza i suoi tratti distintivi.

 

I vini dell'Alto Adige premiati con Tre Bicchieri

 

A. A. Chardonnay Lafóa 2015 - Cantina Colterenzio

A. A. Gewürztraminer Auratus Crescendo 2016 - Tenuta Ritterhof

A. A. Gewürztraminer Brenntal Ris. 2015 - Cantina Cortaccia

A. A. Gewürztraminer Nussbaumer 2015 - Cantina Tramin

A. A. Lago di Caldaro Cl. Sup. Pfarrhof 2016 - Cantina di Caldaro

A. A. Lagrein Abtei Muri Ris. 2014 - Cantina Convento Muri Gries

A. A. Lagrein Staves Ris. 2014 - Tenuta Kornell

A. A. Lagrein Taber Ris. 2015 - Cantina Bolzano

A. A. Müller Thurgau Feldmarschall von Fenner 2015 - Tiefenbrunner

A. A. Pinot Bianco Sanct Valentin 2015 - Cantina Produttori San Michele Appiano

A. A. Pinot Bianco Sirmian 2016 - Cantina Nals Margreid

A. A. Pinot Bianco Tyrol 2015 - Cantina Meran

A. A. Pinot Grigio Giatl Ris. 2015 - Peter Zemmer

A. A. Pinot Nero Schweizer 2013 - Franz Haas

A. A. Pinot Nero Trattmann Mazon Ris. 2014 - Cantina Girlan

A. A. Santa Maddalena Cl. Antheos 2016 - Tenuta Waldgries

A. A. Santa Maddalena Cl. Rondell 2016 - Glögglhof - Franz Gojer

A. A. Sauvignon Renaissance 2014 - Gumphof - Markus Prackwieser

A. A. Spumante Extra Brut 1919 M. Cl. Ris. 2011 - Kettmeir

A. A. Terlano Sauvignon Quarz 2015 - Cantina Terlano

A. A. Val Venosta Riesling 2015 - Falkenstein Franz Pratzner

A. A. Val Venosta Riesling Windbichel 2015 - Tenuta Unterortl - Castel Juval

A. A. Valle Isarco Grüner Veltliner 2016 - Pacherhof - Andreas Huber

A. A. Valle Isarco Riesling Kaiton 2016 - Kuenhof - Peter Pliger

A. A. Valle Isarco Sylvaner 2016 - Köfererhof - Günther Kerschbaumer

A. A. Valle Isarco Sylvaner 2015 - Garlider - Christian Kerschbaumer

A. A. Valle Isarco Sylvaner Aristos 2016 - Cantina Produttori Valle Isarco

 

L'autunno di Alain Ducasse. Il ritorno di Spoon a Parigi e un film per raccontare i suoi viaggi nel mondo

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Alla fine di settembre lo chef monegasco si prepara a inaugurare il suo 24esimo ristorante, nel centro di Parigi. Spoon, in realtà, è un ritorno gradito e proporrà la cucina “meticcia” ispirata dai viaggi intorno al mondo di Ducasse. Protagonisti anche sul grande schermo, con La Quete d'Alain Ducasse. 

Spoon. Un ritorno a Parigi

Quando sotto i riflettori si presenta Alain Ducasse, state pur certi che ci sarà qualcosa di cui parlare. E allora procediamo con ordine, perché nella settimana che segna la diffusione del trailer del primo documentario dedicato al veterano della cucina francese (oggi conta oltre 20 ristoranti nel mondo e 18 stelle Michelin) lo chef si diverte ancora una volta a scombinare la carte, e annuncia a sorpresa l'apertura di un nuovo ristorante a Parigi, entro la fine del mese. Non proprio di novità si tratta, però, perché Spoon riporterà in vita nella Ville Lumiere un format di ristorazione fusion lanciato nel dallo chef monegasco nel 1998, e poi replicato sotto l'insegna Spoon Food & Wines a Hong Kong, Tokyo, Mauritius, New York. Tra qualche settimana, invece, il progetto debutterà in veste rinnovata al Palais Brongniart (secondo arrondissement), forte dei trascorsi che negli ultimi vent'anni hanno portato Ducasse in giro per il mondo, contaminandone il pensiero gastronomico, e portandolo a ripensare costantemente un percorso di cucina cominciato ormai diversi decenni fa, e, per quanto appagante, mai sul punto di arrendersi a vivere di rendita. Un'operazione nostalgia solo nelle premesse, incoraggiata dai fan della prima ora, ma calata nella ristorazione parigina di oggi: progettato da Jean Michel Wilmotte, il ristorante ospiterà 120 coperti nel palazzo voluto da Napoleone in Place de la Bourse (fino all'87 sede della Borsa e oggi centro congressi), già sede in passato del Terroir Parisien di Yannick Allenò.

 

Alain Ducasse al cinema. Il film

Ducasse d'altronde sa come concretizzare con personalità le sue idee, al pari di come sa raccontarle. Per il debutto in società del nuovo Spoon il colpo di scena arriva proprio dal ricorso ben concertato al mezzo cinematografico. Il film che uscirà nelle sale francesi il prossimo 11 ottobre per la regia di Gilles de Maistre, infatti, porta sullo schermo proprio quei viaggi in lungo e in largo che hanno ispirato approccio e menu del ristorante di prossima apertura, così che tutti possano comprendere cosa significa viaggiare con gli occhi di uno chef. Il girato concentra due anni di riprese tra Londra e Pechino, Rio de Janeiro, Tokyo, Kyoto, Manila, New York, in aggiornamento costante su sapori e nuove tecniche di cucina: l'agnello speziato allo yogurt dal Maghreb, il chili vegetariano dal Messico, la zuppa d'anatra piccante dalla Cina, il brulèe di mango con avocado e coriandolo dal Brasile. Piatti che i commensali di Spoon ritroveranno in menu, in un sagace gioco di specchi tra racconto cinematografico ed esperienza a tavola. La Quete d'Alain Ducasse è il titolo del film, anticipato dal trailer diffuso all'inizio del mese, che ha richiesto “tre giri completi intorno al mondo e un set itinerante tra 10 Paesi del mondo, sulle tracce di uno dei migliori chef della storia”, ha raccontato de Maistre annunciandone su Facebook l'uscita. “Cosa cerca ancora un uomo che sembra aver raggiunto già tutti i suoi traguardi?” si interroga provocatoria la voce fuori campo del trailer. Da questa premessa ha inizio un viaggio spinto da una curiosità che non conosce limiti: davanti all'obiettivo si avvicendano così uscite pubbliche e momenti di riflessione dello chef, incontri (significativo quello con Dan Barber, con cui Ducasse condivide il ritorno alla cucina farm to the table) e sequenze in cucina, secondo lo schema narrativo caro alla produzione che ha aperto la strada al genere (o che comunque ha saputo rinnovarlo con più efficacia), Chef's Table.

De Maistre, però, non è certo un principiante, autore apprezzato di una trentina di documentari che indagano diversi aspetti della società contemporanea. E nell'avvicinarsi alla vita di un personaggio venerato ai limiti dell'idolatria, lo sguardo si è spinto oltre la facciata, senza piaggeria, con la curiosità di chi vuole scoprire i meccanismi e le speranze che regolano la vita e il lavoro di un grande chef. Senza indugiare però sulla sfera privata: la condizione l'ha posta Ducasse prima di accettare, la richiesta è stata accolta. Intanto ecco il trailer del film.

Spoon 2 | Parigi | Palais Brogniart, Place de la Bourse | dalla fine di settembre 2017

 

a cura di Livia Montagnoli

Foto Pathé Films


10 indirizzi di ristoranti gourmet con piscina in Italia

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Appena tornati in città e già in cerca di uno scampolo di vacanza? Ecco 10 indirizzi, in città e fuori, per staccare la spina e rilassarsi a bordo piscina, senza rinunciare a una tappa gourmet; per un week end o solo qualche ora.

Che sia sul roof che più metropolitano e modaiolo non si può, o immersa in campagna, a un passo dal mare (ma non sul mare) o all'interno di un'azienda agricola, la piscina è un irresistibile invito al relax e al riposo. Ancora di più se, insieme al sole ormai tiepido, si può godere anche di una tavola gourmet, capace di soddisfare i palati più esigenti. Dal nord al sud Italia, 10 indirizzi per prolungare, almeno per qualche ora, le ferie.

La Madernassa

PIEMONTE: La Madernassa

È giovane Michelangelo Mammoliti, ma ha alle spalle importanti esperienze in Europa, e oggi sta dando alla cucina di Langa una svolta internazionale. La sede di questa rilettura è un cascinale elegantemente ristrutturato sulle colline dell'albese, con vista magnifica e con tanto di orto, frutteto, vigneto e piscina. Qui Mammoliti esercita la sua passione per la rilettura dei piatti locali e l'effetto sorpresa. Intendiamoci, il territorio nei piatti c'è, ma con un twist decisamente contemporaneo e uno sguardo che varca i confini, con contaminazioni per lo più molto convincenti e l'apporto di erbe, radici e fiori inusuali. Qualche esempio? L'insalata di erbe marinate, hamachi, zuppetta di cetriolo e lattuga sott’acqua di mare o gli spaghetti al barbecue cotti in estrazione di brodo di prosciutto di Cuneo. Ma non è tutto, perché il casale è circondato da un parco che ospita anche una piscina con un solarium immersi tra i profumi del giardino. Mentre all'interno hammam e una piccola Spa assicurano momenti di assoluto benessere.

La Madernassa | Guarene (CN) | Castelrotto | loc. Lora, 2 | tel. 0173 611716 | www.lamadernassa.it

 

ceresio 7

LOMBARDIA: Ceresio 7

Al quarto piano della sede Dsquared2, Ceresio 7 è un locale che ha saputo presto ritagliarsi un proprio spazio nel cuore dei modaioli e appassionati di buon mangiare e buon bere a Milano. Da qui su il panorama che si apre a 360° su Milano è un incanto, come pure l'ambiente, intorno alle due piscine simmetriche, il servizio gira che è una meraviglia e la cucina, affidata a Elio Sironi, amplifica l'atmosfera glam del locale con piatti come la battuta di ricciola, sedano, mele e bottarga; i ravioli di grassella, lime, capperi e lattuga; la pluma di maialino, acciughe, miele e prugne. Leggerezza e sapore, nelle proposte di chiara impronta mediterranea, ma anche e soprattutto grande classe, che si ritrova anche nell'offerta dello scenografico american bar, che vede la presenza di Guglielmo Miriello. Buoni i cocktail e bella la cantina, con una proposta godibile anche a bordo piscina, la sera. Di giorno, invece, il roof si trasforma in un'oasi di pace per chi cerca refrigerio dal caldo o dallo stress cittadino.

Ceresio 7 | Milano | via Ceresio, 7 | tel. 02 31039221 | http://www.ceresio7.com/

 

Conti di San Bonifacio

TOSCANA: Conti di San Bonifacio - Wine Resort

Clientela internazionale, e non solo; come molti dei resort di questa parte d'Italia, meta di pellegrinaggi degli amanti del vino e del buon vivere all'italiana. Dove suggestivi paesaggi collinari, relax e buona cucina si incontrano, nella più classica eleganza rurale di stampo toscano. In questo caso quella del Conte Manfredo di San Bonifacio e della moglie Sarah Edgington, proprietari della struttura. Alla guida del ristorante Maremmana il giovane Matteo Sciacovelli, salentino dalle esperienze internazionali in grandi ristoranti. Qui mette a segno una cucina di territorio: carni, selvaggina, ma anche pescato della costa, e poi verdure, erbe e fiori dell'orto biologico di proprietà, come di produzione propria sono olio e vino.

Conti di San Bonifacio - Wine Resort | Gavorrano (GR) | Località Casteani, 1 | tel. 0566 80006| http://www.contidisanbonifacio.com/

 

Four season

TOSCANA: Four Season

I mille volti del Four Season trovano nel Palagio, il ristorante gastronomico, la loro punta di diamante, e in Vito Mollica il creatore di un sistema organico e molto vario: il cocktail prima o dopo cena, il celebre e sontuoso brunch domenicale (tra le mete imperdibile per i gourmet), e poi la trattoria immersa nel parco, in pieno centro di Firenze. A questo si aggiunge la piscina fruibile anche per chi non è ospite dell'albergo, bellissima anch'essa, e conseguentemente impegnativa. E come potrebbe essere altrimenti? Un'oasi di pace in cui rilassarsi o nuotare, con la Spa con 10 cabine a portata di mano, per una giornata di vero lusso. Da qui si può scegliere la propria meta gastronomica, tra le diverse proposte dell'albergo. Se optate per il ristorante di punta, sappiate che vi attende un'esperienza memorabile, a base di una creatività ben misurata e perfettamente realizzata, con equilibrio e leggerezza mirabili. Piatti come il carpaccio di capesante e rape con midollo di bue e caviale, di mirabile equilibrio, o gli spaghettini alla chitarra all'aglio nero, peperoncino e ricci di mare, i maccheroni di zita farciti alla ricotta, parfait di costine e battuta cruda di Chianina, il piccione al Vin Santo cotto in vescica con frutta caramellata al timo. I dolci meritano un'attenzione particolare, è si può pure provare un menu solo con dessert.

Il Palagio del Four Seasons Hotel \ Firenze| Borgo Pinti, 99 | tel. 055 2626 450 | http://www.fourseasons.com

serendipico al Relais del Lago

TOSCANA: Serendepico al Relais del lago

Dove la Toscana incontra il Giappone, recita la presentazione del ristorante. Ma non è tutto qui. Perché questo bel locale nella campagna lucchese, che occupa un casolare del '600 sulla strade del vino, è annesso a un relais – la cui gestione è però separata – con tanto di laghetto e piscina. L'ambiente è rilassante e tranquillo, così come lo è il servizio, attento ma familiare. In cucina c'è il giapponese Masaki Kuroda, che punta tutto su una cucina italiana di impronta e materia prima toscana dove non mancano richiami alla sua terra d'origine. Tutto con grande equilibrio. Questo spiega i piatti al gusto mare, la tempura e il tataki, che convivono in armonia con cose come l’agnello in crosta di senape e mandorle con verdura di stagione. Identica varietà anche nelle suggestioni dei dolci.

Serendepico | Relais del lago | Capannori (LU) | via della Chiesa di Gragnano, 36 | tel. 0583 975026 | www.serendepico.it

Antonello colonna resort

LAZIO: Antonello Colonna Resort

A un passo da Roma, ma in piena campagna. Il resort di Antonello Colonna a Valle Fredda è un edificio dall'architettura moderna, dove gli ambienti si inseguono creando una fuga di stanze una dietro l'altra, con spazi scarni e suggestivi, dominati dalle ampie vetrate che affacciano nella quiete della campagna romana a due passi dal Colosseo. Un luogo dell'ospitalità che ha una stretta dipendenza con la campagna circostante, l'orto e la fattoria, e i suoi frutti che trovano ampio impiego in cucina. Ma non solo: ci sono anche 12 camere, cubi di design avvolti dalla luce naturale. La realizzazione del sogno di sempre di Antonello Colonna (http://www.gamberorosso.it/it/food/1045742-una-nuova-strada-per-antonello-colonna-tutte-le-novita-2018-dello-chef), con tanto di Spa e piscina sul tetto. La cucina è quella di Colonna, uno dei primi ad aver sdoganato la tradizione gastronomica laziale proiettandola nell'alta ristorazione. Nel piatto ci sono tutti i sapori locali e stagionali: paste fresche, verdure e carni – con agnello e coniglio in primo piano – e le ricette della tradizione romano-laziale cui lui per primo ha dato lustro parecchi anni or sono. E poi c'è anche l'osteria sotto agli alberi...

Antonello Colonna Resort& Spa | Labico (RM)| via di Valle Fredda, 53 | tel. 06 9510032 | http://antonellocolonna.it/resort-spa/

Ristorante degli angeli

LAZIO: Ristorante degli Angeli

Albergo, ristorante, bottega di specialità alimentari (carni macellate in proprio, salumi, formaggi, verdure sottolio, vini, oli, dolci da forno) e piscina. L'hotel degli Angeli è un riferimento per i buongustai della zona con una proposta di matrice locale gustosa e verace, pur se rivisitata: paste fatte in casa, selvaggina, verdure e, soprattutto, tanti prodotti del territorio, primi tra tutti gli oli, che qui vengono curati con particolare attenzione. Ma il plus è dato anche dall'ambiente e dalla vista incantevole sui Monti Cimini. La famiglia Marciani, da quattro generazioni, assicura un'ospitalità a tutto tondo, curata in ogni aspetto, e gran parte la fa la splendida ambientazione con il bel patio esterno. Cornice perfetta per una cucina genuina ma non per questo poco raffinata, per la fattura perfetta, gustosa e leggera. Dolci classici e una cantina che saprà accontentare diversi palati.

Ristorante degli Angeli | Magliano Sabina (RI) | loc. Madonna degli Angeli | tel. 0744 91377 | www.ristorantedegliangeli.it

tenuta esdra

LAZIO: Tenuta Esdra

Una Spa immersa nel verde della Valle del Liri, e ospitata in un'antica e affascinante villa nobiliare, circondata da sedici ettari di campagna con un orto antico di proprietà da cui arriva tutto quello che si usa in cucina. Un esempio di ristorazione sostenibile, che guarda al territorio per onorarne le eccellenze (in gran parte autoprodotte con metodi rispettosi dell'ambiente e delle caratteristiche di ogni prodotto) e le tradizioni, ma senza vincoli né catene, ma con quel piglio contemporaneo e rilassato che non disdegna neanche qualche spunto più creativo dallo chef Donato Defilippis. Piatti rustici e genuini, rinnovati con eleganza e sapore, proposte saporite e di pieno godimento che sanno soddisfare diversi gusti, con le paste fresche, i funghi, le verdure. In cantina tante etichette del territorio, anche poco conosciute.

Tenuta Esdra | Pontecorvo (FR) | contrada Sant'Esdra | tel. 0766 760405 | www.tenutaesdra.it

Acquapetra

CAMPANIA: Locanda del Borgo del Resort Aquapetra

23 ettari tra macchia mediterranea, olivi e chiesetta annessa, camere, piscine e Spa. Un borghetto tutto dedicato al benessere, che comincia sin dalla prima colazione, naturalmente homemade: pani, muffin, crostate, biscotti, marmellate, con proposte dolci e salate per un inizio genuino ed energetico. In quella che era la cantina c'è la Locanda del Borgo dove operano Ciro Sannino, maitre e sommelier, e lo chef Luciano Villani. La cucina è precisa, diretta: astice al vapore con verdurine, maionese alle alghe e mais soffiato; battuto di marchigiana sannita con insalatina di campo e peschiole (il frutto del pesco raccolto ancora acerbo); carnaroli con blu di capra e riduzione di miele, arance e aceto da mangiare sempre a prescindere dalla stagionalità; l'agnello Laticauda con patate affumicate, barbabietola e arance ormai un classico. I dessert con la ricotta, pistacchio e nocciola e il semifreddo al torroncino di San Marco dei Cavoti e gel di Strega appagano senza affaticare. Carta dei vini ben strutturata, personale giovane, gentile e formato.

Locanda del Borgo del Resort Aquapetra | Telese Terme (BN) | ss. Telesina, 372 uscita Cerreto-Telese | tel. 0824 975007 | www.aquapetra.com

dattilo

CALABRIA: Dattilo

Olio, vino (quelli di papà Roberto Ceraudo) e – da qualche anno – anche una cucina che si fa ricordare, quella di Caterina. Mentre gli altri figli, Susy e Giuseppe, sono impegnati rispettivamente in sala e nell'azienda agricola biologica, preziosa risorsa per la cucina di Caterina. Che fa volteggiare, con mano certa, piatti che valorizzano i tesori di questa parte di Calabria, a un passo dal mare ma pienamente dentro la terra. La cucina di Caterina è profonda e integra, già a partire dal pane (del resto con un maestro come Romito non poteva essere diversamente) e gioca sul richiamo ancestrale di sapori netti e cotture precisissime. La piscina, il parco, le stanze, fanno il resto.

Dattilo | Strongoli (KR) | loc. Dattilo | tel. 0962 865613 | www.dattilo.it

 

a cura di Antonella De Santis

 

 

Crisi dei supermercati, Ipercoop rilancia con un nuovo format a EURoma2

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Per il restyling totale del punto vendita del multistore EURoma2 firmato da Paolo Lucchetta, Ipercoop ha investito più di 2,5 milioni di euro. E il nuovo ipermercato si riempie di contenuti più accattivanti per il cliente, come il caseificio di Roberto Battaglia, per contrastare la crisi del settore. Inaugurazione il 7 settembre.

La crisi del supermercato tradizionale. Come si supera?

Da chi cerca cibi sani a chi li vuole anche locali, passando per chi li vuole rispettosi delle ideologie più disparate, fino a quelli che “se mangio bene io, deve mangiar bene anche il mio cane/gatto/coniglio”. E poi ci sono le intolleranze, la ricerca di prezzi contenuti, la freschezza e chi più ne ha più ne metta. Ma su tutto un imperativo regna sovrano: quello del “sempre e subito”. Insomma, la domanda cui la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), i supermercati per intendersi, deve rispondere è estremamente variegata e difficile da soddisfare. Non c'è quindi da sorprendersi che la macchina, almeno negli ultimi anni, faccia fatica a tenere il passo con i tempi.

Rivedere la politica degli approvvigionamenti non basta, spostare gli investimenti pubblicitari sui social network può essere parte della soluzione, ma per assistere a un vero rilancio dell'offerta servono operazioni congiunte e strutturate. Ergo: un forte investimento. Anche perché i consumatori acquistano da casa e si fanno spedire gratis e dunque occorre inventarsene una al giorno per convincerli a frequentare punti vendita che altrimenti ha sempre meno senso frequentare.

Ecco quindi che Unicoop Tirreno ha deciso di investire una cifra che supera i 2,5 milioni di euro per ristrutturare totalmente il punto vendita Ipercoop all'interno del centro commerciale capitolino EURoma2.

La nuova Ipercoop

Un progetto ambizioso che punta tutto su fruibilità e design senza tralasciare qualità e ricercatezza della materia prima (ricordando che sembra nella pancia di Coop è stato concepito il supermercato del futuro di Carlo Ratti).

L'ipermercato non è più il motore del centro commerciale. Non è più suo il compito di catalizzare i flussi per poi redistribuirli nel resto dell'offerta” spiega Armando Picuno, Direttore commerciale e supply chain di Unicoop Tirreno. “L'ipermercato moderno deve integrarsi nel centro commerciale, deve essere parte integrante di una grande realtà. È su questo concetto che si basa la ristrutturazione. Abbiamo voluto semplificare l'accesso al pubblico con due ingressi, dare indicazioni precise e servizi utili come i punti ristoro, la tavola calda, postazioni dedicate ai produttori per mostrare le lavorazioni di ciò che offrono sullo scaffale. Tra tutti abbiamo molta fiducia nel settore dedicato al benessere che prevede la presenza fissa di un'ottica e di una farmacia. La fruizione degli spazi e il colpo d'occhio sono questioni fondamentali ed è proprio per questo che ci siamo rivolti a Paolo Lucchetta, un architetto che, con il suo studio, ha già lavorato in realtà di questo tipo. Insomma, abbiamo voluto creare un modello di servizio che sia coerente con le esigenze dei consumatori”.

Il caseificio interno

In un box completamente vetrato è stato creato il caseificio di Roberto Battaglia. Munto nei pascoli pontini, il latte di bufala impiega circa un'ora per raggiungere l'Ipercoop, dove verrà trasformato in mozzarella. Con questa formula il pubblico avrà quindi la possibilità di acquistare un prodotto con meno di due ore di vita e di osservarne la realizzazione direttamente dalle vetrate.

La figura di questo casaro dall'aspetto burbero merita una piccola parentesi. Da pochi giorni, infatti, dalla scorta dei Carabinieri è passato a quella della Guardia di Finanza. Il perché è presto svelato. Alle sue innumerevoli attività legate al settore lattiero caseario, Battaglia ha aggiunto la gestione di attività sequestrate al mondo del crimine. Si tratta di due forni e tre piccoli alimentari a Ostia, che sono già stati oggetto di atti intimidatori.

Il design

Firmato da Paolo Lucchetta, studio RetailDesign, il progetto prevede una sinergia tra circa quaranta micro architetture, cui è affidato il compito di fornire suggestioni da colpo d'occhio che guidino il pubblico nella scelta. “Questa enorme piazza della cultura del cibo” spiega Lucchetta “richiede luoghi meno monotoni. Per questo abbiamo concepito gli spazi sulla centralità della questione food, abbiamo voluto affidare un grande ruolo agli 'ambienti narrativi' sfruttando principalmente l'illuminotecnica più avanzata e l'impiego di materiali ben precisi per ambienti che abbiano un tono domestico, ad esempio, per il reparto dedicato agli utensili da cucina. Più che una scommessa, direi che ci troviamo di fronte a una presa di coscienza”.

 

a cura di Saverio De Luca

 

 

 

Amatriciana Day 2017 a Firenze. 16 chef per una serata benefica al Forte Belvedere

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Per la seconda edizione dell'iniziativa nata all'indomani del terremoto che un anno fa colpiva il Centro Italia, la terrazza del Forte Belvedere torna ad accogliere i migliori chef di Firenze e Toscana. Un banchetto delle grandi occasioni per raccogliere fondi a favore del Polo Agroalimentare di Amatrice.  

Firenze per Amatrice

L'anno scorso, solo qualche settimana dopo la tragedia di Amatrice, Firenze e i suoi chef si mobilitavano per la causa. Allora, nei giorni che trascorrevano senza requie tra la conta dei danni e le terribili immagini della distruzione portata dal sisma tra le comunità dell'Italia Centrale, l'Italia era tutta un fremito di solidarietà. Raccolte fondi e iniziative benefiche si rincorrevano da Nord a Sud della Penisola, e oltre confine, per esorcizzare la paura di un futuro incerto e dimostrare che al dolore si può reagire insieme. Un anno dopo, ora che l'attenzione mediatica si è affievolita, ma l'emergenza ricostruzione resta, a lottare al fianco di amatriciani e intere comunità piegate dal terremoto restano – per fortuna – in tanti. Alla metà di agosto il nuovo Villaggio del cibo di Amatrice ha aperto le porte, restituendo dignità ai ristoranti della cittadina reatina; a Norcia, qualche mese prima, la famiglia Bianchini aveva riaperto le porte dell'hotel Palazzo Seneca. Mentre in libreria, con la collaborazione di 33 grandi chef è appena uscito il libro-ricettario Amatricianae. E le celebrazioni per il primo anniversario del sisma sono state occasione per tornare a indagare tra le macerie, con la consapevolezza che buona parte del lavoro è ancora da fare. Di fondi, e solidarietà, insomma, c'è ancora molto bisogno. Ecco perché quell'evento approntato un anno fa da Marco Gemelli al Forte Belvedere, raccogliendo le adesioni nel giro di poche ore dall'accaduto, è pronto a replicare giovedì 7 settembre, in compagnia di tanti chef della città. Amatriciana Day 2017 sia, dunque.

 

I protagonisti

Quest'anno, la serata benefica servirà a finanziare il restauro dell'edificio che ospita il Polo Agroalimentare di Amatrice, e sappiamo quanto l'economia del territorio amatriciano dipenda dal ripristino delle attività agroalimentari, che prima del terremoto promuoveva studi e ricerche di settore per monitorare i prodotti tipici del territorio e vigilare sulla loro qualità. Anche stavolta la terrazza del Forte Belvedere si trasformerà per una cena a buffet aperta al pubblico (ingresso 25 euro): piatto forte della serata l'amatriciana, e poi un banchetto di proposte d'autore, un piatto per chef, ideate da 16 nomi noti del panorama della ristorazione fiorentina e toscana. Tanti i fornitori coinvolti, che hanno scelto di offrire il proprio supporto: Vetulio Bondi Paolo Pomposi (Badiani) per il gelato, Mokaflor per il caffè, il cioccolatiere Andrea Bianchini, la selezione di oli toscani Il Magnifico, i vini di Ruffino e Tenuta Moriano. Sul blog Il Forchettiere, di cui è curatore, Marco Gemelli ricorda l'elenco degli chef partecipanti e i piatti che presenteranno. Eccoli qui sotto.

 

Gli chef: Gabriele Andreoni (Gurdulù), Fabio Bianconi (Castello del Trebbio), Matia Barciulli (Osteria di Passignano), Silvia Baracchi (Il Falconiere), Peter Brunel (Borgo San Jacopo), Massimiliano Catizzone (Villa La Palagina), Simone Cipriani (L'Essenziale), Stefano Frassineti (Toscani da Sempre), Paolo Gori (Da Burde), Andrea Perini (Al 588), Stefano Pinciaroli (Ps), Maria Probst (La Tenda Rossa), Filippo Saporito (La Leggenda dei frati), Marco Stabile (L'Ora d'Aria), Edoardo Tilli (Podere Belvedere), Giorgio Trovato (Presidente FIPPC).

 

I piatti

Gabriele AndreoniUova al pomodoro
Silvia BaracchiPralina di cinghiale con fichi caramellate e cipolla rossa
Matia BarciulliBaccalà mantecato, cereali soffiati, salsa di basilico
Fabio BianconiRoyale di patate e tartufo nero, con uovo di quaglia pochée e frivolezza di Tropea
Peter BrunelSpaghetti di patate all’Amatriciana toscana
Massimiliano CatizzoneRivisitazione del fegatino toscano
Simone CiprianiMaritozzo al Parmigiano, lime e cavolo nero
Stefano FrassinetiPane di bardiccio animelle e peperoni
Paolo GoriSchiacciata con l’uva e crema inglese all’anice
Andrea PeriniCappelletti ripieni di pancetta su salsa di pomodori arrosto e cipolle caramellate
Stefano PinciaroliTerrina di fegatini al vinsanto occhio di pernice, marmellata di cipolle rosse e croccante di pane
Christian Santandrea e Maria ProbstPolpette di peposo
Filippo SaporitoPolpette di ceci, yogurt e ravanelli
Marco Stabile : Panzanella cosmica
Edoardo Tilli :  Cappuccino estivo
Giorgio Trovato: Amatriciana con pasta alla canapa

 

Amatriciana Day 2017 | Firenze | Terrazza del Forte Belvedere, via di San Leonardo, 1 | il 7 settembre, dalle 20 | ingresso 25 euro | www.facebook.com/events/244069812780928/?active_tab=about

 

a cura di Livia Montagnoli

Taste of Roma 2017. I grandi chef della Capitale insieme per promuovere l'alta cucina

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Dal 21 al 24 settembre i Giardini Pensili progettati da Renzo Piano ospitano ancora una volta una kermesse di chef d'eccezione, in rappresentanza delle tavole gourmet della Capitale. Formula che vince non si cambia, ma con una bella novità. Il programma del Taste of Roma 2017.

L'evento

L'appuntamento è previsto per la metà di settembre, quando dopo la pausa estiva sarà proprio Taste a inaugurare una nuova stagione di manifestazioni enogastronomiche romane. Per il sesto anno consecutivo, il festival dedicato ai grandi chef della Città Eterna, torna dal 21 al 24 settembre presso l'Auditorium Parco della Musica, con ben 15 ristoranti coinvolti. Quattro giornate dedicate all'alta cucina, durante le quali ogni cuoco presenterà un menu di quattro piatti, con un prezzo che varia da 6 a 10 euro. Il format vincente dell'evento, infatti, resta lo stesso: piccole porzioni di alta cucina a prezzi contenuti, per avvicinare anche i meno addentro al settore a un modello e concetto diverso di gastronomia. E poi showcooking, laboratori dedicati ai più piccoli, degustazioni e seminari.

Il programma

Baldassare, Bowerman, Troiani, Usai, Nastri, Beck, Terrinoni, Caceres: questi e molti altri gli chef protagonisti della manifestazione, ma non gli unici. Taste, infatti, vanta anche una serie di cuochi ospiti che intratterranno i visitatori con dimostrazioni pratiche di cucina e masterclass, da Arcangelo Dandini a Alessandro Borghese, da Davide Del Duca a Luciano Monosilio. Novità di questa edizione è il tema del quarto piatto presentato dagli chef: la ricetta, infatti, dovrà essere ispirata e dedicata all'Auditorium, spazio d'eccezione che ospita l'evento fin dalle sue origini. Ad affiancare Taste Festival nell'organizzazione, ancora una volta Electrolux, leader mondiale nella produzione di apparecchiature domestiche e professionali. E in collaborazione con A Tavola con lo Chef, Electrolux offrirà ai visitatori l'opportunità di raccogliere suggerimenti, consigli e tecniche da alcuni degli chef più importanti in Italia, grazie a corsi di cucina che permetteranno di provare a cucinare le ricette dei grandi chef e di scoprire i più recenti metodi di cottura che utilizzano il vapore e l’induzione. Presente anche la scuola di pasticceria, e uno spazio interamente dedicato al caffè, fra degustazioni e workshop, con l'Università del Caffè di illy. La compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi, Etihad Airways, proporrà poi ancora una volta la competizione culinaria fra gli chef del Taste, che dovranno presentare un solo piatto del menu creato ad hoc per l'evento. Il cuoco vincitore volerà a Taste of Abu Dhabi dove si terrà la gran finale della competizione con tutti i vincitori di Taste of the World. Non può mancare, naturalmente, il vino, presente nei quattro punti allestiti dai fratelli Trimani, dove i visitatori potranno degustare 60 etichette selezionate tra vini classici ed emergenti. Attenzione alta, come sempre, anche ai più piccoli: nell'area Kids, i bambini potranno partecipare a mini laboratori di cucina e di impasto interamente gestiti da cuochi ed esperti del settore.

Taste of Roma 2017 | Roma | via Pietro de Coubertin, 30 | dal 21 al 24 settembre 2017 | www.tasteofroma.it

a cura di Michela Becchi

Enoteca La Torre. Da Roma a Capalbio. E ritorno

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Domenico Stile e Rudy Travagli, rispettivamente chef e sommelier dell'Enoteca La Torre a Villa Laetitia raccontano dei progetti, vecchi e nuovi, del bel ristorante di Roma.

Domenico Stile

Pensi alla Campania, e ti viene in mente il sole, il mare, il temperamento irruento e forte di chi ci abita, la confusione e il rumore. E poi pensi che non tutti i campani sono in questo cliché, che ci sono quelli che sembrano usciti da un quadro di Velasquez: espressione riflessiva, corpo che trasmette l’idea di pensieri calmi e tranquilli, non tristi ma pensierosi. Domenico Stile è uno di loro. L’idea che per ottenere il successo si debba faticare l’ha imparata fin da piccolo, nessuna illusione che tutto potesse arrivare facilmente e quindi, dopo la scuola alberghiera, testa bassa e pedalare a lavorare in giro per l’Italia.

Prima di approdare all’Enoteca La Torre di Roma, per diventare chef a 27 anni, il percorso è stato compresso e valido. Vissani, Cannavacciuolo, Crippa e Bottura, Di Costanzo quindi via a Chicago a respirare aria diversa, per poi cominciare a prendersi le vere responsabilità: entrare nel progetto come protagonista dell’Enoteca La Torre a Villa Laetitia.

Enoteca La Torre. Luigi Picca Domenico Stile Rudy TravagliEnoteca La Torre. Luigi Picca Domenico Stile Rudy Travagli

La Torre a Villa Laetitia e lo staff

Anna Fendi ha fatto rivivere questa villa sul lungotevere nel 2013, vi ha trasferito da Viterbo l’Enoteca La Torre con tutto lo staff. I cuochi, si sa, cambiano, i camerieri restano: Luigi Picca è il direttore, a Viterbo c’era tornato dopo una lunga esperienza da Pinchiorri a Firenze, ed è l’elemento di continuità. Accanto a sé come sommelier ha chiamato RudyTravagli, conosciuto durante gli anni fiorentini, romagnolo di origine, passione e competenza smisurate: Domenico arriva a riempire quello che era il posto lasciato vacante dallo chef precedente, Danilo Ciavattini.

 

Mezzi paccheri al ragù di coccio, pomodorini arrosto, zucca alla menta

 

La cucina e l'impronta partenopea

Cosa racconta di sé Domenico? “La mia cucina si fonda su basi classiche, ovviamente chi assaggia i miei piatti intuisce subito la mia provenienza perché c’è un'impronta campana alla quale non potrei mai rinunciare, è la mia firma e mi identifica fortemente. Tuttavia non disdegno i piatti internazionali come per esempio il nostro agnello alla Villeroy: è "un classicone” della cucina francese, ma tenendo conto delle tendenze odierne ho cercato di renderlo più attuale utilizzando il panko (pangrattato giapponese) per la panatura”. 

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Piccione marinato alla soia, sedano rapa e chutney del pomodoro del piennolo

 

La proposta è questa: un menu definito Escursione, 5 portate a 95 euro, l’altro Un viaggio ad occhi chiusi, 7 portate a 130 euro a scelta dello chef, mentre due portate per un pranzo di lavoro sono a 60 euro. Alla carta, invece, tre portate sono sui 110: affidarsi conviene, soprattutto nelle prime esperienze, il cuoco lavora senza rete, ti deve convincere da solo e gli stuzzichini diventano già un primo segnale. Poi si parte con i piatti, che al passare delle stagioni vedono dei piccoli aggiustamenti. Per noi ci sono state cose come Ricciola, umeboshi, ostrica e puntarelle, un insieme di equilibrio tra croccantezza, salato e iodato da preparare il palato in maniera stimolante, ad esempio, per i Gamberi rossi al cardamomo, stracciatella, agrumi e crocchette alla menta, dove manca fortunatamente la stucchevolezza dolciastra, merito dell'acidità azzeccata e i profumi in combinazione giusta. Non che l’impronta partenopea sia così forte, all’inizio, ma poi arrivano i Mezzi paccheri al ragù di coccio, pomodorini arrosto e zucca alla menta e le cose riprendono il loro equilibrio. Che dire poi del Piccione marinato alla soia, sedano rapa e chutney del pomodoro del piennolo? Sembra quasi “un hombre vertical”, per come è disposto nel piatto ma anche nel sapore austero e profondo. E l’agnello alla Villeroy? Quasi etereo rispetto all’originale, quella che era una costoletta inzuppata in salse dense e grevi si libera di tanta pesantezza conservando il sapore. La chiusura è lieve, divertente, consolatoria: cheese cake. Ma il solito, quello “normale”? Certo che no: questo ha frutti di bosco fermentati e timo limonato, non è così avvolgente, cerca più freschezza e godibilità.

 

E i vini? Qui si lavora in profondità, le annate ci sono e anche molto particolari, ci si diverte a trovare abbinamenti diversi. Poi ci si alza, si fanno due passi nel parco, o ci si siede in un altro degli ambienti della villa. È come trovarsi in mezzo a un laboratorio, dove succedono sempre cose nuove.

 

enotca la torre

Ricciola, umeboshi, ostrica e puntarelle

 

Progetti in ballo

Perché, mentre si scaldano i motori per la nuova stagione, che vede – oltre a una nuova spita creativa che mira a rinnovare il menu con altri ingredienti e presentazioni più efficaci – anche un restyling dell'arredo: dalle poltroncine di design (sempre firmate Fendi) alla tavola: posate e piatti, come quello di vetro con mare e scogli a ricreare la genesi della ricetta che ospita. Con una ricerca dell'effetto stupore. E mentre si progetta un eventuale spostamento della cantina nella parte opposta della villa, sempre sul fronte delle bevande Rudy Travagli e il suo team stanno lavorando su tè e infusi, sugli aperitivi, con un carrello degli spirits di antica memoria, sui miscelati e su una mescita ancora più importante.

Ma non finisce qui, perché l'estate del 2017 ha tenuto a battesimo anche una nuova avventura per il Gruppo La Torre – che comprende Enoteca La Torre e catering. Per la prima volta trasferitosi in riva al mare, nell'esclusivo club La Macchia di Capalbio, dove il team dell'enoteca – lo chef Domenico Stile e il sommelier Rudy Travagli in testa - si è trasferito per tutta l'estate a seguire il comparto food and beverage del club. Un locale di grande impatto, affacciato sul mare, nato dal restauro della torre di Macchiatonda che non rimarrà una meteora estiva, ma continuerà, con orari e giorni diversi, a ristorare i soci del club. Come è andata? Lo abbiamo chiesto proprio a Domenico Stile e Rudy Travagli

 

Chi è la proprietà?

Il circolo è nato dalla volontà dei soci fondatori (Carlo Puri Negri e Luca Del Bono tra gli artefici di questo progetto ndr.) di valorizzare la struttura presente a Macchiatonda, un gruppo di persone che si è allargato e ha permesso di realizzare un progetto così ambizioso e ben fatto.

 

Chi sono i clienti?

Prevalentemente persone legate a questa zona e affezionate a Capalbio, che vivono il territorio. Soci di natura differente ma tutti legati dal comune denominatore della passione per una località unica nel suo genere, in una location delimitata dal mare e dalla Maremma più profonda e vera.

 

Come è stata impostata la linea di cucina, quali scelte sono state fatte, e con quali criteri?

La cucina è stata impostata con una proposta semplice, ma che puntasse a diventare la migliore della zona. Siamo partiti nello strutturare un menu che valorizzasse molto il territorio. Ma non solo: successivamente abbiamo lavorato sulla disposizione della cucina partendo dall’impianto e dalla disposizione delle attrezzature in base alle nostre esigenze.

 

Quale è stata la risposta dei soci del club?

R- Molto buona, meglio delle aspettative. Abbiamo lavorato molto bene fin dall’apertura con aperitivi, cena e dopocena e abbiamo avuto sempre avuto ottimi feedback, soprattutto per la nostra organizzazione. Siamo molto felici di quanto creato, principalmente della sinergia che è nata tra noi gestori e i soci che vivono giorno per giorno il circolo.

 

Ci sono stati piatti più apprezzati di altri?

D- I più apprezzati sono stati quelli più leggibili, come lo spaghetto alle diverse varietà di pomodoro fresco e basilico, il risotto limone e gamberi rosa o la famosa pasta con zucchine alla Nerano, che gli ospiti hanno subito ricollegato a trascorsi vacanzieri nella splendida baia di Marina del Cantone.

 

Nell'impostare la carta dei vini quali sono stati i parametri di cui avete tenuto conto?

R- Non conoscendo il mondo dei club abbiamo optato per una carta ridotta con circa 100 etichette con vini conosciuti e qualche piccolo produttore; soprattutto abbiamo voluto dare risalto ai vini locali con una pagina dedicata chiamata “Capalbioshire".

 

Quali sono le maggiori differenze rispetto a un ristorante tradizionale?

R- Se il ristorante è un luogo “occasionale”, il club è una realtà che viene vissuta in modo intenso sia da parte del personale sia da parte dei soci. Il solo accesso ai soci della struttura può essere visto come un limite, ma la particolarità di questo contesto è che ogni socio è come fosse l’ospite di casa propria e di conseguenza si impegna perché funzioni al meglio, contribuendo con suggerimenti e iniziative.

 

Immagino che, soprattutto nella gestione della sala, abbiate dovuto tener conto della particolare situazione. Quali sono state le maggiori difficoltà e che avete incontrato e le maggiori differenze rispetto al vostro lavoro abituale?

R- È un’esperienza che ci ha arricchito molto, ed è parecchio diversa. A differenza del gourmet dove le persone ti scelgono per un’esperienza e dove sono disposti a trascorrere diverse ore a tavola con lunghi menu e abbinamenti, qui il servizio è più veloce e con pochi piatti, dato che si vive la quotidianità come a casa propria. Non abbiamo riscontrato grosse difficoltà, ma ci siamo organizzati fin dal primo giorno con un database in cui annotare le necessità di ogni ospite – per esempio allergie o gusti - in modo da poterle prevenire in seguito.

 

Dal punto di vista della cucina?

D&R- A differenza del ristorante qui c’è il bisogno ogni giorno di stuzzicare il cliente con proposte nuove. Vi lascio immaginare se a casa mangiaste tutti i giorni lo stesso piatto...

Abbiamo lavorato molto in questo senso, creando - oltre al menu base - una serie di proposte tematiche. Abbiamo inoltre investito molto su una squadra di mixologist di altissimo livello che ci permettere di abbinare particolari piatti a cocktail di autore. Una formula che vogliamo riproporre oltre che a Villa Laetitia anche nelle nostre proposte di catering per i clienti più esigenti.

 

Ci sono cose, in cucina o in sala, che replicherete anche a Villa Laetitia?

R- La natura dei due locali è molto diversa, più che replicare qualcosa a Villa Laetitia quello che abbiamo fatto è stato portare in questo contesto la nostra attenzione estrema al cliente, tratto che ci contraddistingue. In qualche modo abbiamo forse approfondito questo aspetto, quindi la cura e la conoscenza del cliente. E poi, come detto prima, l’aspetto cocktail ci piacerebbe introdurlo anche al nostro ristorante.

 

Che eredità vi lascia questa esperienza?

D-Un’eredità notevole sia a livello professionale che umano. Aprire una struttura partendo da zero con questo livello di clientela e uno staff fatto da circa 30 persone non è mai semplice. Sono convinto che ci siamo riusciti, quello che è stato fatto in circa 2 mesi è stato molto impegnativo e molto gratificante.

R- Sicuramente un bel rapporto con i soci, dato dal contatto quotidiano. L’apertura di un locale così diverso dalla nostra abitudine ci fa crescere come gruppo: ogni startup ti arricchisce inevitabilmente.

 

Enoteca La Torre a Villa Laetitia | Roma | Lungotevere delle Armi, 22 | tel. 06 45668304 http://www.enotecalatorreroma.com/

La Macchia | Capalbio (GR) | tel. 0564 1643263 | http://www.circololamacchia.com/

 

a cura di Leonardo Romanelli e Antonella De Santis

 
 

Guida alla cucina in tv. Chef, cooking show e sfide all'ultimo coltello, da TopChef a Hell's Kitchen

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Dopo l'estate riparte a pieno ritmo la stagione televisiva. Cibo, cuochi e cucine giocheranno anche quest'anno la parte del leone. Si comincia con TopChef e la sua giuria d'eccellenza, novità in arrivo da Food Network, con Chopped. E poi Cracco per Hell's Kitchen, Iginio Massari giudice severo, la Klugmann a Masterchef e tutta l'offerta di Gambero Rosso Channel. 

Nella tv della cucina acchiappa-audience, che conquista tutta la famiglia senza eccezioni, le stagioni televisive non esistono più. Così non fa in tempo a concludersi l'ultima sfida ai fornelli tra aspiranti chef su qualche emittente satellitare, che già pochi canali più in là arriva chef Cannavacciuolo in missione per preservare il buon nome della ristorazione italiana; e mentre qualcuno sforna crostate e biscotti al burro a ripetizione, sottoponendosi al severo giudizio di irreprensibili maestri pasticceri, altri giovani di talento, che la cucina l'hanno scelta per la vita, mostrano alle telecamere quanto è difficile emergere in questo mestiere (con tutti gli accorgimenti televisivi del caso, e pathos un tanto al chilo). Insomma, al moltiplicarsi delle emittenti tv è corrisposto un florilegio di programmi che raccontano luoghi, modi e protagonisti del cibo, tra format ormai consolidati e nuovi tentativi di fidelizzare il telespettatore. Persino Miss Italia, quest'anno, ha chiesto alle sue reginette di bellezza di cimentarsi con mestoli e padelle, tirando fuori dal cilindro il titolo di Miss Italia Chef (chi volesse approfondire può sintonizzarsi su La7 fino a domani, alle 14.20. A fare gli onori di casa Simone Rugiati e Rosanna Lambertucci). Altro paio di maniche per gli approfondimenti di tipo documentaristico sul tema: incappare in qualche replica delle Cucine Segrete di Anthony Bourdain su LaEffe o godersi un'ora di Chef's Table su Netflix è sempre un piacere. All'inizio dell'autunno, però, quando i principali format seriali si presentano al nastro di partenza, può essere utile disporre di una guida tra titoli, temi e protagonisti che faciliti lo zapping consapevole. Cosa vedremo in tv?

 

TopChef Italia (Canale9, alle 21.15, dal 7 settembre): L'anno scorso il quartetto Cedroni, Colagreco, Baldessarri, Feolde esordiva come giuria d'eccellenza nel format di importazione dedicato agli chef professionisti. La nuova edizione perde Cedroni, ma gli altri giudici restano agguerriti: ai 16 sfidanti, tutti talenti della cucina italiana, il compito di convincerli a colpi di creazioni d'autore e prove in esterna, per aggiudicarsi il titolo di TopChef (che l'anno scorso è andato a Matteo Fronduti, di Manna a Milano). E stavolta anche i giudici si confronteranno con loro, direttamente in azione in alcune prove speciali. Gli chef in competizione: Andrea Astolfi, Andrea Fugnanesi, Bonetta Dall'Oglio, Cinzia Fumagalli, Cristian Orsini, Fabiana Scarica, Federica Atzeri, Francesco Germani, Giuseppe Cannillo, Luca Natalini, Majda Nabaoui, Marco Failla, Massimo Biale, Matteo Puccio, Michele Elia, Victoire Goulubi.

 

Chopped (Canale 33, alle 21.30, dall'11 settembre): è la principale novità del 2017, come del resto la rete che gli dedica spazio, quell'Italia Food Network approdato di recente in Italia. I requisiti per fare bene ci sono tutti: una giuria di chef esperti (Rosanna Marziale, Philippe Leveille, Misha Sukyas), un conduttore carismatico (Gianmarco Tognazzi), sfide a tempo ai fornelli. Ogni puntata oppone 4 concorrenti, chef di professione, che dovranno presentare ai giudici un menu di tre portate a partire da quattro ingredienti insoliti, scoperti all'ultimo secondo, dall'acqua di mare alle uova di lumaca. Più assurdi sono gli ingredienti, e più ci si diverte. Giudici compresi.

 

Hell's Kitchen Italia 4 (SkyUno, alle 21.15, dal 3 ottobre): Ha lasciato Masterchef, ma resta al comando in solitaria della cucina infernale di Hell's Kitchen. L'alter ego nostrano del cattivissimo Gordon Ramsay è ancora una volta Carlo Cracco. 16 i concorrenti, pronti a sfidare “il diavolo in persona”, recita il sito ufficiale del programma.

 

Bake Off Italia (RealTime, canale 31, alle 21.10, dal 1 settembre): Benedetta Parodi e i suoi aspiranti pasticceri sono già tornati in tv, pronti a fare il pieno di ascolti con il fortunato format della BBC. A metà tra talent e cooking show, l'obiettivo del programma è eleggere il pasticcere che pubblicherà il proprio libro di ricette. A giudicare i 16 sfidanti tornano Ernst Knam e Clelia D'Onofrio. New entry il giovane pasticcere e volto tv Damiano Carrara.

 

Cuochi e Fiamme (La7, dall'11 settembre): Negli anni il cooking show che vede sfidarsi due appassionati di cucina tra prove di abilità tecnica, creatività e presentazione ha cambiato set, giuria, ma non padrone di casa. E così anche per la nuova stagione conduce i giochi Simone Rugiati, coadiuvato dal tavolo della giuria: il veterano Riccardo Rossi, Csaba dalla Zorza e Barù.

 

The Sweetman (SkyUno, da novembre): The sweetman, ovvero Iginio Massari. Il maestro pasticcere non è nuovo alle apparizioni televisive, ma per la prima volta si cimenta con un “talent” tutto suo. Semplice il format: gli aspiranti pasticceri (persone comuni o vip) sono chiamati a preparare un dolce sotto gli occhi di Massari, che poi assegnerà un cappello a ciascuno, in base all'abilità dimostrata, tra pasticcioni e pasticceri.

 

Masterchef 7: Tornerà a dicembre, in data ancora da definirsi, a chiudere il 2017 dei talent a tema gastronomico, nella cucina dove tutto è cominciato. Formula che vince non si cambia, se non fosse per la più attesa novità dell'anno: l'esordio di Antonia Klugmann, che sostituisce Carlo Cracco, in veste di giudice.

 

La nuova stagione di Gambero Rosso Channel (Canale 412 di Sky): Dopo il successo di due format originali come Come è profondo il mare (con Gianfranco Pascucci) e Ciro a mammà (con Ciro Scamardella, sous chef di Metamorfosi a Roma, e la sua famiglia), l'autunno di Gambero Rosso si apre con la cucina gluten free di Marcello Ferrarini, per Senza Glutine, con gusto (ogni sabato e domenica, alle 18). Ma presto saluteremo un gradito ritorno, chef Hirohiko Shoda, con una nuovissima versione del programma Ciao, sono Hiro. E le novità non finiscono qui, perché in arrivo ci sono altri giovani volti della cucina contemporanea italiana. Come Simone Cipriani, da Firenze, dove guida il ristorante Essenziale; il giovane chef sarà protagonista dal 18 settembre (ogni lunedì alle 21.30) di Cambio Menu. L'idea è quella di raccontare quello che c'è dietro un cambio menu nella cucina di un ristorante, dal primo pensiero agli assaggi, in un confronto diretto con i sous chef Davide Chen e Alessio Ninci, e l'intera squadra di cucina, proprio tra le mura del ristorante di Simone. In palinsesto anche tutti i protagonisti che gli spettatori più affezionati hanno imparato a conoscere: Giorgione, Igles Corelli, Max Mariola, Laura Ravaioli, Andrea Golino.

Intervista a Ernesto Abbona nuovo presidente dell'Uiv – Unione Italiana Vini

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“Ocm Promozione, i ritardi fanno male alle imprese. Sul sistema autorizzazioni tutto da rivedere”. Dopo l'addio di Rallo, il neo eletto alla guida di Unione Italiana Vini chiama tutta la filiera a collaborare per affrontare al meglio il confronto con il Mipaaf e con l'Ue.

Ci tiene a precisarlo da subito: sarà una presidenza sotto il segno della continuità quella di Ernesto Abbona, nuovo presidente Uiv, salito alla carica dopo l'addio a sorpresa di Antonio Rallo. Già vicepresidente vicario, Abbona è stato eletto all'unanimità lo scorso 24 luglio dal Consiglio Nazionale e completerà il prossimo biennio. Con lui, piemontese, solo dopo un anno dal passaggio di timone Nord-Sud, la guida dell'associazione torna al Settentrione, con l'obiettivo di garantire stabilità al lavoro associativo svolto fin qui.

 

Chi è Ernesto Abbona

Piemontese, quinta generazione dell'attività di famiglia, Abbona è presidente e amministratore delegato delle Cantine dei Marchesi di Barolo. Ma l'attività professionale in una delle più importanti realtà vitivinicole piemontesi, non gli ha mai impedito di distinguersi anche sul fronte associativo. Prima nel mondo confindustriale, dove è entrato nel 1993 nella Sezione Vini-Liquori/Distillerie del Comitato Provinciale Piccola Industria. Poi come presidente di Piccola Industria Piemonte e vice presidente Nazionale Piccola Industria. Nel Consiglio Nazionale di Unione Italiana Vini entra nel 1995, assumendo nel 2010 la presidenza della Federazione Nazionale Industriali Vinicoli e, nel 2016, l’incarico di vicepresidente nazionale vicario.

 

Presidente Abbona, iniziamo dalla fine. L'anno appena trascorso non è stato semplice per voi. Eppure dopo un'elezione per la presidenza molto discussa e la fuoriuscita di alcuni nomi di peso, l'associazione è riuscita a chiudere in positivo con nuove iscrizioni. Ci dia il suo punto di vista sulla presidenza di Rallo.

Non condivido l’opinione che l’elezione di Antonio Rallo sia stata una presidenza “molto discussa”. È avvenuta rispettando pienamente le regole del gioco democratico vigenti all’interno dell’associazione con una partecipazione di soci e una unanimità di consensi dei consiglieri che non lasciano adito ad alcun dubbio. Certamente è avvenuta in un momento di forte dibattito anche esterno a Unione Italiana Vini con alcuni colleghi produttori che si riconoscono in Federvini. Noi abbiamo, comunque, ritenuto di andare avanti con la linea politica elaborata dal Consiglio Nazionale e i risultati in termini di credibilità, peso istituzionale e numero di soci (+42 aziende il saldo 2016 e + 100 negli ultimi tre anni) ci hanno dato ragione. Tutto ciò è avvenuto con la regia di Antonio Rallo che, come ho dichiarato ufficialmente, nel suo anno di incarico ha intrapreso con risultati importanti un percorso di riorganizzazione e rafforzamento di Unione Italiana Vini e di tutte le sue strutture operative. Al di là del giudizio personale, molto positivo, credo che siano i risultati a commentare meglio di ogni parola il grande lavoro svolto da Antonio.

 

Ricordava l'altra grande associazione di settore: quali sono oggi i vostri rapporti con Federvini?

Continuiamo a lavorare insieme nei tavoli di filiera, come succede da alcuni anni, con risultati direi positivi. Le diverse organizzazioni del nostro settore stanno vivendo una nuova stagione di intensa e positiva collaborazione grazie anche al lavoro svolto dal “tavolo dei presidenti della filiera del vino”, promosso, lo ricordo con piacere, da Domenico Zonin quando era presidente di Uiv. Nel rapporto diretto con Federvini, la porta del dialogo associativo rimane, per conto nostro, sempre aperta purché, però, si parli di contenuti e non si pongano pregiudiziali sull’una o l’altra componente della filiera vitivinicola italiana.

 

E con chi, invece, è uscito da Uiv?

Diverso, invece, il discorso con le imprese che lo scorso anno decisero di uscire da Uiv. Alcune sono rientrate o stanno rientrando: per le altre, così come stiamo facendo con tutte le imprese non associate, continuiamo a cercare un confronto per valutare insieme la possibilità di costruire un percorso condiviso.

 

A livello interno è in atto un piano di fusione delle tre federazioni fondatrici(Federazione Nazionale del Commercio Vinicolo, Federazione Nazionale degli Industriali Vinicoli, Federazione Nazionale Viticoltori e Produttori di Vino)? Da cosa nasce questa esigenza di unirsi?

La riorganizzazione statutaria di Unione Italiana Vini è stata una operazione di carattere meramente amministrativo e non politico. Le diverse anime della filiera presenti nella nostra organizzazione continuano a mantenere la propria identità all’interno di un dibattito associativo che, proprio dalla diversità, si arricchisce nel cercare momenti di sintesi.

Con il nuovo statuto abbiamo operato solo un aggiornamento legislativo grazie al quale le Federazioni sono passate da articolazioni esterne ad articolazioni interne dell’associazione, mantenendo il loro ruolo di rappresentazione degli interessi delle varie componenti della filiera. Tant’è che ciascun socio, al momento dell’iscrizione, deve ancora scegliere a quale Federazione aderire. Sono stati solo semplificati una serie di passaggi amministrativi interni che hanno portato un efficientamento della macchina organizzativa.

 

Lasciamo l'organizzazione interna, per passare ai temi caldi del mondo vitivinicolo. A iniziare dai mercati: si vive un momento di incertezza. Siete preoccupati per il lieve calo del vino italiano negli Usa e per la possibile politica protezionistica di Trump?

Per esprimere una valutazione adeguata dell’andamento dei nostri vini nel mercato americano è bene attendere i dati almeno del primo semestre. Certamente il trend complessivo non brillante delle nostre esportazioni in questi primi mesi del 2017 deve farci riflettere sulle strategie promozionali del vino italiano. È lì che si concentrano le nostre preoccupazioni, non tanto sui rischi di politiche protezionistiche da parte dell’amministrazione Trump di cui a oggi non abbiamo visto nulla di concreto.

 

Quale è il punto allora?

Il nostro problema vero è il ritardo nella disponibilità dei fondi Ocm promozione, che in questi anni hanno supportato investimenti promozionali importanti da parte delle imprese nel mercato statunitense. Gli altri Paesi, europei ed extra-europee, continuano a investire sul mercato americano, mentre noi rimaniamo bloccati. Questa situazione reale e contingente ci allarma ben più che un eventuale affossamento del Ttip visto che il vino è comunque protetto dall’accordo del 2006 tra Usa e Ue.

 

Sugli altri accordi – in particolare quelli con Canada e Giappone, appena raggiunti dall'Ue – qual è la sua posizione?

L’Unione Italiana Vini è stata sempre favorevole agli accordi di libero scambio e abbiamo svolto, in tal senso, una costante opera di pressione verso le autorità europee. Tre sono gli elementi strategici degli accordi con Canada e Giappone che voglio sottolineare: la protezione delle indicazioni geografiche (ancorché numericamente non elevata ma importante da un punto di vista dei valori di export espressi dalle Ig riconosciute); l’eliminazione delle barriere non tariffarie legate soprattutto al riconoscimento delle pratiche enologiche; la riduzione sostanziale dei dazi e delle barriere tariffarie, punto qualificante soprattutto dell’accordo con il Giappone dove le tariffe che gravano sull’import dei vini vanno dal 15 al 28%. E, in merito al Giappone, va fatta un’altra riflessione di carattere geopolitico. L’accordo con l’Ue è avvenuto all’indomani dell’annullamento da parte di Trump del Tpp, il partenariato Trans-Pacifico. Gli Usa recedono dagli accordi di libero scambio con i Paesi asiatici, tra cui il Giappone, e avanza l’Ue. Un fatto simbolico rilevante.

 

In questo momento, ci sono altri mercati a cui guardare? Paesi Mercosur, India?

Il Mercosur rappresenta Paesi interessanti dal punto di vista dei valori delle esportazioni, seppur rimangano forti criticità nei mercati che un accordo di libero scambio potrebbe contribuire a risolvere. Per questo, abbiamo ascoltato con piacere il Commissario Europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, indicare l’accordo con questa area geografica come “prioritario”. L’India rimane, invece, un mercato di difficile interpretazione, mentre sta tornando molto importante la Russia, dove registriamo una ripresa delle esportazioni dopo alcuni danni di pesante flessione a causa della crisi economica e del crollo del rublo.

 

Al di là degli accordi commerciali, parlare di mercati in questo momento è impossibile senza far riferimento al vero problema che, come ricordava prima, oggi risponde al nome di Ocm Promozione. Inutile girarci intorno: qualcosa non ha funzionato, come dimostrano i ritardi nella pubblicazione del bando, arrivato solo ad agosto.

Stiamo scontando le difficoltà del nostro sistema politico diviso fra amministrazione centrale e Regioni, cui si aggiunge una oggettiva criticità del dialogo tra le istituzioni. C’è stato un ritardo da parte del Ministero nel provvedere a superare il primo decreto Martina, anche se non addosserei tutta la responsabilità al dicastero agricolo, perché lo stallo è il risultato di un perverso intreccio tra procedure giudiziarie, innescate dai limiti del testo legislativo, e difficoltà di relazione tra Ministero e Regioni.

 

Altro tema, altri ritardi: Testo Unico del Vino. A marzo il ministro Martina annunciava i primi decreti attuativi pronti entro qualche settimana... cosa è successo dopo?

I primi tre decreti dovrebbero andare, a breve, in conferenza Stato-Regioni, ma dobbiamo ancora avviare il confronto sulle materie più importanti quali, ad esempio il sistema di controlli e i consorzi. C’è molto lavoro da fare e vorrei, in questa occasione, richiamare le diverse associazioni della filiera ad affrontare in maniera più unitaria e organica il confronto con il Ministero. Quando il mondo del vino si è presentato unito e compatto di fronte alle istituzioni abbiamo sempre ottenuto risultati positivi. E, anche questa partita dei decreti attuativi del Testo Unico, la dobbiamo giocare nel migliore dei modi.

 

Tra gli altri temi in sospeso, c'è la Legge sull'enoturismo. L'Uiv continuerà a essere parte attiva della proposta di legge? A che punto è l'iter per l'approvazione?

Certamente, continueremo a giocare il nostro ruolo accanto al Movimento del Turismo del Vino, per riuscire a ottenere l’approvazione del provvedimento entro questa legislatura http://www.gamberorosso.it/it/vini/1045403-turismo-del-vino-quale-ritorno-per-il-territorio. Qualche settimana fa abbiamo incontrato nuovamente il senatore Dario Stefàno che ci ha confermato il prossimo superamento delle obiezioni poste dalla Ragioneria dello Stato al disegno di legge e, pertanto,lo sblocco della situazione in Senato al più presto.

 

Infine, un tema che vi ha visto molto impegnati in questi anni: il sistema autorizzazioni. Quali sono i punti da rivedere? E quali i prossimi passi di Uiv per convincere Bruxelles a introdurre dei correttivi alla norma attuale?

I primi due anni di esperienza del sistema autorizzativo, credo abbiano ampiamente evidenziato come questa modalità di gestione dell’ampliamento del potenziale viticolo non funziona. Cominciamo a maturare, e non solo noi, la convinzione che non si tratta più di aumentare di uno o due punti il plafond annuo a disposizione quanto, invece, di ripensare integralmente il sistema che si è dimostrato troppo rigido e incapace di assecondare le richieste e i trend di mercato. Lo abbiamo detto e ripetuto più volte che gli ettari devono andare dove va la richiesta dei mercati. Questo non sta succedendo, con grave danno della nostra economia vitivinicola che rischia di perdere posizioni importanti conquistate con fatica sui mercati internazionali. È quindi necessario, e anche con una certa sollecitudine, avviare una riflessione con Bruxelles che porti a una revisione radicale del sistema.

 

Lasciamoci con la sua ricetta” per il sistema vino italiano..

La risposta è nella sua domanda, nella parola, ormai più abusata che magica, di “sistema”. Invece che di ricetta, parlerei, però, di obiettivo del nostro comparto produttivo: diventare un vero e proprio sistema, capace di riorganizzarsi nella tutela e valorizzazione della produzione, nella promozione, nell’attività di pressione verso le istituzioni, nel proporsi quale soggetto economico-sociale autorevole e credibile per lo sviluppo dei territori, così diversi tra di loro, di una moderna cultura del vino e del bere responsabile, ecc. Un sogno? No perché la strada, ormai, è tracciata. Si tratta di percorrerla, insieme.

 

 

a cura di Loredana Sottile


OpenAgri. A Milano il bando dedicato all'agricoltura periurbana della città

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Ancora bandi per la crescita dell'agroalimentare italiano. A Milano, OpenaAgri offre a tutti gli imprenditori agricoli 30 ettari di terreno in comodato d'uso gratuito per realizzare progetti agricoli innovativi e sostenibili.

Il bando

30 ettari di terreno per sviluppare l'agricoltura periurbana della città. Accade a Milano, dove il Comune ha deciso di mettere a disposizione i terreni a tutti gli interessati, attraverso un bando voluto dall'Amministrazione e aperto fino al prossimo 30 settembre 2017. Si chiama OpenAgri, e rappresenta un'opportunità concreta per la creazione di una nuova tipologia di imprenditorialità in campo agroalimentare. Con un occhio di riguardo per la sostenibilità ambientale, la valorizzazione del patrimonio rurale e del paesaggio. L'iniziativa è rivolta a imprenditori agricoli già attivi, ma anche a tutti i giovani under 40, le startup, le cooperative sociali, onlus e ong. L'obiettivo? Realizzare un nuovo polo per l'agricoltura periurbana nell'area sud di Milano, tra il quartiere Corvetto, l'area Porto di Mare e la campagna. E contribuire così alla crescita del comparto agroalimentare, sempre più al centro di iniziative e bandi dedicati.

Come funziona

Oltre a ottenere l'assegnazione in comodato d'uso gratuito dei terreni (da 1 a un massimo di 8 ettari per progetto) da parte dell'Amministrazione, tutti gli operatori selezionati potranno accedere a un ampio programma di attività, formazione, corsi di aggiornamento, workshop e supporto tecnico-scientifico. Gli agricoltori avranno, inoltre, la possibilità di incontrare e intrattenere relazioni con possibili investitori a seconda delle caratteristiche dei singoli progetti. A finanziare l'iniziativa, il bando Urban Innovative Actions con il fondo europeo di sviluppo regionale, che conta circa 6 milioni di euro totali, destinati alla riqualificazione e l'integrazione tra spazi urbani e campagna. Un progetto che punta a sviluppare un nuovo modello di impresa agricola in cui, come ha spiegato l'assessore al Lavoro del Comune Cristina Tajani, “l'innovazione vada di pari passo con il recupero della tradizione, toccando l'intero ciclo alimentare, dalla produzione alla trasformazione, logistica, distribuzione, consumo e riciclo virtuoso degli scarti di lavorazione”.

a cura di Michela Becchi

Nuovi Tre Bicchieri 2018. Parla la cantina Kettmeir

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Fare vini spumanti in una provincia che ha una forte tradizione di vini fermi. È una sfida che la cantina Kettmeir ha accettato oltre 50 anni fa che oggi porta i suoi frutti.

È una delle più importanti realtà vitivinicole altoatesine, fondata quasi 100 anni fa da Giuseppe Kettmeir. Dal 1919 a oggi la cantina di Caldaro ha raggiunto diversi traguardi e raccolto non poche sfide, come la prova sui mercati esteri che tra i primi si è trovata ad affrontare. O la scelta di approfondire la conoscenza di tecniche produttive o di puntare sull'imbottigliato rispetto al vino sfuso. In quest'ottica sono da leggere anche l'alleanza con un grande marchio come Santa Margherita, a garantire la propria idea di impresa e di cantina. Senza contare la decisione di puntare – oltre mezzo secolo fa – sui vini spumanti. E di fare tutto questo mantenendo uno stretto legame con il proprio territorio.

La cantina, dal 1934 è a Caldaro, proprio tra quei vigneti che assicurano la continuità della sua produzione. Una grande struttura a un passo dal Lago di Caldaro, perfettamente inserita nel panorama atesino che negli ultimi anni ha alzato, ancora di più, l'asticella, grazie a un lavoro meticoloso e interrotto che gli frutta, nella guida Vini d'Italia 2018, i Tre Bicchieri per la prima Riserva di casa, l'Extra Brut 1919. Merito anche di JosephRomen, direttore ed enologo che conduce un ensemble in cui ogni protagonista svolge alla perfezione il suo compito, conferendo in cantina il suo raccolto che Joseph destinerà al vino più indicato.

 

In un territorio famoso per la produzione di vini fermi, come mai Kettmeir ha deciso di puntare sugli spumanti e sul Metodo Classico?

La spumantistica da noi non è nata ieri, ma è una storia che ha più di 50 anni. Prima facevamo solo Metodo Charmat, dal 1992 invece siamo passati al Metodo Classico. È una passione radicata nel nostro Dna, quella per i vini spumanti. Per noi la bollicina è espressione di energia e giovinezza che sposa benissimo il territorio dell'Alto Adige.

 

Quindi l'Alto Adige è una zona a vocazione spumantistica e non lo sa?

Siamo convinti che abbiamo le premesse climatiche e di territorio per delle buone bollicine. Qui in Alto Adige i vini fermi vengono bene e si vendono altrettanto bene, quindi non c'è una grande necessità di affrontare un'ulteriore lavorazione per dare un valore aggiunto ai prodotti. Per questo credo la nostra sia una regione in cui si producono più vini fermi.

 

Quindi vi prendete un rischio maggiore diciamo.

Diciamo che noi, come del resto altre aziende, abbiamo una grande passione e vogliamo esplorare il potenziale dei nostri vini anche sulle bollicine.

 

Quanto è difficile realizzare un Metodo Classico di altissima qualità?

Ci sono le potenzialità climatiche e di territorio, e questa è una premessa fondamentale. Abbiamo uva di ottima qualità, e abbiamo buona volontà, aumentiamo costantemente l'impegno in cantina. Il nostro territorio ci consente di fare un lavoro del genere. Certo, l'attenzione deve essere sempre alta, ma ormai questa è una cosa già acquisita. Ma tutto questo non basta per assicurare un buon prodotto.

 

Perché?

La seconda fermentazione mette in gioco tantissime variabili. E le possibilità che qualcosa non vada per il verso giusto aumentano. 25 anni di esperienza sul Metodo Classico ci consentono di escludere o limitare alcune incognite, ma un imprevisto ci può sempre stare. In questo prodotto ci sono più elementi che alla fine possono incidere sulla qualità. Non è sicuro che da un'uva perfetta e l'attenzione massima in cantina derivi un vino perfetto: la natura è ancora più forte di noi.

 

Cosa c'è nel futuro dell'azienda? A quali sfide è chiamata?

Il trend elle bollicine è molto positivo e in crescita, trainato dal fenomeno Prosecco, anche se si tratta di due prodotti diversi, l'attenzione del consumatore è spostata sempre più sul vino spumante.

 

Insomma, siete ottimisti!?

Sì. E la proprietà crede moto in questo tipo di prodotto, vogliamo crescere non solo come volumi ma anche come qualità, vogliamo consolidare quel che abbiamo e diventare un riferimento per questo tipo di prodotto sul nostro territorio. Dal canto nostro, lo scorso anno abbiamo fatto un investimento importante per ampliare i nostri spazi e garantire, così, le condizioni ideali per l'affinamento, abbiamo migliorato il condizionamento sempre per escludere al massimo i rischi che la lavorazione del Metodo Classico comporta, e lo abbiamo fatto puntando su una tecnologia sostenibile che garantisca il risparmio energetico; è una cosa importante perché è assolutamente necessario contenere i cambiamenti climatici. È una cosa che riguarda tutti. 

 

 

Quali sono i mercati di riferimento di Kettmeir?

Le vendite del Metodo Classico sono quasi solo sul mercato nazionale: finora i volumi sono troppo bassi per affrontare il mercato estero. E anche in Italia la vendita si concentra sull'Alto Adige e il nord Italia.

 

E in futuro?

In futuro però abbiamo intenzione di posizionarci anche all'estero.

 

Kettmeir | Caldaro (BZ)| via Cantine, 4 | tel. 0471 963135 | http://www.kettmeir.com/it/

 

a cura di Antonella De Santis e William Pregentelli

Anteprima Tre Bicchieri 2018. Calabria e Basilicata

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L'anticipazione dei premiati della nuova guida Vini d'Italia 2018 oggi ci porta a scoprire i migliori vini di Calabria e Basilicata.

Calabria

 

Meglio nella viticultura calabrese non crediamo sia mai stata fatto prima. Ma i numeri non raccontano bene come sia velocemente aumentato anche il livello qualitativo dei vini di questa regione. Sono ben quattro quelli premiati quest'anno, mai erano stati tanti, ma avrebbero potuto essere ancor di più, visto che tanti altri hanno letteralmente sfiorato l'ambito traguardo. Da notare anche che aumentano le cantine che praticano o si stanno convertendo al biologico, e giovi sapere che tutte e quattro le aziende premiate quest'anno praticano un'agricoltura di tipo ecosostenibile, in un paio di casi certificata e nel caso di Ceraudo biodinamica. Due nuove cantine si aggiudicano per la prima volta i Tre Bicchieri, quella di Roberto e Maurizio Bisconte di Saracena, il loro Mastro Terenzio ‘14 è davvero un vino monumentale per complessità e armonia. Erano ben tre quelli di Saracena in finale e siamo sicuri che il professor Luigi Viola sarà contento tanto è stato il suo impegno negli ultimi vent'anni per valorizzare i prodotti e il territorio di Saracena. La seconda è Spiriti Ebbri. Un esordio col botto per Pierpaolo Greco, Damiano Mele e Michele Scrivano, i tre giovani protagonisti della cantina di Spezzano Piccolo, che col Pecorello Neostòs '16 hanno affascinato la commissione. Altre novità positive arrivano dal cosentino e persino dal reggino, mentre continua a rimanere preponderante il ruolo del comprensorio di Cirò da dove, grazie soprattutto al lavoro di Nicodemo Librandi, è partita la spinta propulsiva che ha messo in moto il circolo virtuoso che sta interessando la Calabria del vino negli ultimi dieci anni.

 

I vini della Calabria premiati con Tre Bicchieri

 

Grisara ’16 - Roberto Ceraudo

Masino ’15 - iGreco

Neostòs Bianco ’16 - Spiriti Ebbri

Terre di Cosenza Pollino Moscato Passito Mastro Terenzio ’14 - Feudo dei Sanseverino

 

 

Basilicata

Le degustazioni di quest'anno ci restituiscono un'immagine sempre più a fuoco di una delle più belle regioni italiane, la Basilicata. Noi siamo da sempre innamorati dei suoi tesori d'arte, dei suoi paesaggi sconfinati e delle sue bellezze naturali, e da sempre coltiviamo un rapporto intenso e schietto con i vignaioli di questa regione. La Lucania è sempre stata una delle grandi promesse dell'enologia del Sud del nostro paese, e non parliamo solo del suo più celebre terroir, il Vulture. Questa terra è stata il terzo centro di domesticazione della vite più di 2500 anni fa, quando le ondate colonizzatrici greche vi arrivarono trovando già la coltura della vite, sulla quale innestarono il loro patrimonio di conoscenze e di varietà, che di qui si diffuse in seguito verso nord, via terra e via mare.

Finalmente oggi vediamo che quelle che fino a qualche anno fa erano promesse iniziano a tradursi in una nutrita pattuglia di vini d'eccellenza. Quest'anno, infatti, sono ben cinque le etichette da Tre Bicchieri, e soprattutto la nostra scelta è avvenuta da una rosa di ben quindici vini meritevoli di grande attenzione. Certo, il ruolo di primo attore è saldamente in mano all'Aglianico del Vulture, che sembra aver trovato in questi ultimi anni un nuovo slancio dalla Docg, ma non vanno trascurati i segnali incoraggianti che arrivano da Matera, prossima Capitale Europea della Cultura. Se a questi "fermenti" si sommasse uno spirito di maggior cooperazione tra aziende e denominazioni, cosa che la costituzione dell'Enoteca Regionale Lucana sta favorendo, si potrebbe puntare a traguardi sempre più ambiziosi. Ne sono coscienti i grandi gruppi enologici italiani, che sempre più frequentemente investono nella regione, a conferma del grande appeal dell'Aglianico del Vulture ma non solo. L'innesto di managerialità ormai sperimentate non può che giovare a questa piccola grande regione enologica, che deve parte del suo fascino proprio alla figura del vignaiolo artigiano. Ma è tempo di nuove sfide, e le aziende più strutturate e con esperienza dei mercati internazionali non potranno che riverberare nuova luce sulle realtà emergenti del territorio. Che non sono poche...

 

I vini della Basilicata premiati con Tre Bicchieri

 

Aglianico del Vulture Don Anselmo ’13 - Paternoster

Aglianico del Vulture Il Repertorio ’15 - Cantine del Notaio

Aglianico del Vulture Sup. Cruà ’13 - Basilisco

Aglianico del Vulture Sup. Serpara ’12 - Re Manfredi - Cantina Terre degli Svevi

Aglianico del Vulture Titolo ’15 - Elena Fucci

 
 
 

Cheese 2017. La manifestazione di Bra dedicata ai formaggi compie 20 anni

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Vent'anni di Cheese, festival gastronomico di Bra (Cuneo) che pone l'accento sulle eccellenze casearie del nostro Paese, e non solo. Dal 15 al 18 settembre, un'edizione speciale ricca di appuntamenti.

L'evento

Produzioni artigianali di qualità, biodiversità delle razze, legame con il territorio, benessere animale, rispetto per il paesaggio. Sono questi i principi cardine che guidano ormai da 20 anni l'organizzazione di Cheese, una delle manifestazioni gastronomiche più apprezzate della Penisola, interamente dedicata al formaggio. Un appuntamento che ogni anno chiama a raccolta pastori, casari, affinatori e selezionatori, uniti insieme per promuovere e diffondere la cultura dei latticini di qualità, e che quest'anno torna, dal 15 al 18 settembre, con un programma ricco di sorprese in occasione dei suoi primi 20 anni. A ospitare il festival, organizzato da Città di Bra e Slow Food, questa volta saranno due luoghi d'eccezione: la storica sede di Bra, in provincia di Cuneo, e Pollenzo, con i Laboratori del Gusto presso la Banca del Vino, gli Appuntamenti a Tavola nell’Albergo dell’Agenzia, i Laboratori di analisi sensoriale nelle aule dell’Università di Scienze Gastronomiche e molto altro ancora, a cominciare dal dibattito sul caglio vegetale del 15 settembre, promosso da Fattorie Fiandino.

Il tema

Il focus principale è sempre lo stesso, il latte crudo, ma i protagonisti di questa edizione speciale sono i formaggi naturali, ovvero quelli prodotti senza l'ausilio di fermenti industriali, che saranno oggetto di conferenze, laboratori e seminari. Attraverso gli incontri con allevatori, professori ed esperti del settore, i visitatori potranno fare chiarezza su questa e altre tematiche del mondo caseario, dall'utilizzo del caglio vegetale al ruolo del latte crudo. Oltre a degustare, naturalmente, i tanti prodotti disponibili ai banchi d'assaggio, dal Castelmagno d'alpeggio al Pallone di Gravina, dal Raviggiolo dell'Appennino Tosco-Romagnolo alle eccellenze straniere, come lo Stichelton o lo Sbrinz.

Gli spettacoli, il gelato

In occasione del ventesimo anniversario di Cheese, oltre alle degustazioni e ai forum, saranno numerosi anche concerti e film a tema enogastronomico. Tra gli spettacoli, “Non ci sono più le quattro stagioni”  di Luca Mercalli e Banda Osiris, una lezione per comprendere appieno e in maniera divertente il fenomeno dei cambiamenti climatici, “Cheese on Stage”, il cartellone di concerti gratuiti promossi dalla Regione Piemonte in collaborazione con Piccoli Grandi Dop Piemontesi – Assopiemonte Dop e Igp e Dmo Piemonte Marketing, e molti altri ancora.

Altra novità di questa edizione, è lo spazio dedicato al gelato. Dopo il grande successo della Via del Gelato a Terra Madre Salone del Gusto, l'arte fredda diventa protagonista a Bra con la Piazza del Gelato. Sarà l'artigiano Alberto Marchetti a raccontare i segreti e le tecniche del gelato italiano, con showcooking e laboratori in collaborazione con la Scuola Internazionale di Alta Gelateria e il ristorante l’Antica Corona Reale di Cervere.

Cheese 2017 | Bra (CN) | dal 14 al 18 settembre 2017 | cheese.slowfood.it/

a cura di Michela Becchi

7 Tavole a Bologna. Idee e relazioni a tavola, con 7 grandi chef per Eta Beta

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Il cibo oltre la tavola, nella simbologia e nella cultura contadina, nel ciclo della natura e nellarelazione con la madre. Negli scambi con gli altri. 7 sono i temi individuati da Massimo Montanari, che metteranno alla prova gli chef di 7 Tavole, allo Spazio Battirame. Un grande parterre, riunito da Aurora Mazzucchelli, per una buona causa. 

Lo Spazio Battirame e le attività di Eta Beta

Non sapevamo che fosse impossibile: un claim così chiama a ragionare fuori dagli schemi. E porta con sé una sfida alle certezze di percorsi già tracciati. È quello che è successo allo Spazio Battirame, quando si è trattato di disegnare un futuro nuovo per uno spazio alla periferia di Bologna che di storie, e volti, ne ha visti passare tanti (una delle ultime vite come Livello57, prima della riassegnazione tramite bando comunale nel 2013). Non sempre parentesi felici. Poi la rinascita - poco più di un anno fa, dopo due anni di ristrutturazione - grazie alle cure della cooperativa Eta Beta, che in quella casa colonica ottocentesca del quartiere Roveri ha fatto sbocciare il suo quartier generale, circondato da diversi ettari di terreno messi a coltura, che alimentano la cucina e il bar, fulcro delle attività insieme alle botteghe artigiane, di vetreria, ceramica, falegnameria.

Perché Eta Beta, impegnata in progetti terapeutici, riabilitativi e di inserimento lavorativo per persone svantaggiate e in situazioni di marginalità, mette al centro il sapere, i gesti, l'unione che fa la forza. L'essere umano e le sue infinite possibilità. Con la consapevolezza che l'impossibile è un limite spesso autoinflitto. È così che si torna all'inizio, al desiderio di abbattere le barriere. Come, possono spiegarlo Joan Crous, presidente di Eta Beta, Massimo Montanari, professore e specialista di storia dell'alimentazione, e Aurora Mazzucchelli, chef patronne del Ristorante Marconi, alle porte di Bologna. Insieme hanno lavorato nelle ultime settimane all'organizzazione di 7 Tavole, sfida-esperienza gastronomica giocata su molteplici livelli di significato, con la partecipazione di grandi nomi della ristorazione italiana e internazionale.

7 tavole. Idee e relazioni a tavola

Non un semplice calendario di cene evento, ma una riflessione sul tema del cibo, come “forma di linguaggio che esprime situazioni, identità, relazioni, simboli, valori”, per dirla con le parole di Montanari. Perché se è vero che l'uomo si nutre di idee, “parlare di cibo senza considerare una serie molto più profonda di implicazioni significa non capire la complessità del gesto che stiamo facendo”. Così alta cucina, arte e cultura partecipano a raggiungere un unico obiettivo, solidale: finanziare un corso di formazione nel settore gastronomico rivolto “a 5 persone in situazione di disagio sociale o personale, individuate e selezionate da Azienda AUSL (DSM), che seguiranno, a partire dalla primavera 2018, due mesi di corsi; un mese di formazione certificata, legata all’aspetto legislativo della cucina e un mese di pratica allo Spazio Battirame”, che sulle molteplici valenze dell'alimentazione ha sempre focalizzato le sue attività. Lo spirito più ludico, e misterioso, dell'iniziativa, gioca con il numero 7: sette temi per sette chef, e sette cene che sviluppano un numero carico di significati nella storia della civiltà umana. Sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto: dai Pitagorici fu considerato simbolo di santità, Platone definiva il 7 anima mundi, secondo gli Egizi simboleggiava la vita; e nella cultura popolare il 7 è una manna per i giocatori di carte... Settebello, Tresette, Sette e Mezzo.

7 tavole. Gli chef

Per la scelta dei partecipanti, chiamati a giocare le proprie carte, Aurora ha individuato, “nella 'nuova' generazione di chef i compagni di gioco che potessero esprimere al meglio la tematica, creando un menu che rispecchiasse una visione molto personale”. Ai temi, invece, ha lavorato Massimo Montanari, individuando sette momenti che accompagnano la storia alimentare dell'uomo, sette focus socio-culturali: “E in modo spontaneo e naturale ogni chef vi si è riconosciuto”, spiega Aurora, che, da calendario, sarà protagonista della seconda cena, il 25 settembre, mettendosi in gioco in prima persona. Alla chef di Sasso Marconi, da sempre affascinata dalle dinamiche alchemiche della cucina e impegnata nel sociale, spetterà declinare il tema del gesto, il cibo della madre. Cosa dobbiamo aspettarci? “Una madre che allatta è l’archetipo del gesto alimentare, per questo ho pensato a piatti nati da una gestazione fatta di ingrediente, gusto, consistenza e idea di appartenenza e maternità. Un percorso che vuole unire la sorpresa al rassicurante”. Prima di lei, allo Spazio Battirame, arriveranno i Fratelli Roca, Joan e Jordi, che il 18 settembre inaugureranno la rassegna. Con loro, che interpreteranno la socialità e la condivisione (il cibo che parla tante lingue), ci sarà anche un sommelier chiamato a creare un abbinamento cibo/vino giocato pure sul valore emozionale, che sarà sentimento dominante delle serate. Da ottobre all'inizio di dicembre si avvicenderanno gli altri chef:

 

9 ottobre Pier Giorgio Parini, con La conservazione del cibo (Fermare le stagioni)

23 ottobre Entiana Osmenzeza, con Il lavoro crea cibo (Paesaggi naturali e agricoli)

15 novembre Cristiano Tomei, con L'arte della gastronomia (Trasformare il cibo)

28 novembre Gianluca Gorini, con Riconoscere il cibo (L'uomo davanti alla natura)

5 dicembre Antonia Klugmann, con La geografia del cibo (Le stagioni si incontrano)

 

A curare la direzione artistica sarà proprio Joan Crous, l'artista catalano che da molti anni vive e lavora in Italia, sull'Appennino Tosco-Emiliano, e dirige la cooperativa Eta Beta. Celebre per il perfezionamento di una tecnica di lavorazione del vetro molto personale, l'urgenza espressiva l'ha portato a riflettere sulla fragilità dell'uomo e la fugacità del tempo. E dal 1997 collabora con i fratelli Roca, coinvolti nel progetto itinerante Cenae, un'installazione sul momento conviviale del pasto. Per 7 Tavole, Crous realizzerà un'installazione scultorea in vetro (Cenae 17) che riassume il senso dell'operazione; ma ci sarà spazio anche per la mostra fotografica di Lido Vannucchi, che presenterà opere legate al mondo dell'alta cucina. Si partecipa previa prenotazione, acquistando il biglietto (presto disponibile) sul sito dell'iniziativa.

 

7 Tavole | Bologna | Spazio Battirame, via Battirame, 11 | da settembre a dicembre 2017 | www.7tavole.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

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