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7 resort gourmet in Toscana per l’estate 2017. Tra cucina d'autore e orti bio

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È un'ospitalità esclusiva che fa molto affidamento sulla ristorazione quella che oggi porta in Toscana un gran numero di turisti stranieri in cerca dell'italian style. Ma le tavole di molti resort - tra il Chianti, la Val d'Orcia e la Maremma – sono da riscoprire anche per una semplice cena fuori dal comune, o per un pranzo estivo con vista sulle colline. 

Sul concetto di ospitalità “immersiva”, la Toscana ha scommesso già diversi anni fa, mettendo a sistema quel patrimonio di borghi antichi, cascine e tenute che punteggiano l'intero territorio regionale, facendone una Mecca per chi è in cerca di relax, buon cibo e panorami mozzafiato. Una ruralità composta, dove l'intervento dell'uomo trova il suo posto, non dimenticando certo le radici contadine di una terra messa a coltura molti secoli fa, capace però di sfruttarne a pieno le potenzialità turistiche. Così è stato in Chianti (senese e fiorentino), come più di recente per la Val d'Orcia e la regione della Maremma. O per il territorio pisano e la provincia aretina, e più su in Garfagnana, nell'antica Lucchesia. Una rete di anime e itinerari diversi tra loro per peculiarità paesaggistiche, tradizioni, dialetti, cultura e colture tipiche, riuniti in nome di un'accoglienza che conquista stranieri a turisti della domenica, viaggiatori seriali ed enoappassionati. In ogni periodo dell'anno. L'estate però è la stagione delle cene in giardino, dei pranzi a bordo piscina e delle colazioni con vista, con lo sguardo che si perde all'orizzonte assecondando l'andamento morbido delle colline. E la ristorazione, favorita dallo scambio costante con la campagna circostante, è certamente uno degli strumenti su cui l'ospitalità più esclusiva della regione ha deciso di puntare. Dando spazio a giovani chef e orto sinergici, consulenze importanti e prodotti riscoperti dalla filiera a km 0. Le opportunità di scoprirla, questa ristorazione rurale gourmet, sono molteplici, e corrono sul percorso di qualche strada provinciale tutta curve che si snoda tra filari d'uva, frutteti e campi di cereali. Di seguito qualche suggerimento (e le ultime novità) dalla Toscana dei resort che accontentano chi è in cerca di un'esperienza gastronomica che vale il viaggio.

Locanda Rossa, Capalbio (GR): La country house alle porte del borgo medievale di Capalbio offre un'accoglienza tranquilla, tra le colline maremmane a breve distanza del mare. E quest'anno ha scelto di puntare più decisamente sull'offerta gastronomica affidando la consulenza a Valeria Piccini, che della ristorazione maremmana è la punta di diamante, a Montemerano. La Cucina della Locanda, dove si muovono tre giovani chef selezionati da Valeria (sempre più a proprio agio nella veste di talent scout, come conferma la collaborazione con il Vinilia Resort di Manduria), propone una cucina di territorio, com'è giusto che sia considerando l'abbondanza di prodotti a km 0: le verdure dell'orto, l'extravergine della tenuta, che conta 3200 ulivi, i formaggi stagionati e la selvaggina locale da un lato, il pescato del Tirreno dall'altro. Il ristorante è aperto anche ai clienti in arrivo dall'esterno, e propone anche una formula pranzo estiva a bordo piscina; mentre la sera si può cenare in veranda, con vista sulla tenuta. In carta piatti che strizzano l'occhio alla tradizione, interpretata con sapienza e leggerezza: tagliatelle al ragù bianco di cinghiale, olive e arancia, tagliolini con ragù di triglia e limone, porchetta di faraona con crema di fagiolini, menta e pomodori, tartelletta con frutti di stagione. E attenzione al calendario eventi, perché nel corso dell'estate, Valeria Piccini sarà direttamente protagonista in cucina in occasione di serate speciali.

Strada Capalbio Pescia Fiorentina, 11b | Capalbio (GR) | tel. 0564 890462 | www.locandarossa.com

Castello di Velona, Montalcino (SI): Un resort esclusivo tra le colline dela Val d'Orcia, che coniuga Spa e Winery. Alla guida delle “cucine” - perché quattro sono i ristoranti della struttura – c'è da qualche tempo il giovane Marco Brioschi, 33 anni appena, ma grande esperienza alle spalle, dal Vescovado di Noli all'Antica Corona Reale di Cervere. A Velona coordina una squadra di 12 chef, conduce lezioni di cucina e degustazione e si mette in gioco con le molteplici proposte del resort. Ci sono i 4 menu degustazione serviti sulla terrazza Al Settimo Senso, la proposta fine dining della struttura: 12 portate a sorpresa, una proposta di terra e una di mare, oltre al percorso dedicato al Tartufo di San Giovanni d'Asso. In alternativa c'è il pranzo al Velona Lounge, ingredienti del territorio e atmosfera informale, all'interno di un chiostro antico; o il pool restaurant della Spa, con formula all day dining, ricette leggere, succhi di frutta e verdura, cocktail per l'aperitivo, gelati e sorbetti. Mentre Il Brunello è la tavola tradizionale, tra pici al burro e tartufo e peposo selvatico di cinghiale stracotto alle spezie con purè e lemon grass, in abbinamento a un buon bicchiere di Brunello di Montalcino dai vigneti del Castello.

Località Velona | Castelnuovo dell'Abate (SI) | tel. 0577 835553 | www.castellodivelona.it 

Dievole Wine Resort, Castelnuovo Berardenga (SI): Non distante da Siena, la tenuta di Dievole si estende su 400 ettari del Chianti Classico, che circondano l'antico borgo dell'XI secolo e l'edificio padronale di Villa Dievole. Qui l'attività rurale è scandita dai ritmi della vigna, ma si produce anche olio extravergine Dop. E l'offerta gastronomica, anche per gli ospiti esterni, si moltiplica in più spigolature, dalle cene romantiche nel Giardino del Tasso alle serate nella cantina storica, ai pranzi in terrazza. L'ultimo arrivato – in attesa di inaugurare un fine dining nei prossimi mesi - è il ristorante Novecento, ubicato all'interno della Villa, con possibilità di pranzare durante l'estate nel cortile dell'Aione, circondati da rose e alberi da frutto dal giardino all'italiana. Mentre sulla terrazza affacciata sulla vallata, solo su prenotazione, è servito un menu degustazione con doppia proposta, carne o pesce. La carta, invece, allinea una serie di proposte del territorio, tra mare e terra, che privilegiano gli ingredienti locali, la Chianina e il pescato del Tirreno, lo zafferano di San Gimignano e il cece nero della Maremma. Tra le proposte la Porchetta di coniglio su spinaci in agrodolce, la spunta di cinta senese, giardino di verdure e marmellata di cipolle, la crema bruciata allo zafferano.

Località Dievole, 6 | Castelnuovo Berardenga (SI) | tel. 0577 322613 | www.dievole.it 

Conti di San Bonifacio, Gavorrano (GR): Ancora un wine resort di charme, che piace soprattutto ai clienti internazionali. La proprietà del Conte Manfredo di San Bonifacio e della sua inglesissima moglie Sarah Edgington regala agli ospiti in arrivo da tutto il mondo un'accoglienza rurale e raffinata al tempo stesso, tra suite esclusive e camere con terrazza nella villa padronale. La proposta di cucina è quella del Maremmana Restaurant, affidata da marzo 2017 a Matteo Sciacovelli, giovane chef salentino che vanta trascorsi in Australia, in Qatar e niente meno che alla corte di Andoni Luis Aduriz, al Mugaritz di San Sebastian. I piatti, chiaramente, parlano toscano (tra terra e mare, selvaggina e pescato della costa), molti degli ingredienti arrivano dall'orto biologico, che fornisce anche erbe selvatiche e fiori edibili; i vini e l'olio sono quelli della tenuta.

Località Casteani | Gavorrano (GR) | tel. 0566 80006 | www.contidisanbonifacio.com 

Borgo San Felice, Castelnuovo Berardenga (SI): Fabrizio Borraccino (protagonista sul numero di giugno di Wine Travel and Food), 38 anni, abruzzese con trascorsi alla scuola di Antonio Guida (ai tempi del Pellicano), Pierre Gagnaire, Gordon Ramsay (a Londra), è arrivato al resort Relais&Chateaux nel 2016, dopo la parentesi di tre anni al Pievano di Spaltenna. Al Borgo, Borraccino segue la cucina di due ristoranti, l'Osteria del Grigio, più informale, recentemente rinnovata, per offrire i piatti della tradizione e un menu pizzeria, e Poggio Rosso, la tavola fine dining, che si avvale dei prodotti in arrivo dall'Orto Sociale, coltivato con il contributo della Fondazione Umana Mente. Erbe selvatiche, radici, ortaggi e fiori sono costanti che equilibrano il piatto. La proposta si orienta su volatili e cucina di terra, senza dimenticare l'offerta del mar Tirreno. Due i percorsi degustazione, La Tradizione di San Felice e la Degustazione Secondo Fabrizio.

Località San Felice | Castelnuovo Berardenga (SI) | tel. 0577 3964 | www.borgosanfelice.it

Borgo Santo Pietro, Chiusdino (SI): Proprietà danese, 65 persone impiegate per far girare la struttura, il resort 5 stelle lusso che ruota intorno alla villa padronale del XIII secolo è una delle mete più ambite del turismo internazionale. Ma la proposta gastronomica, affidata da tre anni a questa parte alla supervisione di Andrea Mattei, vale da sola il viaggio. E infatti sulla ristorazione si è deciso di scommettere con investimenti e ristrutturazioni costanti. Oggi la tenuta fornisce non solo prodotti dell'orto, frutta ed erbe aromatiche, ma pure miele, uova, polli, latte di pecora per yogurt e formaggi. Tutto fondato su un regime biologico e biodinamico. Dall'anno scorso la proposta a tavola si è ampliata, con la pizza da forno a legna, i pranzi informali al bar, la trattoria guidata da Stefano Pezzini; ma la punta di diamante resta la cucina di Meo Modo, il fine dining che Mattei guida con i sous chef Andrea Ferrari e Simone Di Maio e il pasticcere Diego Poli. Si lavora con prodotti dell'orto, radici, piante spontanee, per una proposta toscana contemporanea che certo è memore di esperienze pregresse, come l'alunnato da Alain Ducasse a Plaza Athenée.

Località Palazzetto, 110 | Chiusdino (SI) | tel. 0577 751222 | www.borgosantopietro.com 

 

Borgo Pignano, Volterra (PI): Del percorso in evoluzione di Vincenzo Martella, pugliese che tra le colline toscane ha trovato una seconda casa, abbiamo parlato qualche mese fa. Di lui, della sua cucina trasognata, ma pure molto concreta, e del suo legame con i prodotti della terra, in arrivo dalla tenuta di Borgo Pignano, e dagli artigiani locali. Si mangia nelle belle sale della villa padronale, ma anche in giardino, con vista suggestiva su Volterra, incorniciata all'orizzonte. Foraging, stagionalità delle colture, miele di produzione propria, panificazione esperta, giochi di pasticceria che abbattono il confine dolce/salato sono i fiori all'occhiello della tavola di Vincenzo.

Località Pignano, 6 | Volterra (PI) | tel. 0588 35032 | www.borgopignano.com 

 

a cura di Livia Montagnoli

Foto di apertura Lido Vannucchi (a Borgo Pignano)


Genagricola scommette sul turismo rurale nella storica tenuta di Ca' Corniani a Caorle

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Piste ciclabili e itinerari pedonali, punti ristoro e aree boschive ombreggiate, il restauro dei poderi storici, le opere di land art e un collegamento diretto con la Laguna. Sono tanti i progetti di Genagricola per valorizzare la sua proprietà più estesa: oltre 1700 ettari sotto il livello del mare, a poca distanza dalle spiagge venete. Un nuovo modello di turismo rurale? 

Ca' Corniani. Una storia secolare

Con oltre 1700 ettari di estensione, la tenuta di Ca' Corniani, nell'entroterra di Caorle (Venezia), è una delle più estese aziende agricole italiane. Di proprietà Genagricola, l'area paesaggistica che prende il nome dai conti Corniani, lo è dal lontano 1851, quando Generali Italia (che controlla la holding agroalimentare, 25 tenute da Nord a Sud della Penisola, per 8mila ettari complessivi) acquistò quella che allora era una vasta area paludosa delimitata da due rami del fiume Livenza e dal canale Commessera. E ne avviò una pionieristica bonifica, ben prima delle campagne promosse in diverse aree della Penisola durante il regime fascista. L'impulso all'attività agricola fu immediato. Poi, però, durante la prima guerra mondiale, una repentina urgenza accantonò gli interessi dell'attività rurale: per placare l'avanzata minacciosa dell'esercito imperiale dopo la disfatta di Caporetto le campagne furono allagate intenzionalmente. Era il 1917. E di nuovo, passata l'emergenza, si trattò di bonificare l'area, stavolta a opera del regime. La peculiarità della tenuta, comunque, è rimasta a caratterizzarne l'ecosistema e le caratteristiche del terreno: a Ca' Corniani le campagne si trovano circa un metro sotto il livello del mare, 70 centimetri più in basso, per essere precisi, e a poche centinaia di metri in linea d'aria dal mar Adriatico (c'è anche un accesso via acqua).

 

La tenuta e l'attività agricola

Eppure garantiscono a Genagricola una produttività importante, 70% da agricoltura tradizionale, il restante 30% destinato alla viticoltura, anche se nel corso del tempo l'approccio alla produzione è molto cambiato. Diversi decenni fa, quando Caorle contava circa tremila abitanti, il lavoro nei campi di Ca' Corniani sfamava le famiglie di un'ottantina di mezzadri. Oggi la ricerca e l'innovazione tecnologica, con la meccanizzazione di molti processi agricoli, hanno drasticamente ridotto il numero di persone impiegate in campagna, una trentina di persone impegnate tra colture di barbabietola, mais e frumento. Di fatto, però, la tenuta ha ancora tante potenzialità da esprimere, e Genagricola ha scelto di scommettere su un piano di rilancio che del turismo rurale faccia una chiave di valorizzazione del territorio, e della storia di questi luoghi. Il progetto, intrapreso a partire dal 2014, entro il 2018 regalerà un nuovo volto al territorio, senza snaturarlo, ma anzi disegnando percorsi ciclopedonali per renderlo fruibile al pubblico.

 

La valorizzazione del territorio. Spazio al turismo rurale

32 chilometri di itinerari, con aree di sosta attrezzate, segnaletica informativa e interventi di land art per raccontare il paesaggio con il contributo di artisti italiani e internazionali; e persino l'impianto di nuovi boschetti di aceri, faggi, pioppi, che sottrarranno all'attività agricola circa un 5% della superficie coltivabile. Perché? L'idea è quella di perfezionare un modello all'avanguardia di sviluppo paesaggistico (con il contributo dello studio di architettura del paesaggio LAND), per ripensare la campagna come oggetto del desiderio di un turismo interessato alla natura, al paesaggio, alla cultura. Dietro c'è sicuramente la passione di Giancarlo Fancel, attuale presidente Genagricola, per la terra e il patrimonio rurale – pratiche, tradizioni, prodotti – che l'ha spinto a investire sul rilancio della tenuta storica. Già varato il progetto Terre d'avanguardia per valorizzare il sito con opere site specific – per ora sono stati individuati 5 artisti che parteciperanno al Concorso per le Tre Soglie, inaugurazione a maggio 2018 – l'idea è anche quella di recuperare alcune delle 70 cascine disseminate nel podere, compresa la villa padronale del corpo centrale, il vecchio mulino a pietra, la chiesa con annessa canonica. E creare un collegamento diretto con Venezia e la Laguna, sfruttando l'attracco sull'argine del Livenza, di cui dispone la Tenuta. La strada è quella tracciata da regioni che da anni scommettono sul turismo rurale, dal Piemonte alla Toscana, rivela Fancel, originario di Portogruaro, che vuole lanciare la “candidatura” del Veneto: che una pedalata tra cascine e campi di grano possa presto rappresentare una valida alternativa all'affollata spiaggia di Caorle?

 

www.coopcacorniani.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Buone notizie, cattive notizie, previsioni e foto sulla vendemmia 2017

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Inizia in anticipo la vendemmia italiana, tra grandine e siccità. Gli aspetti positivi? Uve in buona salute e leadership italiana confermata su Francia e Spagna. Il sondaggio del Settimanale Tre Bicchieri parte dal Centro-Sud.

Sarà molto difficile portare a casa gli stessi quantitativi di uve del 2016 e superare, di conseguenza, quei 50 milioni di ettolitri di vino che hanno consentito all'Italia di confermarsi sul primo gradino del podio dei produttori mondiali. Con tutta probabilità, la 2017 sarà un'annata col segno meno nei volumi, ma per le cantine italiane regalerà acini sani, dall'alto profilo qualitativo. La raccolta è appena iniziata in Sardegna e Sicilia nello stesso giorno, il 26 luglio. Il risultato del consueto sondaggio a campione, da Sud a Nord, effettuato dal settimanale Tre Bicchieri nella fase pre-vendemmiale (di cui pubblichiamo la prima parte), restituisce un vigneto sicuramente ferito dalle gelate del mese di aprile e stressato da una siccità perdurante che, soprattutto nell'area centro-meridionale, sta mettendo tutti a dura prova. Dall'altro lato, però, proprio la scarsità d'acqua ha avuto risvolti positivi dal punto di vista agronomico, favorendo la quasi assenza di fitopatie (peronospora e oidio), un netto calo dei trattamenti fitosanitari, un conseguente risparmio nei costi per i produttori e la possibilità di disporre di uve in perfetta salute. Certamente, in diversi territori, la pioggia è quantomai necessaria, lo sarà in modo particolare nel mese di agosto, per poter concludere al meglio la fase di maturazione di gran parte delle Dop. Tuttavia, dal monitoraggio tra i consorzi di tutela, il clima generale è improntato a un cauto ottimismo. E nel confronto con l'estero, infine, la buona notizia è che l'Italia, pur destinata a perdere qualche milione di ettolitri di vino, dovrebbe restare in testa tra i grandi produttori, visto che per la Francia si prevede una delle annate più scarse (tra 37 e 38 milioni di ettolitri) e per la Spagna un lieve calo, a 39 milioni di ettolitri.

Sicilia

La Sicilia, in particolare, ha registrato un luglio molto siccitoso con temperature che, tuttavia, Dal sondaggio Tre Bicchieri emerge un vigneto ferito dalle gelate di aprile e messo alla prova da una siccità perdurante. Gli aspetti positivi? Uve in buona salute e leadership italiana confermata su Francia e Spagna. Primi grappoli staccati in Sardegna e Sicilia rispetto una prima metà molto calda, sono scese nella terza decade del mese, evitando una pericolosa disidratazione dei grappoli. Pertanto, la condizione generale delle uve, come spiega il vice presidente del Consorzio della Doc Sicilia, Salvatore Li Petri, è considerata “molto buona”, senza problemi legati a fitopatie, allo stress idrico e con un andamento vegetativo che è definito “regolare”. Qualche problema solo in zone costiere con minore escursione termica. Sul fronte quantitativo, secondo le stime del Consorzio presieduto da Antonio Rallo, si prevede una produzione in leggero calo sul 2016. Per la Doc Sicilia, il 2017, lo ricordiamo, segnerà l'anno d'esordio di Grillo e Nero d'Avola nella sola Doc e non più anche nell'Igt.

Sardegna

Più articolata la situazione in Sardegna, che lo scorso anno ha prodotto circa 804 mila ettolitri. Secondo quanto riferito dalla sezione regionale di Assoenologi guidata da Dino Addis (Cantina Gallura), la primavera è trascorsa registrando una temperatura superiore di 1,9 gradi rispetto

alle medie, la gelata di aprile ha colpito duramente il vigneto isolano (composto da 27 mila ettari), a

macchia di leopardo, interessando diverse zone: dal Sulcis alla Baronia, dalla Gallura all'Ogliastra. “Dopo il gelo” spiega Addis “le piante hanno ricacciato ma, con temperature estreme, si corre il rischio che la vite interrompa il suo iter di maturazione”. La qualità delle uve sarde è “perfetta, con pochissime tracce di oidio e senza peronospora. Ad oggi l'annata si prospetta ottima sul lato qualitativo”. Mentre, sulle quantità, di sicuro “non ci sarà un aumento rispetto al 2016”.

Calabria

Lieve anticipo vegetativo per le Doc calabresi Cirò e Melissa (500 ettari e 4 milioni di bottiglie in media), gestite dal Consorzio di tutela presieduto da Raffaele Librandi, che prevede una raccolta stabile rispetto a un anno fa, quando in cantina arrivarono 40 mila quintali di uva, per circa 30 mila ettolitri di vino. Qui si inizierà la raccolta ai primi di agosto con i vitigni internazionali, mentre il Greco bianco è previsto per metà settembre; poi sarà la volta del Gaglioppo. Il presidente Librandi parla di “uve belle e sane, con qualche situazione da stress idrico che però non generano alcun allarme. Speriamo in un clima più fresco ma non necessariamente piovoso. Riteniamo che sarà una buona annata”.

Puglia

La siccità è, invece, una minaccia concreta nel Salento. Non piove dal mese di maggio, la fase vegetativa risulta rallentata ma senza anticipi nella maturazione: “Siamo abbastanza preoccupati” racconta Damiano Reale, presidente del Consorzio di tutela del Salice Salentino, che lo scorso anno ha portato in cantina 213 mila quintali di uve. L'effetto combinato della gelata di aprile e della scarsità d'acqua potrebbe significare un calo del 30% nelle quantità. “Il dato positivo è che le uve sono sane” riferisce Reale “e da un punto di vista chimico avremo vini perfetti, i trattamenti sono stati limitati per assenza di fitopatie, come la tignola. Stimiamo, in generale, che da questo punto di vista sarà una buonissima annata”. L'inizio raccolta è previsto intorno al 18 agosto. Per un'altra grande Dop della Puglia l'annata si preannuncia “ottima”, come riferisce Roberto Erario, presidente del Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria“carica di grado zuccherino nonostante un leggero calo di raccolta rispetto al 2016”, anno in cui sono stati prodotti 20 milioni di litri di Primitivo, sui 18 del 2015. “Siamo fiduciosi e contenti per lo stato attuale dei nostri vigneti che ovunque si presentano con abbondanti esuberi fogliari. Le temperature in aumento” spiega Erario “hanno generato un lussureggiamento vegetativo che porterà un'alta gradazione”. Le nevicate e il freddo invernali hanno creato le condizioni ideali per “devitalizzare le fonti di inoculo che generano malattie”. L'andamento meteo ha favorito l'assenza di infezioni. Nell'areale del Primitivo si raccoglierà in anticipo di una settimana, tra 20 e 22 agosto.

Campania

Una buona annata si prospetta per le aziende del Consorzio vini Vesuvio Dop. Il vasto incendio dello scorso 18 luglio ha soltanto lambito le aree vitate (circa 190 ettari tra Dop e Igp Pompeiano), concentrandosi su quelle boschive. “L'andamento vegetativo risulta ottimale” riferisce il presidente Ciro Giordanoe la qualità delle uve è ottima, con una buona situazione fitosanitaria”. I viticoltori campani hanno ridotto del 30% i trattamenti. La raccolta ai piedi del Monte Somma sarà anticipata di circa 15 giorni: si prevede una “riduzione di circa il 10% della produzione (15 mila i quintali di uve nel 2016: ndr)per l'aumento delle temperature e il calo delle precipitazioni rispetto a un anno fa”.

Lazio

Nel Lazio, sui mille ettari della Dop Frascati la siccità ha rallentato le fasi fenologiche. “La pioggia è quantomai necessaria per consentire una maturazione ottimale delle uve”, riferisce il presidente del Consorzio di tutela, Paolo Stramacci. Tra Frascati Doc, Frascati superiore e Cannellino, il 2016 ha consentito di portare in cantina 95 mila quintali di uve. Le rese sono state portate da 140 a 110 quintali per ettaro e, per il 2017, si è deciso di scendere ulteriormente a 110 per la Doc e a 90 per Frascati superiore e cannellino: “Una scelta di qualità che farà sì che anche quest'anno si registri un leggero calo a volume. Per quanto riguarda, invece lo stato di salute delle uve, la situazione è molto buona. I produttori hanno trattato meno, ci sono stati meno attacchi di peronospora. È vero che le gelate di aprile hanno provocato l'essiccamento dei germogli, ma il problema risulta nel complesso limitato. Produrremo meno” conclude Stramacci “ma produrremo meglio”.

Marche

Si inizia con Chardonnay e Merlot, per finire con il Montepulciano. In mezzo ci sarà il Verdicchio, vitigno principe delle Marche. La vendemmia nell'areale dell'Istituto marchigiano tutela vini (Imt) è stimata in generale calo: gli sbalzi termici della primavera e la siccità molto forte potrebbero mettere in difficoltà soprattutto i vigneti più giovani, come riferisce il direttore Alberto Mazzoni, che ritiene molto probabile un anticipo delle fasi di raccolta di dieci giorni rispetto alla media.

Toscana

Il distretto del Brunello di Montalcinoha sofferto la mancanza d'acqua fino a giugno inoltrato, ma le piogge delle ultime settimane, compresa quella del 24/25 luglio, sembrano avere rimesso le cose a posto. Il presidente del consorzio di tutela, Patrizio Cencioni, è ottimista e parla di generale situazione di anticipo vegetativo di una decina di giorni: “Si prospetta un'annata molto buona grazie anche all'assenza di peronospora e a pochi casi di oidio. Temperature notturne scese sotto 20 gradi stanno creando le condizioni ideali per vini profumati e con la giusta acidità”. Sul fronte delle quantità, non si prevede di superare il 2016 (124 mila quintali di uve Brunello). Il via alla raccolta è probabile nei primi giorni di settembre. Edoardo Donato, presidente del Consorzio tutela vini della Maremma Toscana, non ha dubbi: “La vendemmia 2017 sarà eccezionale, con previsioni sul fronte quantitativo (132mila quintali; ndr) e qualitativo pari a quelle del 2016”. La problematica più attuale è comunque la siccità, nelle aree pianeggianti più vicine al mare, ma “al momento non si riscontrano perdite di prodotto”. Anzi: “La vite è stata costretta ad andare in profondità ricavando le migliori caratteristiche da ogni terroir d'origine”. Alla scarsità d'acqua va aggiunto il tema dei danni dagli ungulati, molto attuale in Toscana e nei confronti del quale “non si è posta ancora una soluzione concreta”. Si raccoglierà con dieci giorni di anticipo, ma i prossimi due mesi risulteranno come sempre determinanti. Nei vigneti della Doc Cortona, il monitoraggio tra i produttori stima un -15% sulla media stagionale a causa di siccità e del caldo eccessivo di giugno e luglio, che saranno responsabili di un aumento della gradazione delle uve (+2/3 punti babo sulle medie). La gelata di aprile, inoltre, ha determinato grappoli più spargoli con acini molto più piccoli, soprattutto per i vitigni a bacca rossa (Sangiovese e Syrah): “Questo comporterà un calo della qualità del raccolto, senza precludere una buona annata”, fa sapere il presidente del consorzio, Marco Giannoni. Su tempi di raccolta, non si segnalano grandi anticipi visto che “le alte temperature hanno contribuito alla parziale chiusura degli stomi e quindi a una sorta di blocco del metabolismo che, invece, sta riprendendo in questi giorni con un'invaiatura di buon livello”. Anticipo vegetativo compreso tra una o due settimane per il Sangiovese e gli altri vitigni nel Chianti Classicocon “uve molto buone sotto il profilo sanitario”, come sottolinea il numero uno del Gallo Nero, Sergio Zingarelli. Un anno fa sono stati prodotti 287 mila ettolitri di vino, mentre per l'anno in corso le previsioni del Consorzio parlano di calo “intorno al 10%”, per via del gelo di aprile e per la siccità. “La 2017 è un'annata simile a 2012 e 2003” dice Zingarelli, sottolineando come nell'ultimo periodo si siano registrate buone escursioni termiche giorno-notte.

Preoccupa la siccità nell'areale del vino Chianti Docg. Il consorzio guidato da Giovanni Busi stima un calo del 10% rispetto a 1,2 milioni di quintali di uve del 2016. “Siamo preoccupati perché una eccessiva disidratazione del chicco può andare a toccare la qualità finale del vino”. Il vigneto Chianti è in fase di invaiatura, con un anticipo di 10 giorni. “Occorrerebbe un bicchiere agostano che porti 25-30 millimetri di pioggia sul terreno. Il Sangiovese è un vitigno capace di assorbire rapidamente l'acqua”. Lo stato di salute delle uve è buono: “Sono sane, ma tutto dipenderà dal fatto” conclude “che abbiano o meno la benzina per arrivare fino a metà settembre”.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 27 luglio

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Dopo 10 anni a Favignana ricomincia la mattanza del tonno. La rinascita della tonnara

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Ferma dal 2007, la pesca tradizionale del tonno (la mattanza) sull'isola siciliana si può solo simulare, come attrazione per i turisti che visitano numerosi l'ex stabilimento Florio. Ma nel 2018 la ripartizione delle quote tonno dovrebbe premiare la storica tonnara delle Egadi. Se ne discute alle Camere. 

La civiltà del tonno e delle tonnare siciliane

Sessantacinque. Tante sono le tonnare siciliane che conservano memoria di una vera e propria civiltà del tonno sull'isola. Un passato antico, e una tradizione di pesca che fonde ritualità, sapienza marinara e attitudine commerciale dei pescatori isolani, che negli ultimi anni ha scontato l'impoverimento dei mari, e le conseguenti misure introdotte a tutela della pesca sostenibile e certificata (leggasi quote tonno). La maggior parte delle strutture dislocate sulle coste dell'intera regione - 16 in provincia di Palermo, 18 nel trapanese, 4 in provincia di Agrigento, 1 nel territorio di Caltanissetta, 2 nel ragusano e12 a testa nel siracusano e nel messinese – oggi sono ferme, pur restando suggestivi baluardi dell'arte del tonno: nell'arcipelago delle Egadi, sull'isola di Favignana, una delle tonnare più celebri, inattiva ormai da più di 10 anni, ha scelto di simulare un ritorno alla normalità offrendo ai visitatori che sbarcano sull'isola nell'isola uno spettacolo quasi reale. Con la partecipazione dei tonnaroti, che dall'estate 2016 hanno deciso di mettere in scena la mattanza, liberando subito dopo i tonni catturati, garantendo la sussistenza della tonnara come struttura turistica. Questo perché, fino a oggi, il permesso di pescare, per la tonnara di Favignana, come per le altre strutture siciliane, non era mai arrivato (uniche eccezioni sul territorio nazionale Carloforte e Portoscuso, entrambe in Sardegna).

Nel futuro di Favignana. Turismo e pesca sostenibile

Intanto il Dipartimento Pesca della Regione Sicilia, che proprio qualche giorno fa si è ritrovato a Favignana per discutere un programma di valorizzazione della civiltà delle tonnare, ha deciso di ricostruire un circuito che quelle strutture possa rilanciarle come attrattore turistico (del resto il museo di Favignana accoglie 60mila visitatori ogni anno), anche nell'impossibilità di riprendere la pesca, come nel caso della tonnara di Vergine Maria, a Palermo, che potrebbe trasformarsi in un porticciolo destinato alla pesca turismo. L'attenzione del convegno ospitato nell'ex stabilimento dei Florio, però, si è concentrata proprio sul futuro di Favignana, e della sua tonnara, che ha tutte le carte in regole per tornare in attività. Perché l'investimento sia sostenibile occorre ipotizzare una pesca che frutti almeno 100 tonnellate di tonno; ma prima è necessario sollecitare una ripartizione delle quote, che dal 2010 hanno portato a un progressivo ripopolamento del Mediterraneo, certificato dalla comunità scientifica internazionale. Ecco perché oggi una riapertura consapevole della tonnara, coadiuvata da monitoraggi costanti, potrebbe rivelarsi sostenibile da un punto di vista ambientale ed economico, garantendo pure la ripresa del comparto della trasformazione del pesce, generando occupazione per le famiglie di Favignana, e fornendo un modello utile per la riattivazione di altre tonnare siciliane. Quella di Formica, per esempio.

 

La ripartizione delle quote tonno. L'emendamento al vaglio

Considerazioni accolte proprio nelle ultime ore dal Senato riunito per l'approvazione del Decreto Mezzogiorno: secondo l'emendamento relativo alla pesca nelle tonnare presentato da Pamela Orrù, dal 2018 Favignana potrà essere ammessa alla ripartizione delle quote aggiuntive assegnate all'Italia dall'Ue. Ora bisognerà attendere la conferma della Camera dei Deputati; se arrivasse, come molti sperano, si procederà all'assegnazione della concessione di pesca tramite bando pubblico. E già pronta a partecipare è la famiglia Castiglione, che amministra la tonnara dal 1985. Insomma, il prossimo giugno il rais Salvatore Spadaro potrebbe riprendere il suo posto alla guida della mattanza. E i tonni pescati, stavolta, resterebbero in rete. 

 

a cura di Livia Montagnoli

Libri sul cibo per l'estate. L’anima delle spezie

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Un viaggio culinario appassionato, curioso e avventuroso attraverso alcune delle principali spezie che hanno segnato la storia degli uomini e ancora oggi danno profondità e sapore alle nostre tavole. È L’anima delle spezie di June Bellamy.

Dal ginger al coriandolo, dall’incenso al cardamomo, dalla cannella al pepe di Sichuan: June Bellamy ha scelto alcune delle spezie che da sempre hanno fatto parte della sua vita, ne ha studiato le origini, ricostruito gli spostamenti attraverso e oltre il Mediterraneo e ne ha raccolto le ricette più importanti per offrire ai lettori un repertorio di piatti antichi e al tempo stesso attualissimi.

L'autrice

Padre austriaco e madre principessa. La storia di June comincia così, con l'austriaco Herbert Bellamy che si innamora della Principessa Linbin Thiktin Ma Lat, discendente diretta della famiglia reale birmana, e con lei decide di metter su famiglia. Famiglia che però è costretta, durante la seconda guerra mondiale, a emigrare in India, dove vive la sorella minore di Linbin, sposata con il Maharaja (grande re)di Kashipoor. Qui, June, passa la sua adolescenza, per poi far ritorno in patria, dove conosce e sposa Mariano Postiglione, un medico italiano in missione per l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Con lui avrà due figli, Michele e Maurizio, e insieme a lui (a causa o grazie alle sue missioni) viaggerà in giro per il mondo, incontrando e conoscendo culture e tradizioni differenti. Un'unione movimentata, che purtroppo finisce, come il secondo matrimonio con il Presidente della Repubblica Birmana Ne Win. Dopo quest'ennesima delusione June decide di volare in Italia, ricominciando tutto da capo e creando lo Studio June Bellamy, un’associazione culturale di gastronomia orientale e occidentale, volta all’insegnamento della cultura del cibo. Una vita fuori dai canoni, quella di June, tanto da essere protagonista del documentario Rhapsody in June, vincitore del premio DWA (Doc/it Women Award) alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2016.

La copertina del libro L'anima delle spezie di June Bellamy

Il libro

La scrittrice, per il suo libro, ha scelto alcune delle spezie che da sempre hanno fatto parte della sua vita, ne ha studiato le origini, ricostruito gli spostamenti attraverso e oltre il Mediterraneo e ne ha raccolto le ricette più importanti. Dopo un'introduzione, in cui racconta la storia, dalle antiche vie commerciali a oggi, June presenta una a una le diverse spezie attraverso schede di approfondimento con notizie storiche, aneddoti personali e una piccola ricetta in cui la spezia in questione è ingrediente centrale e si può assaporare appieno. Il ricettario vero e proprio, comincia però verso la metà del libro. Prima con le ricette delle preparazioni di base e delle miscele, poi con i condimenti, fino ad addentrarsi nelle portate principali, dai piatti unici ai primi e secondi piatti. Ecco la ricetta che abbiamo scelto per voi.

 

La ricetta: Cozze in masala nero

Ingredienti

Per il masala nero

1 cucchiaio da minestra di olio

1 cucchiaio da tè di ginger frullato

1 cucchiaio da tè di aglio frullato

1 cucchiaio da tè colmo di pepe nero grossolanamente pestato

3 bacche di cardamomo

1 cucchiaio da tè di semi di coriandolo

1/2 cucchiaio da tè di semi di cumino

4 cucchiai da minestra di noce di cocco grattugiata

Frullate il cardamomo, i semi di coriandolo e di cumino. Scaldare l'olio in una padella e, quando ben caldo, versare dentro tutti gli ingredienti tranne la noce di cocco. Soffriggere per qualche istante e aggiungere la noce di cocco. Mescolare bene e, quando inizia a colorarsi, levare dal fuoco. Questo masala si può conservare nel frigo fino a una settimana.

Per le cozze

1 kg di cozze lavate e pulite

3 cucchiai da minestra di olio

2 cipolle medie

4 spicchi di aglio

2 peperoncini freschi

2 cucchiai da minestra di masala nero

1 tazza di acqua

1 cucchiaio da minestra di foglie di coriandolo fresco tritato

Succo di limone

Scaldare l'olio in un tegame largo e friggere per prime le cipolle e poi l'aglio, entrambi finemente tritati, finché le prime inizieranno a dorare; quindi aggiungere i peperoncini, senza semi e tritati, continuare a girare e aggiungere in fine il masala nero. Mescolare il tutto e aggiungere l'accqua; portare a ebollizione e lasciar bollire, coperto, per 5 minuti. Aggiungere le cozze e continuare la cottura finché queste saranno completamente aperte. Cospargerle di coriandolo fresco e toglierle dalla salsa di cottura adagiandole su un piatto da portata. Intanto rimettere la salsa sul fuoco, aggiustare il sapore con il succo di limone e il peperoncino, versare tutto sulle cozze e servire caldo.

 

L’anima delle spezie - June Bellamy | ed. Giunti | Euro 22,00

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Libri sul cibo per l'estate. Bee Happy. Storie di alveari, mieli e apiculture

Libri sul cibo per l'estate. Lima, Cucina dal Perù

Libri sul cibo per l'estate. Mozzarella in carrozza. Ricette d'artista

Nell'Aeroporto di Monaco di Baviera una mostra fotografica sui vignaioli del Chianti

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Air Dolomiti e il festival di fotografia Cortona on the Move raccontano, attraverso la fotografia, le eccellenze italiane: la serie di cinque appuntamenti prende il via con quello dedicato al vino toscano. 

Venticinque ritratti per raccontare una delle eccellenze vinicole italiane, il Chianti. Dal 3 fino a fine agosto le foto scattate da Edoardo Delille a vignaioli e produttori toscani saranno esposte all’interno dell’aeroporto Franz Josef Strauss di Monaco di Baviera.

Il progetto

La mostra temporanea fa in realtà parte di un progetto molto più ampio, realizzato da Air Dolomiti in collaborazione con Cortona on the Move e l’agenzia di comunicazione The Trip Agency. La compagnia aerea ha infatti scelto di raccontare il meglio dei territori che i suoi aerei sorvolano all’interno del nostro paese: è nata così la partnership con il festival cortonese dedicato alla fotografia, che ogni anno raccoglie nel borgo dell’aretino i lavori dei grandi maestri del settore (nel 2017 ha aperto i battenti il 13 luglio e chiuderà il 1 ottobre). E l’idea di declinare e suddividere il programma in una serie di cinque appuntamenti, di cui il primo è proprio quello che è stato affidato alla mano di Delille.

I vignaioli orgogliosi

La mostra che raccoglie le sue 25 fotografie è stata intitolata “The Proud Winegrowers” (I vignaioli orgogliosi) ed è infatti caratterizzata da un preciso filo conduttore: spiegare tutto ciò che c’è dietro la produzione del Chianti attraverso i volti di coloro che s'impegnano costantemente al fine di mantenerne la fama consolidata negli anni. Grazie alla collaborazione con il Consorzio Vino Chianti è stato così possibile raggiungere alcune delle aziende che fanno parte del Consorzio e immortalare chi le porta avanti nella quotidianità. Uomini, donne, proprietari e lavoratori: la macchina del fotografo ha voluto mettere a fuoco tutti, per regalare al pubblico una visione complessiva. “Dal contadino che lavora stagionalmente alla famiglia di produttori, negli occhi di tutte le persone ritratte si intravede la luce dell’eccellenza, il valore innegabile della tradizione e del lavoro inteso come simbolo di impegno e qualità”, ha commentato la direttrice del Cortona on the Move Arianna Rinaldo.

 

a cura di Agnese Fioretti

Elbulli 1846. Finalmente Ferran Adrià ha il permesso di costruire il suo centro culturale

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Annunciato nel 2014, il progetto di trasformazione di elBulli, chiuso dall'estate 2011, sembra avviarsi a buon fine. L'opposizione degli ecologisti ha bloccato il cantiere per tre anni, ora il permesso della Commissione Urbanistica di Girona permetterà allo chef catalano di realizzare il suo centro espositivo, con laboratorio di ricerca gastronomica. 

Sulle ceneri di elBulli

Permesso accordato. A patto di non alterare lo skyline della costa catalana, in località Cala Montjoi de Roses. Perché anche se ti chiami Ferran Adrià, e il tuo progetto promette di restituire nuova linfa a uno dei teatri più celebrati della ricerca gastronomica degli ultimi decenni, non tutto è concesso. Specie quando si tratta di difendere gli interessi di un'area naturalistica protetta. Per questo il progetto annunciato dallo chef catalano nella primavera 2014, destinato dapprima a concludersi alla metà del 2015, è poi slittato inesorabilmente a data da destinarsi. Nel frattempo l'opposizione del fronte ecologista ha determinato modifiche importanti al piano di rifondazione di elBulli, che a luglio di 6 anni fa chiudeva per sempre i battenti, e secondo progetto originale avrebbe dovuto accogliere il nuovo quartier generale di elBulliFoundation. L'obiettivo? Trasformare l'area di pertinenza della Fondazione nata sulle ceneri del ristorante in uno spazio di sperimentazione, ricerca e innovazione gastronomica, con percorso espositivo, espedienti audiovisivi e pop up restaurant, dove concludere a tavola l'immersione per un giorno nel mondo di elBulli. Ma due anni dopo la petizione popolare che fece scalpore – oltre 60mila firme raccolte in rete per contestare l'autorizzazione del Governo Catalano a edificare nell'area di Cap de Creus – la situazione è ancora ferma. Anche se l'ultima pronuncia della Commissione all'Urbanistica di Girona, arrivata due giorni fa, potrebbe finalmente dare nuovo impulso ai lavori.

 

Elbulli 1846 a gennaio 2018. Ci sono i permessi

Così, a gennaio 2018, tre anni dopo l'arresto del cantiere per insufficienza di permessi edilizi, elBulli 1846 aprirà finalmente al pubblico, offrendo un'esperienza che fonde performance artistiche e culturali con approfondimenti scientifici e laboratori gastronomici. Il progetto approvato, però, pur contemplando la costruzione di nuovi spazi, non modificherà i volumi originali dell'edificio preesistente: una clausola cui Ferran Adrià e la sua squadra di architetti dovranno attenersi scrupolosamente, pena le revoca dei permessi. Ecco perché diverse sale del complesso prenderanno forma sottoterra, senza rinunciare all'allestimento scenografico e interattivo preventivato. Un traguardo fortemente desiderato da Adrià, che proprio qualche settimana fa ha lanciato online il sito web Bullinianos, dedicato a tutti coloro che nel corso degli anni hanno gravitato nella famiglia di elBulli. “Fantastica noticia”, si è limitato a commentare su Twitter lo chef catalano (in viaggio esplorativo a Torino, dove con Federico Zanasi ha visitato lo spazio work in progress della Nuvola Lavazza), ricevendo le congratulazioni di molti colleghi celebri, da Josè Andrès (con cui è in ballo un ambizioso progetto a New York) a Rafa Martinez. Il team della Fondazione, intanto, continua a sviluppare i contenuti che troveranno spazio a Cala Montjoi. Ora l'obiettivo è concreto, e si tratta di moltiplicare le forze.

www.elbullifoundation.com  

 

a cura di Livia Montagnoli

Cibo gourmet per cani. Nuova mania o cosa seria? Da Sadler al Bau Bar

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L'ultima idea in fatto di cibo per cani arriva direttamente sotto il tavolo dei ristoranti blasonati. E tra i primi a usufruire del servizio Food for Dogs c'è Claudio Sadler. Ecco di cosa si tratta, e perché rende felici i clienti che vogliono portare il cane al ristorante con sé. 

Food for Dogs. Il catering per cani buongustai

A prima vista si potrebbe scambiare per una scatola di cioccolatini, ma il logo impresso sulla confezione – un pacchettino colorato, che dà poco ingombro – chiarisce ogni dubbio. Food for Dogs è l'idea di due imprenditrici con la passione per i cani, Roberta e Sara, che qualche mese fa hanno perfezionato un ingegnoso servizio di pappa a porter studiato sulle esigenze nutrizionali dei clienti a 4 zampe. L'obiettivo, sin dall'inizio, era quello di supportare le strutture ricettive ben disposte ad accogliere cani (dai ristoranti agli alberghi, agli stabilimenti e ai caffè) fornendo loro una confezione già pronta per l'uso, contenente il pasto perfetto, salutare e bilanciato, per gli amici a 4 zampe degli ospiti che vogliono prendersi la libertà di portare con sé il proprio cane al ristorante. Non a caso il sito del progetto descrive il servizio come “catering per cani adatto a soddisfare le necessità di nutrizione e cura dell'animale fuori casa”. Disponibile in 5 varianti da 200 grammi – carne di maiale, pollo, tacchino, manzo o vitello cotta al vapore con verdure, senza cereali o conservanti – la scatola pret a manger si trasforma all'occorrenza in ciotola, facilitando le operazioni anche nei contesti più insoliti. In spiaggia come al ristorante gourmet.

Da Claudio Sadler con gli amici a 4 zampe

E l'esempio è quanto mai calzante se tra gli estimatori del servizio troviamo Claudio Sadler. Da qualche settimana, il ristorante dello chef – una delle più apprezzate tavole milanesi, particolarmente attenta alla qualità del servizio – propone Food for Dogs agli ospiti che vogliono condividere l'esperienza gourmet con il proprio cane, confermando il desiderio di coccolare i propri clienti dal primo all'ultimo, amici a 4 zampe compresi. E se l'idea della pappa superpremium on the beach, sotto il tavolo di qualche stellato o sul vassoio del servizio in camera continua a sembrarvi un vezzo per clienti stravaganti, le ultime tendenze in fatto di cibo per cani configurano un quadro decisamente concreto di un segmento di mercato che cresce di pari passo con la diffusione di una consapevolezza alimentare più capillare e generalizzata. Così, per esempio, da questa estate, chi frequenta la riviera del Levante ligure, località Laigueglia (provincia di Savona) può imbattersi nel primo Bau Bar sulla spiaggia d'Italia.

 

Il Bau Bar sulla spiaggia ligure

L'idea è venuta a Livio Lovisolo, titolare dello stabilimento Capo Mele, 1500 metri quadri di spazio in riva al mare, di cui un terzo riservato ai cani. Anche in questo caso l'obiettivo è quello di regalare “una vacanza di pieno relax ai padroni e ai loro amici fidati, senza l'incombenza di dover rientrare a casa o in albergo per provvedere alla pappa del cane”. Come? Grazie alla squadra di chef e nutrizionisti assoldata per soddisfare il palato canino. Tra le proposte, alternative golose – come la linea di pasticceria con dolcetti al pistacchio o alla vaniglia, i cantucci, i mini croissant al miele di lavanda – e pietanze light senza conservanti e zuccheri aggiunti, studiate sulle esigenze di salute del singolo ospite a 4 zampe. Pappe a base di pollo, pasticcini al salmone e  ricotta, piccoli cornetti ripieni di tonno. Un pasto che non lascia nulla al caso – in collaborazione con il progetto Spiagge Didattiche a cura dell'alberghiero di Alassio -  e completa l'offerta di un'attività turistica che da oltre 10 anni si dedica alla clientela con cani al seguito.

 

Just food for dogs. Dalla California

Nulla di nuovo sotto il sole, invece, nella California delle stravaganze e dei capricci all'ultimo grido. Just food for dogs, in realtà, è un progetto serio e fondato sull'esperienza di veterinari e nutrizionisti, che dal 2011 porta avanti una sperimentazione approfondita sull'alimentazione canina, offrendo un servizio di ristorazione e assistenza nutrizionale a un numero crescente di clienti a 4 zampe. L'impresa, nata nell'area di Los Angeles dall'idea di Shawn Buckley, oggi continua a moltiplicarsi in tutto il Paese, con punti vendita a Beverly Hills e Santa Monica, ma pure nella Bay Area, dove si registrano le ultime aperture a Oakland e Palo Alto, e la realizzazione di nuovi laboratori e cucine di supporto in previsione per il 2018. Del resto il numero di cuochi all'opera per inventare nuove ricette ogni giorno è davvero imponente; in cucina entrano solo carne e verdure di qualità, tanto che l'attività vanta la certificazione di ristorante con tutti i crismi del caso. Ci sono il filetto di carne con purè e l'arrosto con patate e carote, il pesce al vapore e i biscottini al burro di arachidi. Tutto disponibile anche in confezione sottovuoto a portar via o a domicilio. Ordinare una porzione di agnello e riso integrale o stufato di cervo con zucchine costa tra i 5 e i 6 dollari. E presso le cucine Just food for Dogs è possibile anche frequentare un corso di cucina... Per cani.

 

www.foodfordogs.it

Bau Bar | Capo Mele, Laigueglia (SV) | passeggiata del Golfo | www.facebook.com/baubar2017/

www.justfoodfordogs.com

 

a cura di Livia Montagnoli


Festival gastronomici di agosto: 7 appuntamenti da non perdere questo mese

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Estate, tempo di ferie: che siate al mare o in montagna, i festival gastronomici di agosto verranno con voi. E per chi invece è già al lavoro, una serata o un weekend all’insegna del buon cibo non guasterà. Gli eventi enogastronomici da non perdere questo mese.

Agosto, il mese dello street food. Sono davvero tanti i festival dedicati al cibo di strada nel mese più caldo dell’anno: noi ne abbiamo scelti 3, dislocati nella Penisola. Ma non ci sono solo squisitezze da mangiare in piedi, per strada, come vuole ogni street food festival che si rispetti: questo mese c’è spazio anche per le olive ascolane, i vini romagnoli, la birra artigianale e i piatti gourmet di montagna. Ecco gli eventi enogastronomici da non perdere ad agosto.

 

Ascoliva Festival (Ascoli Piceno)

“Tutti vogliono metterci la bocca”: e come potrebbe non essere così, dato che si parla di olive ascolane. È questo il claim di Ascoliva, appuntamento che richiama appassionati e curiosi da tutta Italia giunto alla quinta edizione, che si terrà ad Ascoli Piceno dal 10 al 20 agosto. Assaggi, degustazioni, abbinamenti, ma anche musica e intrattenimento e 16 piatti per scoprire una pietanza così amata dai marchigiani. Come gli anni passati ci sarà il Villaggio dell’Oliva, un’area dedicata ai migliori prodotti delle aziende picene, con incontri e laboratori di approfondimento ma anche giochi gastronomici adatti ai più piccoli e, naturalmente, diversi incontri dedicati alla produzione di olio d’oliva.

Ascoliva Festival | Ascoli Piceno | dal 10 al 20 agosto 2017 | www.ascoliva.it

 

Fermento in Tour - Sabaudia (Sabaudia)

Fermento, il festival delle birre artigianali, approda di nuovo a Sabaudia. Dopo il successo dello scorso anno, torna la tre giorni dedicata alla bevanda di Cerere, con dieci birrifici da tutta Italia e le loro variegate proposte: dal 4 al 6 agosto saranno oltre 50 le spine da sperimentare e da abbinare allo street food di qualità. A fianco delle eccellenze brassicole italiane ci saranno diversi spettacoli del circo di strada Niño Maravilha e concerti live di artisti emergenti curati da #MusicainFermento.

Fra i birrifici presenti all’evento Birradamare, Lievito&nuvole, Birra Oxiana, Birrificio del Ducato, Beer Company, B-four beer, Birrificio pontino, Insieme Birra, La Fucina, Birra Acqualoreto. Dalla sezione street food, invece, Abruzzo on the road, Caballo’s trattoria on the road, Car Cake, Frie’n fuje, Happy train, La porchetta di Alessandro, La gnocca loca, Lo scarrozzino, Regrill, Sani come un pesce.

Per coloro che non potranno essere a Sabaudia dal 4 al 6 agosto nessun problema: dal 25 al 27 agosto 2017 l’allegra compagnia di Fermento in tour si sposterà a Nettuno.

Fermento in Tour Sabaudia | Sabaudia (LT) | dal 4 al 6 agosto 2017 | www.facebook.com/events/189925031536490/?active_tab=about

 

Bicchieri di birra

 

Fiera nazionale dell’artigianato e dei prodotti tipici (Margherita di Savoia)

Oltre 60 stand fra artigiani e produttori animeranno il comune di Margherita di Savoia (BT), dal 10 al 21 agosto. Fra loro molti sono dedicati alle eccellenze gastronomiche del Sud Italia, tutte da scoprire: i dolci siciliani, i salumi umbri, i formaggi e i taralli pugliesi, la birra artigianale e il vino. Inoltre, la sezione Attrazioni ludiche permetterà ai visitatori più piccoli di assistere allo spettacolo dei burattini artigianali di Giò Ferraiolo: avviato nel 1980 è attualmente il teatro dei burattini più antico del mondo

Fiera nazionale dell’artigianato e dei prodotti tipici | Margherita di Savoia (BT) | lungomare pedonale Cristoforo Colombo | dal 10 agosto al 21 agosto 2017 | tel. 3493767031

 

La Dolomitica (San Cassiano)

Ritorna La Dolomitica, il goloso pic nic sui prati del Sass Dlacia (San Cassiano - BZ), evento ormai giunto alla terza edizione. Un simposio gastronomico che impegnerà i migliori chef e ristoratori dell’Alta Badia e di Cortina d’Ampezzo nella valorizzazione delle eccellenze del territorio montano, attraverso menu ad hoc, realizzati con i prodotti tipici delle Dolomiti. Il 4 agosto alle 12, visitatori e curiosi potranno gustare la cucina degli chef comodamente seduti sulle coperte stese sui prati del camping Sass Dlacia: loro sono Norbert Niederkofler (St. Hubertus), Matteo Metullio (La Siriola), Simon Tirel (Hotel Diana), Andrea Irsara (Gourmet Hotel Gran Ander), Giuseppe Gravela (La Gana), Massimo Busin (Hotel Sassongher),Andrea Bedin (Hotel Col Alto), Matthias Pescolderung (Hotel Restaurant zum Mohren),Riccardo Gaspari (San Brite), Sergio Mei (San Pietro), Matteo Monti (Rebelot del Pont). Da non perdere l’area mixology a cura dei guest barman Thomas Pozzato, Simon Paolo Carraro eSaro Margareci. Costo del pranzo 78 euro, con uno sconto per i commensali sotto i 12 anni: la prenotazione è obbligatoria.

La Dolomitica | San Cassiano (BZ) | Camping Sass Dlacia | Sciarè, 11 | il 4 agosto | tel. 0471 847037 | www.facebook.com/events/1672807526312326

 

Vini di Romagna - DOP ON THE BEACH (Romagna)

Gustare i vini romagnoli sotto l’ombrellone: l’intensa attività del Consorzio Vini di Romagna quest’estate approda in spiaggia. Dopo le tappe di Verona e Düsseldorf, le migliori etichette della Romagna saranno offerte a turisti e habitué delle coste romagnole: l’obiettivo è valorizzare e promuovere le eccellenze locali, facendole “raccontare” da esperti del settore.

Sono 4 gli stabilimenti balneari coinvolti questo mese: il Bagno Vally n.53 e il Bagno Nettuno levante n.28 di Cesenatico, il Bagno Dario n.315/316 di Milano Marittima e il Bagno Giardino n.72/73 di Pinarella di Cervia. Fino al 12 agosto, offriranno assaggi e degustazioni di Romagna Albana Docg, Romagna Pagadebit Doc nelle versioni fermo e frizzante e Romagna Sangiovese Doc, alla presenza di due enologhe che spiegheranno storia e caratteristiche dei vini.

Vini di Romagna - DOP ON THE BEACH | Costa romagnola | varie location | dal 1 al 12 agosto 2017 | www.facebook.com/events/1732368117063771/?active_tab=about

 

alette di pollo e patatine fritte - street food sull'erba

 

Street food (varie location)

Davvero tanti nel mese di agosto gli eventi legati allo street food: è non potrebbe essere altrimenti, vista la bella stagione. Noi vogliamo segnalarne 3 che, da un capo all’altro dello Stivale, metteranno in mostra il meglio del cibo di strada italiano.

Il primo, in ordine cronologico, è quello di Sciacca, borgo marittimo in provincia di Agrigento, dal 17 al 20 agosto. “La Sicilia in un boccone”, il claim dell’evento, non lascia spazio a fraintendimenti: una prelibatezza della gastronomia sicula per ogni stand, in modo da esplorare a fondo le varie declinazioni del cibo di strada.

Il secondo evento ci porta in Centro Italia, per la precisione in Abruzzo: a San Salvo Marina, provincia di Chieti dal 25 al 27 agosto si terrà Street food D'aMare, tutto dedicato alle specialità ittiche preparate da 25 truck.

Più a nord, nelle stesse date (25-27 agosto), lo street food invaderà anche le strade di Reggio Emilia, con un festival a cura di In Food We Truck, dove ci saranno non solo pietanze provenienti dalla nostra Penisola, ma anche tanto street food straniero.

Street food fest | Sciacca (AG) | dal 17 al 20 agosto 2017 | tel. 348 785 1062 | www.streetfoodfest.it/festival

Street food D'aMare | San Salvo Marina (CH) | dal 25 al 27 agosto 2017 | www.facebook.com/Street-food-Damare-1693307090944704

Street food festival - In food we truck | Reggio Emilia | dal 25 al 27 agosto 2017 |

www.infoodwetruck.net/storie-di-truck

 

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 

 

 

Pasta secca e come sceglierla. Tutto quello che c’è da sapere

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C’è pasta e pasta. Le differenze cominciano dal grano che è l’unico ingrediente dell’impasto, oltre all’acqua, e continuano con i processi di produzione. Vediamo come scegliere quella migliore anche leggendo bene l'etichetta che, con i due recenti decreti, diventerà ancor più trasparente.

La pasta è la più amata degli italiani, poi c'è a chi piace lunga o corta, liscia o rigata, ma l'importante è avere gli strumenti per scegliere quella giusta. Durante Gourmet Food Festival (Torino Lingotto Fiere, il 18 novembre 2017), cercheremo di dare qualche consiglio per gli acquisti e qualche dritta per la cottura insieme a Peppe Guida, chef dell'Antica Osteria Nonna Rosa a Vico Equense,che prossimamente vedremo negli schermi di Gambero Rosso Channel con il nuovo programma Questa terra è la mia terra. Ecco qualche anticipazione dell'incontro torinese “La pasta, la prova cottura”.

La pasta, è questione di grano e provenienza

Per la produzione della pasta secca classica si utilizza la semola che risulta dalla macinazione del grano duro, Triiticum Durum coltivato soprattutto nelle zone del Sud Italia, Puglia e Sicilia in primis. In Italia esistono aree e territori più o meno vocati alla produzione, con caratteristiche climatiche e territoriali che si riflettono positivamente sugli aspetti organolettici, prima della semola e poi della pasta. Ecco perché sono molti i piccoli pastifici che scelgono di specializzarsi nella produzione di pasta monograno, realizzata con grani italiani coltivati in aree particolarmente vocate, in grado di conferire aromi e sapori particolari. Basti pensare al grano Senatore Cappelli, (diffuso soprattutto in Basilicata e in Puglia), da cui se ne ricava una pasta dal sapore speziato, intenso, quasi di pane cotto a legna. O al Matt (coltivato in Puglia e in Sicilia) che regala alla pasta un sapore delicato e rotondo, dal burro al cocco disidratato. Le principali varietà di grano duro coltivate nelle zone del Tavoliere Pugliese sono il grecale, il simeto e la saragolla, considerata sin dagli inizi del ‘900 la varietà migliore per la produzione della pasta. Tuttavia, sono molti i pastifici italiani che producono con semola di grano duro importata dall’estero, soprattutto dal Marocco, da Cipro, dalla Spagna, dagli Stati Uniti e dal Canada.

Vari tipi di pasta secca

Le etichette delle confezioni di pasta, le novità in merito

A oggi c'è un iter autorizzativo promosso dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previsto a livello europeo, per arrivare a un modello di etichettatura che consenta di indicare con chiarezza al consumatore sulle confezioni di pasta secca prodotte in Italia, il paese o l'area dove è coltivato il grano e quello in cui è macinato. E in attesa della pubblicazione ufficiale, prevista per il 12 agosto, i ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo economico Carlo Calenda, hanno deciso di firmare in questi giorni due decreti ministeriali che introducono l'obbligo di indicazione dell'origine del riso e del grano per la pasta in etichetta. Quest'ultimo prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta: il paese di coltivazione del grano e il paese di molitura. Se queste fasi avvengono nel territorio di più paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi non UE, Paesi UE e non UE. Entrambi i decreti avranno una durata sperimentale di due anni. A onor di cronaca, però, è giusto dire che alcuni pastifici artigianali o semi artigianali hanno anticipato i tempi, scegliendo di segnalare in etichetta non solo la provenienza nazionale del grano ma anche la località del singolo campo di coltivazione, garantendo al cliente una filiera certa e ripercorribile al 100%.

I processi di produzione della pasta, da ieri a oggi

Il profumo, il sapore e la consistenza della pasta dipendono tanto dalla tipologia e dalla provenienza del grano duro utilizzato, quanto dal rispetto di alcune regole fondamentali durante la coltivazione, la raccolta e il processo di produzione. A un’accurata selezione del grano deve seguire infatti un’attenta macinazione. Il grano deve essere dapprima setacciato, quindi ripulito dalle impurità del raccolto e solo in ultimo macinato. A questo punto la semola è pronta per il pastificio. Ma vediamo le diverse fasi: impasto, gramolatura, trafilatura, essiccazione e raffreddamento. I processi di produzione della pasta sono gli stessi da sempre, quel che è cambiato nel tempo, è la tecnologia. Con l’introduzione di macchinari innovativi, sono cambiati tempi e scenari. Un tempo l’impasto lo facevano gli artigiani con i piedi, l’essiccazione avveniva lungo i vicoli dei paesi, sulle terrazze. Era il pastaio che, affidandosi alla sua esperienza, decideva quando impastare ed essiccare.“I maccheroni si fabbricano con lo scirocco e si asciugano con la tramontana” diceva un antico detto. Solo agli inizi del ‘900, con la comparsa dei primi macchinari evoluti, il laboratorio classico si trasforma in una vera e propria fabbrica. E la meccanizzazione coinvolge tutti i settori della produzione della pasta, dai mulini con la diffusione dei sistemi a cilindri, al pastificio vero e proprio con l’introduzione dei primi prototipi della pressa continua, per arrivare poi alla produzione della pasta a ciclo ininterrotto.

Impasto e gramolatura

Oggi cosa succede quando la semola arriva in pastificio? In una prima fase si procede all’impasto, la semola viene mescolata al 20-30% di acqua purissima: in questo modo l’amido e le proteine si legano all’acqua e inizia a formarsi il glutine, una rete proteica che lega i granuli d’amido idratati. Nel caso del grano duro la maglia glutinica che si forma è piuttosto stretta, imprigiona una buona quantità di amido, evitando che la pasta diventi collosa in cottura. Nella preparazione dell’impasto si cerca di ottenere il risultato migliore attraverso la combinazione ideale tra la temperatura dell’acqua, la grana della semola e le condizioni climatiche. È in questa fase che i migliori pastifici si affidano all’esperienza e all’antico sapere dei bravi pastai, più che all’efficacia delle macchine moderne. Con la fase dellagramolatura, poi, l’impasto ben lavorato diventa omogeneo ed elastico e raggiunto il cosiddetto “punto di pasta”, viene spinto lungo il cilindro verso le trafile, che conferiranno alla pasta la forma definitiva. La trafilatura della pasta può essere in bronzo, in teflon (in genere nelle marche più commerciali) o in oro.

Essiccazione e raffreddamento

La pasta che esce dalle trafile contiene ancora troppa acqua, circa il 30% del suo peso complessivo, che deve essere ridotto almeno al 12.5%, attraverso il processo di essiccazione. Quest’ultimo un tempo, come in alcuni casi ancora oggi, prevedeva tre fasi: l’incartamento, il rinvenimento e l’essiccazione definitiva. Con la prima fase si procedeva a una disidratazione superficiale ponendo la pasta al sole, poi la si faceva rinvenire sistemandola in un luogo fresco con un certo livello di umidità che consentisse di ammorbidire la crosta superficiale formata in precedenza. In ultimo si procedeva con l’essiccazione definitiva: la pasta veniva tenuta anche per lunghi periodi in luoghi asciutti e lontani dai raggi diretti dal sole a temperature il più possibile controllate. Si trattava, allora come oggi, di un processo particolarmente complicato. Il pastaio si affidava soprattutto all’esperienza e alle condizioni climatiche. Oggi le industrie moderne possono contare sulla precisione di celle di essiccazione a temperatura e umidità controllata o sull’efficacia di tunnel ad aria riscaldata. Nonostante ciò, rimane una delle fasi più complesse e delicate dell’intero processo di produzione: da essa dipende in gran parte la consistenza, la tenuta in cottura e il sapore del prodotto finale. L'ultima fase è quella del raffreddamento o stabilizzazione durante il quale la pasta ritorna a temperatura ambiente. A questo punto è pronta per essere confezionata. Ma approfondiamo un attimo la fase dell'essiccazione.

Fase dell'essiccazione della pasta

Focus sulla fase dell'essiccazione

Un’essiccazione ben fatta permetterà alla pasta di conservare tutta la fragranza del grano, rispettando il più possibile il lavoro fatto in campo e al mulino. È in questa fase che la conoscenza delle proprietà del prodotto e delle migliori condizioni con cui trattarlo entrano in gioco più di qualsiasi altro aspetto e credenza. La pasta è un composto che ha due diverse proprietà di stato: la plasticità e l’elasticità. Con un tenore di umidità superiore al 20-22%, la pasta si trova nello stato plastico, ovvero si deforma in seguito a sollecitazioni esterne mantenendo costante la forma acquisita. Quando l’umidità scende al di sotto del 19-17%, invece, acquisisce la proprietà opposta, diviene elastica: si deforma, quindi, in seguito a una sollecitazione esterna ma ritorna allo stato iniziale quando la sollecitazione cessa. Il passaggio da uno stato all’altro, per effetto della diminuzione di umidità, dunque, deve essere il più breve e controllato possibile, proprio per evitare che la pasta subisca danni significativi come venature, fessure e bottature (ogni pastaio ha il suo termine pittoresco per definirne i difetti). La pasta corta viene adagiata sui telai, mentre la lunga viene stesa sulle canne, successivamente viene passata sui carrelli e introdotta in celle statiche dove viene lasciata ad essiccare. Le temperature ideali per l'essiccazione vanno dai 40° ai 50°, per un minimo di 18 ore a un massimo di cinque giorni. Tempi e temperature sono fondamentali affinché la pasta conservi al meglio il suo colore e il sapore originario del grano. Oggi in molti pastifici industriali l’essiccazione avviene a temperature fino a 130° con tempi molto ridotti (dalle 3 alle 5 ore); ciò garantisce, oltre che una sostanziale riduzione dei tempi, una buona tenuta di cottura a scapito dei sapori e delle caratteristiche originarie del grano.

Peppe Guida che tiene un piatto di pasta

I consigli per gli acquisti di Peppe Guida

Che siate in una bottega o al supermercato è importante sapere quali sono i parametri da guardare per riconoscere una buona pasta secca. Negli scaffali c’è da perdersi tra formati, marchi e tipologie differenti. Per andare a colpo sicuro in fase di acquisto, ci siamo fatti consigliare da Peppe Guida, chef dell'Antica Osteria Nonna Rosa a Vico Equense: “Non c'è molto da dire: scegliete una pasta trafilata in bronzo, riconoscibile a occhio nudo per la sua rugosità. Evitate dunque una pasta troppo liscia, brillante e gialla ambrata, sinonimo di una trafilatura al teflon”. Seppure una trafilatura in teflon eseguita secondo i giusti criteri possa garantire una pasta dal buon sapore, le trafilature in bronzo e in oro assicurano una migliore finitura superficiale. Più ruvida e porosa è, più la pasta assorbe il condimento con facilità, garantendo al palato una consistenza migliore. La stessa porosità, tuttavia, facilità l’assorbimento dell’acqua in fase di cottura; per questo la pasta trafilata in bronzo deve essere cotta sempre al punto giusto per avere un buon “dente”. Oltre al processo di produzione, Guida punta i riflettori sulla materia prima e sul prezzo: “Prestate attenzione alla provenienza delle semole: io ovviamente scelgo i grani italiani. E non badate al prezzo: anche se la pasta costa 10 € al chilo, significa investire 1 € al giorno (perché una persona in media non mangia più di un etto al giorno di pasta) su un cibo sano e italiano. Se il pacco di pasta costa 80 centesimi, qualche dubbio me lo porrei. Che è poi lo stesso discorso che faccio da anni per l'olio”. Dunque - aggiungiamo noi - sebbene la trasparenza in etichetta non infici la reale qualità del prodotto, è giusto premiare le aziende che lavorano sulla comprensibilità dell’etichetta e la chiarezza grafica: la provenienza del grano impiegato (che diventerà obbligatorio per i prossimi due anni), i tempi di essiccazione, il tipo di trafilatura e i valori nutrizionali devono essere ben visibili. E per quel che riguarda la cottura? “Durante Gourmet Food Festival approfondirò tre tecniche tradizionali: la mantecata, la risottata e la minestrata”. Di più non sveliamo.

 

Antica Osteria Nonna Rosa | Vico Equense (NA) | Pietrapiano, via privata Bonea, 4 | tel. 081 8799055 | www.osterianonnarosa.it

Gourmet Food Festival | Torino | Lingotto Fiere, via Nizza, 294 | dal 17 al 19 novembre 2017, venerdì dalle 17 alle 23, sabato dalle 10 alle 23, domenica dalle 10 alle 20 | www.gourmetfoodfestival.it

Questo articolo è tratto dal volume “Pasta secca” dei Manuali di cucina del Gambero Rosso.

Peppe Guida è il protagonista del mensile di Agosto 2017 del Gambero Rosso. Per abbonarti clicca qui 

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Gourmet Food Festival 2017

Il pesce: conoscerlo e saperlo cucinare

 

A Napoli Isabella De Cham lascia 1947. Storia della giovane regina della pizza fritta

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Giovanissima, napoletana doc, Isabella De Cham ha fatto molto parlare di sé negli ultimi mesi. Il merito è della sua pizza fritta, leggera e golosa, proposta agli avventori del rione Forcella e più di recente nel nuovo locale aperto con Vincenzo Durante. Ora lascia, all'improvviso. 

Potere alle donne. Anche in pizzeria

Non è un mestiere per donne, direbbe qualcuno poco aggiornato sull'evoluzione più recente del mondo pizza. Un universo che fa sistema a sé, dove il valore della tradizione e i codici di comportamento tramandati da generazioni sono duri a morire. E da un lato questa è stata la fortuna della pizza napoletana. Ma pure una tela bianca da interpretare, almeno per la nuova generazione di pizzaioli, che la spinta della sperimentazione l'hanno sfruttata per crescere fuori dai confini rassicuranti tracciati dai maestri. Senza contare il più macroscopico processo d'aggiornamento di una professione che si è riscoperta ambiziosa, gettando le basi per quel diffuso innalzamento della qualità che oggi ci fa parlare di più scuole di pensiero, di città e regioni della pizza anche nel profondo Nord, di storie d'eccellenza, materie prime da ricordare, mete gastronomiche da segnare in agenda un po' in tutta la Penisola. E presto la guida Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso tornerà a tracciare una fotografia aggiornata e capillare di quanto di buono sta succedendo sulle migliori tavole della pizza italiana. Insomma, se è vero che oggi parlare di pizza in termini generici non è più ammissibile (siamo al cospetto di una napoletana o di una pizza a degustazione? Di una pizza in teglia o alla romana?), è altrettanto chiaro che il cliché del pizzaiolo così come ce l'ha tramandato la narrazione popolare deve convivere con altre realtà. Il piccolo (ancora troppo) esercito delle pizzaiole in rosa ne è un esempio felice. Tra le veterane del genere, le cronache napoletane registrano la dedizione di Maria Ciacalli, “la figlia del Presidente”, e alla sua stregua quella di Teresa Iorio, che guida la squadra de Le Figlie Di Iorio. Fuori dalla Campania, e per la serie pizza a degustazione (da scuola Padoan), impossibile non citare Marzia Buzzanca, che tiene alto il vessillo della categoria all'Aquila, con i suoi Percorsi di Gusto.

Isabella De Cham. L'astro nascente della pizza

Ma la vera outsider dell'ultimo anno, eletta a gran voce reginetta della pizza fritta, è Isabella De Cham. L'anagrafe non tradisce, la sorridente pizzaiola campana del rione Sanità è davvero giovanissima, eppure vanta esperienze al fianco dei big della pizza fritta napoletana, prima con Sorbillo da Zia Esterina, poi alla Masardona e con Ciro Oliva da Concettina ai Tre Santi, dove in passato ha lavorato come cameriera rubando con gli occhi i segreti del mestiere. Fino all'incontro con Vincenzo Durante, anche lui giovane e con la voglia di fare, deciso a scommettere su una delle tradizioni immortali di Napoli, prima ancora che il boom dello street food portasse alla ribalta l'ormai onnipresente cibo di strada. Così nasceva nel 2014 1947 Pizza Fritta, in via Pietro Colletta, a Forcella; un locale vecchio stampo, il bancone a vista dove si prepara la pizza, il paiolo con l'olio bollente, qualche posto a sedere. Alla fine del 2015 dietro al banco arriva Isabella, comincia in sordina, ma nel giro di un anno le sue pizze fritte parlano per lei. E si consolida la sua fama, dentro e fuori città (a Roma, la primavera scorsa, è stata una delle protagoniste indiscusse della Città della Pizza, festival a tema che ha riunito i migliori pizzaioli d'Italia all'ex caserma di via Guido Reni).

La pizza fritta di Isabella

Del resto il metodo Isabella è vincente: sperimentazione sulle farine (anche integrali e da cereali misti, fino alla senza glutine), come su impasti (idratazione molto spinta) e lievitazione, frittura asciutta e pulita che valorizza una pizza leggera e golosa, farcita con ingredienti di qualità e qualche abbinamento inconsueto. Tra i must, oltre ai grandi classici partenopei (come la ricotta, provola e cicoli di maiale, con pepe e basilico), la Posillipo con limone di Sorrento, provola, rucola e caciocavallo. Un percorso in crescendo, che solo un paio di mesi fa portava all'inaugurazione di un nuovo spazio, a pochi metri dal precedente (ormai destinato prevalentemente all'asporto), la “nuova” 1947 Pizza Fritta di via Sersale, più moderna negli spazi, più confortevole, con servizio al tavolo nella saletta sotterranea. Per valorizzare al meglio la tradizione della pizza fritta, con prezzi sempre popolari.

 

Isabella De Cham lascia 1947

Da qualche ora, invece, chi conosce Isabella ha appreso direttamente da lei – che la notizia l'ha diffusa a mezzo Facebook – che il sodalizio con Vincenzo Durante è arrivato al capolinea: “Oggi è un giorno diverso” esordisce Isabella, che non nasconde il suo dispiacere “Non lavoro più a 1947 Pizza Fritta”, continua con una chiarezza che non lascia spazio a malintesi. Le parole che seguono sono per spiegare che la sua strada si separa da quella di Durante, “che devo ringraziare per quanto mi ha dato con la pizzeria che mi ha fatto crescere”. E con lei lasciano anche la collega e amica Alessandra Ferriero e Debora Fiscale. Difficile ipotizzare cosa succederà adesso, sicuramente le prossime settimane saranno importanti per reimpostare la rotta (un progetto in proprio?), non prima però di qualche momento di tregua, “dopo un anno di grandi soddisfazioni e premi”. Quel che è certo, e Isabella rassicura i suoi estimatori, è che nel futuro della giovane pizzaiola continuerà a esserci la pizza fritta, “perché mi piace, è il mio lavoro e la mia passione!”. Noi le auguriamo il meglio, fiduciosi di rivederla presto in azione.  

 

a cura di Livia Montagnoli

L'Amatriciana candidata all'Unesco. La promessa del ministro Martina

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Il 29 luglio c'erano tutte le istituzioni riunite per celebrare l'inaugurazione del polo della ristorazione di Amatrice progettato da Stefano Boeri. Già pronti a ripartire 3 ristoranti, presto apriranno anche gli altri. E intanto Martina si spende per valorizzare il piatto simbolo del terremoto: l'amatriciana. 

Il nuovo polo della ristorazione. Si ricomincia

E così, da un paio di giorni, i ristoranti storici di Amatrice sono tornati a servire in tavola. Poco meno di un anno, c'è voluto, per tornare a celebrare quel rituale che prima del sisma dello scorso 24 agosto attirava nella cittadina laziale della provincia reatina schiere di estimatori di uno dei primi piatti più celebri della tradizione italiana: l'amatriciana. Delle otto attività che animeranno la piazza di Amate Amatrice, in realtà, solo tre (il Ristorante Roma della famiglia Bucci, Da Patrizia, Da Giovannino) si sono presentate pronte ai blocchi di partenza sabato scorso, in occasione dell'inaugurazione ufficiale dello spazio progettato da Stefano Boeri. Ma le autorità, come le voci di rappresentanza di chi l'operazione l'ha resa possibile, erano tutte lì, tra le strutture antisismiche in legno arrivate dal Friuli Venezia Giulia, dove presto le attività gireranno a pieno regime. Del resto proprio la rinascita degli esercizi commerciali – e quindi il ripristino di un'economia che moltissimo doveva alle risorse agricole del territorio – dovrebbe trainare il ritorno alla normalità per tante piccole comunità che l'estate scorsa, oltre alla tranquillità, perdevano tutto, da un giorno all'altro. Lo sa bene il sindaco Sergio Pirozzi, uno dei più battaglieri sin dall'inizio, che della riapertura dei ristoranti di Amatrice si è detto molto orgoglioso.

 

L'amatriciana sarà patrimonio Unesco?

Lo sa il Ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina, che durante la cerimonia inaugurale del Polo di Ristorazione di Amatrice ha annunciato “l'intenzione di candidare la tradizione amatriciana a patrimonio Unesco nell'ambito degli obiettivi del 2018”, anno che l'Italia dedicherà al cibo e alla valorizzazione della tavola made in Italy, come anticipato nei mesi scorsi. Un gesto simbolico, certo, che fa morale in nome di una tradizione che mette tutti d'accordo, quella della “vera” pasta all'amatriciana, di cui in passato cittadini, ristoratori e istituzioni di Amatrice si sono fatti strenui paladini, contro i tentativi di imitazione e rivisitazione (e noi la “perfetta amatriciana” cercavamo di metterla nel piatto con i consigli dei produttori locali a pochi giorni dal sisma). La procedura dovrebbe dapprima portare al riconoscimento dell'amatriciana come Stg, specialità tradizionale garantita, e poi mirare al riconoscimento Unesco per il valore di una pratica tradizionale che esprime la cultura del territorio e la storia della comunità locale.

 

Produttori, allevatori, aziende agricole. La ripresa dell'economia rurale

Nel frattempo, però, si lavora anche per ripristinare il tessuto rurale danneggiato dal terremoto; tanto abbiamo parlato dei danni gravi e molteplici subiti da produttori, allevatori e proprietari agricoli, messi in ginocchio dal crollo delle strutture di ricovero degli animali, dallo stato in cui ancora versano molte infrastrutture, dalla difficoltà di riprendere la produzione dopo gli sforzi economici sostenuti per rimettersi in gioco. Una storia che tristemente si ripete, e accomuna tanti volti del Centro Italia terremotato: così era stato in Abruzzo, così in Umbria, Marche, Lazio. La forza di volontà non è mai venuta meno, ognuno ha cercato espedienti concreti per rialzarsi, ingegnandosi per tornare al lavoro quanto prima. Molte di queste storie, che spesso sono anche begli episodi di solidarietà, ve le abbiamo raccontate negli ultimi mesi, dall'Aquilano che riparte all'Umbria dell'azienda Alberti Guido, alla birra dei monaci di Norcia, al festival Risorgimarche, che si avvia a conclusione. E il sostegno delle istituzioni? A tracciare un bilancio è ancora una volta il ministro Martina, che si pronuncia sugli aiuti economici al comparto agricolo: “Abbiamo completato i pagamenti degli aiuti diretti straordinari aggiuntivi per oltre 3800 agricoltori e allevatori delle terre colpite. Uno stanziamento complessivo di 28 milioni di euro”. 

 

a cura di Livia Montagnoli

Le ricette di Laura Ravaioli in Israele. Le borekitas, deliziosi fagottini dolci

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Un diario di viaggio in sei puntate su Gambero Rosso Channel, in cui Laura Ravaioli racconta Israele, il suo deserto, i suoi paesaggi, le sue coltivazioni di acqua salina, il tutto in un cammino da Gerusalemme a Tel Aviv. Oggi approda a Neot Hakikar, ad un passo dal Mar Morto.

Appunti di viaggio. Laura Ravaioli in Israele è il nuovo programma di Gambero Rosso Channel, in onda tutti i martedì alle ore 21:30, dove la chef attraversa città e villaggi israeliani per scoprire una cucina domestica e profondamente radicata nella storia delle persone. Durante la terza puntata approda a Neot Hakikar.

Le coltivazioni di acqua salina di Neot Hakikar

Siamo ad un passo dal Mar Morto, nel pieno deserto, ciononostante la principale fonte di reddito è l'agricoltura. Questo perché, grazie alla tecnologia d'avanguardia, gli abitanti agricoltori sono riusciti a rendere il deserto rigoglioso. Come? Irrigandolo con l'acqua salata. Me lo spiega Hassaf, un agronomo del luogo, mentre mi indica il lussureggiante basilico, ma anche i peperoni rossi, verdi, gialli e arancioni, e i cocomeri. Che qui, a Neot Hakikar, crescono d'inverno. D'estate invece, si ferma tutta la produzione perché fa veramente troppo caldo. A proposito di caldo, cerchiamo riparo nell'accogliente cucina della mia nuova amica Korin, per preparare le borekitas.
 

Laura Ravaioli prepara le borekitas, deliziosi fagottini dolci israeliani

Le borekitas, deliziosi fagottini dolci

Le borekitas o, come li chiama Korin, travados sono dei deliziosi fagottini dolci. Korin li chiama così perché è un'ebrea turca: il ladino è la lingua giudaico-spagnola degli ebrei sefarditi ed è parlata anche dagli ebrei turchi. La ricetta che vi propongo sono delle borekitas dolci. Queste “piccole borek” nascondono un ripieno di noci e aroma di cannella, ma se ne possono fare anche delle versioni salate, che racchiudono morbidi ripieni a base di feta e conditi di volta in volta con patate lesse, spinaci scottati o melanzane stufate. L’impasto delle due varianti, la dolce e la salata, rimane lo stesso: burro, olio, acqua, sale e farina. Così come le proporzioni, la preparazione dell’impasto e il confezionamento. Unica differenza, se volete provare le borekitas salate, una volta sistemate sulla placca da forno, queste si spennellano con dell’uovo battuto e si finiscono con dei fiammiferini di formaggio che cuocendo fondono, regalando alla pasta una particolare croccantezza.



Borekitas o Travados

Ingredienti

Per la pasta

200 g di burro oppure 220 ml di olio

200 ml di acqua

1 kg di farina circa

100 g di zucchero

1 cucchiaino di cannella in polvere

1 cucchiaino di sale

Per il ripieno

300 g di noci

150 g di zucchero

3 cucchiaini di cannella in polvere

In una ciotola mescolare l’acqua e l’olio e battere bene, aggiungere il sale e poi, poco a poco, la farina, la cannella e lo zucchero mescolando il tutto, prima con l’aiuto di una spatola, e infine con le mani, giusto il tempo di ottenere un impasto morbido e abbastanza omogeneo. Far riposare la pasta e intanto preparare il ripieno. Sminuzzare non troppo finemente le noci, ma volendo si possono sostituire con nocciole o mandorle, raccoglierle in una ciotola e insaporirle con zucchero e cannella. Scaldare il forno a 180°C, ricoprire le teglie con la carta forno e iniziare a preparare le borekitas. Si procede prendendo un pezzetto di pasta della grandezza di una noce, si appoggia su di un piatto piano e lo si schiaccia con la punta delle dita fino a ottenere uno spessore di 2 o 3 mm, cercando di dargli una forma più o meno tondeggiante e del diametro di 5-6 cm di diametro. Si pone al centro di ciascun disco circa 1 cucchiaio di ripieno e con delicatezza e attenzione si ripiega la pasta su sé stessa, a ricoprire il ripieno, e si chiude bene il raviolo sigillando con cura i bordi. Con l’aiuto di un bicchiere rifinire il bordo cercando di lasciare meno pasta possibile. Disporre i dolcetti sulle placche da forno e farli cuocere per circa 20-25 minuti, devono rimanere piuttosto chiari.

Per lo sciroppo

350 g di miele

350 g di zucchero

250 g di acqua

Il succo di ½ limone

In un pentolino mettere tutti gli ingredienti per lo sciroppo, a fiamma bassa, mescolare e portate a ebollizione, quindi immergere i travados freddi nello sciroppo caldo girandoli più volte con delicatezza. Scolarli e sistemarli su di un piatto da portata. Sono perfetti da gustare accompagnati da un tè o un caffè.

 

a cura di Laura Ravaioli

 

Questi e altri piatti della tradizione ebraica, Laura Ravaioli ce li racconta in Appunti di viaggio. Laura Ravaioli in Israele. In onda tutti i martedì su Gambero Rosso Channel alle ore 21:30, a partire dal 18 luglio 2017

 

Appunti di viaggio. Laura Ravaioli in Israele

Il pane dello Shabbat

Injera, il pane dell’Etiopia

 

Il ritorno di Gelinaz! In Austria 24 chef per la performance gastronomica più folle del mondo

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Dopo quasi un anno di silenzio, Andrea Petrini e Alexandra Swenden presentano un nuovo appuntamento firmato Gelinaz!, che arriva in Austria, ospite di Helmut e Philip Rachinger. Con loro 22 grandi chef e 8 artisti che hanno accettato la sfida al confine tra sperimentazione gastronomica, arte e musica. 

Gelinaz! Improvvisazione in cucina

L'ultima volta che ci siamo trovati a parlarne, celebrando l'estro e la voglia di mettersi in gioco dei più grandi chef del mondo, è stata più o meno un anno fa, quando nell'autunno 2016 prendeva forma la seconda edizione di Gelinaz!Shuffle. Una sfida nella sfida, a partire dall'idea vincente concertata dal deus ex machina Andrea Petrini, che ai cuochi propone uno scambio di vita (e cucina) al buio, giusto il tempo necessario per salire su un aereo, destinazione ignota, e prendere il posto di un collega altrettanto blasonato e audace, per un servizio che stabilisce alchimie inedite, con la brigata del posto, le vibrazioni della cucina ospite, i prodotti scoperti a centinaia di chilometri di distanza dalla propria città. Lo Shuffle di Gelinaz esordiva nel 2015, mentre il 2016 si presentava ricco di occasioni per partecipare, quantomeno da avventore, a questo imprevedibile “gioco di società” della cucina d'autore contemporanea: quattro serate all'insegna del Walk with us, tra Londra, Bruxelles, San Francisco; e poi a novembre, il 10 del mese, tutti in contemporanea, la squadra dei 40 temerari di Shuffle, sparpagliati per il mondo. Da allora nulla più, ma l'attesa sta per finire.

 

Gelinaz! Does Upper Austria

Ad Andrea Petrini, italianissimo ma stabile in Francia da diversi anni, bisogna riconoscere di aver catalizzato in maniera crescente l'attenzione del parterre gastronomico che conta: prolifico creatore di eventi, anche il New York Times, in passato, gli ha riconosciuto la fama di God of Food. E ora tutti gli occhi sono puntati su Neufelden, ridente località a nord di Linz, dove il prossimo 20 agosto prenderà vita il primo appuntamento ufficiale del 2017 di Gelinaz (con Petrini, cura l'organizzazione anche Alexandra Swenden, in attesa di un nuovo Shuffle nel 2018). Gelinaz! Does Upper Austria è il titolo della performance ospitata da un tempio della ristorazione europea ben noto ai viaggiatori gourmet, l'hotel ristorante Muhltalhof della famiglia Rachinger, Helmut e Philip, padre e figlio, sulle sponde del fiume Muhl. Le regole del gioco, com'era prevedibile, cambiano ancora una volta, coinvolgendo pure diversi artisti internazionali; sette le postazioni allestite negli spazi del ristorante, diverse le sfide culinarie a cui sono chiamati gli chef partecipanti. Per Go Collective! i cuochi lavoreranno in piccoli team di 3 o 4 persone, a partire da tre piatti Matrix ideati dai Rachinger: alle squadre il compito di destrutturare il piatto, e riproporlo secondo creatività ed estro del momento. Go Free! invece offrirà ai singoli partecipanti l'opportunità di proporre una propria creazione elaborando l'idea originale, con la possibilità di modificare alcuni degli ingredienti della ricetta data, ma solo sostituendoli con prodotti di stagione del territorio ospite.

 

Una performance itinerante, tra cucina, arte e musica

A loro volta, gli ospiti saranno invitati a trovare la propria strada, in gruppi di 20, muovendosi come meglio credono tra le postazioni del ristorante per scoprire le creazioni degli chef. In tutto sono 140 i fortunati avventori che prenderanno parte alla giornata di esplorazione (già sold out, con possibilità di prenotarsi in lista d'attesa): il biglietto di ingresso costa 250 euro, e permette di assaggiare 14 piatti. Poi, l'evento sarà celebrato a cinque minuti di distanza dal ristorante, dove l'artista austriaco Joackim Eckl curerà l'allestimento del cosiddetto The Gathering, un'installazione artistica che vedrà la partecipazione di 7 creativi in arrivo da tutto il mondo per interagire con gli chef (che già il 16 agosto si ritroveranno a Vienna per una cena della “vigilia” al ristorante Steirereck). E “everything merges with the night”, come direbbe Bryan Eno: tutto si fonderà con la (nella) notte.

Cosa resta da aggiungere? I nomi dei partecipanti. Per l'Italia solo Antonia Klugmann. Eccoli tutti:

 

Milena Broger, Klösterle, Lech, AUSTRIA

Manoela Buffara, Restaurante Manu, Curitiba, BRASILE

Gabriela Camara, Cala, San Francisco, USA

David Chang, Momofuku Ko, New York, USA

May Chow, Little Bao, HONG KONG

Mauro Colagreco, Mirazur, Menton, FRANCIA

Konstantin Filippou, Restaurant Konstantin Filippou, Vienna, AUSTRIA

Margot Janse, ex-Quartier Français, SUDAFRICA

Chiho Kanzaki, Virtus, Paris, FRANCE

Antonia Klugmann, L'Argine di Vencò, Dolegna del Collio, ITALIA

Karime Lopez, ex-Central, Lima, PERU

Virgilio Martinez, Central, Lima, PERU

Lukas Mraz, Cordoba, Berlino, GERMANIA

Lukas Nagl, Bootshaus, Das Traunsee, AUSTRIA

Magnus Nilsson, Fäviken, Järpen, SVEZIA

Colombe Saint-Pierre, Chez Saint-Pierre, Le Bic, CANADA

Rosio Sanchez, Hija de Sanchez, Copenhagen, DANIMARCA

Helmut & Philip Rachinger, Mühltalhof, Neufelden, AUSTRIA

Heinz Reitbauer, Steirereck, Vienna, AUSTRIA

René Redzepi, Noma, Copenhagen, DANIMARCA

Ana Ros, Hisa Franko, Kobarid, SLOVENIA

Felix Schellhorn, Hansi Hansi, Bad Gastein, AUSTRIA

Bo Songvisava, Bo.lan, Bangkok, THAILANDIA

 

 

Gelinaz! Does Upper Austria | Neufelden, Austria | il 20 agosto 2017 | per info e prenotazioni http://gelinaz.com/project/gelinaz-does-upper-austria

 

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare all'aperto a Firenze nell'estate 2017. 21 consigli

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Un tempo la sera si andava in campagna, a godere il fresco. Ma non è più così: Firenze oggi offre moltissimi indirizzi validi per una cena o un pranzo all'aria aperta. Ecco le 21 novità per l'estate 2017.

È vero che i fiorentini cercano di andare in campagna per non farsi attaccare dall’eccessiva calura, ma è altrettanto vero che ci sono luoghi dove è possibile trovare un po’ di frescura, anche senza aria condizionata e senza dover per forza mangiare sulla strada a contatto con le macchine. Abbiamo selezionato 21 indirizzi dotati di begli spazi all'aperto, ma al contempo con qualche novità: o perché nuovi, o perché rinnovati da poco, o perché con un cuoco nuovo.

7 Rosso a Firenze

7 Rosso

Era chiamata la “capanna”, la casa dove veniva conservato il carbone in famiglia essendo il nonno un commerciante del settore. Lorenzo De Santi ha deciso di rimetterla a posto e trasformarla in un posto dove mettere a frutto la sua passione, quella per il vino, diventatone lui stesso distributore. Nato come wine bar, con il passare degli anni è stata abbandonata l’attività di vendita per concentrarsi su quella della ristorazione. Oggi la proposta gastronomica è molto varia, dalle coscette di quaglia, maionese di pomodoro alla vaniglia, insalatina di sedano, alla tartara di ricciola e fragole, mousse di stracchino e lime come antipasti. Tra i primi la fregola sarda con riccio di mare, crema di zucchine al profumo di limone; intrigante come secondo il lampredotto, focaccine croccanti di miglio, salsa verde, friggitelli. Scelta precisa e attenta, ma non ampissima, di vini di piccoli produttori. Siamo sulla strada che porta a Fiesole, in una curva da dove si accede al giardino nel quale, in estate, è possibile cenare all’aperto.

7 Rosso | Firenze |via San Domenico 103/A | tel. 055 580812 – 348 0369036 | 7rossovini.it

Al Fresco dell'Hotel Minerva a Firenze

Al Fresco - Hotel Minerva

Rinnovato negli spazi quanto nella proposta gastronomica, con il nuovo chef Tommaso Calonaci da circa un anno al timone della cucina, il Grand Hotel Minerva può essere considerato il più antico albergo – in senso contemporaneo - di Firenze, dato che già nel '700 era adibito a quest'uso. Una struttura asimmetrica, singolare e molto affascinante, con un affaccio strepitoso su Santa Maria Novella. Proprio qui, nella terrazza Al Fresco, si trasferisce nei mesi estivi La Buona Novella Bistrot Italiano. La proposta è ampia riunendo in uno stesso spazio classici toscani - cacciucco in testa - e piatti del bistrot, semplici e gustosi (da tortelli di patate al ragù con pecorino di fossa alla quinoa con verdure yogurt), fino alla proposta più creativa ricca di contrappunti e suggestioni eterogenee.

Firenze | Piazza di Santa Maria Novella, 16 | tel. 055 27230 | www.grandhotelminerva.com/it/ristorante-firenze_bistrot-al-fresco

B-Roof Hotel Baglioni a Firenze

B-Roof Hotel Baglioni

A due passi dalla Stazione di Santa Maria Novella, un posto per certi versi storico della città, che si è rinnovato dopo trent’anni dall’ultima ristrutturazione. In inverno già è bello cenare per la vista panoramica, ma in estate si fa apprezzare ancora di più per il pergolato di vite americana e per la loggia che accoglie l’American Bar. In cucina opera da sempre Richard Leimer, italianissimo nonostante il nome, che propone piatti della tradizione toscana ma anche dei classici oramai quasi scomparsi come la galantina di pollo con giardiniera e salsa bernese. i sono poi primi insoliti come gli gnocchi al limone e frutti di mare con crema di ceci, secondi di pesce alla moda come il tonno piastrato con verdure croccanti e riduzione di sakè. Non manca la sensibilità rivolta a chi è attento ai valori nutrizionali e alla linea, con il menu Benessere. Carta dei vini impostata su prodotti sicuri.

Baglioni Grand Hotel | Firenze | piazza dell'Unità Italiana, 6 | tel. 055 23580 | www.hotelbaglioni.it/it/ristorazione-bar

Buonerìa a Firenze

Buonerìa

Nata dalle ceneri del Fosso Bandito, tra i primi esempi cittadini di recupero di strutture abbandonate, è il locale che ha rappresentato la rinascita dell'area del Parco delle Cascine, il polmone verde della città. E grazie alla presenza di posti dove trascorrere la serata, ha ripreso quota tra i fiorentini la frequentazione di questo luogo. La pizzeria oggi vede la supervisione di Antonio Starita, famosissimo a Napoli e non solo. Tra le proposte, oltre alla tradizionale, ci sono anche la pizza fritta e il cuoppo napoletano, ovvero il popolare fritto misto partenopeo, ma non manca qualche piatto per chi ha voglia di mangiare qualcosa di diverso. In estate si sosta nell’immenso Beer Garden, dove si servono le pizze comunitarie, particolarmente adatte agli incontri conviviali, oppure ci si siede in terrazza per gustare anche qualcosa al bar o nella “Piazza”, dove viene proposta la scelta usuale di pizze e specialità napoletane del ristorante.

Buonerìa | Firenze | via del Fosso Macinante, 4 | tel. 055 365500 

Chalet Fontana a Firenze. Foto di Bedarumica

Foto di Bedarumica

Chalet Fontana

Uno dei luoghi storici fiorentini, frequentato da artisti, scrittori e pittori che trovavano sollievo dal calore estivo in questo caffè sul viale dei Colli. Nel corso degli anni ha avuto varie gestioni, l’attuale lo ha riportato a una proposta valida e completa anche grazie al nuovo chef Luigi Buonadonna. Il Caffè oggi è riservato agli aperitivi della sera, ma una volta durante tutto il giorno gli artisti sostavano per discutere animatamente: per questo motivo la sala che ospita incontri e conferenze è stata dedicata a Ottone Rosai. In estate si mangia in veranda o in un giardino, dove ha sede anche un orto biodinamico gestito da un’associazione di zona. La cucina è valida, concreta, con piatti non usuali come lo sgombro marinato allo scapece con verdure in agrodolce e crema aglina, rivisitazioni della tradizione come tortelloni di pappa al pomodoro, briciole di pane e salsa al basilico, sicurezze garantite come il trancio di branzino spadellato con salsa di lattuga. Non poteva mancare un menu degustazione vegetariano, oltre a quello di carne e di pesce. Servizio disimpegnato e carta dei vini con alcune chicche piacevoli.

Chalet Fontana | Firenze | Galileo, 7 | tel. 055 2280841 | www.chalet-fontana.it

Le follie di Romualdo a Firenze. Foto di Luca ManagliaFoto di Luca Managlia

Le follie di Romualdo

Conclusasi l'esperienza al Mercato CentraleRomualdo Rizzuti (Tre Spicchi per la guida Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso)rimane a Firenze per dare vita al suo nuovo progetto: Le follie di Romualdo. Due forni a legna e due postazioni, una per le pizze – classiche ma non solo, come lascia presagire l'insegna - e l'altra per calzoni e panuozzi. Non manca anche una proposta di cucina, di chiara ispirazione partenopea. Tanta ricerca, per farine, impasti e condimenti e un ambiente rilassato in un casale appena fuori dal centro abitato, che, in più, gode di una bella terrazza al piano superiore.

Le follie di Romualdo | Firenze | viale Europa, 8 | tel. 055 6802482 | www.facebook.com/lefolliediromualdo

Gurdulù a Firenze

Gurdulù

In un quartiere come quello di Santo Spirito, invaso dai turisti che lo prendono d’assalto sin dal mattino e dove i locali si succedono uno accanto all’altro senza soluzione di continuità, ecco che Gurdulù è riuscito a ricavarsi un proprio spazio ben definito, grazie ad una proposta mai banale. Qui si parte con un aperitivo interessante, preparato nella zona cocktail bar, dove poi si può di nuovo accedere a fine cena per un after dinner di livello. Nel mezzo, si mangia in estate nella bella corte interna, sufficientemente aerata, con proposte gastronomiche curate dallo chef Gabriele Andreoni che da circa un anno è alla guida della cucina. Si può partire con zucchine, fave tonka, gamberi rossi burrata e zafferano, proseguire con gli spaghetti al tè nero, riccio, ciliegie e uova di salmone. Continuando poi con l’anatra cucinata con kumquat, capperi carote e wasabi. Anche i dolci non sono affatto scontati, come la pesca bianca servita con pompelmo bianco, cioccolato bianco e zenzero. Carta dei vini divertente, dai ricarichi corretti.

Gurdulù | Firenze | via delle Caldaie, 12 | tel. 055 282223 | www.gurdulu.com

La Loggia a Firenze

La Loggia

In agguato la sindrome di Stendhal per chi arriva qui, in un posto che mette a dura prova gli amanti del bello. Siamo su piazzale Michelangelo, anzi appena sopra, e la vista è paradisiaca. Dallo scorso anno i fratelli Caprarella - ristoratori a Firenze da più di trent’anni e proprietari di locali come la pizzeria Fratelli Cuore alla Stazione o la Grotta Guelfa vicino a piazza della Repubblica - hanno puntato su uno dei posti più belli della città, cercando di proporre una cucina classica, ben confezionata, partendo da materie prime di alta qualità, utilizzando carne e pesce in egual misura. Qualche esempio? Per iniziare insalata di petto di faraona cotto a bassa temperatura con caponata di pane, pomodoro e melanzane sottolio con emulsione di olio al basilico, o insalata di seppie grigliate con julienne di finocchi, sedano e mandorle tostate. Come primi, cannelloni ripieni di gambero, melanzane e scamorza in guazzetto di pomodorini e frutti di mare o risotto di tartufi di mare e vongole veraci, crema di basilico e julienne di seppie grigliate. Bistecca tra i secondi, ma anche il coniglio ripieno ai gamberi con ceci sgranati alla maggiorana ed emulsione di bisque di crostacei. Carta dei vini con buona scelta di etichette ben conosciute

La Loggia | Firenze | piazzale Michelangelo, 1 | tel. 055 234 2832 | ristorantelaloggia.it

Hotel Lungarno a Firenze

Hotel Lungarno

Ha riaperto ai primi giugno a seguito di un restyling durato sei mesi, l’Hotel Lungarno con i suoi ristoranti: il gourmet Borgo San Jacopo e il Lounge Bar Picteau. Per entrambi un affaccio sull'Arno e su Ponte Vecchio e uno spazio esterno in cui sostare godendo del fresco delle serate estive. La cucina di Peter Brunel è precisa. Un mix di slanci creativi, tecnica puntuale e richiami alla tradizione toscana (protagonista anche di un degustazione) che sa accontentare il pubblico più esigente, anche grazie al plus della ricca cantina (oltre 1000 etichette) alla proposta green e della carta dei dolci firmata anche da Loretta Fanella.

Hotel Lungarno | Firenze | Borgo San Jacopo, 26R | tel. 055 281661 | www.lungarnocollection.com

Molo 5 a Firenze

Molo 5

Uno spazio che ne vale 5, sul Lungarno Colombo, che fino alla metà di settembre riunirà il lampredotto di Lorenzo Nigro, la cucina giapponese di Koto Ramen, la pizza bio di Simbiosi, i panini di pesce del Polpaio e i drink del bar Rex. Ovviamente accompagnati da musica e dalla vista incantevole che si gode al tramonto dagli argini del fiume. Il “porto” di Lungarno Colombo oggi ricorda uno storico lido, che fa volare la fantasia, e ospita un'offerta gastronomica capace di accontentare un po' tutti, tra tradizione fiorentina, sapori isolani, drink e suggestioni esotiche.

Molo5 | Firenze | Lungarno Colombo, 27 | www.molo5firenze.it

Osteria della Pagliazza dell'Hotel Brunelleschi a Firenze

Osteria della Pagliazza – Hotel Brunelleschi

Tra le ultime novità da segnare in agenda per i gourmet fiorentini c'è l'arrivo al Brunelleschi di Rocco De Santis, già a ilVistamare dell'Hotel Fogliano di Latina, dove aveva conquistato le Due Forchette della guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso e la Stella Michelin, e prima, all'Osteria del Paese di Nocera Inferiore. La sua proposta gourmet è al Santa Elisabetta, al primo piano della torre bizantina della Pagliazza dove mette in scena un incontro elegante tra la tradizione toscana e quella campana. Ma è al piano terra, all'Osteria della Pagliazza, che si può mangiare all'aperto, nello spazio esterno pedonalizzato di piazza Santa Elisabetta, senza traffico né smog, in un'atmosfera suggestiva tra edifici storici. La cucina è toscana, con piatti adatti al periodo estivo, quindi accanto al vitello tonnato si trovano i tortelli di patate mugellani con spinaci e peposo della tradizione, il rollè di coniglio si accompagna alla peperonata e il pollo viene preparato con la salsa cacciatora. Non mancano menu vegani e vegetariani, mentre la scelta dei vini si basa essenzialmente sui prodotti toscani.

Hotel Brunelleschi | Firenze | Via de’ Calzaiuoli – Piazza Santa Elisabetta 3 | tel. 055 27370 | www.hotelbrunelleschi.it/ristorante-firenze

Quinoa a Firenze

Quinoa

Non è comune trovare, nel bel mezzo del centro storico, un ristorante che propone una cucina adatta anche ai celiaci. Ci ha pensato Simone Bernacchioni, titolare a Firenze di molti ristoranti. Che in questo luogo ha trovato una maniera più incisiva e interessante per esprimersi, pur rispondendo a diverse esigenze alimentari, con piatti vegetariani e vegani inseriti in un menu ampio ed equilibrato, con carne e pesce in molte ricette, oltre a verdure e frutta prettamente di stagione. La quinoa ricorre in varie pietanze come lo sformatino con verdure e crema di pane al coriandolo, ma ci sono anche i cavatelli alle vongole veraci e datterini, i paccheri con ragù napoletano, braciole e ricotta salata. Oppure gli zucchini ripieni di miglio serviti con friggitelli o un classico fritto misto di pesce. Buona scelta di birre artigianali e ristretta carta di vini con referenze sicure. In estate si mangia in mezzo al chiostro, adiacente alla chiesa di Santa Maria Maggiore, isolati dal traffico che scorre al di là delle mura.

Quinoa | Firenze | vicolo di Santa Maria Maggiore, 1 | tel. 055 290876 | www.ristorantequinoa.it

San Niccolò 39 a Firenze

San Niccolò 39

In quella che rappresenta oggi la vera “rive gauche” fiorentina, con una miriade di locali aperti nel corso degli anni, ecco una ristrutturazione ben riuscita. Il ristorante preesistente, il Filipepe, si è trasformato con la nuova gestione in posto gourmet, con piatti molto creativi e poco usuali. Da gustare nel chiostro interno piccolo e riservato dove è un piacere cenare in estate. In cucina lo chef Vieri Simoni, proprietario insieme ad Alfredo Palmieri, ha messo insieme la sua passione per i fornelli con quella per i viaggi. Ne sono nati piatti come la scomposizione di insalata greca, fregola all’arancio con ragù di ossobuco di vitella, midollo ghiacciato e profumo di caffè, il polpo in oliocottura e al vapore accompagnato da maionese di mango, salsa di rucola, maionese di colatura di polpo e foglie di cressabi. Fuori dagli schemi anche i dolci come la crema di lamponi, mousse di gorgonzola e miele, rucola e crumble di mirtilli. Carta dei vini curata da Ubaldo Pierazzuoli, sommelier di lungo corso ed esperienza, con referenze non comuni di piccoli produttori.

San Niccolò 39 | Firenze | San Niccolò 39/r | tel. 055 200 1397 | www.sanniccolo39.com

Santarosa Bistrot a Firenze

Santarosa Bistrot

Alla sua prima estate, visto che ha aperto ufficialmente a settembre del 2016, il Santarosa è un luogo aperto sin dal mattino per la colazione, circondati dal verde e dalle piante aromatiche che poi si ritroveranno anche nei piatti e nei cocktail. L'ambiente è vagamente shabby, con arredi scompagnati o di recupero che creano un'atmosfera intima e distesa, tra tavolini e sdraio in cui sostare per leggere un libro o rilassarsi fino a dopo cena, nel verde di un giardino nascosto nel quartiere San Frediano. Tante proposte green per il pranzo o la cena, e un programma di attività collaterali.

Santarosa bistrot | Firenze | lungarno Santarosa | tel. 055 230 9057 | www.facebook.com/santarosa.bistrot

Non dimentichiamoci, poi, gli spazi estivi che si rinnovano di anno in anno, dove trascorrere qualche ora all'aria aperta e sbocconcellare qualcosa. Per esempio la spiaggia urbana lungo l'Arno, Easy Living, dove tra sdraio e ombrelloni, c'è anche un'area riservata al cibo, Light Il Giardino di Marte, lo spazio estivo all’interno dei Giardini di Campo di Marte, Serre Torrigiani in Piazzetta, in piazza dei Tre Re, nascosta dietro piazza della Repubblica. O ancora La Toraia Lungarno, lo spazio estivo dell'azienda agricola di hamburger di chianina La Toraia, il Giardino dell'Artecultura all'Orticoltura o ancora Utopiko e la Festa del Mugello, con griglieria e area per i concerti.

 

a cura di Leonardo Romanelli

 

Mangiare all'aperto a Roma nell'estate 2017. 17 consigli da provare

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Non solo surgelata. Una mozzarella di bufala su 4 è halal per conquistare il mercato musulmano

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Oggi il 20% degli iscritti al Consorzio ha ottenuto le certificazioni necessarie per produrre una mozzarella di bufala rispettosa delle regole alimentari del Corano. E la produzione di bufala dop da caglio animale di origine halal ha superato i 10 milioni di chili all’anno. Ecco perché è una sfida importante. 

La bufala surgelata che fa discutere. Riassunto delle puntate precedenti

Surgelata sì, o no?”, è stato l’interrogativo che nelle scorse settimane ha coinvolto nel dibattito chef, pizzaioli, allevatori, produttori e addetti ai lavori, per cercare di dirimere quella proposta di modifica al disciplinare di produzione della mozzarella di bufala campana Dop che a molti non è andata giù. L’eco sulla stampa nazionale, al grido di “questa mozzarella surgelata non s’ha da fare”, ha infatti chiamato a interrogarsi sulla validità delle procedure di abbattimento del prodotto (principalmente per aumentarne il valore sul mercato estero, ma pure per contrastare l’italian sounding, ribadiva il Consorzio di tutela) soprattutto chi la bufala la usa tutti i giorni al ristorante, oltre al gran numero di consumatori che si affidano alla garanzia del marchio dop (ma ricordiamo che è importante non generalizzare) per portare in tavola una mozzarella che renda giustizia alla tradizione diffusa sul territorio campano. Polemiche e preoccupazione montate ben prima che le modifiche entrino in vigore, sottoposte a un lungo iter di approvazione, come ci raccontava il direttore del Consorzio Pier Maria Faccani.

 

Mozzarella di bufala halal

L’outsider del caso, a sorpresa, è la mozzarella halal, tipologia a marchio Dop realizzata nel rispetto delle leggi islamiche, e quindi adatta a essere consumata dai musulmani osservanti. Ecco, la sorpresa arriva dai numeri: mai come nel 2016 la mozzarella di bufala campana halal ha saputo difendersi sul mercato, con una produzione dedicata che ormai ha superato ampiamente i 10 milioni di chilogrammi (10.660.231 kg, per essere precisi), pari al 24% del totale delle mozzarelle in arrivo dai consorziati. Questo significa che 1 mozzarella su 4 a marchio Dop è certificata halal; e infatti sono un numero crescente i caseifici che si impegnano per ottenere la certificazione – oggi raggiungono il 20% degli iscritti – in tutta l’area della denominazione. Il prodotto così realizzato raggiunge un mercato estero molto proficuo, quello degli Emirati Arabi, ma accontenta anche il gran numero di consumatori musulmani che vivono in Italia e in Europa. Ma perché è importante distinguerlo? Le differenze sostanziali sono da ricercare durante il processo produttivo, quando un caseificio certificato si impegna a non utilizzare alcol per la pulizia degli impianti, e solo caglio di origine animale certificata halal; il controllo rigoroso dell’autorità in materia stabilisce inoltre l’assenza di sostanze che potrebbero “contaminare” il prodotto finale, infrangendo le regole del Corano.

 

Il mercato halal è una risorsa per crescere

Uno sforzo d’aggiornamento necessario per conquistare un mercato potenziale in ascesa: circa 2 miliardi di persone oggi, in forte aumento entro il 2030, quando i consumatori musulmani peseranno sui consumi globali al 26% del totale. E infatti tempo fa l’idea di monetizzare la gestione di questa nicchia di consumo è venuta a due studenti milanesi, che hanno perfezionato un’applicazione presto disponibile online. Occorre inoltre ricordare che in molti Paesi Islamici il marchio halal costituisce una prerogativa indispensabile per l’entrata e la commercializzazione di alcuni generi alimentari. E per la mozzarella di bufala dop questo è un canale importante per perseguire quella crescita di fatturato che è tra gli obiettivi del prossimo triennio. Certo, almeno stavolta, il bollino halal fa gridare meno allo scandalo di un comune prodotto surgelato. 

 

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare lungo la via Francigena. Quinta tappa: da Fidenza a Pontremoli

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Siamo alla quinta tappa del cammino lungo la via Francigena: alla scoperta, questa volta, della Valle del Taro e della Lunigiana. Come sempre, lungo il percorso, le migliori trattorie, pizzerie, locali di street food, bar e pasticcerie per il ristoro dei viaggiatori.

La quinta tappa: da Fidenza a Pontremoli

L’itinerario che va da Fidenza a Pontremoli è uno dei tratti più adatti per coloro che amano la natura, ma anche fra i più impegnativi dal punto di vista fisico: sia per i diversi percorsi che attraversano i boschi, sia per la pendenza delle salite che portano al Passo della Cisa, da oltrepassare per arrivare in Lunigiana. All’interno le tappe Fidenza - Fornovo (34 km), Fornovo - Cassio (20,9 km), Cassio - Passo della Cisa (19,2 km), Passo della Cisa - Pontremoli (19,3 km).

Passo della Cisa, fra Emilia Romagna e Toscana. Foto di Marco GiovannelliPasso della Cisa, fra Emilia Romagna e Toscana. Foto di Marco Giovannelli

Da Fidenza a Fornovo

Conclusa la quarta tappa della nostra guida alla via Francigena, pochi chilometri dopo Fidenza in direzione sud ci si inoltra nel Parco Fluviale del Taro, dove si incontreranno diversi borghi dotati di antiche pievi: chiese rurali con battistero adibite alle funzioni religiose, spesso con masserie annesse, architetture molto diffuse in questa zona. La prima che i camminatori avvisteranno è la chiesa San Tommaso Becket, a Cabriolo, conosciuta anche come Pieve di Cabriolo: un edificio ammantato di mistero, che già prima di essere intitolata all’arcivescovo inglese ucciso - probabilmente - per volere di Enrico II nel 1170, era una mansio templare. Furono i marchesi Pallavicino - ma, anche in questo caso, non è accertato storicamente - a donare le terre ai cavalieri dell'Ordine dei Templari, che ricostruirono il piccolo edificio religioso preesistente in stile romanico. Inoltre, intorno al 1200, accanto al luogo di culto fu edificato un ospedale per i pellegrini che percorrevano la vicina Via Francigena.

Il tratto parmense di questa antica direttrice, conosciuta come strada di Monte Bardone, era un passaggio obbligato per il valico dell'Appennino tra Emilia e Toscana in epoca medievale, nonché uno dei maggiori punti strategici di tutto l’asse viario della penisola: migliaia e migliaia di pellegrini hanno soggiornato qui dal Medioevo in poi.

Proseguendo il cammino, dopo Cabriolo si costeggeranno i resti del castello di Costamezzana, sovrastati dalla torre circolare risalente all’XI secolo circa: da qui inizia una zona ricca di salite e scollinamenti fino a Ramiola, frazione del comune di Medasano, dove si trova il ponte che permette di oltrepassare il fiume Taro e arrivare a Fornovo di Taro.

Da Fornovo a Cassio

Tra le attrattive più importanti di Fornovo ci sono il Castello di Carona e la Pieve di Santa Maria Assunta, oltre alla bellezza paesaggistica dei dintorni. Lasciato il centro, ecco la parte più complessa di questa quinta tappa: inizia qui, infatti, la salita che porterà i pellegrini al Passo della Cisa.

Dopo un primo segmento di provinciale lungo la Val Sporzana si arriva ai piedi di Bardone e Terenzo, due piccoli borghi contraddistinti da altrettante pievi: poi una salita più ripida e impervia condurrà a Castello di Casola, frazione del comune di Terenzo, che annovera diverse rovine medievali. Il percorso si inoltra in saliscendi tra boschi di conifere e zone più pianeggianti fino a Cassio, da dove si può osservare il suggestivo panorama della Lunigiana. Non sottovalutare questo antico borgo medievale: oltre a percorrere la strada lastricata in pietra, già calcata da generazioni di pellegrini, Cassio annovera diverse opere architettoniche come la seicentesca Chiesa dell’Assunta - che custodisce affreschi risalenti al 1400 raffiguranti San Giovanni Battista e San Benedetto - la Chiesa di San Prospero (XI secolo) e Villa Nevicati (primo '800).

Da Cassio al Passo della Cisa

Appena 13 chilometri dopo Cassio, un piccolo gioiello in pietra darà il benvenuto ai visitatori che si preparano ad affrontare il tratto più impegnativo di tutto l’itinerario: quello che porta alla vetta al Passo della Cisa. Si passa per Berceto, caratteristico borgo immerso nella valle del torrente Manubiola, luogo strategico proprio per la sua posizione sulla via Francigena. Le sue origini risalgono all’VIII secolo: fu il re Longobardo Liutprando a far edificare prima un monastero nella valle e, più avanti, alcune case che permisero alla comunità monacale di allargarsi. Diversi i luoghi da visitare a Berceto: il Duomo di S.Moderanno, sintesi di stili vari come il romanico, il longobardo e il rinascimentale; il suo Castello, datato 1221 e immerso in un parco archeologico; l’insediamento medievale della frazione di Corchia, risalente al XII secolo. È indispensabile rifocillarsi qui, prima di attraversare il valico appenninico intorno ai mille metri di altitudine. Niente paura: la splendida vista sulla Lunigiana che il Passo della Cisa offre ripagherà anche il più pigro dei viaggiatori.

Dal Passo della Cisa a Pontremoli

Il Passo della Cisa era una sorta di spartiacque geografico - ma anche psicologico e culturale - per i pellegrini che si incamminavano sulla via Francigena: oltrepassato l’attuale confine fra Emilia Romagna e Toscana, ci si inoltrava in un’atmosfera più “mediterranea”, seguendo il percorso del fiume Magra in direzione del mare. Dai 1100 metri del Passo, l’itinerario prosegue su sentieri pianeggianti e discese ripide, attraversando graziosi borghi come Groppodalosio, Casalina e Topelecca, e costeggiando il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Continuando su una mulattiera in direzione sud si arriva nel cuore della Lunigiana: da qui si scorgono anche i celebri monti di marmo del territorio carrarese, che fanno parte della catena delle Alpi Apuane.

Manca pochissimo alla conclusione di questa quinta tappa che vede come zona arrivo Pontremoli: una centro urbano che vanta interessanti vicende, distrutto e ricostruito più volte, da sempre conteso fra le città di Parma, La Spezia e Massa. Questo gli ha permesso di sviluppare un’identità del tutto peculiare, frutto della mescolanza delle diverse culture locali, ma anche del prezioso apporto dei viaggiatori sulla via Francigena. Ci sono diverse ipotesi sull'origine di Pontremoli, quella più affidabile fa corrispondere il borgo alla leggendaria Apua, capitale dei Liguri Apuani, mentre pare che il suo nome derivi dall’espressione ponte tremulus, in riferimento a un ponte sul fiume Magra che esisteva già ai tempi di Enrico VI, nel 1165.

Oggi Pontremoli è una vivace cittadina di circa 7 mila abitanti, che conserva un forte legame storico e culturale con la sua storia medioevale, come testimonia anche Medievalis, una delle più accurate rievocazioni storiche che ricorda l’arrivo di Federico II in città (1226), e che si tiene ogni anno alla fine di agosto. Attraversate i suoi celebri ponti: il Ponte della Cresa, conosciuto anche come Ponte di San Francesco di Sopra che, con i suoi quattro archi in pietra, sovrasta il fiume verde; ma anche il Ponte del Casotto, con l’omonima Torre, due simboli di Pontremoli. L’entrata della città era sorvegliata da questa torre risalente al 1300, chiamata anche Torre Serratti.

Da non perdere anche la barocca Cattedrale di Santa Maria del Popolo, edificata nel XVII secolo, ma anche il Castello di Piagnaro, parte integrante del sistema difensivo della città assieme alle mura e alle torri. Infine, è d’obbligo una visita alla Chiesa di San Pietro, dove si trova il “Labirinto della via Francigena”, una lastra di pietra con una preziosa incisione che riproduce un labirinto fatto di undici cerchi, uno dei simboli principali dell’intero percorso italiano: metafora della fatica e delle difficoltà che il cammino fisico - ma anche quello spirituale - comporta, prima di gioire per aver conquistato la meta.

CONSIGLI DALLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2017

Locanda Mariella (Calestano)

Un indirizzo per chi cerca la cucina casalinga, genuina e saporita. Si inizia con gli antipasti, frutto di una selezione personale dei proprietari, ma si può anche passare subito ai primi, punto forte del locale. Dalla cucina arrivano piatti abbondanti, dai sapori precisi e puliti. Interessanti anche i dolci, classici e golosi. Ricca la carta dei vini, con referenze regionali ma anche nazionali e qualche etichetta più rara. Due Gamberi nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

Osteria di Fornio (Fidenza)

Un’osteria storica attiva fin dagli anni ‘20 del secolo scorso dove si può cenare nelle salette intime, nel dehors ma anche nella cantina, tra salumi appesi e grandi bottiglie, sia italiane che francesi. La carta è una vetrina delle eccellenze emiliane, con un occhio di riguardo per i prodotti della provincia di Parma, trattati con grande maestria e rispetto. Ampia la sezione dolci della casa. Menu degustazione con un ottimo rapporto qualità prezzo. Due Gamberi nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

Trattoria dai Sibani (Fidenza)

Un locale in grado di far sentire a proprio agio qualunque tipo di commensale, con un’atmosfera accogliente e familiare. Punto forte della cucina la pasta fresca, realizzata in molte varianti e con ripieni sia classici che creativi, ma antipasti e taglieri non sono da meno. Interessanti anche i secondi, legati alla gastronomia parmense, ma con qualche spunto fantasioso. Dalla cantina soprattutto Lambrusco. Due Gamberi nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

CONSIGLI DALLA GUIDA PIZZERIE D’ITALIA 2017

Corchia (Berceto)

La pizza cotta al testo diventa un prodotto di qualità, profumato e altamente digeribile. Le farine sono locali, i topping creati con materie prime da filiera corta, le cotture impeccabili. Dal menu, oltre a un ampio elenco di pizze, anche buoni piatti della tradizione emiliana. Da bere birre artigianali. Uno Spicchio nell’edizione 2017 della guida Pizzerie d’Italia.

CONSIGLI DALLA GUIDA STREET FOOD 2017

Bar centrale (Collecchio)

Se amate i toast, questo è il posto che fa per voi. Mauro Bersanelli li realizza a regola d’arte dal 1978 ed è sempre rimasto un punto di riferimento per chi vuole fare un pranzo o uno spuntino veloce, ma non per questo poco gustoso. Il pane è preparato da un forno di fiducia, mentre gli ingredienti per la farcia sono locali e molto vari. Il toast si può mangiare accompagnandolo con una birra artigianale o con una selezione di bollicine, sia italiane che francesi.

CONSIGLI DALLA GUIDA PASTICCERI&PASTICCERIE 2017

Luca Ori Pasticcere (Noceto)

Luca Ori ha un curriculum di tutto rispetto: diplomato alla Etoile Accademy, ha esperienza da Maison Wittamer a Bruxelles e infine da Luigi Biasetto. Nella pasticceria di Noceto sforna brioches, croissant, madeleine e mignon di ogni tipo (quasi) a ogni ora del giorno. Ma sono le torte a mettere in mostra le capacità del pasticcere, da quelle da credenza a quelle da frigo, in cui spiccano l’armonia dei sapori e la bellezza delle forme. Non perdete i dolci delle feste, golosi e invitanti. Una Torta nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

Tabiano (Salsomaggiore terme)

Una ricerca, quella di Claudio Gatti, tutta tesa verso la piacevolezza, il gusto, ma anche verso una pasticceria che sia sana e leggera. I suoi grandi lievitati, che chiama focacce, sono tra i più famosi d'Italia, sia nelle versioni classiche che in quelle più originali. Questo è il regno della creatività, supportata da prodotti di altissimo livello: si può fare colazione con un caffè aromatico e robusto, accompagnato da fragranti lieviti, brioches, mignon, ma anche da fette di torta, semifreddi e biscotti. Inoltre, una sezione particolare è dedicata proprio all’antico percorso dei pellegrini: i dolci della via Francigena, con cui Gatti rispolvera ricette antiche regalando loro vita nuova. Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

CONSIGLI DALLA GUIDA BAR D’ITALIA 2017

Tosi (Salsomaggiore Terme)

La celebre focaccia Tosi la trovate qui dal 1965. Oggi accanto a Renzo Tosi ci sono anche le figlie Michela e Lorenza, che dal padre hanno appreso non solo i segreti del mestiere ma anche la passione. Si parte da caffè ben estratti, da accompagnare con croissant, veneziane e treccine, ma anche muffin gluten free o brioches vegane; poi ci sono i grandi classici, dai biscotti tradizionali alle torte; infine, nelle giornate più fredde le cioccolate calde, cavallo di battaglia del locale. Da qualche tempo la domenica mattina si sforna pane con farine macinate a pietra. Due Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

indirizzi

Bar centrale | Collecchio (PR) | viale Libertà, 2 | tel. 0521 805346 | www.facebook.com/pages/Trattoria-Corchia

Corchia | Berceto (PR) | loc. Corchia,19/b | tel. 0525 61814

Locanda Mariella | Calestano (PR) | fraz. Fragno, 59 | tel. 0525 52102 | www.facebook.com/pages/Locanda-Mariella

Luca Ori Pasticcere | Noceto (PR) | via dei Mille, 9 | tel. 0521 628517

| www.pasticcerianoceto.parma.it

Osteria di Fornio | Fidenza (PR) | loc. Fornio, 78 | tel. 0524 60118 | www.osteriafornio.it

Tabiano | Salsomaggiore terme (PR) | viale alle Fonti, 7 | tel. 0524 565233 | www.pasticceriatabiano.it

Trattoria dai Sibani | Fidenza (PR) | fraz. Ferranda Chiusa, 4 | tel. 0524 522492 | www.facebook.com/TrattoriaDaiSibani

Tosi | Salsomaggiore Terme (PR) | parco Giuseppe Mazzini, 5 | tel. 0524 577066 | www.pasticceriatosi.it/it/homepage

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

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Apre il SeaFront Pasta Bar a Napoli. Con le paste Di Martino e le ricette di Peppe Guida

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C'è voluto tempo per perfezionare il format, ottenere i permessi, e completare il locale, proprio nel cuore di Napoli. Ma da qualche tempo lo store Di Martino presenta a napoletani e turisti a spasso per la città 126 formati di pasta di Gragnano. E ora inaugura il pasta bar: 15 ricette di Peppe Guida, e due menu degustazione tutti a base di pasta. E lo spaghetto con scarpetta da passeggio. 

Gli store della pasta. A Napoli e nel mondo

Alla serata inaugurale, il 31 luglio, dietro ai fornelli c'era Peppe Guida, il re della pasta celebrato sulla copertina di agosto del mensile del Gambero Rosso e recentemente protagonista su Gambero Rosso Channel di Bolle in Pentola, con Laura Ravaioli. Del resto, all'antica Osteria Nonna Rosa la pasta nel piatto è solo quella del Pastificio dei Campi di Gragnano, di cui è ambasciatore nel mondo. E del progetto Pasta Bar, in piazza Municipio a Napoli, è uno degli ispiratori e protagonisti. SeaFront Di Martino Pasta Bar è l'ultima invenzione di Giuseppe Di Martino, pastaio di terza generazione e fulgido esempio di imprenditoria del cibo made in Italy (l'ultimo “affare” è l'acquisizione, all'inizio di maggio, della quota di maggioranza di Grandi Pastai Italiani, player della produzione di pasta fresca; tre anni fa, invece, l'acquisto del Pastificio Amato), che nasce nel cuore della città all'interno dello store del pastificio inaugurato a maggio con grande successo di pubblico, napoletano e non. Il format, infatti, fa capo a un progetto di più ampio respiro riassunto sotto il marchio Di Martino Air, per l'esportazione nel mondo di un modello di pasta store e pasta bar che sin dall'inizio ha contemplato un'espansione su vasta scala, con 35 aperture in programma nei principali scali aeroportuali internazionali per valorizzare la pasta di Gragnano Igp. Il primo apriva nell'autunno 2015 a Capodichino, mentre più di recente, lo scorso febbraio, il pasta store monomarca ha esordito a Bologna, all'aeroporto Marconi (in programma anche Roma e Venezia).

 

Il negozio. 126 formati di pasta secca da scoprire

Ma è certamente il punto vendita nel centro di Napoli, con le sue 126 trafile ordinate sugli scaffali per la gioia degli appassionati della pasta secca, a costituire il modello vincente per quello che sarà lo spazio del Pastificio all'interno della Fabbrica Italiana Contadina di Eataly World, dove Di Martino potrà contare su una “fabbrica” dedicata. In piazza Municipio, lo store ha inaugurato lo scorso maggio, dapprima con la proposta retail, in attesa di presentare – alla fine di luglio - la versione più completa del format rodato negli aeroporti, con possibilità di degustazione take away (lo spaghetto to go) e un bar ristorante con cucina a vista per sperimentare in tranquillità le moltissime ricette elaborate negli ultimi anni da Peppe Guida. Che proprio un paio di giorni fa si è ritrovato a porte chiuse al nuovo SeaFront in compagnia dei più celebri pizzaioli della città, per una sera orfani della pizza, e ben felici di prestarsi a celebrare un altro simbolo della tradizione gastronomica campana: la pasta. Quella di qualità, condita alla perfezione. In vendita, dunque, tante confezioni di pasta (anche la linea biologica e quella integrale) dal caratteristico involucro blu, e poi confezioni regalo in scatola di latta retrò, una linea di piatti in ceramica su disegno esclusivo, e tanti oggetti di merchandise, dai grembiuli ai gadget legati all'universo della pasta. Nulla è stato lasciato al caso, compresa la guida con i consigli per l'uso, in italiano e inglese, che incoraggia a rispettare il prodotto, e per i più pedanti propone l'abbinamento ideale formato-ricetta.

Il pasta bar con le ricette di Peppe Guida. E la Devozione da passeggio

L'idea del pasta bar a tu per tu con i cuochi, invece, discende direttamente dalle serate Indovina chi viene a cena del Pastificio dei Campi, come ha raccontato lo chef durante la serata inaugurale: “Il format va fortissimo. Perché non replicarlo per il grande pubblico? L'idea è quella di trasmettere la tradizione della nostra Campania”. E scommette molto anche sull'esperienza didattica dell'avventore, - “un'esperienza metropolitana, dove la pasta ha la dignità di un piatto di alta gamma”, dice Di Martino - che mentre aspetta di mangiare potrà carpire i segreti per l'esecuzione impeccabile di un buon piatto di pasta, con formati spesso ignorati nella dispensa di casa. La supervisione, chiaramente, resta affidata a Guida (date un'occhiata ai suoi consigli per acquisto, preparazione e cottura della pasta), ma a condurre la brigata ci sarà ogni giorno Pierpaolo Giorgio, “una mano molto felice con la pasta, da tre mesi da Nonna Rosa proviamo ricette di pasta da colazione a cena”. In carta una quindicina di proposte – 3 di carne, 3 di verdure, 3 dall'orto, 3 di tradizione, 3 dolci, uno a base di pasta - e due menu degustazione per i più curiosi; 24 posti in tutto, secondo la formula del banco bar (due chef in cucina, per ognuno 12 ospiti da seguire), e vista sul mare (seafront) dal piano rialzato dello store, dove trova spazio anche un tavolo dello chef. Un assaggio su tutti? Lo Spaghetto Antico Scarpariello 2017, con pomodorini e zuppa di pomodoro acerbo, cotto in zuppa di foglie di pomodoro. In abbinamento una selezione rigorosa di etichette di vino. Per chi non ha tempo di fermarsi, invece, lo spaghetto to go al pomodoro in box da passeggio - la Devozione - corredato di pane per la scarpetta: 130 grammi a 5 euro. E ci tocca dirlo di nuovo: nulla è lasciato al caso. “Essere a piazza Municipio 1, per me, è un orgoglio fantastico”, chiosa Giuseppe Di Martino.

 

Seafront Di Martino Pasta Bar | Napoli | piazza del Municipio, 1 | tel. 0811 8496287

 

a cura di Livia Montagnoli

Nuove aperture d'estate 2017 a Milano. L’Orto di Lume con Taglienti e il raddoppio di Berberè

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Nuove sfide, raddoppi e spazi all’aperto per l’estate in città. Ultime novità da Milano, con il giardino di design di Lume, il take away e delivery gourmet di Orticello, l’esordio della cucina con cocktail bar di Dabass. E a ottobre i fratelli Aloe portano la pizza di Berberè sui Navigli. 

L’Orto di Lume con la voliera

Milano, agosto e il solleone. Alla lunga infilata di chiusure per ferie, preferiamo decisamente le nuove aperture. O il vento di novità che porterà qualche sorpresa il prossimo autunno. Certo, il mese che conta più saracinesche abbassate per manifesto abbandono di fornelli e registratori di cassa in vista dell'agognato riposo non fa lo sconto neppure tra le strade infuocate del capoluogo lombardo, dove molti si preparano alle vacanze. E allora, per scoprire il nuovissimo giardino di Lume (Due Forchette e 88 punti sulla guida Milano del Gambero Rosso e Una Stella Michelin), la convincente tavola d'autore affidata al talento di Luigi Taglienti nello spazio di design di via Giacomo Watt, c'è tempo fino al 13 agosto (altrimenti se ne riparla dopo il 28 del mese). L'Orto di Lume ha inaugurato appena una settimana fa: il bianco, fil “rouge” dell'intero progetto curato da Monica Melotti, la fa da padrona anche all'aperto, nello spazio curato dove trovano posto i tavoli circondati dal verde, tra piante di pomodoro, alberi di limone e un melo a spalliera che cresce lungo la parete, come in un giardino all'italiana di impronta contemporanea, con la struttura in ferro di un gazebo total white che simula la suggestione di una voliera dei piaceri. Che in questo caso sono quelli della cucina ricercata di Taglienti, dal Quadro di Liguria con gamberi viola in trasparenza, zucchina trombetta e caviale al Risotto alla spremuta di radice fresca di curcuma, pepe nero selvatico e polvere di alloro, alla Pesca al pomodoro con zuppa di funghi estivi. Sotto la voliera trovano posto quattro tavoli da 4, che portano la disponibilità di coperti totale del ristorante a 56. Almeno fino a quando la stagione consentirà di servire la cena anche in giardino. Poi, l'Orto, riaprirà nella primavera 2018.

Orticello. Take away e delivery gourmet

Da qualche mese, invece, è cominciata l'avventura di un piccolo laboratorio del gusto, solo cucina, banco frigo e scaffali per il take away. Si chiama Orticello, e l'insegna anticipa la missione di Cristina Chiusano e Alessandra Schatzinger, una chef e una ristoratrice con diverse esperienze alle spalle, che insieme hanno ideato lo spazio e il progetto di viale Monte Nero, non distante da Porta Romana. Il focus della cucina cade su ingredienti di qualità, piatti sani e leggeri che possano accompagnare la giornata di chi entra in negozio, dalle 10.30 fino alle 21, per farsi ingolosire dalle proposte del giorno. Dietro c'è la ricerca di una cuoca creativa che conosce bene la tradizione italiana – e quella piemontese che è nel suo Dna – e la presenta con originalità, anche sotto forma di collezioni stagionali: zuppe, zuppette e vellutate, ravioli da passeggio, fritti o bolliti, con tanti ripieni diversi, insalate creative, piatti pret a porter, dal roast beef tonnato al polpo croccante al Pernod su crema di ceci. Le proposte di agosto? Gazpacho di pomodoro e melone, insalata di finocchi e pesche allo yogurt, tacchinella agli agrumi con patate novelle al forno, gelee di anguria ai frutti rossi e molto altro. E la formula si presta anche al delivery gourmet, consegna a domicilio, a casa o in ufficio, per colazione, pranzo, cena. Fino al servizio catering, su prenotazione. E c'è anche qualche posto a sedere. Attenzione però: tra qualche giorno si chiude per le ferie d'agosto.

 

Dabass. Cocktail e cucina

Fresco d'apertura, non molto distante, ma in direzione sud rispetto a Porta Romana, ecco Dabass, “giù da basso”, come suggerisce il dialetto. La formula è quella della cucina con cocktail bar che sta facendo proseliti in tante città d'Italia (a questo proposito si aspetta a giorni l'inaugurazione del Wooding Bar, ma per bere e mangiare di qualità è arrivato anche Champagne Socialist). Si mangia quel che è di giornata, poche proposte che cambiano spesso: un numero limitato di ingredienti nel piatto, di qualità, erbe aromatiche e spezie. Disponibile anche la degustazione di quattro tapas. Piccola cucina a vista, dietro la bottigliera a parete, e atmosfera retrò con arredi di modernariato. Altrettanto ridotta la carta dei vini, mentre ai cocktail ci pensa Robi Tardelli (già in azione al MAM, Milano Amore Mio). Si mangia anche al banco.

DesinoLento

Piccola parentesi per un'apertura che recentissima non è – nella corte nascosta al passaggio di via Filippo Turati 6 si mangia già dal mese di maggio – ma sta cominciando a far parlare di sé. DesinoLento è il progetto di ristorazione rilassata e d'autore affidato alla cucina di Domenico della Salandra, fino all'anno scorso da Taglio, e in passato consulente di diversi progetti gastronomici, oltre che docente di cucina. L'insegna ha un'anima gemella in largo Zandonai, con pizzeria, in realtà molto diversa dalla nuova arrivata. Nella corte di via Turati, invece, grandi vetrate rivelano una sala curata, pareti scure, tavoli in legno chiaro, orchidee e uno scenografico bancone del bar. Aperto a pranzo e fino all'ora dell'aperitivo, da settembre dovrebbe esordire il servizio serale, anche per eventi e cene a 4 mani; il menu è breve, con proposte legate alla tradizione del territorio e qualche spunto creativo per l'aperitivo, da accompagnare con cocktail o bollicine. Dalla carta, che cambia secondo disponibilità di mercato, carne celtica con fondo bruno e ciliege al pepe, baccalà mantecato con erba cipollina e nero di seppia, riso Milano con midollo e pistilli di zafferano, coniglio con erbe miste e prugne secche. In sala c'è Davide Mingiardi.

Berberè sui Navigli

Apriamo il capitolo pizza, di cui ormai a Milano sembra sempre più necessario tener conto, per un’anticipazione che ci proietta all’inizio dell’autunno. Il 5 ottobre inaugura in via Vigevano il secondo locale in città di Berberè. E si sa che i fratelli Aloe sono piuttosto precisi con le scadenze: a distanza di un anno dall’esordio milanese a Isola, il duo bolognese della pizza a degustazione raddoppia sui Navigli, chiudendo un 2017 cominciato in corsa – con la sfida londinese di Radio Alice – e proseguito altrettanto spedito. Così dopo l’esordio romano e la seconda apertura a Londra solo qualche settimana fa, la pizza di Berberè punta un’altra bandierina al Nord, ancora una volta in uno dei quartieri della movida cittadina, non molto distante da Olio a Crudo, la pizzeria che Gino Sorbillo ha aperto un anno fa a Tortona. Ottanta coperti e una ristrutturazione in corso nei locali dell’ex ristorante giapponese che occupava il civico 8. E la mappa della pizza meneghina si complica.

 

L'Orto di Lume | Milano | via Giacomo Watt, 37 | tel. 02 80888624 | pranzo e cena | www.lumemilano.com

Orticello | Milano | viale Monte Nero, 22 | tel. 02 83549655 | www.orticellotakeaway.it

DesinoLento | Milano | via Filippo Turati, 6 | tel. 02 36630509 | www.desinolento.com

Berberè | Milano | via Vigevano, 8 | dal 5 ottobre | www.berberepizza.it 

Dabass | Milano | via Piacenza, 13 | tel. 02 45371120 | solo a cena  

 

a cura di Livia Montagnoli

Vendemmia 2017. Nostra inchiesta su come è partita al Nord

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Seconda parte del sondaggio pre-raccolta: buone prospettive per Barolo, Prosecco Doc e Docg, Soave e Collio; stime in calo per Asti, Lambrusco, Vini di Romagna. Prima volta per la Doc delle Venezie Pinot Grigio, mentre in Franciacorta si farà una seconda vendemmia nei filari danneggiati dal gelo.

Dalle colline Unesco dell'Astigiano a quelle del Collio, per il Nord Italia la vendemmia 2017 si preannuncia non abbondante, ma con prospettive interessanti, dal momento che il problema siccità, che ha preoccupato i vari distretti vitivinicoli nei mesi scorsi è, in parte, rientrato grazie a un aumento di precipitazioni nell'ultimo periodo. La maggioranza dei consorzi delle Dop interpellati in questa seconda parte del monitoraggio a campione del Settimanale Tre Bicchieri (qui il sondaggio a campione dedicato al Sud) in fase pre-vendemmiale stima un calo nei quintali di uve, dall'Asti Docg al grande distretto del Lambrusco, dall'Oltrepò Pavese all'Alto Adige. Le brinate di aprile, con temperature scese sotto zero, hanno fatto sentire i loro effetti soprattutto nei fondovalle durante le fasi di germogliamento. Un colpo alla vendemmia 2017, di cui abbiamo parlato a suo tempo, che era difficile incassare senza perdere qualche punto.

Piemonte

Spostando lo sguardo sullo stivale da ovest a est, si comincia dal Piemonte, col distretto dell'Asti Docgche segnala un generale affaticamento dei vigneti per la siccità (solo 300/350 i millimetri di pioggia fino al 21 luglio). La raccolta, secondo le stime del Consorzio dell'Asti Docg, dovrebbe aggirarsi intorno ai 750 mila quintali di uve, 50 mila in meno rispetto agli 800 mila del 2016. “Le piante hanno sofferto lo stress idrico ma le uve sono sane. Il quadro aromatico è ancora da valutare”, spiega il direttore Giorgio Bosticco. La raccolta nelle colline patrimonio Unesco dovrebbe iniziare, in netto anticipo, nella settimana tra 21 e 27 agosto. Limitati gli interventi fitosanitari, tranne per oidio e mal dell'esca.

Anticipo di dieci giorni anche per Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. Il consorzio di tutela non segnala particolari problemi relativi alla mancanza d'acqua. Il direttore Andrea Ferrero stima un inizio della raccolta del Nebbiolo da Barolo non prima del 15 settembre: “Prevediamo una raccolta stabile a volumi sul 2016. Ora siamo nella fase di invaiatura. Le gelate di aprile non hanno provocato danni significativi, c'è stata una grandinata a maggio circoscritta all'area del Barbaresco ma, in generale, grazie anche a significative escursioni termiche, l'annata potrebbe essere buona”.

Nel Monferrato, dove è attivo il Consorzio Barbera d'Asti e vini del Monferratopresieduto da Filippo Mobrici, le gelate primaverili si sono fatte sentire nelle zone più basse. “I quantitativi sono stimati in lieve calo sul 2016, anno che ha registrato un +10% sul 2015”, spiega Mobrici, sottolineando come siccità e temperature alte daranno vini con maggiore concentrazione di alcol. “Eccezionale lo stato sanitario delle uve. Nelle zone più esposte, potremmo raccogliere l'uva Barbera già ai primi di settembre”. Una forte grandinata si è abbattuta il 25 luglio nei comuni tra Acqui Terme e Nizza Monferrato.

Lombardia

Annata potenzialmente di qualità per il distretto del Franciacorta Docg, che nel 2016 aveva raccolto 231 mila quintali di uve e dove i primi grappoli saranno staccati a cavallo di Ferragosto. Il freddo sceso sui vigneti ad aprile potrebbe determinare un calo a due cifre sui volumi, anche se le valutazioni finali andranno fatte a fine agosto, quando ci sarà di fatto una seconda raccolta proprio in quei filari colpiti dal gelo e sui quali i produttori hanno lavorato intensamente al recupero. “Stagione tranquilla sul piano fitosanitario” fanno sapere dal quartier generale di Erbusco “con un terzo di piovosità in meno al 21 luglio, maggio e giugno più caldi nelle massime e più freddi nelle minime. E peronospora e oidio che non hanno preoccupato gli agronomi”.

Segno meno nei volumi in Oltrepò Pavese, ma vigneto molto sano. Rispetto ai 930 mila quintali raccolti nel 2016 si stima una flessione tra 20 e 25 per cento. Le vigne, come rileva il presidente del consorzio Michele Rossetti, hanno generalmente subito l'eccesso di caldo: “Avremo uve più concentrate che daranno vini più strutturati. Ne gioveranno i rossi. La situazione è comunque variegata, considerando l'eterogeneità del vigneto Oltrepò, posizionato tra 100 e 500 metri sul livello del mare. Da segnalare il paradosso per cui in zone con terreni più freschi di fondovalle, vicini a corsi d'acqua, si registra un anticipo vegetativo”. Positiva l'assenza di attacchi patogeni, con interventi fitosanitari ridotti al minimo. Basi per metodo classico in cantina intorno al 10 agosto.

Veneto

L'annata 2017 segnerà la prima volta per la Doc Pinot Grigio delle Venezie, riunita nel Consorzio di tutela Doc delle Venezie, guidato da Albino Armani, e che comprende i vasti territori di Friuli, Trentino e Veneto, per circa 30 mila ettari con 20 Doc. “Premesso che non si possono fare raffronti con anni precedenti” precisa Armani “la 2017 dovrebbe essere una vendemmia sotto dimensionata sul fronte quantitativo, ma la crescita degli ettari andrà a controbilanciare gli effetti di caldo e gelate”. Raccolta al via dal 20 agosto con uve in condizione “più che buona dal punto di vista sanitario”. C'è attesa per capire quante uve saranno rivendicate a Doc.

Passando all'altra macroarea delProsecco Doc, suddivisa tra Veneto e Friuli, la situazione appare “ottimale ed eccellente sul fronte qualitativo”, fanno sapere i tecnici del consorzio presieduto da Stefano Zanette. Nessun danno da peronospora e danni da brinate sostanzialmente contenuti: “La produzione complessiva risulterà nella media”, quella del 2016 è stata di 4,73 milioni di quintali di uve, per un corrispettivo di 3,55 milioni di ettolitri. Anche nel caso del Prosecco Doc, come per la Doc Pinot grigio, i nuovi ettari in produzione bilanceranno eventuali flessioni dovute a condizioni climatiche non del tutto favorevoli. Il problema della scarsità d'acqua "si può considerare superato” fa sapere il consorzio “dalle recenti e abbondanti piogge”.

Con 1,1 milioni di quintali di uve, la 2016 è stata una raccolta abbondante per il Conegliano Valdobbiadene Docg. E, anche se la 2017 non riuscirà a eguagliarla, per i viticoltori che curano i 7.500 ettari del comprensorio trevigiano il sentiment è positivo. Solo una trentina gli ettari interessati dalla grandine e nessun effetto gelo sui filari. Roberto Merlo, consulente dell'ufficio tecnico-viticolo del consorzio, evidenzia come i livelli di piovosità siano simili a quelli del 2016 e che, pertanto, non si registrano particolari problemi di stress idrico: “Dopo un inverno e un inizio di primavera discretamente secchi” spiega “ci si aspettava un germogliamento ridotto rispetto allo storico, ma le piogge di fine aprile e inizio maggio hanno riportato la situazione alla normalità”. Condizione generale dei grappoli definita “molto buona” e raccolta al via prevista nella prima settimana di settembre in zona Conegliano.

Paura passata nell'area della Doc Soave, dal momento che le piogge recenti hanno portato una rinfrescata nei circa 6 mila ettari di vigneto, in modo determinante per il prosieguo della maturazione: 70 millimetri a fine giugno e oltre 25 millimetri a luglio. Dieci i giorni di anticipo stimati dagli agronomi del consorzio: si parte non prima di metà settembre. I danni subiti dalla gelata provocheranno un calo di 60/70 mila quintali di uve, che sarà compensato ampiamente con un aumento delle rese, che nel 2016 erano state ridotte per esigenze di mercato. Nel complesso, come spiega il direttore Aldo Lorenzoni, il 2017 dovrebbe dare una produzione di Soave tra Doc e Docg vicina ai 420 mila ettolitri di vino.

Alto Adige

Complesso il quadro altoatesino, che quest'anno dovrebbe raccogliere uve per quantitativi poco al di sotto dei 300 mila quintali, rispetto ai 320 mila del 2016. Max Niedermayr, presidente del Consorzio vini Alto Adige, spiega che un'eventuale flessione del 10-15 per cento è da attribuire quasi esclusivamente al gelo (Valle Isarco, zona Appiano, con il Gewurztraminer, molto sensibile al freddo, che ha pagato pegno) e a una generale scarsità d'acqua in inverno e in primavera: “Ora invece” sottolinea Niedermayr “non abbiamo problemi di siccità. L'acqua c'è e le temperature non sono troppo alte. L'annata sta andando avanti in modo classico, con clima ventilato e inversioni termiche. È chiaro che gli ultimi due mesi saranno quelli decisivi per la nostra vendemmia”. Sotto controllo le malattie fungine. Si inizia ai primi di settembre in Bassa Atesina con lo Chardonnay.

Friuli Venezia Giulia

Stagione che comincia sotto i migliori auspici per il Collio. Nei 1.400 ettari che rientrano nella gestione del consorzio di tutela, guidato da Robert Princic, si dovrebbe partire entro fine agosto, in anticipo di una settimana, con la raccolta delle uve Pinot grigio e Sauvignon: “Non registriamo problemi di siccità, né particolari situazioni legate alle fitopatie. Le temperature si sono generalmente abbassate e le minime notturne sono favorevoli allo sviluppo degli aromi”. Sul fronte dei quantitativi, per il Collio, essendo stata la 2016 un'annata scarsa e siccitosa, il 2017 dovrebbe portare in dote un lieve aumento, con volumi in linea con le medie quinquennali.

Emilia Romagna

Più a sud, il grande areale del Lambrusco, che lo scorso anno ha portato in cantina 1,85 milioni di quintali di uve, tra Dop e Igp, sta affrontando il delicato periodo di deficit idrico. L'Emilia Romagna è una delle sei regioni che ha chiesto lo stato di calamità naturale per la siccità. Il Consorzio di tutela Vini Reggiani, presieduto da Davide Frascari, fa sapere che la situazione è “gestita bene” e che “lo stato sanitario delle uve è ottimale, senza fitopatie”. I volumi sono previsti in calo, a seconda delle aree produttive: sui vigneti a Lambrusco delle province di Modena e Reggio Emilia la stima è compresa tra -5% e -7%; mentre sul vitigno Ancellotta (che concorre alla produzione del vino Lambrusco) si prevede un -10% a causa degli effetti delle gelate primaverili.

Luci e ombre per il Consorzio Vini di Romagna: l'effetto combinato delle brinate di aprile e delle scarse precipitazioni (soprattutto in collina per chi non ha potuto optare per l'irrigazione di soccorso) potrebbero significare una diminuzione dei volumi compresa tra 20% e 25%. “C'è un anticipo delle fasi fenologiche: l'invaiatura del Sangiovese è iniziata intorno al 20 luglio mentre normalmente parte a cavallo di luglio e agosto”, spiega il presidente Giordano Zinzani che, per contro, evidenzia come la condizione sanitaria sia ideale: “Le uve sono perfette, abbiamo fatto pochissimi trattamenti, le foglie sono molto belle. L'annata ricorda un po' quella del 2015 e le premesse per ottenere vini di alta qualità ci sono”.

L'Italia potrebbe confermarsi primo produttore

A livello internazionale, il calo contemporaneo di Francia, Spagna e Italia, potrebbe significare per l'Europa vitivinicola una perdita di circa il 10% della produzione totale di vino, che potrebbe scendere sotto i 150 milioni di ettolitri rispetto ai 162 del 2016, in calo a sua volta del 2,5% rispetto al 2015. Considerate le previsioni al ribasso per Francia (-17%) e Spagna, l’Italia potrebbe riconfermarsi primo produttore mondiale

 

a cura di Gianluca Atzeni

foto di apertura: Fabio Cattabiani

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 3 agosto

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