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Franco Manca apre a Salina. Giuseppe Mascoli racconta il progetto

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A Salina apre Franco Manca, una pizzeria nata a Londra per volontà di un italiano. Con prodotti prettamente del territorio, prezzi popolari e collaboratori autoctoni. Ce lo racconta Giuseppe Mascoli, che nel progetto ha investito tempo e denaro. 

Aprirò una pizzeria a Salina l'anno prossimo”. Si concludeva così la nostra intervista a Giuseppe Mascoli, uno dei proprietari di Franco Manca, celebre catena di pizzerie londinesi, il cui brand è un omaggio a Franco Pensa, primo esportare dell'autentica pizza napoletana nella capitale inglese.

Era il 2014 e di acqua sotto i ponti ne è passata, a cominciare dall'acquisto da parte di Fulham Shore, di proprietà di David Page già socio di minoranza del gruppo, che ha pagato più di 27 milioni di sterline per aggiudicarsi una quota maggioritaria di Franco Manca. Dopo tre anni la promessa è stata mantenuta. Ce lo racconta Giuseppe Mascoli, che nel progetto ha investito tempo e denaro. Parliamo di mezzo milione di euro, per metà sborsati dal signor Mascoli e per l'altra metà da investitori privati, tra cui ovviamente Fulham Shore.

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Il locale

Nel blu del mare Tirreno è la più verde delle Eolie e una volta conosciuta non c'è modo di dimenticarla. È Salina, che educa ai ritmi giusti e a guardare lontano. È proprio qui che Giuseppe Mascoli ha deciso di aprire la prima pizzeria “Franco Manca” d'Italia, “costruita partendo dal forno a legna, elemento centrale del locale, innalzato con i tipici biscotti di Sorrento”, i mattoni provenienti da Sant'Agnello, un piccolo centro del Piano di Sorrento in cui le fornaci usano una speciale argilla proveniente dalle vicinanze, caratterizzata da un basso contenuto di allumina, che si traduce in capacità di resistere per lunghi periodi a elevate temperature. “Ho scelto Salina perché me ne sono innamorato anni fa, quando stavo cercando il cappero perfetto per le mie pizze. È un'isola produttiva, con una popolazione attiva e una biodiversità incredibile”, che passa per le foreste di castagni a 1000 metri di altezza, i corbezzoli, le ginestre o i caprifogli alle pendici dei monti. “Salina a mio avviso dovrebbe uscire dall'Unesco, che spesso trasforma i luoghi in una sorta di Disneyland dove gli abitanti si riducono a vendere cartoline. Quest'isola è differente e non si merita questa fine. Così, il sogno rimasto nel cassetto per anni, oggi è il mio contributo a Salina”. L'inaugurazione, prevista per il 10 giugno, è stata preceduta da mesi (in alcuni casi anni) di training, fatto dai ragazzi dell'isola a Londra, e da un lungo periodo di ricerca dei fornitori, privilegiando quelli del territorio.

Franco Manca

I fornitori

Per le nostre pizze useremo gli odori e gli ortaggi di contadini delle Eolie, i capperi e i cucunci di Caravaglio, l'aglio rosso di Nubia e l'olio di due piccoli produttori: Borghese a Milazzo e Vergara a Capri Leone”. I pomodori seccagno sono quelli di Michele Oliva di Valdichiesa, che per Franco Manca li taglia, li secca al sole e li macina “per un concentratissimo di pomodoro che mettiamo in una pizza fatta di soli formaggi”. Sul versante prodotti caseari: quelli di capra della Vecchia Fattoria di Vulcano e i formaggi, sia di pecora che vaccini, di Carmelo Pagano di Milazzo. E ancora, le olive di Pasquale Incusa o le alici salate di Adelfio di Marzamemi e quelle di Balistreri di Aspra. “Per quanto riguarda il pescato è ovviamente locale. Collaboreremo con un'associazione di pescatori, a cui fa capo Antonello Randazzo, con i quali abbiamo anche avviato il progetto murena, un pesce che solitamente si rigetta in mare e che invece noi proponiamo, su una pizza, affumicato con aghi di pino e legna d'olivo secco”. Per quanto riguarda melanzane, zucchine e aromi, dalla nipitella all'origano, hanno messo a coltivazione delle terre a Capofaro.

Franco Manca

La proposta

In carta solo sei pizze, chiamate per numero, che vanno dalla più economica al di sotto dei 5 €, alla più “cara” al di sotto dei 9 €, ma stiamo pur sempre parlando di una pizza con ventresca di pesce spada. Nel mezzo, ci sono la capperi, olive e acciughe, la pizza zucchine e ricotta - “ancora dobbiamo capire se usare quella di capra o la vaccina” - o quella con le alici fresche “sempre che i pescatori ci diano la disponibilità almeno cinque giorni a settimana”. La ricerca delle materie prime si estende anche alle farine, “useremo quelle di Campi Protetti a tracciabilità totale Molini del Ponte e le farine dell'Antico Mulino Ibleo”. Anche i vini parlano di Sicilia. Tre le proposte in carta, per bottiglie che costano al massimo 10 €: il Grillo Grillo di Caravaglio, il Né rosso né bianco “un rosso leggero, non filtrato, le cui uve rimangono solo un giorno e mezzo sulle bucce”, e il Perricone bio di Normanno. Ci si sposta invece al Nord, con il caffè Giamaica di Gianni Frasi, che da Franco Manca viene proposto doppio in tazzina da espresso “così è praticamente solo crema” e un liquore al caffè, da una ricetta del nonno Giovanni Erbisti.

È un bel progetto che ha ripagato Giuseppe, anche dopo le vicissitudini dovute alla burocrazia italiana “che è inesplicabile”. Bando a quelli che ora sono solo ricordi, facciamo l'in bocca al lupo al locale che aprirà nel comune di Lingua, proprio di fianco ad Alfredo, il cui figlio è uno dei soci della pizzeria, “così prima venite a mangiare la pizza da Franco Manca, e poi provate la migliore granita di Salina”.

 

Franco Manca | Salina, Lingua (ME) | via Marina Garibaldi

 

a cura di Annalisa Zordan

 


Street food senza confini, con la food bike di Giuditta Fonatelli

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Il mezzo è una bici Doniselli Furgoncino anni Cinquanta, l’obiettivo portare le specialità dello street food toscano ovunque, cucinandole direttamente sulla bicicletta. Lei è Giuditta Fonatelli, ex designer di moda che, grazie al cibo e alla sua intraprendenza, ha cambiato completamente vita. 

Dalla sartoria allo street food

Di api e furgoncini per lo street food, negli ultimi anni, se ne vedono davvero tanti. Ma la bicicletta di Giuditta Fonatelli non è un mezzo qualsiasi: è una bici completamente customizzata e adattata a cucinare piatti come la pappa al pomodoro, il lampredotto, la trippa alla fiorentina, ma anche hamburger, lasagne e dolci. Perché non tutti coloro che sognano di fare gli chef sono altrettanto appassionati all’idea di stare chiusi in una cucina, per tante ore al giorno, senza avere mai alcun contatto col pubblico. “La sartoria, l’attività di famiglia, mi portava spesso a relazionarmi con i clienti. Quando ho deciso di dedicarmi alla cucina, ho capito che per me sarebbe stato impossibile lavorare in una cucina di un ristorante, rinunciando al contatto umano”. Così, da designer di moda, Giuditta decide di fare il salto verso la gastronomia, un salto graduato e ponderato, iscrivendosi ai primi corsi, fra cui quelli dell’Accademia Italiana Chef. Poi i tirocini in ristoranti come Soldano, Pepe Nero, Lo Scoglio, le esperienze da personal chef e il lancio della sua associazione, Cooking Lab, con l’obiettivo di organizzare corsi e cene sulla terrazza di casa che si affaccia sul centro storico di Prato. Alla fine, l’intuizione: è lo street food l’ambiente gastronomico più adatto a lei.

La food bike di Giuditta Fonatelli

Giuditta decide di lasciare definitivamente l’attività di famiglia per farsi costruire il mezzo di trasporto dei suoi sogni, qualcosa che metta insieme le sue due passioni, la bici e il cibo. “Con mio marito abbiamo fatto una ricerca su internet e siamo finiti a Genova per comprare il modello che avevo in mente. Dopo poco abbiamo trovato una bicicletta con una ruota piccolina sulla parte anteriore adatta a montare il portapacchi: era perfetta. Per allestirla mi sono rivolta a una ditta specializzata che mi ha montato la cucina. A fine aprile era già pronta”. Ma com’è fatta la food bike?“Sulla bici ho un fornello a gas con due piccole bombole, che mi permettono di preparare i miei piatti. Sotto c’è una zona coibentata per il caldo e freddo, in modo da stoccare la merce. Ho anche delle piastre intercambiabili nel caso in cui dovessi cucinare con l’elettricità. Tutto si alimenta con la batteria della bici, tranne per le piastre a induzione che devono essere attaccate a una presa elettrica”. E la clientela? “Il riscontro è stato davvero gratificante per me. Non solo sono tutti incuriositi dalla bici e quindi vengono ad assaggiare le mie specialità, ma mi invitano spesso a cerimonie private ed eventi di street food, sia all’esterno che in ambienti chiusi”.

Non solo: la food bike di Giuditta fa da ponte tra il mondo dell’enogastronomia e quello del cicloturismo: “Capita spesso che mi chiamino per eventi distanti dal mondo del cibo in senso stretto, come passeggiate in bici o festival di turismo”. Il prossimo evento a cui parteciperà? La cicloturistica “La Medicea”, un’iniziativa dedicata alle bici vintage che si tiene a Carmignano, provincia di Prato, il 3 e 4 giugno.

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 

 

Botteghe del formaggio.7 indirizzi per gli acquisti gastronomici a Napoli

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Iniziamo una nuova rubrica sulle migliori botteghe del formaggio in città, negozi specializzati in cui scoprire le eccellenze locali, ma anche specialità del territorio nazionale ed estero. Partiamo da Napoli, con 7 gastronomie dove comprare (e assaggiare) il meglio della produzione campana e non solo.

 

Chi pensa solo a mozzarella di bufala, ricotte e scamorze, si sbaglia di grosso. La produzione casearia campana è ampia, e comprende prodotti - meno conosciuti ma altrettanto interessanti - come il pecorino di Carmasciano, il cacioricotta del Cilento, le provole di Agerola, i caciocavalli irpini. Vi raccontiamo queste specialità, con 7 indirizzi per i vostri acquisti gastronomici a Napoli.

 

Caseari Cautero

Salvatore Cautero inizia la sua carriera come importatore di stoccafisso, l’attività della sua famiglia.“Ho aperto nel 1997, con l’obiettivo di seguire le orme delle generazioni che mi hanno preceduto” racconta Salvatore, “ma qualche anno dopo l’offerta si è spostata sui formaggi”. Da Cautero si trovano soprattutto formaggi italiani come il pecorino di Carmasciano, il cacioricotta del Cilento, il blu di pecora delle alpi piemontesi, le burrate pugliesi e naturalmente mozzarelle e trecce locali. “In Campania compro soprattutto da Carmasciando, una piccola azienda che produce esclusivamente con il latte dei propri allevamenti, ma lavoro anche con I Filadelfi in Cilento, da cui mi rifornisco di formaggi di capra e bufalini”. E poi, ancora “Gregorio Rotolo con i suoi magnifici formaggi abruzzesi, tutti fatti con latte crudo biologico, specialità particolari come il Gregoriano tenero di Scanno, la ricotta a scorza nera, il caciocavallo barricato”. Dall’estero il Blue stilton, formaggi di capra francesi, l’ardrahan irlandese, il Cheddar a latte crudo, tutti provenienti da Luigi Guffanti.

 

I formaggi di Caseari Cautero, NapoliI formaggi di Caseari Cautero

In negozio anche salumi territoriali, come quelli della Masseria Valenzio di Calitri, ed esteri, per esempio jamòn iberico, oltre a pasta di Gragnano, marmellate, conserve e sottoli. Da scoprire, la selezione di champagne di cui Salvatore è amante, con oltre 200 etichette fra grandi maison e piccoli produttori. Tutto questo da acquistare, oppure da assaggiare direttamente in loco seduti attorno ai graziosi tavolini a botte. Salvatore, inoltre, propone “Lo charcutier a casa tua”: chiunque ne abbia voglia può prenotare una degustazione guidata con prodotti da assaporare comodamente seduti sul proprio divano di casa.

Caseari Cautero| Napoli | piazzetta Pontecorvo | tel. 081 1917 9449 | www.facebook.com/casearicautero

 

Salvatore Cautero nella sua bottegaSalvatore Cautero nella sua bottega

 

Eccellenze campane

Un contenitore di piccole imprese artigianali, tutte operanti nel settore dell’enogastronomia, da promuovere evitando i passaggi intermedi. È Eccellenze campane, una vetrina per le specialità di questo territorio: dal pane alla pasta, passando per vini e birre, formaggi, salumi, conserve e molto altro. L’obiettivo non è solo quello di valorizzare le produzioni di alta qualità, ma anche quello di informare ed educare facendo luce sulla provenienza e lavorazione dei prodotti.

Sono 8 i settori che si trovano all’interno del mercato di Eccellenze campane: panificio, birrificio, pastificio, caseificio, torrefazione, pasticceria, cioccolateria e gelateria - mentre per frutta e verdura c’è una fiera bisettimanale. Mentre la sede di via Partenope è dedicata ai prodotti del mare.

 

I formaggi di Eccellenze Campane - NapoliI formaggi di Eccellenze Campane

 

Tra i formaggi in vendita, Mozzarella di bufala campana Dop, fior di latte, scamorze, diversi tipi di caprini, caciocavalli vaccini, primo sale (sia nella versione con le noci che piccante), Provolone Silano Dop e diversi formaggi di pecora.

Oltre ai due punti vendita di Napoli, in Via Brin 69 e in via Partenope 1/b, Eccellenze campane è presente anche a Londra (in 50 EXmouth market, Clerkenwell, Ec1r 4ge) e presto debutterà anche a Milano in Via Cusani 1, angolo Broletto.

Eccellenze Campane | Napoli | via Benedetto Brin, 49 | tel. 081 203657 |www.eccellenzecampane.it

Eccellenze Campane Mare | Napoli | via Partenope, 1 | tel. 081 7169435 | www.eccellenzecampane.it

 

Il Bianco

È davvero ampio l’assortimento che Francescopaolo Platano propone nella sua bottega gastronomica, nel quartiere Arenella. E Il Bianco, nome scelto nel 2014 per questo punto vendita, si riferisce proprio al colore del latte. “Cerchiamo sempre di far assaggiare ai clienti specialità poco conosciute, come i vari pecorini” racconta, “in particolare hanno successo quello di Carmasciano e il bagnolese. Il prodotto che viene più richiesto è invece il Provolone del monaco, ma anche il primo sale e lo stracchino di capra, più freschi e digeribili”. Dal banco fanno capolino le mozzarelle di Cancello Arnone e quelle del Cilento, i tanti pecorini (quello di Pienza e di Bagnoli, il Carmasciano, di Filliano Dop), il caciocavallo podolico, il fior di latte di Vico Equense“fatto ancora come una volta, con il latte degli allevamenti locali e la cicatrice che deriva dal taglio manuale della pasta filata”, una vasta selezione di formaggi di capra “dalla ricotta al burro, passando per lo stracchino, il primo sale e l’erborinato”. In negozio le produzioni d’eccellenza locali di Carmine Bonacci (azienda Le Curti), Patrizio Della Polla, e Giuseppe Moscillo, ma anche formaggi da altre zone come il Montasio, l’Asiago, il Ragusano e il Piacentinu ennese, tutti coperti dalla denominazione d’origine.

La bottega rappresenta una vera e propria vetrina del meglio dell’agroalimentare nostrano: dalle fette artigianali di Calvizzano alle passate di pomodoro di Di Cerbo da Benevento, dai sottoli dei salentini I Contadini, alla pasta Felicetti, Gerardo di Nola e Vecchio pastaio, passando per le marmellate di Giòsole, la farina Petra, i ceci e le nocciole di Giovanna Voria.

Il Bianco | Napoli | via Saverio Altamura, 25 | tel. 081 560 8406

 

Salumeria Genovese

La storia di questa salumeria nel cuore del Vomero inizia nel 1967, ma Vincenzo Genovese coltiva il suo sogno da molto tempo prima, da quando, ad appena 11 anni, lascia la scuola per andare a lavorare come garzone nelle migliori botteghe della città. Aperta la sua di attività, dedica tutto il suo tempo alla selezione non solo dei migliori salumi locali, ma anche di formaggi, conserve, olio, pasta e pasticceria secca. Oggi, alla guida della bottega c’è Giuseppe Picardi, collaboratore e braccio destro di Vincenzo da oltre 20 anni: con lui il team si è rinnovato e specializzato sempre di più, espandendo l’attività ben oltre il settore dei salumi.

Per quanto riguarda i formaggi, dal bancone fanno capolino le Mozzarelle e le Ricotte di bufala campana Dop da Aversa, i fior di latte e le provole di Agerola, il Provolone del monaco Dop della costiera sorrentina, ma sono spesso presenti anche il Castelmagno Dop da Cuneo, il Parmigiano reggiano Dop con oltre 36 mesi di stagionatura, il pecorino di fossa umbro, il bagos bresciano.

 

Salumeria genoveseSalumeria genovese

 

Naturalmente è sempre ben fornito il reparto salumi, che propone i grandi prosciutti come il San Daniele o il Prosciutto di Parma doppia corona stagionato per più di 18 mesi, ma anche jamón ibérico e il serrano dalla Spagna poi il Culatello di Zibello Dop e tante specialità locali come il prosciutto di maiale nero casertano, i salumi tipici napoletani, in primis salsiccia piccante, soppressata e capocollo. E poi, ancora, un ricco reparto di gastronomia con cui immergersi nell’autentica tradizione napoletana: dal casatiello alla pizza di salsiccia e friarielli, passando per gli gnocchi alla sorrentina, la frittata di maccheroni e il sartù di riso.

Da non perdere anche il reparto vini: oltre 350 etichette delle più pregiate etichette italiane, da Sassicaia o agli spumanti di Franciacorta, con incursioni anche nello champagne francese e prodotti locali come Greco di Tufo, Falanghina, Lacryma Christi.

Salumeria Genovese | Napoli | via Domenico Cimarosa, 41 | tel. 0815563908 | www.gastronomiavomero.napoli.it

 

Sagra - Bottega dei prodotti tipici

La bottega prende il nome dalla fusione dei nomi dei due proprietari, Salvatore e Grazia Lista. Ed è Salvatore che racconta il loro lavoro: “cerchiamo di dare sempre priorità alle produzioni artigianali, che siano sotto denominazione oppure no, dai caciocavalli podolici ai pecorini locali come il Carmasciano, di piccole aziende e consorzi che custodiscono una tradizione, con delle storie da raccontare”. Largo spazio anche ai Dop e Igp, sia locali che nazionali, e qualche chicca estera. “Abbiamo i classici della produzione casearia europea come il Blue stilton o il Cheddar e, spesso, diversi tipi di caprini francesi e spagnoli”.

Diverse le specialità dal casertano e dall’Irpina, ma anche da zone limitrofe alla Campania, come Lazio e Molise. Qualche nome? Il caciocavallo dell'azienda La bruna alpina di Vittorio Sorrentino, quello stagionato in grotta di Zungoli, il conciato romano dell’azienda Le campestre di Manuel Lombardi, i caprini di Le Curti di Carmine Bonacci, il pecorino di Carmasciano di Forgione.“I prodotti di punta cambiano secondo la stagione”spiega Salvatore,“e anche le richieste del pubblico: d’inverno i clienti prediligono formaggi più salati e stagionati, dal sapore e dall’aroma intenso, d’estate vanno a ruba i caprini e i formaggi freschi in generale, ma anche le mozzarelle, i caciocavalli e i provoloni”.

 

Sagra, Bottega dei prodotti tipiciL'aperitivo di Sagra - Bottega dei prodotti tipici

 

In negozio anche tante altre eccellenze come salumi locali - tra cui il prosciutto di San Gregorio Magno - la pasta di Felicetti e Martelli, i dolci di Alfonso Pepe, confetture, conserve e sottoli. Inoltre, per coloro che fossero interessati ad approfondire la conoscenza delle varie specialità, all’interno della bottega c’è un Cheese bar, dove Salvatore e Grazia organizzano serate a tema, con degustazioni guidate e abbinamenti fra i migliori prodotti in vendita.

Sagra Prodotti Tipici | Napoli | via Ruoppolo, 27- 29 | tel. 349 612 1468 | www.sagraprodottitipici.it

 

Sogni di Latte

Oltre 250 referenze tra formaggi stagionati, erborinati, ricotte, yogurt per questa insegna con ben 3 punti vendita a Napoli. Un posto dov’è facile assaggiare più cose, complice l’entusiasmo dei proprietari che selezionano specialità sparse su tutta la penisola:“dal Piemonte alla Sicilia, con poche ma accurate eccezioni estere”. Uno spazio particolare è dedicato alle Mozzarelle di bufala campana Dop, in particolare quelle dei caseifici Barlotti di Paestum e Il Casolare di Alvignano, e ai latticini dei Monti Lattari. Molto accurata la selezione di prodotti locali come il pecorino bagnolese, il Provolone del monaco Dop, i formaggi a crosta fiorita di Giano Vetusto, le provole di Agnone, ma anche eccellenze da altre zone d’Italia: burrate pugliesi, stracchini toscani, il canestrato di Moliterno, il Bitto Dop della Val Brembana, il Castelmagno d’Alpeggio (quello del caseificio Di Nucci, sul primo podio di Cheese 2016 nella sezione formaggio di montagna), l’Asiago d’Allevo Dop e l’ubriaco d’amore veneto (formaggio di latte vaccino a pasta semidura affinato nell’Amarone della Valpolicella). Tutta da scoprire la selezione estera: dallo Shropshire blue cheese dalla Scozia al Cheddar del Somerset, passando per il Camembert di Normandia Aoc.

 

Sogni di latte, NapoliSogni di latte, Napoli

 

A tutto questo, si affianca un’attenta selezione di vini, birre artigianali, composte e confetture, oltre alle creazioni della Cremeria Gabriele di Vico Equense. Infine, il pane del panificio e il Latte Nobile dell’Appennino Campano.

Sogni di Latte | Napoli | via Michele Kerbaker, 15 | tel. 081 1953 0308 | www.sognidilatte.com

Sogni di Latte | Napoli | via Cilea 277 | tel. 081 19514909 | www.sognidilatte.com

Sogni di Latte | Napoli | via Cavallerizza, 35 | tel. 081 18990491 | www.sognidilatte.com

 

Il Tagliere

Tre fratelli, Aldo, Gabriele e Nino Amabile, provenienti da settori diversi ma con una passione in comune: l’arte del mangiar bene. In questa storia i veri complici sono i viaggi di Nino, ex arbitro di pallavolo, che ha girato mezzo mondo scoprendo specialità locali per puro piacere personale. Poi, l’intuizione, suggerita da molti fra parenti e amici,“perché non aprire un negozio dove far sperimentare a tutti i prodotti selezionati?” racconta Nino. “Così nel 2006 nasce Il Tagliere, dopo aver affittato un piccolo locale vicino al garage di famiglia. Quello che ci motiva è un amore smisurato per la ricerca delle cose genuine e degli antichi sapori, da assaggiare in prima persona e, poi, da far gustare ai clienti”. Nessun prodotto della grande distribuzione, un banco colmo di salumi e formaggi provenienti da tutto il mondo, ma anche pasta, conserve, extravergine campano e non solo, confetture e marmellate artigianali.

Oltre 60 tipi di formaggi locali e nazionali, come la provola affumicata di Agerola, il Pecorino di fossa di Sogliano al Rubicone Dop e quello di Pienza, la Fontina Valdostana, la Vastedda della Valle del Belice. Ma sono i formaggi esteri le vere chicche di questo negozio, frutto di piccole produzioni, difficili da trovare altrove. Fra questi il Brie de Meaux Aoc, il White stilton ai mirtilli selvatici, il Cheddar originale, lo Cahills irlandese alla birra Porter o al whisky, il Tete de Moin svizzero Aoc, il mimolette vieille.

 

I fratelli Amabile, Il Tagliere - NapoliI fratelli Amabile, Il Tagliere

Anche la sezione salumi comprende specialità particolari come il salame di anatra e di cervo, la bresaola di bufala, la mortadella Favola del Salumificio Palmieri (prima e unica mortadella al mondo insaccata e cotta nella cotenna naturale), il Culatello di Zibello Dop, il Lardo di Colonnata Igp.

E se non sapete bene come abbinare le specialità in vendita, chiedete pure consiglio ai titolari: saranno ben felici di farvi sperimentare e di darvi consigli decisivi per gli acquisti. I prodotti del Tagliere sono in vendita anche on line.

Il Tagliere | Napoli | via S. Giacomo dei Capri, 29/b | tel. 081 5604058 | www.iltagliereprodottitipici.it

Il Tagliere | Napoli | via Edoardo Nicolardi, 48 | tel. 081 0386316 | www.iltagliereprodottitipici.it

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 

 

 

Farmer, dalla terra alla padella. 6 cene per l'Abruzzo della biodiversità, dalla campagna al piatto

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La prima edizione di Farmer nasce con l'obiettivo di accendere i riflettori sull'intera filiera gastronomica, coinvolgendo produttori e chef in un dialogo che mette al centro le potenzialità del territorio regionale, specie nelle aree più dimenticate. Si comincia stasera con la cena di Arcangelo Tinari e il piccione di Ettore Camera, ospiti della vineria Ciavolich di Miglianico. 

È il numero 6 quello su cui puntare per avvicinarsi da una prospettiva nuova al circuito enogastronomico abruzzese. Sei produttori, sei chef, altrettanti eventi aperti al pubblico in quasi sei mesi di rassegna itinerante nelle quattro province di un territorio che negli ultimi anni ha scontato un isolamento forzato, tra diffidenza, cattiva comunicazione e fatica di ricominciare. Eppure l'Abruzzo non si è mai fermato, e le realtà d'eccellenza, su un territorio particolarmente vocato all'agroalimentare, non mancano. Farmer, con la chiara volontà di valorizzare l'intera filiera, si propone quindi come nuova rassegna di cuochi e agricoltori, evidenziando il percorso “dalla terra alla padella” di alcune attività che non potrebbero esistere l'una senza l'altra. L'idea è venuta a Francesco Cinapri, dell'agenzia di comunicazione Circle Studio di Pescara; ma nel progetto, che ha richiesto anni di ricerca sul territorio regionale, è coinvolta anche Chiara Ciavolich: nella sua vineria di Miglianico (CH) prenderanno forma gli incontri mensili con produttori e chef. A seguire le cene che porteranno in tavola il felice sodalizio tra agricoltori e cucina. Da una prospettiva che privilegia il contenuto rispetto alla forma, la concretezza a discapito della spettacolarizzazione che spesso finisce per premiare solo l'ultimo anello – lo chef – di una catena che trae linfa proprio dalle aziende agricole che custodiscono la biodiversità del territorio.

 

I protagonisti

Nello specifico l'attenzione si è focalizzata sulle aziende che l'inverno scorso hanno subito danni e rallentamenti dovuti alle ingenti nevicate, e su quelle realtà agricole che operano nelle aree interne dell'Abruzzo. Ospiti delle grotte della vineria Cialovich (cantina storica risalente al 1853) saranno Arcangelo Tinari (Villa Maiella), Gianni Dezio (Tosto), Marzia Buzzanca (Percorsi di Gusto), Nicola Fossaceca (Al Metrò), Cinzia Mancini (Bottega Culinaria), Mattia Spadone (La Bandiera). Molti già protagonisti lo scorso inverno del congresso regionale Meet in Cucina. E con loro l'azienda agricola Cirelli, la Fattoria Gioia, Le Terre del Tirino, l'azienda agricola Del Proposto, l'azienda agricola Martinelli, le Forme d'autore di Antonello Egizi, l'azienda agricola Villa Giulia.

 

La prima cena. Il piccione di Ettore Camera

Ad aprire i giochi, il 29 maggio, saranno Arcangelo Tinari ed Ettore Camera, allevatore di Tocca da Casauria, dove dirige l'azienda Villa Giulia, specializzata nell'allevamento di piccioni da vent'anni a questa parte. E proprio la consapevolezza di Camera, che cresce i suoi piccioni “in maniera naturale, alimentandoli con mais intero, farine e cereali” ha spinto lo chef a stringere una collaborazione privilegiata con il produttore, valorizzando un prodotto atipico nella tradizione gastronomica abruzzese. Prima della cena, dalle 20, si discuterà di allevamenti intensivi e alimentazione degli animali d'allevamento; poi, il giovane Tinari – con trascorsi nelle cucine francesi di Michel Bras e oggi alla guida del ristorante di famiglia a Guardiagrele – si cimenterà con un menu da quattro portate che celebra il trionfo del volatile tanto apprezzato dall'alta cucina, piatto d'onore della serata insieme al vitello marinato al caffè e cumino montano, ai ravioli di burrata con zafferano dell'Aquila, al dessert a base di fragole, grano arso e Montepulciano. In un tripudio di eccellenze abruzzesi, in abbinamento ai vini del territorio (costo a persona 60 euro).

Prodotti d'Abruzzo

Lo conferma, del resto, il tenore dei convitati agli appuntamenti dei prossimi mesi. A Cellino Attanasio (TE), Maurizio Natilii produce formaggi caprini, ricotta, miele e marmellate nella sua fattoria bio (Fattoria Gioia): 100 tra pecore e capre, galline, cani, gatti e api. A gennaio scorso sono rimasti oltre 10 giorni senza elettricità, sommersi dalla neve. Altrettanto meritevole l'azienda dei fratelli Del Proposto a Loreto Aprutino, che produce formaggi e alleva a terra animali da cortile, nel rispetto dei ritmi naturali. Da Capestrano, invece, arriva la storia delle Terre del Tirino, “le terre del guerriero”: 15 ettari di terreni in conversione biologica per produrre farro, grano solina, mais per polenta, ceci e fagioli poverelli, tutte colture tradizionali della vallata della provincia aquilana. All'altro capo della provincia dell'Aquila, quasi al confine con il Lazio – località Balsorano - Antonello Egizi ricerca e seleziona le eccellenze casearie abruzzesi, da latte vaccino, bufala, capra, pecora, a due e tre latti. E poi c'è l'azienda agricola Martinelli, di Farindola, che nei mesi scorsi è stata protagonista di una campagna solidale della Coop: suoi i pecorini di qualità prodotti in questo vocato territorio della provincia di Pescara, martoriato dalle nevicate invernali e dall'ultimo sisma. La voglia di fare circuito c'è. E infatti la settimana aperta da Farmer si concluderà il prossimo weekend con due iniziative altrettanto focalizzate sull'eccellenza abruzzese. Ma di Transumanze e Cala Lenta (già alla nona edizione) torneremo a parlare tra qualche giorno.

 

Il calendario di Farmer:

29 maggio Arcangelo Tinari

19 giugno Gianni Dezio

17 luglio Cinzia Mancini

25 settembre Nicola Fossaceca

16 ottobre Mattia Spadone

6 novembre Marzia Buzzanca

 

www.dallaterrallapadella.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Easy Fish 2017, il festival che celebra il pesce del mar Adriatico. Tutti i protagonisti

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Un appuntamento dedicato al pesce dell’Alto Adriatico e alle specialità agroalimentari del Friuli Venezia Giulia. È Easy Fish, festival giunto ormai alla terza edizione che si tiene a Terrazza a mare, una struttura simbolo di Lignano Sabbiadoro, dal 15 al 18 giugno. Ecco il programma e i protagonisti.

Easy Fish 2017

Sarà il pesce del mar Adriatico, giacimento inestimabile di risorse da secoli, il protagonista assoluto di Easy Fish 2017, la manifestazione enogastronomica dedicata alle specialità agroalimentari del Friuli Venezia Giulia e dell’Alto Adriatico, organizzata da Lignano Sabbiadoro Gestioni in collaborazione con Cucinare - Salone dell’enogastronomia e delle tecnologie per la cucina di Pordenone Fiere. Un appuntamento ormai diventato un riferimento fisso per gli abitanti di queste zone, da sempre legati a un’intensa tradizione della pesca, ma anche per curiosi e appassionati di cucina gourmet. Un weekend lungo di degustazioni, laboratori, cooking show ed eventi gratuiti, con molti protagonisti della ristorazione d’autore della Penisola.

Inoltre, sul lungomare Trieste, una grande vetrina a cielo aperto ospiterà le specialità dello street food, le migliori aziende agricole e alimentari, cantine e birrifici artigianali non solo legati al Friuli Venezia Giulia, ma da tutto il territorio nazionale.

 

Il programma e i protagonisti

Si parte giovedì 15 giugno con l’apertura del festival e il cooking show dedicato allo street food con Franco Favaretto (Baccalàdivino di Mestre) sul lungomare. Venerdì 16 giugno, nell’area Stars cooking alle 17.30 ci sarà un primo cooking show a 4 mani dal titolo “Dalle malghe al mare”, con Oscar Iuri (Borgo Poscolle - Cavazzo Carnico) e Alessandro Businaro (Da Boschet - Gorgo di Latisana). Alle 19 è prevista invece la performance di Emanuele Scarello, mentre alle 20.30 il protagonista sarà Giancarlo Perbellini (Casa Perbellini - Verona).

Si prosegue sabato 17 giugno con ben 5 appuntamenti: dà il via alle danze la “Colazione d’autore” della pasticcera e food blogger Chiara Selenati, alle 9.30 presso la Terrazza a mare; si prosegue con il cooking show sul lungomare di Diego Bongiovanni eDavid Povedilla, previsto per le 12.30; nel pomeriggio invece luci puntate sulla performance di Giacomo della Pietra (Osteria da Alvise - Sutrio) con gli chef “di casa”Mattia e Michele Vacca (Ricky Hostaria - Lignano Sabbiadoro), prevista per le 17.30; quarto appuntamento quello con il cooking show di Andrea Mainardi, alle 19; chiuderà la giornata lo chef Norbert Niederkofler (Rosa Alpina – San Cassiano in Badia), alle 20.30.

Giornata intensa anche quella di domenica 18 giugno, che sarà aperta dalla “Colazione d’autore” del campione mondiale di panificazione Ezio Marinato (h 9.30 Terrazza a mare)

e dal cooking show di Max Mariola (h.12.30 lungomare). Nel pomeriggio cooking show di Stefano Buttazzoni (Margò Ristorante presso Hotel La Perla - Ravascletto) insieme a Silvia e Saba Sapienza (Il Giardino Mediterraneo - Lignano Sabbiadoro). Chiuderà le danze, alle 19, la performance di Moreno Cedroni (La Madonnina del Pescatore - Senigallia).

Sono a “entrata libera” tutti i cooking show che si terranno sul lungomare, mentre per quelli previsti a Terrazza a mare è necessaria la prenotazione.

Easy Fish 2017 | Lignano Sabbiadoro (UD) | Terrazza a mare | lungomare Trieste, 5 | tel. 0431 71300 | dal 15 al 18 giugno 2017 | www.easyfish.info

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

Gambero Rosso e Giglio Gruppo insieme per un canale tv internazionale sul made in Italy

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Leader italiano del settore food and wine, Gambero Rosso si prepara a lanciare un nuovo canale televisivo dal respiro internazionale grazie all'accordo con Giglio Group, prima società di e-commerce 4.0 specializzata nel settore del broadcast radio televisivo.

L'accordo

Una nuova joint venture per il Gambero Rosso, azienda leader del settore enogastronomico in Italia da ben 30 anni (che proprio oggi fa registrare una volata sulla borsa Aim Italia, miglior titolo di tutta piazza Affari, con un progresso teorico di oltre l'11% a metà mattinata) ora pronta ad ampliare la sua gamma di attività con un nuovo canale tv in lingua inglese. Già presente sulle reti televisive cinesi CCTV e in Svizzera su Teleticino, il Gambero Rosso intensifica la propria presenza internazionale attraverso un accordo con Giglio Group (Aim Italia-Ticker GGTV), prima società di e-commerce 4.0 che con questa partnership si propone di aumentare il numero di canali nel proprio network, attualmente distribuito in 55 Paesi, 5 continenti e in 6 lingue, su satellite, mobile, web tv e compagnie aeree. E non solo: lo scopo del Gruppo è anche quello d arricchire di ulteriori contenuti la sua piattaforma Ibox, il cui target è in perfetta sintonia con la promozione e vendita delle eccellenze made in Italy, da sempre obiettivo primario del Gambero Rosso.

Giglio Group

Fondata da Alessandro Giglio nel 2003 e quotata in Borsa sul mercato AIM dal 7 agosto 2015, Giglio Group è leader nel settore del broadcast radio televisivo, e ha sviluppato negli anni soluzioni digitali all’avanguardia, rappresentando così un market place digitale a livello globale in grado di approvvigionare i trenta principali digital retailer del mondo. Nel 2016 il Gruppo (con sedi a Roma, Milano, New York e Shanghai) ha lanciato il proprio modello di e-commerce 4.0, attualmente operativo in Cina e Usa, mediante il quale l’utente “vede e compra” cliccando sul proprio smartphone o tablet o scattando una fotografia del prodotto che sta guardando in tv, per una rivoluzionaria esperienza d'acquisto.

Prosegue a ritmi sostenuti la creazione di una piattaforma unica nella sua proposta in cui convogliare il meglio dell’italianità nel mondo. Dopo i recenti accordi per la diffusione dei ClassTv Moda e Class Horse.Tv, aggiungiamo un ulteriore elemento di rappresentatività del Made in Italy, ovvero il food, e lo realizziamo con uno dei brand più prestigiosi sul mercato e il primo in Italia -dal 1999- a dedicare un canale televisivo al cibo di qualità e alla promozione dei territori”, ha dichiarato il Presidente Alessandro Giglio. Il primo passo? “La creazione e distribuzione del nuovo canale partendo dalle piattaforme in cui siamo già presenti nel mondo, pronti a cogliere anche ulteriori nuove opportunità che dovessimo ritenere strategiche per qualità e capacità di diffusione”.

Gambero Rosso

Il Gambero Rosso opera attualmente nei 5 continenti con attività di promozione e formazione ed eventi B2B che hanno consentito negli anni ai produttori italiani più attenti, dapprima nel settore vitivinicolo e in seguito anche in quello gastronomico, di conoscere mercati, selezionare importatori e aumentare vendite e marginalità. Il Presidente e Ceo di Gambero Rosso Paolo Cuccia ha commentato così l'accordo: “Progredisce il potenziamento della nostra piattaforma multimediale e multicanale a servizio del meglio del made in Italy nel mondo”. Il nuovo canale sarà interamente in lingua inglese ma “è previsto che, successivamente, come già avvenuto per le nostre guide tradotte e pubblicate in altre lingue, si estenda la focalizzazione sui principali paesi nelle lingue dei medesimi”.

a cura di Michela Becchi

Il valore di uno chef. Se il ristorante è un'azienda, chi fattura di più? La classifica

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Cracco, Bottura e Cannavacciuolo conquistano la copertina dell'ultimo L’Economia del Corriere della Sera. Ma perché? Se il ristorante è un'azienda che deve macinare profitti, anche gli chef più blasonati devono saper far di conto. E assicurare visibilità alla propria attività.   

L'impresa ristorante

Basta con l'idea romantica: uno chef è un imprenditore”. Apre così l'inchiesta che il L'Economia del Corriere della Sera dedica al ristorante in quanto “azienda con costi e ricavi”, focalizzando l'attenzione sul business della ristorazione e sui suoi protagonisti più illustri. Quanto vale uno chef è il titolo emblematico dell'approfondimento che ha portato Maria Elena Zanini a confrontarsi con tanti volti noti del sistema dell'alta cucina italiana, da Davide Oldani ai fratelli Alajmo, da Andrea Berton a Maurizio Ricciardi. Nomi scelti non a caso, per la capacità di costruire imprese solide che devono tener conto di tante variabili per restare a galla e generare il profitto che ci si aspetta da qualunque attività commerciale. Perché le classifiche e gli attestati di stima fanno piacere (e contano molto anche in termini di ritorno economico), ma perseguire la sostenibilità dell'impresa è il fine ultimo di chiunque voglia restare sul mercato. Dati alla mano – quelli citati fanno riferimento a un sondaggio di Jfc, società di consulenza turistica e territoriale – nel 2016 i 334 ristoranti stellati presenti in Italia (dopo l'ultima generosa uscita Michelin se ne contano 343) hanno fatto registrare un fatturato complessivo di 259 milioni di euro, un +4,1% rispetto al 2015.

 

Food cost, brand e investimenti

Ciò nonostante, tutti gli interpellati evidenziano quanto sia difficile far quadrare il registro dei conti quando l'obiettivo è quello di puntare al rialzo degli standard, non lesinando sulla qualità della materia prima e la regolarità delle assunzioni (nervo scoperto del dibattito, come del resto capita spesso nell'Italia del lavoro nero e degli stage senza orario). E quindi si discute di food cost e stipendi del personale, ma pure – di pari passo con la crescita dell'azienda che ci si ritrova a gestire – di costi invisibili, come le spese per le pulizie, o “il costo dell'idea” spiega Andrea Bertonquel processo cioè che porta alla creazione di un piatto, con spese che per ovvie ragioni non possono essere ammortizzate”. Poi si apre il capitolo consulenze e appetibilità del brand, che lo chef dei giorni nostri - chiamato a rivestire di volta in volta il ruolo di testimonial, ambasciatore di un territorio, creativo – lo valorizza (e lo ripaga) soprattutto in funzione della sua mediaticità. E non ultima la capacità di intercettare i trend, guadagnando il sostegno di finanziatori esterni, com'è stato per Massimiliano e Raffaele Alajmo, che dopo l'ingresso in società del fondo Venice nel 2010 hanno potuto contare della liquidità necessaria per espandere il business, e oggi contano 150 dipendenti al lavoro nelle diverse insegne del gruppo.

 

La classifica per fatturato

Non è un caso che proprio i fratelli di Rubano siano secondi sul podio della classifica che ordina per valore di produzione le aziende della ristorazione italiana più floride (dal punto di vista del giro economico, ma non dimentichiamo che gli utili non sempre vanno di pari passo). I dati fanno riferimento al 2015 e vedono in testa, nell'ordine, la famiglia Cerea, i fratelli Alajmo e Antonino Cannavacciuolo. In buona compagnia, però, di altri nomi noti dell'alta cucina, da Massimo Bottura (che è quarto) a Niko Romito, a Enrico Bartolini e Gualtiero Marchesi. Forti dei successi televisivi e mediatici entrano in top 10 anche Joe Bastianich – che in America può vantare ben altri numeri – e Alessandro Borghese. Riportiamo l'elenco, con nomi e cifre, così come pubblicato sul Corriere:

 

Famiglia Cerea, Da Vittorio, 15.461.865

Fratelli Alajmo, Alajmo Spa e Interland srl, 11.265.635

Antonino Cannavacciuolo, Ca.pri e Cannavacciuolo Consulting, 5.381.566

Massimo Bottura, Francescana e Franceschetta, 4.896.627

Niko Romito, R+R srl, Spazio, e Niko Romito Formazione e Consulenza, 3.742.001

Carlo Cracco, Carlo e Camilla e Carlo Investimenti, 3.530.712

Enrico Bartolini, Enrico Bartolini srl Unipersonale, 2.771.041

Moreno Cedroni, Cedroni srl, 2.612.028

Joe Bastianich, Bastianich Estate srl e Orsone, 2.115.645

Gualtiero Marchesi, Marchesi Milano e La Marchesiana srl, 2.113.800

Alessandro Borghese, Abnormal srl e Bibo srl, 700.635

 

L’Alchimiste Stuzzichini & Cocktail. Il cocktail bar con cucina mediterranea a Bordeaux

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Un cocktail bar con cucina basata su materie prime italiane, nel cuore di Bordeaux: è L’Alchimiste Stuzzichini & Cocktail, una delle insegne più interessanti della città per il bere miscelato. A idearla sono stati due amici parigini. Tutta la storia.

Tante esperienze nei migliori cocktail bar parigini, una passione per la cucina e la voglia di creare un locale nuovo, personalizzato e unico. A Bordeaux, dove la scena della ristorazione più innovativa e moderna ha iniziato a ingranare solo pochi anni fa. Con il proprietario de L’Alchimiste Stuzzichini & Cocktail, cocktail bar con cucina nel centro storico di Bordeaux, ripercorriamo l’evoluzione gastronomica della città.

Le origini

Quando ero piccolo rimanevo sempre a osservare incantato le mie nonne ai fornelli. Erano entrambe così brave, sicure nei movimenti, esperte. La loro fermezza in cucina mi faceva venire voglia di assaggiare piatti nuovi e scoprire sapori diversi”. È sempre stato un gran goloso, Clement Sargeni, buongustaio fin da bambino, cresciuto fra i profumi dei piatti di casa. Col tempo, quell’innata passione per la cucina non poteva che trasformarsi in lavoro. “Ho sempre amato il buon cibo ma è stato il bancone del bar a consentirmi di entrare in questo settore e approfondire le mie conoscenze”, racconta. La creatività di Clement si traduce nei suoi cocktail, “attraverso iqualiogni giorno vengo a conoscenze di ingredienti e gusti nuovi”.

La formazione a Parigi

Nato e cresciuto a Parigi, il barman acquisisce tecniche e competenze nella capitale francese, dapprima presso la scuola alberghiera, dove conosce l’amico che, a distanza di anni, sarebbe diventato suo socio, Romain Bruxer. E in seguito, attraverso diverse esperienze nei bar parigini, non ultimo il celebre Grazie à cocktail. “Parigi è una città molto dinamica nel settore della ristorazione. Le novità che approdano a Parigi oggi, nel resto della Francia arriveranno fra almeno cinque anni”. E in un luogo così frenetico, anche la crescita professionale è accelerata:“La velocità a cui la scena della ristorazione parigina muta ha consentito a me e Romain di avere una panoramica ampia sul mondo dell’enogastronomia e creare una nostra filosofia di cucina”. Non solo: “Ho vissuto per 7 anni in Inghilterra, dove lavoravo presso una catena di boutique hotel”, piccoli alberghi di lusso, “un’esperienza che mi ha insegnato tanto e dalla quale ho preso spunto per aprire il mio bar”.

La scelta della città

Apre i battenti a novembre 2013 L’Alchimiste Stuzzichini & Cocktail, il locale nato dall’amicizia e la collaborazione fra i due parigini e la storia di amore di Clement con Stefania Della Sala, italiana trapiantata in Francia che contribuisce alla realizzazione del bar. I due soci decidono di creare uno spazio “unico e innovativo, dove poter trovare la giusta alchimia fra cocktail e cibo”. A Bordeaux. “Dove quattro anni fa non c’era ancora nessun ristorante o bar che proponesse niente di simile, e Bordeaux era conosciuta agli appassionati gastronomi solo per la qualità dei suoi vini. Abbiamo pensato, allora, di creare proprio qui un locale in grado di differenziarsi per format e offerta da tutti gli altri”. Oggi, la città del vino è una delle più apprezzate di tutta la Francia per la sua proposta gastronomica: “C’è stata un’evoluzione considerevole e la maggior parte degli chef e barman bordolesi oggi sono molto più attenti alla qualità delle materie prime, e hanno un occhio di riguardo per i prodotti locali”. E non finisce qui: “Sono aumentate anche le tipologie di locali presenti, ristoranti dalla formula innovativa e dal concetto originale, in grado di offrire una cucina diversa”. Le insegne preferite di Clement? “Miles per mangiare, Taquin, ristorante e cocktail bar con materie prime selezionate per bere, e Wine Bar, un locale italiano con un’ottima carta di vini dal respiro internazionale”.

La cucina

Quattro bartender, soci inclusi, uno chef e un aiuto cuoco, questo il team de L’Alchimiste, di cui inizialmente faceva parte anche Stefania, che in seguito ha preso una strada diversa per via degli orari, “da quando è nato nostro figlio non potevo più lavorare fino a notte fonda”. In cucina, è chef Quentin Recoquillon a preparare le specialità del locale che riprendono la formula delle tapas spagnole: piccoli piatti gustosi che offrono ai clienti la possibilità di assaggiare diverse ricette. Gli ‘stuzzichini’, appunto, che i consumatori scelgono a loro piacimento per comporre un proprio menu personalizzato. Il cuoco è francese, ma nonostante Stefania non sia più presente nel locale, gli influssi italiani si percepiscono ancora. “La nostra è una cucina prettamente mediterranea, rivisitata e reinterpretata dallo chef” e basata quasi esclusivamente su materie prime made in Italy. Per la selezione degli ingredienti, i due soci si affidano a Siagi, esportatore di prodotti italiani all’estero, “tutti di alta qualità”, dai cereali biologici ai presidi Slow Food, dalla pasta di Gragnano La Rigorosa alle farine rimacinate a pietra Caputo.

I drink

Ad accompagnare le pietanze, una carta dei vini che comprende tre etichette italiane e due bordolesi, “quelle che abbiamo ritenuto più indicate per i nostri piatti”. Ma soprattutto cocktail. Grappa, vermouth chinato, amari di vario genere, Calvados, Armagnac: per le sue creazioni, Clement prende ispirazione dai distillati di una volta, “quelli più difficili da trovare nella maggior parte dei locali contemporanei ma che, se ben bilanciati con altri ingredienti, sono in grado di restituire un gusto unico alla bevanda”. Fra le specialità della casa, c’è il Dark Side of the Moon, a base di tequila Reposado, marsala infuso con le mandorle, Martini Gran Lusso, Walnut bitters, scorza d’arancia e chiodi di garofano. Alta attenzione all’utilizzo di fiori eduli e erbe spontanee, “fondamentali per i miei drink”.

Il bere miscelato in Francia

Una scena sempre più competitiva, quella dei cocktail bar, che sono sempre più diffusi in Europa, principalmente nelle grandi città, ma non solo. E Bordeaux non fa eccezione. “Dal 2007 in Francia abbiamo assistito a una rinascita della mixology a tutti gli effetti. È un panorama che continua a crescere in maniera esponenziale, principalmente a Parigi, ma negli ultimi anni anche nelle altre maggiori città francesi”. E in Italia? Sono tanti i bartender professionisti che continuano a tenere alta la bandiera dei cocktail made in Italy. Fra questi, quello che Clement stima di più è Oscar Quagliarini di Grazie, bar à cocktail di Parigi, mentre fra i colleghi francesi è Franck Conti, dello stesso locale: “Ho avuto la fortuna di lavorare con entrambi a Parigi. Sono stati loro a insegnarmi le tecniche per utilizzare erbe, fiori e spezie nei cocktail. Da loro ho imparato a miscelarli in maniera adeguata e integrarli al meglio nei drink”.

La crescita

Un locale giovane, L’Alchimiste, che ha ingranato fin da subito: “Già durante le prime serate di apertura, il ristorante era pieno”. Un po’ per la posizione strategica nel centro storico di Bordeaux, un po’ per la novità: “Ci sono diversi turisti che frequentano il nostro locale, ma sono stati in principio soprattutto i bordolesi a essere attratti dall’offerta diversa che coniuga cibo e cocktail”. Il successo è stato immediato, tanto da spingere i soci ad aprire altri due locali, simili nel concetto ma diversificati nella proposta. Il CanCan Coquetels & Flonflons, aperto nel 2015, e L’Alchimiste Gintoneria, inaugurato nel 2016 con l’obiettivo di valorizzare al massimo uno dei distillati più in voga del momento, il gin, attraverso una selezione attenta e curata. “Tutti e tre i nostri locali funzionano molto bene, per ora possiamo ritenerci soddisfatti”. Niente progetti per il futuro al momento, dunque, “abbiamo già abbastanza lavoro”, se non quello di continuare su questa strada e contribuire alla promozione di una città tutta da bere. Non solo per il vino.

L’Alchimiste Stuzzichini & Cocktail | Francia | Bordeaux | 12 rue du Parlement Saint Pierre | tel. +33 556481182 | lalchimistebordeaux.com/

a cura di Michela Becchi


Il dossier antiburocrazia dei vignaioli indipendenti. Intervista a Matilde Poggi

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Archiviata in modo positivo la prima mostra mercato a Roma, i vignaioli della Fivi guardano già al prossimo anno e fanno un appello per salvare i vecchi vitigni. Mentre continua la loro “battaglia” per snellire la vita alle piccole imprese

La Fivi (Federazione vignaioli indipendenti), a cui aderiscono oltre 1100 viticoltori di tutte le regioni italiane, ha scelto per la prima volta Roma come sede della propria mostra mercato. I 212 produttori schierati nel Salone delle Fontane nel quartiere dell’Eur hanno accolto circa 6500 tra appassionati e operatori. L’incontro romano ha anche permesso di parlare dell’aggiornamento del dossier sulla burocrazia (2014) perché, nonostante i miglioramenti annunciati dal Testo Unico del Vino (Tuv), adempimenti e doppioni - spesso inutili - continuano a pesare sulla vita delle imprese, piccole o grandi che siano. “Le nostre sono tutte proposte concrete” ha dichiarato Saverio Petrilli, segretario nazionale Fivi “ma soprattutto sono nate in campo, dal disagio che abbiamo raccolto e continuiamo a raccogliere dai nostri associati”. Il problema di fondo nasce dalla sperequazione tra chi ha dimensioni, strutture e personale in grado di gestire la mole degli adempimenti richiesti e chi, molto più piccolo, vive con difficoltà una burocrazia che non fa differenze.

La Fivi, cos'è

La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi) è un'associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Per statuto, possono aderire alla Fivi solo i produttori che soddisfano alcuni precisi criteri: "Il Vignaiolo Fivi coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta". Attualmente sono poco più di 1100 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 11.000 ettari di vigneto, con una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Significa quasi 80 milioni di bottiglie commercializzate e un fatturato totale di circa 0,7 miliardi di euro, per un valore dell’export di 280 milioni di euro.

 

Ecco cosa ne pensa Matilde Poggi, produttrice di vino e presidente Fivi.

 

Matilde PoggiMatilde Poggi

 

Iniziamo da Roma. È la prima volta che la Fivi affronta la Capitale. Come siete stati accolti e soprattutto qual è il bilancio ?

 

È andata bene. Molto bene. In due giorni abbiamo avuto 6500 ingressi: per essere la prima edizione è un buon risultato, tenendo anche conto che molte aziende si sono dovute sdoppiare, perché in Abruzzo era in svolgimento un’altra manifestazione. A differenza di Piacenza, giunta alla sesta edizione, dove gli ingressi sono stati 9000 e i privati sono la parte preponderante, a Roma sono venuti molti operatori del settore (enoteche, ristoranti). Abbiamo venduto di meno ma abbiamo avuto contatti con molti nostri clienti. Insomma, è un appuntamento da ripetere e da consolidare.

 

Alla fine della manifestazione romana, avete lanciato un appello per la tutela dei vecchi vigneti. Di cosa si tratta in particolare ?

Abbiamo inviato alla segreteria tecnica del Ministero una richiesta di deroga per salvare dall’espianto le vigne di almeno trent’anni che presentino tra i filari delle varietà minori non autorizzate dai disciplinari. Per noi la tutela dei vecchi vigneti è un valore culturale e un patrimonio di biodiversità da salvaguardare. I disciplinari, spesso troppo rigidi, e i controlli fin troppo precisi effettuati dagli Organismi di controllo, possono portare, a causa di queste presenze, all'esclusione di interi vigneti dalle Denominazioni di origine. L’unica scelta che rimane al vignaiolo è il reimpianto del vigneto e l’eliminazione delle cultivar non previste. Vogliamo evitare che questo patrimonio vada disperso.

 

Recentemente avete presentato un’integrazione al dossier sulla burocrazia, toccando diversi temi che si intrecciano con decreti attuativi del Testo Unico del Vino che il Ministero sta predisponendo…

Il Tuv ha risolto molti problemi, ma ora si tratterà di vedere come saranno formulati i decreti. Per esempio ci stiamo battendo perché, stante il regime attuale, un’azienda che produce 100/200 o 300 ettolitri di vino, subisce gli stessi controlli di chi ne fa 10 o 100 volte tanto. Vorremmo ci fosse una maggiore gradualità.

 

Quali sono gli altri punti che avete toccato nel dossier?

Spaziamo dai corsi per i patentini delle macchine agricole, dove chiediamo che il personale oltre a essere qualificato, abbia la necessaria esperienza e che sia previsto un adeguato un numero di ore di pratica in campo e con il simulatore, anche in situazioni difficili, cioè in terreni in pendenza o molli. Inoltre, ci siamo pronunciati sull’utilizzo delle fecce e delle vinacce in campo agronomico, oggi di fatto quasi impossibile a causa del divieto di compostaggio, l’unica pratica che renderebbe questi sottoprodotti adatti come fertilizzanti.

 

Per quanto riguarda i controlli, i Vignaioli hanno richiesto per l’ennesima volta la condivisione delle informazioni tra le varie amministrazioni coinvolte...

Assolutamente. Tutto ciò che deriva dalle visite ispettive deve essere condiviso immediatamente da tutti gli enti e le autorità a cui tali informazioni possono risultare utili. Bisogna evitare inutili doppi controlli che risulterebbero difficili da gestire dai vignaioli in termini di tempo necessario, e soprattutto diradando le visite alle conclamate aziende più virtuose. Una regolare condivisione delle informazioni, potrebbe semplificare il rinnovo del riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo (Iap) riducendo la necessità di ripetere, ogni volta, una serie di dichiarazioni ridondanti. Ribadiamo, inoltre, la richiesta di rivedere le procedure di aggiornamento degli attuali sistemi di monitoraggio regionale del patrimonio viticolo che ogni volta sono fonte di problemi.

 

Questa volta la vostra attenzione si è rivolta anche alle commissioni di degustazione. Quali sono i principali problemi che avete riscontrato e cosa proponete?

Stiamo notando che le attuali commissioni (formate da tecnici degustatori quali enologi, periti agrari, ecc, ed esperti degustatori, quali sommelier, ecc. iscritti ad appositi Albi; ndr.) tendono a premiare i vini più standardizzati a scapito di quelli meno omogenei, vedi vinificazione sulle bucce prolungata, con colori più accentuati, altitudine d’impianto, ecc. La nostra proposta è di inserire nelle commissioni anche dei produttori di vino con una comprovata esperienza di almeno 5/7 anni e quindi con tutte le caratteristiche necessarie per svolgere l’incarico.

 

Il dossier in 7 punti

 

1 Sicurezza sul lavoro: è necessario che a condurre i corsi relativi all’uso in sicurezza di dotazioni meccaniche (trattrici in primis) sia personale con esperienza pratica.

2 Vinacce e fecce utilizzate agronomicamente: Fivi chiede con urgenza che venga posto rimedio al vuoto normativo che di fatto ne impedisce l’utilizzo come fertilizzante.

3 Registri telematici: Fivi rinnova la richiesta di rendere obbligatorio il Sian solo quando dimostrerà un funzionamento stabile e affidabile e che sia facoltativo per i piccoli produttori.

4 Controlli e condivisione delle informazioni fra gli enti preposti: Fivi richiede che le informazioni derivanti da visite ispettive di qualsivoglia ente o autorità sia condivisa per via telematica.

5 Spedizioni e documenti di accompagnamento: la richiesta di Fivi è di aumentare fino a 240 bottiglie il limite per le spedizioni a privati e di prevedere nello sviluppo del registro telematico sul Sian una funzione che provveda il produttore viticolo di documento Intrastat.

6 Commissioni di degustazione: Fivi rinnova la richiesta di ammettere produttori ammessi a far parte nelle commissioni delle Doc e Docg.

7 Protezione e monitoraggio dei vigneti: Fivi propone la creazione e l’implementazione del monitoraggio della vulnerabilità al rame e agli altri elementi utilizzati nella difesa attiva che si accumulano nel suolo.

 

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 25 maggio

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Gambero Rosso e Giglio Group insieme per un canale tv internazionale sul made in Italy

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Leader italiano del settore food and wine, Gambero Rosso si prepara a lanciare un nuovo canale televisivo dal respiro internazionale grazie all'accordo con Giglio Group, prima società di e-commerce 4.0 specializzata nel settore del broadcast radio televisivo.

L'accordo

Una nuova joint venture per il Gambero Rosso, azienda leader del settore enogastronomico in Italia da ben 30 anni (che proprio oggi fa registrare una volata sulla borsa Aim Italia, miglior titolo di tutta piazza Affari, con un progresso teorico di oltre l'11% a metà mattinata) ora pronta ad ampliare la sua gamma di attività con un nuovo canale tv in lingua inglese. Già presente sulle reti televisive cinesi CCTV e in Svizzera su Teleticino, il Gambero Rosso intensifica la propria presenza internazionale attraverso un accordo con Giglio Group (Aim Italia-Ticker GGTV), prima società di e-commerce 4.0 che con questa partnership si propone di aumentare il numero di canali nel proprio network, attualmente distribuito in 55 Paesi, 5 continenti e in 6 lingue, su satellite, mobile, web tv e compagnie aeree. E non solo: lo scopo del Gruppo è anche quello d arricchire di ulteriori contenuti la sua piattaforma Ibox, il cui target è in perfetta sintonia con la promozione e vendita delle eccellenze made in Italy, da sempre obiettivo primario del Gambero Rosso.

Giglio Group

Fondata da Alessandro Giglio nel 2003 e quotata in Borsa sul mercato AIM dal 7 agosto 2015, Giglio Group è leader nel settore del broadcast radio televisivo, e ha sviluppato negli anni soluzioni digitali all’avanguardia, rappresentando così un market place digitale a livello globale in grado di approvvigionare i trenta principali digital retailer del mondo. Nel 2016 il Gruppo (con sedi a Roma, Milano, New York e Shanghai) ha lanciato il proprio modello di e-commerce 4.0, attualmente operativo in Cina e Usa, mediante il quale l’utente “vede e compra” cliccando sul proprio smartphone o tablet o scattando una fotografia del prodotto che sta guardando in tv, per una rivoluzionaria esperienza d'acquisto.

Prosegue a ritmi sostenuti la creazione di una piattaforma unica nella sua proposta in cui convogliare il meglio dell’italianità nel mondo. Dopo i recenti accordi per la diffusione dei ClassTv Moda e Class Horse.Tv, aggiungiamo un ulteriore elemento di rappresentatività del Made in Italy, ovvero il food, e lo realizziamo con uno dei brand più prestigiosi sul mercato e il primo in Italia -dal 1999- a dedicare un canale televisivo al cibo di qualità e alla promozione dei territori”, ha dichiarato il Presidente Alessandro Giglio. Il primo passo? “La creazione e distribuzione del nuovo canale partendo dalle piattaforme in cui siamo già presenti nel mondo, pronti a cogliere anche ulteriori nuove opportunità che dovessimo ritenere strategiche per qualità e capacità di diffusione”.

Gambero Rosso

Il Gambero Rosso opera attualmente nei 5 continenti con attività di promozione e formazione ed eventi B2B che hanno consentito negli anni ai produttori italiani più attenti, dapprima nel settore vitivinicolo e in seguito anche in quello gastronomico, di conoscere mercati, selezionare importatori e aumentare vendite e marginalità. Il Presidente e Ceo di Gambero Rosso Paolo Cuccia ha commentato così l'accordo: “Progredisce il potenziamento della nostra piattaforma multimediale e multicanale a servizio del meglio del made in Italy nel mondo”. Il nuovo canale sarà interamente in lingua inglese ma “è previsto che, successivamente, come già avvenuto per le nostre guide tradotte e pubblicate in altre lingue, si estenda la focalizzazione sui principali paesi nelle lingue dei medesimi”.

a cura di Michela Becchi

Birra del Borgo Day. La festa della birra a Borgorose dura 4 giorni. Con Bonci, Callegari, Liberati, Nastri e Usai

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Un nutrito parterre di volti noti della scena gastronomica romana per festeggiare il dodicesimo compleanno del birrificio di Leonardo Di Vincenzo alla Villa Comunale di Borgorose. E poi la birra: 30 birrifici per 130 spine in rappresentanza dell’artcraft italiana e internazionale. Il programma e i protagonisti, dal 1 al 4 giugno. 

12 anni di Birra del Borgo. Dalla cessione all’Osteria

Quattro giorni di festeggiamenti per il dodicesimo compleanno di Birra del Borgo. E se l’ultimo anno è stato decisamente importante per il birrificio reatino -  la primavera scorsa Leonardo Di Vincenzo cedeva alle lusinghe di Ab Inbev, sancendo così il primo passaggio di un’importante realtà brassicola artigianale italiana sotto l’egida del colosso internazionale – la voglia di fare festa con gli amici di sempre, dove tutto è iniziato, non è venuta meno. Seppur tra qualche polemica e malumore di troppo, che testimoniano quanto fervore e personalità supportino la crescita costante del movimento birrario nazionale, la storia dell’ultimo anno di Birra del Borgo ha fatto registrare traguardi importanti, pure per la tranquillità economica raggiunta dopo la cessione del marchio, che però ha lasciato al suo posto il patron Di Vincenzo, sempre alla guida dello stabilimento di Borgorose. Il successo più recente ha visto affacciarsi sulla scena romana il birrificio per la prima volta con un’insegna tutta sua, nei locali che un tempo ospitavano Romeo. Dopo solo un paio di mesi dall’apertura, infatti, l’Osteria di Birra del Borgo, con la collaborazione di Gabriele Bonci e i cocktail firmati Jerry Thomas, ha conquistato la sua schiera di affezionati clienti, riunendo in uno spazio dalla vocazione conviviale appassionati intenditori di birra, turisti a passeggio per Prati, famiglie che affollano il pranzo della domenica, romani in cerca di un contesto informale per mangiare di gusto. E, non ultimi, i fedelissimi della pizza di Gabriele Bonci, che in via Silla propone un’ampia selezione di proposte in teglia e tranci crunch, serviti al tavolo su tagliere.

La festa. Le birre

Proprio il maestro di Pizzarium sarà tra gli ospiti più attesi al Birra del Borgo Day, che si sdoppia in 4 sfruttando l’onda lunga della festa della Repubblica, con quattro giorni dedicati alla cultura brassicola e al buon cibo alla Villa Comunale di Borgorose, dal 1 al 4 giugno. Come sempre l’anniversario rinnova l’opportunità di scoprire il mondo della produzione brassicola da vicino, a contatto con i protagonisti del settore. E quindi alle degustazioni e agli assaggi si avvicenderanno cotte pubbliche al vecchio birrificio di Collerosso e laboratori, oltre ai momenti di intrattenimento musicale sotto la direzione artistica di Viteculture. 130 le spine a disposizione degli amanti della birra, con una nutrita selezione di etichette italiane e straniere, per un totale di 30 birrifici, da Opperbacco a Birradamare, da Turbacci a Montegioco a Mukkeller, che hanno risposto alla chiamata di Birra del Borgo.

Cosa si mangia

E molto varia sarà anche la selezione gastronomica: il 2 giugno si comincia con Daniele Usai, in arrivo dal Tino di Fiumicino per presentare i suoi dim sum alla nduja di tonno e spuma di patate affumicate; segue, il 3 giugno, un altro volto noto del panorama d’autore romano, Luigi Nastri, che dopo Stazione di Posta ha recentemente preso le redini del nuovo Eit al Rex. Lo chef romano proporrà sul prato della Villa Comunale la sua idea di pic nic primaverile, con Uovo e vignarola cacio e pepe. Segue nella giornata di domenica 4 giugno il sodalizio con presenze consolidate della manifestazione: in scena Roberto Liberati, con una versione nostrana dell’asado argentino, e Gabriele Bonci, con una selezione di tranci classici e proposte inedite; suo anche il pane per gli hamburger di razza piemontese di Optima Carne, azienda cuneese, che proporrà anche carne tagliata a coltello e panciamati, piatto sostanzioso a base di straccetti di pancia di bovino, caciocavallo podolico o friarielli. E ancora i Trapizzini di Stefano Callegari e i formaggi del caseificio di Campo Felice. All’abbinamento guidato cibo-birra provvederanno Franco Franciosi di Mammarossa (Avezzano) ed Eugenio Signoroni, che suggerirà l’etichetta più giusta per le creazioni dello chef. L’ingresso è gratuito e le consumazioni si pagano in gettoni. La festa, come si conviene, continua fino a notte inoltrata: dalle 12 alle 2 nelle giornate centrali, fino al tramonto domenica 4.

 

Birra del Borgo Day | Borgorose (RI) | Villa Comunale | dal 1 al 4 giugno | www.birradelborgo.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Bonci apre a Lucca. Un nuovo Pizzarium è possibile

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Sono passati anni da quando Gabriele Bonci ha inaugurato il suo Pizzarium, l'alta pizzeria d'autore con grandi impasti e grandi farciture. Un laboratorio gourmet per farine, lievitazioni e condimenti che ha fatto scuola e che Bonci, pur avendo aperto molte altre insegne, non ha mai duplicato. Fino a ora.

La notizia è di quelle che non passano inosservate: Pizzarium raddoppia. E non a Roma, dove oltre 10 anni fa Gabriele Bonci ha iniziato la sua scalata nell'olimpo dei lievitisti. Ma a Lucca. Mantenendo le promesse sottese in quel nickname che ne celava (ma non del tutto) l'identità sul Forum del Gambero Rosso, sorta di Facebook gastronomico quando Facebook ancora non c'era. Fermenti, questo il nomignolo, dichiarava allora la sua passione per i lieviti (da mangiare e da bere) e il suo fervore, mai sazio di nuovi progetti.

Gabriele Bonci

Così, anno dopo anno, il Michelangelo della pizza a taglio, secondo una famosa definizione, ha moltiplicato collaborazioni e insegne. Ma mai la sua prima creatura, quel Pizzarium di via della Meloria che sta, alle molte attività di Bonci, come il ristorante gourmet alle trattorie dei grandi chef. O se preferite come l'alta moda sartoriale al prêt-à-porter. È la sua vetrina, il luogo delle sperimentazioni e dell'alta gastronomia, pur rimanendo nei confini dello street food. Quello che declina la pizza a taglio in varianti d'autore che non rifiutano neanche materie prime d'alto rango e preparazioni laboriose. Un posto unico, almeno fino a ora: Bonci negli anni ha aperto tanti altri locali (il Panificio, il Mercato Centrale, il punto vendita al Cerrefour e altro ancora), ma mai ha pensato di fare un altro Pizzarium. Ci è voluto un altro appassionato di prodotti e ottimo cibo per decidere di duplicare questo progetto.

 

Massimo Minutelli

L'altro è Massimo Minutelli, patron del ristorante La griglia di Varrone, aperto a Lucca una decina di anni fa e più recentemente anche a Milano. Uno che quando parla di prodotto, di allevamenti e agricoltura fatti come si deve si infiamma leggero. “Mi occupo di ristorazione da 11 anni e conosco Gabriele dallo stesso tempo” racconta, a tracciare l'origine di questa collaborazione, che però si spiega molto di più nella comune attitudine al buono e alla qualità senza deroghe. “Adoro la gastronomia, di qualsiasi genere, dai mangiari di strada ai grandi ristoranti, e ritengo la pizza di Gabriele unica e divertentissima. È un'esperienza gastronomica” e non parla soltanto di gusto: “mi piace per l'etica, per la coerenza e per come le porta avanti, per la sua capacità di selezionare farine importanti e altre gradi materie prime scegliendo di lavorare con piccoli produttori”. Uno che sa di cosa parla, Minutelli, che i fornitori li vuole conoscere personalmente e capire chi sono, prima di lavorare con loro. Uno che sa scegliere, oltre che un ristoratore di rango e un riferimento per gli amanti della carne e del fuoco, con quella griglia che rimanda dritto a Etxebarri. Così, con questa dichiarazione di comuni interessi, si rischiarano i contorni di un progetto semplicissimo nella proposta, ma elaborato per il dietro le quinte.

piza

Le materie prime

A partire, naturalmente, dalla selezione dei fornitori: “due o tre settimane fa ho preso Gabriele e l'ho portato a conoscere alcuni produttori: la zona di Lucca è ricchissima, c'è una bella rete di piccole aziende che lavorano bene, molte bio e biodinamiche”. E allora, a chiedergli conto di cose andrà ad arricchire l'impasto realizzato con le farine del mulino Marino, arriva un bell'elenco di aziende locali: “Podere Al Carli d Monica Ferrucci per i formaggi di capra, Magie di latte per le mozzarelle, per i salumi invece abbiamo la norcineria Bullentini, che lavora le carni della tenuta Setteventi. Hanno animali allevati allo stato semibrado in mezzo al bosco” racconta “è forse la carne più simile a quella di Joselito”. Numeri bassi, spiega, da trasformare in salumi per sfruttare tutto il maiale e non sprecare nulla. “Per quanto riguarda i prodotti dell'orto ci rivolgiamo a due realtà: la cooperativa sociale Carraia, che integra persone che hanno delle disabilità, e la Cooperativa Calafata, che lavora in regime biodinamico”. Da loro arrivano ortaggi, e anche vino. Perché da bere, oltre a birre artigianali come Baladin, si trovano bibite e una decina di etichette di vino, tutte selezionate con una filosofia green. “A Lucca ci sono molte persone che lavorano veramente bene, che il vino lo fanno in vigna e non in cantina”. Questa la proposta del nuovo Bonci.

Il locale

Via Romana, fuori le mura di Lucca. Un posto ampio, chiaro, tutto giocato su legno e pietra, anche qui materie prime al centro del progetto, con una 60ina di posti a sedere, “ma senza servizio al tavolo” e uno spazio esterno con i giochi per i bambini, “perché l'educazione alimentare inizia da qui” spiega “da una pizza ben fatta con prodotti di qualità” quei prodotti che riconducono, direttamente, a chi lavora la terra e alleva gli animali. Il format? È quello di Pizzarium. “con il know how di Bonci e la sua qualità”. Tanto basta: è una formula rodata, semplice ma varia. E anche se l'abbinata griglia + forno avrebbe fato gola a più d'uno, per ora nessuna possibilità di mix: “lavoro con la stessa filosofia, ma qui ci sarà solo la sua pizza. A Lucca mancano pizzerie con questi criteri, con farine importanti e impasti così” spiega, e aggiunge: “poi sappiamo che Gabriele fa sempre tante, tantissime varianti, per il lucchese il divertimento sarà scegliere ogni volta il gusto preferito” tra quelli proposti, creati secondo quanto l'estro e il mercato suggeriranno. In abbinata fritti e qualche dolce, tutto qui. Al massimo un panino con la porchetta.

A dettare regole e ritmi Gabriele Bonci, che sta formando il personale nel Pizzarium di Roma. “Per i primi tempi ci aiuterà mio fratello Filippo che ha una panetteria a Lucca” aggiunge Massimo “ma soprattutto ci saranno alcuni ragazzi del Pizzarium di Roma al laboratorio e al bancone ad accompagnare l'avvio; e Gabriele, ovviamente”. Che sperimenta in questa occasione il primo Pizzarium oltre Pizzarium, che dovrebbe aprire entro luglio, subito dopo l'apertura a Chicago.

E mentre si mette a punto il locale toscano, firmato da Diego Perusko, l'architetto che ha già curato La griglia di Varrone, Minutelli inizia a guardarsi intorno: “Mi sto già muovendo per trovare il posto adatto a Milano, aspettiamo solo la conferma che questo a Lucca vada bene”. Ma non è l'unica novità in cantiere per Bonci, che pare sia in cerca del locale giusto anche a Matera e di spazi a Roma. Ma di questo parleremo a tempo debito.

 

Bonci | Lucca | via Romana

 

a cura di Antonella De Santis

 

 

Botteghe del formaggio. 8 indirizzi per gli acquisti gastronomici a Napoli

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Iniziamo una nuova rubrica sulle migliori botteghe del formaggio in città, negozi specializzati in cui scoprire le eccellenze locali, ma anche specialità del territorio nazionale ed estero. Partiamo da Napoli, con 7 gastronomie dove comprare (e assaggiare) il meglio della produzione campana e non solo.

 

Chi pensa solo a mozzarella di bufala, ricotte e scamorze, si sbaglia di grosso. La produzione casearia campana è ampia, e comprende prodotti - meno conosciuti ma altrettanto interessanti - come il pecorino di Carmasciano, il cacioricotta del Cilento, le provole di Agerola, i caciocavalli irpini. Vi raccontiamo queste specialità, con 7 indirizzi per i vostri acquisti gastronomici a Napoli.

 

Caseari Cautero

Salvatore Cautero inizia la sua carriera come importatore di stoccafisso, l’attività della sua famiglia.“Ho aperto nel 1997, con l’obiettivo di seguire le orme delle generazioni che mi hanno preceduto” racconta Salvatore, “ma qualche anno dopo l’offerta si è spostata sui formaggi”. Da Cautero si trovano soprattutto formaggi italiani come il pecorino di Carmasciano, il cacioricotta del Cilento, il blu di pecora delle alpi piemontesi, le burrate pugliesi e naturalmente mozzarelle e trecce locali. “In Campania compro soprattutto da Carmasciando, una piccola azienda che produce esclusivamente con il latte dei propri allevamenti, ma lavoro anche con I Filadelfi in Cilento, da cui mi rifornisco di formaggi di capra e bufalini”. E poi, ancora “Gregorio Rotolo con i suoi magnifici formaggi abruzzesi, tutti fatti con latte crudo biologico, specialità particolari come il Gregoriano tenero di Scanno, la ricotta a scorza nera, il caciocavallo barricato”. Dall’estero il Blue stilton, formaggi di capra francesi, l’ardrahan irlandese, il Cheddar a latte crudo, tutti provenienti da Luigi Guffanti.

 

I formaggi di Caseari Cautero, NapoliI formaggi di Caseari Cautero

In negozio anche salumi territoriali, come quelli della Masseria Valenzio di Calitri, ed esteri, per esempio jamòn iberico, oltre a pasta di Gragnano, marmellate, conserve e sottoli. Da scoprire, la selezione di champagne di cui Salvatore è amante, con oltre 200 etichette fra grandi maison e piccoli produttori. Tutto questo da acquistare, oppure da assaggiare direttamente in loco seduti attorno ai graziosi tavolini a botte. Salvatore, inoltre, propone “Lo charcutier a casa tua”: chiunque ne abbia voglia può prenotare una degustazione guidata con prodotti da assaporare comodamente seduti sul proprio divano di casa.

Caseari Cautero| Napoli | piazzetta Pontecorvo | tel. 081 1917 9449 | www.facebook.com/casearicautero

 

Salvatore Cautero nella sua bottegaSalvatore Cautero nella sua bottega

 

Eccellenze campane

Un contenitore di piccole imprese artigianali, tutte operanti nel settore dell’enogastronomia, da promuovere evitando i passaggi intermedi. È Eccellenze campane, una vetrina per le specialità di questo territorio: dal pane alla pasta, passando per vini e birre, formaggi, salumi, conserve e molto altro. L’obiettivo non è solo quello di valorizzare le produzioni di alta qualità, ma anche quello di informare ed educare facendo luce sulla provenienza e lavorazione dei prodotti.

Sono 8 i settori che si trovano all’interno del mercato di Eccellenze campane: panificio, birrificio, pastificio, caseificio, torrefazione, pasticceria, cioccolateria e gelateria - mentre per frutta e verdura c’è una fiera bisettimanale. Mentre la sede di via Partenope è dedicata ai prodotti del mare.

 

I formaggi di Eccellenze Campane - NapoliI formaggi di Eccellenze Campane

 

Tra i formaggi in vendita, Mozzarella di bufala campana Dop, fior di latte, scamorze, diversi tipi di caprini, caciocavalli vaccini, primo sale (sia nella versione con le noci che piccante), Provolone Silano Dop e diversi formaggi di pecora.

Oltre ai due punti vendita di Napoli, in Via Brin 69 e in via Partenope 1/b, Eccellenze campane è presente anche a Londra (in 50 EXmouth market, Clerkenwell, Ec1r 4ge) e presto debutterà anche a Milano in Via Cusani 1, angolo Broletto.

Eccellenze Campane | Napoli | via Benedetto Brin, 49 | tel. 081 203657 |www.eccellenzecampane.it

Eccellenze Campane Mare | Napoli | via Partenope, 1 | tel. 081 7169435 | www.eccellenzecampane.it

 

Gourmeet

Un “contenitore” di prodotti di alta qualità del territorio campano e non solo, con qualche incursione fra le eccellenze estere. È Gourmeet, progetto in continuo fermento aperto dal 2015 in via Alabardieri. Tanti i formaggi da assaggiare, dalle Mozzarelle e Ricotte di bufala campana Dop al Provolone del Monaco Dop, dal caciocavallo di bufala di Salerno e quello podolico, fino ai formaggi a crosta fiorita e lavata. Molti i prodotti dall’Emilia Romagna e dalla Lombardia, ma anche gli internazionali, con il Brie de Meaux, Camembert, Brillat Savarin. Una linea particolare che trovate solo qui è Ella - Freschi di Bufala, un marchio registrato di formaggi artigianali di alta qualità, dedicata ai palati più evoluti. Solo latte fresco di bufala dell'area delimitata dalla Dop, che da vita a prodotti particolari come Pagliarella (Mozzarella di bufala Campana Dop affumicata), Fingerella (snack di mozzarella di latte di bufala) o Gourmella (formaggio morbido di latte di bufala a crosta fiorita). Oltre ai formaggi, sono davvero tanti i prodotti da assaggiare da Gourmeet, in particolare quelli del banco salumi (ma anche quelli dell’ortofrutta, il banco pane, la pescheria e il banco carni), dal classico prosciutto crudo di Parma al Patanegra Iberico de Bellota, dalla Bresaola Igp della Valtellina allo Speck altoatesino, oltre a tante eccellenze del territorio campano.

Gourmeet | Napoli | via Alabardieri,8/11 | tel. 081 7944131 | www.gourmeet.it

 

Il Bianco

È davvero ampio l’assortimento che Francescopaolo Platano propone nella sua bottega gastronomica, nel quartiere Arenella. E Il Bianco, nome scelto nel 2014 per questo punto vendita, si riferisce proprio al colore del latte. “Cerchiamo sempre di far assaggiare ai clienti specialità poco conosciute, come i vari pecorini” racconta, “in particolare hanno successo quello di Carmasciano e il bagnolese. Il prodotto che viene più richiesto è invece il Provolone del monaco, ma anche il primo sale e lo stracchino di capra, più freschi e digeribili”. Dal banco fanno capolino le mozzarelle di Cancello Arnone e quelle del Cilento, i tanti pecorini (quello di Pienza e di Bagnoli, il Carmasciano, di Filliano Dop), il caciocavallo podolico, il fior di latte di Vico Equense“fatto ancora come una volta, con il latte degli allevamenti locali e la cicatrice che deriva dal taglio manuale della pasta filata”, una vasta selezione di formaggi di capra “dalla ricotta al burro, passando per lo stracchino, il primo sale e l’erborinato”. In negozio le produzioni d’eccellenza locali di Carmine Bonacci (azienda Le Curti), Patrizio Della Polla, e Giuseppe Moscillo, ma anche formaggi da altre zone come il Montasio, l’Asiago, il Ragusano e il Piacentinu ennese, tutti coperti dalla denominazione d’origine.

La bottega rappresenta una vera e propria vetrina del meglio dell’agroalimentare nostrano: dalle fette artigianali di Calvizzano alle passate di pomodoro di Di Cerbo da Benevento, dai sottoli dei salentini I Contadini, alla pasta Felicetti, Gerardo di Nola e Vecchio pastaio, passando per le marmellate di Giòsole, la farina Petra, i ceci e le nocciole di Giovanna Voria.

Il Bianco | Napoli | via Saverio Altamura, 25 | tel. 081 560 8406

 

Salumeria Genovese

La storia di questa salumeria nel cuore del Vomero inizia nel 1967, ma Vincenzo Genovese coltiva il suo sogno da molto tempo prima, da quando, ad appena 11 anni, lascia la scuola per andare a lavorare come garzone nelle migliori botteghe della città. Aperta la sua di attività, dedica tutto il suo tempo alla selezione non solo dei migliori salumi locali, ma anche di formaggi, conserve, olio, pasta e pasticceria secca. Oggi, alla guida della bottega c’è Giuseppe Picardi, collaboratore e braccio destro di Vincenzo da oltre 20 anni: con lui il team si è rinnovato e specializzato sempre di più, espandendo l’attività ben oltre il settore dei salumi.

Per quanto riguarda i formaggi, dal bancone fanno capolino le Mozzarelle e le Ricotte di bufala campana Dop da Aversa, i fior di latte e le provole di Agerola, il Provolone del monaco Dop della costiera sorrentina, ma sono spesso presenti anche il Castelmagno Dop da Cuneo, il Parmigiano reggiano Dop con oltre 36 mesi di stagionatura, il pecorino di fossa umbro, il bagos bresciano.

 

Salumeria genoveseSalumeria genovese

 

Naturalmente è sempre ben fornito il reparto salumi, che propone i grandi prosciutti come il San Daniele o il Prosciutto di Parma doppia corona stagionato per più di 18 mesi, ma anche jamón ibérico e il serrano dalla Spagna poi il Culatello di Zibello Dop e tante specialità locali come il prosciutto di maiale nero casertano, i salumi tipici napoletani, in primis salsiccia piccante, soppressata e capocollo. E poi, ancora, un ricco reparto di gastronomia con cui immergersi nell’autentica tradizione napoletana: dal casatiello alla pizza di salsiccia e friarielli, passando per gli gnocchi alla sorrentina, la frittata di maccheroni e il sartù di riso.

Da non perdere anche il reparto vini: oltre 350 etichette delle più pregiate etichette italiane, da Sassicaia o agli spumanti di Franciacorta, con incursioni anche nello champagne francese e prodotti locali come Greco di Tufo, Falanghina, Lacryma Christi.

Salumeria Genovese | Napoli | via Domenico Cimarosa, 41 | tel. 0815563908 | www.gastronomiavomero.napoli.it

 

Sagra - Bottega dei prodotti tipici

La bottega prende il nome dalla fusione dei nomi dei due proprietari, Salvatore e Grazia Lista. Ed è Salvatore che racconta il loro lavoro: “cerchiamo di dare sempre priorità alle produzioni artigianali, che siano sotto denominazione oppure no, dai caciocavalli podolici ai pecorini locali come il Carmasciano, di piccole aziende e consorzi che custodiscono una tradizione, con delle storie da raccontare”. Largo spazio anche ai Dop e Igp, sia locali che nazionali, e qualche chicca estera. “Abbiamo i classici della produzione casearia europea come il Blue stilton o il Cheddar e, spesso, diversi tipi di caprini francesi e spagnoli”.

Diverse le specialità dal casertano e dall’Irpina, ma anche da zone limitrofe alla Campania, come Lazio e Molise. Qualche nome? Il caciocavallo dell'azienda La bruna alpina di Vittorio Sorrentino, quello stagionato in grotta di Zungoli, il conciato romano dell’azienda Le campestre di Manuel Lombardi, i caprini di Le Curti di Carmine Bonacci, il pecorino di Carmasciano di Forgione.“I prodotti di punta cambiano secondo la stagione”spiega Salvatore,“e anche le richieste del pubblico: d’inverno i clienti prediligono formaggi più salati e stagionati, dal sapore e dall’aroma intenso, d’estate vanno a ruba i caprini e i formaggi freschi in generale, ma anche le mozzarelle, i caciocavalli e i provoloni”.

 

Sagra, Bottega dei prodotti tipiciL'aperitivo di Sagra - Bottega dei prodotti tipici

 

In negozio anche tante altre eccellenze come salumi locali - tra cui il prosciutto di San Gregorio Magno - la pasta di Felicetti e Martelli, i dolci di Alfonso Pepe, confetture, conserve e sottoli. Inoltre, per coloro che fossero interessati ad approfondire la conoscenza delle varie specialità, all’interno della bottega c’è un Cheese bar, dove Salvatore e Grazia organizzano serate a tema, con degustazioni guidate e abbinamenti fra i migliori prodotti in vendita.

Sagra Prodotti Tipici | Napoli | via Ruoppolo, 27- 29 | tel. 349 612 1468 | www.sagraprodottitipici.it

 

Sogni di Latte

Oltre 250 referenze tra formaggi stagionati, erborinati, ricotte, yogurt per questa insegna con ben 3 punti vendita a Napoli. Un posto dov’è facile assaggiare più cose, complice l’entusiasmo dei proprietari che selezionano specialità sparse su tutta la penisola:“dal Piemonte alla Sicilia, con poche ma accurate eccezioni estere”. Uno spazio particolare è dedicato alle Mozzarelle di bufala campana Dop, in particolare quelle dei caseifici Barlotti di Paestum e Il Casolare di Alvignano, e ai latticini dei Monti Lattari. Molto accurata la selezione di prodotti locali come il pecorino bagnolese, il Provolone del monaco Dop, i formaggi a crosta fiorita di Giano Vetusto, ma anche eccellenze da altre zone d’Italia: burrate pugliesi, stracchini toscani, il canestrato di Moliterno, il Bitto Dop della Val Brembana. Inoltre il Caciocavallo di Agnone (quello del caseificio Di Nucci, sul podio di Cheese 2016 nella sezione formaggio di montagna), l’Asiago d’Allevo Dop e l’ubriaco d’amore veneto (formaggio di latte vaccino a pasta semidura affinato nell’Amarone della Valpolicella). Tutta da scoprire la selezione estera: dallo Shropshire blue cheese dalla Scozia al Cheddar del Somerset, passando per il Camembert di Normandia Aoc.

 

Sogni di latte, NapoliSogni di latte, Napoli

 

A tutto questo, si affianca un’attenta selezione di vini, birre artigianali, composte e confetture, oltre alle creazioni della Cremeria Gabriele di Vico Equense. Infine, il pane del panificio e il Latte Nobile dell’Appennino Campano.

Sogni di Latte | Napoli | via Michele Kerbaker, 15 | tel. 081 1953 0308 | www.sognidilatte.com

Sogni di Latte | Napoli | via Cilea 277 | tel. 081 19514909 | www.sognidilatte.com

Sogni di Latte | Napoli | via Cavallerizza, 35 | tel. 081 18990491 | www.sognidilatte.com

 

Il Tagliere

Tre fratelli, Aldo, Gabriele e Nino Amabile, provenienti da settori diversi ma con una passione in comune: l’arte del mangiar bene. In questa storia i veri complici sono i viaggi di Nino, ex arbitro di pallavolo, che ha girato mezzo mondo scoprendo specialità locali per puro piacere personale. Poi, l’intuizione, suggerita da molti fra parenti e amici,“perché non aprire un negozio dove far sperimentare a tutti i prodotti selezionati?” racconta Nino. “Così nel 2006 nasce Il Tagliere, dopo aver affittato un piccolo locale vicino al garage di famiglia. Quello che ci motiva è un amore smisurato per la ricerca delle cose genuine e degli antichi sapori, da assaggiare in prima persona e, poi, da far gustare ai clienti”. Nessun prodotto della grande distribuzione, un banco colmo di salumi e formaggi provenienti da tutto il mondo, ma anche pasta, conserve, extravergine campano e non solo, confetture e marmellate artigianali.

Oltre 60 tipi di formaggi locali e nazionali, come la provola affumicata di Agerola, il Pecorino di fossa di Sogliano al Rubicone Dop e quello di Pienza, la Fontina Valdostana, la Vastedda della Valle del Belice. Ma sono i formaggi esteri le vere chicche di questo negozio, frutto di piccole produzioni, difficili da trovare altrove. Fra questi il Brie de Meaux Aoc, il White stilton ai mirtilli selvatici, il Cheddar originale, lo Cahills irlandese alla birra Porter o al whisky, il Tete de Moin svizzero Aoc, il mimolette vieille.

 

I fratelli Amabile, Il Tagliere - NapoliI fratelli Amabile, Il Tagliere

Anche la sezione salumi comprende specialità particolari come il salame di anatra e di cervo, la bresaola di bufala, la mortadella Favola del Salumificio Palmieri (prima e unica mortadella al mondo insaccata e cotta nella cotenna naturale), il Culatello di Zibello Dop, il Lardo di Colonnata Igp.

E se non sapete bene come abbinare le specialità in vendita, chiedete pure consiglio ai titolari: saranno ben felici di farvi sperimentare e di darvi consigli decisivi per gli acquisti. I prodotti del Tagliere sono in vendita anche on line.

Il Tagliere | Napoli | via S. Giacomo dei Capri, 29/b | tel. 081 5604058 | www.iltagliereprodottitipici.it

Il Tagliere | Napoli | via Edoardo Nicolardi, 48 | tel. 081 0386316 | www.iltagliereprodottitipici.it

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 

 

 

Nuove aperture a Roma. Viglietti al Dom, l’estate dell’Hotel Butterfly, la ravioleria cinese di Prati

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Tante proposte per vivere all’aperto le serate dell’estate romana, dalla terrazza del Dom, con il nuovo menu di Massimo Viglietti, al temporary del Guido Reni district, con pizza e miscelazione d’autore. E poi l’aperitivo da Ciampini con Max Mariola, ravioli cinesi e tacos take away, la bottega delle primizie a via Giulia. 

A breve distanza dall’ultima rassegna, una nuova selezione di recenti e prossime aperture in quel di Roma. La scena gastronomica capitolina è animata in ogni periodo dell’anno, e l’avvicinarsi dell’estate contribuisce a rincarare la dose: tanta voglia di stare all’aperto, godere del clima mite di una serata romana, passeggiando per le vie del centro dopo uno spuntino veloce, ritagliandosi una pausa tranquilla sulle belle terrazze con vista che riaprono per la stagione, o approfittando degli spazi estemporanei che si moltiplicano in città. Meglio se circondati dal verde. Così pochi giorni dopo aver registrato l’apertura del ristorante dell’Opera by Marzapanein piazza Gigli e l’arrivo del team di Acquolina al The First Luxury Art Hotel, eccoci con qualche altro suggerimento in tema con la primavera che avanza.

Massimo Viglietti al DOM

Cominciando da via Giulia, dove il DOM Hotel ha annunciato da qualche settimana la fusione con Achilli al Parlamento, enoteca con cucina blasonata di via dei Prefetti. Da qualche tempo Massimo Viglietti ha restituito allo storico ristorante l’allure di un tempo, all’insegna di una cucina moderna e sfrontata quanto basta per affermarsi con personalità. E proprio lo chef genovese ora è chiamato a supervisionare la proposta gastronomica dell’hotel di via Giulia, ospitato all’interno di un palazzo seicentesco con terrazza. In cucina si muovono Andrea Fiducia e Alessio Tagliaferri, Viglietti imposta due linee di servizio: l’aperitivo “in pillole” sulla terrazza – ci sono l’ostrica al cucchiaio con mousse di gorgonzola e confettura d’arance e la polpetta di seppia con panatura alle mandorle e finta maionese al nero, il gambero di Mazara crudo affogato al gin e il mini medaglione di sogliola, più qualche proposta di terra; degustazione di 5 pillole a 20 euro - o la cena più ricercata sempre con vista sui tetti della città o nei salotti dell’hotel: una piccola carta tra crudi e cotti, mare e terra. Dal menu stagionale la panzanella di baccalà e il foie gras con marmellate e sali, la triglia con caponata alla senape e riduzione di vino rosso e il secreto di Pata Negra con spuma di patate e carbone.

Intanto anche su un’altra celebre terrazza romana, quella che domina piazza Barberini dall’ultimo piano dell’Hotel Bernini Bristol, ci si prepara per il cambio di passo del Giuda Ballerino, che, fresco di restyling in sala e cucina (a vista, con affaccio diretto sulla città, e possibilità di mangiare al bancone dello chef per 5 fortunati, con degustazione ad hoc), proporrà una linea di assaggi in stile tapas ideata dallo chef Andrea Fusco, al lavoro anche sulla nuova carta.

Hotel Butterfly. Pizza, crudi e miscelazione

Ma l’appropinquarsi dell’estate romana si festeggia anche al Guido Reni District, nel grande spazio un tempo di pertinenza militare dirimpetto al MAXXI (dove, ricordiamo, nel frattempo hanno inaugurato Typo e Linea, con la consulenza di Cristina Bowerman). Da qualche ora l’ex caserma si è trasformata in Hotel Butterfly, uno spazio polifunzionale dedicato all’intrattenimento nelle sue diverse forme, arte, design, musica, shopping e ristorazione. L’Hotel estemporaneo, che si candida a diventare ritrovo dell’estate capitolina (il direttore artistico è il mitico dj Giancarlino), si sviluppa su tre piani, e dispone di due spazi esterni, la Corte e un Giardino Incantato riservato alla proposta gastronomica e alla miscelazione; la squadra è quella di Madeleine, Valerio Lamorgese in cucina – due le aree tematiche: tartare restaurant con crudi di carne e pesce e pizza gourmand da farine selezionate e lievito madre, proposta in piccolo formato - Federico Leone alla supervisione del cocktail bar, dove si muoverà la barlady Dafne Kesmiris, con ospiti che si avvicenderanno nel corso della stagione, da Patrick Pistolesi a Daniele Gentili, ai ragazzi de La Punta. Nota di colore: ogni drink porterà il nome di una farfalla. Si apre alle 11 per servizio di colazione e caffetteria, a pranzo e cena con la proposta del ristorante (fino all’1 di notte), dalle 19 alle 3 con il cocktail bar.

 

L’aperitivo di Ciampini. Con Max Mariola

Più rodata è la nuova formula dello storico bar Ciampini di piazza Lorenzo in Lucina. L’insegna ha riaperto dopo il restyling lo scorso marzo, e ora vanta la consulenza di Max Mariola, che in cucina ha portato prodotti di grande qualità; la proposta è quella di un bar con gastronomia, e varia durante la giornata: sempre disponibili i tramezzini con pane semi integrale di Palombi e maionese con le uova di San Bartolomeo, poi insalate e piatti del giorno ispirati alla tradizione. L’ora dell’aperitivo, invece, è affidata al barman Remo Giannattasio e ai cocktail si accompagnano una serie di assaggi che inneggiano alla romanità del luogo: il bicchierino di salsa all’amatriciana, la pizza scrocchiarella con stracciatella di baccalà, pane, burro e alici, il pinzimonio. E si prosegue verso la cena con mini hamburger di kobe, mini supplì, mezze porzioni di primi piatti della tradizione. In cucina c’è Micol Mariani, già spalla di Mariola ai tempi del Dom. Per restare in tema, segnaliamo pure la consulenza appena avviata a La Zanzara, dove la cucina è ora affidata alla guida di Marco Milani, già chef di Baccano.

Via Giulia. GustArte e Giulia’s Restaurant

Mentre ancora pochissimo trapela del nuovo ristorante che tra una decina di giorni aprirà sul lungotevere dei Tebaldi, in prossimità di ponte Sisto, che occupa un intero isolato e affaccia con quattro grandi vetrine su via Giulia. Dovrebbe chiamarsi Giulia’s Restaurant, e coinvolge tra gli altri un nipote di casa Fendi, che con altri giovani soci ha scelto di lanciarsi nel business della ristorazione. Vedremo cosa verrà. Proprio di fronte, intanto, ha aperto da qualche settimana la bottega GustArte. Gastronomia e rivendita di specialità laziali (e della Tuscia soprattutto) e d’Italia, l’insegna trasferisce in via Giulia un progetto nato un paio d’anni fa a Talenti, e poi cresciuto all’interno del mercato rionale di piazza Crati, quartiere Trieste. E dietro c’è la qualità dell’azienda Il Marruggio, realtà agricola biosostenibile che produce principalmente olio, vino e salumi da razza ibrida di cinta senese e cinghiale. Una particolarità che dà origine a un prosciutto unico nel suo genere, biologico e senza conservanti, disponibile in quantità ridotte (in azienda sono solo una sessantina i maiali). E ora in vendita anche in via Giulia. L’idea, insomma, è quella di proporre primizie a prezzi sostenibili (anche per la spesa a domicilio con circuito Magiordomus). Niente somministrazione, ma possibilità di ordinare un panino; e presto si svilupperà anche un calendario di incontri con i produttori e show cooking.

Dumpling Bar a Prati, tacoaway a La Punta

Il capitolo street food, invece, vira decisamente sull’etnico, in una città che per molti versi è ancora in cerca di insegne che onorino le cucine del resto del mondo. In via Vitelleschi, quartiere Prati, qualcuno ha pensato di seguire l’esempio della pluripremiata Ravioleria Sarpi di Milano. Stavolta però in cucina c’è un italiano, lo chef Gianni Catani, fondatore di CinainCucina; con lui Jing Shan, chef del ristorante Kaiyue di Roma. Il Dumpling Bar, come si chiama il format, sarà ospite solo la sera di un’insegna già esistente al civico 38, BIS, che a pranzo propone cucina italiana. Ma dalle 18 alle 24 la proposta cambierà radicalmente, con una selezione di ravioli al vapore e alla griglia farciti con maiale, cipollotto e zenzero; pollo, funghi e bambù; agnello, crauti e daicon; gamberi, bambù e zenzero; verdure. Disponibili anche take away, già cotti o da cuocere (con istruzioni al seguito). Con salse in abbinamento e birra artigianale. Proposta etnica da passeggio anche nel cuore di Trastevere, lato Santa Cecilia, dove i ragazzi de La Punta hanno in serbo una nuova sorpresa per gli appassionati di cucina messicana e mezcal. Da qualche giorno, infatti, attraverso una finestrella che affaccia su strada, chi non ha tempo di fermarsi per un cocktail o una cena al tavolo può usufruire del servizio “tacoaway” da passeggio. Tacos a portar via e drink da passeggio in bustina con cannuccia. Da bere Tommy's Margarita e Papaya y Mamaya (un Margarita alla frutta). 

 

Pizza. Seu e Berberè

Sul versante pizza si avvicina a grandi passi il momento di due attese novità: dal 1 giugno Pier Daniele Seu porta la sua pizza al Plinius di Ostia; mentre l’8 giugno è la data d’esordio di Berberè a Roma.

 

Host a Fiumicino

Chiudiamo con una segnalazione più defilata, a Fiumicino, dove in sordina, dalla metà di aprile, ha aperto Host Restaurant. In cucina c’è lo chef Alessandro Capponi, che è pure proprietario dell’insegna, alla prima esperienza in proprio dopo i trascorsi in diversi ristoranti capitolini, da Lo Stil Novo a L’Uliveto de I Cavalieri Hilton, alla consulenza per il Rainbow Cafè. Ora, nello spazio di viale Aldo Moro, lo chef propone una cucina prevalentemente di pesce e piuttosto schietta, con materie prime di qualità. Al tempo dire se saprà ritagliarsi uno spazio su un litorale sempre più affollato di valide alternative.

 

Achilli al Dom | Roma | via Giulia, 131 | tel. 06 6832144 | www.achilli.restaurant

Giuda Ballerino | Roma | Hotel Bernini Bristol, piazza Barberini, 23 | tel. 06 488931 | www.berninibristol.com

Hotel Butterfly | Roma | Guido Reni District | via Guido Reni, 7 | www.facebook.com/hotelbutterfly/?fref=ts

Ciampini | Roma | piazza San Lorenzo in Lucina, 29 | tel. 06 6876606 | www.ciampini.com

GustArte | Roma | via Giulia, 195 | tel. 06 86608847 | www.facebook.com/Gustarteee/?fref=ts

Giulia's Restaurant | Roma | lungotevere dei Tebaldi | prossima apertura

Dumpling Bar al Bis | Roma | via Vitelleschi, 38/40 | dalle 18.30 alle 24 | www.cinaincucina.it

La Punta Tacoaway | Roma | via di Santa Cecilia, 8 | dalle 18.30 | tel. 06 5816665 | www.lapuntaproject.com

Berberè | Roma | via Mantova, 5 | dall'8 giugno

Host Restaurant | Fiumicino (RM) | viale Aldo Moro | tel. 06 92597477 | www.hostrestaurant.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Oli d'Italia 2017. Miglior Dop: Trappeto di Caprafico di Casoli

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Nella zona incontaminata di Caprafico, in provincia di Chieti, proprio ai piedi del massiccio della Maiella, l'azienda di Tommaso Masciantonio da anni porta in alto il nome dell'olivicoltura abruzzese con prodotti di qualità eccellente.

Dop, denominazione di origine protetta. Una certificazione che racconta un intero territorio, con un disciplinare ferreo che ogni produttore deve rispettare se vuole imprimere il marchio alla sua etichetta. In olivicoltura, sono diversi i professionisti che hanno scelto di adeguarsi alle norme dei vari disciplinari e, fra questi, nella guida Oli d’Italia 2017 del Gambero Rosso, sono le bottiglie di Paolo Bonomelli Boutique Olive Farm di Torri del Benaco (Verona) e Trappeto di Caprafico di Casoli, in provincia di Chieti, ad aggiudicarsi il premio ex aequeo di Miglior Olio Dop. Quest'ultima è una delle più rappresentative aziende di tutto l'Abruzzo e, insieme al proprietario, ne abbiamo voluto ripercorrere l'evoluzione.

Le origini

Tommaso Masciantonio è cresciuto fra gli uliveti di famiglia, apprendendo dai suoi genitori e dai nonni le tecniche per realizzare un buon prodotto, ma è grazie a uno studio sempre più approfondito e una ricerca intensa, basata su sperimentazioni in campo e in frantoio, che l'attuale proprietario dell'azienda è riuscito a ottenere i risultati eccellenti degli ultimi anni. “L'azienda nasce nel 1874, anno di impianto degli ulivi, e crea il primo frantoio proprio nel 1948. Io sono diventato titolare nel 2009, ma l'olio è sempre stato un elemento fondamentale della mia vita. Per questo ho voluto dedicare tutte le cure possibili agli alberi”.

 

Trappeto di Caprafico

La produzione e il terreno

Due varietà principali, gentile di Chieti e intosso, “più qualche cultivar minore per l'impollinazione”. Tre etichette: un monocultivar di intosso, il Dop Colline Teatine (90% gentile di Chieti e 10% intosso) più un altro blend, “con olive leggermente più avanti di maturazione”. Cinquemila alberi propri più altri mille in affitto distribuiti su circa 18 ettari di terreno: le tenute dell'azienda si trovano a 500 metri di altitudine, ai piedi della Maiella,e si sviluppano su un terreno prettamente calcareo. “Una terra non particolarmente fertile, ma in grado di restituire una resa costante”. In che modo? “Il terreno calcareo è drenante e questo consente di mantenere stabile la produzione da un'annata e l'altra. Durante periodi piovosi, la pianta non assorbe eccessivamente acqua, mentre in annate siccitose il manto di sassi in superficie funziona da schermo protettivo e quindi, oltre a evitare la crescita di erbe infestanti, riduce la risalita capillare dell'acqua, che non evapora”.

Il biologico, i trattamenti e il ruolo della natura

È l'intosso la varietà che viene raccolta per prima, durante la prima decade di ottobre, seguita in corsa dalla gentile di Chieti, per un periodo di raccolta (meccanizzata) che dura tutto il mese di ottobre, “alle volte anche fino ai primi di novembre”. Una coltivazione interamente a regime biologico, che prevede l'utilizzo di rame e pochi altri elementi per combattere la mosca.

 

Raccolta meccanica

Ma l'olivicoltore si affida soprattutto alla natura: “Non ci sono molti problemi parassitari qui in zona per via del freddo invernale, dell'assenza di umidità e della neve”. Quest'ultima in particolare contribuisce in maniera notevole alla lotta alla mosca ma, se presente per un tempo troppo prolungato, può portare anche degli svantaggi: “Se le temperature sono sotto i -10°C, la neve diventa un elemento pericoloso. L'ulivo si sovraccarica di neve e questa può spezzare branche e rami”. Che possono essere recuperati, ma a fatica. “Una volta che una branca si rompe, bisogna attendere anni prima di poterla ricostituire del tutto”. E la famiglia Masciantonio lo sa bene: “Nel '56 c'è stato un abbassamento termico di gran lunga al di sotto dei 10 gradi sotto zero. Parti importanti delle chiome erano gelate, gli alberi si sono scortecciati e la produzione si è praticamente azzerata”. Per recuperare le piante, i produttori hanno dovuto fare leva sui polloni (rami che sviluppano sul tronco e ai piedi dell'albero): “L'ulivo non muore totalmente, neanche in questi casi gravi. L'apparato radicale sopravvive e nella parte basale si creano questi nuovi germogli da cui si può ripartire”. Ma per rendere un uliveto nuovamente produttivo al 100% la famiglia ha dovuto attendere più di 15 anni. “Purtroppo non tutto in natura è sotto il nostro controllo. Ma lavorando sodo possiamo evitare o arginare eventuali danni”.

L'annata scorsa e quella che verrà

Oltre alla neve e il freddo, per combattere la mosca Tommaso utilizza trappole ai ferormoni e rame, e soprattutto, gioca di anticipo: “Quando scegli di fare un prodotto biologico non puoi permetterti di aspettare. Il monitoraggio in campo deve essere costante e la raccolta anticipata”. L'ultima campagna olearia, quella del 2016, non è stata buona, “per via della pioggia durante il periodo di fioritura che ha appesantito il polline che, muovendosi per via anemofila (con il vento), ha faticato a spostarsi da un fiore all'altro”. Un problema che è costato all'azienda il 35% in meno di produzione.

La prossima annata, invece, sembra promettere bene: “Stanno cominciando a comparire i primi fiori, un po' in ritardo rispetto alle altre regioni. Le temperature sono giuste ma finché non nascono i frutti non si può dire l'ultima parola”. Ora, dobbiamo solo auspicare che l'estate non sia troppo piovosa, “e che le temperature si mantengano costanti. Di questo passo, altrimenti, non riusciremo più a sostenere questi ritmi”. Ma un bravo olivicoltore può gestirli: “Non abbiamo scuse, non possiamo farci trovare impreparati. Mosca o non mosca, pioggia o neve. Le piante vanno monitorate in maniera maniacale”.

Frantoio: i fattori che determinano la qualità

Non è semplice stabilire delle regole fisse per ottenere un buon olio, e diventa ancora più difficile nel caso di un'azienda come questa che, anno dopo anno, sperimenta e si impegna per avere un prodotto sempre migliore, con sfumature diverse, costante nella qualità ma diversificato per aromi, intensità, profumi, persistenza. E lo fa grazie a un macchinario costruito su misura da una realtà artigianale abruzzese, un impianto a ciclo continuo con diversi frangitori, che offre la possibilità di lavorare a due fasi e mezzo e di invertire e cambiare i numeri dei giri della frangitura. Questo per quanto riguarda tutte le fasi di lavorazione dal lavaggio delle olive alla gramolazione, mentre dal passaggio in centrifuga in poi le macchine sono targate Alfa Laval.

 

Frantoio

Nessun dogma, quindi, ma qualche linea guida sì: “Nelle annate dove il frutto è meno ricco di sostanze fenoliche, optiamo per una frangitura più aggressiva, mentre se il frutto è più piccolo e verde, andiamo a rompere meno la drupa”. In gramola, la pasta rimane per un massimo di 30 minuti a circa 22°C: “Un grado di differenza non cambia la qualità. Bisogna stare attenti a rimanere al di sotto dei canonici 27°C, ma i fattori determinanti sono altri”. A cominciare dal lavaggio, che deve essere fatto in maniera scrupolosa, per passare poi alla frangitura, “ma dobbiamo ricordarci di non sottovalutare alcun passaggio”. Come sempre, è l'esperienza a suggerire le soluzioni migliori: "Bisogna valutare caso per caso. E soprattutto, occorre sempre assaggiare prima di valutare e capire come, cosa e quanto andare a modificare". Una volta ottenuto l'olio, questo viene filtrato immediatamente, “così evitiamo qualsiasi rischio (davvero minimo) di ossidazione”. Il prodotto filtrato resta poi in stoccaggio in contenitori di acciaio a una temperatura costante di 16/17°C, sia in estate che in inverno.

La Dop

Registrata per la prima volta nel '98, la denominazione Dop Colline Teatine si rivolge a tutti i produttori della provincia di Chieti e consente l'impiego di 5 diverse varietà di olive. Fra i primi ad aver certificato l'olio con il marchio c'è stato Tommaso, insieme a pochi altri olivicoltori del luogo. Una scelta dettata dall'amore e il rispetto per il territorio e soprattutto la voglia di promuoverlo sempre di più, unita al sogno di vederlo crescere: “Perché ho voluto certificarlo? Se non siamo noi produttori in primis a crederci, chi altro dovrebbe farlo?”. Il disciplinare è attualmente in fase di modifica, “ci siamo battuti per far inserire anche la possibilità di certificare con la Dop gli oli monovarietali. Ora siamo in attesa della conferma, che speriamo arrivi presto”.

L'olivicoltura abruzzese

Certificazioni a parte, la consapevolezza dei produttori abruzzesi è notevolmente aumentata negli ultimi 10 anni: “Stiamo riscoprendo le nostre varietà autoctone. Per tanto tempo il settore olivicolo è rimasto fermo per colpa nostra, perché siamo stati noi produttori a non riconoscerne il potenziale”. Una terra ricca di risorse, quella abruzzese, che ora è pronta a rinascere: “Il prossimo passo è raggiungere uno standard qualitativo medio ancora più alto. Tanti piccoli produttori stanno cominciando a migliorare, stiamo sulla strada giusta”. Ma bisogna continuare a parlarne, a comunicarlo al meglio, “operatori del settore in primis, dagli agronomi ai tecnici di frantoio”, e soprattutto fare rete, unendo le competenze di ognuno e lavorando in maniera sinergica per rappresentare al meglio la propria regione, “il confronto fra colleghi è fondamentale”.

La vendita

E in questo modo, l'olio abruzzese di qualità può approdare anche all'estero. I prodotti di Masciantonio sono infatti presenti in quasi tutti i paesi europei, “in particolare in Svizzera e Inghilterra”, ma anche negli Stati Uniti, in Canada, Brasilee Giappone, “nostro mercato di riferimento”. Nel Belpaese sono le oleoteche, i negozi specializzati, le gastronomie e le enoteche più curate a vendere le etichette di Trappeto di Caprafico, principalmente al Centro e Nord Italia. Piccoli e significativi passi in avanti anche nel mondo della ristorazione: “Siamo presenti in diversi ristoranti abruzzesi, qualcuno anche in altre regioni e uno in Francia”. E non uno qualunque: è il pluripremiato chef Michel Bras ad aver scelto l'olio Dop Colline Teatine per i suoi piatti, “questo ci riempie di orgoglio, ma c'è una piccola pecca”. Lo chef, infatti, serve i piatti già conditi senza portare la bottiglia al tavolo, “ma piano piano spero di riuscire a fargli cambiare idea”, aggiunge Tommaso divertito.

Gli altri prodotti: le olive, i patè, l'infuso di foglie di ulivo

Masciantonio realizza anche condimenti a base di olio extravergine di oliva e agrumi – arance, limoni, cedri – con frutti dalla Sicilia, che vengono lavorati in frantoio fino a essere ridotti in crema e poi aggiunti alla pasta di olive: “Potrebbero essere moliti insieme, ma per ora preferiamo continuare così per garantire massima qualità in entrambi gli ingredienti e ottenere un prodotto equilibrato”. Ci sono poi anche le olive verdi in salamoia, il patè verde e quello nero. Ma la specialità dell'azienda (extravergine a parte) è la tisana a base di foglie di ulivo, una delle ultime creazioni e sicuramente fra le più originali: “L'idea è nata per caso, osservando una mia vicina di casa inglese che era solita preparare un infuso con le foglie di ulivo. Mi sono detto 'perché non provarci?'”. Il risultato è un prodotto ricco di antiossidanti e soprattutto anti-spreco, che aiuta a recuperare parte delle foglie della potatura che altrimenti rimarrebbero inutilizzate. “naturalmente facciamo una cernita”. Le foglie vengono dapprima essiccate e poi tritate, “inizialmente a mano, ora abbiamo inserito un macchinario”, e la resa è molto bassa, “con 100 kg di foglie otteniamo quasi 10 kg di prodotto”.

La nuova bottiglia, lo studio sulla maturazione, il progetto del vino

Un'azienda di questo calibro non si ferma mai: “La ricerca per migliorarsi è costante, a cominciare dalle confezioni. Stiamo mettendo a punto una nuova bottiglia dedicata al monocultivar di intosso, per differenziarla dai due blend”. Ma si continua anche a studiare le nuove tecniche estrattive, “questo è un momento cruciale per l'evoluzione dell'olivicoltura italiana perché stanno iniziando a diffondersi nuove teorie e macchinari e ne sono irrimediabilmente attratto”. Particolare attenzione al grado di maturazione delle olive, “voglio capire quanto può incidere a livello organolettico il punto di maturazione e quanto è sottile la differenza fra i diversi stadi di invaiatura”.

Ma nel futuro dell'azienda c'è anche il vino: “Ho iniziato a dedicarmi al vino da due anni e devo ammettere che è un prodotto che mi sta coinvolgendo parecchio, come tutti i nuovi progetti”. Uve di montepulciano, pecorino, passerina e cococciola, “vitigno autoctono abruzzese”, vinificate sia con metodo convenzionale sia seguendo i dettami della filosofia del vino naturale: “Bisogna sperimentare per capire quale strada percorrere, per cui devo provare tutti i metodi”. Un progetto ambizioso, quello del vino, che va intensificare ancora di più il duro lavoro di Tommaso, che in ogni gesto agricolo riversa tutto il suo amore per la campagna. Ma come per tutti i produttori più appassionati, “il cuore appartiene all'olio”.

Trappeto di Caprafico | Casoli (CH) | c.da Caprafico, 35 | tel. 0871 897457 | www.trappetodicaprafico.com

a cura di Michela Becchi

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Guida Oli d'Italia 2017. Ecco tutti i premi speciali

Oli d'Italia 2017. Azienda dell'anno: Agrestis di Buccheri

Oli d'Italia 2017. Frantoio dell'anno: Nicolangelo Marsicani di Morigerati

Oli d'Italia 2017. Miglior monocultivar: Doria di Cassano Allo Ionio

Oli d'Italia 2017. Olivicoltore dell'anno: Frantoio Franci di Castel del Piano 

Olio extravergine di oliva. Glossario essenziale per conoscere l'oro verde


La Toscana meno conosciuta. Con Calistro arriva a Firenze il tortello alla lastra casentinese

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Dai Longobardi allo street food, ecco la storia di un piatto semplice, anticamente cotto sulla pietra e oggi rigorosamente su piastra. Nel capoluogo toscano apre Calistro, dove questa ricetta sarà proposta anche in varianti gourmet. 

Una ricetta nata per soddisfare le esigenze dei popoli itineranti, custodita e rimasta in vita grazie alle massaie dei paesi al confine tra Toscana e Romagna. Sembra infatti che i tortelli alla lastra tipici del Casentino (una delle quattro valli che si estendono attorno ad Arezzo) siano arrivati fin qui grazie ai Longobardi e alla lunga migrazione che li portò in Italia.

Realizzati con un impasto a base di acqua, sale e farina e caratterizzati da un ripieno di patate e sugo vegetale, devono il loro nome al metodo di cottura impiegato. La lastra, ossia la pietra, resa incandescente dal contatto col fuoco, era perfetta per riscaldare i tortelli, facili da realizzare e comodi da trasportare all’interno della bisaccia. Con il passare degli anni, infatti, divennero anche una delle pietanze preferite dai pastori casentinesi, che li portavano con sé durante la transumanza, quando in autunno partivano con il gregge verso la Maremma per poi tornare in primavera. Oggi la cottura viene invece effettuata sulla piastra, degna sostituta della pietra utilizzata in origine.

La ricetta

La preparazione ha in realtà subito delle variazioni nel corso dei secoli, di cui la più importante è stata senza dubbio l’introduzione della patata, che oggi rappresenta il principale ingrediente del ripieno. La Pro Loco di Corezzo, frazione di Chiusi della Verna dove ogni anno, ad agosto, si organizza una tre giorni tutta dedicata al tortello, nel 2010 ha registrato la ricetta presso la Camera di Commercio di Arezzo, al fine di tutelarne l’autenticità. “La pasta del nostro tortello viene creata con una miscela di grani antichi”, ci racconta Sirio Farini, presidente della Pro Loco del paese, “mentre il ripieno è a base di patata bianca della Valle Santa (la valle che si estende a nord del monte della Verna, ndr) unita a un sugo vegetale preparato con cipolla, carota, sedano e un mix di odori, a cui noi aggiungiamo il Pecorino di alcuni produttori locali, il Parmigiano e l’uovo per amalgamare meglio il condimento”. Esistono anche altre versioni, in cui le patate vengono sostituite o accompagnate da verdure di stagione, in particolare zucca o cavolo verza. Probabilmente, prima della scoperta dell’America e dell’arrivo di molti alimenti fino a quel momento sconosciuti in Europa, il ripieno era esclusivamente a base vegetale.

Il Casentino a Firenze: apre Calistro

Nel frattempo, c’è chi a Firenze sta elaborando ulteriori varianti di questo piatto casentinese. Andrea Tanci - 31 anni, una laurea in Economia e una forte passione per il cibo - è uno dei protagonisti delle nuove aperture sulla scena fiorentina. Il suo locale dovrebbe aprire i battenti il prossimo 8 giugno e, già dall’insegna, dimostra l’intento di portare in città il tortello alla lastra: si chiamerà infatti Calistro, termine dialettale utilizzato proprio per indicare le lastre di pietra. “Ho voglia di dimostrare come il tortello casentinese abbia tutte le carte in regola per diventare uno street food italiano”, ci spiega Andrea, “e come possa essere il perfetto sostituto di un trancio di pizza”.

Per queste ragioni, ha elaborato assieme allo chef del suo bistrot cinque varianti gourmet del tortello: “il prodotto non lo abbiamo modificato”, racconta, “i tortelli che serviremo arriveranno direttamente da Corezzo, però abbiamo deciso di arricchirli con vari topping”. Così si potrà assaggiare quello accompagnato da prosciutto di Grigio del Casentino (un presidio Slow Food), burrata e insalata di asparagi, oppure quello con rigatino croccante e taleggio fuso dell’azienda agricola Casa Pallino (anch’essa del territorio casentinese). Non mancheranno altre proposte tipiche della tradizione toscana, tutte rivisitate in versione street, come ad esempio le arancine di pappa al pomodoro e il burger di panzanella. La voglia di valorizzare il Casentino passerà anche attraverso la selezione di etichette, tra cui il Vallechiusa delle Cantine Ornina e il Pinot Nero del Podere della Civettaja.

 

Calistro | Firenze | Lungarno Benvenuto Cellini, 43/r | www.calistro.it

 

a cura di Agnese Fioretti

 

Appunti di degustazione. Podere Orto. Piccolo (e naturale) è bello

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Fare vino partendo da zero, da completi autodidatti, fare scelte radicali, curare pianta dopo pianta. Sperimentare ogni vendemmia e studiare sempre per mettere a fuoco in modo sempre più preciso territorio, annate e identità produttiva. Così nascono i vini di Podere Orto.

Può un grandissimo appassionato di vino, diventare in poco tempo un bravo vignaiolo senza avere, tra l’altro, una laurea in enologia? Sì, e proprio da questa risposta, che forse farà storcere il naso a più di una persona, comincia un racconto che vale la pena fare: quello di Giuliano Salesi Simona de Vecchis. La loro storia d’amore inizia nel 1997 e si sviluppa ulteriormente quando, nel 1999, avviano assieme il primo loro progetto comune, una società specializzata in traduzioni e servizi linguistici (www.soslanguage.it) che in poco tempo diventa un punto di riferimento per piccole e grandi aziende italiane e internazionali.

Il successo e il conseguente benessere economico li porta a vivere una vita ideale, almeno sulla carta: una bella casa in centro storico a Roma, vacanze a cinque stelle e la frequentazione assidua dei migliori ristoranti gourmet d’Italia. È in questo periodo, probabilmente, che Giuliano, tra una bottiglia di Borgogna e una di Barolo, si appassiona al mondo della viticoltura e dell’enologia grazie anche alle tante serate passate nel circolo dei TDC di Roma dove, ancora oggi, si stappano i migliori vini al mondo.

 

Simona-De-Vecchis-e-Giuliano-SalesiSimona De Vecchis e Giuliano Salesi

Cambio vita

Amore, lavoro e successo, tutto sembra andare a gonfie vele ma, complice anche la crisi economica degli anni 2000, Giuliano e Simona capiscono che quella realtà, non solo lavorativa, non era quella che volevano e non garantiva loro la vera felicità. Così, senza pensarci molto, decidono di abbandonare i privilegi della città cambiando radicalmente il loro stile vita. Dopo varie peregrinazioni, nel 2007, arrivano a Trevinano, un delizioso borgo in provincia di Viterbo a due passi dalla Riserva Naturale del Monte Rufeno, dove si innamorano di un vecchio casale in pietra risalente agli inizi del XVIII secolo, con annesso terreno, che un tempo ospitava la stazione per la monta taurina della comunità agricola locale. Inizialmente doveva essere un passaggio graduale, ma le cose hanno preso una piega diversa subendo un'accelerazione improvvisa e in poco tempo si trovano immersi nella campagna laziale, ma a soli 7 chilometri dalle terme di San Casciano, nella Val d'Orcia.

Questo luogo incantevole situato nell’Alta Tuscia, anello di congiunzione del Lazio con la verde Umbria e la Toscana, da quel momento in poi si trasforma nel simbolo della rinascita sia spirituale che lavorativa di Giuliano e Simona visto che a distanza di poco tempo diventano genitori di Maia, la figlia da sempre desiderata, piantano il loro primo vigneto e cominciano i lavori di ristrutturazione del vecchio podere che oggi è diventato un agriturismo ricco di fascino dove Simona, tra le altre cose, svolge il lavoro di locandiera in stretta connessione con tutte le altre aziende agricole della zona e, importante, con un altro gioiello di Trevinano ovvero col ristorante La Parolina (2 Forchette per il Gambero Rosso, 1 stella Michelin).

 

L'approccio produttivo

Arriviamo a Podere Orto un sabato di maggio, c’è il sole caldo della primavera a proteggere questo ettaro di vigneto che dopo le gelate di aprile, fortunatamente, non ha avuto molti danni. Con Giuliano iniziamo a camminare tra i filari accuratamente gestiti secondo una filosofia “naturale” ovvero nutrendo il terreno non con preparati chimici ma solo ed esclusivamente con sovesci multifloreali e preparati biodinamici. E rispettando al massimo ogni vite, pianta dopo pianta. In che modo è arrivato a costruire il suo vigneto? “Partendo da zero” spiega con una punta di orgoglio “ho fatto molta fatica, all'inizio, a gestire questo fazzoletto di terra ed è solo grazie ad un pizzico di follia, e qualche corso di aggiornamento, che nel 2009 ho piantato qui i primi portainnesti che sono stati completati l’anno successivo innestando marze di vecchi vigneti che avevo scelto personalmente andando in giro per il territorio”.

podere orto

Il suolo e i vigneti

Il terreno su cui ci troviamo è di matrice sabbiosa e ricco di argille, marne di calcare e arenarie, composte principalmente di granuli di quarzo” spiega Giuliano, illustrando quel suo ettaro a 600 metri di altezza “nella parte bassa del vigneto, che ha una esposizione nord, ho piantato uve a bacca bianca ovvero procanico, greco, grechetto, roscetto, romanesco, verdello, moscato, malvasia di Candia, malvasia Toscana”. Continua a mostrare i filari “nella parte alta della vigna, che ha invece una esposizione sud-ovest, troviamo le varietà a bacca rossa come sangiovese, di cui abbiamo vari biotipi, greghetto rosso e ciliegiolo”.

Ma non finisce qui. “Vi do anche una piccola anticipazione: proprio perché non ho smesso di essere un po' folle, da poco abbiamo piantato anche un ulteriore ettaro e mezzo di vigna, tutte varietà a bacca bianca, a poca distanza dal podere al fine di poter ampliare la nostra produzione che a oggi ammonta a circa 7000 bottiglie”.

 

La cantina

Continuiamo il giro e ci dirigiamo verso la cantina di Podere Orto che si trova a non più di 200 metri dal vigneto che abbiamo appena visitato. Appena varcata la soglia ci si rende subito conto che Giuliano è davvero un artigiano che produce “garage wine” visto che tutte le attrezzature, costituite da vasche di vetroresina, piccoli contenitori di acciaio inox e damigiane, sembrano calibrate per una produzione più amatoriale che professionale.

Iniziamo l'assaggio di alcuni campioni da botte, e intanto Giuliano continua il racconto: “Per comprare tutto questo ho dovuto vendere parte della mia collezione di grandi vini. Ho ceduto vari Monfortino e qualche Grand Cru di Borgogna per comprare questa attrezzatura”. Ma come ha capito quale era la strada da percorrere?“Così come accaduto per la parte agronomica, anche in questo caso per iniziare a vinificare le mie uve ho studiato tanto, fatto tante prove e, grazie anche all’aiuto fondamentale di un vecchio vignaiolo del paese, nel 2011 è arrivata la mia prima vendemmia, poche damigiane prodotte quasi esclusivamente per l’autoconsumo”.

E anche qui la filosofia di lavoro è dettata dal rispetto per la natura e i suoi ritmi: “In cantina, così come accade per la vigna, gli interventi dell’uomo sono ridotti al massimo per cui per tutti i vini la fermentazione avviene sempre senza ausilio di coadiuvanti, si usano solo lieviti indigeni e l’imbottigliamento viene posto in essere senza filtrazione e con bassissimo uso di solforosa (massimo 15 g/l di solforosa totale)”.

Dopo la visita della piccola cantina entriamo all’interno dell’agriturismo per la degustazione dei vini disponibili: due bianchi e un rosso rigorosamente Igt.

 

La degustazione

 

Igt Lazio Ambrato annata 2015

Questo bianco da vitigni autoctoni, inizialmente contratto e timido, è un piccolo cavallo di razza che solo col tempo inizia a esprimersi coniugando intensità e territorialità; la bocca riverbera con nitida precisione le sensazioni fruttate, di erbe aromatiche e minerali già avvertite sommessamente all’olfattiva. La struttura e la vibrante acidità garantiscono un futuro evolutivo di primo ordine per questo vino anche tutto in divenire.

Uve procanico, greco, grechetto, roscetto, romanesco, verdello, moscato, malvasia di Candia e malvasia toscana.

 

Igt Lazio Moscato annata 2014

Giuliano punta moltissimo sul suo moscato tanto da farne un vino secco monovitigno. Se le prime annate degustate in passato erano decisamente rotonde e cordiali, questo 2014, complice un millesimo decisamente freddo e difficile, regala un moscato fresco, snodato su note agrumate e floreali che esaltano la briosa verve sapida e la lunga scia aromatica. P.s.: da vasca abbiamo degustato un 2016 davvero entusiasmante che, date le premesse, sarà il prossimo best buy di Podere Orto.

Uve moscato 100%

 

 

Igt Lazio Rosso annata 2013

Olfatto scuro ed intenso di frutta di rovo, spezie e grafite. A sorso è coerente, rustico quanto basta e dotato di una ammiccante chiusura sapida. Per essere la terza vendemmia di Podere Orto, la seconda a livello commerciale, è un vino sorprendente per pulizia e definizione. Nota tecnica: fermentazione spontanea di circa 15-20 giorni in tini di acciaio con tre follature manuali giornaliere. Segue l’affinamento di circa due anni in barrique di secondo passaggio e, in parte, in botti di vetroresina.

Uve sangiovese, greghetto rosso e ciliegiolo

 

Igt Lazio Rosso annata 2014

L’annata fresca e piovosa è stata interpretata magistralmente da Giuliano che, data anche la sua poca esperienza, ha fatto quasi un piccolo miracolo per dar vita a questo vino. Un rosso sbarazzino e dinamico dove le sensazioni di frutta rossa croccante e di fiori di campo si amalgamano all’interno di un sorso rinfrescante e saporoso che induce ad una beva irrefrenabile. Nota tecnica: fermentazione spontanea di circa 15-20 giorni in tini di acciaio con tre follature manuali giornaliere. Segue l’affinamento di circa due anni in barrique di secondo passaggio e, in parte, in botti di vetroresina.

Uve sangiovese, greghetto rosso e ciliegiolo

 

Igt Lazio Rosso annata 2015

L’annata particolarmente calda ha creato non pochi problemi in vigna tanto che in cantina è entrata solo la metà dell’uva normalmente prodotta. La grandissima selezione effettuata da Giuliano, che nel frattempo è cresciuto molto in esperienza, ha fortunatamente dato i suoi frutti visto che il vino in questione è senza dubbio il miglior rosso mai prodotto da questa piccola azienda di Trevinano visto che, per la prima volta, tutte le componenti gusto-olfattive sono espresse in maniera irreprensibile creando un quadro organolettico dove equilibrio, finezza e profondità iniziano inesorabilmente ad emergere svelando tutte le potenzialità finora inespresse di questo territorio finalmente valorizzato dal coraggio di Giuliano e Simona e da quel loro sogno chiamato Podere Orto.

Uve sangiovese, greghetto rosso e ciliegiolo

 

Podere Orto |Trevinano (VT)| Strada Provinciale 51 | tel. 0763 476091| http://www.podereorto.com/

 

a cura di Andrea Petrini

 

Permette Maestro? Show cooking a 4 mani alla Città del gusto Roma per Igles Corelli e Valerio Braschi

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Il 12 giugno, alla Città del gusto Roma, il giovane vincitore di MasterChef cucina al fianco di Igles Corelli. Una serata di alta cucina e alta scuola per scoprire 4 piatti tratti da Il gusto di Igles. E divertirsi con il maestro e l’allievo. Riuscirà Valerio a conquistare Igles?

Che il suo mito in cucina fosse Igles Corelli, il giovane Valerio - natali geograficamente molto vicini a quelli del maestro emiliano, l’uno di Argenta, in Emilia, l’altro da Sant’Arcangelo di Romagna – non l’ha mai nascosto. Tanto che quando nelle ultime prove che lo separavano dalla vittoria di MasterChef 6 se l’è ritrovato di fronte, non ha potuto nascondere il suo entusiasmo. Il resto è storia che tutti gli appassionati del talent televisivo governato dagli umori dei temibili giudici (se siete curiosi di conoscere meglio la new entry Antonia Klugmann leggete qui) ricorderanno: alla fine del 2016 la finale di MasterChef incoronava il giovanissimo Valerio Braschi, 18 anni e talento da vendere, un’adolescenza trascorsa a studiare sui libri di cucina e imparare i segreti di Igles su Gambero Rosso Channel.

Ecco perché la serata organizzata dalla Città del gusto Roma, il prossimo 12 giugno, si preannuncia interessante sotto diversi aspetti: in prima battuta per l’opportunità di vedere all’opera un maestro come Igles Corelli, con la sua idea di cucina circolare che non perde mai di vista il sapore, pur promuovendo l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, che però sono soprattutto funzionali a esaltare l’ingrediente; ma anche perché Valerio si metterà alla prova davanti al suo maestro sotto gli occhi di tutti, cercando di convincerlo della bontà della sua passione, e del suo talento. In palio uno stage al ristorante di Igles, l’Atman di Villa Rospigliosi, a Lamporecchio. E poi ci sarà lo spettacolo, alta cucina e alta scuola insieme, nel cortile della Città del gusto, dove Igles Corelli realizzerà quattro piatti tratti dal suo ultimo libro, Il gusto di Igles, pubblicato dal Gambero Rosso (e acquistabile a prezzo scontato durante la serata). Valerio sarà il suo sous-chef per un giorno, protagonista insieme al suo mentore di questo divertente show cooking a 4 mani dal titolo Permette maestro?

L’appuntamento è alle 20.30 alla Città del gusto Roma, ma i posti sono limitati: i biglietti sono acquistabili sullo store online del Gambero Rosso o presso la Città del gusto Roma. Intanto ecco il menu della serata:

 

Parallelo X

Kobe tonnato con liquido di lattuga e sedano croccante

 

Mojito di Parma

Risotto al parmigiano con menta e lime, aria e gelato al parmigiano

 

La fenice

Piuma di maiale iberico in verde

 

Inusuale

Cetriolo, mouse di yogurt al basilico, cialda al sesamo

 

Permette Maestro? | Roma | Città del gusto, via Ottavio Gasparri, 13 | il 12 giugno alle 20.30 | Per Informazioni e biglietti clicca qui 

 

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Permette Maestro? Cena spettacolo a 4 mani alla Città del gusto Roma per Igles Corelli e Valerio Braschi

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Il 12 giugno, alla Città del gusto Roma, il giovane vincitore di MasterChef cucina al fianco di Igles Corelli. Una serata di alta cucina e alta scuola per scoprire 4 piatti tratti da Il gusto di Igles. E divertirsi con il maestro e l’allievo. Riuscirà Valerio a conquistare Igles? Il menu della cena.

Che il suo mito in cucina fosse Igles Corelli, il giovane Valerio - natali geograficamente molto vicini a quelli del maestro emiliano, l’uno di Argenta, in Emilia, l’altro da Sant’Arcangelo di Romagna – non l’ha mai nascosto. Tanto che quando nelle ultime prove che lo separavano dalla vittoria di MasterChef 6 se l’è ritrovato di fronte, non ha potuto nascondere il suo entusiasmo. Il resto è storia che tutti gli appassionati del talent televisivo governato dagli umori dei temibili giudici (se siete curiosi di conoscere meglio la new entry Antonia Klugmann leggete qui) ricorderanno: alla fine del 2016 la finale di MasterChef incoronava il giovanissimo Valerio Braschi, 18 anni e talento da vendere, un’adolescenza trascorsa a studiare sui libri di cucina e imparare i segreti di Igles su Gambero Rosso Channel.

Ecco perché la serata organizzata dalla Città del gusto Roma, il prossimo 12 giugno, si preannuncia interessante sotto diversi aspetti: in prima battuta per l’opportunità di vedere all’opera un maestro come Igles Corelli, con la sua idea di cucina circolare che non perde mai di vista il sapore, pur promuovendo l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, che però sono soprattutto funzionali a esaltare l’ingrediente; ma anche perché Valerio si metterà alla prova davanti al suo maestro sotto gli occhi di tutti, cercando di convincerlo della bontà della sua passione, e del suo talento. In palio uno stage al ristorante di Igles, l’Atman di Villa Rospigliosi, a Lamporecchio. E poi ci sarà lo spettacolo, alta cucina e alta scuola insieme, nel cortile della Città del gusto, dove Igles Corelli realizzerà quattro piatti tratti dal suo ultimo libro, Il gusto di Igles, pubblicato dal Gambero Rosso (e acquistabile a prezzo scontato durante la serata). Valerio sarà il suo sous-chef per un giorno, protagonista insieme al suo mentore di questo divertente show cooking a 4 mani dal titolo Permette maestro?

L’appuntamento con la cena spettacolo è alle 20.30 alla Città del gusto Roma, ma i posti sono limitati: i biglietti sono acquistabili sullo store online del Gambero Rosso o presso la Città del gusto Roma. Intanto ecco il menu della serata:

 

Parallelo X

Kobe tonnato con liquido di lattuga e sedano croccante

 

Mojito di Parma

Risotto al parmigiano con menta e lime, aria e gelato al parmigiano

 

La fenice

Piuma di maiale iberico in verde

 

Inusuale

Cetriolo, mousse di yogurt al basilico, cialda al sesamo

 

VINI INCLUSI

 

Permette Maestro? | Roma | Città del gusto, via Ottavio Gasparri, 13 | il 12 giugno alle 20.30 | Per Informazioni e biglietti clicca qui 

 

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Il Pastificio Felicetti raddoppia. Nuovo stabilimento per l'azienda trentina: bell'esempio di sinergia pubblico-privato

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Nuovi posti di lavoro, rafforzamento dell'identità territoriale, investimenti in sviluppo e ricerca, tutela della qualità made in Italy. C'è tutto questo nell'ennesima fase di crescita del pastificio fondato nel 1908 tra le Dolomiti di Predazzo. Che oggi esporta oltre la metà della produzione all'estero. L'accordo con la Provincia e Trentino Sviluppo. 

L'ascesa del Pastificio Felicetti

Di buone notizie, in questa storia, ce ne sono almeno tre: l'ascesa di una realtà d'eccellenza dell'industria agroalimentare made in Italy, la voglia di implementare la produzione nel rispetto degli alti standard qualitativi che hanno fatto la fortuna del marchio, la felice cooperazione pubblico/privato, in un circuito territoriale virtuoso che sa fare sistema. Anzi quattro, considerando la ricaduta occupazionale dell'investimento che il Pastificio Felicetti si appresta a varare. L'azienda in questione, infatti, è proprio quel pastificio storico fondato a Predazzo, tra le Dolomiti trentine, nel 1908: una latitudine insolita se consideriamo la mappa dei pastifici più noti della Penisola, eppure non meno felice per caratteristiche pedoclimatiche, l'acqua sorgiva del Latemar, l'aria delle montagne, il grano da agricoltura biologica. Un piccolo laboratorio che muove i primi passi all'inizio del secolo scorso e oggi è un'impresa florida, attiva in tutto il mondo, con un fatturato che supera i 35 milioni di euro l'anno, di cui il 58% arriva dalle esportazioni nei Paesi dell'Unione Europea e in Canada. E lo stabilimento storico, seimila metri quadri di tecnologie all'avanguardia, dà lavoro a 60 dipendenti.

Il nuovo stabilimento

Proprio dalla fiducia nei propri mezzi, e dagli incoraggianti risultati raggiunti, Felicetti trarrà spunto per incrementare la produzione, inaugurando un nuovo stabilimento in località Molina di Fiemme. Il progetto, fa sapere la dirigenza, vedrà come partner attivi dell'investimento la Provincia e Trentino Sviluppo, che con Felicetti firma un'intesa volta a rafforzare la filiera agroalimentare regionale d'eccellenza. Come? Nei prossimi mesi il pastificio si impegna a stanziare 25 milioni di euro in cambio della concessione di 16500 metri quadri di suolo pubblico: 11 saranno destinati alla costruzione dei nuovi spazi produttivi, 14 all'acquisto di nuove linee produttive, e, soprattutto “per il potenziamento tecnologico e lo sviluppo di progetti innovativi”. Questo significa che nel prossimo futuro Felicetti intensificherà gli scambi con l'Università degli Studi di Trento e la Fondazione Edmund Mach, per insistere sul filone della ricerca sul prodotto, ambito particolarmente caro all'azienda, come vi raccontavamo un paio di mesi fa a proposito della pasta alla farina di grilli sviluppata da Riccardo Felicetti in collaborazione con lo chef Luciano Monosilio. E chiaramente l'espansione avrà ricadute positive anche sul versante occupazionale, con l'assunzione di 30 nuovi addetti alla produzione, un 50% in più dell'organico attuale.

Ricerca, innovazione e grano italiano

Bella soddisfazione sarebbe, per Nonno Valentino, che per primo investì sulle potenzialità del territorio trentino. Oggi, alla quarta generazione, l'azienda ha raggiunto riconoscimenti unanimi: all'inizio di quest'anno, il New York Times titolava alla “rivoluzione silenziosa nell'industria della pasta italiana”, premiando il livello di meccanizzazione raggiunto dal pastificio e soprattutto l'utilizzo di grani esclusivamente italiani, grazie alla sperimentazione sulle monovarietà, intrapresa nel 2000, che nel 2004 portava al lancio sul mercato della linea Monograno. Ne sono derivati premi per l'innovazione e il design, e attestati di stima dalla ristorazione che conta (tanti sono gli chef testimonial del brand, anche questo è il risultato di una convincente strategia di comunicazione).

 

L'altro caso. I tortellini di Bertagni

E dal canto suo, l'amministrazione della Provincia Trentino in cooperazione con Trentino Sviluppo, sembra sempre più intenzionata a rinsaldare il legame tra territorio e industria alimentare di qualità: solo qualche giorno fa un accordo con lo storico tortellificio Bertagni di Vicenza (in attività dal 1882) ha portato al riposizionamento di un pastificio trentino recentemente fallito (Malgara Chiari e Forti di Borghetto), dove da 35 anni si lavorava la pasta fresca. Così sul territorio provinciale, tra qualche tempo, sarà operativa una nuova realtà dell'industria agroalimentare apprezzata nel mondo: Bertagni esporta in 40 Paesi del mondo oltre 400 tipi differenti di tortellini, venduti ai principali marchi mondiali del settore. E per lo sviluppo di nuove linee di produzione e progetti di ricerca investirà in Trentino 8 milioni di euro, garantendo almeno 80 posti di lavoro nei prossimi mesi.  

 

a cura di Livia Montagnoli

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