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Gambero Rosso e gategroup insieme per valorizzare le eccellenze del Made in Italy on board

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Il gruppo svizzero ha siglato con Gambero Rosso un accordo che garantirà la qualità della ristorazione di bordo su treni e aerei della sua rete nel segno delle eccellenze enogastronomiche made in Italy. Ma Gambero Rosso si occuperà anche di onorare la partnership con ricette inedite e formare il personale alla conoscenza dei servizi di ristorazione.

Il WTCE, World Travel Catering & Onboard Services Expo 2017, in corso di svolgimento ad Amburgo in queste ore (4 e 6 aprile), è stato il palcoscenico dell’annuncio di una nuova partnership che vede come playmakers gategroup, leader mondiale nella fornitura di servizi dedicati al catering del settore aereo e ferroviario, e Gambero Rosso, piattaforma multimediale dell’enogastronomia italiana. Il gruppo svizzero, presente con oltre 120 filiali in 28 Paesi del mondo, si affianca così a Gambero Rosso per permettere ai viaggiatori di vivere le migliori esperienze culinarie anche in volo.

Una collaborazione che rivolge il suo sguardo ad un mercato internazionale, per la valorizzazione e lo sviluppo di attività, prodotti e servizi dell’eccellenza del Food&Wine italiano. Così gategroup, attento ricercatore della qualità, ha scelto Gambero Rosso per garantire e selezionare prodotti e produttori del Made in Italy per il catering ed il retail on board.

Gambero Rosso disegnerà nuove ricette e formerà il personale di bordo alla conoscenza e alla promozione della ristorazione, con incontri e lezioni tematiche per i crew in Italia, presso le aule delle Città di gusto e nel mondo. Cogliendo al contempo un'opportunità importante per accrescere la visibilità delle eccellenze enogastronomiche italiane, come quelle che hanno accompagnato il viaggio ad Amburgo (Pastificio dei Campi, Pastificio di Martino, Venturini Baldini, Nuova Castelli, I Bibanesi, Loison, Allegrini, San Polo, Poggio al Tesoro, Contadi Castaldi, Bellavista, Petra) tutte aziende che fanno della proposta di qualità la loro bandiera.
 

Per gli aspetti legali dell’operazione, gategroup e Gambero Rosso sono state assistite dagli Avvocati Romina Guglielmetti e Carlo Riganti, partner dello studio legale Starclex.

 


La nuova stagione del San Pietro di Positano. Viaggio in una delle cucine d’albergo più belle d’Italia

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Un anno fa la proprietà illuminata dell’hotel 5 stelle abbarbicato sulle rocce della Costiera Amalfitana, fondato e gestito dalla famiglia Cinque, presentava la nuova cucina del ristorante Zass. Il 7 aprile la struttura riapre per la stagione 2017: vi raccontiamo come lavorano lo chef Alois Vanlangenaeker e la sua brigata.

Il San Pietro di Positano. La storia

A picco sulla baia di Positano, abbarbicato su quelle scogliere che della Costiera Amalfitana hanno fatto una cartolina invidiata in tutto il mondo, l’HotelSan Pietroè un perfetto esempio di ospitalità all’italiana in uno dei contesti più turistici della Penisola. Non per questo ha perso la sua unicità, che anzi proprio sulla capacità di concertare un’accoglienza curata nel minimo dettaglio quanto affabile e familiare ha costruito il proprio successo nei decenni, affascinando tanti viaggiatori in cerca di una sistemazione dall’identità spiccata. Il merito, oltre che della posizione privilegiata tra il mare della Costiera e la vegetazione rigogliosa dei Monti Lattari, è della famiglia Cinque, che da tre generazioni conduce l’attività, prima con Carlino, poi con Salvatore e Virginia, e oggi con Carlo e Vito, che il testimone l’hanno accettato con la consapevolezza di dover restare al passo coi tempi, senza rinunciare all’esclusività del contesto (dal 1989 l’albergo fa parte del circuito Relais & Chateaux).

Rinnovarsi sempre. Il segreto della famiglia Cinque

Per questo dal 2010 hanno intrapreso con la complicità dell’architetto Fausta Gaetaniun restyling mirato delle camere (56, tutte con terrazza privata e finiture pregiate), ispirato dalla tradizione artigianale della Costiera. E anno dopo anno i lavori di ammodernamento procedono in direzione di un investimento sempre più centrato sull’integrazione con l’ambiente naturale che circonda e dialoga con la struttura, che proprio tra qualche ora si presenterà all’appuntamento con la riapertura stagionale ancora più bello, con interni rinnovati e una suite sestupla che sarà fiore all’occhiello della zona notte. Mentre anche i giardini si riaccendono con l’innesto di nuovi elementi e specie vegetali. Ma il San Pietro, che oggi dà lavoro a 120 dipendenti confermandosi l’impresa più ambiziosa di Positano, è anche cucina, e alta ristorazione ripartita tra il salone vista mare dell’insegna madre – lo Zassa due Forchette e una Stella Michelin - e il locale sulla spiaggia inaugurato nel 2008, il Carlino, per offrire una proposta più semplice e informale, raggiungibile dall’albergo in 45 secondi con l’ascensore scavato nella roccia, o tramite una passeggiata rigenerante tra orti e giardini della proprietà.

 

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La cucina all’avanguardia dello Zass

Del resto la famiglia Cinque non è avara di effetti speciali. E la cucina diretta dallo chef Alois Vanlangenaeker è indubbiamente un esempio di come l’avanguardia tecnologica e l’allestimento funzionale degli spazi possano contribuire al successo della proposta gastronomica. Nel 2016 l’open space di 400 metri quadri che ospita forni, piani di lavoro e strumentazioni innovative è stato ripensato ex novo dal kitchen designer Andrea Viacava, all’insegna dell’eco compatibilità: piastre a induzione, soffitto aspirante, sistema di sanificazione a ozono e tanti altri accorgimenti per uno spazio su due livelli (con un piano interrato scavato nella roccia per la gestione dei rifiuti, che consente di ridurre dell’85% in peso/volume i rifiuti organici e i materiali riciclabili) che facilita i compiti della brigata, al lavoro in 4 isole distinte. Il risultato, un unicum nel panorama dell’hotellerie di lusso, si apprezza sulla tavola dello Zass, in attività dal 2013, che beneficia pure dei prodotti in arrivo dagli orti dell’albergo, e soprattutto dell’esperienza dello chef belga d’adozione campana, in Costiera dal 1992 e all’hotel San Pietro da 10 anni. Con piatti che valorizzano il gusto mediterraneo tra una Tartare di scampi con fiori di borragine e fragoline di boscoe un Carpaccio con maionese di bottarga affumicata e sentori di bergamotto. Che sei ospiti fortunati possono apprezzare ogni sera al tavolo dello chef posizionato all’interno della cucina. Tra le più belle d’Italia in uno degli alberghi più suggestivi del mondo.

Zass dell’Hotel San Pietro | Positano (SA) | via Laurito, 2 | tel. 0898 74455 | www.ilsanpietro.it

Fiori eduli. Coltivazione, conservazione e utilizzo in cucina

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Arriva primavera ed è subito tempo di fiori, belli da ammirare ma anche buoni da mangiare. Aumenta l'interesse di agricoltori e chef italiani verso i fiori commestibili, sempre più presenti in cucina, sia nei dolci che nelle ricette salate; e così abbiamo cercato di fare un po' di chiarezza con gli addetti ai lavori.

Insalate, zuppe, carni, primi piatti ma anche torte, crostate, biscotti: l'utilizzo dei fiori eduli in cucina è ormai consolidato da tempo e sembra destinato a una crescita sempre maggiore. In Italia, aumentano le realtà dedicate alla coltivazione di queste piante e così anche i ristoranti che decidono di inserire i petali profumati e ricchi di aromi nel loro menu. Ma come si utilizzano in cucina? Come e quanto a lungo si conservano? Per questa primavera, abbiamo chiesto a degli esperti di fare luce sull'argomento per capire di più su questi prodotti.

La coltivazione

A Torre del Lago Puccini, frazione di Viareggio (Lucca), la famiglia Carmazzi coltiva ortaggi di vario tipo da oltre un secolo e, dal 2005, si è specializzata anche e soprattutto nella produzione di fiori commestibili. Ma cosa si intende con questo termine? “Anche cavolo, carciofo e zucchina sono delle infiorescenze di ortaggi, la differenza è che questi fanno da sempre parte della nostra tradizione gastronomica, mentre gli altri no”, racconta l'attuale proprietario Marco Carmazzi. Per riconoscere quelli buoni da quelli cattivi, Marco si affida a libri tecnici sull'argomento e studi approfonditi:“I fiori eduli funzionano un po' come i funghi: ne esistono alcuni buoni e altri tossici ma il loro impiego nell'alimentazione è talmente antico che esiste un'ampia bibliografia circa le loro proprietà”.

Ma i testi da soli non bastano e così l'azienda ha intrapreso, insieme all'Università di Pisa, un percorso di ricerca su 15 diverse varietà botaniche, che sono state tutte approvate come commestibili. Carmazzi continua a coltivare queste piante, “a cui presto andranno ad aggiungersene altre” in stretto regime biologico: “Mangiare una piantina coltivata a scopo ornamentale non è sicuro. I fiori commestibili vanno curati come tali, e quindi senza prodotti fitosanitari o elementi chimici di alcun genere”. Perché bisogna inoltre considerare che i petali sono talmente delicati che non vengono mai lavati prima di essere consumati, “al massimo possono essere tamponati leggermente con un panno di carta imbevuto d'acqua, ma mai passati sotto l'acqua corrente”. E in questo caso la presenza di elementi chimici nel terreno fa la differenza.

La conservazione

Ma come si conservano i fiori? “Noi vendiamo i petali sfusi in vaschette riciclabili”, da tenere in frigorifero a una temperatura standard che va dai 4 ai 6 °C, “e non aggiungiamo alcun tipo di conservante”. La data di scadenza varia dagli 8 ai 10 giorni “ma in realtà tante volte possono essere conservati molto più a lungo: ci sono alcune cultivar che riescono ad arrivare anche a un mese!”. L'azienda consegna poi anche all'estero, “principalmente in Europa”, affidandosi ai corrieri e utilizzando in questo caso dei contenitori in polistirolo con ghiaccio gel: “Tutte le consegne avvengono in un tempo massimo di 24/48 ore, per garantire la freschezza massima del prodotto”.

 

Carmazzi

Floricoltura Carmazzi

Fiori in cucina: elementi funzionali o decorativi?

Prima di raccontare i diversi impieghi dei fiori in cucina, occorre fare una premessa: “Se utilizzati come pura guarnizione, i petali perdono tutto il loro senso. Ogni fiore ha profumi e aromi particolari e può conferire al piatto un sapore specifico: non si tratta solo di elementi decorativi ma di ingredienti a tutti gli effetti”. Lo afferma Marco e lo conferma anche Eleonora Cunaccia, per chi la conosce semplicemente Noris, decana del foraging e ideatrice di Primitivizia, marchio con cui confeziona i suoi prodotti a base di erbe spontanee, bacche, funghi e tutto ciò che di commestibile la natura ha da offrire.

 

Noris

Noris

Noris non esclude però del tutto l'aspetto estetico, che resta un elemento fondamentale in cucina: “Si possono aggiungere i petali come decorazione per 'rallegrare' la ricetta, rendere il piatto più colorato e gioioso”. In che modo? “Un giorno mi è venuta a trovare una mia amica che stava soffrendo per amore. Ho apparecchiato la tavola con una bella tovaglia gialla, preparato una pasta con un pesto di erbe spontanee appena colte e poi aggiunto qualche petalo di nontiscordardimé”, piccoli fiori dal colore brillante che gioca sulle note del celeste e le sfumature di azzurro. “In poco tempo, si è subito sentita meglio... Più allegra. Il fiore è la parte più aerea di una pianta, è la Bellezza. È gioia. È tutto ciò che di bello c'è in natura”.

 

Nontiscordardimé

Nontiscordardimé

Gli abbinamenti: carne e formaggi

Ma in cucina i fiori servono, prima di tutto, a conferire sapori e profumi. “Ogni cultivar ha delle note particolari”, spiega Marco,“la begonia per esempio è piuttosto acida mentre il nasturzio ha dei sentori piccanti. Le tagete, poi, sono ottime se amalgamate all'interno di un risotto, perché hanno dei petali che possono essere facilmente ridotti in piccoli pezzi”. Bisogna essere poi in grado di bilanciare bene i sentori, come ci ricorda Noris: “L'acetosa può sostituire l'aceto nelle insalate ma va usata con parsimonia, massimo 5 pezzi, altrimenti il piatto diventa troppo spinto sull'acidità”. C'è poi l'achillea “dal sapore amarognolo, perfetta per piatti robusti”, oppure il fiore della salvia pratense, “ideale per la carne”,e  ancora i fiori viola del timo serpillo, “che si sposano molto bene con le carni rosse”. E sul formaggio? “5 cime di silene rigonfia”, mentre se si vuole aggiungere una nota piccante si può usare il fiore del crescione.

 

Tagete

Tagete

Pesce e verdure

E per il pesce? Abbiamo chiesto qualche consiglio alla chef Eleonora Matarrese, ideatrice del blog di cucina naturale La Cucina del Bosco e di Pikniq, ristorante vegano tutto basato sui frutti che la natura ha da offrire, dalle gemme alle bacche, dalle cortecce ai fiori. Per i piatti di pesce, la chef consiglia il Crithmum maritimum, “detto anche finocchio marino, pianta appartenente alla stessa famiglia della carota e del prezzemolo che ha dei fiorellini dal gusto fresco che ricorda l'aneto”. Da provare, poi, anche l'acetosella, “perfetta per i piatti delicati”. Nei piatti vegetariani invece si possono usare le infiorescenze del plantago, “che hanno lo stesso sapore dei funghi” ma uno dei miei fiori preferiti in assoluto è l'ornithogalum, della famiglia delle Liliaceae, che sboccia in questo periodo e ha un sapore che ricorda gli asparagi. Lo utilizzo soffiato perché in questo modo acquista una nota leggera di cipolla dolce”.

 

Crithmum maritimum

Crithmum maritimum

 

Per piatti vegani, si possono provare poi lavanda, calendula e rose.

 

Calendula

Calendula

I tempi di fioritura

A proposito di rose: non hanno tutte lo stesso sapore,la canina è molto delicata e pressoché insapore e ha dei petali molto sottili che si sfaldano facilmente”. C'è poi la rosa baccara, “non selvatica, purtroppo, quindi la si può trovare solo in vivai e aziende specializzate” dal gusto forte e deciso e ancora la rosa muscosa,la mia preferita: l'ho raccolta per la prima volta nelle Isole Faroe, il luogo più a Nord che ci sia, e me ne sono da subito innamorata”. Questo fiore infatti è ben diverso da quello a cui siamo abituati perché “alle nostre latitudini le rose hanno profumi e note molto più lievi”. Utilizzata molto soprattutto nella cosmesi, in cucina Eleonora la consiglia su piatti piuttosto saporiti.

 

Rosa Muscosa

Rosa muscosa

Come per frutta e verdura, naturalmente anche per i fiori va seguita la stagionalità: Raccolgo la maggior parte delle piante nel bosco in cui vivo, ma mi sposto sempre anche nei paesi scandinavi quando è periodo di fioritura, e in Puglia e Sardegna per le piante marine. In qualsiasi caso, bisogna scegliere dei luoghi quanto più incontaminati possibili”.

Ricette della tradizione contadina

E dalla sua terra, la Puglia, recupera anche le ricette della tradizione che ripropone nel suo ristorante, dove offre piatti tipici della cucina “povera” dei contadini,come la frittata di smilax aspera, pianta della famiglia delle Liliaceae molto utilizzata in passato con le uova oppure semplicemente scottata in padella con un filo d'olio extravergine di oliva e uno spicchio d'aglio”. Oltre alla smilax, possono essere aggiunti poi germogli di pungitopo, vitalba e luppolo. Da provare infine anche tutti i fiori della famiglia dei cavoli come la pratolina e il tarassaco, “che hanno dei sapori buonissimi e dei colori davvero accattivanti”. Il tarassaco è ottimo anche per pesti e salse, “mentre per le confetture utilizzo molto vari tipi di rosa e violette”. E per i dolci?Un dessert che va molto sono i blondies, versione bianca dei brownies a base di burro cacao che prevede i fiori del sottobosco all'interno dell'impasto”.

Floricoltura Carmazzi | Viareggio (LU) | via della Fontanella, 61 | tel. 0584 340941 | www.floricolturacarmazzi.it/

La Cucina del Bosco | lacucinadelbosco.wordpress.com/

Pikniq | Monza | via Dante Alighieri, 39 | tel. 039 9634222 | pikniq.com/

Primitivizia | Spiazzo (TN) | frazione Borzago, 93 | tel. 338 103 4192 | www.primitivizia.it/

a cura di Michela Becchi

Scripps Networks scommette ancora sull'Italia. A maggio l'arrivo di Food Network sulla tv nazionale

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Il colosso internazionale dei contenuti televisivi Scripps Network Interactive ha annunciato oggi, 6 aprile 2017, il lancio di Food Network in Italia. Dal prossimo 8 maggio, arriva sul digitale terrestre uno dei canali di cucina più seguiti al mondo.

Scripps Network Interactive

Leader indiscusso nel campo dei contenuti lifestyle, specializzato in programmi su casa, cibo e viaggi in TV e sulle piattaforme emergenti, Scripps Network Interactive vanta nel suo portfolio clienti del calibro di Cooking Channel, Travel Channel, Great American Country, Food Network. Nomi noti del panorama televisivo internazionale che nel complesso raggiungono oltre 190 milioni di spettatori americani ogni mese. Con sede centrale a Knoxville, in Tennessee, la rete globale della compagnia raggiunge milioni di utenti in Nord e Sud America, Asia, Europa, in Medio Oriente e in Africa. E continua, anno dopo anno, a rinnovarsi ed elaborare progetti nuovi. L'ultimo nato coinvolge la nostra Penisola, dove l'azienda ha già messo radici nel 2014 con il lancio del canale Fine Living.

Food Network

Una piattaforma verticale tutta dedicata al cibo: Food Network è un canale che richiama l'attenzione di chef, pasticceri, addetti ai lavori e appassionati, e che si propone di coniugare intrattenimento, competizioni, showcooking e viaggi gastronomici. Lanciato negli Stati Uniti nel '93, oggi è fra i principali 10 network americani e si prepara ora ad approdare in Italia. Scripps Networks ha annunciato il lancio del canale nel Bel Paese, previsto per il prossimo 8 maggio. Sarà in onda sul canale 33 del Digitale Terrestre, con l'ambizioso obiettivo di diventare fin da subito uno dei punti di riferimento nel settore gastronomico, un settore in crescita e sviluppo dove lo spazio si è allargato e che dunque richiama evidentemente investimenti. A noi del Gambero Rosso, che abbiamo inventato e che ancora realizziamo con successo, il primo canale a tema cibo&vino in Europa vent'anni fa, la cosa non può che fare piacere: un po' più di concorrenza, ma tanti stimoli in più e un mercato che cresce.

Il lancio in Italia di Food Network, Paese chiave per Scripps Network Interactive, rappresenta un significativo traguardo nel panorama di espansione globale di questo brand”, ha commentato Phillip Luff, managing director UK & EMEA dell'azienda. E ha aggiunto: “L’Italia ha una cultura ricca e dinamica, all’interno della quale il cibo rappresenta un aspetto fondamentale essendo nel DNA di tutti. I programmi unici e coinvolgenti di Food Network saranno in grado di attirare i milioni di italiani che amano il cibo”.

Cosa e chi

Produzioni originali locali e show internazionali, dall'intrattenimento alle gare ai fornelli: questo il programma generale del canale, ma per conoscere nomi dei personaggi coinvolti e i temi che verranno affrontati dovremo aspettare il prossimo 8 maggio. Il progetto dell'azienda non si limita solo alla televisione ma comprende anche una piccola sezione editoriale: una serie di ricette, consigli e trucchi del mestiere verranno raccolti in un sito web dedicato, oltre che sulle pagine dei social network Facebook e Instagram, dove saranno disponibili clip esclusive e filmati dietro le quinte. A rappresentare Food Network in Italia, sarà Viacom International Media Networks Pubblicità & Brand Solutions, realtà specializzata nella creazione di contenuti e campagne personalizzate.

a cura di Michela Becchi

La cucina etica dei JRE. Dal XXIV congresso gli obiettivi del 2017 a sostegno della salute

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Il congresso numero 24 del JRE d'Italia annuncia i nuovi associati e le direttive per il 2017: un impegno a favore della salute e dell'educazione alimentare.

Gli storici ambienti che nel 1918 ospitarono Ernest Hemingway e lo ispirarono nella stesura di Addio alle Armi- “Conoscevo il barman, mi sedetti su un alto sgabello e mangiai mandorle salate e patatine. Il Martini era fresco e pulito”– non perdono il fascino di luogo senza tempo, che ha visto passare la storia. È lo splendido Hotel Des Iles Borromees di Stresa, di fronte all’Isola Bella, sulle sponde del suggestivo Lago Maggiore, che il 3 aprile è stato la location del XXIV° Congresso Nazionale JRE, Giovani Ristoratori d’Europa. Un fil rougeche lega JRE a Stresa e al locale Istituto Alberghiero Erminio Maggia, il più antico d’Italia, a conferma dell’attenzione dell’associazione verso gli studenti e la loro formazione.

Un patto che si conferma anche per il 2017, suggellato nel corso di tutto il 2016 con Discover Talent, un percorso didattico basato sul confronto tra gli studenti dell’istituto e l’eccellenza della ristorazione italiana attraverso lezioni teorico pratiche sia di cucina che di sala, e il premio istituito da JRE confluito in due borse di studio e sei mesi di lavoro presso due ristoranti associati.

Borromees

Il Congresso

L’importante appuntamento annuale ha visto 80 chef della consolidata associazione internazionale, capitanata in Italia dal neoeletto Luca Marchini del ristorante L’Erba del re di Modena, ritrovarsi per discutere di cucina etica e giusta, e delle tematiche stringenti di un settore in continua evoluzione e infondere alla propria professione passione e ricerca. Una tabella di marcia densa di temi forti, in linea con l’impegno preso al momento dell’ingresso nel prestigioso club. Se lo scorso anno il lavoro dell’associazione si era concentrato sul fare il punto sul passato e il futuro di JRE, e sull’importanza del ruolo di Sala e Cucina, quest’anno i temi erano più d’uno e tutti di rilievo, tra cui il progetto sulla disfagia, la presentazione della nuova guida JRE in uscita con Traveller, la gestione del ristorante della casa di cura La Madonnina di Milano e la collaborazione con Airc.

JRE

L’associazione JRE e i nuovi ingressi

Presente in 16 paesi, JRE, nasce con l’obiettivo di mettere a confronto culture culinarie territoriali e loro evoluzioni artistiche, ed è riconosciuta tra le più prestigiose associazioni culinarie. In Italia si è costituita nel 1992 e conta 83 soci che mettono al primo posto passione, creatività, innovazione, memoria e territorio per poter offrire ai propri ospiti un’esperienza di altissima qualità. La compagine italiana guidata dal 2017 dallo chef Luca Marchini, titolare del ristorante L'Erba del Re di Modena, è affiancata dal vicepresidente Marcello Trentini, lo chef del Magorabin di Torino; il Segretario e tesoriere Stefano De Lorenzi del ristorante Due Mori di Asolo; i Consiglieri Aurora Mazzucchelli chef del ristorante Marconi di Sasso Marconi, Alberto Faccani chef del Magnolia di Cesenatico e Filippo Saporito de La Leggenda dei Frati di Firenze.

 

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Alla cena di gala che ha concluso l’avvenimento sono stati presentati i quattro nuovi ingressi del 2017, scelti dopo il vaglio delle venti domande di adesione pervenute nel corso del 2016, in osservanza al regolamento interno che impone ai soci di non aver superato i 42 anni di età, e di essere chef e imprenditori, ossia proprietari del ristorante da almeno tre anni. Ecco i nuovi soci JRE: Daniel Canzian, ristorante Daniel di Milano; Davide Del Duca, Osteria Fernanda di Roma; Emanuele Donalisio, Il Giardino Del Gusto di Ventimiglia; Massimiliano Mascia, ristorante San Domenico di Imola.

 

Tavola e disfagia

Il 2017 avrà, tra gli obiettivi primari di JRE, il progetto Velluto per la disfagia, nel quale 12 chef associati, insieme al presidente Luca Marchini, predisporranno una serie di menu adatti a chi soffre di questa patologia. La parola disfagia (dal greco “dys” che significa male, e “fago” ovvero mangio: letteralmente mangio male) è una disfunzione che comporta difficoltà del processo di deglutizione. Chi ne soffre - stime prudenti parlano del 15% della popolazione anziana - combatte con i rischi concreti che cibo, saliva, acqua e bevande vadano di traverso e possano arrivare nelle vie respiratorie invece che nello stomaco, provocando soffocamento, tosse e dolore. Alcune consistenze sono consigliate per contrastare questi rischi, ma spesso si legano a cibi poco allettanti dal punto di vista gastronomico. L’iniziativa dei JRE riporta al centro la tavola, con piatti piacevoli sotto l'aspetto visivo, olfattivo e gustativo, ma con consistenze che favoriscano la deglutizione per favorire chi è affetto da disfagia.

Luca Marchini

L'impegno dei JRE a favore dei malati di disfagia è articolato in più punti: dalla realizzazione di un volume di ricette insieme all’Associazione Salvatore Calabrese Onlus alla creazione di un circuito di ristoranti per disfagici; dalla promozione del portale Oltre la disfagiaalla cura di incontri diffusi sul territorio per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa patologia. “Siamo lusingati”ha dichiarato Luca Marchini di contribuire con il nostro operato creativo e di gusto al progetto di sensibilizzazione promosso dall’ASC Onlus. Un impegno che gli chef si assumono ogni qual volta che preparano, creano, impiattano una pietanza affinché sia una esperienza che risvegli emozioni di gusto, profumo e tattili indimenticabili, quale ‘patrimonio sensoriale della memoria’, e che sentono maggiormente come proprio, in caso di persone fino ad oggi escluse dal piacere della tavola. È sola una delle ragioni per cui abbiamo condiviso e abbracciato con entusiasmo il progetto di velluto la cui utilità sociale non può passare inosservata”.

 

Gli altri progetti

I JRE saranno impegnati su più fronti, anche nel progetto Eat La Madonnina, insieme all’ideatore Paolo Rotelli, presidente del Gruppo Ospedaliero San Donato, e a Gilda Gastaldi, fondatrice del progetto Eat che dal 2009 si occupa di educazione alimentare nelle scuole, attraverso il rivoluzionario Eat Restaurant, con una cucina non solo riservata ai degenti della clinica. 11 chef dell'associazione JRE si alterneranno ogni mese, consigliando menu con ingredienti naturali e stagionali utilizzando moderni metodi di cottura per esaltare i sapori e valorizzare in chiave light il vasto patrimonio italiano delle ricette regionali. Con tre elementi chiave semplicità, creatività, benessere.

Ma non solo, i giovani ristoratori d’Europa garantiranno la loro presenza a Fish and Chef, a Tutto Food, alla tappa italiana del Longines Global Champions tour al When Food Meets Fashion alla Rinascente, e ad altri prestigiosi avvenimenti. Sul piano della comunicazione invece, è stata presentata la nuova guida dei JRE realizzata con Condé Nast Traveller, allegata al numero di giugno, dove trovare le informazioni relative ai ristoranti, alla filosofia degli chef, ai piatti.

 

Foto in copertina: Cremoso di ricotta e cioccolato bianco estratto di salvia karkade granita di barbabietola e aceto diDavide Del Duca 

 

http://www.jre.it/jre-italia/

Eat restaurant | Milano | Casa di Cura La Madonnina | via Quadronno, 29 | tel. 02 58395273 | http://www.eat-restaurant.it/

 

a cura di Luca Bonacini

 

I migliori mieli d'Italia. Mieli Thun di Vigo di Ton

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È dai primi anni '90 che l'azienda Mieli Thun si impegna a valorizzare l'ampio patrimonio botanico italiano, utilizzando diverse varietà di fiori per i propri mieli. Oggi, è una delle aziende più note della Penisola.

Le origini

La mia è una famiglia di agricoltori e quello in cui vivo è un territorio particolarmente vocato alla produzione di mele. Ma per me avevo immaginato un futuro diverso”, racconta Andrea Paternoster, proprietario e ideatore di Mieli Thun di Vigo di Ton, in provincia di Trento. “Nei primi anni '20 mio nonno aveva già qualche ape e un giorno, dopo tanti anni, ho ritrovato per caso degli alveari inattivi. E così ho pensato: perché non riprendere in mano questa attività?”. Sono tre i motivi principali che spingono Andrea a lanciarsi nel settore apistico: “Volevo restituire valore al settore agricolo, facendo qualcosa che mi appassionasse e riscoprendo un prodotto da tempo dimenticato, volevo viaggiare e volevo esprimere me stesso attraverso i miei prodotti”. E così, all'inizio degli anni '90 nasce l'azienda apistica, oggi una delle più note nel panorama italiano per i suoi mieli pregiati, e anche per le loro confezioni eleganti.

La grafica e il packaging

Il senso creativo di Andrea spinge infatti l'azienda a puntare fin da subito sull'estetica e la grafica: “Inizialmente siamo partiti in maniera molto casalinga, disegnando noi stessi il logo e le confezioni”, ma col tempo, e l'aumento delle vendite, decidono di affidarsi a un professionista. “Ci siamo ispirati molto al mondo della cosmesi e della profumeria: abbiamo appositamente tralasciato il settore gastronomico perché volevamo creare qualcosa di nuovo, originale ed elegante, non ancora presente sul mercato alimentare” . Un discorso che non guarda al panorama vinicolo, “molto più avanti rispetto al cibo in fatto di etichette e grafica”. La svolta arriva con la collaborazione con Paolo Castiglioni della Castiglioni Design, studio di marchi, packaging e campagne pubblicitarie di Nogara, in provincia di Verona: “Con lui, è nato il marchio e la confezione così come oggi la conosciamo”.

La produzione

1400 alveari in circa 60 diverse zone produttive: Mieli Thun si trova in Trentino ma l'apicoltore si sposta anche in altri territori per far bottinare le proprie api. “Il miele per me ha un valore inestimabile a livello nazionale: ci sono tanti prodotti buoni anche all'estero ma nessun paese ha la nostra ricchezza varietale in quanto a fioriture. In tutta Europa ce ne sono circa 18mila e ben 8mila di queste si trovano nella nostra Penisola. È una tale fortuna”. E di questa fortuna Andrea ha scelto di farne la propria filosofia: “Voglio valorizzare al meglio le singole varietà per promuovere l'ampia biodiversità del territorio italiano”. È per questo che Mieli Thun offre principalmente mieli unifloreali – realizzati con una singola cultivar – prodotti in terre diverse: “Un miele di castagno del Lazio non ha lo stesso sapore di uno abruzzese e così via. Ogni terreno conferisce al miele sentori e aromi differenti, e anche un diverso spettro pollinico, ovvero la struttura e composizione del polline”.

Varietà e abbinamenti

Così, Andrea realizza mieli d'acacia, arancio, castagno, tiglio, sulla, cardo, corbezzolo, edera, bosco, melo e molti altri ancora, oltre al classico millefiori “che resta comunque un prodotto eccellente”. Uno dei più particolari e rari è quello di erba medica, “quest'anno davvero eccezionale”, realizzato nelle zone di produzione del Parmigiano Reggiano, dove questa pianta viene coltivata per l'alimentazione delle vacche. “Si tratta di un miele di colore bianco, molto delicato, dal sapore quasi neutro. Io lo chiamo 'il miele della gentilezza' perché è davvero fine e leggero. Perfetto con un buon gorgonzola stagionato”. Altro prodotto di punta è il miele di tarassaco, “che ogni anno ci gratifica e rende orgogliosi del nostro lavoro”. Al contrario dell'erba medica, il tarassaco conferisce al miele un colore giallo acceso “come quello del tuorlo d'uovo” e sentori decisi e pungenti all'olfatto, “che lasciano poi spazio durante l'assaggio a note più floreali e delicate che ricordano la camomilla”. Questo è particolarmente indicato per il formaggio asiago, “ma bisogna sempre ricordare che non esistono abbinamenti prestabiliti e che alle volte è bello anche degustare i due elementi – il miele e il latticino – separatamente per assaporarne tutte le sfumature aromatiche”.

Il miele in cucina e nell'alimentazione

E soprattutto si può giocare con il miele anche con le preparazioni più semplici, come le vinaigratte o altre salse: “Con lo chef ClaudioPregldella Baita Santa Lucia una volta abbiamo realizzato una maionese, che abbiamo poi ribattezzato mielonese, a base di aceto, olio extravergine di oliva e miele”. E la ricetta ha funzionato, “il miele ha creato insieme agli altri ingredienti un'emulsione stabile e gelatinosa al punto giusto”. La tipologia migliore per realizzarlo? “Dipende molto dal gusto personale. Io consiglierei uno di arancio oppure – perché no – anche uno di girasole”. Aspetto fondamentale dell'utilizzo del miele in cucina è la sua versatilità, “si presta bene sia per le ricette dolci che salate” e, naturalmente, le sue tante proprietà nutraceutiche: “è bene ricordare di inserire il miele in diversi pasti della giornata, e non solo a colazione. Questo perché aiuta a diminuire la quantità di zucchero bianco che assumiamo quotidianamente e anche quella di sale, perché il miele giusto, se bilanciato in maniera intelligente con altri ingredienti, riesce a esaltare anche le note più saporite di un piatto”.

Il panorama del miele in Italia e all'estero

E lo sanno bene i consumatori americani, “sempre più attenti alla qualità e alle proprietà nutrizionali di un alimento”. Perché non bisogna mai dimenticare che, oltre alla massa di clienti abituali dei fast food, negli Stati Uniti esiste una grande fetta di addetti ai lavori e consumatori che nel tempo si sono fatti promotori del buon magiare, del concetto di farmer's market, i mercati contadini, e più in generale di Km0, agricoltura biologica e alimentazione sana. “C'è una fetta di clientela americana che presta molta attenzione alla salubrità dei prodotti e per questo, da 6 anni a questa parte, abbiamo iniziato a vendere anche all'estero”. Ma anche l'Italia non è da meno, e i numeri dei consumi di miele continuano a crescere: “L'interesse verso questo prodotto è sempre maggiore. I mieli più richiesti sono ancora il millefiori e l'acacia ma gradualmente il pubblico inizia a interessarsi anche ad altre varietà”.

La formazione

E questo avviene anche attraverso corsi di formazione sull'assaggio: “Lucia Piana è una delle più grandi maestre dell'analisi sensoriale del miele, una vera guru: il settore del miele italiano deve molto a lei”. Ma ci sono anche gli incontri, le serate di degustazione e i laboratori di avvicinamento: “Quando posso cerco di diffondere la cultura del miele di qualità fra i consumatori presso i punti vendita aziendali o durante qualche evento”. Inoltre, Andrea insegna anche presso la Niko Romito Formazione di Castel di Sangro (L'Aquila) e all'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “La crescita del settore del miele è appena cominciata e comunque la strada da percorrere è ancora lunga”. Il prossimo passo? “Entrare nel mondo dell'ospitalità: la colazione è il pasto principale di un albergo e una buona struttura non può permettersi di avere un miele di bassa qualità”.

Mieli Thun | Vigo di Ton (TN) | tel. 0461 657929 | www.mielithun.it

a cura di Michela Becchi

I migliori mieli d'Italia. Giorgio Poeta di Fabriano

I migliori mieli d'Italia. Carlo Amodeo di Termini Imerese

I migliori mieli d'Italia. Delizie dell'Alveare di Tornareccio

I migliori mieli d'Italia. Apicoltura Bianco di Guardiagrele

I migliori mieli d'Italia. Mariangela Prunotto di Alba 

Conoscere e capire il miele: glossario essenziale

La cucina dei rifugiati. Dall’America l’incubatore With Love che valorizza il cibo dal mondo, a Venezia Refugee Masterchef

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Se il cibo può essere condivisione e banco di scambio privilegiato, perché non cominciare ad avere fiducia negli altri in cucina? Da Syracuse la storia di With Love, che ogni sei mesi offre ai rifugiati l’opportunità di perfezionarsi nel business della ristorazione. A cominciare dalla cucina del Pakistan. Mentre a Venezia nasce il contest per rifugiati in cucina, dagli ideatori di Orient e Africa Express.

La cucina degli altri. With Love

Sei mesi, e poi avanti un altro. In un turn over ideale tra cucine del mondo altrimenti destinate a essere invisibili. Succede questo e molto altro da qualche tempo a Syracuse, nello stato di New York, dove all’indomani delle elezioni presidenziali – e le tempistiche non sono un caso – ha preso forma un incubatore di impresa molto particolare. Destinato cioè, nel momento in cui parte dell’America sente il bisogno di riaffermare la propria pluralità di fronte al tentativo di mettere a tacere tolleranza e convivenza etnica, a valorizzare le potenzialità di progetti della ristorazione ideati da rifugiati e immigrati. Un contenitore di speranze sponsorizzato dall’Onondaga Community College che però non fa sconti a nessuno, perché le attività prese in considerazione dovranno dimostrare di essere economicamente sostenibili e concettualmente azzeccate proprio come tutte le altre iniziative di impresa che sperano di sopravvivere nel business della ristorazione.

Ricette dal Pakistan

A cominciare dal format pakistano che ha aperto la sfida del format With Love– come è stata ribattezzata l’insegna - con un esordio colorato che offre una tavola confortevole a tutto il vicinato all’insegna di una cucina della tradizione che Sarah Robins, rifugiata in arrivo dal Pakistan, trasmette ai cuochi al lavoro nel pop up di Syracuse. Molti sono studenti stranieri che l’associazione ha preso sotto la propria ala protettrice, che insieme agli ideatori dei progetti in avvicendamento avranno modo di imparare a convivere con le usanze e i costumi degli altri. A cominciare dal cibo e dalla condivisione in cucina. Che per il momento propone Pakora alla mela verde e Pollo halal con tris di legumi e “troppe spezie da elencare”, Costolette di agnello con melograno e garam masala e un dessert alle carote, cardamomo e pistacchio. E il cibo è davvero buono, tanto che dalla prossima estate, quando la parentesi pakistana lascerà spazio e nuovi progetti, Sarah Robins ha idea di aprire un ristorante tutto suo con il supporto degli investitori intercettati nel frattempo. Da quel momento, le cucine di With Love ricominceranno a girare tra nuove spezie, ingredienti esotici e ricette in arrivo da chissà dove. Del resto Syracuse presenta uno dei contesti sociali più disagiati d’America, e sono molti i rifugiati che dagli anni Settanta hanno trovato ospitalità in città, tanti dalla Siria, lo Yemen, il Bhutan. Tanto che sono più di trenta le lingue che coesistono nei dintorni di With Love.

Il concorso di cucina per rifugiati. A Venezia

Tra i confini di casa nostra, invece, ci prova una coppia di ragazzi afghani a fare la differenza. I due ristoratori – Hadi Noori e Mohamad Karim- hanno trovato casa a Venezia dieci anni fa, e ora con il supporto dell’Istituto alberghiero Barbariga propongono un contest di cucina destinato ai rifugiati che vogliono riabilitarsi a integrarsi cominciando dalla condivisione di pentole e fornelli. I due, peraltro, non sono nuovi a sfide ambiziose, e oggi in città gestiscono esperienze di ristorazione molto particolari – Orient Experience e Africa Experience– che abbiamo avuto modo di raccontare in passato, dando lavoro a circa 50 persone, tutti richiedenti asilo in Italia. Tutti con un bagaglio gastronomico da condividere, che racconta l’identità culturale del proprio Paese, proprio come le ricette presentate dai “concorrenti” di Refugee Masterchef, l’ultima idea dei due, che ha preso forma per la prima edizione con 16 contendenti in arrivo dai centri di accoglienza della regione giudicati dai professori dell’alberghiero di Venezia. Ai primi tre classificati l’opportunità di lavorare nei ristoranti del gruppo. In attesa che inizi la seconda edizione del “talent”.

With Love | Syracuse (NY) | Salina street, 435 N | www.withloverestaurant.com

 

a cura di Livia Montagnoli

L'Umbria dell'Azienda Agraria Alberti Guido: ricominciare dopo il sisma

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Un'azienda agricola nata come macelleria che è riuscita ad ampliare la sua offerta nel tempo specializzandosi anche nella produzione di legumi, farine e pasta. In un territorio stravolto dal sisma come l'Umbria, per andare avanti occorrono tenacia, passione e tanti progetti. Così, l'azienda Alberti Guido sta reagendo alla crisi post-terremoto.

Le conseguenze del sisma: il calo del turismo

24 agosto 2016. Il sisma che ha distrutto l'Italia Centrale la scorsa estate ha colpito intere famiglie e attività commerciali, agroalimentari in primis. Produzioni di legumi, ortaggi, allevamenti interi traumatizzati dal terremoto, aziende crollate e raccolti rovinati sono solo alcune delle conseguenze che si sono abbattute sulla terre umbre, marchigiane, laziali e abruzzesi. Anche i comuni non coinvolti direttamente nella tragedia risentono dell'accaduto: Spoleto, Trevi e altre località del Centro Italia che non hanno subito danni gravi si ritrovano comunque a dover fare i conti con una realtà molto più dura. Il forte calo del turismo nella regione ha comportato infatti una perdita di clienti, visibilità e vendite notevole: le tante aziende agricole umbre e non solo, dopo aver faticato per anni per promuovere i prodotti locali si ritrovano ora a dover ripartire da zero. È difficile, ma restituire valore a una terra così aspramente colpita è possibile, attraverso la costanza e la dedizione. È a queste realtà produttrici che vogliamo dare voce. Facendo luce sulle piccole aziende a conduzione familiare, che nonostante le difficoltà non si arrendono. Anzi, lavorano con ancora più tenacia.

Alberti Guido

È il caso dell'azienda agraria Alberti Guido e di tante altre realtà simili che faticano a tornare alla ribalta. Nata nel 1940 come azienda mezzadrile, Alberti Guido conta oggi 560 ettari di terreno distribuiti tra le province di Perugia e Terni. Nell'83 si rinnova completamente, specializzandosi soprattutto nella carne di razza chianina per poi ampliare l'offerta, a partire dal 2000, con produzioni di legumi e grani. “Nel '96 abbiamo convertito la coltivazione in regime biologico e da allora proseguiamo su questa strada”, racconta Paola Alberti, entrata a far parte dell'azienda del marito nell'82. “Non è stato semplice all'inizio: si parlava ancora poco di bio e il percorso per ottenere tutte le certificazioni necessarie è stato arduo”. Una volta ingranata l'attività, la famiglia ha cominciato a sperimentare e condurre ricerche approfondite in collaborazione con l'Università di Perugia su diversi prodotti, in particolare sui grani antichi.

I prodotti

In particolare, è il grano duro Senatore Cappelli il fiore all'occhiello dell'azienda, e con questo, producono farina e pasta artigianale, “che facciamo realizzare dal pastificio Fabbri di Strada in Chianti”, ma ci sono anche le farine di ceci, farro monococco, miglio, “che produciamo in casa” e il semolato“che realizziamo appoggiandoci a Mulino Silvestri”. Parte fondamentale della produzione è la linea di legumi, dai ceci sultani alle lenticchie, dai fagioli borlotti ai cannellini, dalle cicerchie ai fagioli neri. Con questi, l'azienda realizza anche dei patè, “prodotti nuovi, su cui abbiamo lavorato tanto e che sono stati molto apprezzati”. Spazio poi anche all'olio extravergine di oliva, un blend di moraiolo, leccino, frantoio e pendolino, “che vendiamo soprattutto all'estero, in particolare in California e Norvegia”. 10 ettari di uliveto in tutto, “che vogliamo curare sempre di più con impianti di irrigazione moderni”, regime biologico, raccolta manuale e molitura presso un frantoio locale: queste le caratteristiche della produzione olivicola.

Il sisma: conseguenze, cambiamenti e la forza di ricominciare

Disponibili presso le botteghe specializzate e nei negozi biologici, le specialità firmate Alberti Guido sono presenti anche in diversi ristoranti e gastronomie del Centro Italia.La Trattoria di Oscar di Bevagna, Cucinaa di Foligno, Eat Out Osteria Gourmet del Nun Assisi Relais di Assisi, Enoteca Ferrara di Roma, “il nostro primo cliente”, Roscioli, Antico Arco sono solo alcuni dei locali che hanno scelto i prodotti dell'azienda. Ad acquistarli, tanti clienti stranieri, turisti ma anche una bella fetta di clientela locale. Questo, almeno, fino a qualche mese fa. “Dopo il terremoto l'affluenza di turisti in Umbria è precipitata notevolmente, ed è un vero peccato perché negli ultimi 5 anni la regione era cresciuta moltissimo, richiamando l'attenzione soprattutto dei viaggiatori del Nord Europa”. Ora invece, l'azienda deve fare i conti con una realtà ben più ardua: “Il turismo dall'estero è diminuito sicuramente, ma ancora di più quello interno. Capita di rado che qualcuno venga in gita in Umbria da altre zone d'Italia”. Ma la famiglia non demorde e ha in serbo diversi progetti per promuovere territorio e prodotti: “Nel borgo di Poggio Aquilone, in provincia di Terni, abbiamo ristrutturato 850 metri quadri di un ex granaio e abbiamo intenzione di adibire la parte interna a sala degustazioni per organizzare incontri e serate a tema e coinvolgere il pubblico”. Inoltre, l'azienda si propone di inserire anche una parte dedicata alla ristorazione, “la cucina ci consentirà di organizzare corsi, laboratori e avvicinare i consumatori” e di partecipare più attivamente alle manifestazioni all'estero. “È tempo di restituire valore alla nostra terra e alle sue specialità. L'obiettivo è quello di richiamare l'attenzione del grande pubblico e possiamo farlo solo organizzando eventi mirati e puntando sulla comunicazione”.

Azienda Agraria Alberti Guido | frazione Poggio Aquilone, San Venanzo (TR) | tel. 075 8743365 | www.prodottibioalberti.it

a cura di Michela Becchi


Pasqua e Pasquetta. 8 ricette salate tipiche della tradizione italiana

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Colomba, uova di cioccolato, pastiera: le ricette dolci della Pasqua italiana sono molteplici e tutte golose, ma sulle tavole degli italiani non mancano anche prelibatezze salate tipiche delle diverse regioni.

Quando si pensa alla tradizione gastronomica italiana nei periodi di festa, l'associazione Pasqua/colomba è immediata. Ma non bisogna dimenticare le tante pietanze salate tipiche di questo periodo dell'anno, che variano di regione in regione, accomunate quasi sempre dalla presenza di uova e formaggi, due elementi tipici della festività. Perfette per la colazione di Pasqua, le ricette più saporite possono diventare anche un piacevole piatto da asporto per un pic nic all'aperto nel giorno di Pasquetta. Oltre a queste torte rustiche e pasticci, si trovano poi una serie di piatti cucinati a base di materie prime che portano con sé anche un potente valore simbolico, come uova, agnello (per esempio quello con i piselli alla romagnola) ma anche interiora, come la coratella con i carciofi a Roma. Qui abbiamo cercato di radunare le specialità più pratiche, facili da consumare in giardino o ideali da donare come goloso regalo di Pasqua.

Casadina salìa - Sardegna

È conosciuta soprattutto nella sua versione dolce, ma della casadina sarda esiste anche una variante salata, soprattutto nella zona di Nuoro, dove prende il nome di casadina salìa. Solitamente servita come antipasto, il piatto è composto da un cestino di pasta di semola ripieno di ricotta e altri formaggi, aromatizzato con menta o prezzemolo. Ogni zona della Sardegna ha poi una sua declinazione del piatto, a cui possono essere aggiunti asparagi selvatici, bietole, finocchietto o carciofi, ma di base l'impasto è realizzato con farina di semola e strutto, mentre il ripieno è solitamente di ricotta o altri latticini freschi a pasta molle. Una ricetta antica che trova le sue origini nei dolci di formaggio della Grecia classica: nella versione dolce, la prima nata, al ripieno di ricotta vengono aggiunte scorze di agrumi e zafferano.

Casatiello - Campania

Risale al '600 la nascita e la diffusione del casatiello, tipica torta rustica della cucina napoletana, e a darne testimonianza è la favola La gatta cenerentola di Giambattista Basile, che descrive la tavola imbandita del re: “E,venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato”. Nell'opera si fa riferimento a due capisaldi della tradizione pasquale partenopea, pastiera e casatiello, che da sempre caratterizzano il periodo di Pasqua nel capoluogo campano. Una pasta lievitata ripiena di formaggio e salumi e cotta in forno con tanto di uova intere con guscio sulla superficie: il casatiello riprende tutti gli elementi tipici della primavera – formaggi e uova – e li unisce in una golosa e soffice torta salata. Simile, ma non identico, il tortano, in cui cambia la disposiizoe delle uova, che invece di essere intere a decorare la superficie della pizza, sono inserite, sode e a pezzetti nel ripieno, insieme a formaggi e salame.

Fiadoni – Molise, Abruzzo, Marche

Chiamati anche casciatelle, sciarone o fiarone, ma più comunemente fiadoni, questi rustici del Centro Italia sono dei piccoli calzoni di pasta dal ripieno ricco, a base di formaggio di pecora di media stagionatura e salsiccia secca. Sono diffusi soprattutto in Molise, ma sono specialità presenti anche in Abruzzo e nelle Marche, dove prendono il nome di piconi, ormai disponibili tutto l'anno nei forni locali ma che diventano protagonisti assoluti della tavola durante il periodo pasquale. L'origine del fiadone risale ai tempi di Cristoforo di Messisbugo, cuoco italiano della seconda metà del Cinquecento attivo nelle corti di Ferrara: la ricetta nasce infatti in Emilia-Romagna, e arriva in seguito in Abruzzo e, finalmente, in Molise, dove è ancora oggi una delle ricette più rappresentative del territorio.

Impanata pasquale ragusana - Sicilia

L'impanata è un particolare tipo di focaccia diffusa in Sicilia grazie alla dominazione spagnola e che ha messo radici specialmente nella zona del Ragusano. Una ricetta succulenta che conosce innumerevoli varianti, preparata durante le occasioni speciali e in particolare per la festività pasquale. La base della pietanza è la pasta di pane, che viene farcita in diversi modi a seconda del periodo dell'anno: a Pasqua, è lo stufato di agnello il protagonista della ricetta, una carne consumata per celebrare la resurrezione di Cristo lungo tutto lo Stivale. La tradizione vuole che l'agnello sia accompagnato dalla conserva di pomodoro e aromatizzato con erba cipollina ma, come sempre, ogni città e paese ripropone l'impanata infarcendola con gli ingredienti tipici locali.

Pizza rustica napoletana - Campania

Una specialità partenopea che coniuga dolce e salato: la pizza rustica napoletana è una torta di pasta frolla classica ripiena di ricotta, parmigiano, prosciutto cotto, salame e provolone piccante. A racchiudere questi ingredienti a prova di buongustaio tradizionalmente è un guscio di frolla dolce, ma col tempo questo è stato spesso sostituito dalla pasta sfoglia o dalla brisé, più indicate per i prodotti saporiti. Di origini antiche, la pizza rustica nasce nella cucina aristocratica dei Borboni descritta alla fine del 18esimo secolo dal gastronomo e filosofo Vincenzo Corrado. La ricetta faceva parte delle entrate, insieme a pasticci e sartù (timballi di riso condito tipici della tradizione campana), e inaugurava i banchetti di festa. La versione più moderna della pizza, così come oggi la conosciamo, appare per la prima volta nella Cucina teorico pratica di Ippolito Cavalcanti, testo pubblicato a Napoli nel 1837.

Torta (o pizza) al formaggio – Umbria, Marche, Toscana

Una sorta di panettone, un grande lievitato soffice e saporito tipico dell'Italia centrale, in particolare Umbria, Marche e Toscana: è la torta (o crescia) al formaggio, un pane alto presente in diverse varianti, solitamente accompagnato da salumi. Parmigiano e pecorino sono i due latticini immancabili nella preparazione, ma sono tanti altri i formaggi che possono essere aggiunti all'impasto, da quelli a pasta morbida a quelli più stagionati, a seconda del gusto personale e delle tradizioni del territorio in cui viene realizzata la ricetta. È una torta tipica della tradizione contadina, solitamente consumata durante la classica colazione di Pasqua, insieme a uova soda, capocollo e altri salumi.

Torta Pasqualina - Liguria

Tipica di tutta la Liguria, ma in particolare della zona di Genova, la torta Pasqualina è un grande classico che celebra l'arrivo della primavera. I due ingredienti principali sono le uova e il formaggio, quelli che tradizionalmente in passato erano riservati alle grandi occasioni, che insieme a biete, spinaci ed erbe di campo varie, ricotta compongono il ripieno di questo guscio di pasta sottile. Questa è una ricetta che conserva un forte legame con la liturgia: una leggenda popolare narra infatti che in passato le massaie erano solite sovrapporre ben 33 strati di sfoglia, numero scelto per omaggiare l'età di Cristo. Racconti a parte, le prime testimonianze di questa pietanza risalgono al XV secolo, quando era nota con il nome di “gattafura”, e oggi sono una delle pitanze immancabili del pranzo del giorno di Pasqua ma anche, e soprattutto, del pic nic di Pasquetta.

Turciniuna - Sicilia

Ancora a Ragusa, troviamo i turciniuna, involtini di interiora di agnello avvolte nella coratella e condite con cacio ragusano. In passato, venivano consumati il sabato sera prima di Pasqua, dopo il rintocco delle campane che annunciava la fine del periodo di digiuno quaresimale. Solamente in seguito ai 40 giorni di magra si poteva nuovamente “cammarare”, ovvero mangiare carne e grassi. Oggi, la tradizione prevede che si debbano consumare durante il pranzo del Sabato Santo.

a cura di Michela Becchi

The Pisacco Chronicle. Il nuovo giornale targato Dry Milano e Pisacco

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Elegante, graficamente impeccabile, fresca ed eclettica. È la nuova rivista a tema gastronomico The Pisacco Chronicle, nata dall'incontro dei creatori di Pisacco e Dry Milano, i redattori di Alla Carta Studio e i grafici di 150Up.

Il team di Dry Milano e Pisacco lancia un nuovo magazine online che dà voce a clienti e amici, un progetto editoriale che tratta di arte, design, fotografia, cinematografia ed editoria, con un tocco di ironia e un unico fil rouge: il cibo.

Carl KleinerFoto di Carl Kleiner

The Pisacco Chronicle

Dietro il nuovo food magazine, il gruppo che ha creato il successo di Pisacco e Dry, a via Solferino a Milano. Il primo, un bistrot mediterraneo con un twist gourmet firmato da Andrea Berton (anch’egli socio); il secondo, pizzeria di qualità con cocktail sapientemente mixati. In entrambi i casi gran design, grande cura del decor e un'anima poliedrica e versatile. Loro, il dream team, sono lo chef Berton, Diego Rigatti, avvocato, sommelier e competente gourmand, l'architetto Tiziano Vudafieri, firma dell’interior per noti brand del lusso, e Giovanni Fiorin, esperto startupper nell’ospitalità, che parla a nome di tutti: “Il progetto parte dalla volontà di raccontare tutto quello che non è solo cibo ma che ruota attorno al mondo di Pisacco e Dry. È uno strumento di comunicazione poco convenzionale, che a lungo termine ci auguriamo possa essere più potente di altri mezzi”. Un genere di storytelling a tema gastronomico che oggi (soprattutto all'estero) va per la maggiore, e che chiama in causa altre due realtà. “Per la parte redazionale abbiamo coinvolto le ragazze dell'agenzia di comunicazione Alla Carta Studio - Yara De Nicola Fabiana Fierotti – mentre per il progetto grafico ci siamo appoggiati a 150UP Studio”. Differenti teste pensanti in sinergia per sviluppare un punto di vista non convenzionale, che si concretizza nel settimanale online in inglese The Pisacco Chronicle.

Lista spesa di Paola Clerico - Illustrazione di Erica PizzettiLista della spesa di Paola Clerico - Illustrazione di Erica Pizzetti

I contenuti

Con questo magazine volevamo dar voce ai nostri amici di sempre, ai clienti abituali ma anche a chi viene a trovarci ogni tanto, senza imporre un determinato argomento, incentivando così nuovi pensieri, visioni e prospettive. È un cammino di ricerca e di scoperta, un viaggio per perdersi e ritrovarsi mettendo in discussione un po' tutto. È un prodotto che magari non stupisce, ma convince man mano che lo si affronta”. Venendo ai contenuti, spiega Yara De Nicola, “cerchiamo di volta in volta di raccontare il mondo pisacchiano attraverso gli occhi e le orecchie di tutti quegli amici e clienti che vogliono raccontarsi”. Ne esce un progetto editoriale che mette nero su bianco gli interessi più disparati, da quelli dell'avvocato a quelli del manager, dell'esperto di moda o dell'investigatore privato. Con un unico trait d'union: il cibo. Affrontato in 5 sezioni: people, places, food, films, drink, books e art. “C'è la sezione dove i frequentatori di Pisacco raccontano la loro lista della spesa o il drink preferito, quella dedicata alle interviste a fotografi, illustratori e artisti in generale, accompagnate dai loro portfolio, la parte riservata ai differenti stili cinematografici raccontati attraverso i cibi, per esempio in questo primo numero parliamo dei western con gli immancabili frame a base di fagioli”. E ancora, la sezione dove si parla di libri e riviste, e quella in cui, sempre i frequentatori di Pisacco, consigliano altri luoghi: sempre nel primo numero il designer Martino Gamper suggerisce di provare la margherita integrale di E5 Bakehouse a Londra.

Illustrazione di Michele PapettiIllustrazione di Michele Papetti

I precedenti

Inevitabile il richiamo a Lucky Peach (che purtroppo, per ora, ha chiuso i battenti), nata dall'incontro tra David Chang e Peter Meehan. Una delle riviste più apprezzate tra gli addetti ai lavori, che ha fatto scuola grazie alla qualità dei contenuti, sempre in grado di anticipare i trend e di intercettare i protagonisti del settore coinvolgendoli nell'elaborazione dei temi, e al suo carattere sovversivo, capace di scardinare le dinamiche di scrittura e fruizione. Lo conferma anche Giovanni Fiorin: “A monte abbiamo passato in rassegna tutto quello che c'è di più interessante nel settore, dal piccolo book a cadenza mensile di Noble Rot, wine bar di Londra, a Lucky Peach, che è stata capace diveicolare il mondo di Momofuku parlando di altro”. E come quest'ultima, The Pisacco Chronicle, parte dalla voglia di non prendersi troppo sul serio impeccabilmente confezionata da 150UP Studio.

Il Logo

Il progetto grafico

Per il progetto grafico del logo ci siamo ispirati all'evoluzione di quello che è oggi un magazine”.Spiega il founder di 150UP Studio, Davide Colla“Prima era un oggetto da mettere nella ventiquattro ore o nello zaino, oggi lo si mette in tasca perché quasi tutti leggono dal proprio smartphone”. Da qui l'effetto tagliato della scritta “The Pisacco Chronicle” che rimanda alla pochette, il classico fazzoletto da taschino che si porta con la giacca elegante. “Un tipo di giacca non casuale, ma quella che meglio rappresenta l'identità di Pisacco”. Elegante è anche l'aspetto tipografico, con font dal carattere classico e un sobrio bianco e nero. E la scelta minimal dell'interfaccia, con grandi spazi bianchi e un argomento per pagina, dove però si intravede quello successivo: “Inserire alla fine di ciascun articolo una sorta di preview del pezzo successivo, aumenta il tempo di permanenza all'interno del sito”. Così come la modalità shuffle con la quale gli articoli appaiono in home: “Gli articoli in home sono scelti totalmente a caso, proprio per sdrammatizzare con un twist imprevisto la classicità che caratterizza il design del sito. L'idea parte osservando la clientela di Pisacco, che è sì elegante ma al tempo stesso contemporanea e originale”. Il magazine nonostante sia principalmente online, ogni tanto diventerà una pubblicazione cartacea, con il best of del digitale, in due formati: A3 e lenzuolo. Durante l'inaugurazione del secondo Dry hanno presentato il secondo. “Con il magazine in versione maxi volevamo astrarre totalmente dal concetto del taschino, a scapito della fruibilità, trasformandolo in oggetto esteticamente interessante, magari da appendere alla parete”.

 

http://thepisaccochronicle.com

 

a cura di Annalisa Zordan

foto di apertura: Matteo Pastorio

Erbe aromatiche e spontanee: tre eventi all'insegna del gusto della natura nel Nord Italia

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Peschiera del Garda (Verona), Cusago (Milano), Conco (Vicenza): l'Italia settentrionale dedica tre eventi all'utilizzo delle erbe in cucina.

Primavera è sinonimo di fioriture e gli chef lo sanno bene: aumenta sempre di più l'impiego delle piante commestibili in cucina e l'attenzione verso l'articolato universo delle erbe aromatiche, officinali e spontanee. Cresce il numero dei raccoglitori, di quelle persone che hanno deciso di fare del foraging –raccolta di bacche, gemme, fiori e tutto ciò che di commestibile la natura ha da offrire – uno stile di vita, e anche fra i consumatori inizia a diffondersi la filosofia della cucina naturale. Per questo motivo, con l'arrivo dei primi caldi, diverse località del Nord Italia hanno deciso di promuovere la cultura delle erbe attraverso degli eventi dedicati.

Salute alle Erbe a Peschiera del Garda

Nel weekend pasquale, dal 15 al 17 aprile 2017, nel borgo di Peschiera del Garda, in provincia di Verona, va in scena la prima edizione Salute alle Erbe, festival dedicato alle erbe officinali e spontanee organizzato da “Veneto a Tavola” con il patrocinio del Comune. In piazza Betteloni, in pieno centro cittadino, si comincia con la mostra Centerbe, dove verranno esposte le varie piante con relative schede descrittive, e si prosegue poi con gli assaggi presso il mercatino, dove si potranno acquistare erbe fresche e prodotti derivati, dalle creme ai saponi, dagli oli essenziali alle tisane, senza dimenticare salse, conserve, infusi e formaggi. Spazio poi anche al nettare degli dei, con una degustazione di mieli unifloreali (realizzati con una sola varietà di pianta), e ai laboratori dedicati ai più piccoli, pensati per avvicinare i bambini all'assaggio e guidarli alla scoperta dei profumi e sapori della natura. Durante il workshop “Il mio primo erbario” i ragazzi potranno appuntare sul loro taccuino le sensazioni aromatiche percepite e le caratteristiche delle varie erbe. Per gli adulti invece c'è il percorso “Andar per Erbe” con la cuoca ed esperta di erbe spontanee Anna Tonello.

Showcooking di Oldani con FOO'D in provincia di Milano

In Lombardia, nella provincia di Milano, è lo chef Davide Oldani del D'O a presentare con degli showcooking le erbe aromatiche. Quelle de L'essenza delle erbe FOO'D, una gamma di piante selezionate e testate dal cuoco in prima persona per una cucina leggera ma che non rinuncia al gusto. Tre appuntamenti diversi, il 15 aprile a Cusago, il 22 aprile ad Arese e il 7 maggio a Rho, durante i quali Oldani realizzerà dal vivo vari piatti, illustrando il corretto utilizzo delle erbe e le loro proprietà nutraceutiche. Ogni evento sarà ospitato presso gli spazi del Viridea Garden Center, catena dedicata al giardinaggio che conta diversi centri dislocati fra Lombardia, Veneto e Piemonte. “Amo le erbe aromatiche e le uso per sostituire i condimenti pesanti", commenta Oldani. E aggiunge: "In fondo la natura ci ha abbondantemente fornito degli ingredienti per insaporire senza appesantire, per condire senza prevaricare. Senza contare il profumo: noi diciamo gustoso e più facilmente pensiamo all’insieme di sensazioni che coinvolgono la bocca. Mentre di un cibo percepiamo anche gli aromi e i profumi. Un cibo lo assaporiamo, ne vediamo i colori, lo ascoltiamo persino”. Fra i piatti in assaggio, anche i grissini del ristorante D'O aromatizzati con oli essenziali.

A tavola con il tarassaco di Conco

Intanto a Conco, in provincia di Vicenza, è già cominciata lo scorso 29 marzo 2017 A tavola con il tarassaco di Conco, la rassegna dedicata a una delle piante a fiore più utilizzate in ambito gastronomico, giunta ormai alla sua 12esima edizione. E proseguirà fino al prossimo 27 maggio per un intero mese di menu degustazione studiati con cura da ristoranti, bar e gastronomie del territorio che proporranno dei piatti a base di tarassaco, dall'antipasto al dolce. Una serie di cene alla scoperta di questa pianta, volte a valorizzare una delle maggiori ricchezze di una terra rigogliosa attraverso assaggi e laboratori creativi. Parallelamente, verranno inoltre organizzare delle iniziative collaterali fra corsi di cucina, gite focalizzate alla raccolta del tarassaco, guidate dall'Associazione Amici della Terra di Conco, e competizioni ai fornelli. Ad accompagnare i piatti degli chef, birre artigianali e vini del territorio.

A tavola con il tarassaco | Conco (VI) | dal 29 marzo al 27 maggio 2017

Salute alle Erbe | Peschiera del Garda (VR) | dal 15 al 17 aprile 2017 | piazza Betteloni

Showcooking di Oldani con F'OOD | Cusago, Arese, Rho (MI) | 15 aprile, 22 aprile, 7 maggio 2017 | Cusago - Viale Europa, 11 | Arese - Via Giuseppe Eugenio Luraghi, 11 | Rho - Corso Europa, 325

a cura di Michela Becchi

Dove mangiare a Verona. Miniguida gastronomica alla città scaligera

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Una città dai mille volti, da sempre considerata patria della lirica, conosciuta per l’ambientazione di Romeo e Giulietta. Ma Verona, la “porta d’Italia”, è molto di più di questo: vi portiamo alla scoperta di questo città e, naturalmente, delle migliori tavole locali.

Cosa vedere nella città scaligera

Solcata dal fiume Adige che ne ha disegnato il volto secoli fa, Verona è una città dalla storia antica, teatro di dominazioni diverse, a cominciare dai romani fino al dominio asburgico, per arrivare agli Scaligeri, che la governarono per 127 anni. Identificare Verona come la città degli sfortunati amanti shakespeariani è limitativo: la sua bellezza, che va ben oltre il famoso balcone, rapisce e conquista lo sguardo del visitatore grazie all’immenso patrimonio storico e artistico, sotto la tutela dell’Unesco dal 2000.

 

Dal piazza Bra alla Cattedrale

Verona è una delle maggiori città italiane per ricchezza artistica e architettonica. Nel visitarla è impossibile non partire da piazza Bra, il salotto dei veronesi, costruita da diverse mani a partire dalla metà del 1500 con l’obiettivo di dare alla città una zona dedicata alla mondanità e alla socialità. Qui sorge l’Arena, simbolo di Verona, terzo anfiteatro romano in Italia dopo il Colosseo e Capua. Costruita con la pietra della Valpolicella, con sfumature rosa e rosso, ristrutturata nel XVI secolo, accoglie fino a 20 mila visitatori al giorno. Tantissimi gli eventi, i concerti e le serate organizzate in questa location unica, fra cui il celebre Festival dell’Opera, che ogni estate trasforma l'Arena nel più grande teatro lirico all’aperto del mondo. Proseguendo dall'Arena in direzione nord est una serie di strade collegano con le chiese e i palazzi più importanti, come Palazzo Bevilacqua, Porta dei Borsari e la Torre dei Lamberti: proprio qui c’è piazza delle Erbe, al centro della quale troneggia luminosa la Fontana di Madonna Verona, fatta con frammenti provenienti dalle antiche terme romane. Alle spalle della piazza, oltre alla casa di Romeo (quella di Giulietta si trova poco distante, su via Cappello) anche le Arche Scaligere e la Chiesa di Santa Maria Antica.

 

Verona, piazza delle Erbe vista dalla Torre dei Lamberti

 

Poco più a nord la Chiesa di Sant’Anastasia, il più rilevante monumento gotico della città, in cui sono conservate molte opere d'arte fra cui lavori di Pisanello, Michele da Firenze, Falconetto, Liberale da Verona, Francesco Caroto. Da visitare, poco distante, anche la Cattedrale, la Chiesa di Santa Maria Matricolare, che custodisce, fra le altre, anche l'Assunzione della Vergine (1535) di Tiziano.

 

Castelvecchio, Galleria d’Arte Moderna e San Zeno

Fra le due chiese sopra citate si trova Palazzo Forti, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Verona: qui, oltre grandi classici della pittura veronese moderna come Dall’Oca Bianca, Guido Trentini, Felice Casorati, si organizzano spesso mostre di artisti contemporanei. Tra gli altri hanno ospitato lavori di Vanessa Beecroft, Roberto Barni, Alik Cavaliere.

 

Arche scaligere

 

Percorrendo il lungo Adige verso sud est si arriva a Castelvecchio, fatto costruire durante la seconda metà del XIV secolo dal principe Cangrande II della Scala: dopo l'Arena, è il più rilevante monumento della città e ospita il Museo Civico.

Vale la pena allontanarsi un po’ dal centro storico di Verona per ammirare uno dei capolavori italiani dell’arte romanica, la Basilica di San Zeno. Il nucleo originario risale al IV secolo, quando una piccola chiesa fu eretta vicino al luogo di sepoltura del patrono dei veronesi ma, dopo i numerosi interventi, San Zeno è arrivato alla sua forma attuale intorno alla fine dell’anno mille. L’interno è arricchito da diverse opere, come il trittico del Mantegna che raffigura la Madonna in Trono (1457-1459).

 

L'Arena

 

La cucina veronese

Fin dall’antica Roma i banchetti sontuosi certificavano lo status sociale delle famiglie più in vista; questa usanza a Verona si intensificò nel Medioevo, quando gli Scaligeri ne fecero un elemento distintivo degli anni del loro governo.

La tradizione veronese è dunque strettamente legata all’arte dello stare a tavola: la loro cucina è ricca e saporita, anche grazie ai numerosi prodotti che questo territorio offre. Oltre al celebre radicchio (Rosso di Verona Igp), un ingrediente molto rinomato è il riso vialone nano (IGP), fra le varietà più impiegate in cucina, ma tipici di questa zona sono anche colture, come cavoli, asparagi, zucca, meloni, la patata rossa del Guà, fragole, kiwi, ciliegie e pere. Dalle zone più interne vengono il tartufo di montagna e il marrone veronese.

 

I piatti

Tra gli antipasti tipici della città un posto di rilievo li hanno formaggi e salumi locali. Tra questi Prosciutto Veneto Berico Euganeo (Dop), un crudo tipico dell’area al confine meridionale delle province di Padova, Vicenza e Verona; la soppressa, un insaccato prodotto con i tagli pregiati del maiale e aromatizzato con aglio, vino rosso, sale e pepe; la stortina, salume tipico della bassa veronese; il tastasàl, insaccato di carne di maiale macinata e insaporita con sale e pepe nero grosso frantumato. Fra i formaggi più rinomati di questa zona il Monte Veronese (Dop), formaggio vaccino che raggiunge diversi livelli di stagionatura, e il Montegrola, semi stagionato a latte misto (caprino e vaccino); in questo territorio si producono anche il Provolone Valpadana, il Grana Padano, entrambi denominazioni d’origine.

 

soppressa

 

Fra i primi piatti pasta fresca, ma non solo: gnocchi, tagliatelle, bigoli -una pasta lunga condita con le sardelle o con le noci della Lessinia - ma anche polenta, che si fa pasticciata, infasolà (con i fagioli) o accompagnata da cacciagione(polenta e osei). Tante le minestre, come quella di creste di gallo, quella di riso in brodo di cavolo cappuccio, la zuppa scaligera (a base di carne di piccione), la zuppa di russole (funghi locali). Naturalmente questa è terra di risotti: da quello all’Amarone, rinomato vino locale, a quello al radicchio, da quello all’uva bianca a quello con gli asparagi, fino al risotto al sedano rapa. Ma il riso si usa anche con i bisi (i piselli), in abbinamento alla luganega o per fare sformati e tortini.

 

risotto all'amarone

 

Fra i secondi piatti spiccano i bolliti, accompagnati spesso dalla peàra (pepata in veneto), una salsa povera fatta con pane raffermo grattugiato, midollo di bue, brodo di carne e abbondante pepe, ma anche il baccalà in diverse preparazioni: mantecato, alla cappuccina (semplicemente con aglio e prezzemolo) o con le patate. Un secondo piatto molto antico è la pastissada del caval, una ricetta che risale al 489 d.C, quando nella battaglia fra gli eserciti di Odoacre e Teodorico (episodio scolpito sulla facciata di San Zeno) morirono così tanti cavalli da costringere i militari a utilizzarne la carne a fini alimentari, per evitare un tale spreco di risorse preziose.

 

Pastissada de caval

 

Infine, in questa zona non mancano certo dolci golosi: il famoso Pandoro di Verona e il suo antenato, il nadalin, i rafioi, dolci triangolari fritti con ripieno di vario tipo, le frittole, le favette e il mandorlato di Cologna Veneta.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2017

Al Bersagliere

Cominciamo da un’osteria a due passi all’Arena gestita da Leo Ramponi, che propone cucina veronese ben fatta e senza troppi fronzoli, ma lascia spazio anche alla creatività. In cucina c’è il figlio Pietro, che valorizzare l’eredità di famiglia, mixandola con la voglia di trasgredire dalla tradizione più stretta. Tre sale piccole ma accoglienti, che raccolgono le incredibili collezioni del patron, servizio attento alle richieste del cliente e cantina ampia con prezzi adeguati. Per gli appassionati, ricca collezione di distillati, in particolare whisky. Due Gamberi nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Al Capitan della cittadella

Cucina di mare genuina per questo indirizzo – uno dei molti cittadini che gravitano nell'orbita di Giancarlo Perbellini - con una bellissima vista sul centro di Verona, grazie all’elegante dehors. Dalla cucina che si basa sulla stagionalità delle materie prime, piatti di pesce dai sapori netti e precisi, arricchiti da verdure e erbe locali. Piatti forte del menu di Andrea Manzoli sono i crudi e i risotti, entrambi curati nei più piccoli dettagli. Interessanti le proposte di degustazione, che ruotano settimanalmente. Cantina che offre etichette italiane e francesi, con un’attenta selezione sulle bollicine. Due Forchette nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Antica bottega del vino

Vineria, bottega e ristorante a due passi da piazza delle Erbe. Ricca la selezione di vini, con buone proposte alla mescita e un occhio di riguardo per le etichette regionali, ma anche i prodotti francesi. In menu piatti della gastronomia veneta eseguiti a regola d’arte e tante proposte sfiziose per antipasto e aperitivo. Ottimi i dolci della casa. Due Bottiglie nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Casa Perbellini

Non ha bisogno di presentazioni il locale di Giancarlo Perbellini, che ha saputo fondere in maniera egregia l’alta cucina con il concetto di “accoglienza domestica”. Nessuna separazione fra clienti e cucina, con un effetto scenico molto suggestivo, e una cucina di chiaro “stampo perbelliniano”, un mix di eleganza e precisione, esaltate nei piatti dall’intuito dello chef. L’offerta sulla degustazione ampia e articolata (menu “verbale” per il pranzo, gli Assaggi, Chi sceglie...prova e così via) e la rotazione veloce dei piatti ne fanno una tavola in continuo rinnovamento. Cantina zeppa di rarità. Due Forchette nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

ConFusion

Un progetto avviato con la guida di Italo Bassi, già colonna portante dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze. Un locale dallo stile eclettico, con influenze orientali moderne e una splendida vista sul fiume. La cucina è un mix tra sapori occidentali e asiatici, anche grazie alla collaborazione con il sous-chef Masaki Inogouki, un vero specialista del sushi. Carta dei vini ampia, con selezioni verticali molto interessanti. Il locale è un buon riferimento anche per il dopo cena, grazie all’ampia scelta di cocktail ben eseguiti e a prezzi corretti. Una Cocotte nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Il Desco

Un confronto fra generazioni positivo e proficuo: è quello fra Elia Rizzo, chef e patron del Desco, e suo figlio Matteo. In questo tempio dei gourmet, nel cuore di Verona, si continua a valorizzare la grande ristorazione tradizionale, rivitalizzando la cucina classica con spunti intelligenti e ben calibrati. L’aperitivo qui è ricco ed elegante - uno fra i migliori in città - e i prezzi sono contenuti, così come sono interessanti i menu degustazione ridotti per gli under 30. In menu un percorso che coniuga abilmente carne e pesce senza sbavature, mettendo al centro la leggerezza dei piatti. Rigoroso e attento il servizio di sala. Due Forchette nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

L’Oste Scuro

Un altro indirizzo abbastanza centrale per gustare pesce fresco in città. Le materie prime – selezionate con grande cura - sono trattate con rispetto ma senza tralasciare la creatività, le cotture sono veloci e delicate, le linee dei piatti nette e pulite. Buona anche la proposta dolce, che affonda nella pasticceria classica per rivisitarla in maniera originale. Carta dei vini dedicata a bianchi e bollicine. Due Gamberi nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Locanda 4 cuochi

Un progetto a quattro mani curato da Giancarlo Perbellini e Andrea Manzoli all’ombra dell’Arena. Cucina a vista, ambiente informale ma curato, menu che cambia spesso in base alla stagionalità e all’offerta del mercato. Ottimi i dessert della casa, e conveniente la carta dei vini, soprattutto per la mescita. Indirizzo sempre affollato, per cui è necessaria la prenotazione. Due Cocotte nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Osteria Ponte Pietra

Un locale intimo e contenuto con uno splendido affaccio sull’Adige. La cucina è creativa e golosa ma allo stesso tempo rigorosa, grazie alla mano mano impeccabile del giovane chef Michael Silhavi, cresciuto alla corte di Perbellini. Carta dei vini curatissima, frutto della passione del patron, importante per referenze e profondità d’annate ma anche per i prezzi contenuti. Servizio giovane ma preparato. Due Forchette nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA PIZZERIE D’ITALIA 2017

Acqua e grano

Un'insegna con diverse sedi in città, che propone pizza al taglio ee pizze tonde da gustare in loco ma anche da asporto. Fabrizio del Cero, antesignano della pizza in pala di alta qualità, offre un prodotto gustoso e digeribile, costruito a partire da farine selezionate e lunghe lievitazioni. In menu proposte tradizionali ma anche più creative, con un ottimo rapporto qualità prezzo. Da bere qualche birra d’autore. Una Rotella nell’edizione 2017 della guida Pizzerie d’Italia.

 

Da Salvatore

Pizza napoletana nel centro di Verona. Qui Ivano Rasulo, figlio di quel Salvatore che fondò la pizzeria, propone pizze ben lievitate e cotte nel forno a legna, soffici e sottili al centro, con un cornicione alto e ben alveolato ai bordi. In menu proposte della tradizione partenopea ma anche più fantasiose, con diverse alternative per i vegetariani. Gli originali arredi pop e una discreta selezione di birre e vini completano l’offerta. Uno Spicchio nell’edizione 2017 della guida Pizzerie d’Italia.

 

Du De Cope

A due passi da piazza delle Erbe, un indirizzo vivace e colorato (anch'esso spin off di Perbellini) che propone pizze all’italiana ricche e saporite. Il menu - in parte classico, in parte creativo - è costruito sui prodotti locali e sulla stagionalità degli ingredienti, con una rotazione frequente delle proposte e ampio spazio anche a sfizi e antipasti. Notevole selezione di birre artigianali e qualche buona bottiglia di vino. Due Spicchi nell’edizione 2017 della guida Pizzerie d’Italia.

 

La torre

Più che una pizzeria, un laboratorio gastronomico con annesso locale, situato all’interno di un’antica torre medievale nel centro della città. Qui dal felice connubio fra Renato Bosco e il Caffè Coloniale (più avanti fra i bar consigliati) nascono proposte di alto livello, che vanno dal caffè a regola d’arte alla pizza, fragrante e profumata, fino ad hamburger, panini e sfizi di vario tipo. La pizza in teglia, proposta in diverse varianti, è frutto di un lavoro attento sulle farine, delle lunghe lievitazioni e della cura maniacale per i topping. Da bere birre artigianali. Due Rotelle nell’edizione 2017 della guida Pizzerie d’Italia.

 

Fuori Guida

 

Saporé Pizza Stand Up

Renato Bosco è sbarcato a Verona con il nuovo Saporé Pizza Stand Up, aperto dal 17 marzo, tra Torre dei Lamberti e Piazza delle Erbe. Il pluripremiato maestro della pizza di ricerca ripropone l’idea del take away già sperimentato a San Martino Buon Albergo (locale premiato con i Tre Spicchi dalla guida Pizzerie d'Italia 2017) e segna l'esordio a Verona della pizza in teglia crunch e doppio crunch. Ma non è tutto: a maggio aprirà anche Saporè Downtown, 70 coperti in pieno centro e un grande laboratorio che diventerà riferimento per la produzione cittadina. Il futuro della pizza di qualità a Verona si preannuncia più che roseo.

 

 

CONSIGLI DALLA GUIDA STREET FOOD 2017

Osteria Sottoriva

È davvero difficile collocare un indirizzo come Sottoriva, che ha una proposta che spazia dai piatti più tradizionali della cucina veronese alla pizza. Noi abbiamo deciso di mettere in risalto l’offerta del reparto street food, con le deliziose polpette (di manzo, di bollito e capperi, di cavallo e così via) che si fanno ricordare per il loro sapore pur in un menu ampio ma qualità. Abbinate ad un calice di champagne, sapranno soddisfare i clienti sia per l’aperitivo che per la cena. In carta, oltre ai classici, anche accurate selezioni di formaggi e salumi locali. Prezzi contenuti.

 

Stella

A pochi metri dal balcone più famoso del mondo, quello di Romeo e Giulietta, una bottega ricca di specialità gastronomiche. Dai paté ai sughi, dalle mostarde ai condimenti, passando per salse, mostarde, sottoli e sottaceti. Notevole l’assortimento di salumi e formaggi di pregio, da mangiare in purezza o dentro ad un panino. Dalla cucina piatti classici e qualche proposta più creativa. Da bere birre e vini di qualità.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA PASTICCERI&PASTICCERIE 2017

Dolce Locanda

Giulia Cerboneschi è l’anima di questo indirizzo che propone specialità soprattutto d’asporto. Pensato da Giancarlo Perbellini, è un moderno laboratorio a vista, con uno spazio di vendita raffinato ed elegante. Qui si viene per la colazione - con ottimi caffè e cappuccini da abbinare ai fragranti lievitati, da riempire al momento - ma anche per la merenda, con torte classiche e moderne, mignon, macaron e bignè di vario tipo. Dolci su ordinazione per le festività. Servizio catering. Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

 

Flego

Un locale guidato, con costanza e dedizione, da una famiglia di pasticceri da generazioni. Già dalla soglia si nota il lungo e ordinato bancone su cui sono esposte raffinate proposte di pasticceria sia classica che moderna. Eccellenti i lievitati già ripieni - così come quelli da farcire sul momento - di livello anche i mignon, i cestini di frutta, i macaron e i cannoli siciliani. Grande impegno sulle monoporzioni, ma anche sulle torte e sulle crostate più classiche. Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

 

Tomasi

Insegna fondata nel 1968 da Gianni Tomasi, pasticcere pluripremiato dalla vocazione artigianale. L’ambiente è vagamente demodè, accogliente e caldo, con un bel banco caffetteria dove scambiare due chiacchiere assaporando un caffè. La specialità della casa sono le torte da frigo, ma si fanno rcordare anche i bignè e le monoporzioni. Durante le feste rivisitazioni di dolci locali come il nadalin. Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA BAR D’ITALIA 2017

Caffè Alexander

Un locale sobrio, disposto su diversi piani al centro della città. Qui Alessandro Vesentini propone il suo caffè aromatico e robusto in diverse versioni, ma anche cappuccini cremosi e ben montati, da abbinare a biscotti, fette di torta, muffin e millefoglie. Imperdibili gli hamburger in pausa pranzo, ma il menu prevede anche primi e secondi, pizze e panini. Da bere birre artigianali attentamente selezionate. Tre Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

Caffè Borsari

Una pausa caffè tra le vie del centro, tra le botteghe più chic della Verona modaiola. 7 le miscele e 3 i monorigine (Guatemala, Brasile e Kilimangiaro) in carta, per accontentare gusti diversi, tutti estratti alla perfezione. Piacevole e ben preparato anche il cappuccino, vellutato e avvolgente, presentato in diverse versioni (viennese, con panna, al ginseng e shakerato). Curatissime le selezioni di tè e cioccolata in tazza. Il tutto è anche acquistabile. Tre Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

Caffè Coloniale

Uno stile esotico inconfondibile per questo locale dalla vocazione polifunzionale. Qui si può fare colazione con caffè realizzati con 6 diverse miscele e lievitati freschi; fermarsi per una pausa pranzo – anche di lavoro - grazie agli sfizi e ai piatti sfornati dalla cucina. Momento clou della giornata l’aperitivo, con una ricca lista di cocktail, vini e distillati. Due Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

Caffetteria Enoteca Zero 7

Una caffetteria ed enoteca in un vicoletto defilato, poco distante dall’Arena. L’ambiente è elegante e suggestivo, con due sale e un ampio e raffinato bancone. La colazione è il regno dei lievitati, freschi e invitanti, da accompagnare a caffè e cappuccini ben realizzati. Da mangiare snack per la mattina cui si aggiungono alcuni piatti della tradizione locale per il pranzo. Aperitivo affollatissimo, scelto soprattutto per le bollicine e i taglieri di salumi e formaggi. Due Chicchi e Tre Tazzine nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

indirizzi

 

Al Bersagliere | Verona | via Dietro Pallone, 1 | tel. 045 800 4824 | www.trattoriaalbersagliere.it

Al Capitan della cittadella | Verona | piazza Cittadella, 7 | tel. 045 595157 | www.alcapitan.it

Acqua e grano | Verona | via Mario Todeschini 18 | tel. 39 335 832 3725

Antica bottega del vino | Verona | via Scudo di Francia, 3 | tel. 045 800 4535 | www.bottegavini.it

Caffè Alexander | Verona | via Sant'Antonio, 20 | tel. 045 464 1653 | www.facebook.com/Caff%C3%A8-Alexander-525680237451910

Caffè Borsari | Verona | corso Porta Borsari, 15d | tel. 045 803 1313 | www.facebook.com/Caffè-Borsari-429507137121555

Caffè Coloniale | Verona | piazza Viviani Francesco, 14/c | tel. 045 801 2647 | www.casa-coloniale.com

Caffetteria Enoteca Zero 7 | Verona | vicolo Ghiaia, 3 | tel. 045 923 5180 | www.enotecazero7.it

Casa Perbellini | Verona | piazza San Zeno, 16 | tel. 045 878 0860 | www.casaperbellini.com

ConFusion | Verona | via Ponte Nuovo, 9 | tel. 045 462 4806 | www.confusion-restaurant.com

Da Salvatore | Verona | piazza S. Tomaso, 6 | tel. 045 803 0366 | www.pizzeriadasalvatorevr.com

Dolce Locanda | Verona | via Valerio Catullo, 12 | tel. 045 800 4211 | www.facebook.com/DolceLocanda

Du De Cope | Verona | Galleria Pellicciai, 10 | tel. 045 595562 | www.pizzeriadudecope.it

Il Desco | Verona | Via Dietro S. Sebastiano, 5/7 | tel. 045 595358 | www.ristoranteildesco.it

Flego | Verona | via Stella, 13 | tel. 045 803 2471 | www.facebook.com/PASTICCERIA-FLEGO-VERONA-207372359292345

La Torre | Verona | Stradone Scipione Maffei, 1 | tel. 045 252 5464 | www.facebook.com/latorreverona

L’Oste scuro | Verona | vicolo San Silvestro, 10 | tel. 045 592650 | www.ristoranteostescuro.tv

Locanda 4 cuochi | Verona | via Mario Alberto, 12 | tel. 045 803 0311 | www.facebook.com/Locanda4Cuochi

Osteria Ponte Pietra | Verona | via Ponte Pietra, 34 | tel. 045 804 1929 |www.ristorantepontepietra.com

Osteria Sottoriva | Verona | via Sottoriva, 9/A | tel. 045 801 4323 | www.osteriaveronaantica.it

Saporè | San Martino Buon Albergo (VR) | via Ponte, 55a | www.saporeverona.it

Saporè Pizza Stand Up | Verona | via della Costa, 5 | tel. 045 801 0870

Saporè Downtown | Verona | via Amanti, 6/8 | da maggio 2017

Stella | Verona | via Stella, 5/c | tel. 045 800 8008

Tomasi | Verona | corso Milano, 16A | tel. 045 574017 | www.facebook.com/pages/Pasticceria-Tomasi/128979623827635

 

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

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Una patente per riconoscere le competenze dei cuochi. La proposta della Fic

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Una patente per i cuochi che certifichi le competenze e la qualità della formazione ricevuta. È la proposta fatta durante l’assemblea nazionale della Federazione Italiana Cuochi (Fic) di Matera, quest’anno in concomitanza con Basilicata food&wine, appuntamento dedicato alla valorizzazione del prodotto tipico e della cultura enogastronomica della regione.

La patente di cuoco

La formazione è un pilastro fondamentale della professione del cuoco, ma spesso il percorso che i singoli affrontano è frammentato, disomogeneo e saltuario. E soprattutto non è certificato dal alcun ente che garantisca dei criteri standard di professionalità. Da qualche anno la Fic porta avanti il tema della “patente del cuoco”, uno strumento che garantirebbe la certificazione da parte dello Stato di specifiche competenze: la proposta è stata lanciata ufficialmente all'assemblea annuale della federazione che si è svolta a Matera il 4 aprile.

La metafora è quella della patente del cuoco” ha spiegato Salvatore Bruno, segretario generale Fic “ma questo strumento si articola in una serie di passaggi specifici che vanno dalla certificazione volontaria e dai corsi di aggiornamento continuo, a quella che deve profilarsi come una vera e propria gestione del portafoglio professionale dei cuochi”. La necessità è quella di avere in ogni cucina “almeno un cuoco che sia formato soprattutto sulla sicurezza alimentare e che conosca i principi di conservazione di un prodotto”. Sarebbero diversi gli effetti positivi che una formazione a tutto tondo, comprensiva degli aspetti sanitari, avrebbe sulla salute del pubblico che frequenta i 330mila locali italiani, oltre che sulla carriera del singolo.

 

Come si articola la proposta

In un’ottica di politiche liberali per la categoria, ha spiegato Bruno, “abbiamo capito che possono esserci degli strumenti utili a tracciare delle linee linee guida per la formazione e, allo stesso tempo, che possano assicurare delle garanzie maggiori sulle competenze professionali del singolo cuoco”. La patente del cuoco permetterebbe di creare una serie di stimoli importanti per il settore, come quello di un più stretto raccordo fra il comparto della formazione e il mondo del lavoro. “Fra la formazione e il settore lavorativo esiste una sorta di terra di nessuno in cui ogni lavoratore si gestisce da sé, cercando dei percorsi più o meno idonei per formarsi, che sia tramite una scuola o tramite conoscenze, quindi per entrata ‘diretta’ nel mondo del lavoro. Stessa situazione si verifica nel momento in cui il soggetto deve uscire e rientrare, per qualsiasi motivo personale, dalla professione”.

Un progetto che si articola su più piani, “dalla certificazione, che può essere volontaria, ad un percorso che porti alla scrittura di una norma-tecnico professionale con cui si chiariscano i criteri necessari per essere chiamati professionisti della cucina”. Il riferimento è alla legge 4/2013 sulle “professioni non organizzate”, cioè quelle che non prevedono un ordine per i propri membri, come ad esempio succede nel caso degli ingegneri, degli architetti ma anche dei giornalisti. “Questo è un problema fondamentale e credo sia condiviso dal maggior numero di stakeholder all’interno del settore”.

 

Lo stato dei lavori e il futuro della proposta

L’idea della “patente di cuoco” non è nuova. “Già nel 2014” ha sottolineato il presidente Fic“chiedemmo all’UNI (l’Ente italiano di normazione)di poter avviare un percorso basato su criteri il più possibile condivisi, che potessero aspirare ad orientare la professione anche a livello europeo”, ma a quella proposta non fu dato seguito. Adesso però c’è un codice tavolo, una sorta di “appuntamento per convocare un tavolo ministeriale e riunire quanti più soggetti” in modo da discutere del tracciato da intraprendere. “Facciamo un appello perché a questo tavolo si siedano più parti possibili: se il percorso che porta a una legge nazionale sarà condiviso da tutti gli attori in gioco allora la norma stessa sarà più efficace e permetterà anche di tutelare una professione, come quella del cuoco, finora lasciata alla mercé dell’iniziativa privata”. L’ultimo passaggio sarà quello di fare attività di lobby per assicurare che “dentro ogni cucina ci sia almeno un professionista le cui competenze sono riconosciute a livello statale”. Una proposta utile che però lascia scoperti alcuni punti: chi potrà far richiesta di questa patente, solo i diplomati degli istituti alberghieri o chiunque voglia intraprendere la carriera di cuoco? Quale ente rilascerà la patente? Come si farà ad evitare una sovrapposizione di varie “patenti” magari una in concorrenza con l'altra? Quali sono concretamente le competenze che deve avere un cuoco per ottenerla? O ancora: una volta ottenuta, sono previsti dei corsi di aggiornamento? La strada da fare è ancora molto lunga...

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

Vito e Giorgione in libreria. I due protagonisti di Gambero Rosso Channel insieme a Verona

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Tra gli appuntamenti del fuori Vinitaly c'è spazio anche per i due beniamini del pubblico di Gambero Rosso Channel: martedì 11, dalle 18.30, l'incontro in libreria con Vito Bicocchi e Giorgio Branchesi. Insieme per presentare i rispettivi libri, Vito con i Suoi e Giorgione Orto e Cucina 2, successo di vendite in tutta Italia. 

Insieme a Verona

Giorgione e Vito di nuovo insieme. I primi incontri “ufficiali”, davanti alle telecamere di Gambero Rosso Channel, erano nati quasi per caso: affinità elettive tra i due beniamini del pubblico del canale 412 di Sky, entrambi attaccati alle proprie origini in cucina, e alla tavola familiare che non nasconde la sua estrazione popolare. Tutto condito da quel modo di fare bonario e scanzonato che entrambi portano in tv, nella cucina di Vito con i Suoi come tra l'orto e il casolare umbro di Giorgio Branchesi, tanto che i due, per il canale del Gambero Rosso, hanno pure girato due serie crossover, di grande successo: Vito e la famiglia Bicocchi insieme da Giorgione, e poi, a parti invertite, l'oste più amato d'Italia in trasferta a San Giovanni in Persiceto.

Da quell'esperienza è maturata la voglia di ritrovarsi insieme, per raccontarsi ai lettori e agli innumerevoli fan che martedì 11 aprile si ritroveranno a Verona (in pieno fermento per il Vinitaly) alla libreria Feltrinelli di via Quattro Spade. Durante l'appuntamento, a ingresso libero dalle 18.30, Vito e Giorgione presenteranno i libri che stanno portando in tour per la Penisola da qualche mese: Giorgione Orto e Cucina 2 e Vito con i Suoi (successo editoriale, già alla seconda ristampa). Al termine della presentazione (con firma copie), seguirà un brindisi offerto da Chiarli e F.lli Giorgi.

 

E Giorgione a Firenze

E il 20 aprile, a Firenze, Giorgione replicherà in solitaria, alla libreria Feltrinelli di via dei Cerretani. Vere protagoniste degli appuntamenti in libreria saranno le pagine ricche di ricette, aneddoti, storie di vita a tavola di Vito e Giorgione, l'uno in scena con babbo, mamma e nipote e ambasciatore dell'autentica cucina emiliana, tra tortellini, lasagne e “peschine” della mamma; l'altro in viaggio su e giù per lo Stivale alla scoperta di piccoli produttori, contadini, artigiani, e nuove ricette da contaminare con quella cucina verace e goduriosa che ha fatto il successo dell'oste sugli schermi di Gambero Rosso Channel. Preparate le copie da autografare!

 

 

Vito e Giorgione in libreria | Verona | Libreria Feltrinelli, via Quattro Spade, 2 | martedì 11 aprile 2017, dalle 18.30

Giorgione in libreria | Firenze | Libreria Feltrinelli, via dei Cerretani, 40 | giovedì 20 aprile 2017

Floating Farm di Rotterdam: le mucche galleggianti che produrranno latte e formaggi

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Una fattoria galleggiante, che ospiterà un allevamento di mucche e produrrà energia pulita. È la Floating Farm di Rotterdam, che sarà costruita a breve nell’area portuale di Merwe-Vierhavens. Per offrire agli abitanti della città l’accesso a un’alimentazione più sana e naturale.

La Floating Farm di Rotterdam

Per un Paese come l’Olanda, che da sempre contende tratti di terra al mare, trovare il modo di “sfruttare” l’acqua è fondamentale. E allora anche l’ultima idea in arrivo di Rotterdam acquista un senso: perché non creare una piattaforma galleggiante, 100% green, che ospiti un allevamento di mucche? Il progetto è stato concepito da Carel de Vries dell’Istituto agroalimentare Courage, Johan Bosman dell’Associazione Uit Je Eigen Stad (movimento nazionale per l’agricoltura urbana) e Peter van Wingerden di Beladon, società leader nella costruzione di edifici galleggianti. A sostenerli, il fondo per lo sviluppo del porto di Rotterdam, Sofie, per un costo totale di 2,5 milioni di euro.

 

Latte e formaggio dalle mucche galleggianti

L’allevamento che gli olandesi creeranno sulla piattaforma produrrà latte, yogurt, burro e formaggi, per la gioia di chi in città vuole contare sul chilometro zero. La piattaforma avrà una fattoria - aperta 7 giorni su 7 e interamente visitabile da scuole, cittadini e turisti - oltre all’allevamento con una quarantina di mucche di razze locali.

Ed è stata progettata per evitare il più possibile le oscillazioni, ricreando, per le mucche, un ambiente il più simile possibile a quello naturale: materiali e progettazione hanno seguito un iter che tiene conto del fisico degli animali, in particolare della salute di zampe e articolazioni, le zone considerate più “fragili”. Saranno le mucche, inoltre, a scegliere se restare nelle stalle o uscire liberamente, dirigendosi verso il “campo”, una zona raggiungibile tramite una passerella. Nell’area verde ci saranno ripari di vario tipo, pensati sia per la pioggia che per il sole, alberi, cespugli, specie floreali rare e, naturalmente, posti dove abbeverarsi. “Abbiamo progettato un ambiente che le mucche apprezzeranno particolarmente” ha spiegato Peter van Wingerden, uno degli ideatori del progetto,“l’obiettivo è quello di non far avvertire agli animali nessuna differenza con l’ambiente naturale, in modo che vivano una vita tranquilla, che siano ben nutrite e forti, e che possano darci prodotti di alta qualità”.

 

La piattaforma che genera energia

Ma quella di Rotterdam non è una “semplice” fattoria galleggiante, piuttosto un vero e proprio hub energetico. La Floating Farm, infatti, sarà completamente autosufficiente e sostenibile: l’energia necessaria a sostenerne le attività sarà prodotta da pannelli solari e turbine eoliche, ben integrate con il panorama, l’urina degli animali sarà raccolta, purificata e utilizzata per irrigare le erbe aromatiche che cresceranno al piano inferiore della fattoria, il letame diventerà concime per i campi, da distribuire anche alle altre aziende della zona. Inoltre, il surplus di energia prodotta sarà redistribuito alle case intorno al porto.

Ed è solo l’inizio: altre due piattaforme saranno costruite in altrettanti porti olandesi, per diventare, rispettivamente, un’aia per le galline ovaiole e una serra per ortaggi.

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 


11 vini da abbinare a Pasqua e Pasquetta

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Salame, formaggio, uova e cioccolato. Sono alcuni dei prodotti immancabili sulle tavole di Pasqua. Insieme alle carni, specialmente di agnello, e alle verdure primaverili. Ma quali vini abbinare? Ecco 11 vini passepartout perfetti per la tavola delle feste (e anche per il pic nic di Pasquetta).

Alcuni vini delle cantine citate in questo articolo sono acquistabili su Tannico.it, l’enoteca online partner di Gambero Rosso. 


Per quelli che preferiscono passare la Pasqua a casa, circondati da amici, parenti e ricette tradizionali, abbiamo selezionato 11 etichette adatte a qualsiasi menù, a partire dalle classiche torte pasquali a base di formaggio, uova e verdure, fino agli arrosti e alle carni più saporite (ma non mancano bianchi freschissimi, salini e fragranti da abbinare alle preparazioni a base di pesce). E per il lunedì di Pasquetta, e la puntuale gita fuori porta, c'è anche qualche referenza adatta al pic nic.

 

Le bolle

Bosio – Franciacorta Pas Dosé Girolamo Bosio Ris. '09

La Bosio è nata una quindicina d’anni fa dalla scommessa di due fratelli, Cesare e Laura Bosio, enologo e agronomo lui, laureata in scienze economiche lei, che mettendo insieme le loro competenze hanno accresciuto le vigne di famiglia, portandole a 30 ettari, e costruito una nuova e moderna cantina a Corte Franca. La Riserva Girolamo Bosio che vi consigliamo è dedicata al fondatore dell’azienda. È una cuvée di pinot nero (70%) e chardonnay che riposa oltre cinque anni sui lieviti: si presenta con un’effervescenza cremosa e un finissimo bouquet dove spiccano frutti maturi e fiori gialli, con nuance di vaniglia e cioccolato bianco. La bocca è armonica e profonda, e il vino sfila lungo su suggestioni fresche di erbe aromatiche e frutto a polpa bianca.

 

Sorelle Bronca – Valdobbiadene Brut Particella 68 '15

Ersiliana e Antonella, con la collaborazione della figlia della prima, Elisa, e del marito della seconda Piero, costituiscono il quartetto affiatato che conduce l’azienda di Colbertaldo, che oggi si estende per una ventina di ettari in varie zone della denominazione, dai vigneti più scoscesi come quelli di Colbertaldo e Rolle, a quello di Farrò, posto in collina ma su un terreno poco pendente, tutti coltivati in regime biologico. Il Particella 68 è un Prosecco Brut che sfrutta la nitidezza fruttata del mosto per trasformarsi in bollicina dal carattere asciutto, solido e raffinato.

 

I bianchi

La Viarte – FCO Sauvignon Liende '15

Il nome aziendale La Viarte, che nel linguaggio locale indica la primavera, fu scelto dalla famiglia Ceschin all’inizio di un percorso che in quarant’anni ha permesso di scrivere molte delle migliori pagine dei vini regionali. L’attuale proprietario Alberto Piovan si è assunto l’onere di valorizzare ulteriormente le peculiarità del territorio potendo contare su vigneti ormai maturi. Il Sauvignon Liende '15 eccelle per tipicità e fragranza, conquista il palato e lascia un lungo ricordo.

 

Pievalta – Castelli di Jesi Verdicchio Cl. San Paolo Ris. '13

Identità, trasparenza, responsabilità: valori importanti che s'innestano sullo spirito biodinamico che anima la produzione di Pievalta, ramo marchigiano della franciacortina Barone Pizzini. Alessandro Fenino lavora alacremente per dare vini autenticamente fedeli allo spirito del territorio e dei vitigni più tipici dei Castelli di Jesi. Difficile dimenticare il San Paolo Riserva '13: un naso a più registri - agrumi gialli,basilico, fiori, mandorla dolce, un soffio d'anice - prelude a un palato pirotecnico dove acidità, struttura e mineralità sono perfettamente fuse in un sorso dalla sapidità prorompente, profondissimo. Un capolavoro.

 

Ettore Sammarco – Costa d'Amalfi Ravello Bianco V. Grotta Piana '15

Ettore Sammarco è un autentico pioniere della sottozona amalfitana Ravello: nel 1962 fondò la cantina e ancora oggi, sulla soglia degli 80 anni, continua a occuparsi delle sue vigne terrazzate, insieme ai figli Bartolo, Maria Rosaria e Antonella. Il Vigna Grotta Piana è un blend di ginestrella, falanghina e biancolella; sosta per un paio di mesi in barrique a contatto con le fecce fini. La versione 2015 è armoniosa e raffinata, profumata di mandorla, anice ed erbe secche; saporita, viva e continua, con note tostate appena accennate e lungo finale di camomilla e agrume giallo.

 

I rossi

Antonio Camillo – Maremma Toscana Ciliegiolo V. Vallerana Alta '14

Antonio Camillo possiede un’esperienza enologica e soprattutto viticola della Maremma con pochi eguali. A questo si aggiunge anche una sensibilità particolare e la capacità di reintrodurre in questo territorio le virtù di un vitigno di antica coltivazione come il ciliegiolo, che si trasforma in un vino in cui la varietà abbandona la sua rusticità e riconquista, oltre alla piacevolezza, anche tratti non privi di una ritrovata originalità.Il Ciliegiolo Vallerana Alta è forse l'espressione di questo vitigno più compiuta, e a doti di bevibilità superiori sa anche aggiungere finezza e complessità da grande vino. La versione 2014 possiede aromi freschi, articolati e di bella eleganza, anticipando una bocca profonda e giocata su chiaro-scuri raffinati. Versatile eleganza; adatto alla tavola imbandita ma anche alla coperta di un pic-nic.

 

Emanuele Dianetti – Offida Rosso Vignagiulia '13

Emanuele Dianetti lavora in banca. Essere vignaiolo non è per lui un semplice hobby: è sacrificio, passione e attaccamento ai valori familiari con cui è cresciuto. Per portare avanti un'attività che necessita di tante ore di lavoro ed energie ha il pieno sostegno di Michele Quagliarini e quello della madre Giulia, insostituibile nei lavori in vigna dove custodisce pochi ettari impiantati perlopiù con vitigni tradizionali piceni.Un sano tratto artigianale pervade tutta la produzione ed Emanuele predilige integrità fruttata e nerbo acido. Entrambi gli elementi sono sintetizzati nell'Offida Rosso Vignagiulia '13, reso elegante e piacevolmente succoso da un'estrazione tannica di precisione assoluta

 

Grifalco della Lucania – Aglianico del Vulture Gricos '14

Dal sangiovese all’aglianico. In questi due vitigni si può riassumere la storia di Fabrizio e Cecilia Piccin, che dalla Toscana, terra d’origine della coppia, decidono di approdare a Venosa per creare un’azienda vinicola dedicata all’Aglianico del Vulture. Forti delle loro esperienze enologiche maturate in Toscana, a Montepulciano, i coniugi Piccin danno vita a questa realtà nel 2003, acquistando belle vigne tra Ginestra, Maschito, Rapolla e Venosa.Il Gricos ’14 è un rosso di grande fascino e seduzione. Ha ricchezza e concentrazione di frutto, una fitta trama tannica che non manca di finezza ed eleganza, è sorretto da una vena acida che gli dona freschezza gustativa ed equilibrio, e chiude lungo ed elegante su note boisé, speziate e suggestioni di erbe aromatiche. 

 

Arianna Occhipinti – SP 68 Rosso '15

Ultimata finalmente la nuova cantina e completato il trasloco dalla vecchia, si chiude per Arianna un periodo di transizione che, per forza di cose, l’ha molto impegnata in attività diverse da quella che le è da sempre più congeniale: fare la vignaiola a tempo pieno. Adesso, nella moderna e più ampia struttura, sarà più facile lavorare a quell’ideale di vino che ha sempre ricercato. Che è frutto delle nozze tra la generosa terra di Vittoria e il carattere di frappato e nero d’Avola, nella loro diversità, vitigni da sempre coltivati tra i muretti a secco tipici di questa parte di Sicilia.Blend da nero d’Avola e frappato, SP 68 Rosso '15 ha profumi di frutti rossi ed erbe aromatiche, con la beva segnata da una fresca vena acida elegante e particolarmente piacevole e persistente.

 

Palladino – Barolo San Bernardo Ris. '10

Una cantina piuttosto grande, considerati gli standard langaroli, che unisce ai cru di proprietà l'acquisto di uve da conferitori selezionati. Maurilio Palladino ha da qualche anno deciso di imprimere un'accelerazione qualitativa alle sue selezioni di Barolo, che oggi costituiscono un valido punto di riferimento dello straordinario potenziale di Serralunga d'Alba. Degno figlio di una grande annata e di una bella vigna, il Barolo San Bernardo Riserva ‘10 si apre su toni di lampone, fragola e arance sanguinelle, seguiti da una raffinata nota di viola e liquirizia; il palato è splendido per finezza e armonia.

 

Tenuta Terraviva – Montepulciano d'Abruzzo Luì '13

È una sorta di seconda giovinezza quella che sta vivendo la Tenuta Terraviva nelle ultime vendemmie. Un cambio di marcia innestato a partire da un profondo ripensamento della filosofia agricola, con la riconversione in biologico dei circa 20 ettari di proprietà sulle colline di Tortoreto, nel Teramano. Ma anche una rimodulazione delle scelte di cantina, con l'adozione delle fermentazioni spontanee e uno stile riconoscibile che non rinuncia a qualche spigolatura "jazz", puntando tutto sulla mobilità di beva.Terriccio, arance tarocco, pepe verde: al carattere si accompagna sostanza e definizione nel Montepulciano Luì ’13.

 

Alcuni vini delle cantine citate in questo articolo sono acquistabili su Tannico.it, l’enoteca online partner di Gambero Rosso. 


www.tannico.it

Amate Amatrice. Il primo pranzo solidale nella mensa del villaggio del cibo, che inaugura il 1 maggio

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I fondi raccolti attraverso la campagna "Un aiuto subito" hanno finanziato i lavori di progettazione e costruzione del villaggio del cibo che in estate entrerà in attività ad Amatrice. Ma già il 12 aprile la mensa progettata da Stefano Boeri accoglierà il pranzo inaugurale con le autorità e gli sfollati, in attesa che la struttura sia operativa, dall'inizio di maggio. Tanti segnali di speranza dal Centro Italia terremotato. 

Amate Amatrice. Dal Principe Carlo al pranzo solidale

Solo qualche giorno fa, in visita ufficiale nel nostro Paese, anche il Principe Carlo ha varcato, vestito di tutto punto con completo di taglio sartoriale, la soglia della nuova mensa di Amatrice. Quella che a dicembre si mostrava a tempo di record grazie ai fondi raccolti con la solidarietà degli italiani (per la campagna Un aiuto subito di Corriere della Sera e Tg La7), all'impegno dell'architetto Stefano Boeri e al fondamentale contributo della filiera del legno FVG. E anche il Principe del Galles, nella mensa di Amate Amatrice gremita a festa, dopo la visita alla zona rossa dell'abitato che non c'è più, non ha potuto resistere a una forchettata di Amatriciana, nelle due varianti proposte dai ragazzi dell'Alberghiero di Amatrice e dai produttori De.Co., che all'appuntamento si sono presentati ben equipaggiati di Pecorino locale a Prosciutto Amatriciano Igp. Presto la mensa, diventata fulcro della rinascita e primo emblema di un progetto ambizioso che riunirà nella nuova food hall i ristoratori del territorio, darà lavoro a molte persone (130 le unità coinvolte quando il progetto sarà completato), come promesso in funzione subito dopo la Pasqua per accogliere i ragazzi delle scuole locali (150 studenti), e diventare centro di aggregazione in attesa che l'intera corte del cibo si popoli delle insegne un tempo attiravano nell'area molti turisti. Come da progetto iniziale, infatti, il villaggio del gusto di Amate Amatrice sarà completato entro l'estate, tutto costruito in legno nel rispetto di misure antisismiche all'avanguardia. Intanto però, chi mercoledì 12 aprile si ritroverà in mensa per il primo pranzo solidale nella storia dell'edificio, potrà ammirare la struttura ormai completata: ossatura in legno, coperta su tre pareti con rivestimenti in larice e la restante in vetro, si sviluppa su 600 metri quadrati di superficie, di cui 400 destinati a mensa.

 

La mensa è pronta

Al pranzo di inaugurazione della struttura (ufficialmente operativa dal 1 maggio) prenderanno parte, oltre al sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi e alle rappresentanze delle istituzioni locali, Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, Enrico Mentana, direttore del TgLa7, Vasco Errani, commissario per la ricostruzione, Fabrizio Curcio, Capo Dipartimento della Protezione Civile, l’architetto Stefano Boeri, Matteo Marsilio, rappresentate della Filiera del Legno friulana coordinata da Innova Fvg e Marcella Logli, Direttore Corporate Shared Value di TIM. E a cucinare saranno proprio i ristoratori amatriciani che a partire da giugno troveranno una nuova casa nelle “casette” di Amate Amatrice.

 

La filiera del legno

Intanto, nell'area terremotata, si segnalano altri meritevoli casi di solidarietà, come la stalla donata dalla Carnia a un allevatore di Norcia rimasto senza ricovero per una sessantina di cavalli. Anche in questo caso realizzata in legno dai falegnami del Friuli Venezia Giulia in soli 22 giorni. Tempi da record, come del resto per il Centro Polifunzionale di Norcia appena completato, in 14 giorni, sempre grazie all'efficienza della filiera del legno. Mentre nel borgo di Castelluccio, patria di una delle lenticchie più famose d'Italia, letteralmente raso al suolo dal sisma si continua a lavorare con impegno per concretizzare la nascita di un Villaggio per le attività produttive ed economiche, che permetterà ai piccoli produttori locali di riprendere le proprie attività, dotandoli di capannoni e magazzini per lo stoccaggio e la vendita. Perché sia possibile, però, c'è ancora bisogno dell'aiuto di tutti, tramite crowdfunding sulla piattaforma online www.rinascitacastelluccio.it . Restano 70 giorni di tempo.

 

a cura di Livia Montagnoli

Terrazza, Giardino e Libreria. Tutta l'offerta di ristorazione del nuovo Hotel Eden di Roma

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L’Hotel Eden, parte del gruppo Dorchester Collection, ha finalmente aperto i battenti dopo i lavori di ristrutturazione. Molte le novità, tra cui una spa, due cocktail bar, due ristoranti e la possibilità di viverlo, sia da ospite che non, a tutte le ore del giorno.

Dopo diciotto mesi di lavori riapre i battenti l'Hotel Eden. Un luogo storico che ha riacquistato freschezza grazie ai lavori di ristrutturazione affidati a Patrick Jouin e Sanjit Manku dello studio Jouin Manku, e a Bruno Monaird e Claire Betaille dello studio 4BI & Associés. E che il gruppo Dorchester Collection apre ai romani e ai turisti, a partire dai due ristoranti all'ultimo piano, con una vista magnifica sulla città.

Il gruppo Dorchester Collection e l'Hotel Eden

Grazie a un importante progetto di ristrutturazione l'Hotel Eden del gruppo Dorchester Collection ha finalmente aperto le sue porte alla Città Eterna, dando la possibilità, ai romani e non, di vivere l'atmosfera classica di questa storica residenza romana. La stessa che Francesco Nistelweck, albergatore di Monaco di Baviera, nel 1889 ha trasformato in un elegante hotel con camere progettate dalla moglie Berta Hassler, figlia del proprietario dell’Hassler Hotel.

Oggi l'Hotel Eden, che si trova in una zona tranquilla ma non lontana da Piazza di Spagna e da Villa Borghese, conta di 98 spaziose camere e suite (diminuite rispetto le 121 precedenti), la prima spa dell’hotel, due ristoranti, un cocktail bar, uno speakeasy e una vista spettacolare sulla città, che mette letteralmente in pace con il mondo e con Roma. Diventando un luogo aperto a tutti, che cambia anima a seconda dell'orario in cui lo si vive.

Il piano terra: la lobby, la spa e la libreria

Il restauro della lobby, delle stanze (una menzione speciale va alla Penthouse Suite Bellavista che regala un impareggiabile panorama di Roma, con finestre cielo terra completamente apribili) e delle sale meeting è stato affidato a Claire Betaille e all'interior designer di fama mondiale Bruno Moinard dello studio 4BI & Associés.

La lobby, che durante il giorno è valorizzata al massimo dalla bellezza della luce naturale, di sera si trasforma diventando un salotto, con tanto di camino originale del 1889, dove gustare cocktail classici e distillati, accompagnati dalla note del pianoforte. Con il passare delle ore, poi, la libreria presente svela un “bar segreto”, chiamato per l'appunto La Libreria, in puro stile speakeasy. Rimanendo al piano terra, durante il giorno agli ospiti, e non solo quelli quell'hotel, si aprono le porte della nuova spa, che assicura esperienze di benessere olistiche, firmate Sonya Dakar e Officina Profumo – Farmaceutica di Santa Maria Novella. La nuova spa, dotata di tre eleganti suite e di un blow-dry bar, è stata progettata da Patrick Jouin e Sanjit Manku di Jouin Manku. Così come i due ristoranti all'ultimo piano, anch'essi camaleontici in base ai momenti della giornata.

I CicchettiI Cicchetti

L'ultimo piano: La Terrazza e Il Giardino Ristorante & Bar

Sotto la guida dello chef Fabio Ciervo, che coordina la brigata del ristorante dell’Hotel Eden dal 2010, l’offerta gastronomica segue due binari: più easy e varia, a seconda del momento della giornata, al Ristorante & Bar Il Giardino; più gourmet al ristorante La Terrazza. Minimo comun denominatore: da entrambi i ristoranti si può godere di una delle viste più belle su Roma. A cominciare dalla colazione, anch'essa aperta agli ospiti e a chiunque voglia ritagliarsi una mattinata rilassata nel cuore di Roma (il prezzo per persona varia dai 40 ai 60 €). Per continuare con il pranzo, l'aperitivo o la cena, attingendo dall'all day dining menu del Giardino (finalmente a Roma un posto dove mangiare a tutte le ore con prezzi che spaziano da 4,5 a 40 €), con un'ampia scelta di cicchetti, primi e secondi, di piatti vegani e pizze; tutte proposte disponibili anche tramite room service per chi vuole restare in camera. Il decor segue alla perfezione l'andamento della giornata. Durante il giorno domina il luccichio del giardino verticale astratto ricreato su una parete di vetro, mentre al calar del sole i tavolini si abbassano e lo spazio si trasforma in ristorante con lounge bar gestito da Gabriele Rizzi.

La proposta del bar

Classe 1981, cresciuto tra Monza e Milano, Gabriele ha alle spalle l'apertura del primo cocktail bar nel centro di Cagliari, varie esperienze londinesi, tra cui il bar del Covent Garden Hotel e del The Soho Hotel, e la gestione del cocktail bar di Casina Valadier. All'Hotel Eden è il bar manager.“Mi è piaciuta fin da subito l'idea di aprire un luogo slegato dal concetto del puro aperitivo o del dopocena. Il bar all'interno de Il Giardino è infatti aperto a tutte le ore del giorno, sia agli ospiti della struttura che agli esterni. È un luogo dove rilassarsi, dinamico, accattivante e contemporaneo”. Venendo alla carta dei cocktail (23 €): “È il più semplice possibile – non volevo creare alcun genere di confusione – e reinterpreta i grandi classici con un tocco di romanità. Per esempio il Bellini, oltre alla classica pesca bianca, ha una nota floreale data dalla peonia, una pianta che si trova spesso nelle bancarelle a Campo dei Fiori e che richiama i profumi della città. Oppure l'Eden Martini lo prepariamo con l'Italicus Rosolio di Bergamotto, Tio Pepe sherry e orange bitter. E c'è un drink dedicato al film di Sorrentino: La Grande Bellezza, un aperitivo rosato con infuso al tamarindo, mandarino e mezcal Alipus San Juan”.

Ravioli di melanzane, fiordilatte e pomodoriniRavioli di melanzane, fiordilatte e pomodorini

La proposta de La Terrazza

Cura del decor (caratterizzato da una parete in vetro decorata con lo skyline della città) e vista mozzafiato, anche per il ristorante più gourmet La Terrazza. Qui il menu segue i cinque principi, ormai noti, dello chef Fabio Ciervo: innovazione, benessere, attenzione nei confronti degli ingredienti, gusto e arte. Si comincia con l'Estrazione di erbe miste al quale lo chef aggiunge una piccola quantità di frutta “L'estrazione è a freddo per mantenere inalterate le proprietà nutritive, poi le erbe vengono messe sottovuoto fino al momento del servizio, onde evitare l'ossidazione. Il risultato è una vera carica vitaminica”. Si continua con la Crema di ricci di mare, curry e pepe nero: “Ogni piatto, compreso questo antipasto, è basato su ricerche scientifiche e di nutrizionisti. Basti pensare che il curry abbinato al pepe viene assimilato 2000 volte in più rispetto al curry da solo”. Troviamo la stessa filosofia in uno dei suoi signature dish più conosciuti: gli Spaghetti cacio e pepe del Madagascar, che nel nuovo menu profuma ulteriormente grazie all'aggiunta di boccioli di rosa, per un risultato ancora più lieve. Leggerezza, benessere e profumi anche nei secondi, dall'Estrazione di granseola e asparagi di mare al Petto d’anatra e gel di rabarbaro. E Ciervo riesce a rendere leggera anche la trippa, che propone in due consistenze: “La preparazione è articolata, faccio un brodo con trippa di manzo e verdure, questo viene poi filtrato, marinato con pomodoro fresco, rifiltrato, chiarificato e gelificato. La gelatina di trippa la accompagno con delle foglie di rafano e un croccante fatto con carne di manzo e nuovamente trippa”. I prezzi dei menu degustazione variano dai 180 € per 5 portate, ai 220 € per 8 portate.

Spinacetti, agrumi, ribes, salmone affumicato, aneto e germogli di rapa rossaSpinacetti, agrumi, ribes, salmone affumicato, aneto e germogli di rapa rossa

La cucina

Chiudiamo la presentazione del nuovo Eden, parlando della cucina. Che a nostro avviso, ma anche secondo lo chef campano, è una delle più belle d'Italia. “Siamo fortunati, sia per il contesto in cui lavoriamo – la vista mozzafiato ce la godiamo anche noi! - sia per la funzionalità della cucina stessa, in cui viene utilizzato e sfruttato appieno ogni angolo e dove non può verificarsi alcuna perdita di tempo”. L'attuale cucina di 200 metri quadri è frutto di studio, ricerche e tanta, tanta esperienza sul campo: “Per progettare gli spazi ci ho lavorato giorno e notte, riflettendo su ogni dettaglio, anche quelli più trascurabili come il lavaggio delle pentole, che deve essere comodo, senza dar per scontato nulla. Alla fine credo ne sia uscita una macchina perfetta, con la giusta quantità di isole (sei), un clima piacevole (la cucina precedente era caldissima) e il pass finalmente lungo: siamo passati dai 4 metri del vecchio ristorante agli attuali 14”. Neanche a dirlo, la cucina è a vista, dando la possibilità al commensale di godere di uno spettacolo nello spettacolo, ovvero il valzer dei cuochi che volteggiano tra le sei isole con passaggi fluenti e coordinati tra loro. Trenta le persone in cucina e 10 gli addetti in sala, più un laboratorio al piano terra adibito alla pulizia di pesce e verdure.

 

Hotel Eden | Roma | via Ludovisi, 49 | www.dorchestercollection.com

 

a cura di Annalisa Zordan

 

 

 

 

Sfida tra colombe in Val d'Aosta: la Primavera è dolce a Saint Vincent

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A Saint-Vincent una manifestazione dedicata alla regina dei dolci primaverili con qualche consiglio per gli acquisti. Ecco i dolci vincitori della sfida. 

Saint-Vincent ha ospitato per il secondo anno consecutivo La Primavera è dolce, manifestazione dedicata ai dolci della tradizione pasquale ideata da Stanislao Porzio, che è anche l’organizzatore di Re Panettone a Milano e Napoli. Nel corso della due giorni valdostana di inizio aprile, una giuria di giornalisti e professionisti del settore guidata da Eliseo Tonti, maître chocolatier italo-svizzero di fama internazionale, ha assegnato il premio Regina Colomba fra quelle presentate da realtà artigiane provenienti da molte regioni italiane, dal Veneto alla Campania.

I criteri di valutazione

Per giudicare le colombe si parte naturalmente dall'aspetto. A seguire, il percorso di valutazione basato sull’analisi visiva, olfattiva, gustativa non è molto dissimile da quello che si adotta per altri prodotti enogastronomici, dal vino al caffè, dal cioccolato all’olio. Come abbiamo già spiegato nell'articolo relativo alla nostra degustazione alla cieca in cui abbiamo valutato altri prodotti rispetto a quelli presenti alla manifestazione di Saint Vincent.

La forma deve essere quella canonica della colomba, ben simmetrica nelle sue parti, possibilmente senza schiacciamenti della parte superiore e senza sbavature di prodotto sul bordo di carta inferiore. La glassatura deve essere omogenea, con un buon equilibrio fra granella e mandorle, senza fratture evidenti. Il colore? Un bel color nocciola, non troppo carico, perché potrebbe essere sintomo di bruciature, e nemmeno troppo pallido.

Tagliata la colomba a metà, se ne osserva la pasta. Gli alveoli devono essere ben distribuiti su tutta la superficie. Meglio se non si evidenziano voragini, ma piuttosto una partitura regolare cosparsa di canditi. Chi ha un palato minimamente abituato alle degustazioni saprà distinguere una buona canditura artigianale con taglio a mano, da prodotti industriali in cui gli additivi si percepiscono nettamente.

Anche all’esame olfattivo il buon equilibrio di una pasta filante, con un giusto grado di umidità, saprà già anticipare il bilanciamento del dolce con la nota agrumata e retrogusto leggermente amaro, che è tipico (e molto appagante al palato) di una buona colomba artigianale.

Fin qui naturalmente abbiamo parlato della colomba classica, quella della tradizione. Ma non era l'unica presente a Saint Vincent.

 

La Regina Colomba

Il premio ha incoronato Grazia Mazzali, pasticcera di Governolo che ha imparato i segreti della lievitazione dal papà. Ha presentato una colomba non esattamente perfetta all’esame visivo, ma risultata molto buona in degustazione e giustamente premiata dalla giuria. Nel negozio in provincia di Mantova, che quest’anno festeggia i 60 anni di attività, oltre alle colombe e ai panettoni classici, si possono trovare alcune chicche come il panettone salato con il tartufo delle golene del Po (il cosiddetto bianchetto del Po che si raccoglie nella stagione fredda), la torta delle rose, dolce mantovano tipico della primavera, e naturalmente la sbrisolona.

Le due menzioni della giuria sono andate a Tenerità, pasticceria di Caserta guidata da Giuseppe Tamburro e con capo pasticcere Angela Padovano e al Panificio Pasticceria Ascolese di San Valentino Torio (Salerno), titolare e capo pasticcere Fiorenzo Ascolese.

 

Non solo i maestri pasticceri

La tendenza “rosa” è stata confermata dal premio assegnato alla migliore colomba fatta in casa, gara riservata ai non professionisti della pasticceria lievitata: sul gradino più alto del podio è salita la colomba presentata da Rosa Guarracino di Bologna. Seconda classificata Michela Sanguin di Padova e terzo posto per Lilla Grimaldi di Verona.

Fuori dello stretto ambito dei concorsi, La Primavera è dolce ha permesso di scoprire le tante eccellenze regionali della pasticceria e della lievitazione italiana, con un unico comune denominatore: l’artigianalità dei prodotti, l’uso di ingredienti rigorosamente naturali e la messa al bando dei semilavorati. Questo è quanto prescrive il disciplinare della manifestazione, che si avvale della collaborazione di Cristina Alamprese, professoressa di scienze dell'alimentazione dell'Università statale di Milano, a cui sono affidati i controlli sui prodotti.

 

Le variazioni sul classico

Numerose le varianti alla ricetta classica della colomba. Ne citiamo una per tutte: la colomba al limone della Pasticceria Pansa di Amalfi. Un bel modo per valorizzare un prodotto tipico, quasi un simbolo della Costiera.

Da Sud a Nord, ogni regione tende giustamente a valorizzare le proprie eccellenze. Ecco allora l’uso delle nocciole invece delle mandorle da parte della Pasticceria Artigiana di Cavour in provincia di Torino.

Ma non mancano neanche le uova di cioccolato, molto apprezzate quelle del veronese Davide Dall’Omo, e altri dolci delle feste come la gubana del friulano Alessandro Rizzo e la crescia di Pasqua del marchigiano Michele Falcioni.

 

Pasticceria Mazzali | Governolo (MN) | via Matteotti, 47 | tel. 0376 669112 | Albinea (RE) | piazza Cavicchioni, 9A | tel. 0522 349259 | www.pasticceriamazzali.it/

Tenerità | Caserta | via Domenico Mondo, 59 bis | tel. 0823 448040

Panificio Pasticceria Ascolese | San Valentino Torio (SA) | Via Vetice n° 53 | tel. 081 518 7444www.panificioascolese.it/pasticceria/

 

a cura di Dario Bragaglia

Taste of Milano. Nel capoluogo meneghino 20 cucine d’autore dal 4 al 7 maggio

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Torna l’appuntamento con l’alta cucina milanese e i suoi protagonisti. Dal 4 al 7 maggio 2017 Taste of Milano si occuperà di mettere in mostra l'abilità di 22 chef e 20 cucine locali, tramite cene, degustazioni, lezioni aperte, cooking show ed esperienze di food pairing, il tutto a prezzi contenuti.

Taste of Milano 2017

20 ristoranti in piazza, 80 piatti d’alta cucina da assaggiare e poi incontri, laboratori, degustazioni alla cieca, eventi speciali e after party. Giunto all’ottava edizione, Taste of Milano aprirà i battenti il 4 maggio per concludersi il 7. Il festival si inserisce nella Week&Food milanese, palinsesto di eventi coordinato dal Comune di Milano col sostegno di Fiera Milano, Tuttofood e Regione Lombardia, nell'ambito del programma Milano Food City. A fare il paio con l’evento milanese è il Taste of Roma, previsto dal 21 al 24 settembre all'Auditorium Parco della Musica. L'evento inoltre farà tappa a Verona e Bologna e, per la prima volta, anche a Courmayeur, che ospiterà la sua edizione dal 19 al 21 gennaio 2018.

 

I protagonisti di Taste of Milano

In occasione del lancio della prima settimana milanese del Food, questa edizione del Taste è stata pensata per stimolare un richiamo forte alla cucina milanese e ai migliori prodotti della Lombardia. Ogni chef cucinerà 4 portate - fra cui un “piatto speciale” in linea con i sapori meneghini - che proporrà al pubblico ad un costo compreso fra i 6 e i 10 euro (trasformati in ducati, la moneta di fantasia che richiama il nome storico del ducato veneziano, fiorentino e milanese).

Saranno 22 i protagonisti dell’iniziativa: Andrea Aprea (Vun - Park Hyatt), Tommaso Arrigoni e Eros Picco (Innocenti Evasioni), Andrea Asoli (Rubacuori by Venissa, Chậteau Monfort), Andrea Berton (Berton) che avendo il suo ristorante di fronte alla sede deve semplicemente traversare la strada, Alessandro Buffolino (Acanto, Hotel Principe di Savoia), Roberto Conti (Trussardi alla Scala), Fabrizio Ferrari (Unico),Edoardo Fumagalli (La Locanda del Notaio), Takeshi Iwai (Ada&Augusto), Felice Lo Basso (Felix), Roberto Okabe (Finger’s), Alberto Paluello (Mantra Raw Vegan), Denis Pedron e Domenico Soranno (Langosteria), Andrea Provenzani (Il Liberty), Rafael Rodriguez (Quechua), Claudio Sadler (Sadler), Wicky Priyan (Wicky’s), Tano Simonato (Tano passami l’olio), Elio Sironi (Ceresio 7), Ilario Vinciguerra (Ilario Vinciguerra Restaurant).

 

Il programma

Oltre alle cucine stellate, appassionati e visitatori potranno cimentarsi in diverse attività, con lezioni aperte, laboratori e incontri con gli chef, grazie ai partner di Taste. Fra i tanti eventi collaterali la Scuola di cucina e quella di pasticceria di Elettrolux, le degustazioni dell’Università del caffè illy, gli eventi di Taste of the World - che mette in luce le abilità degli chef di bordo - le lezioni del Birrificio Angelo Poretti e la Cocktail Academy con la Federazione Italiana Barman.

Taste of Milano | Milano | The Mall | via | dal 4 al 7 maggio 2017 | piazza Lina Bo Bardi, 1 | costo biglietto 16 euro, sabato 10 euro | www.tasteofmilano.it

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

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