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Food Truck Fest Carnival. Carnevale con lo street food all’Auditorium di Roma

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Carnevale si festeggia in molti modi: sono molti e vari gli eventi previsti nella Capitale per le celebrazioni del 2017, fra sfilate, giochi di piazza, performance di artisti. E anche tanto buon cibo. Come quello del Food Truck Fest Carnival all’Auditorium Parco della Musica: per chi non rinuncia a una prelibatezza di strada neanche nei mesi più freddi.

Food Truck Fest Carnival a Roma

Torna nella Capitale il Food Truck Fest, festival itinerante che porta le migliori cucine su ruote nelle strade e nelle piazze della nostra Penisola. L’obiettivo è riscoprire la tradizione del cibo di strada nelle sue varianti più antiche, ma anche le nuove realtà creative e produttive, nelle principali città italiane. Un festival dalla vocazione “social”, che avvicina il pubblico alla cultura della qualità gastronomica attraverso degustazioni low cost e alla portata di tutti.

Per nulla spaventati dai freddi invernali, i trucker saranno all’Auditorium Parco della Musica dal 24 al 26 febbraio, per proporre lo street food della tradizione italiana, ma anche estera.

 

I trucker partecipanti

Come sempre durante gli appuntamenti del Food Truck Fest la varietà non manca. Coloro che andranno all’Auditorium Parco della Musica nel week end fra il 24 e il 26 potranno gustare tante specialità realizzate sul momento dai trucker. Per quanto riguarda la sezione carne ci saranno Apemagna, con i suoi arrosticini di chianina e le patate a spirale, Streat Bacco che propone sempre arrosticini ma di maiale, guanciale al pepe, straccetti di manzo ma anche pucce pontine e sbriciolate. Chi preferisce l’american style potrà optare per T-Burger, che offre hamburger, hot dog, chicken wrap e naturalmente le immancabili patatine fritte, Mr Doyle, con la carne smoke bbq, il pulled pork e il pork belly e Rec 23, che fa Brooklyn burger, kids burger, Soho cheese, Queen bacon cheese, California burger, Wall Street hot dog, Time Square hot dog. Spazio anche al pesce e ai fritti con Sfizio Capitale (cartocci di pesce fritto, calamari moscardini e alici; fish Burger con pesce spada, tonno affumicato e altro) e Fritto dorato (fritti vari di mare e di pollo ma anche di verdure). Infine due truck dedicati alle specialità regionali: si va in Sicilia con La Panella, che propone pane panelle e crocchè, panastick, arancinette alla carne o al burro e melanzane, Iris dolce con crema di ricotta e gocce di cioccolato, mentre grazie a Sardovan potrete assaggiare specialità sarde come i malloreddus al sugo di salsiccia, le panadas, chips di pane guttiau, seadas e ravioli fritti.​

Food Truck Fest Carnival | Roma | Auditorium Parco della Musica | dal 24 al 26 febbraio 2017 | viale Pietro de Courbertin | tel. 06 21117894 | www.foodtruckfest.it

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 


Anteprime 2017. A Firenze di scena Chianti, Chianti Classico e Vernaccia di San Gimignano

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L’apertura al pubblico degli appassionati è la novità di questi ultimi anni, che accomuna anche i prossimi eventi toscani. Dopo un fine settimana con Buy Wine, Firenze ospiterà Chianti Lovers e Chianti Collection. Poi tutti a San Gimignano.

L'evento. Chianti Lovers Anteprima

Sangiovese della Rufina, dei Colli Fiorentini, dei Colli Senesi, da Firenze, Prato, Arezzo, Siena e Pisa,cioè il Chianti Docg in tutte le sue espressioni territoriali nella versione 2016 e Riserva 2014. Annata eccellente la prima, grazie anche a un andamento stagionale favorevole; decisamente meno scontata la seconda, a causa di un meteo difficile e piovoso.Chianti Lovers Anteprima 2017, organizzata dal Consorzio Vino Chianti Docg, in collaborazione con Camera di Commercio, Promofirenze e Regione Toscana, darà a esperti e appassionati l’opportunità di discutere due annate molto diverse, veri e propri banchi di prova per le cantine del territorio.

Chianti Lovers Anteprima 2017 | Firenze | Fortezza da Basso | Viale Filippo Strozzi | 12 febbraio | www.consorziovinochianti.it

I numeri della denominazione

Giovanni Busi, presidente del Consorzio, spiega che “per un vino da bere tutti i giorni, come il Chianti, l’apertura ai consumatori, cioè al pubblico finale, è una scelta strategica: vogliamo far diventare la giornata un momento d’incontro e di festa per i nuovi vini”. Il 2016 ha registrato un buon trend di crescita per il Chianti con un +7% nelle vendite a livello nazionale nella grande distribuzione, abbinato a qualche criticità nell'export. L'obiettivo del Consorzio ora è consolidare la presenza nel Paese e concentrarsi parallelamente sui mercati stranieri, sia tradizionali sia nuovi, tra cui nel 2017 ci saranno Messico, Hong Kong, Singapore e Corea del Sud. L’appuntamento Chianti Lovers Anteprima è per domenica 12 febbraio alpadiglione Cavaniglia della Fortezza da Basso, aFirenze. Presenteranno i vini oltre 100 aziende associate, che accoglieranno dalle ore 9.30 giornalisti, operatori del settore e sommelier mentre dalle 16 alle 21 toccherà ai consumatori e agli appassionati.

La giornata sarà a sua volta anticipata da un’Ape rossa griffata Chianti, che promuoverà nelle principali piazze della città la manifestazione, offrendo biglietti, su richiesta, a prezzo scontato. Il Chianti Docg ha una produzione complessiva di circa 800 mila ettolitri e un valore che si aggira intorno ai 400 milioni di euro. Il 70% è destinato all'export per i mercati quali Usa, Germania, Inghilterra e Giappone, a cui recentemente si stanno aggiungendo Sud America e Asia. Con 87 milioni di bottiglie in commercio, il Chianti Docg è la prima denominazione italiana di vini rossi fermi per produzione/commercializzazione e una filiera che conta 3 mila operatori.

 

L'evento. Chianti Classico Collection

Sono oltre 250 i giornalisti attesi all'anteprima di quest'anno provenienti da 30 diversi Paesi del mondo, e più di 1500 gli operatori italiani e stranieri. Le aziende partecipanti saranno 185, con 676 etichette in degustazione. Si prevede di aprire 9 mila bottiglie e di assaggiare 57 anteprime da botte dell’annata 2016 e 87 etichette di Chianti Classico Gran Selezione, che rappresenta stabilmente il 4% del totale prodotto.

Si inizia il 13 febbraio, con l'apertura alle 9.30 per la stampa nazionale e internazionale; dalle 10 alle 18 ingresso anche per gli addetti HoReCa (hotel, ristoranti, enoteche, ecc.), mentre il giorno 14 sarà interamente riservato alla stampa. “L’edizione di quest’anno, la ventiquattresima” dice il presidente del Consorzio Sergio Zingarelli, “parla di un grande rafforzamento della denominazione: oltre ai numeri economici, la partecipazione sia da parte dei soci sia della stampa e degli operatori di settore, segna un record storico”.

Chianti Classico Collection | Firenze | Stazione Leopolda | Viale Fratelli Rosselli 5 13-14 febbraio | www.chianticlassico.com/chianti-classico-collection

 

I numeri del Gallo Nero

Nell’ultimo anno si è parlato molto di Chianti Classico” dice Zingarelli “il bilancio è ampiamente positivo a partire dai festeggiamenti del 300° anniversario del bando di Cosimo III de’ Medici, all’aver ospitato una tappa del giro d’Italia e alle numerose iniziative che abbiamo intrapreso all’estero. Il 2017 sarà un anno di grandi sfide durante il quale raccoglieremo ciò che abbiamo seminato”.

Oggi il territorio del Gallo Nero è un distretto produttivo che esprime un fatturato globale stimabile in oltre 700 milioni di euro, un valore della produzione vinicola imbottigliata di circa 400 milioni di euro e, infine, un valore della produzione olivicola pari a 10 milioni di euro. Dal 2009, l’anno più duro della crisi mondiale, a oggi, il Chianti Classico vanta una crescita complessiva del 48,5%. Nel 2016 ha toccato i 285.500 ettolitri, segnando il miglior risultato nell’ultimo decennio. Inoltre, per il secondo anno consecutivo, cresce la quota del Chianti Classico venduto in Italia: il mercato domestico attualmente assorbe il 22% del totale, piazzandosi subito dopo gli Usa.

Zingarelli traccia anche un bilancio sulla Gran Selezione: “Èstata una decisione difficile da prendere da parte dei soci, ma sta dando molto lustro alla denominazione. Stiamo continuando a lavorare sulle menzioni aggiuntive ma è molto difficile e complicato trovare una soluzione perché le variabili sono davvero infinite a partire dalle filiera che esprime tanti diversi interessi. Comunque entro 18 mesi presenteremo una proposta ai nostri soci”.

 

La tavola rotonda

Alla tavola rotonda L’importanza di chiamarsi…Chianti Classico (Stazione Leopolda, 14 febbraio ore 12) parteciperanno esponenti di alcune delle 20 aree vinicole aderenti alla Joint Declaration to Protect Wine Place & Origin, l’alleanza transnazionale, nata nel 2005, con l’obiettivo di tutelare i territori e i marchi di origine. Interverranno, oltre al presidente Zingarelli, i presidenti del Comité du Vin des Champagne, Jean-Marie Barillére e Maxime Tourbart; César Saldana, direttore generale del Consejo Regulador del Vino de Jerez e Harry Perterson-Nedry, fondatore della denominazione Willamette Valley Association (Oregon). Tra i relatori anche Bill Nesto, MW e docente presso la Boston University, autore del volume, recentemente pubblicato, Chianti Classico: The Search for Tuscany’s Noblest Wine.

 

Come si dice Chianti Classico in cinese?

Se in Cina nel 2016 è stata registrata la traslitterazione in ideogrammi delle parole Gallo Nero, da accompagnare sempre alle parole Chianti Classico in caratteri latini, entro la fine del 2017 si concluderà anche l’iter di registrazione delle parole Chianti Classico: 黑公鸡. Ciò permetterà l’utilizzo completo del marchio verbale, Chianti Classico Gallo Nero, in lingua cinese. L’operazione è volta a favorire la penetrazione nel difficile mercato locale. “Secondo l’oroscopo cinese, è iniziato un anno di buoni auspici, sotto il segno del Gallo di Fuoco. Auspichiamo che per il Chianti Classico questo anno inauguri davvero l’inizio di un nuovo corso in Cina” ha dichiarato il presidente del Consorzio Zingarelli.

 

L'evento. Anteprima Vernaccia di San Gimignano

Una Vernaccia di San Gimignano da leccarsi i baffi quest’anno: l’annata 2016 e la Riserva 2015 sono un’accoppiata davvero eccellente, tutta da scoprire e da assaggiare. Per gli operatori l’Anteprima apre domenica 12 febbraio alle 14, mentre per la stampa la manifestazione inizierà nel tardo pomeriggio con una conferenza stampa della presidente del Consorzio, Letizia Cesani (ore 18.30 Relais La Cappuccina) e poi riprenderù nel Museo mercoledì 15 febbraio dalle 9 di mattina. Saranno 38 produttori che presenteranno le nuove annate sia di Vernaccia di San Gimignano Docg sia di Riserva, per complessive 83 etichette.

Anteprima Vernaccia di San Gimignano | San Gimignano (SI) | Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada | 12 febbraio e 15 febbraio | www.vernaccia.it

 

Una nuova sede per un Consorzio da 40 milioni di euro

La strategia che stiamo mettendo a punto” dice la presidente Letizia Cesaniprevede un’intensa attività di rafforzamento del marchio per incrementare la domanda. In questo ambito va vista l’apertura, il 2 aprile, della nuova sede consortile nella Rocca di Montestaffoli dove, grazie a immagini, luci, suoni, voci, video, ologrammi, visori per la realtà virtuale, vogliamo offrire ai visitatori un'esperienza totale del nostro prodotto”. L’obiettivo complessivo è di far crescere i margini di redditività aziendale che attualmente non sono ancora giudicati ottimali rispetto ai valori attuali.

La quantità di Vernaccia di San Gimignano prodotta nel 2016 è stata di 42.591 ettolitri (nel 2015 erano stati 41.056 hl) da 719 ettari rivendicati nell'anno. Sempre nello stesso anno sono state prodotte 5.343.942 bottiglie di Vernaccia di San Gimignano delle annate 2015 e precedenti, in linea con la media di produzione degli ultimi anni. Attualmente il settore vinicolo a San Gimignano vale poco meno di 40 mln di euro. È restata pressoché invariata anche la percentuale di Vernaccia di San Gimignano destinata all'export, pari al 52%, di cui il 27,5% al mercato europeo, il 18,9% al mercato americano (complessivamente quasi 900.000 bottiglie) e il 4,7% a quello asiatico. Osserva la presidente Cesani: “Il compito del Consorzio non è solo quello di tutelare e promuove la Denominazione, ma quello di sostenere i produttori in un percorso di crescita culturale e non solo della qualità dei vini. Produrre vino non è soltanto un atto economico, è più profondamente un atto sociale e culturale. Il vino stesso oggi è cultura, non si degusta per nutrirsi, ma per conoscere il mondo che ci sta dietro”. Da segnalare che per la degustazione Il vino bianco e i suoi territori 2017 è stata chiamata Rosemary George, scrittrice e MW inglese, che ha scelto i vini de La Clape, denominazione della Languedoc, basata sul vitigno bianco barboulenc, per il confronto con la Vernaccia.

 

Il libro. Vernaccia di San Gimignano. Vino Territorio Memoria

Il volume, commissionato al critico e insegnante Ais Armando Castagno, in occasione del cinquantenario della Denominazione Vernaccia di San Gimignano (1966), rappresenta un salto di qualità nella comunicazione dei consorzi di tutela. Suddiviso in sei sezioni, il libro parla del luogo cioè di San Gimignano e della sua arte; della Vernaccia, dalle origini della denominazione a oggi; del territorio, suddiviso in ventotto unità paesaggistiche minuziosamente raccontate, per poi passare alle testimonianze: dodici memorie di uomini e donne che hanno fatto la storia della Vernaccia; segue poi la descrizione delle cinquanta annate, dal 1966 al 2015, e per finire le appendici, che contengono un glossario delle parole' della campagna sangimignanese. La pubblicazione non ha un intento solo informativo, ma ha l’obiettivo evidenziare la storia e la cultura di una comunità che esprime un vino e un territorio, unico al mondo. Insomma, è un libro che va controcorrente, rispetto all’autocelebrazione e all’agiografia. Indica una nuova strada e proprio per questo è destinato a diventare una pietra di paragone.

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 9 febbraio

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Il mercato coperto di Novara. Dal rilancio alla birreria d'autore, con l'architetto di Cannavacciuolo

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Dal 2015 il mercato della cittadina piemontese è tornato a ospitare i produttori del territorio nella struttura architettonica progettata nella prima metà del Novecento. E oggi è un fiore all'occhiello del circuito commerciale cittadino. Ma presto potrebbe riservare altre novità, come la birreria con ristorante affidata alla progettazione di Andrea Langhi. 

Il mercato della città

Quando all'inizio dell'estate 2015, dopo quasi due anni di lavori, il mercato coperto di Novara riaprì le porte alla città in veste completamente rinnovata, si vociferava che Oscar Farinetti fosse deciso a metterci lo zampino. Quasi due anni dopo, il presunto interessamento di Eataly, a patto che le trattative siano mai cominciate, sembra essere definitivamente caduto nel nulla. Ma la struttura di viale Dante, con i suoi cinque padiglioni che recuperano un progetto architettonico del periodo pre-autarchico vincolato dal Mibact, è decisamente tornata a dialogare con la cittadina piemontese e i produttori afferenti dal territorio circostante, riscoprendo quella vocazione culturale e sociale appannata dal cattivo stato di conservazione in cui versavano gli spazi fino al 2013. Del resto proprio le peculiarità costruttive del complesso, in origine articolato in otto padiglioni (di cui tre destinati alla vendita di generi alimentari, i restanti a generi ortofrutticoli e vari), ne facevano un manufatto storico di pregio da riscoprire e tutelare – con caratteristiche coperture ad iperbole regolare, sostenute da otto file di archi paralleli, secondo una tecnica costruttiva all'avanguardia del periodo pre-bellico, ripresa dal restauro del 1939 - per adeguarne i locali alle normative igienico-sanitarie e di sicurezza.

 

Il rilancio comunale

Insomma, grazie all'impiego di fondi regionali ed europei (9 milioni di euro in tutto), il mercato coperto di Novara, nel quadrante ovest del centro cittadino, oggi accoglie molti operatori commerciali e produttori dell'area, con apertura giornaliera dal lunedì al sabato (ma solo a mezzo servizio, 7-13.30). E passeggiando tra i banchi ci si muove tra prodotti a chilometro zero e primizie, specialità della tradizione locale, formaggi da latte piemontese vaccino e di capra, specialità casearie di nicchia, prodotti da forno, polli allevati a terra e insaccati regionali, pasta fresca, miele, prodotti a marchio Dop e Igp. All'esterno, presso i cancelli di accesso al mercato, stanno i produttori agricoli che esercitano la vendita diretta di prodotti certificati, formaggi a latte crudo, yogurt, uova, miele, fiori. Quel che manca ancora è un servizio di somministrazione che faccia vivere il mercato anche oltre l'orario di vendita e secondo modalità di aggregazione e consumo differenti, come sta succedendo in tante altre città d'Italia. Eppure la struttura, così grande, articolata, in posizione centrale (a solo un chilometro della stazione) potrebbe prestarsi all'intento.

 

La birreria (d'autore) del mercato

Tanto che qualcuno ha deciso di investire nell'impresa. È prevista per il prossimo autunno l'inaugurazione di una birreria d'autore che sarà pure ristorante informale, pronta a ospitare fino a 200 commensali per volta. L'anticipazione arriva sulle pagine de La Stampa insieme ai nomi degli imprenditori coinvolti, tra cui il novarese Daniele Destro, già gestore di bar cittadini come Umbert e Borsa. Ma quel che più salta all'occhio è la partecipazione dell'architetto Andrea Langhi, designer di Borgomanero specializzato nella progettazione di locali pubblici, 500 realizzati in tutta la carriera, e in tante capitali internazionali, da Parigi a Madrid, ad Abu Dhabi. Sul territorio, però, Langhi è conosciuto soprattutto per la realizzazione, nel 2009, del lounge bar di Villa Crespi a Orta, meglio nota per la cucina di Antonino Cannavacciuolo (che tra l'altro proprio a Novara supervisiona la proposta di ristorazione del Teatro Coccia, a pochi minuti dal mercato). Sul fronte burocratico, la procedura per l'assegnazione dello spazio – nella terza campata del mercato coperto – prevede un diritto di usufrutto trentennale e si è già concretizzata, tramite asta pubblica, a favore della Fla srl di Cornaredo (unica offerente, per dir la verità).

Ora è il momento di avviare i lavori di ristrutturazione, oltre 500mila euro per adibire i locali finora inutilizzati a birreria; lo spazio si articolerà al pian terreno e un'idea di come sarà si desume dal rendering diffuso nei giorni scorsi. Mancano ancora, invece, un nome, e le specifiche sui contenuti gastronomici. Quel che è certo è che l'interessamento dei primi investitori porterà nuovi operatori al mercato: il Comune è già pronto a indire una nuova asta per assegnare in usufrutto trentennale le due campate ancora disponibili.

 

Mercato Coperto | Novara | viale Dante Alighieri, 1| www.mercatocoperto.comune.novara.it

 

a cura di Livia Montagnoli

Nuove aperture a Roma. All’ex Romeo l’Osteria di Birra del Borgo, in centro la Sicilia di Nino Graziano. E i panini creativi di Delì

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Mentre si riduce l’attesa per l’apertura del nuovo Pipero e del nuovo All'Oro, l’arrivo della primavera battezzerà la prima Osteria di Birra del Borgo, birrificio con cucina e cocktail bar con Gabriele Bonci e Jerry Thomas. Ma in città arriva anche un grande nome della ristorazione siciliana: Nino Graziano. Tra le soluzioni informali Delì a Trastevere, la città dei bagel in via Chiana, e un curioso esperimento di Legambiente. 

Il nuovo progetto di Birra del Borgo

Tra le attese più chiacchierate del 2017 gastronomico capitolino, l'Osteria di Birra del Borgo – ora c'è un nome ufficiale per l'insegna che erediterà gli spazi di Romeo in via Silla 26a – aprirà al pubblico il prossimo 22 marzo. E comincia in grande stile la primavera romana del birrificio laziale che poco meno di un anno fa scombinava le carte del panorama brassicolo artigianale italiano, da leader del mercato di settore qual era stato fino ad allora, annunciando l'acquisizione del marchio di Borgorose da parte del colosso indutriale Ab Inbev. Allontanate le turbolenze che hanno accolto il cambio di rotta, adesso Leonardo Di Vincenzo si appresta a dar seguito alle premesse (promesse) di allora; e sotto la campana del quartiere Prati – dove alla fine del 2016 è arrivato pure Manuele Colonna, con la sua selezione di birre della Franconia e i Trapizzini di Stefano Callegari, protagonisti di Be.Re. - inaugura il primo locale di un format destinato con molta probabilità a replicarsi su scala internazionale. Come sarà, dunque, la birreria con cucina firmata Birra del Borgo?

 

Birrificio con cucina. Con la pizza di Bonci

Riprogettati i trecento metri quadri dell'ex Romeo, il locale ospiterà anche un piccolo impianto (350 litri di capacità per singola cotta), per la produzione in loco di nuove birre; al banco (un “bancone” identico a quello inaugurato l'estate scorsa nel borgo di Spedino in Sabina) che domina la scena 24 spine, di cui 4 linee a pompa, con precedenza per le etichette della casa e qualche proposta di birrifici ospiti. E Di Vincenzo porterà nella Capitale anche le sperimentazioni degli ultimi anni, con botti in legno e anfore di terracotta per affinamento e fermentazione della birra. Dalla cucina, a vista, la pasta fresca e i piatti caldi della Taberna di Palestrina, oltre ai prodotti di celebri artigiani, Gabriele Bonci in testa. Il pizzaiolo-panificatore porterà in via Silla la pizza a taglio di Pizzarium e il pane del Panificio, da accompagnare alla mozzarella di Campo Felice e una selezione di formaggi del territorio. Si consuma al tavolo (circa 50 i coperti in sala), sugli sgabelli al bancone, al cocktail bar, sui divani della zona lounge, in una spazio più riservato progettato per ospitare 14 sedute in occasione di eventi speciali. E spunta anche una collaborazione a sorpresa, con i bartender del Jerry Thomas, per rendere giustizia all'arte della miscelazione. Un locale, insomma, che si propone di sommare più anime, laboratorio, birrificio, cucina, luogo di incontro, spazio culturale, centro di sperimentazione. Aperto dalle 12 alle 2 di notte. Un po' di pazienza ancora.

La Sicilia nel cuore di Roma. Con Nino Graziano

Intanto, dopo un viaggio più impegnativo, si appresta ad approdare in città anche Nino Graziano, volto noto della ristorazione siciliana, un tempo (fino al 2004) alla guida del bistellato Mulinazzo di Villafrati, e negli ultimi anni in trasferta a Mosca, con una versione rivisitata – Semifreddo Il Mulinazzo -  del suo ristorante, a uso e consumo della clientela russa (e a Mosca ha fondato un impero, alla guida della catena l'Accademia e patron de La Bottega Siciliana). A Roma, in pieno centro città, lo chef porterà la sua cucina siciliana di ascendente palermitano, con un bistrot d'autore da 40 coperti (più dehors estivo per una ventina di commensali su via del Leoncino) che scommette sulla qualità delle materie prime e sulla competenza maturata in tanti anni di carriera. Con lui, in sala, la moglie Sabine Bour, e ad affiancarlo in cucina il giovane sous chef Manuele Croce. In menu i piatti della tradizione regionale da riscoprire, “per non dimenticare”, dalla pasta con le sarde alle stigghiole, al pane cunzato. Con la benedizione dei clienti moscoviti, pronti a ritrovarlo nella Capitale, a due passi da via dei Condotti (e del resto l'investimento romano è frutto di una partnership con imprenditori russi). Si punta a conquistare la città con i sapori autentici di Sicilia, dunque, ma pure a lavorare con il turismo internazionale. Si inaugura a maggio.

Senza dimenticare che tra pochi giorni l'alta ristorazione romana potrà nuovamente vantare l'esperienza di Alessandro Pipero, passiamo a scoprire qualche novità più informale, che la città non sembra mai stanca di accogliere.

 

Delì a Trastevere. Cucina&Bottega

Da un paio di settimane, tra i vicoli meno battuti di Trastevere, ha aperto i battenti Delì Cucina&Bottega, frutto dell'incontro tra Gianluca Verde e Antonello Giammarco (chef romano con trascorsi da Remigio e La Barrique). Insieme i due soci hanno deciso di dar vita a un rifugio gastronomico per chi rifugge dalle formule pranzo scadenti che affollano uno dei quartieri più turistici della città. Specializzato in gastronomia fredda, il piccolo spazio (circa 20 metri quadri con 4 tavolini e sgabelli alti, più una cucina/laboratorio senza canna fumaria) si presta per una pausa pranzo veloce o un aperitivo serale, ma non disdegna un'accoglienza più confortevole, con l'obiettivo di servire “pochi ingredienti di qualità, lavorati bene e con creatività”, all'insegna di una semplicità ragionata. Tra le alternative una selezione di panini classici e sperimentali, dai 5 euro di una pita con mortadella, stracchino e alici ai 7 di uno special del giorno con pancia di maiale, salsa bbq e insalata di cavolo. Si lavora su tante preparazioni lunghe grazie al supporto di un laboratorio di cucina coworking a poca distanza dalla bottega: “Lì procediamo con le lavorazioni più lunghe, la cottura delle carni, i dolci”. E così si può scegliere tra un pastrami con cetriolini e pane integrale in cassetta e una pita con pollo a bassa cottura, maionese e pomodoro, tra un panino con salmone marinato e mozzarella di bufala e uno farcito con pollo satay e salsa di noccioline. O un grande classico con bollito, salsa verde e giardiniera. Anche in versione “bottoncino” per l'aperitivo. Ma si mangiano anche taglieri di salumi e formaggi, tartare di carne, insalate, zuppe... E da qualche giorno le lasagne di Mauro Secondi. “Siamo in fase di ricerca, selezioniamo i prodotti che più ci piacciono da fornitori di fiducia, poi sperimentiamo in cucina”. E molti dei prodotti si possono acquistare al dettaglio. Da bere birre artigianali, vini e qualche champagne in bottiglia (piccole o standard). Disponibile il servizio take away, si apre verso le 11.30 fino alle 19, con allungo alle 23 il sabato sera. Senza dimenticare che poco distante, in vicolo del Cedro, tra qualche giorno il team di Zum, con Puntarella Rossa, aprirà Eggs.

 

Idee per la pausa pranzo. Dal bagel ai prodotti laziali

Gli amanti del bagel, ormai ampiamente di tendenza anche a Roma, possono bussare in via Chiana  117, quartiere Salario, dove da qualche giorno è operativo Bagel Town, salse fatte in casa, ingredienti di qualità e da filiera corta, accostamenti insoliti. E, ovviamente, bagel a volontà, con farciture classiche e gourmet, salate e dolci. O in formato mini, anche per ordini a domicilio.

Ingredienti della terra e sapori della regione Lazio, invece, diventano protagonisti sulla tavola di Rosemary, in via Modena, esordio nella ristorazione di Legambiente come partner del progetto avviato poco meno di un mese fa al quartiere Esquilino. Il fil rouge è quello della sostenibilità ambientale, la proposta si spalma tra colazione, pausa pranzo, cena nel corso della giornata, al motto di “dispensa, caffè e cucina”. La materia prima arriva dalle piccole e medie imprese della regione, da filiera produttiva sostenibile. Disponibile anche il servizio take away in confezioni compostabili, e il noleggio di biciclette elettriche in collaborazione con Elebike Rome.

 

L’Osteria di Birra del Borgo | Roma | via Silla, 26a | dal 22 marzo, dalle 12 alle 2 | www.birradelborgo.it

Delì Cucina&Bottega | Roma | vicolo del Bologna, 19 | tel. 06 94376470 | www.facebook.com/delicucinaebottega/?fref=ts

Bagel Town | Roma | via Chiana, 116 | tel. 06 98876598 | www.bageltown.it

Rosemary terra e sapori | Roma | via Modena, 14-16 | tel. 06 48913645 | www.rosemary.bio

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Carnevale d'autore. La Torta Coriandoli di Sal de Riso

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Una creazione originale per il Carnevale di Sal de Riso: la Torta Coriandoli, coloratissima e facile da preparare. Perfetta per queste giornate.

Salvatore de Riso, più noto col diminutivo Sal, è l'emblema della grande pasticceria campana che ha saputo rinnovarsi senza mai tradire il proprio territorio. Anzi, rendendolo il vero protagonista dei suoi dolci, complici la continua ricerca e il perfezionamento tecnico: “la tecnologia va accolta, valorizzata e integrata alla propria idea di fare pasticceria” dice. E aggiunge: “Ho capito subito che il futuro della pasticceria era nelle tecnologia: nessuno di noi poteva trascurarla, ma allo stesso tempo la vera forza della pasticceria italiana sta nel prodotto, unico, non riproducibile altrove”.

 

Tecnologia e prodotto

Ha suscitato molto interesse, qualche anno fa, ed è stato fondamentale nello sviluppo della sua attività l'uso dell'abbattitore, che gli permetteva di trasportare e vendere i suoi dolci anche molto lontano dalla Costiera. “Il primo l'ho acquistato nel 1989” racconta. Allora era uno strumento quasi sconosciuto da noi, De Riso lo aveva visto durante in un viaggio di aggiornamento a Parigi e ne aveva immediatamente intuito le potenzialità. Divenne famoso per questo, almeno quanto per le varianti local dei grandi classici, come il profiterole al limone di Amalfi. Da lì in poi è stato un continuo pescare a piene mani in quello scrigno di tesori agroalimentari che è la Costiera Amalfitana: oltre ai limoni, anche il latte, i fichi bianchi, i pomodori, diventati protagonisti di straordinari babà, sfogliatelle, cannoncini, capresi bianche. Ma non è finito qui: accanto ai grandi dolci della tradizione non mancano dolci moderni, monoporzioni, mousse, con un grande rinnovamento anche estetico, senza contare le creazioni originali.

 

Rinnovarsi, in ogni senso

Per Salvatore il rinnovamento è un'esigenza e un passaggio fondamentale per la crescita. E questo include tanto lo studio sul prodotto e sulla tecnica, quanto quello legato all'aspetto più strettamente imprenditoriale. Da poco tempo, infatti, la sua pasticceria si è trasformata con un format tutto nuovo e radicalmente innovativo nel campo dell'arte dolce. Il nuovo locale di Minori conta 250 metri quadrati e una doppia terrazza sul lungomare, laboratori a vista, arredi e ceramiche che richiamano ai colori della Costiera e all'artigianato tipico, e un'offerta che, nel corso della giornata e dell'anno, cambia continuamente, passando dal dolce al salato, dai lieviti alla pizza, dai piatti di tradizione a proposte moderne e dall'appeal internazionale. Come per il Carnevale, dove la parte del leone la fanno lattughe (o chiacchiere che dir si voglia) anche nella versione con cioccolato e arancio, castagnole, cioccolaccio, una ricca crema di cioccolato con pinoli e cubetti di cedro, evoluzione del tradizionale sanguinaccio. Ma è la Torta Coriandoli la ricetta che ci regala oggi.

 

 

Torta Coriandoli

 

Componenti:

Panna cotta alla vaniglia

Panna cotta (arancia, fragola, limone)

Pan di Spagna

bagna agli agrumi

Decoro in cioccolato bianco colorato

 

Pan di Spagna

110 g. di uova intere (n. 2)

70 g. di zucchero

20 g. di miele d’acacia

20 g. di tuorlo d’uovo (n. 1)

50 g. di farina 00

25 g. di fecola di patate

½ bacca di vaniglia delle isole Bourbon

10 g. di limone Costa d’Amalfi I.g.p. grattugiato

 

Montate per circa 12-14 minuti con l’aiuto di un frustino elettrico le uova intere con lo zucchero, il miele, il tuorlo d’uovo, i semini della bacca di vaniglia e la buccia grattugiata di limone. A parte, setacciate la farina e la fecola di patate. Quando la miscela di uova e zucchero sarà ben montata aggiungete con un cucchiaio a spatola la farina e la fecola setacciata.

Amalgamate delicatamente il tutto e cuocete in forno a 180-190°C per 18-20 minuti in una tortiera imburrata ed infarinata di diametro 26 cm ed altezza 4 cm. Dividete per ottenere due dischi.

 

Bagna agli agrumi

100 g. di acqua

100 g. di zucchero

100 g. di liquore al limone

100 g. di liquore all’arancia

 

 

Panna cotta alla vaniglia

500 g. di panna liquida

30 g. di gelatina

125 g. di zucchero

500 g. di panna semimontata

 

Panna cotta arancio, limone e fragole

Clori vegetali idrosolubili

bucce di limone, arance

pasta fragole.

 

In un pentolino, scaldate la panna con lo zucchero e la bacca di vaniglia, unite la gelatina già ammollata in acqua e strizzata e mescolate con la frusta a mano. Dividere il tutto in 4 ciotole. Una lasciatela raffreddare a temperatura di 25° e, quando è fredda e densa, aggiungere tre quarti della panna semimontata e amalgamate bene con la frusta; le altre coloratele con i colori vegetali e aromatizzatele: una con bucce di arance, una di limone e l'ultima di pasta di fragole e mettete in tre sac à poche.

 

Comporre il dolce

Su una teglia della dimensione del pan di Spagna, coperta da un foglio di acetato, mettete la fascia di acciaio e raffreddate in freezer. Fate dei piccoli cerchi e delle gocce di panna cotta colorata e passarli nel congelatore.

Versate il resto della panna cotta gialla in uno stampo della dimensione del disco di pan di Spagna e congelatela, aggiungete quella rossa e congelate di nuovo, terminate con uno strato di panna cotta arancione e riponetee in freezer.

Sui coriandoli di crema ormai congelati, versate uno strato di panna cotta bianca, sovrapponete un disco di pan di Spagna, premete leggermente e bagnate con lo sciroppo agli agrumi.

Togliere dalla forma la panna cotta di tre colori e adagiatela sul pan di Spagna, coprite con l'altra panna cotta bianca e poi con il secondo disco di pan di Spagna. Pressate delicatamente e bagnate anche questa con lo sciroppo di agrumi. Conservate in freezer.

Togliete dalla teglia, eliminando la fascia di acciaio e il foglio di acetato, capovolgete il dolce su un piatto e completare con decori colorati in pasta di zucchero o altri coriandoli realizzati con la panna cotta colorata.

 

 

Sal De Riso Costa d'Amalfi | Minori (SA) | via Roma, 80 | tel. 089 877941 | www.salderiso.it

 

a cura di Antonella De Santis

 

Per leggere Carnevale d'autore. Le frittelle di Iginio Massari clicca qui

“Ognuno è chiamato a fare la sua parte”, per il Ministro Martina la lotta allo spreco è un dovere morale

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Continua la battaglia dell'Italia per far fronte alla piaga dello spreco alimentare che attualmente vale 12 miliardi di euro ogni anno. Dall'approvazione della legge Gadda a oggi, ecco i piani del Ministro Martina, che fa appello alla responsabilità sociale e civile di ognuno. 

Lotta allo spreco, un dovere morale

Ammonta a 145 Kg il cibo che si butta ogni anno in famiglia, per una spesa complessiva di 360 euro: questa la stima di Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market, progetto che ha come obiettivo la quantificazione degli sprechi commestibili legati alla grande distribuzione del settore alimentare per promuoverne un riutilizzo all'interno dei circuiti della solidarietà. “Ma c'è un'evoluzione positiva”, aggiunge Segrè. “ Secondo gli ultimi monitoraggi, il 22% dei cittadini mette in atto comportamenti virtuosi di prevenzione e rispetta l'ambiente, e il 57% dimostra fattiva attenzione alla questione”. Perché quello della lotta allo spreco è un tema caldo, sotto la lente di ingrandimento delle associazioni di categoria e del Ministero delle Politiche agricole e alimentari. Il Ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina ha già espresso più volte negli anni la sua volontà di contenere questo fenomeno e, in occasione della giornata di prevenzione dello spreco alimentare promossa dal Ministero dell'Ambiente con la campagna Spreco Zero lo scorso 5 febbraio 2017, ha ribadito: “Siamo impegnati per arrivare a 1 milione di tonnellate. Un dovere morale, una scelta civile. E ognuno è chiamato a fare la sua parte”. Perché è impellente – ora più che mai – la necessità di “riflettere sulle nostre abitudini quotidiane” e arrivare a una nuova “cultura del cibo”, più consapevole, “che cresca anche tra le nuove generazioni. Da qui parte la nostra sfida, in un percorso di sensibilizzazione iniziato con Expo Milano 2015”.

 

Dalla legge Gadda a oggi: le soluzioni anti-spreco

Percorso che è  proseguito poi lo scorso anno con l'approvazione della Legge Gadda, una norma incentrata sulla semplificazione burocratica e sugli incentivi per i comportamenti virtuosi: un provvedimento necessario per far fronte a una piaga che solo in Italia vale 12 miliardi di euro l'anno. “Abbiamo reso più conveniente per le aziende donare che sprecare, abbiamo rafforzato il tavolo indigenti che, caso unico in Europa, riunisce al Ministero istituzioni, organizzazioni di categoria ed enti caritativi”, continua Martina. E a differenza di altri Paesi, “abbiamo preferito incentivare il recupero piuttosto che punire lo spreco”. E grazie a questa impostazione intelligente “raccogliamo già ogni anno 550mila tonnellate di cibo e lo doniamo a chi ne ha bisogno”. Fra i cibi più sprecati, l'Osservatorio Waste Watcher posiziona in vetta alla classifica la frutta (31%), seguita dall'insalata (29%), e poi da verdure, pane, affettati e formaggi. In fondo, uova, salse e dolci, che rappresentano solo un 4%. Come contrastare questo fenomeno? Cominciando a fare un salto di qualità in casa, dove si registra il 50% degli sprechi totali.

Inoltre, l'Università di Bologna, in collaborazione con il consorzio Bestack (consorzio non-profit imballaggi in cartone ondulato), ha sperimentato un packaging in grado di allungare la shelf life – che sarebbe a dire il tempo di conservazione in buono stato – di alcuni prodotti ortofrutticoli. In che modo? Si tratta di una soluzione aggiunta all'imballaggio di cartone e ricca di oli essenziali naturali (oggetto del brevetto) utili per combattere la marcescenza di frutta e verdura prima che il prodotto venga confezionato. A condurre il progetto di ricerca, la professoressa Rosalba Lanciotti, attualmente in attesa dei risultati  delle verifiche per l'industrializzazione del progetto.

 

a cura di Michela Becchi

La Valle D’Aosta in 5 biscotti tradizionali e la ricetta delle tegole della Pasticceria Morandin

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Specialità dall’aspetto rustico e invitante, preparate con farine profumate e arricchite da noci, castagne, mandorle. Oggi parliamo dei biscotti tradizionali della Valle d’Aosta, e in più vi lasciamo la ricetta delle tegole della Pasticceria Morandin.

La Valle d’Aosta ha sviluppato una cultura gastronomica peculiare, come tutte le regioni di confine. Così anche i suoi biscotti sono strettamente legati al territorio: il gusto robusto delle farine locali sposa il sapore della frutta secca, spesso elemento centrale nei dolci. Vi raccontiamo 5 biscotti tipici, alcuni dei quali praticamente sconosciuti al di fuori dei confini regionali, con la ricetta delle tegole della Pasticceria Morandin, Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie del Gambero Rosso.

 

Biscotti alle castagne di Donnas 

Le castagne sono un prodotto molto importante nella tradizione gastronomica della bassa Valle d’Aosta. Frutti dalle dimensioni contenute ma nutrienti e dal sapore intenso, che si raccolgono nelle zone comprese tra Châtillon e Pont-Saint-Martin e all’imbocco della valle del Lys, dove si trova la maggior parte dei castagneti valdostani. Il grosso di questa produzione si concentra nel piccolo comune di Lillianes, ma anche in paesi come Donnas a Albard le castagne sono al centro della vita economica e della cucina locale. 

Una buona parte di produzione è destinata a diventare farina, con cui si creano dei dolci gustosi e invitanti. Proprio a Donnas, la famiglia Chappoz ha ripreso l’antica tradizione dei biscotti alle castagne nell’azienda Bonne Vallée: si tratta di un prodotto particolarmente versatile, che si abbinano perfettamente tanto al miele valdostano, che a ingredienti salati. Per realizzarli si mischiano la farina di castagne e quella 00 e si aggiungono burro, zucchero, uova, un pizzico di sale e lievito. Una volta creato l’impasto si forma un panetto e si lasciare riposare minimo un’ora in frigo. Trascorso questo tempo si lavora ancora un poco la massa, cercando di riscaldarla il meno possibile e formando due filoni, da cui si tagliano delle fettine di circa mezzo centimetro che poi si mettono in una teglia e si infornano per 10 minuti.

 

biscotti alle castagnebiscotti alle castagne

 

Ciambelline d’Aosta

Dal legame di questa regione con il mais nascono le ciambelline d’Aosta. La produzione di granoturco, così come quella di segale, è fondamentale per tutto il territorio regionale, dove le condizioni climatiche rendono proibitiva la coltivazione di grano. 

Le ciambelline sono biscotti molto semplici da realizzare, diffusi nell’area intorno al capoluogo. Si preparano amalgamando la farina di mais con una piccola parte di farina bianca, insieme a zucchero, burro, uova e scorza di limone. L’impasto dovrà risultare abbastanza liquido, in modo da poterlo inserire in una sac à poche per formare le ciambelline direttamente nella teglia, precedentemente imburrata. Una volta creati i biscotti, si informano per una ventina di minuti a 200 gradi. Solitamente si mangiano a fine pasto, inzuppati nel vino o in un distillato.

 

Ciambelline d'AostaCiambelline d'Aosta

 

Tegole 

La storia delle tegole valdostane si lega a quella della famiglia Boch, pasticceri da generazioni che, ispirati da un viaggio in Normandia, le inventarono negli anni ‘30. Il nome deriva dalla forma ondulata che i biscotti assumevano quando venivano messi ad asciugare dopo la cottura. Oggi le tegole che si trovano in commercio sono nella gran parte dei casi piatte e, negli ultimi decenni, ne è nata una variante al cioccolato che ha ottenuto una discreta popolarità. Per prepararle a casa occorrono farina 00, zucchero, mandorle bianche, nocciole, burro e albumi d’uovo. Si parte frullando le mandorle e le nocciole insieme allo zucchero, poi si aggiungono gli albumi, il burro a temperatura ambiente e la farina. Per comodità, al posto di mandorle e nocciole si possono utilizzare le rispettive farine. Si stende l’impasto e si formano i biscotti con uno stampino rotondo. Per cuocerli serve pochissimo tempo, massimo 10 minuti a 180 gradi. I valdostani usano mangiare questi biscotti a colazione o a merenda, intingendoli nel tè, ma sono ottimi anche anche da soli, magari farciti con un velo di marmellata. È proprio questa la ricetta che ci siamo fatti regalare dal maestro Mauro Morandin.

 

tegole della pasticceria Morandin

 

Torcetti di Saint-Vincent

Si dice che fossero i biscotti preferiti di Margherita e Umberto I di Savoia, regina e re d’Italia dal 1878 al 1900, anche se non è chiaro se questa storia si riferisce ai torcetti valdostani o ai piemontesi. Un tipo di biscotti molto simili, ma un po’ più burrosi, vengono infatti prodotti anche nelle valli di Lanzo, nel torinese, nel canavese e nel biellese. Ma solo quelli valdostani sono legati al comune di Saint Vincent, nella parte orientale della regione, meta turistica rinomata sia per le terme che per il celebre casinò. La loro particolarità sta nell’assenza di zucchero per l’impasto, che servirà solo a ricoprire i dolcetti una volta sfornati. Di contro, è molto importante che il burro utilizzato sia di qualità elevata. Per realizzare dei perfetti torcetti servono farina 00, acqua tiepida, burro ammorbidito, zucchero per ricoprire, lievito secco per la panificazione (o lievito di birra in alternativa), un pizzico di sale.

 

Troillet

Sono i brutti ma buoni in versione valdostana. Sono stati creati oltre un secolo fa dalla pasticceria Dupont di Villenueve. Le noci sono protagoniste assolute della ricetta e per questo i dolcetti sono legati alla piccola località a pochi chilometri da Aosta: Villeneuve, infatti, è l’unico paese della regione nel quale viene ancora utilizzato il frantoio per la produzione dell’olio di noci. Il nome dei biscotti, in dialetto valdostano, indica appunto la pasta che rimane dopo la spremitura delle noci. La particolarità dei troillet è quella di non contenere n burro né farina: per creare questi gustosi biscotti servono solo noci, zucchero e albumi d’uovo. La loro superficie rugosa li rende ideali per fare da supporto per creme e marmellate, ma l’abbinamento che più li esalta è quello con il succo di mela verde.

 

torcetti di Saint-Vincent

 

La ricetta delle tegole valdostane della Pasticceria Morandin

 

Ingredienti 

 

200 nocciole già tostate (o di farina di nocciole)

100 g di mandorle già tostate (o farina di mandorle )

100 g di farina per biscotti

200 g di zucchero

8 albumi d’uovo

1 bacca di vaniglia

1 piccola noce di burro

 

Procedimento

Tostare le nocciole e le mandorle nel forno, a 180°, per 15 minuti circa. Al termine toglierle dal forno, eliminare le bucce e setacciarle, lasciando che si raffreddino. Frullare le mandorle, le nocciole, lo zucchero e la bacca di vaniglia, facendo attenzione a non scaldare troppo il tutto. Mettere in una ciotola il composto ottenuto, unire le chiare d’uovo e la farina per biscotti: miscelare fino ad ottenere un impasto morbido e omogeneo. A questo punto, con l’aiuto un sac à poche, create delle piccole montagnette in una teglia, precedentemente unta con una noce di burro. Battere la teglia sul tavolo facendo allargare le montagnette di pasta fino a che non diventeranno rotonde e sottili. Per dare una forma migliore alle tegole, si può usare uno stampino, togliendo la pasta in eccedenza. Infornare a 180° per 6/7 minuti circa.

 

Consigli del Maestro Mauro Morandin

La grande quantità di nocciole, pregio di questo dolce, può renderlo gommoso in alcuni periodi dell’anno poiché la nocciola stessa assorbe l’umidità. Per mantenere le tegole sempre croccanti conservatele vicino a una fonte di calore.

Morandin | Saint-Vincent (AO) | via Chanoux, 105 | tel. 0166 512690 | www.mauromorandin.it

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

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Chef mercato a Firenze. Traslochi, cambi di guardia, arrivederci e nuovi progetti

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La ristorazione del capoluogo toscano beneficia di un momento di grazia, che inevitabilmente porta con sé una certa fisiologica instabilità. C'è chi cresce e ha voglia di conquistare nuovi spazi, chi arriva per la prima volta in città, chi si lancia in nuovi investimenti, chi per il momento stacca la spina. E intanto anche il Mercato Centrale si rinnova. 

Una Firenze rutilante, gastronomicamente parlando, con chef che cambiano ristorante come calciatori che cambiano squadra, nemmeno ci trovassimo al calciomercato. A questo si aggiungono nuove aperture ma anche chiusure più o meno inaspettate. Colpì la chiusura di Oliviero nel luglio 2016, dopo 25 anni di onorata gestione affidata a Francesco Altomare (ma è notizia degli ultimi giorni che l'insegna riaprirà il prossimo 15 febbraio), mentre hanno stupito meno i titoli di coda del Santo Graal, ristorante che ha visto crescere lo chef emergente Simone Cipriani (oggi impegnato con soddisfazione nel progetto Essenziale), per poi dare una possibilità a Gabriele Andreoni, altro chef  talentuoso, di esprimere una cucina non banale. Al 31 dicembre abbassata la saracinesca e chiusa l’avventura, il titolare Emanuele Canonico ha iniziato la trattativa, che lascia supporre che saranno i gestori dell’Enoteca Pitti Gola e Cantina a prendere il testimone, per un progetto ancora in via di definizione.

 

Il futuro di Rizzuti, il “nuovo” Mercato Centrale

Sempre in città, due amici storici hanno deciso di interrompere le relative esperienze professionali che duravano da un po', e chissà che non uniscano le forze per un nuovo progetto: Romualdo Rizzuti si è congedato da Sud del Mercato Centrale. Il pizzaiolo era stato premiato dal Gambero Rosso con i Tre Spicchi, e dunque conduceva la prima pizzeria fiorentina a fregiarsi di tale titolo. E poi  Daniele Pescatore, chef che ben si stava esprimendo nei locali di “Da Pescatore-Casa di cucina”, oltre a sovrintendere al progetto della pizzeria della Stazione Santa Maria Novella “Fratelli Cuore”. Intanto il 26 maggio cucineranno insieme nel carcere di Volterra in occasione di “Cene Galeotte”, poi sarà da capire se l’idea di Daniele di trasferirsi in un albergo a 5 stelle fiorentino avrà successo. E sono molti i cambiamenti proprio al Mercato Centrale di Firenze, con l’arrivo di Stefano Callegari per la pizza - al posto appunto di Rizzuti - l’apertura dell’angolo sushi con Donato Scardi, la gestione dell’angolo del fritto affidata a Valerio Rugi, mentre si attendono ulteriori rivoluzionamenti, con lo stand di Eataly che sarà riposizionato e qualche subentro presto in atto.

Intanto, i titolari del ristorante Tosca sempre Mercato Centrale, hanno preso la gestione del Fosso Bandito, una mega pizzeria della zona nord, che aveva aperto al suo interno un ristorante gourmet, il 321. A giorni sarà da capire chi prenderà le redini della cucina e quale pizzaiolo diventerà il responsabile dei forni.

 

Osmenzeza lascia, Picchi rilancia

Mentre ha colto di sorpresa la decisione, comunicata con tanto di intervista al Corriere Fiorentino, di Entiana Osmenzeza di lasciare la conduzione della cucina del ristorante Gurdulù, nella zona di Santo Spirito. Ufficialmente la decisione nasce dalla voglia di dedicarsi maggiormente alla famiglia, avendo avuto da poco una figlia, anche perché il ristorante marcia a meraviglia (chi arriverà ora?), con una formula che unisce cocktail bar di livello a una cucina di solida qualità, con un mood urban-contemporaneo che ha conquistato una bella fetta di pubblico. Facile pensare però che, trascorso qualche mese, la si vedrà protagonista su qualche altro palcoscenico culinario: difficilmente Entiana farà a lungo “solo” la mamma.

Sull'altra sponda dell'Arno è partita con successo l’avventura culinaria di Fabio Picchi, il Cibleo di cui abbiamo già parlato: difficile trovare posto, in attesa che si prolunghi l’orario di apertura anche a pranzo, ma questo esempio di fusion tosco-giappo-coreana indubbiamente intriga molto i clienti. Nuovo chef anche all’Hostaria Bibendum, dell’Hotel Helvetia e Bristol, entrato da poco nell’orbita Starhotels, con l’arrivo di Samuele Melani, toscano di origine, ma con lunga esperienza maturata in Trentino. Sempre trentino è Peter Brunel che, in attesa di riaprire il Borgo San Jacopo con un nuovo restyling, sta lavorando per fare del Caffè dell’Oro, appartenente al gruppo Ferragamo, il posto adatto per  pranzi di qualità. 

 

Essenziale | Firenze | piazza di Cestello, 3r | www.essenziale.me

Mercato Centrale | Firenze | via dell’Ariento | www.mercatocentrale.it

Il Fosso Bandito | Firenze | via del Fosso Macinante, 4 | www.fossobandito.com

Gurdulù | Firenze | via delle Caldaie, 12 | www.gurdulu.com

Cibleo | Firenze | via Andrea del Verrocchio, 2r | tel. 0552341100

Hostaria Bibendum | Firenze | Hotel Helvetia e Bristol, via dei Pescioni, 2 | www.hotelhelvetiabristol.com

Caffè dell’Oro | Firenze | lungarno degli Acciaioli, 2 | www.lungarnocollection.com/it/caffe-delloro

 

a cura di Leonardo Romanelli

 


Pane spezzato. A Cosenza un corso per insegnare l’arte della panificazione e della pizza ai migranti

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Insegnare ai migranti l’arte della panificazione e della pizza. È il progetto dell’associazione  “Rosanna Spina – Vestire gli ignudi” di Cosenza, nata con l’obiettivo di garantire alle persone che vengono nel nostro paese, scappando da situazioni di povertà e dai conflitti, la possibilità di integrarsi nella comunità locale e di avere un futuro lavorativo attraverso il cibo. 

Insegnare ai migranti l’arte della panificazione

Imparare un’arte antica, come quella della panificazione, non è cosa da poco. Sono tante le competenze che intervengono in questo processo, dalla scelta delle farine alla durata della lievitazione, fino alle tecniche di cottura. Ma quest’arte così radicata nella tradizione italiana può anche diventare un’opportunità lavorativa per molti dei migranti che ogni anno sbarcano sulle nostre coste. Ci stanno provando a Cosenza, dove l’associazione “Rosanna Spina – Vestire gli ignudi”, in partnership con le associazioni Stella Cometa e Diamoci la Mano, porterà avanti un progetto che insegnerà a 13 migranti tutti i segreti del pane e della pizza. “Abbiamo avuto un grande riscontro” - ha spiegato Maurizio Olivito, presidente dell’associazione Rosanna Spina e panificatore di professione - “le richieste sono state tantissime, ma purtroppo dobbiamo selezionare un numero ristretto di allievi, per garantire il giusto approfondimento di ogni argomento”.

 

Come funzionano i corsi

L’iniziativa, finanziata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è stata presentata giovedì 9 febbraio a Cosenza e si inserisce in quel filone di progetti sociali e solidali che spesso fanno leva sul valore aggregante del cibo e del lavoro manuale, come vi abbiamo raccontato recentemente da Roma, con l'esperienza di Altrove. Ma come funzionerà la scuola nello specifico? “I corsi sono sia pratici che teorici, durano 4 ore ogni mattina per 3 giorni alla settimana, fino a giugno” ha precisato Olivito “Partiremo dallo studio dei grani e delle differenti farine che si possono utilizzare in panificazione, analizzandone le caratteristiche specifiche. Poi passeremo alle lievitazioni, agli impasti, alle tecniche di cottura, facendo bene attenzione a distinguere fra quello che serve per fare un ottimo pane e quello che invece serve per la pizza”. L’obiettivo? Duplice: innanzitutto insegnare un mestiere molto richiesto alle persone che, migrando verso l’Italia, spesso si trovano lontano da casa senza poter lavorare per problemi burocratici, ma anche per mancanza di competenze specifiche. Il secondo livello è quello dell’integrazione “È importante che questi ragazzi si integrino nel tessuto sociale delle nostre comunità, dimostrando di essere volenterosi, ed è altrettanto importante che abbiano gli strumenti per costruirsi un futuro, che sia nel nostro Paese o altrove”.

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

Street Food d'Italia 2017. Sicilia: Nino u' ballerino di Palermo

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Se si decide di scommettere sul cibo da strada, a Palermo bisogna puntare sull'antica ricetta del pani ca' meusa. Antonino (Nino) Buffa dal 2002 si impegna a valorizzare questo piatto, eletto miglior cibo da strada di tutta la regione dalla guida Street Food d'Italia del Gambero Rosso.

Pani ca' meusa (pane con la milza): è questo il mangiari di strada palermitano per antonomasia, un colosso della tradizione gastronomica della zona. Si tratta di una pagnotta soffice ripiena di milza e polmone di vitello, una ricetta antica e golosa, semplice e irresistibile in due versioni: schitto, ovvero semplice, e maritato, con l'aggiunta di ricotta informata grattugiata. A valorizzarla, da 15 anni a questa parte ci pensa Antonino– per tutti Nino – Buffacon il suo Nino u' ballerino, un tempio del gusto della Trinacria, miglior cibo da strada siciliano per la guida Street Food d'Italia del Gambero Rosso.

Come nasce l'attività?

Ho inaugurato il locale nel 2002 con l'intenzione di proporre pani ca' meusa di qualità. Il mio obiettivo è quello di valorizzare la tradizione, rispettandola e avendo sempre un occhio di riguardo verso le materie prime, specialmente quelle di nicchia.

E la tua passione per la cucina come nasce?

Vengo da una famiglia di ristoratori: rappresento la quarta generazione e, nonostante sia io il proprietario del locale, sono il più giovane di tutti. Il cibo è sempre stato un elemento importante nelle nostre vite.

Così come la panificazione, giusto?

Sì, esatto. Il pane è un ingrediente fondamentale per chi ama la buona tavola, per questo abbiamo sempre ricercato il meglio. È così che ho imparato l'arte della lievitazione.

Autodidatta, dunque.

Sì, ho imparato da solo, viaggiando molto e guardandomi intorno, apprendendo da tutti e seguendo i consigli di diversi esperti.

Hai fatto anche diversi interventi in tv sulla lievitazione, come Nat Geo People di National Geopgraphic, per esempio. Com'è stata questa esperienza?

Molto interessante e divertente. È un bel modo per confrontarsi con altri professionisti e con una fetta di pubblico diversa. Cerco di prendere il meglio da qualsiasi esperienza.

Veniamo al pani ca' meusa. Cosa rende il tuo così speciale?

La cottura della milza, che è al vapore e quindi in grado di mantenere meglio il sapore della carne, oltre a risultare più leggera e digeribile.

Il pane, invece?

È a lievitazione naturale, fatto in casa.

Che altro proponi?

Arancine classiche al ragù oppure prosciutto e mozzarella, panelle e crocchè di patate. E poi il pane con la caldume, preparato con quinto quarto e brodo vegetale, salsa di pomodoro e caciocavallo.

Niente dolci?

Sì, abbiamo cannoli espressi farciti al momento.

Quanti siete in azienda?

33 in tutto, ma in cucina ci alterniamo solamente io e i miei fratelli.

Dove acquisti le materie prime?

Sono quasi tutte a Km0: credo molto nella valorizzazione del territorio attraverso i suoi prodotti, per questo acquisto sempre da piccoli produttori locali.

Cosa offri da bere?

Bevanda analcoliche e poi vino siciliano della zona imbottigliato a marchio nostro Nino U' Ballerino, un Nero d'Avola per la precisione.

Perché il nome Nino u' ballerino?

Perché mi muovo in continuazione e ormai è diventato il mio soprannome. Sono Nino u' ballerino, l'artigiano che mentre cucina danza. È iniziato per scherzo, ma poi il nome ha funzionato.

Progetti per il futuro?

Per il momento nessuno. Mi hanno proposto di aprire anche altrove ma io non voglio lasciare la mia Sicilia. Qui sto bene e, al momento, non ho intenzione di andarmene.

Panino con la milza a parte, qual è il tuo cibo da strada preferito?

Durante i miei viaggi assaggio sempre lo street food locale, un po' per piacere personale un po' per crescita professionale: senza il confronto con i colleghi, non si va avanti. L'Italia è ricca di ricette golose, che poi si assomigliano tutte un po': penso al panino col lampredotto toscano (simile alla nostra caldume), alla farinata genovese a base di farina di ceci, proprio come le nostre panelle e tanti altri piatti sfiziosi che prendono spunto da ingredienti comuni.

Qual è, secondo te, il punto di forza dello street food?

L'impatto visivo così immediato. In un ristorante capita di rado di avere la cucina a vista e anche in quel caso difficilmente seguiamo tutti i passaggi. Il cibo da strada invece viene preparato al momento davanti agli occhi del cliente ed è questo elemento ad affascinare i consumatori.

Nino U' Ballerino | Palermo | c.so Finocchiaro Aprile, 76/78 | tel. 339 6950106 | www.facebook.com/NinouBallerino.StreetFood

a cura di Michela Becchi

Guida Street Food 2017 del Gambero Rosso | Euro 6,50 | acquistabile in edicola, libreria e on line

Guida Street Food 2017 del Gambero Rosso. Ecco i risultati

Street Food d'Italia 2017. Valle d'Aosta: Sushiball di Courmayeur

Street Food d'Italia 2017. Veneto: Gourmetteria di Padova

Street Food d'Italia 2017. Friuli-Venezia Giulia: Mamm Ciclofocacceria di Udine

Street Food d'Italia 2017. Lombardia: La ravioleria Sarpi di Milano

Street Food d'Italia 2017. Emilia Romagna: Punto G di Piacenza

Street Food d'Italia 2017. Trentino Alto Adige: Briciole Food and Drink di Rovereto

Street Food d'Italia 2017. Marche: Il Furgoncino di Pesaro

Street Food d'Italia 2017. Umbria: Bacalino di Perugia

Street Food d'Italia 2017. Puglia: Piadina Salentina di Lecce

Street Food d'Italia 2017. Liguria: Moltedo di Recco

Street Food d’italia 2017. Abruzzo: Alla Chitarra Antica di Pescara

Street Food d'Italia 2017. Sardegna: Sebaderia Dulcinea di Nuoro

Intervista ai fratelli Aloe, i creatori di Berberè

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Con una media di un locale all'anno, i fratelli Aloe sembrano non volersi fermare. Attenzione però, guai a dire che il loro Berberè è un franchising. 

Che la loro pizza sia buona è ormai assodato, ne abbiamo parlato ampiamente qui e qui. Ma non abbiamo mai raccontato la loro storia imprenditoriale. Parliamo di Matteo e Salvatore Aloe. Due fratelli calabresi, uno molto creativo l'altro più razionale, uno milanista l'altro interista. Come succede in questi casi, si compensano. Ricordano un po' i fratelli Mc Donald's se non fosse per una grande e sostanziale differenza: non si piegheranno mai al franchising. Anche se le 6 sedi aperte in soli 6 anni farebbero presupporre il contrario. Li abbiamo incontrati a Londra nella loro ultima apertura e intervistati per capirne di più.

Un po' di storia

Matteo e Salvatore Aloe, trasferitesi da Maida a Bologna per studiare Economia, aprono la prima pizzeria Berberè nel 2010 a Castel Maggiore, hinterland di Bologna. Matteo ha 24 anni, Salvatore 31. Nel giro di pochi anni si fanno conoscere in tutta Italia, ricevendo recensioni entusiaste. La loro pizza non è romana, non è napoletana, né tanto meno gourmet. È un prodotto artigianale, stagionale, leggero, onesto, da condividere grazie alla formula cosiddetta “a degustazione” in virtù della quale le pizze sono servite una alla volta già tagliate a spicchi ciascuno costruito per avere un gusto completo (vedi video), e gustate da tutti i commensali che possono così assaggiare più tipologie nel quadro di un pasto. Un format rivelatosi vincente. Dopo tre anni segue la seconda apertura bolognese, e in poco più di 3 anni inaugurano progressivamente altrettanti punti vendita. In ordine cronologico: Firenze, Torino e Milano, arrivato dopo l'esperienza dentro Expo 2015. Alla fine del 2016 è la volta del primo locale londinese, Radio Alice, grazie alla collaborazione con Emma King, co-fondatrice di Gail’s artisanal Bakery e oggi partner del nuovo locale nel quartiere più cool di Londra: Shoreditch.

Avete 6 locali dislocati in tutta Italia, e ora anche a Londra. Come è l'organizzazione.

Ciascun locale ha un manager responsabile formato direttamente da noi, che ogni sera ci invia una mail con il report giornaliero.

Insomma, come nelle aziende “vere”...

Esatto. Grazie a questo aspetto abbiamo un feedback immediato su quello che è andato ma sopratutto su quello che non è andato nel corso della giornata.

Dunque il feedback arriva a caldo?

Sì. Chiediamo al responsabile del ristorante di farci sapere il suo feeling subito, appena chiuso il servizio. Solo così emergono veramente le criticità. Non bisogna razionalizzare troppo.

Qualche esempio?

Se finisce regolarmente un prodotto significa che il responsabile del ristorante in questione non si sa regolare.

Poi c'è l'area manager.

Ylenia Esposito rappresenta il riferimento di tutto il personale di accoglienza. È un po' la nostra capa del personale.

 

Per quanto riguarda la produzione in senso stretto?

Qui c'è Alessandro Proietti Refrigeri conosciuto da Matteo durante la sua esperienza al Noma: è stato anche chef di partita alla Pergola che crea il menu e lo “ingegnerizza” per renderlo il più replicabile possibile. È il riferimento dei capi di cucina di tutti i locali, sia in termini formativi che pratici. Fa base a Bologna, dato che ogni venerdì ci riuniamo per fare il punto, ma poi gira in tutte e sei le cucine.

La squadra si completa con il guru degli impasti.

Massimo Giuliano segue tutto quello che riguarda gli impasti, concentrandosi su lievito madre e farine, e con l'aiuto di Alessandro standardizza i processi. E infine ci sono tre ragazzi in amministrazione.

Un workflow e una squadra pensata davvero come multinazionale tascabile...

Da qualche tempo abbiamo inserito ancheil controllo di gestione. C'è una persona che si occupa solo di questo: osservare i dati e capire come migliorarli e su quali cose agire. L'ispirazione è ai grandi restaurant group internazionali dove ci sono persone addette anche ai più piccoli particolari: se possiedi catene da centinaia di punti vendita anche accertarti che tutti spengano la luce alla fine del servizio significa alla fine dell'anno milioni in più o in meno di utili.

Standardizzazione perfetta. Pronti per il franchising?

No. Ci abbiamo messo tre anni per standardizzare la ricetta ma se noi la diamo a un esterno, questo non riesce a replicarla. Seguire uno standard non significa replicare con lo stampino, piuttosto vuol dire minimizzare i rischi. Berberè non è e non sarà mai un franchising, anche perché la gestione di tutti i locali è diretta. Sono tutti nostri.

Torniamo alle origini: nel 2010 avete aperto il primo Berberè. Perché a Castel Maggiore all'interno di un centro commerciale?

La risposta ufficiale è che volevamo sfatare il mito che in un centro commerciale si debba necessariamente mangiare male. Così abbiamo portato un prodotto estremamente popolare, ma di qualità, in un posto popolare.

Molto affascinante. Passiamo alla risposta vera però...

Inizialmente abbiamo cercato un locale a Bologna ma con i pochi euro messi da parte (e prestati dalle nostre zie) non potevamo permetterci di comprare l'attività. A Bologna funziona così, quasi nessuno ti vende solo le mura del locale.

Come è andata all'inizio?

I primi tre mesi? Un disastro!

Perché?

I clienti si sedevano, leggevano il menu e si alzavano! Forse abbiamo azzardato troppo: nel menu non c'erano (e non ci sono tuttora) i nomi delle pizze, solo la lista degli ingredienti. E non abbiamo mai venduto Coca Cola.

Quando c'è stata la svolta?

A quattro mesi dall'apertura abbiamo avuto la nostra prima recensione su Repubblica di Bologna. Tra l'altro è stata una recensione negativa per i primi ¾ dell'articolo, considerate che era il primo sabato affollato e i ragazzi in sala, presi alla sprovvista, hanno fatto aspettare il mal capitato più di un'ora.

Il perdono è avvenuto una volta assaggiata la vostra pizza?

Esatto. Non so se sia stato merito della recensione o per via di una serie di circostanze, fatto sta che l'attività ha ingranato.

Poi c'è stata l'apertura a Bologna città nel 2013.

Non è stato frutto di contingenze, fin dall'inizio l'idea era quella di creare un ristorante diffuso. Non a caso abbiamo aspettato tre anni prima di aprire il secondo locale, durante i quali abbiamo investito per formare le persone e per definire con precisione un processo di produzione standard, proprio per garantire delle linee guida a chi prepara gli impasti. Questo grazie a Massimo e Alessandro.

In concomitanza è iniziata la collaborazione con Alce Nero, azienda leader del biologico in Italia.

Una delle due figlie di Lucio Cavazzoni (Presidente di Alce Nero) era la fidanzata dell'ex coinquilino di Matteo, è stata lei a metterci in contatto con il padre, con il quale abbiamo studiato un blend di farine per le nostre pizze.

Berberè di Bologna è un ex negozio Alce Nero...

Data l'affinità abbiamo rilevato un loro negozio, del quale è rimasto un piccolo shop all'interno del ristorante per non cancellare quello che era stato. Alla fine Alce Nero è entrato anche in società, con una quota di minoranza comprata dalle nostre zie.

Nel 2014 è la volta di Firenze.

Quello di Firenze è un localino piccolo, in Borgo San Frediano, aperto con lo stesso staff di oggi. Una squadra fantastica. Anche in questo caso dietro c'è un grande lavoro di formazione.

Torna sempre la formazione...

Ma certo, è la chiave di tutto. Il segreto è non avere segreti con i tuoi collaboratori, così le persone si sentono realizzate e parte di un team.

Altri segreti?

Reinvestire tutto per crescere. Pensate che oltre ai ragazzi nei ristoranti, c'è una squadra di otto persone come dicevamo sopra che lavora al di fuori.

Parliamo di fatturato?

Nel 2016 circa 4 milioni di euro. Il proposito è di superare i 5 nel giro di un anno, che significa trovare un equilibro economico.

Equilibrio economico?

Il 2016 lo abbiamo chiuso in perdita ma siamo cresciuti, abbiamo investito, abbiamo assunto personale. Fermi non potevamo stare, o andavamo avanti oppure indietro. Abbiamo optato per la prima.

Matteo, hai trascorso alcuni mesi nella cucina del Noma di Copenaghen. Cosa ti ha insegnato?

A puntare sulle persone giuste e su un processo produttivo al limite del maniacale. Nonostante lo staff cambi costantemente, al Noma ci sono 4 persone fisse, lo zoccolo duro, che riescono a mantenere costante la qualità in tutti i piatti. Parliamo di 60 coperti e un menu di 22 portate, per un totale di più di mille piatti al giorno.

Dopo Castel Maggiore, Bologna e Firenze, è stata la volta di Torino e Milano (prima a Expo poi nel locale di via Sebenico). Qual è la città che fa più coperti?

Milano. Abbiamo aperto a ottobre ma la proiezione è attorno al milione di fatturato annuo, nonostante il coperto medio, con 15.6 euro a testa, sia uno dei più bassi.

Le principali differenze tra i diversi clienti?

In Italia c'è un'attenzione sviluppata verso gli ingredienti, anche se Milano è sopra la media. A Firenze il pubblico è diretto e pratico, mentre i torinesi mangiano più dolci. Detto questo, tutti i nostri clienti, specie la parte femminile, sono curiosi.

Lo scorso dicembre avete inaugurato Radio Alice al numero 16 di Hoxton Square. Perché Londra?

È la città che abbiamo sempre amato. Poi Londra è un po' l'Italia di sette anni fa, quando si cominciava a parlare di farine di qualità e lunghe lievitazioni. Anche se a Londra è più difficile far passare il concetto di qualità: se sovra comunichi passi per snob, se non comunichi sei inesistente. La chiave di volta è trovare il giusto equilibrio, ma se l'ingresso nel mercato è un successo hai delle grandi possibilità.

Le maggiori difficoltà riscontrate?

È complicato entrare nel mercato e trovare la location adatta, è difficile risolvere i problemi pratici (come per esempio un semplice aumento di potenza elettrica) o avere a che fare con la burocrazia, che se anche è più snella, è pur sempre burocrazia.

Così vi siete affidati a Emma King, co-fondatrice di Gail’s artisanal Bakery, molto conosciuta a Londra.

Emma è venuta a pranzo da noi a Bologna insieme al marito e ha ordinato una decina di pizze. Un nostro cameriere ce l'ha fatto notare così ci siamo presentati e tenuti in contatto. Destino ha voluto si fosse nel frattempo stancata di gestire Gail’s, ed è stata la volta che le abbiamo proposto di entrare a far parte della squadra di Radio Alice.

Quali sono le principali differenze tra l'investire in Italia e l'investire a Londra?

Sicuramente a Londra c'è un mercato maturo: se hai bisogno di un manager, puoi scegliere tra tanti curriculum. In Italia purtroppo c'è ancora tanta improvvisazione.

Il forno utilizzato è sempre lo stesso per tutti e sei i locali?

A Castel Maggiore, Bologna, Firenze e Torino c'è un forno a legna, mentre a Milano e Londra è elettrico.

Perché elettrico?

A Expo, dove per legge non si poteva usare quello a legna, abbiamo provato una ventina di forni elettrici a gas, per poi scegliere quello di Morello Forni, con una resa pressoché uguale al forno a legna. Anzi, se hai una sola canna fumaria conviene.

Prossima apertura?

Ci piacerebbe Roma, anche se un ritorno al sud è quasi inevitabile. Don Luigi Ciotti (ndr. dell'associazione Gruppo Abele, che ha convertito un ex capannone in centro commensale), grazie al quale abbiamo intrapreso l'avventura torinese ci dice sempre: “Se non fate nulla per la Calabria, siete dei falliti”. Noi ce la metteremo tutta, se non aprendo un locale, per lo meno coinvolgendo di più i produttori calabresi.

All'estero?

Londra ti dà l'opportunità di replicare...

 

Berberè | Castel Maggiore (BO) | via Pio La Torre n°4/b | tel. 051 705715 | www.berberepizza.it

Alce Nero – Berberè | Bologna | via Petroni 9c | tel. 051 2759196

Berberè | Firenze | Piazza De’ Nerli 1 | tel. 055 2382946

Berberè | Torino | via sestriere 34 angolo Corso Trapani 95 | Centro commensale Binaria | tel. 011 0267530

Berberè | Milano | via sebenico 21 | tel. 02 36707820

Radio Alice | Londra | 16, Hoxton Square | tel. 0044 20 70183656

 

a cura di Annalisa Zordan

foto di Francesca Sara Cauli

 

 

Chef’s Table 3. Su Netflix la nuova stagione sulla vita degli chef, dalla cuoca buddhista a Virgilio Martinez

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Sono cinque i protagonisti della nuova stagione disponibile dal 17 febbraio su Netflix; cinque accomunati dal mestiere di chef, ma tutti molto diversi tra loro, dal newyorkese che ha conquistato Tokyo con i suoi ramen e oggi ci prova nella sua città al ragazzo russo che ha riportato la cucina di Mosca nelle classifiche internazionali. E poi Virgilio Martinez, Jeong Kwan, Tim Raue e la chef panificatrice Nancy Silverton. 

Chef in cucina e nella vita

Per gli amanti del genere, in pochi anni il docu-film a puntate monografiche Chef’s Table è diventato un cult, complice la diffusione della piattaforma di streaming online Netflix, che anche in Italia, in poco più di un anno, ha saputo conquistare un pubblico trasversale. E buona parte del merito spetta proprio alla qualità delle produzioni originali che il sito ha scelto di offrire ai propri abbonati, offrendogli un palinsesto di esclusive che accontentano un po’ tutti, dagli appassionati della serialità ai nostalgici del revival, a tutti coloro che, per un’ora davanti allo schermo, cercano di ritrovare i propri interessi. Meglio ancora se dietro al progetto c’è la visione creativa di un direttore della regia come David Gelb, che il suo nome l’ha legato prima alla produzione del docu-film dedicato al maestro giapponese Jiro Ono, poi – e ormai da qualche anno a questa parte – alla realizzazione della serie (che a questo punto sono 3, più una tematica, in omaggio alla cucina francese) che ritrae i più grandi chef del mondo, quelli più stimolanti da raccontare, non solo per meriti di cucina, ma soprattutto per personalità ed esperienze di vita. Una puntata ciascuno, circa tre quarti d’ora a testa, per condensare la vita di uno chef, le sue aspettative, le ambizioni e le battute d’arresto, la visione gastronomica di ognuno che è necessariamente influenzata dal proprio approccio alla vita. E poi i piatti, protagonisti (sin dai titoli d’apertura) di un’estetica della fotografia curata nel minimo dettaglio, perché in fondo stiamo parlando di chef, e in tavola devono arrivare i risultati.

 

Per l’Italia uno solo: Massimo Bottura

Per l’Italia, finora, l’unico chiamato in causa – e il primo della prima stagione di Chef’s Table  - è stato Massimo Bottura, ripreso tra i banchi del mercato di Modena e la Francescana, in un bel ritratto che ha contribuito a rinsaldarne il mito poco prima della consacrazione definitiva di un anno fa, quand’è stato eletto primo chef del mondo per la 50 Best (ma il riconoscimento più emozionante da un punto di vista simbolico è arrivato probabilmente solo qualche giorno fa, nell’Aula Magna gremita dell’Università Alma Mater di Bologna, con la consegna della laurea ad horomen). E l’assenza di nuovi protagonisti della cucina nazionale si farà sentire anche nell’edizione alle porte, Chef’s Table 3, disponibile su Netflix – dopo la premiere del festival del cinema di Berlino – dal prossimo 17 febbraio.

 

 

Chef’s Table 3. I protagonisti, il trailer

Cinque nuove puntate per fare il giro del mondo, spingendosi sin nei contesti più inaspettati, come a casa della monaca buddhista Jeong Kwan, che nel suo tempio di Baekyangsa, in Corea, è una cuoca riconosciuta e apprezzata. Certamente una figura fuori dagli schemi rispetto a quello che abbiamo visto finora. Con lei ci sono anche il giovane talento russo Vladimir Muhkin, alla guida del ristorante White Rabbit di Mosca, in costante ascesa nelle classifiche internazionali, che della sua vita da chef porterà sullo schermo il rapporto con la sua terra e i produttori che cercano di risollevare l’immaginario gastronomico del Paese (con tutte le difficoltà del caso legate a vicende controverse come l’ultimo embargo); il tedesco Tim Raue, che a Berlino guida il ristorante omonimo, con tante aperture sulla cucina asiatica; il peruviano Virgilio Martinez, star celebrata della gastronomia mondiale e grande ambasciatore del territorio e della cucina peruviana e amazzonica. Per gli Stati Uniti, invece, due rappresentanti: Ivan Orkin e il suo ramen bar di New York (forte di un grande successo a Tokyo, dal 2015 è tornato nella sua città), e Nancy Silverton, che a Los Angeles guida l’Osteria Mozza, ed è una delle panificatrici più celebri nel mondo. Quando manca ancora qualche giorno d’attesa, ecco il trailer ufficiale di Chef’s Table 3 diffuso da Netflix.

 

a cura di Livia Montagnoli

Cioccolato a creazioni d’autore per San Valentino. Se il regalo si compra in pasticceria

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Non è un mistero che il cioccolato, meglio se accompagnato da un messaggio capace di far battere il cuore, sia tra i doni più apprezzati per la festa degli innamorati. Ed è sempre una garanzia, specie se porta la firma di un grande pasticcere. Ecco qualche suggerimento da scovare su e giù per la Penisola, da Guido Gobino a Vincenzo Tiri. 

Con San Valentino alle porte, i pasticceri d’Italia si apprestano a vivere un’altra giornata da protagonisti. E il week end appena trascorso, a Milano, ha garantito ai visitatori del MiCo una nutrita anteprima sul tema, radunando 50 chef pasticceri e un’ottantina di espositori per il consueto appuntamento con il Salon du Chocolat. Tra gli altri, impegnato sul palco con la presentazione di un cuore molto speciale, Davide Comaschi e la sua creazione al cioccolato per San Valentino 2017 dedicata alla Lilt, la Lega Italiana per la lotta contro i tumori. E pure un grande protagonista del cioccolato milanese come Ernst Knam, che domani, nel giorno degli innamorati, aprirà le porte della sua pasticceria di via Anfossi con orario continuato, dalle 10 alle 20, e tante creazioni romantiche. Ma sono tanti, la maggior parte degli ambasciatori della categoria, a cimentarsi con spunti e proposte dolci ideate per le coppie che vogliono festeggiare il proprio anniversario con una soluzione d’autore.

I cuori di Guido Gobino a Torino

Nella città del cioccolato – uno scettro che per storia, tradizione e qualità in Italia spetta a Torino – per esempio, un maestro del calibro di Guido Gobino reinterpreta a modo suo un’idea che più didascalica non si può: cuori di cioccolato per tutti gli innamorati. Ma di grande personalità (sulla qualità della materia prima, neanche a dirlo, il maestro di via Cagliari, dal 1980, non eccepisce). E in due varianti, per tutte le tasche: c’è il grande cuore da 200 grammi di cioccolato extra bitter o latte decorato a mano con motivi floreali o motivi astratti, che al suo interno riserva anche una piccola sorpresa, oltre alla pergamena che immortala su carta il gesto d’amore; ma anche la confezione di cuoricini in gusti assortiti, dal bergamotto al cappuccino, al bianco pralinato. Disponibili anche nel punto vendita milanese di Corso Garibaldi.

Milano. Da Peck all’eclair al Bacio Rosso

Proprio a Milano, le alternative golose per gli inguaribili romantici non mancano. Da Peck, per esempio, quest’anno si festeggia con la creazione al cioccolato dello chef pasticcere Galileo Reposo, che per San Valentino 2017 ha ideato un tripudio di cuori al cioccolato bianco su base di cioccolato al latte, per chi punta a stupire l’altra metà con l’impatto di una composizione a effetto. Più minimal, ma altrettanto irresistibile la selezione di eclair di San Valentino di Pascal Caffet, che tiene alta la bandiera della pasticceria francese in città, in via di San Vittore. Anche qui, neanche a dirlo, un trionfo di ripieni al cioccolato e praline multigusto a forma di cuore; mentre in Corso di Porta Ticinese, nel laboratorio meneghino di un altro maestro d’Oltralpe – Christophe Adam con la sua Eclair de Genie – spunta l’eclair al Bacio Rosso, con ripieno al cioccolato e lampone.

Roma. Walter Musco in I Feel Love

Nella Capitale è il maestro Walter Musco a guidare la carica di San Valentino, con una nuova creazione sul tema. I Feel Love si chiama lo scrigno di cioccolato ideato dal pasticcere di largo Bompiani per l’occasione: mousse al cioccolato fondente 70%, cremoso al gianduia, composta di arancia, bisquit croccante racchiusi da una glassa al cioccolato. E sempre a Roma, da Gruè, in viale Regina Margherita, la festa di San Valentino è una monoporzione romantica da condividere – due cuori rossi uno accanto all’altro – al motto di “l’amour a partager”.

Sal De Riso e Vincenzo Tiri. San Valentino al Sud

Più a sud, invece, mentre il campione della pasticceria campana Sal De Riso ha giocato d’anticipo, regalando a tutte le coppie che vogliono condividere momenti in cucina una lezione sui Dolci dell’amore nel suo bistrot sul lungomare di Minori (ma tutte le creazioni a tema del maestro le trovate dietro al banco del suo nuovo locale fino a domani), è un outsider d’eccellenza dalla Basilicata. Vincenzo Tiri, da Acerenza, è diventato celebre in tutta Italia per i suoi grandi lievitati, panettoni e colombe sempre ai primi posti delle classifiche nazionali. E per San Valentino gioca in casa, con il suo Dolce Cuore: una pasta lievitata a forma di cuore, ricoperta di cioccolato fondente. Spedita in confezione rossa fiammante d’ordinanza. A ciascuno il suo, ricordando che nel frattempo Carnevale continua, e le ricette d’autore non mancano neanche tra frittelle e coriandoli: ecco le interpretazioni che ci hanno regalato Iginio Massari e Sal De Riso.

 

Guido Gobino | Torino| via Cagliari, 15b | www.guidogobino.it

Ernst Knam | Milano | via Augusto Anfossi, 10 | www.eknam.com

Pascal Caffet | Milano | via di San Vittore, 3 | www.pascal-caffet.com

L’Eclair de Genie | Milano | Corso di Porta Ticinese, 76 – Corso Garibaldi, 55 | www.leclairdegenie.it

Pasticceria Bompiani | Roma | largo Benedetto Bompiani, 8 | www.pasticceriabompiani.it

Pasticceria Grué | Roma | viale Regina Margherita, 95 | www.gruepasticceria.it

Sal De Riso | Minori (SA) | via Santa Maria la Neve | www.salderiso.it

Vincenzo Tiri | Acerenza (PZ) | via Antonio Gramsci, 2-4 | www.tiri1957.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Chianti Classico, bilanci e timori del presidente Sergio Zingarelli

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Nei giorni delle Anteprime Toscane incontriamo il presidente del Consorzio del Chianti Classico, Sergio Zingarelli, per fare un bilancio sull'ultimo anno del Chianti Classico, quello del tricentenario, e tracciare la strategia per i mesi futuri.

Per il Consorzio Vino Chianti Classico il 2016 è stato un anno molto denso di iniziative, in Italia e all’estero. A partire dalle celebrazioni internazionali dei 300 anni del bando granducale (1716) di Cosimo III de’ Medici che per la prima volta ha stabilito i confini geografici per la produzione del Chianti, creando i presupposti delle moderne denominazioni. Grande anche la risonanza dovuta al passaggio del Giro d’Italia con la Chianti Classico Stage, la prova cronometro individuale tra Radda e Greve e i tanti eventi collaterali. Ora con Chianti Classico Collection 2017 (13-14 febbraio - Stazione Leopolda – Firenze) nell’ambito delle Anteprime Toscane, si apre il nuovo anno. Abbiamo chiesto a Sergio Zingarelli, patron di Rocca delle Macìe e presidente del Consorzio Vino Chianti Classico che rappresenta il 96% dei produttori Docg, un bilancio delle cose fatte, di quelle da fare ma anche dei suoi timori.

 

Qual è il bilancio dei festeggiamenti per i 300 anni del Chianti Classico e delle altre manifestazioni svolte in Italia e all’estero?

Il bilancio è ampiamente positivo. Il 2016 è stato un anno molto complicato per tutte le iniziative che abbiamo messo in campo ma siamo soddisfatti di come sono andate le cose. L’anniversario del documento più antico delle denominazioni toscane è stato degnamente celebrato a Firenze, nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Abbiamo ospitato una tappa del Giro d’Italia – Chianti Classico Stage - la prima a portare il nome di un vino e poi abbiamo fatto molte manifestazioni all’estero. Insomma nel 2016 si è parlato molto di Chianti Classico nel mondo e stiamo continuando a lavorare per rilanciare il Gallo Nero.

 

Per quanto riguarda la produzione, invece?

Ormai la nostra produzione si è stabilizzata sui 280.000 ettolitri e rispetto al 2009 – l’anno più duro della crisi – registriamo un + 48,5%. Penso che il 2017 sarà un altro anno di grandi sfide ma sarà pure il momento di raccogliere i frutti di quanto abbiamo seminato.

 

Da tempo, insieme alla Fondazione Chianti Classico, state lavorando per l’inserimento del territorio nel “tentative list” dell’Unesco. A che punto è la vicenda?

Da parte nostra c’è il completo accordo di tutti i produttori nostri associati mentre solo il Comune di Gaiole esprime delle titubanze. Pensiamo però che siano delle questioni risolvibili e per questo stiamo lavorando con le istituzioni. La decisione di avviare il percorso in ogni caso c’è.

 

Dopo il gemellaggio di 62 anni fa tra Firenze e Reims, ora è la volta dell’accordo tra Consorzio Chianti Classico e il Comité Champagne. Cosa vi aspettate da questa collaborazione e cosa si aspettano loro?

Innanzi tutto per noi è molto importante l’accordo con un prestigioso organismo interprofessionale come il Comité che rappresenta uno dei più famosi vini del mondo. Ci aspettiamo un proficuo scambio sulla tutela del marchio –sono molto agguerriti in proposito- sulla capacità di governance e in materia di rapporti nella filiera. Poi visto che abbiamo parlato di Unesco, loro hanno già percorso con successo questa strada: vogliamo fare tesoro della loro esperienza. Inoltre credo che in materia di turismo e della sua gestione, ci possano dare dei contributi interessanti. Da parte francese c’è la voglia di capire come ci stiamo muovendo sui diversi fronti e argomenti.

 

Il cambiamento climatico come sta influendo sul Chianti Classico e come pensate di affrontare il tema in futuro?

Intanto stiamo cercando di produrre dei vini più freschi. Oggi la media del tenore di alcol è più bassa di quella che si riscontrava negli anni Novanta. Le maturazioni, anche grazie ai nuovi vigneti, sono più omogenee e in generale la gestione viticola è migliore, più attenta. I vini più importanti hanno gradazioni maggiori ma sono più equilibrati. Nel breve periodo, siamo tranquilli.

 

La creazione del Chianti Classico Gran Selezione è stato una delle novità più rilevanti degli ultimi anni. Come viene accolto e quale bilancio si può fare ?

Personalmente ci ho sempre creduto molto e attualmente il 4% del Chianti Classico prodotto, è Gran Selezione. Nel 2014, primo anno di uscita in commercio, erano 24 le aziende che lo avevano prodotto, ora sono oltre 100. Anche recentemente durante un mio tour in Usa, ho potuto personalmente verificare che viene ben accolto dovunque. A suo tempo è stata una difficile decisione da prendere ma ora sta dando lustro e valore a tutta la denominazione.

 

Un passaggio verso una sempre maggiore qualificazione della denominazione Chianti Classico, sarà quello delle menzioni geografiche aggiuntive (sottozone) previste dalla nostra legislazione. Ne abbiamo già parlato diverse volte. Qual è lo stato dell’arte ?

È un discorso molto difficile e complesso almeno tanto quanto il territorio abbracciato dal Chianti Classico. Voglio dire che ci sono tante variabili di tipo pedoclimatico, comunali, produttive, profili aziendali e ruoli nella filiera diversi, ecc. che rendono complicata la sua formulazione. Ci stiamo lavorando ma credo che ci vorranno ancora 18 mesi prima di arrivare a una soluzione condivisa.

 

Negli ultimi anni è aumentato l’interesse del Chianti Classico nei confronti della Cina, un grande mercato ma ancora ostico per il vino italiano. Come lo sta affrontando il Consorzio?

Io stesso ho partecipato a diverse missioni ma nessuna ha portato risultati interessanti. Bisogna lavorare di più con le istituzioni perché in Cina il problema è che l’Italia è scarsamente conosciuta come il più grande produttore di vino del mondo. La strada è quella dell’informazione e della formazione e noi da soli come Consorzio, non abbiamo la forza. Da qui la necessità di affrontare il problema come Paese. Bisogna tener conto che la distribuzione francese svolge un ruolo di primo piano in Cina e tende a promuovere i suoi prodotti mentre noi siamo un po’ relegati agli alberghi e ai ristoranti frequentati dagli stranieri.

 

Quali sono le strategie?

Già alcune aziende italiane stanno lavorando sul Web cinese e sicuramente è una esperienza da studiare ed approfondire. Comunque crediamo vada aggredito il settore Horeca. Nel frattempo abbiamo registrato la traslitterazione in ideogrammi delle parole Gallo Nero e alla fine del 2017 si concluderà l’iter per Chianti Classico. Ciò permetterà l’utilizzo completo del marchio verbale, Chianti Classico Gallo Nero, in lingua cinese. Un passo avanti per favorire la penetrazione nel mercato.

 

Qualche preoccupazione per il Trump protezionista del vino americano?

Spero non succeda nulla ma un pensiero remoto su un ordine esecutivo in difesa del vino locale contro le importazioni, c’è.

 

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

extraLucca 2017: un weekend all’insegna dell’extravergine di qualità a Palazzo Ducale

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Due giorni dedicati alla cultura olearia italiana, con decine di produttori in arrivo da tutta la Penisola per proporre il loro olio. E poi specialità gastronomiche, verticali di vino e grandi nomi della ristorazione nazionale, da Pier Giorgio Parini a Gabriele Bonci.

L'evento

È arrivata alla quinta edizione la manifestazione che Lucca dedica alla cultura olearia tout court, per approfondire le virtù dell’autentico extravergine artigianale accolti in un salotto d’eccellenza, il Palazzo Ducale. L’iniziativa voluta da Fausto Borella, presidente dell’accademia di Maestro D’olio, ospiterà numerosi produttori d’olio in arrivo dalla Penisola, ma anche tanti chef e artigiani che dall’eccellenza olearia traggono ispirazione in cucina. Un evento che pone ancora una volta l'attenzione sulla centralità dell'oro verde nella nostra dieta e sui suoi benefici. In occasione del festival, come sempre saranno assegnate le Corone, riconoscimenti nel nome di Veronelli e Sauro Brunicardi – storico ristoratore lucchese – con la presentazione della guida Terre d'Olio 2017 presso il Teatro San Girolamo. Con i suoi mille metri quadri di logge e sale affrescate in stile napoleonico, Palazzo Ducale si prepara a ospitare ancora una volta, il 18 e 19 febbraio, una due giorni all'insegna del gusto italiano.

Il programma

Cuore pulsante di extraLucca è la degustazione degli oli dell'anno da diverse regioni, Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Umbria e Veneto. Selezione speciale per gli oli toscani, in onore della terra che ospita l'evento, con tante etichette da diversi territori della regione. Ma non solo olio: disponibili in assaggio anche prodotti a base di extravergine, dal cioccolato alle conserve, dai sott'oli ai patè, tutti acquistabili in un negozio allestito per l'occasione. Spazio anche ai prodotti cosmetici, che mettono in luce tutte le proprietà benefiche e i vantaggi che la nostra pelle può trarre dall'olio di oliva. Fra i diversi appuntamenti del fitto programma della manifestazione, imperdibile è quello con i cocktail a base di extravergine, disponibili presso il bar dell'olio. Con extraFood poi si possono assaggiare tante specialità gastronomiche, dai latticini ai salumi, dal miele alle confetture grazie alla presenza dei piccoli artigiani nella Loggia Ammannati. Non mancheranno, inoltre, le degustazioni di vino e quelle delle Corone Maestro d'Olio, suddivise in tre diverse sessioni e disponibili solo su prenotazione. Un appuntamento speciale è quello riservato alle aziende partecipanti che potranno sottoporre il proprio prodotto al giudizio di esperti assaggiatori, giornalisti e curatori dei premi.

I protagonisti

Fra i volti della manifestazione, Mattia Poggi, giovane chef genovese, Luca Picchi, capobarman del Caffè Rivoire 1872 di Firenze e la chef Monica Bianchessi. E ancora Pier Giorgio Parini, Lorenzo Corino, agronomo ricercatore e autore di diversi libri su viticoltura e olivicoltura, che guiderà una degustazione di olio biologico e biodinamico, e poi Gabriele Bonci. Il panificatore romano, maestro dell'arte bianca, che parlerà per l'occasione di uno degli abbinamenti più classici di sempre, pane e olio. Coinvolto nell'evento anche il nostro Giorgione, che inaugurerà la kermesse olearia. Fra gli ospiti, saranno presenti anche i 12 giurati del Sol d’Oro di Verona, concorso oleario internazionale organizzato da Veronafiere come anteprima di Sol&Agrifood, presieduto da Marino Giorgetti, capo panel del concorso.

I premi

Fra i premi assegnati da Maestro d'Olio, l'olio extravergine di oliva Dop Colline Teatine dell'azienda Trappeto di Caprafico (Abruzzo) si aggiudica il primo posto. A seguire, il Dop Colline Pontine di Villa Pontina (Lazio) e, in terza posizione, il monocultivar di casaliva di Comincioli (Lombardia). Riconoscimento speciale Luigi Veronelli all'azienda agricola La Ranocchiaia (Toscana), mentre il premio Sauro Brunicardi per il miglior ristorante viene assegnato al Bistrot Forte dei Marmi.

extraLucca | Lucca | Palazzo Ducale – San Marco, 1 | dal 18 al 19 febbraio 2017 dalle ore 10.00 alle ore 19.00 | tel. 0583 495164 | www.extralucca.it/it/

a cura di Michela Becchi


Mangiare a Palermo. Guida insolita compilata dai grandi chef

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 A 10 protagonisti del food di Palermo abbiamo chiesto di consigliarci 3 posti in città dove solitamente vanno a mangiare o bere. Et voilà, ecco una guida fatta dagli addetti al settore.

Palermo non è solo pani ca' meusa e sfincione: ci sono moltissimi altri prodotti, dolci e salati, da provare. Per conoscere i migliori indirizzi della città siciliana ci siamo fatti aiutare da alcuni addetti ai lavori: ristoratori, barman, pasticceri e altri operatori della somministrazione a cui abbiamo chiesto i loro tre posti del cuore. Ecco quali sono.

Alberto e Andrea Rizzo – Osteria dei Vespri

In un angolo suggestivo del centro storico di Palermo, fra la Galleria d’Arte Moderna e il palazzo Valguarnera Gangi, c'è l'insegna dalla doppia anima dei fratelli Alberto e Andrea Rizzo, osteria da novembre a marzo (con menu d’impronta territoriale da 25 e 30 euro) e tavola gourmet per i restanti mesi dell’anno. Ecco la loro top tre: Dal Maestro del Brodo, il ristorante pizzeria Arcimboldo all'interno del Tennis Club Palermo 2,“soprattutto per la pizza”, e Trattoria Da Mafone, nel centro storico della città. Il fil rouge dei tre locali è l'utilizzo di una materia prima eccellente. Nel primo indirizzo la cucina la fa il mercato, e non potrebbe essere altrimenti visto che a pochi passi c'è quello della Vucciria. La specialità della casa è il manzo bollito con il suo brodo, ma il banco del pesce all'ingresso fa capire che sul fronte mare non si resta delusi, anzi, si può gustare uno dei migliori pescati della zona:“Imperdibili i loro bucatini con le sarde alla palermitana. Sempre in tema primi piatti, provate Da Mafone la pasta con melanzane, menta fresca, pomodoro e pesce spada”.

La BracieraLa Braciera

Riccardo Spinnato - Antico Caffè Spinnato

La pasticceria Spinnato è sempre un ottimo motivo per fermarsi nel salotto pedonale più bello della città e fare una pausa golosa. Un'insegna nata nel 1860 e che, di generazione in generazione, è passato oggi, con la passione di sempre, dal padre Mario ai figli Roberto e Riccardo. Un locale unico, un luogo speciale capace di accogliere il cliente dal mattino fino a sera con gusto, garbo e gentilezza. Ai lettori del Gambero Rosso Riccardo consiglia: La Braciera, “qui fanno la pizza in assoluto più buona di tutti”, il ristorante Castello a Mare di Natale Giunta, “dove il menu varia ogni due mesi; l'ultimo piatto che mi ha stupito, nonostante la sua semplicità, è la tartare di manzo con stracciatella. Ovviamente c'erano altri ingredienti ma non li ricordo”. E Bricco & Bacco “per la carne eccezionale”. Qui la protagonista è per l'appunto la carne, ma sarebbe meglio dire le carni: tartare di fassona piemontese, filetto di Kobe, fiorentina di chianina e (giocando in casa) stigghiola palermitana.

I PupiI Pupi

Daniele Vaccarella – La Braciera

La Braciera l'abbiamo selezionata anche noi. Quello del suo patron, Daniele Vaccarella, è un nome noto: lui è stato il primo a introdurre nel mondo della pizza palermitana l'uso delle farine integrali, il culto per il lievito naturale e la lunga maturazione. Oggi è docente di pizza acrobatica, di pizza modelling e di pizza gourmet. Sceglie una pasticceria, un ristorante e un locale polifunzionale. Alla Pasticceria Cappello vado a colpo sicuro con la loro Settestrati, una torta con mousse di cioccolato, bavarese alle nocciole, genoise al cioccolato e croccante di cereali”. I maestri pasticceri Salvatore e Giovanni Cappello portano avanti l'azienda partita da una piccola latteria e arrivata oggi ad affermarsi come un baluardo di qualità. Oltre alla pasticceria, hanno anche una scuola di cucina e pasticceria, la Cappello Pastry Academy, il punto vendita centrale di via Garzilli e il Cappello Bistrot, proprio sotto la monumentale Porta Nuova. Secondo indirizzo per Daniele Vaccarella: I Pupi, ristorante a pochi passi dalla settecentesca Villa Palagonia che propone una cucina mediterranea molto gustosa, con interessanti spunti creativi.“Tony (ndr. il patron e cuoco)è un amico e un bravo chef. Tra le altre cose, lavora benissimo il pesce, non perdetevi il crudo con oli aromatizzati in casa e sali dal mondo. Per l'aperitivo, invece, vado spesso a La Rotonda di Casteldaccia, un bar, pizzeria, ristorante, aperto dalla mattina alla sera”.

Ottava NotaOttava Nota

Famiglia Picone - Enoteca Picone

Nata come osteria negli anni Quaranta, oggi è un'enoteca dove si può scegliere tra ben 7000 etichette di vino, con un'attenzione particolare per le bottiglie delle aziende siciliane. C'è vino per chiunque e di qualsiasi prezzo, per accontentare tutta la clientela, anche quella che non ha fretta e si vuole fermare: uno spazio è infatti dedicato ad assaggi e degustazioni periodiche in cui i vini sono accompagnati da salumi e formaggi. Anche la famiglia Picone suggerisce la Pasticceria Cappello, “è sempre un piacere andarci. Le loro sfinci (frittelle)sono perfette, non è da meno la Settestrati. Un ristorante dove andiamo spesso è il Sesto Canto, loro sono garbatissimi, il menu cambia costantemente, con piatti del giorno dagli accostamenti intelligenti e fuori menu che seguono le stagioni, dall'ottimo rapporto qualità/prezzo”. Quasi un gioco di parole: dal Sesto Canto passiamo all'Ottava Nota, il terzo indirizzo suggerito dalla famiglia Picone. “Propongono piatti di ricerca e hanno una carta dei vini interessante”. Sbirciando il menu: In bilico tra terra e mare (Tortino di astice, broccoletti e gelatina di pomodoro); Polp-fiction (zuppa di ceci e polpo); Lo scampo Perepepè (Scampo fritto, pere, taleggio e pepe di giamaica); Calamacco (Macco di fave, calamaretti fritti e ricotta fresca); Il ragù si veste a festa (Pasta ripiena, cime di rapa e sugo di maiale); Cacio pepe e... (Paccheri, pecorino, bottarga e mandorle); Il risotto interessante (Crema di acciughe, lime e cioccolato piccante); Las cocochas del pescador (Guance di rana pescatrice, salsa yogurt, capperi e verza) o Lin-cubo (Cubi di lingua di vitello, sorbetto di senape, olive taggiasche e prezzemolo). Da provare.

Gagini RestaurantGagini Restaurant

Fabio Cardilio – Buatta Cucina Popolana

Su quella che da circa 2000 anni è l'arteria principale della città, dove sin dall'antichità c'erano i locali e i negozi più importanti, si trova la Buatta Cucina Popolana. Qui Fabio Cardilio propone i classici della cucina palermitana con maestria e classe, come le sarde a beccafico, le cozze fritte, l'insalata "vastasa" con sgombro sottolio o lo sfincione bagherese con ricotta Cinisara. Ma veniamo ai suoi consigli. Anche lui, come Daniele Vaccarella, opta per I Pupi, “da provare assolutamente la stigghiola”, a base di budella, solitamente di agnello; la pizzeria Mistral dal 1959 e Gagini Restaurant, locale in una delle zone più antiche e suggestive della città, tra il Porto della Cala e Piazza Caracciolo alla Vucciria. È l'angolo gourmet di Franco Virga e Stefania Milano, che hanno affidato le redini della cucina a Gioacchino Gaglio, giovane e talentuoso chef che sfoggia uno stile creativo partendo da una materia prima impeccabile. “È uno dei migliori locali di Palermo, da lui ho mangiato un maialino dei Nebrodi con composta di mela, cipolla rossa e pasta d’acciuga davvero memorabile”.

Carmelo Sciampagna – Sciampagna

Il giovane pasticcere originario di Marineo ha un curriculum degno di grande rispetto: ha girato il mondo per una importante catena di alberghi, tra Thailandia, Malesia, Repubblica Dominicana, Messico, Brasile e Spagna, si è formato alla corte di Iginio Massari e di Luigi Biasetto, dai quali ha appreso l'importanza del rigore, della pulizia e della precisione nel proprio lavoro, poi è tornato nel paese natio per aprire un locale tutto suo. Oggi questo locale continua a stupire per l'eleganza senza pari nell'esposizione delle sue creazioni, per la pulizia e la cortesia del personale al banco, tra cui la sorella di Carmelo. Anche per lui il primo consiglio ricade su I Pupi, perché? “Fondamentalmente amo la buona cucina e apprezzo la ricerca sulle materie prime che ci sta dietro”. Seguendo lo stesso principio, sceglieTondo, “una giovane pizzeria che lavora con ottime farine, dove il risultato è garantito”, e il Bavaglino, vicino al porticciolo di Terrasini. Qui lo chef Giuseppe Costa cucina ingredienti del territorio con estro. Qualche esempio? Dal Crudo di gambero di Nassa, finocchio croccante e arancia aiCavatelli integrali, calamaretti spillo, broccolo e crema di vastedda (formaggio di latte di pecora di razza Valle del Belice), passando per la Zuppetta di sottobosco e tartufo bianco siciliano, Spuma al limone, molluschi e chips di panella o Ricciola, crema di ceci, cipolla rossa in agrodolce e spuma di Nero D'Avola.

Piccolo NapoliPiccolo Napoli

Andrea Graziano – Fud Bottega Sicula

Sembra un angolo newyorkese, ma è un contenitore di sapori e cucina siciliana: un mix ben riuscito che sa svegliare anche le papille gustative più annoiate. È Fud. Qui hamburger, pizze e sfiziosità sono declinate in un inglese sicilianizzato, che fa scoprire gli ingredienti a chilometro zero o a filiera corta, disponibili anche nel grande banco di gastronomia, salumi e formaggi, dove si preparano panini espressi e taglieri. Abbiamo chiesto ad Andrea Graziano, ideatore e proprietario dell’azienda (nata a Catania), dove va a mangiare in città. “Per il pesce, di ottima qualità, vado nella trattoria storica Piccolo Napoli, nel cuore di Borgo Vecchio alle spalle del Teatro Politeama: provate la frittura e i gamberi crudi”. Per il secondo indirizzo sceglie una pizzeria, la Tredicisette, “un locale dove usano prodotti molto buoni e il servizio è ineccepibile”. Anche lui sceglie Il Bavaglino “lo chef, giovanissimo, propone una cucina ricercata, senza stravolgere le materie prime”. Parla di Giuseppe Costa, un talento, magari defilato dal fragore mediatico di trasmissioni tv e piazze cittadine, che però merita assolutamente il viaggio per passione e bravura. Alcuni dei suoi piatti ve li abbiamo già raccontati (vedi sopra).

Fud Bottega SiculaFud Bottega Sicula

Alessio Vabres – Caffè di Sanlorenzo

Sanlorenzo è un mercato coperto all'interno di un'ex fabbrica di agrumi che raccoglie in modo rappresentativo le più belle realtà enogastronomiche della Sicilia: 2800 prodotti genuini da 250 produttori, tutti siciliani. E poi botteghe, artigiani all'opera, tavole informali. L'atmosfera è quella di un mercato di paese, con quanto ne deriva in termini di genuinità e rapporti con il cliente. In questo contesto, non poteva mancare un bar. Ci ha pensato Alessio Vabres, proprietario dell'omonimo bar nel centro di Palermo, a proporre un'ampia scelta fra miscele della torrefazione locale Histo Caffè e monorigini specialty tostati dal più volte campione italiano di roasting Rubens Gardelli. Un bar di ricerca, dunque, che da tempo sta conquistando i clienti del luogo e i turisti in visita alla città. Ma veniamo ai suoi locali del cuore. Uno è proprio Fud, “qui prendo sempre lo Shek Burger, con carne di asino di Chiaramonte Gulfi, in provincia di Ragusa”. A completare il tutto, pomodoro, insalata mista, mozzarella di bufala affumicata, funghi saltati in padella, cipolla di Giarratana in agrodolce, barbechiù sous, maionese, pepe.“Vado spesso anche alla Locanda del Gusto, dove i due giovanissimi chef sono molto bravi, soprattutto con il pesce. Provate il baccalà in viaggio. E al Pizzicotto dove la pizza è digeribile e gli ingredienti sono selezionati”.

Antica Focacceria San FrancescoAntica Focacceria San Francesco

Giovanni Lo Verde – Antica Focacceria San Francesco

È stata e continua a essere l'ambasciatrice del cibo siciliano, in particolare dello street food. Ormai l'insegna vanta succursali in giro per l'Italia, ma la casa madre rimane a Palermo, in uno spazio incredibilmente suggestivo sia nella sala interna che nella piazzetta. Ed è un valido approdo per uno spuntino o un pasto all'insegna della tradizione siciliana. Si può infatti pescare tra gli Schiticchi (piatti misti di panelle, cazzilli di patate, sarde a’ beccaficu o arancinette) o dal menu, dove la scelta è più ampia. Pensiamo alle busiate di farina integrale dei grani antichi siciliani Timilia e Russello all'anciova, ovvero con acciughe, uvetta passita delle Eolie, pinoli, concentrato di pomodoro e mollica di pane tostato; agli aneletti al forno con ragù, piselli e besciamella, oppure al trancio di spada alla pantesca con olive, pomodorini, capperi, peperoncino e menta fresca. Ma veniamo ai consigli del Direttore della sede di Palermo Giovanni Lo Verde:Frida perché la pizza è buona e digeribile, così come quella dei Tre Porcelli, che è sia ristorante che pizzeria. Qui merita anche la loro pasta con i broccoli. E Ferro di Cavallo per l'ottimo street food, da provare la caponata di melanzana”. Ovviamente nel menu anche altri classici: panelle, pani ca' meusa, stigghiole alla palermitana, pane cunzato o quarume.

Adriano Rizzuto – Close

Classe 1982, Adriano Rizzuto ha alle spalle una gavetta nordica, dapprima a Torino, dietro al bancone del bar del fratello, poi a Milano, in cui conosce Miguel, un barman cubano che gli trasmette la passione per il mondo della mixology, e infine a Londra, dove lavora nei migliori locali con Nicolas Saint Jean, fondatore dell’European Style del Bartending Europeo. Al termine di tanti giri, Adriano, torna nella sua Palermo, che non ha mai dimenticato. A lui si deve l'apertura del Close, un locale dall'atmosfera londinese, dove ha dato spazio a distillati poco conosciuti e consumati in Sicilia, puntando anche sulla valorizzazione dei prodotti del territorio, primi tra tutti gli agrumi. Anche per lui tre posti: “Il ristorante del Palazzo Branciforte, perché Gaetano (ndr. Billeci) oltre a essere un amico, è uno dei migliori chef di Palermo. Con i suoi antipasti mi fa sempre divertire. Per gli altri due indirizzi seguo il mio amore per la rosticceria - non ditelo alla mia compagna! - per le pizzette calde, quelle rustiche, vado sempre al Bar Lucy, che ne sforna in continuazione ad ogni ora del giorno, per le arancine sicuramente da Oscar Pasticceria”.

 

GLI INDIRIZZI SCELTI DAGLI CHEF

RISTORANTI e TRATTORIE

Il Bavaglino | Terrasini (PA) | Lungomare Peppino Impastato, 2 | tel. 091 8682285 | www.giuseppecosta.com

Bricco & Bacco | Monreale (PA) | via B. D'Acquisto, 13 | tel. 091 6417773 | www.briccoebacco.it

Castello a mare - Natale Giunta | Palermo | via Filippo Patti, 2 | tel. 345 0743095 | www.natalegiunta.it/ristorante

Da Mafone | Palermo | via Judica, 22 | tel. 3388862268

Dal Maestro del Brodo | Palermo | via Pannieri, 7 | tel. 091 329523

Ferro di Cavallo |Palermo |via Venezia, 20 | tel. 091 331835 | www.ferrodicavallopalermo.it

Fud | Palermo | Piazza Olivella, 4 | tel. 091 6112184 | www.fud.it

Locanda del Gusto | Palermo | via Vittorio Emanuele, 316 | tel. 091 326498

Ottava Nota | Palermo | via Butera, 55 | tel. 091 6168601 | www.ristoranteottavanota.it

Palazzo Branciforte | Palermo | via Bara All'Olivella, 2 | tel. 091 321748 | www.ristorantepalazzobranciforte.it

Piccolo Napoli | Palermo | Piazzetta Mulino a Vento, 4 | tel. 091320431 | www.trattoriapiccolonapoli.it

I Pupi | Bagheria (PA) | via del Cavaliere, 59 | tel. 091 902579 | www.ipupiristorante.it

La Rotonda di Casteldaccia | Casteldaccia (PA) | via della Rotonda, 8 | tel. 091 953717 | www.larotondacasteldaccia.it

Sesto Canto | Palermo | via Sant'Oliva, 26 | tel. 091 324543

PIZZERIE

Arcimboldo | Palermo |via San Lorenzo 13/A | tel. 091 6887596 | www.arcimboldopizzeria.it

La Braciera | Palermo | via San Lorenzo, 6b | tel. 091 6885444

Frida | Palermo | Piazza Sant'Onofrio, 37 | tel. 091 5505440 | www.fridapizzeria.it

Mistral dal 1959 | Palermo| via Bordonaro, 30 | tel. 091 6372285

Pizzicotto | Palermo | via Resuttana, 464 | tel. 091 513827

Tondo | Palermo | Piazza Ignazio Florio angolo via P.pe di Granatelli | tel. 091 328254

Tre Porcelli | Palermo | via Ausonia, 83 | tel. 091 511561

Tredicisette | Palermo | via Siracusa, 20 | tel. 091 322366 | www.tredicisette.com

PASTICCERIE e ROSTICCERIE

Pasticceria Cappello | Palermo | via Colonna Rotta, 68 | tel. 091 489601 | www.pasticceriacappello.it

Bar Lucy | Palermo | via Francesco Crispi, 256

Oscar Pasticceria | Palermo | via Mariano Migliaccio, 39 | tel. 091 682 2381 | www.oscarpasticceria.it

LA NOSTRA SELEZIONE

Antica Focacceria San Francesco | Palermo | via A. Paternostro, 58 | tel. 091 320264 | www.anticafocacceria.it

Antico Caffè Spinnato | Palermo | via Principe di Belmonte, 107/115 | tel. 091 329220 | www.spinnato.it

Close | Palermo | via Ricasoli, 26 | tel. 349 194 6766

La Braciera | Palermo | via San Lorenzo, 6b | tel. 091 6885444

Buatta Cucina Popolana | Palermo | via Vittorio Emanuele, 176 | tel. 091 322378 | www.buattapalermo.it

Fud Bottega Sicula | Palermo | Piazza Olivella, 4 | tel. 091 6112184 | www.fud.it

Enoteca Picone | Palermo | via G. Marconi, 36 | tel. 091 331300 | www.enotecapicone.it

Osteria dei Vespri | Palermo | Piazza Croce dei Vespri, 6 | tel. 091 6171631 | www.osteriadeivespri.it

Sanlorenzo Mercato | Palermo | via San Lorenzo, 288 | tel. 091 6720288 | www.sanlorenzomercato.it

Sciampagna | Marineo (PA) | via Agrigento, 17 | tel. 091 8727508 | www.pasticceriasciampagna.it

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Guide ai ristoranti in città indicati dai grandi chef:

Mangiare a Milano

Mangiare a Napoli

Mangiare a Firenze

Mangiare a Torino

Mangiare a Roma

Mangiare a Venezia

 

Libri da gustare premia Vito con i suoi. A Sanremo il riconoscimento per il volto di Gambero Rosso Channel

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Al Casinò di Sanremo torna la rassegna Libri da gustare, quattro appuntamenti all'insegna dell'editoria enogastronomica ideato da Claudia Ferraresi e promosso dalle associazioni Ca dj’Amis e Ristoranti della tavolozza. Primo appuntamento venerdì 17 febbraio.  

Promuovere l'editoria gastronomica

Lasciatosi alle spalle la kermesse canora, Sanremo si appresta a ospitare per il ventesimo anno consecutivo Libri da gustare, rassegna ideata da Claudia Ferraresi con l'obiettivo di promuovere l'editoria enogastronomica. Critica d’arte, pittrice e donna del vino, la Ferraresi è stata per oltre trent’anni promotrice dei paesaggi vitivinicoli di Langhe e Roero nel mondo, contribuendo al riconoscimento del valore di Patrimonio Mondiale da parte dell'Unesco nel 2015. Personalità eclettica e antesignana, ha promosso nel 1975 l’associazione culturale Ca dj’Amis e a partire dalla metà degli anni Ottanta, ha organizzato Le tavole della cultura, promuovendo eventi e iniziative sull’enogastronomia. Ha creato nel '90 l’associazione I Ristoranti della Tavolozza, raccogliendo le esperienze di un gruppo selezionato di professionisti dell’accoglienza e della cucina di territorio, ha collaborato con La Stampa, diretto la collana Cibo di carta. E ideato, per l'appunto, Libri da gustare.

Libri da gustare

Ogni anno Libri da gustare premia 8 libri - scelti da una commissione composta da giornalisti, librai, chef, critici e semplici appassionati di cucina - suddivisi in tre categorie: Cultura del cibo, Cultura del vino e del bere e Il cibo in letteratura, narrativa che prende in prestito tematiche del food per sviluppare il racconto o caratterizzarlo in modo evidente. Ecco i premiati e il calendario di quest'anno:

Venerdì 17 febbraio
Pasta revolution. La pasta conquista l'alta cucina - Eleonora Cozzella, Giunti editore
Non si piange sul latte macchiato - Bruno Gambarotta, edizioni Manni

Venerdì 3 marzo
La Barbera è femmina. Viaggio non solo sentimentale alla scoperta del vino e di un'Italia che cambia - Marzia Pinotti, edizioni Estemporanee
I Signori del vino - Marcello Masi e Rocco Tolfa, edizioni Rai Eri

Venerdì 17 marzo
Vito con i suoi - Stefano Bicocchi, edizioni Gambero Rosso
Il rovo di bosco. Racconti e ricette per i sensi e per l'anima - Elisa Caimi, edizioni Eventualmente

Venerdì 7 aprile
Storia moderna del vino italiano - Valter Filipputi, edizioni Skira
Il Decamelone. 100 ricette con zucche, zucchine, meloni - Anna Ferrari, Blu edizioni

Vito con i suoi di Stefano Bicocchi

Menzione speciale per il libro di Stefano Bicocchi, meglio conosciuto come Vito. Da qualche tempo con lui, in tv su Gambero Rosso Channel, c'è tutta la famiglia: il papà Roberto è un cuoco in pensione, la mamma sforna manicaretti da una vita, Lorenzo, il più giovane del gruppo, ha ereditato la passione per il cibo, e frequenta l'alberghiero. Una scanzonata famiglia di buongustai, come se ne troverebbero molte bussando alla porta delle case emiliane, che si diverte e mangia bene, condividendo trucchi e segreti della cucina della tradizione regionale davanti ai fornelli. Tutte le ricette sono confluite nel libro, omonimo, Vito con i Suoi, edito da Gambero Rosso.

Libri da gustare | dal 17 febbraio al 7 aprile | tutti gli incontri si svolgeranno presso la Sala Biribissi del Casinò di Sanremo con inizio alle ore 17.30

Vito con i Suoi | di Stefano Bicocchi, foto di Giovanni Bortolani | Gambero Rosso, 2016 | 151 pp. | 18 euro | www.gamberorosso.it/it/store/libri-e-guide/ricette-dintorni/vitoconisuoi-detail


 

Opportunità di lavoro nel mondo del food. Tra turismo, ospitalità e franchising

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Sono diverse le alternative sul piatto di chi può vantare competenze professionali nel mondo del food & beverage e dell'ospitalità. Si cercano chef, aiuto cuochi, camerieri, maitre, responsabili di sala, bartender. La carica di Club Med e le grandi catene della ristorazione informale, da Rossopomodoro ad America Graffiti. 

Lavorare da chef

Riparte da Club Med la ricerca di chef e addetti ai lavori del settore gastronomico sulle pagine del Corriere della Sera. La rubrica inaugurata qualche settimana fa dalla testata nazionale, affidata alle cure di Aldo Cazzullo e battezzata dalla lettera manifesto di Oscar Farinetti, continua a inseguire risposte concrete al problema della disoccupazione giovanile dilagante. E ancora una volta, con l'offerta del noto tour operator francese radicato in molti paesi del mondo, incrocia il percorso della formazione specializzata nel food & beverage, che riveste un ruolo tutt'altro che marginale per l'industria dell'intrattenimento e il settore dell'ospitalità alberghiera. E infatti, in previsione dell'apertura di almeno tre strutture turistiche ogni anno a partire dal 2018, e del costante perfezionamento di quelle esistenti, il gruppo è in cerca di oltre 300 figure addette all'ospitalità e manager, da impiegare nei resort tra Italia, Grecia e Portogallo con l'inizio della nuova stagione. Nello specifico Club Med seleziona chef de partie, demi chef, pasticceri, barman e sommelier, e, sin dalla primavera alle porte richiede figure manageriali nei ruoli di food&beverage manager, chef patissier, responsabile ristorante, assistente responsabile ristorante, responsabile bar. E del resto, con l'estate che si avvicina, la macchina del turismo si muove per reclutare nuove leve, portando un po' di respiro, seppur a scadenza, nel mondo occupazionale in affanno.

 

Offerte di lavoro dal mondo del turismo

La figura dello chef, anche allargando lo sguardo a un orizzonte più ampio, continua a essere tra le più richieste (mentre in parallelo un sondaggio degli ultimi giorni sancisce che i giovani sono affascinati dal mestiere di chi lavora in cucina, seppur ancora per i motivi sbagliati): come dimostrano le sessioni di job recruiting in corso nelle principali città italiane – il prossimo appuntamento è a Roma, dal 15 al 17 marzo – il turismo si prepara a offrire migliaia di opportunità di lavoro. Maitre, chef, hotel manager, principalmente. E con un livello di preparazione all'altezza di standard di ospitalità che veleggiano al rialzo. Chi cerca nel settore? Obiettivo Tropici per l'inserimento di 600 giovani in oltre 70 strutture turistiche nel mondo, Accor con offerte sul territorio italiano, Hilton Worldwide, con qualche decina di posizioni di prestigio in Italia, America Latina, Cina.

 

Emilia Romagna: il boom del franchising

Per altro verso, le offerte di lavoro nel settore food & beverage arrivano dalle grandi catene della ristorazione e dell'industria agroalimentare. Con riferimento specifico all'area emiliana e alla città di Bologna, dove nei prossimi mesi si sommeranno gli interessi di grandi marchi avviati a moltiplicare i propri presidi sul territorio. In questo caso le figure più richieste vanno dai cuochi ai camerieri, fino ad arrivare a banconisti da un lato o direttori alla vendita dall'altro. Coinvolti Roadhouse Grill, RossopomodoroAmerica Graffiti, che diversamente interpretano la ristorazione fast food e sono in procinto di moltiplicare i punti vendita nell'area emiliana. Come Lindt, o Camst, con il franchising tra i settori di business che continua a crescere di più.  

 

a cura di Livia Montagnoli

Romeo e Giulietta aprono a Roma. Cristina Bowerman presenta il progetto in video

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Sta per aprire il nuovo format ristorativo firmato Bowerman-Spada: un megalocale incastonato dentro il colle Aventino già sede di una concessionaria di automobili, curiosa coincidenza che crea una continuità rispetto al vecchio locale omonimo di Prati, nato dentro una ex officina. Questo incredibile spazio di 2000 metri quadrati ospita ristorante, pizzeria, forno, gastronomia, gelateria. E ora sta per aprire i battenti.

2000 metri quadrati, una capienza di 500 persone sedute e circa il doppio in piedi, 27 metri di bancone di cui 19 solo per il cocktail bar con 34 sedute, 2 forni per la pizza (uno per la romana e uno per la napoletana), 2 per il pane e altri 5 per altre preparazioni, 3 cucine, più di 300 padelle, 1 griglieria, 2 salette private, 1 sala convegni perfettamente cablata, 1000 metri di laboratori e spazi di servizio, 3 aree distinte ma comunicanti, 54 casse audio, 120 chilometri di cavi elettrici e 33 chilometri di cavi Lan “necessari per gestire i controlli remoti”spiega Fabio Spada “tutto è regolato da iPad: impianto di climatizzazione, luci, audio, allarme, aperture delle porte e perfino il citofono” con un imponente impianto di domotica che tocca ogni area. Non solo: le zone delle cucine e dei forni sono tutti collegati direttamente con videocamere attraverso le quali i cuochi e i pizzaioli, se ne sentissero l'esigenza, possono confrontarsi direttamente con i consulenti e con Cristina Bowerman, per risolvere in tempo reale qualsiasi dubbio si presentasse.

A voler usare il linguaggio dei numeri per raccontare il nuovo Romeo della coppia Cristina Bowerman-Fabio Spada si riesce forse più facilmente a dare un'idea di questo progetto: un colosso della ristorazione. Dove, per una volta, il binomio quantità-qualità non entra in contrapposizione ma si rafforza con un cortocircuito felice. Siamo andati a visitare il cantiere poco prima della fine dei lavori e abbiamo chiesto a Cristina Bowerman e Fabio Spada di presentarcelo.

 

 

Questo superlocale nasce dall'esperienza, ormai conclusa, di via Silla (300 metri quadri nel quartiere Prati, che a breve riapriranno sotto l'insegna ormai multinazionale di Birra del Borgo): “avevamo bisogno di più spazio”, dice la Bowerman. dice la Bowerman. E che spazio: "un locale di 2000 metri quadrati disegnato da Andrea Lupacchini, architetto di fama con abbiamo ormai un rapporto consolidato in più di 10 anni di felice collaborazione". Lo hanno trovato, questo spazio, a piazza dell'Emporio a Testaccio, terzo vertice di un triangolo ristorativo che conta già Glass Hosteria a Trastevere, Cups (banco del mercato di Testaccio che unisce alla gastronomia anche panini d'autore, gelati artigianali e gustose proposte cucinate per il pranzo), più alcuni food truck che girano per a città. Tutto elaborato sull'ordito della cucina di Cristina Bowerman. 

 

Romeo&Giulietta

È un locale molto suggestivo, incagliato sotto (o meglio, dentro) l'Aventino, “in quelle che si dice fossero delle saline ”dice la Bowerman, nella parte del colle che si spinge verso il Tevere da via Marmorata, nei locali che erano di un concessionario di automobili. Uno spazio di grande impatto, che lo sarà ancora di più nei mesi a venire:“verrà costruito un giardino pensile di copertura che ricucirà lo strappo tra i cipressi presenti sulle mura perimetrali del locale fino all'inizio colle Aventino” anticipa Fabio Spada “come da progetto originario dell'immobile del 1956 ma mai realizzato”. A completare così anche l'area esterna (sia di fronte al locale che sopra), che lascia intuire enormi potenzialità, complici la meravigliosa vista che si gode dalle pendici dell'Aventino.

Ora lì un dream team (oltre a Cristina Bowerman e Fabio Spada, in società anche il pastaio gragnanese Giuseppe Di Martino e il giornalista Antonio Scuteri) è pronto a tenere a battesimo questo grande progetto dopo mesi di lavori e, soprattutto, di intoppi burocratici di ogni sorta (dall'amministrazione municipale ai fornitori di utenze alla Sovrintendenza) inevitabile compagnia delle iniziative imprenditoriali capitoline, “spesso la riuscita o meno di un progetto e i suoi tempi di realizzazione” ci dice Spada “sono rimessi alla responsabilità personale di ogni singolo funzionario, senza poter contare su procedure e tempistiche certe”. Ora che Romeo sta per vedere la luce facciamo il punto di cosa troverà chi, tra qualche giorno entro marzo, varcherà le porte di piazza dell'Emporio.

romeo

C'è il ristorante-forno-gastronomia che replica, amplificandolo, il format di via Silla. Con la parte aperitivo all'ingresso, discosta da quella del ristorante vero e proprio, più riservata e con la possibilità di modulare gli spazi attraverso pareti mobili e salette private. E se questa area si chiama Romeo, la pizzeria (che vanta anche la consulenza dei fratelli Salvo da Napoli per la pizza in stile napoletano e Marco Lungo per quella alla romana) non poteva che chiamarsi Giulietta. Separati ma comunicanti attraverso un'enorme porta a tutta altezza e caratterizzati da elementi architettonici diversi, firmati da Andrea Lupacchini come l'intero locale. L'architetto, con cui si conferma la lunga collaborazione, ha studiato elementi mobili verticali a riempire i soffitti altissimi, tra i 5 metri e mezzo e i 7 nella parte più interna. Separata del tutto, invece, la gelateria Frigo, che dopo l'avvio su ruote e la prima sede stabile al mercato di Testaccio, trova ora una terza location più tradizionale.

Modulare negli spazi, con nicchie e spazi da gestire secondo le esigenze, ma anche nella proposta gastronomica: aperto dal mattino per una colazione tardiva, fino a tarda sera, Romeo ha un'offerta che unisce alla gastronomia - con grandi salumi, formaggi d'autore, specialità alimentari – una proposta di assaggi e finger food creati dalla Bowerman in abbinamento ai cocktail, ci sono poi due carte diverse, per il pranzo e per la cena. La prima, più smart e veloce, conta una decina di piatti da raggruppare, volendo, in percorsi di degustazione a scalare, da due piatti in su. La sera c'è un menu più ampio, organizzato per ingrediente: verdure, carne, pesce, senza la tradizionale scansione tra antipasti, primi e secondi. Duplice proposta anche per la pizza: napoletana e romana, con antipasti ad hoc che seguono lo stile della pizza, come frittatine di pasta e supplì, topping elaborati e preparati nella cucina dedicata, griglia sullo stile di Etxebarri. Ma per avere ben chiara tutta la proposta, occorrerà attendere ancora qualche giorno.

 

Romeo | Roma | piazza dell'Emporio, 28 | tel. 06 32110120 | www.romeo.roma.it

Giulietta | Roma | piazza dell'Emporio, 28 | tel. 06 45229022 | www.giuliettapizzeria.it

Frigo | Roma | via Marmorata, 30 | tel. 45229045 | http://www.frigogelato.it/

 

a cura di Antonella De Santis

 

Carnevale in Toscana lungo la costa. Le tradizioni di Viareggio, Follonica e Piombino

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Un viaggio lunga la costa toscana tra Viareggio, Follonica e Piombino alla scoperta di tradizioni e dolci tipici del Carnevale. E non solo quelli.

Carnevale in Toscana

Non si può apprezzare il Carnevale con il suo folklore, le sue sfilate, la sua musica e le sue maschere di cartapesta se non si è assistito almeno una volta a quello di Viareggio, in provincia di Lucca. Parate in grande stile e tradizioni antiche caratterizzano questo periodo dell'anno, e non solo nel territorio viareggino. La festa è sentita fortemente in tutta la regione, testimonianza ne siano le molte maschere, di diverse epoche, simbolo di questa terra come Stenterello, fra i più noti protagonisti del Carnevale toscano, fiorentino di umili origini cresciuto fra difficoltà e stenti, il re Giocondo che declama in rima gli avvenimenti più significativi dell'anno e Ondina, ragazza in costume anni '30 simbolo delle spiagge e del divertimento estivo. Poche sono le maschere dalla storia antica, così come non tantissime sono le ricette tipiche di questo periodo, molte condivise con altre regioni della Penisola. Lungo la costa, sono tre le località principali dove il Carnevale trova la sua massima espressione, anche nella pasticceria: Viareggio, Follonica (Grosseto) e Piombino (Livorno).

 

Carnevale di Viareggio

Viareggio: 144 anni di storia per un mese di feste

È datata 1873 la prima sfilata di carrozze addobbate a festa nella storica Via Regia, nel cuore della città vecchia. Era la prima edizione di quel grande spettacolo che è oggi il Carnevale di Viareggio, che molti anche fuori dalla Toscana conoscono perché da anni viene trasmesso in diretta televisiva il Martedì Grasso. La festa è nata per l'iniziativa di un gruppo di giovani del caffè del Casinò che per primi hanno iniziato a celebrare il Carnevale, da lì, poi, si è sviluppata la festa così come oggi la conosciamo. È un momento di condivisione e coesione fra la gente del luogo che, a partire dal 1921, ha anche una sua canzone, la Coppa di Champagne, che inaugura ogni anno i festeggiamenti: un mese intero di feste diurne e notturne, sfilate di carri mastodontici, feste rionali, veglioni in maschera e rassegne di ogni genere: questo il programma del Carnevale di Viareggio.

I dolci di Viareggio: cenci e frittelle di riso

Da Nord a Sud, il dolce carnevalesco per antonomasia è la chiacchiera (o frappa) e Viareggio non fa eccezione. Anche qui le sfoglie fritte sono un classico intramontabile, nella versione tradizionale oppure nelle tante varianti golose come quelle con il miele o il cioccolato, fritte o cotte al forno. Ma il Carnevale a Viareggio è anche sinonimo di cenci (o donzelline o nastrine di monache), frittelle molto simili alle chiacchiere ma che si differenziano per l'aggiunta di Vin Santo (che però oggi molto spesso viene omesso). Nonostante i cenci siano nati in occasione del Carnevale, nei forni e nelle pasticcerie toscane è oggi possibile trovarli tutto l'anno, semplici oppure farciti con marmellata o cioccolato.

 

Chiacchiere

Ci sono poi le castagnole, golose palline di pastella fritte, sempre più farcite con vari ripieni, dalla ricotta alla crema pasticcera, anche queste comuni a tutte le regioni. Ci sono poi le frittelle di riso, la più viareggina delle ricette: si tratta di riso cotto nel latte con lo zucchero e un po' di scorza di limone che, una volta pronto, viene mescolato con altri ingredienti (farine, tuorli, albumi montati a neve) fino a formare un composto morbido e compatto, suddiviso poi in palline schiacciate e fritte. Da Patalani, una delle pasticcerie più rinomate della città e premiata con le Due Torte dalla nostra guida Pasticceri&Pasticcerie 2017, si trovano poi anche le ondine, una specialità creata da Roberto Patalani. Una sorta di chiacchiera ma più friabile, lievitata in maniera diversa. Come? “Questo non posso rivelarlo”, perché la ricetta è segreta e Roberto la custodisce gelosamente.

 

Frittelle di Riso

Dove comprare le frittelle di riso

Patalani | Viareggio (LU) | via Zanardelli, 183 | tel. 058 447279 | www.facebook.com/PasticceriaPatalani/

Follonica: il Carnevale Maremmano e il rogo del Re Carnevale

Bagnata dal Mar Tirreno, Follonica, in provincia di Grosseto, è una delle mete turistiche più gettonate in Toscana durante la stagione estiva. Ma vale la pena visitarla anche in occasione del Carnevale, una festa che qui viene celebrata da 107 anni. Era il 5 febbraio 1910 quando il primo veglione carnevalesco prese vita nella città al ritmo di un'orchestra che suonò dalla sera fino all'alba. Arrivarono poi verso la seconda metà degli anni '20 i carri e le maschere, che sfilarono in piazza a suon di musica. Nel 1949 nacque il Carnevale Maremmano, che aveva come protagonista assoluto Luigi Saragosa, oggi conosciuto come Gigi del Golfo, un personaggio diventato negli anni il simbolo del Carnevale di Follonica. I carri, per questa grande festa, si ispiravano a fatti e personaggi di Grosseto, Massa Marittima, Punta Ala, Castiglione della Pescaia e naturalmente Follonica, ma la tradizione fu breve: terminò, infatti, nel '62. Quello follonichese invece continua, con bande musicali, mascheroni in cartapesta e tanti carri. Al termine della terza domenica di sfilata, viene bruciato sulla spiaggia antistante Piazza XXV Aprile il Re Carnevale, il cui rogo segna la fine dei festeggiamenti.

I dolci di Follonica: il castagnaccio e la torta con l'ingrediente segreto

Durante il Carnevale, anche a Follonica frappe e castagnole la fanno da padrone sui banchi delle pasticcerie, ma una gita nella località tirrenica è un'ottima occasione per provare anche dolci tipici locali presenti tutto l'anno e perfetti anche per la festa di Carnevale. Come il castagnaccio, diffuso un po' in tutta la regione e presente anche in Veneto, Piemonte e Lombardia con diverse varianti. Castagne, uvetta, pinoli, noci, rosmarino e farina di castagne vanno a comporre questa specialità golosa e unica nel suo genere. Spazio anche ai ricciarelli, tipici di Siena ma molto popolari anche a Follonica: piccole paste di marzapane con canditi e vaniglia cotte al forno, rivestite di zucchero a velo e poggiate su un foglio di ostia. Alla pasticceria Peggi infine, insegna storica della cittadina attiva dagli anni '70, si può assaggiare la torta Follonica, marchio registrato dalla famiglia Peggi, che ha dedicato questa creazione alla sua terra. Un guscio di pasta frolla ripieno di crema pasticcera, uvetta sultanina e pandispagna, più un ingrediente segreto. Perché come nelle migliori tradizioni di famiglia, anche in questo caso la ricetta resta fra le mura del laboratorio.

 

Torta Follonica

Dove comprare la torta Follonica:

Pasticceria Peggi | Follonica (GR) | via della Repubblica, 1 | tel. 0566 53704 | pasticceriapeggi.it/

Piombino: il Cicciolo e il ruolo del vino

In provincia di Livorno, Piombino conta circa 34mila abitanti e quasi un secolo di storia di festeggiamenti per il Carnevale. Qui, fino all'inizio degli anni '90, la manifestazione si è contraddistinta per la sfilata di carri allegorici in rappresentanza dei vari rioni; dal 1993 invece l'evento è stato notevolmente ridotto, pur conservando il suo fascino retrò. Dobbiamo attendere il 2008 perché il Carnevale di Piombino così come oggi lo conosciamo risorgesse grazie al lavoro della Pro Loco locale, che si è impegnata a ripristinare la vecchia tradizione delle parate con le maschere. Protagonista della festa è da sempre il Cicciolo, pupazzo che rappresenta il Re del Vino. Una maschera che subisce lo stesso destino di Gigi del Golfo a Follonica, ovvero essere bruciata in un rogo il Martedì Grasso, a simboleggiare la fine della festa.

I dolci di Piombino: bombette e cannolo con la meringa

Chiacchiere – qui chiamate fiocchi di Carnevale – e cenci: sono queste le specialità principali disponibili nelle pasticcerie di Piombino, comuni a tutta la regione. Lo storico laboratorio Biondi Sergio propone poi anche delle bombette fritte ripiene di crema pasticcera, “una sorta di bignè vuoto all'interno, anche se l'impasto è diverso”. Ci sono poi le prelibatezze dolci presenti tutto l'anno come i cantucci, e poi un dolce unico nel suo genere, specialità di Biondi Sergio. Si tratta del cannolo di pasta sfoglia ripieno di meringa, “una mia creazione di tanti anni fa: potete trovarla solo da noi”.

 

Bombette

Dove comprare il cannolo con la meringa:

Biondi Sergio | Piombino (LI) | via XXV aprile, 40 | tel. 0565 224232

a cura di Michela Becchi

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