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Pizzerie d'Italia 2017. Pierluigi Fais di Framento

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L'insegna è nata da poco ma ha già conquistato il palato di tutti: è Framento, pizzeria di Cagliari che ha da subito colpito critici gastronomici e appassionati gourmet. Tanto da essere segnalata nella guida Pizzerie d'Italia 2017 del Gambero Rosso con i Tre Spicchi, massimo punteggio.

È passato appena un anno da quando Pierluigi Fais si è trasferito nel capoluogo sardo con l'idea di aprire un bistrot moderno, che aprirà i battenti a fine febbraio 2017. Nel frattempo, insieme alle sorelle Chiara ed Elisabetta, ha dato vita a una pizzeria basata su materie prime di grande qualità e lunghe lievitazioni. E così, mentre il progetto per l’apertura del ristorante va avanti, Pierluigi e le sue sorelle gestiscono questo locale, divenuto in breve un riferimento della pizza italiana a Cagliari, che al suo esordio nella guida Pizzerie d'Italia 2017 ha già ricevuto i Tre Spicchi, massimo riconoscimento.

Come nasce l'attività?

Abbiamo aperto il 15 dicembre 2015 senza tante pretese. In realtà, questo progetto è nato per caso e un po' per gioco: volevo aprire un ristorante, un bistrot moderno, ma i tempi si sono prolungati e così, insieme alle mie sorelle, nell'attesa abbiamo deciso di creare una pizzeria, dapprima affidandoci a un pizzaiolo professionista, poi mettendoci in prima linea nella preparazione.

Come hai imparato a fare la pizza?

Nasco come chef e sono da sempre appassionato di cucina. Ho imparato in questi mesi seguendo il pizzaiolo e facendo tanta ricerca. E poi ho anche seguito dei corsi. A oggi, posso ritenermi soddisfatto del prodotto.

Con chi?

Stefano Pivi e Sandro Cubeddu.

E tu tieni dei corsi di cucina o per aspiranti pizzaioli?

No, non è il mio compito. Sono contento di aver imparato a fare la pizza e sono orgoglioso del mio prodotto, ma non mi sento in grado di insegnare. Per quello, ci sono i maestri pizzaioli ed è giusto che siano loro a formare le nuove leve.

Quanti siete in tutto?

Siamo 3 in cucina e altri 3 in sala.

Qual è la vostra specialità?

La Napoli. Poi abbiamo altre pizze speciali che cambiano a rotazione, sempre con ingredienti freschi di stagione. Però la più richiesta e apprezzata, però, è la classica Napoli.

Cosa caratterizza la vostra pizza?

Utilizziamo solo il lievito madre – da qui il nome Framento, dal termine sardo frammentu che indica, appunto, la pasta madre – e lasciamo lievitare l'impasto per 24 ore.

Che farine utilizzate?

Quelle del Mulino Marino, a cui aggiungiamo una parte di farina di semola.

E per le materie prime dove vi rifornite?

Abbiamo quasi esclusivamente prodotti locali e poi qualche eccellenza da altre regioni, non solo italiane. Per esempio, per la nostra Napoli utilizziamo le alici del Cantabrico.

Cosa offrite da bere?

Birre industriali e circa 20 etichette artigianali italiane – molte delle quali sarde – e straniere. Abbiamo anche una piccola selezione di bollicine tra Champagne, metodo classico italiani, charmat e Lambrusco.

Come procedono i lavori per il ristorante?

Se tutto va bene, dovremmo aprire a fine febbraio.

E come sarà strutturato il locale?

Faremo piatti semplici e di tradizione, per la maggior parte. Poi qualche ricetta un po' più originale e creativa, in modo da avere un menu articolato e completo, in grado di rispondere alle esigenze di tutti. Il nostro obiettivo è quello di continuare il percorso iniziato anni fa a Oristano con il primo ristorante, Josto al Duomo, ormai chiuso. Il nuovo – che chiameremo solo Josto – sarà una sorta di evoluzione del precedente, sempre a Cagliari.

E tu ti destreggerai fra pizzeria e ristorante?

No, sarò principalmente al ristorante. Stiamo già formando i ragazzi per Josto e allenando questi da Framento per prepararli a lavorare autonomamente. Naturalmente, sempre sotto la nostra guida.

Altri progetti per il futuro?

Per ora siamo molto impegnati con l'apertura del ristorante. Più in là, ci piacerebbe espandere il progetto di Framento in altre città. E magari un giorno anche all'estero.

Framento. Quando la pizza nasce in cucina | Cagliari | corso Vittorio Emanuele II, 263 | tel. 070 682013 | www.framento.it/

a cura di Michela Becchi

Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso 2017 | pp 352 | euro 8,90 | La guida è acquistabile in edicola, libreria e on line.

Pizzerie d'Italia 2017 del Gambero Rosso. Ecco i risultati

Pizzerie d'Italia 2017. Guglielmo Vuolo di Eccellenze Campane

Pizzerie d'Italia 2017. Marzia Buzzanca di Percorsi di Gusto

Pizzerie d'Italia 2017. Francesco Martucci de I Masanielli 

Pizzerie d'Italia 2017. Giovanni Santarpia di Santarpia

Pizzerie d'Italia 2017. Giovanni Mandara di Piccola Piedigrotta 


La Cantina Due Palme e il suo storico presidente. Intervista ad Angelo Maci

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Una cantina cooperativa da più di 1000 soci e un presidente di lungo corso: Angelo Maci. Ecco l'intervista all'uomo che guida da quasi 30 anni la più grande azienda cooperativa della regione Puglia.

Alla base del successo enologico di cantine Due Palme c’è la coesione di un gruppo di soci e la presenza costante di un capitano di vascello che dal 1989 non ha mai abbandonato la propria nave. È Angelo Maci che, sin dalla fondazione di questa grande cooperativa di Cellino San Marco, guida l’azienda nel rispetto della tradizione e della salvaguardia della viticoltura ad alberello pugliese.

Angelo Maci

Angelo Maci e la cantina cooperativa Due Palme

Oggi Due Palme conta più di 1000 soci per un totale di 2500 ettari vitati e una produzione annua di circa 10 milioni di bottiglie che ben rappresentano le principali denominazioni Squinzano, Brindisi e Salice Salentino. Approvato il 27° bilancio, il consiglio di amministrazione composto dai soci di cantine Due Palme riunitasi a inizio dicembre ha riconfermato il ruolo di AngeloMaci.Un segno di continuità e di fiducia nei confronti di un presidente che, grazie alla collaborazione e alla stabilità produttiva dei soci, è riuscito a chiudere l’anno 2016 con una serie di buone notizie. Angelo Maci ci racconta la sua avventura al comando dell’azienda e gli obiettivi raggiunti nel 2016.

 

Cantine due Palme è la più grande azienda cooperativa della regione Puglia che ha deciso di proseguire con l'era Maci approvando il bilancio di esercizio 2015-2016 e conferendole l'assegnazione del ruolo di Presidente. Come ha accolto la notizia?

È come la prima volta. Ogni volta è una prima volta. Ero pronto a non accettare più questo impegno. Dopo tutti questi anni avrei voluto dedicarmi ad altro, magari iniziare una meritata pensione, ma non mi è stato possibile. I miei soci mi vogliono ancora alla guida di Due Palme ed è stato molto emozionante ricevere ancora, con la stessa forza, queste conferme di stima e affetto. Quindi grande gioia e un sempre maggiore senso di responsabilità. Se guardo indietro, a 27 anni fa, mi vengono i brividi a pensare a come abbiamo iniziato e a dove siamo arrivati. Ma l’emozione dura un attimo: proprio per quello che è stato costruito oggi c’è un forte senso di responsabilità, perché cresce l’aspettativa dei soci, crescono le attese dei mercati, aumenta il raggio d’azione commerciale della cooperativa.

 

Come eravate all'inizio di questa avventura enologica?

Ricordare come eravamo è un tuffo nel passato. Quando, in una piccola cantina, con Assunta - all’epoca oltre che direttore generale anche mia moglie - eravamo costretti a fare tutto, finanche chiudere i cartoni come richiedeva la burocrazia inglese. Ricordo le notti trascorse in auto in direzione di Verona dove partecipavo alla borsa merci, per poi tornare di corsa giù in Salento per proseguire il lavoro in vigna e in cantina. Ricordo quando di notte Assunta metteva le cuffiette nelle orecchie per studiare l’inglese e potersi confrontare direttamente e al meglio con i nostri importatori a livello internazionale. Ricordo i sacrifici che ci hanno fatto crescere e che hanno inevitabilmente segnato il percorso dell’azienda.

 

E attualmente?

Oggi certifichiamo un bilancio a più zeri, abbiamo una squadra di 60 collaboratori, trasformiamo quintali di uve, ci confrontiamo con i mercati mondiali, ma è sempre vivo in ciascuno di noi l’amore indiscusso e mai modificato per la nostra terra. Sappiamo da dove veniamo e proviamo tutti un grande rispetto e un grande amore per il Salento, che con orgoglio portiamo in ogni angolo del pianeta.

 

Quanto ha influito la vostra presenza per la crescita del territorio?

È fuori dubbio che Due Palme abbia un’incidenza positiva sul territorio, sia da un punto di vista economico, sia culturale. Sì, perché se parliamo dell’esperienza della cooperativa come noi siamo abituati a viverla ogni giorno, facciamo cultura della vite, in campagna e in sala Selvarossa dove ci riuniamo. Abbiamo l’opportunità di far coesistere tanti soci ciascuno con il suo bagaglio di ettari e vitigni autoctoni. Da soli, probabilmente, non avrebbero avuto la forza e la capacità di affrontare il mercato. Insieme invece siamo una forza. Per noi il socio è il centro del nostro universo e non è soltanto un numero, ma è un valore aggiunto ed è parte di un meccanismo umano e commerciale che ha un peso specifico sempre più importante.

 

Con quali novità avete chiuso l'anno?

Una su tutte è sicuramente l’attività di rebranding dell’intera linea di etichette di Due Palme. Siamo partiti dal naming. Abbiamo eliminato la parola Cantine, puntando esclusivamente sul nome Due Palme che racchiude la storia, la filosofia aziendale e che è immediatamente riconoscibile sia dal consumatore italiano sia da quello straniero. Poi abbiamo fatto un lavoro di restyling di tutte le nostre etichette, facendo salvi i capisaldi della nostra comunicazione, ma applicando interventi di elegante rivisitazione dell’immagine. Siamo davvero molto soddisfatti.

 

Sulla base dei dati Istat 2016, emerge che le bollicine made in Italy stappate in Francia sono triplicate. Indice che conferma un interesse crescente nei nostri vini. Oggi a proporre le bollicine c'è anche il sud, in particolare la Puglia. Come nasce questo interesse in una terra vocata in particolare ai vini rossi e rosati?

Noi siamo terra del Negroamaro, che è un vitigno versatile e dinamico. Da questo vitigno otteniamo grandi rossi, grandi rosati e negli ultimi anni grandi bollicine. Il nostro Melarosada ormai sette anni ha consolidato il suo ruolo sul mercato, un metodo charmat spumantizzato rosé molto amato dai consumatori; questo successo ci ha convinti a provare la spumantizzazione in bianco, con Amaluna, quello che amiamo chiamare il nostro blanc de noir. I numeri ottenuti ci hanno dato ragione e abbiamo intenzione di puntare sempre più sul mercato della spumantistica.

 

La regione Puglia ha messo a bando dei finanziamenti tesi al sostegno delle imprese per la realizzazione di impianti di spumantizzazione. L'iniziativa com’è stata accolta dalle diverse cantine e quanti hanno risposto positivamente?

Negli ultimi 10 anni abbiamo investito più o meno 20 milioni di euro grazie ai finanziamenti europei per il tramite della Regione. PSR (Programma di Sviluppo Rurale), OCM (Contributi a fondo perduto dell'Unione Europea per le cantine e il rimpianto delle viti), PIA (programmi Integrati di Agevolazione) non sono soltanto sigle ma vere e proprie opportunità che la regione Puglia soprattutto nell’era Vendola - Stefàno ha messo a disposizione delle aziende. Oggi i criteri sono molto meno interessanti per chi vuole fare vera programmazione, ma proprio grazie a un finanziamento regionale abbiamo realizzato il nostro impianto di spumantizzazione all’interno della cantina di Cellino San Marco. Non mandiamo più i nostri vini al nord, ma oggi chiudiamo la filiera degli spumanti in azienda con un incremento della qualità e della produzione.

 

In particolare a Cellino San Marco è stato attivato quest'anno il primo impianto di spumantizzazione del Salento ed è nato Amaluna. Come ha risposto il mercato a questo nuovo prodotto? Quali i paesi che oltreconfine ne hanno fatto richiesta?

In soli 8 mesi abbiamo venduto più di 100mila bottiglie. Abbiamo realizzato una versione dry e una extra dry, una versione destinata al super horeca con un packaging davvero accattivante e perfettamente in sintonia con le aspettative dei consumatori, anche dei più giovani ai quali abbiamo l’obbligo di proporre e raccontare un consumo responsabile e consapevole.

 

Progetti futuri?

Come sempre tanti e su più fronti. Stiamo rimettendo mani a un vecchio sogno e forse, chissà, il 2017 ci vedrà pronti per la sua realizzazione. Ma è prematuro svelarne i dettagli.

 

Cantine Due Palme soc. coop. Agricola | Cellino San Marco (BR) | Via San Marco, 130 | tel. 0831 617865 | http://www.cantineduepalme.it

 

 

a cura di Stefania Annese

 

10 anni di LSDM. Tutti gli appuntamenti del 2017: si comincia da Milano. Novità Bocconi d'Autore

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Il congresso internazionale dedicato a valorizzare l'agroalimentare italiano festeggia quest'anno i suoi primi dieci anni d'attività. E celebra il successo internazionale con un calendario di tappe tra l'Italia, l'Europa e New York, senza dimenticare le origini: a Paestum sei cene d'autore che omaggiano la storia della manifestazione. 

 

10 anni di LSDM

Sono già passati dieci anni. Nel 2016 Le Strade della Mozzarella incrociavano sul proprio percorso il nuovo acronimo LSDM, più sintetico e rivelatore del desiderio di intercettare il mercato internazionale: un passo in più in direzione della valorizzazione di quel sistema enogastronomico made in Italy che la macchina messa in moto tanti anni fa da Albert Sapere e Barbara Guerra ha circoscritto sin dall'inizio ai prodotti della Campania Felix, mozzarella di bufala in testa, per arrivare a comprendere una serie di emblemi della tradizione mediterranea, dalla pasta al pomodoro, all'olio extravergine d'oliva. Alla pizza. Negli ultimi tempi, dunque, il congresso gastronomico partito da Paestum – che negli anni ha saputo portare nella cittadina cilentana molti grandi chef italiani e internazionali – ha intrapreso un viaggio alla conquista dell'Europa e del mondo, per poi tornare a concentrarsi sull'Italia (l'anno scorso esordiva la prima edizione romana) senza trascurare gli avamposti segnati sulla mappa globale: Londra, New York, Parigi. Proprio nella capitale francese, lo scorso novembre, si celebrava la grande scuola della frittura italiana: un'anteprima all'insegna del buon cibo e dell'artigianato gastronomico tricolore di ciò che sarà, e pure chiusura di una stagione fortunata, trampolino di lancio per le celebrazioni del decennale, che si apriranno tra non molto a Milano.

Il calendario e i Bocconi d'Autore

Dopo l'apertura del prossimo 1 febbraio al Lentini's Pizza&Restaurant del Baglioni Hotel Carlton nel capoluogo lombardo, il calendario 2017 di LSDM procederà spedito con il passaggio londinese del 27 e 28 febbraio (sempre al Baglioni Hotel); poi, il 19 e 20 aprile, sarà la volta del consueto appuntamento in casa, a Paestum, per la tappa storica del congresso al Savoy Beach Hotel. E ancora a New York, presso lo show room Pentole Agnelli il 28 e 29 giugno, per celebrare l'amore della città per il cibo autenticamente italiano. Con sorpresa finale (ma la città ospite è ancora top secret) in autunno, per chiudere come meritano i festeggiamenti, in compagnia dei protagonisti che hanno segnato i traguardi degli ultimi 10 anni, fino al raggiungimento della fama internazionale. In parallelo si procederà con i Bocconi d'Autore, l'evento articolato in sei tappe ideato per festeggiare questo compleanno speciale: sei convivi ospitati dal Savoy Beach Hotel di Paestum tra gennaio e giugno, per accogliere gli chef che vorranno omaggiare la storia del congresso. Presso il ristorante Tre Olivi del complesso alberghiero si avvicenderanno tanti protagonisti della ristorazione d'autore italiana, pronti a cucinare con l'executive chef Matteo Sangiovanni. Si comincia il 24 gennaio con Ilario Vinciguerra, per proseguire il 22 febbraio con Michele Deleo, e poi a marzo con Paolo Barrale. Tra gli altri, nei mesi primaverili, anche Ernesto Iaccarino Vito Mollica.

 

LSDM | Milano | Baglioni Hotel Carlton | il 1 febbraio | www.lsdm.it

 

a cura di Livia Montagnoli

La pizza del Trianon di Napoli a Londra. Quartieri aprirà in primavera, e nella capitale inglese è pizza mania

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A Forcella, non molto distante dal teatro Trianon, l'insegna esiste da oltre 90 anni, e tramanda la tradizione della pizza “a ruota di carretto”. Che ora sembra destinata a conquistare Londra, sotto il marchio Quartieri. Un altro punto per la pizza made in Italy nella capitale inglese. 

Trianon da Ciro. Le origini, la storia

Dal 1923, tre piani in prossimità del teatro Trianon, la pizzeria di Forcella fondata dai coniugi Leone conserva il legame con la tradizione della pizza partenopea, nel ricordo di personalità che hanno fatto la storia del teatro cittadino, da Totò a Macario, che dopo gli spettacoli si trattenevano spesso ai tavoli di via Colletta, per chiudere la serata con una Margherita “a ruota di carretto”. Anche oggi che davanti al forno l'eredità di Ciro e Giorgina è rimasta in famiglia (ora alla guida ci sono Angelo Greco e Giuseppe Furfaro), il disco di pizza che arriva in sala si caratterizza per le sue dimensioni importanti, come le regole del genere comandano. E sono in tanti, napoletani ma soprattutto turisti, a programmare un passaggio al Trianon da Ciro per gustare una pizza sottile e ben lievitata, secondo le varianti della tradizione: marinara o salsiccia e friarielli, Margherita con bufala o prosciutto cotto. Più la speciale pizza 8 gusti, inventata da Pasquale e Giuseppe Leone con tutti gli ingredienti che avevano sul banco. Nel frattempo, però, un'altra sede della pizzeria ha aperto a Salerno, in piazza Gioia, mentre gli attestati di stima ricevuti dalla stampa internazionale, dal Giappone agli Stati Uniti, facevano presagire l'intenzione di provarci oltreconfine.

La pizza a ruota di carretto arriva a Londra?

E infatti, nel 2017, anche la pizza del Trianon (Uno Spicchio sulla guida Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso) sarebbe pronta a sbarcare a Londra, seguendo l'esordio di altre celebri brand della pizza italiana come Da Michele (ma l'apertura, prevista per settembre 2016, è già slittata più volte; ora i lavori dovrebbero essere in fase di completamento) e Berberè, nella Capitale inglese nelle vesti di Radio Alice, mentre si attende la conferma dell'arrivo in città dei fratelli Salvo. Il battesimo inglese è previsto per la prossima primavera, in Kilburn High Road, e anche in questo caso l'approccio al mercato londinese prevede un cambio di insegna; il locale, anticipa la stampa inglese, si chiamerà Quartieri, e proporrà il menu tradizionale della pizzeria, comprese le dimensioni piuttosto inusuali a queste latitudini. Per cominciare la carta degli antipasti, tra fritti e bruschette, e poi i gusti che hanno reso celebre il Trianon di Napoli, con le 17 varianti di pizza Margherita che caratterizzano la proposta della casa madre. In alternativa anche taglieri di mozzarella e formaggi campani. E regionale sarà anche la carta dei vini, con una selezione di etichette campane (compreso il vino della casa realizzato in partnership con un'azienda partenopea); mentre la birra, artigianale, sarà fornita dal Birrificio del Ducato, che nella capitale britannica conta già diverse insegne a nome The Italian Job (e un corner all'interno del Mercato Metropolitano). Per le bollicine ancora spazio per l'Italia, con gli spumanti di Franciacorta. Apertura no stop dalle 11am alle 11pm.

La pizza italiana conquista Londra

A onor del vero, però, finora quel che è certo è che militeranno nella squadra di Quartieri diversi pizzaioli che hanno maturato esperienza al Trianon; mentre nessuna conferma arriva dalla proprietà napoletana circa la paternità di questa iniziativa, che invece vede come titolare dell'azienda l'imprenditore Antonio Tony Carelli. Ma comunque stiano le cose, a Londra la pizza made in Italy si conferma in ascesa costante. Chi sarà il prossimo?

 

Quartieri | Londra | Kilburn High Road | dalla primavera 2017 | www.pizzeriatrianon.it

Rizzuti lascia il Mercato Centrale. Umberto Montano: ora puntiamo sul turn over tra i grandi della pizzeria italiana. A Roma comincia Seu

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Grandi novità per la pizzeria del Mercato Centrale, nelle due sedi di Firenze e Roma, finora guidate da Romualdo Rizzuti. Il talento della pizza napoletana lascia per dedicarsi a progetti solisti, mentre Montano scommette su un progetto che guarda oltre il singolo uomo, per onorare i grandi nomi della pizza italiana. Pier Daniele Seu a Roma, ancora top secret Firenze. Ecco cosa cambia.

Una pizza da Tre Spicchi al Mercato

Numeri da pizzeria ben rodata all'interno di un mercato. Con il merito aggiunto, affatto trascurabile, di aver scommesso sulla qualità e l'unicità della proposta, una pizza di stile napoletano apprezzata per la sua digeribilità, grazie all'utilizzo di una miscela di farine (0 con germe di grano più una bassa percentuale di farina integrale) studiata per restituire il risultato migliore, sul versante del gusto e della salute. Ecco perché Sud, la pizzeria di Romualdo Rizzuti al Mercato Centrale di Firenze, è diventata in poco tempo un punto di riferimento per le cronache della pizza italiana. Tanto che quando si è trattato di replicare il format anche a Roma, nella sede che oggi attira tanti romani e turisti nello spazio restaurato della Cappa Mazzoniana, Umberto Montano ha voluto portare con sé anche il pizzaiolo di Vallo della Lucania (Salerno), che a 17 anni arrivava a Firenze per cominciare una carriera brillante, prima davanti al forno di Firenze Nova, poi da Trei. Fino alla sfida solista di Sud, dalla primavera del 2014: Tre Spicchi meritati per il talento poco più che trentenne in grado di guidare una squadra numerosa e ben collaudata, che oggi sforna anche un migliaio di pizze al giorno. Le pizze sono quelle delle tradizione, la Margherita verace, la Marinara arricchita con capperi e olive, la Napoli con acciughe del Cantabrico aggiunte a crudo; e poi la Capri, la Gateau e altre ispirate interpretazioni della tradizione partenopea, che brilla nel cuore rinascimentale di Firenze. Come pure a Roma, dove la pizza di Rizzuti ha saputo conquistare anche l'esigente platea capitolina. Ancora per qualche ora, almeno.

 

Romualdo Rizzuti lascia. I progetti per il futuro

Fino a domani sera, per essere più precisi, quando Sud onorerà il suo ultimo servizio al Mercato Centrale di Firenze e Roma. Dietro all'abbandono repentino del pizzaiolo campano ci sarebbe un'incomprensione sul versante capitolino con Umberto Montano, deus ex machina del progetto: “Per Roma mi è stato chiesto di realizzare una pizza fine, allontanandomi da quello che ho sempre fatto”. Impossibile raggiungere un compromesso, “nulla togliere a chi esprime questo stile, ma non è il mio”. Da qui la scelta, inevitabile, di lasciare, a Roma e Firenze Nel futuro prossimo di Rizzuti già si profilano diversi progetti, come anticipa lui stesso: “Ora parto per Portorico, dove sto seguendo una consulenza. Poi sarò a New York per parlare con degli imprenditori, e a febbraio di nuovo a Firenze per incontrare altri imprenditori fiorentini”. Insomma, Romualdo non sembra intenzionato a lasciare a bocca asciutta gli estimatori della sua pizza napoletana troppo a lungo. E invece, il Mercato Centrale come si prepara a reagire?

 

La nuova pizzeria del Mercato Centrale

Umberto Montano ha già le idee molto chiare, e gioca la carta di un progetto che evidentemente non può essere frutto di una decisione affrettata: “Il Mercato Centrale ha la responsabilità di offrire una crescita costante, ed è nostro dovere contemplare tutte le nuove opportunità di sperimentare”. Il che significa che il progetto pizza, su cui l'imprenditore ha sempre dimostrato di scommettere molto, “non potrà mai esaurirsi al pizzaiolo che la fa, ma dovrà legarsi invece a un'idea complessiva che onori l'alto livello espresso oggi dall'arte della pizza italiana”. In concreto questo significa strutturare una proposta che si rinnova periodicamente, con un avvicendamento annuale di grandi nomi della pizza tricolore, in parallelo a Roma e Firenze, “non escludendo che anche Romualdo, un giorno, torni a lavorare con noi, e con la squadra che ha saputo formare, che resterà al lavoro nelle due sedi”. Ora però è il momento di cambiare, e già entro la fine di gennaio le novità saranno sotto gli occhi di tutti: “Del resto Romualdo aveva voglia di crescere, e mettersi in proprio, le nostre strade potranno incrociarsi di nuovo. Per lui nutro una stima immutata. Noi, dal canto nostro, abbiamo la necessità di provare altro, farci portavoce di un grande progetto, restare attuali”.

 

Pier Daniele Seu al Mercato Centrale di Roma

Per Roma un nome già c'è, Montano lo conferma: “Alla Cappa Mazzoniana è pronto ad arrivare Pier Daniele Seu, che si confronterà con il suo maestro Gabriele Bonci sotto lo stesso tetto (senza dimenticare i Trapizzini di Stefano Callegari, ndr). Per il Mercato è un'occasione unica, siamo molto felici”. Lo stesso entusiasmo trapela per Firenze: anche per San Lorenzo un accordo c'è già, ma il nome - “un grande rappresentante dell'arte della pizza italiana” - resta ancora top secret: “lo sveleremo solo nelle prossime settimane”. La proposta, in entrambi i casi resterà legata alle tre pizze classiche – Margherita, Marinara, Napoli – con l'aggiunta di 2 o 3 varianti fuori menu che ogni pizzaiolo sarà libero di proporre in carta. L'obiettivo è sempre lo stesso: “Presentare una pizza buonissima che risponda al criterio della semplicità, con la possibilità ulteriore di stupire il pubblico del mercato con qualche proposta in più, sempre diversa, che racconta la personalità dei pizzaioli coinvolti”. Se tutto procederà come da piani, si cambierà ogni anno: e in molti sarebbero già pronti a raccogliere la sfida.  

www.mercatocentrale.it 

 

a cura di Livia Montagnoli

Prove d'assaggio. Guanciale: ecco il migliore

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Nell'amatriciana o ella gricia, ma anche tagliato sottile e messo su crostini di pane caldo: il guanciale è il protagonista di cucine robuste e corroboranti. Ne abbiamo assaggiati 10: ecco i migliori.

La top ten di uno dei salumi più amati, ottenuto dalla guancia (e gola) del maiale: ingrediente indispensabile per amatriciana, gricia e carbonara... ma ottimo anche tagliato sottile a velo da gustare su crostini caldi, piadine, tigelle, focacce, crescentine, gnocchi fritti… Goloso compagno di aperitivi e pause gourmand veloci e disimpegnate.

 

Mai l'amatriciana è stata sulla bocca di tutti come in questo periodo. Il recente terremoto ha reso ancor più noto il paese a cavallo di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo che lega il suo nome al più famoso piatto della cucina romana, da mesi al centro di un'attenzione mediatica senza precedenti, diventato il simbolo del sisma che ha colpito l'Italia centrale. La pasta condita con la celebrata salsa a base di guanciale, pomodoro e pecorino viene servita, dentro e fuori menu, in tanti ristoranti che hanno aderito a iniziative “amatriciana solidale” sbocciate in Italia e all'estero per raccogliere fondi a sostegno dei terremotati. La Cia-Agricoltori Italiani ha pure ideato il kit per prepararla, in vendita nel circuito di “La Spesa in Campagna”. Alla base di tutto, però, c'è il salume ricavato dalla guancia del maiale, una sbavatura di magro al centro di una morbida mattonella di grasso coperta di pepe.

 

Eccesso di richiesta e prodotti ancora freschi

Un successo inaspettato, e non voluto, che ha provocato un eccesso di richiesta di guanciale rispetto alla disponibilità e portato alcune aziende norcine a mettere in vendita prodotti ancora non pronti. Forse per questo nella degustazione abbiamo riscontrato prodotti ancora giovani, freschi nella consistenza e nei profumi, non sempre esuberanti e complessi. Il grosso dei prodotti in lizza proviene dal triangolo Lazio-Marche-Umbria, quasi tutti ricoperti da un velo di pepe e in linea di massima caratterizzati da uno stile classico e inconfondibile, con profumi penetranti di maiale, pepe e spezie. Guanciali talvolta un po' “ignoranti”, contadini, e per questo identificati come tipici e ideali per il classico tris di paste tradizionali romane: amatriciana, gricia e carbonara. Di contro ci sono prodotti che alla tipicità affiancano sentori evoluti di maiale nobile, a loro modo eleganti.

 

Un'Italia, tanti guanciali

Ma noi abbiamo voluto disegnare una geografia del guanciale che vada oltre la cintura d'Italia. Ci sono quelli affumicati friulani, dove la nota di fumo si fonde ai sentori di carne e cantina. C'è un quasi fuoriclasse fatto a Colonnata come un lardo, maturato dentro vasche di marmo insieme a erbe aromatiche e spezie, con profumi che ricordano il burro fuso e la pasticceria. Guanciali da primi piatti romani e da battuti maialosi, da utilizzare per bardare o lardellare una carne magra oppure nel ripieno di tasche, rollè e pollame. Ma anche da tagliere e calice di vino, affettati sottili a petalo e da gustare su un crostino di pane caldo, una tigella, una piadina, un cracker, sulla focaccia o intorno a un grissino stirato.

 


Il guanciale della solidarietà

Il terremoto è entrato nel cuore d'Italia e in quello della produzione del guanciale. Lungo il segmento tortuoso che, a cavallo dell'Appennino, va da Amatrice a Visso passando per Accumoli e Norcia si trovano aziende che producono il saporito salume, e che caparbiamente continuano a lavorare.

Citiamo quelle più famose e presenti sul mercato – oltre a quelle che hanno una loro scheda già nella classifica, come Collemaggiore e Re Norcino – come Berardi che ha tutti e due i piedi nella zona di origine dell'amatriciana: ad Amatrice il ristorante di famiglia, Lo Scoiattolo, norcineria a Campotosto, a una ventina di chilometri anche se in altra provincia e altra regione (fino al 1927 Amatrice era nella provincia dell'Aquila prima di passare sotto Rieti); niente conservanti, asciugatura accanto al camino, affumicatura al fumo di legna di quercia e di faggio, stagionatura di 5-6 mesi per un guanciale dalla tipica forma triangolare che dà il meglio di sé nel sapore pieno e nella grande succosità e solubilità.

Molto tradizionale anche quello di SA.NO. di Accumoli, leader di mercato di questo salume, in vendita in tutti i canalidistributivi, il classico guanciotto laziale triangolare, rustico e dai tipici sentori animali. Ma tanti altri salumifici, grandi e piccoli, si trovano nella zona terremotata, non solo ad Amatrice, Accumoli, Visso e Norcia, ma anche a Preci, Cascia, Castelsantangelo sul Nera, Muccia, Agriano, San Severino Marche, Castelraimondo, Camerino, Tolentino, Montemonaco, Comunanza, Sarnano, Montefortino... Se volete regalare/regalarvi salumi scegliete la solidarietà. Telefonate ai municipi dei comuni colpiti, vi forniranno i numeri di cellulare delle aziende.

 

Berardi | Campotosto (AQ) | loc. Poggio Cancelli | via San Giorgio, 1 | tel. 0862 909260 - 347 9402266 | www.salumiberardi.it

Sa.No. | Accumoli (RI) | via Salaria Nuova, km 141.900 | tel. 0746 80565 | www.sano-salumi.it

 

 

La classifica

I prezzi sono quelli medi al dettaglio

Tranne le prime classificate, le altre aziende sono in ordine alfabetico

 

1° ex aequo

 

Collemaggiore

Collemaggiore - Guanciale

Di filiera (da maiali allevati nella propria azienda agricola), prodotto in quantità limitate e con zero conservanti (nella concia sale, destrosio, spezie e aromi naturali), stagionato in alta collina per 100/120 giorni, il guanciale di Umberto Magri è un fuoriclasse per equilibrio, rotondità e armonia di profumi e gusto. Classicissimo, un bel triangolone di carne ricoperto da un fitto strato di pepe e peperoncino ben distribuiti, artigianale ma curatissimo, mostra al taglio una fetta con un bell'equilibrio di grasso-magro, il muscolo ben marezzato e il grasso bianco appena rosato. Il profumo, soave e avvolgente, richiama le spezie, il vino, la cantina, ricordi di fumo e camino, ma anche il mondo della pasticceria con le sue inebrianti note di latte, burro di panna, biscotti e frutta secca tostata. Incredibile e appassionante. In bocca è succoso, solubilissimo e intrigante, con una leggera punta piccante e un grasso dolcissimo e cremoso che si scioglie al contatto con il palato. Stratosferiche anche l'intensità e la persistenza.

Prezzo al kg 25/30 euro

Collemaggiore – Guanciale | Greccio (RI) | via Cupa | tel. 348 2466778 | www.collemaggiore.it

 

 

guanciale salerman

Salerman Salumi Ciociari - Guanciale

Un guanciale molto caratterizzato e di grande carattere ma non caratteristico, anche se prodotto in Italia centrale. Fin dall'aspetto prende le distanze dai guanciali secondo la lezione amatriciana: invece della clava triangolare spolverata di pepe abbiamo una grande pagnotta di carne lunga, rifilata e brunita come appena uscita dal forno a legna, ottenuta dalla gola del suino (più sale, destrosio, spezie, aromi naturali, E300, E301, E252) e stagionata dai 2 ai 4 mesi. Poi il profumo: una splendida armonia di maiale pulito, grasso preciso, frutta secca, vino, cantina, aglio, spezie dolci e balsamiche (con netti richiami a cannella, ginepro e chiodi di garofano) con vaghi ricordi di fumo. Infine la bocca: dolce e sapido in perfetto equilibrio, aromi più ricchi e intensi grazie a una bella persistenza, texture eccellente, scioglievole e di buona masticabilità. Un guanciale complesso e raffinato, di grande aromaticità ma non invadente, da amatriciana, se volete, ma soprattutto da tutto il resto.

Prezzo al kg 15 euro

Salerman Salumi Ciociari – Guanciale | Monte San Giovanni Campano (FR) | via Porrino Dogana, 59 | tel. 0775 282737 | www.salumiciociari.com

 

Guanciale d'osvaldo

D'Osvaldo Prosciutti - Guanciale leggermente affumicato

Un signor guanciale sottoposto a una leggera affumicatura, come tutta la produzione salumiera di questa azienda nel cuore del Collio goriziano famosa per il suo prosciutto. Le guance di maiali friulani, allevati da piccole aziende di fiducia e nutriti con una dieta rigorosamente vegetale e no ogm, vengono salate, coperte da una miscela di piante aromatiche e spezie (oltre a E252 ed E250) prima dell'affumicatura dolce e fredda al fogolar, dove brucia legno di ciliegio e alloro, e di una stagionatura naturale di 4 mesi in stanze areate dove entra l'aria della campagna. Profumi complessi, evoluti e puliti con una nota di fumo non invadente in pole position in un bouquet da Formula Uno: carne stagionata, funghi, frutta secca, pepe e spezie, accenti agrumati. Il sapore è pieno ed equilibrato, rustico e verace ma fine e compiuto, con bei ritorni delle sensazioni olfattive. Unico neo la consistenza, leggermente fibrosa, ma di buona masticabilità e solubile.

Prezzo al kg 22 euro

D'Osvaldo Prosciutti - Guanciale leggermente affumicato | Cormòns (GO) | via Dante, 40 | tel. 0481 61644 | dosvaldo.it

 

Guanciale fiorucci

OSCAR QUALITà PREZZO

Fiorucci - Guanciale

Il guanciale “ideale per amatriciana” (così in etichetta) è uno dei fiori all'occhiello della produzione di questa S.p.A. della salumeria italiana, nata nel 1850. Un prodotto industriale quanto si vuole – con conservanti (E252 ed E250) aggiunti alla concia di sale, spezie e aromi naturali che insaporiscono la guancia di suino EU, stagionato 30 giorni – ma molto tipico e territoriale, fedele alla tipologia, rustico ma pulito e preciso nel grasso e negli aromi, equilibrato al gusto, a suo modo complesso anche se un po' giovane e non completamente evoluto. Un bel cappottino di pepe avvolge completamente la mattonella di carne, che al taglio mostra una faccia un po' fresca e umida. Al naso note di maiale e stalla, ma anche di spezie, vino, frutta secca, agrumi, legno, funghi champignon e sottobosco, seppure di lieve entità. Gusto bilanciato, dolce e giustamente sapido su un sottofondo di aromi che rispecchiano quelli del naso, più un accenno di fumo e cantina e un leggero piccante. Struttura appena fibrosa ma solubile.

Prezzo al kg 13 euro

Fiorucci - Guanciale | Pomezia (RM) | loc. Santa Palomba v.le Cesare Fiorucci, 11 | tel. 06 911931| www.fioruccifood.it

 

GAM

G.A.M. - Guanciale

Altro guanciale laziale, tipico, sapido e un po' “burino”, con la classica forma a goccia e appena spolverato di pepe. Ingredienti: guancia di suino italiano, sale, pepe, aglio e peperoncino, senza conservanti. Stagionatura: dai 30 giorni ai 4 mesi. La fetta un po' fresca, umida e magra per essere un guanciale, emana un odore intenso e maioloso, di classico guanciale sale e pepe, con la forza dell'aglio, i sentori di carne suina leggermente fresca, note di cantina e funghi, richiami al dado da brodo. In bocca ritorna l'aglio e incontra la frutta secca e un grasso non precisissimo. Consistenza succosa e scioglievole, di buona masticabilità, anche se il grasso rimane un po' fibroso.

Prezzo al kg 15 euro

G.A.M. - Guanciale | Montefiascone (VT) | via Verentana, km 3.150 | tel. 0761 825471 - 338 4787933 | www.socgamsrl.com

 

Guaciale giannarelli

Giannarelli - Guanciale di Colonnata

Un guanciale decisamente atipico, più da pestare e gustare con le tigelle e le crescentine che da amatriciana & co. È lavorato come un lardo di Colonnata dall'azienda che ha legato il suo nome a questo salume tipico delle Alpi Apuane. Più o meno la stessa concia (sale marino integrale, pepe, aglio e rosmarino freschi, spezie tra le quali cannella e chiodi di garofano) a condire la guancia di suino pesante italiano, stessa maturazione di 6 mesi dentro vasche di marmo. La mattonellona di carne ricoperta per bene da uno spesso strato di pepe macinato, dalla sensuale consistenza molle e budinosa, mostra al taglio una fetta umida e lucida di grasso bianco attraversato da una riga di magro al centro. Al naso un profumo intenso di cannella all'ennesima potenza, di spezie dolci e di burro invita nel mondo della pasticceria: sembra un dessert! In bocca un bel contrasto di dolce e sapido incontra la carne di maiale, il rosmarino e un grasso maturo ma preciso, su un sottofondo prepotente di cannella. Struttura un po' fibrosa e di non facilissima masticabilità, l'unico neo di questo guanciale da esperienza gourmet.

Prezzo al kg 18 euro

Giannarelli - Guanciale di Colonnata | Carrara (MS) | via Comunale di Colonnata, 2 | tel. 0585 758093 | www.lardogiannarelli.it

 

Re Norcino

Re Norcino - Guanciale al pepe e al peperoncino

Un buon guanciale, tipico ma diverso dagli altri in batteria, nobile e insieme casereccio. Marchigiano e di filiera, è realizzato dalla famiglia Vitali tra Petritoli, nelle colline fermane, dove c'è l'allevamento di maiali, e San Ginesio, nel Maceratese, dove avvengono la trasformazione e la stagionatura (e i Vitale lavorano nonostante i danni provocati dal terremoto). Le materie prime sono pregiate, dalle carni al pepe usato per rivestire il triangolo di guancia. La lavorazione curata e artigianale: rifilatura a punta di coltello, salagione con sale e spezie prima del riposo in salamoia con aglio, aroma naturale di arancio ed E252, poi il manto di pepe macinato o di peperoncino, asciugatura con la stufa ad aria calda, stagionatura naturale in cantina dai 2 ai 6 mesi secondo pezzatura. La fetta, di consistenza un po' asciutta e tirata, esprime buoni sentori animali di carne stagionata e cuoio che nella versione al pepe si dividono la scena con gli aromi della concia, un'alta sapidità e la forza piccante di una spezia eccellente, mentre in quella al peperoncino tornano protagoniste e incontrano una maggiore dolcezza. Da amatriciana, da battuti saporiti e da tagliere.

Prezzo al kg 18/22 euro

Re Norcino - Guanciale al pepe e al peperoncino | San Ginesio (MC) | c.da Gualduccio, 13/14
 | tel. 0733 694407 | www.renorcino.it

 

Salumeria d'Abbazia

Salumeria dell'Abbazia - Guancia Gola

Tipico ma con un suo preciso stile, quello di Pacifico Lucaioli, il classico guanciale della cintura d'Italia, maioloso sì ma gentile, equilibrato e pulito nei grassi, da amatriciana ma anche da affettare a petalo su un crostino o per avvolgere una carne magra con un grasso abbraccio. La mattonella irregolare, ricavata da guancia e gola di suini pesanti italiani, lavata con il vino e ricoperta da un cappottino di pepe macinato (nella concia anche destrosio, saccarosio, spezie, aromi, E300, E252), emana sentori primari di buona carne suina, di grasso dolce e preciso e di condimenti in cui primeggia l'aglio fresco, il filo conduttore delle sensazioni odorose e aromatiche del guanciale di Pacifico, accompagnate da accenni di frutta secca (noce soprattutto). Morso sapido e succoso di straordinaria masticabilità e scioglievolezza: è uno dei suoi più apprezzabili plus. Lascia belle sensazioni in bocca e nel ricordo.

Prezzo al kg 20/25 euro

Salumeria dell'Abbazia - Guancia Gola | Chiaravalle (AN) | via A. Volta, 14/16 | tel. 071 94508 - 335 7547702

 

Salumificio del Conero

Salumificio del Conero - Guanciale stagionato Mastro Mazzarino

Un guanciale complesso ed evoluto, stagionato al punto giusto, quello della linea superiore Mastro Mazzarino del Salumificio del Conero, un salume da meditazione, da pane caldo, tagliere e calice, caratteristico eppure non classico rispetto al tipo Amatrice. E da podio: un quasi primo posto. Ingredienti: guancia di suino pesante di allevamenti marchigiani, sale, destrosio, saccarosio, fruttosio, aromi, aglio, E300 ed E250. Stagionatura: almeno 3 mesi. Tipica forma triangolare, una vibrante clava preistorica scurita dal pepe macinato di copertura, che cede volentieri al taglio. Profumo meraviglioso e profondo eppure delicato, ricco di sentori dolci e sapidi che rimandano alla carne stagionata, alla cantina e a una concia nobile e ben bilanciata, con un ottimo pepe. Sapore complesso ed equilibrato, grasso dolce e preciso, aromi puliti di animale e carne stagionata, di frutta secca tostata (nocciola soprattutto), accompagnati da una leggera nota di fumo. Ottima persistenza, grande pulizia in chiusura. Piccolo neo: la consistenza appena fibrosa ma sufficientemente solubile.

Prezzo al kg 18 euro

Salumificio del Conero - Guanciale stagionato Mastro Mazzarino | Castelfidardo (AN) | via Recanatese, 25 | tel. 071 7822131 | www.salumificiodelconero.it

 

Rustici

Il Sentiero del Gusto - Az. agr. F.lli Rustici - Guanciale

Un gran bel guanciale quello dei fratelli Rustici, tipico e complesso eppure di grande equilibrio e pulizia, giovane ma evoluto, per di più senza conservanti: solo carne di suino proveniente dal proprio allevamento allo stato brado nelle campagne intorno Assisi, nutriti a prodotti vegetali ogm, poi sale, pepe e aglio. Materia prima maison, lavorazione presso la G.A.M. di Montefiascone, con stagionatura minima di 50 giorni. La fetta emana un profumo ampio e giovanile di aglio fresco, che accompagna i sentori di maiale pulito e la speziatura delicata; si arricchisce in bocca di belle note di frutta secca, castagna e pepe non invadente, e leggeri accenti vinosi. Gusto sapido, intenso e di carattere, consistenza succosa e solubile, grande masticabilità e persistenza, grasso dolce, preciso e scioglievole.

Prezzo al kg 32-39 euro

Il Sentiero del Gusto - Az. agr. F.lli Rustici – Guanciale | Assisi (PG) | via Biagiano, 7 | tel. 075 816365 - 335 7371181

 

 

I prezzi sono quelli medi al dettaglio

Tranne le prime classificate, le altre aziende sono in ordine alfabetico

 

 

a cura di Mara Nocilla

 
 

Il Ciblèo a Firenze. Svolta orientale di Fabio Picchi tra Corea, Giappone e profonda Toscana

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Non si ferma il Picchi e, nella sua cittadella del gusto nel cuore di Firenze, si accinge ad aprire il primo ristorante corean-nipponico-toscano. Il nome? Il Ciblèo. 

Il Cibrèo

Uno spazio nello spazio, quello che dal Cibrèo apre le porte al Ciblèo. Non un refuso o una disattenzione, ma la svolta orientale, con tanto di ironico ammiccamento, del più fiorentino dei cuochi che operano lungo l'Arno. La cosa è presto spiegata: nello spazio già articolato del Cibrèo si apre, tra pochi giorni, un nuovo angolo, tutto declinato su una cucina che incontra e accoglie suggestioni dall'estremo oriente. “Firenze da sempre guarda tutto il mondo” spiega Fabio Picchi vuoi un esempio? Il pepe, il peperoncino, quelli vengono da fuori”. A raccontare un popolo curioso, aperto verso ciò che c'è al di fuori dei confini cittadini e nazionali, molto più di quanto abitualmente si creda.

 

L'idea e il team

L'idea mi è venuta a Kyoto circa 35 anni fa” racconta Picchi, che aggiunge “quando qualche tempo fa ne ho parlato a un amico, questo mi ha detto che era come nella serie tv Midnight Diner, Tokyo Stories di Netflix, quella che racconta di un ristorante giapponese”. Guardata qualche puntata, si è convinto che la cosa poteva funzionare, anche perché da più di 6 mesi tra i suoi collaboratori c'è anche una cuoca coreana. “È la figlia di amici ristoratori, si è laureata a Seoul in nutrizionismo e ha un'altra laurea in cucina presa in America”. Accanto alla chef coreana, un souf chef giapponese e, su tutti, il superchef fiorentino, il Picchi, che stufo di quell'etichetta di toscanaccio fino al midollo che lo accompagna da quasi 40 anni, ha deciso il colpo di teatro: “Questa banalizzazione che mi avete cucito addosso mi ha un po' stufato”. Addio alle etichette allora, e addio ai luoghi comuni, come l'imperativo del sushi nelle tavole di ispirazione asiatica o alle derive della fusion. “Sarà una cucina delle donne, e una cucina delle mamme” proclama, aggiungendo che c'è una verità nella cucina delle donne, che continua ad andare avanti.

 

L'Asia in Toscana

E mentre lui non perde occasione per giocare con se stesso, continua a mettere in fila progetti uno dietro l'altro, come quello del C.Bio (vedi link alla nostra ultima intervista), e non manca di ironizzare su un mondo, quello della ristorazione nostrana, che da anni custodisce in cucina cuochi orientali, “tutti hanno cuochi giapponesi in cucina, io voglio tirarli fuori e farli conoscere” e con essi la loro cucina, assorbendone tecniche, ingredienti e suggestioni, ma a partire da un know how profondamente italiano. Di più, toscano. Così i ravioli orientali sono realizzati con farine del Mugello o maiale del Casentino, viceversa piatti tipicamente locali si rinnovano con l'apporto di ingredienti orientali. Ai 20 coperti del Ciblèo verranno servite cose come l'insalata di trippa alla fiorentina con soia del Monte Fuji, rostinciana bollita con ginger e wasabi, collo di pollo ripieno, anch'esso al wasabi, il gurgoglione all'elbana con katsoubushi, omelette alla coreana, prosciutto cotto dello Zivieri con la soia del Monte Fuji.

 

Cibléo | Firenze | via Andrea del Verrocchio, 2r |  tel. 055 2341100

Cibrèo | Firenze | Via Andrea del Verrocchio, 8r | tel. 055 2341100 | http://edizioniteatrodelsalecibreofirenze.it/

Cibrèo trattoria (detta il Cibrèino) | Firenze | via de' Macci, 122r

Caffè Cibrèo | Firenze | via del Verrocchio, 5r | tel. 055 2345853

 

Teatro del Sale | Firenze | Via de' Macci, 111r | tel. 055 2001492

 

a cura di Antonella De Santis

Raccontare le eccellenze della Food Valley. A Parma nasce Wine and Food academy

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Un’accademia per raccontare le eccellenze della Food Valley, insieme a produttori, giornalisti, studiosi e manager della ristorazione italiana. È la Wine and Food academy di Parma, progetto che si occuperà di valorizzare i tanti prodotti di qualità del territorio, dall'olio al caffè, dagli spumanti alle birre artigianali, passando naturalmente per prodotti noti in tutto il mondo come il Prosciutto di Parma e il Parmigiano Reggiano. E sono già tanti gli appuntamenti in calendario.

La Wine and food academy di Parma

Già nominata “Città Creativa per la Gastronomia Unesco”, Parma sta vivendo un periodo di splendore gastronomico. Un momento da “sfruttare” al massimo per aumentare la conoscenza delle eccellenze della Food Valley, portando avanti una comunicazione concreta e approfondita. È questo l’obiettivo della Wine and food academy, fondata e coordinata da Raffaele D'Angelo, collaboratore della rivista enogastronomica INformaCibo. E come valorizzare un territorio già in parte conosciuto, ma che ha ancora molto da offrire alla gastronomia italiana e al turismo? Con eventi culturali e analisi sensoriali in cui i migliori esperti, imprenditori, sommelier e giornalisti incontreranno il pubblico degli appassionati, in maniera totalmente gratuita.

 

Il programma 2017

Il calendario 2017 dell’accademia è già ricco di eventi e spunti interessanti. Si parte il 26 gennaio con “L’olivo in Italia del Nord, una presenza dimenticata”, in cui interverrà il professor Andrea Fabbri, presidente del corso di laurea in scienze gastronomiche e del master “Cultura, Organizzazione e Marketing dell’Enogastronomia Territoriale” (COMET) presso l’Università di Parma. A seguire “Extravergine… Che confusione! Alcuni consigli per una scelta consapevole” a cura di Francesco Coppini, co-titolare dell’azienda Coppini Arte Olearia con una degustazione finale di extravergini d’oliva a cura di Mirko Sbernini e Benedetta Malvisi. Si parlerà di come riconoscere un extravergine di qualità attraverso le indicazioni riportate in etichetta e attraverso l’analisi sensoriale.

A febbraio due appuntamenti. Il primo, previsto per giovedì 9, vedrà Giampietro Comolli, presidente OVSE (Osservatorio Vini spumanti), esperto di bollicine, direttore di Bubble’s Italia, confrontarsi su vino, economia, finanza, consumi, mercati, dati 2016 e prospettive 2017 con Sandro Piovani, giornalista della Gazzetta di Parma e responsabile della pagina Gusto. Giovedì 16 Febbraio Comolli tornerà per una serata di discussione in cui presenterà un metodo di degustazione inedito “Dal metodo italiano al metodo tradizionale…4 punto Zero”.

Il 9 marzo sarà la volta di Fulvio Martini, patron dell'azienda Fortulla, intervistato da Donato Troiano sulle caratteristiche dell'azienda che produce vini ed extravergine biologico di grande qualità. A seguire una degustazione guidata dal sommelier e delegato AIS di Reggio Emilia Gaetano Palombella.

Il 16 marzo ci sarà la presentazione della Guida Essenziale ai Vini d'Italia 2017 di Daniele Cernilli alla presenza dell'autore. L’incontro sarà coordinato da Andrea Grignaffini, direttore di Spirito di Vino e curatore della Guida Vini Espresso.

Mercoledì 6 aprile Francesco Pugliese, amministratore delegato e direttore generale di Conad, sarà intervistato dal giornalista,Stefano Pileri, vice caporedattore della Gazzetta di Parma sul tema “Il vino nella grande distribuzione”. Infine, giovedì 13 aprile il vignaiolo Francesco de Franco discuterà, insieme a Gaetano Palombella, sommelier e delegato AIS di Reggio Emilia eMatteo Gallello, redattore di Porthos, sul tema “Cirò e il Gaglioppo: tradizione e rivoluzione”.

Wine and Food academy | Parma | ingresso gratuito | presso Arte & Gusto | via Emilia Est 87 | tel. 0521 481784 | www.artegusto.net

 

a cura di Francesca Fiore


2016, anno record per le esportazioni di prodotti agroalimentari

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38 miliardi di euro è la quota registrata dall'export agroalimentare italiano nel corso del 2016, un dato che segna un record storico per il Paese e una crescita del 3%. Tutti i dati Istat.

2016: l'anno dell'export agroalimentare

Il prodotto alimentare più acquistato all'estero? Il vino. Seguito da ortaggi, latticini e olio extravergine di oliva. L'agroalimentare italiano è da sempre uno dei settori più in fermento del nostro Paese, il cui export è in costante crescita. E nel 2016 i prodotti agricoli hanno segnato un record nella storia delle esportazioni: si è arrivati infatti a una quota di 38 miliardi di euro, dato memorabile per l'Italia, che evidenzia una crescita del 3%. Sono i paesi dell'Unione Europea i fautori principali di questo traguardo, ma il made in Italy continua a spopolare anche su tutti gli altri mercati principali, dal Nord America all'Asia, fino all'Oceania. Unico Paese che ancora soffre gli effetti dell'embargo è la Russia, dove l'export tricolore sembra non essere destinato a crescere.

I dati

Tra i principali settori dell'export tricolore, il prodotto più acquistato all'estero si conferma il vino per un valore di 5,6 miliardi e una crescita del 3%”, stima la Coldiretti. Ci sono poi i prodotti ortofrutticoli, i formaggi, l'olio e anche i salumi. “Analizzando le performance dei prodotti nei singoli Stati”, prosegue la Coldiretti, “si scoprono aspetti sorprendenti, a partire dal successo del vino in casa degli altri principali produttori, con gli acquisti che crescono in Francia (+5%), Stati Uniti (+3%), Australia (+14%) e Spagna (+1%)”. E nella patria dello Champagne, “lo spumante tricolore fa addirittura segnare un incremento in doppia cifra”, pari al 57%. Trionfa anche la pasta, simbolo della cucina italiana per antonomasia, che registra una crescita del 16% solo in Cina (e negli ultimi giorni ha conquistato, dall'altro parte del mondo, le pagine del New York Times, che dà spazio alle realtà ambasciatrici della pasta di solo grano made in Italy). La birra tricolore, invece vede come principali acquirenti la Germania (+6%), la Svezia (+7%), la Gran Bretagna (+3%) e, inaspettatamente, anche l'Irlanda, patria della Guinness, con un incremento del 31%.

Gli ostacoli: contraffazione e agropirateria

Dati positivi dunque che, come ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, sono significativi “delle grandi potenzialità dell’agroalimentare italiano, che traina la ripresa dell’intero made in Italy”. E aggiunge: “L'andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una più efficace tutela nei confronti della 'agropirateria' internazionale”, ovvero la contraffazione dei prodotti che, attualmente,“fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale”. Un problema da risolvere o quantomeno da arginare il prima possibile se si vuole continuare su questa linea di crescita e sviluppo esponenziale. Infatti, al momento all'estero, “sono falsi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre”, un numero che deve far riflettere e spingere gli addetti ai lavori a prendere provvedimenti più rigidi contro le contraffazioni.

a cura di Michela Becchi

Città del gusto Romagna. Nasce a Cesena il punto di riferimento per l'agroalimentare del nord est

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Corsi, presentazioni di vini e altri prodotti tipici, la Città del gusto Romagna scalda i motori. Ecco come è e come sarà.

Sarà un punto di snodo per l'Italia del nord est, in cui presentare e valorizzare i prodotti di una regione fondamentale per l'agroalimentare italiano”. Così Camilla Carrega, direttrice delle scuole del Gambero Rosso, presenta la nuova nata tra le Città del gusto, quella di Romagna. L'obiettivo dichiarato? Che diventi ambasciatrice di un territorio ben più vasto della sola Cesena, in cui ha sede.

 

I corsi e le collaborazioni

Il cuore della Città del gusto Romagna è legato alla didattica. I primi corsi partiranno il 24 gennaio, con brevi sessioni che faranno il focus su alcune preparazioni, su tecniche di cottura, stili alimentari o menu per feste oppure occasioni speciali; mentre per i primi corsi professionali bisognerà attendere settembre. Insieme, però, una sinergia tra le varie Città del gusto e la Gambero Rosso Academy mette in campo i professionisti del futuro, e dirotta competenze e nuovi stili formativi nella sede di Cesena. Un esempio? “Gli studenti del master in Food and Wine comunication della Iulm di Milano saranno chiamati a Cesena per mettere in pratica quanto appreso nel percorso didattico”. Un project work nato in seno a una collaborazione tra Gambero Rosso Academy e Università, che apre un dialogo con il territorio e le sue migliori aziende alimentari, con l'obiettivo di sviluppare in breve tempo simili iniziative anche con accademie della regione Emilia Romagna. “Gli allievi si trasformeranno in piccole agenzie di comunicazione per passare dalla parte teorica, acquisita a Milano, alla sua applicazione pratica, da fare in Emilia Romagna”. Creando, così, un cortocircuito che mette insieme il percorso didattico, la sua applicazione sul campo, la conoscenza del territorio, la valutazione delle strategie e la valorizzazione dei suoi prodotti tipici. Cercando le chiavi di sviluppo di un nuovo modo di fare comunicazione.
 

Città del gusto di ROmagnaCittà del gusto Romagna. Un'aula della didattica

La sede

La neonata Città del gusto si trova all'interno di Cesena Fiera, a Pievesestina, alle porte di Cesena, una posizione strategica per sviluppare dei progetti in partnership con i maggiori protagonisti del wine&food locali, ma anche per essere presenti sul territorio con eventi specifici legati al cibo e al prodotto tipico. La Città del gusto è destinata a diventare uno snodo per l'agroalimentare: dal punto di vista della formazione, dello sviluppo di progetti e collaborazioni, da quello della creazione di eventi a tema. Nell'area di 500 metri quadrati, due ampie aule sono destinate alla didattica, amatoriale e professionale, ognuna con 12 postazioni per un totale di 48 posti disponibili, ci sono poi una sala riunioni da 100 posti, un corner destinato alla vendita di libri, riviste, attrezzi per la cucina e prodotti; ma l'intera e suggestiva struttura sarà uno spazio fortemente attrattivo per gli operatori del settore, promettendo di diventare, a breve, un punto cardine per quell'angolo d'Italia così centrale nella nostra tradizione gastronomica.

 

La wine room

Abbiamo voluto una wine room, una novità rispetto alle altre sedi della Città del gusto” racconta ancora la Carrega. È uno spazio dedicato espressamente al vino, da usare per presentazioni di guide, di vini e altri eventi. Nell'aula le cantinette e i tre Wine Emotion (il sistema di mescita e conservazione del vino che mette al riparo dal deterioramento una volta aperta a bottiglia grazie all'uso di gas inerte che conserva intatte tutte le caratteristiche organolettiche) sono il segno che si vuole dare spazio al prodotto: il vino, quello del territorio ma non solo, deve essere conosciuto, studiato, approfondito. Ma soprattutto assaggiato.

 

L'arte e il territorio

Una cosa a cui teniamo molto” dice Simonetta Zoffoli, responsabile della Città del gusto Romagna, “è il rapporto con il territorio e il legame con l'arte. L'idea, insomma, che si debba lavorare per costruire un mondo più bello e in armonia”. Spiega così la decisione di ospitare all'interno della struttura mostre temporanee di pittura e scultura. L'inizio è nel segno del recycling, del resto non molto distante da qui è nata l'esperienza dei Mutoid. “Vogliamo contribuire a mettere in relazione cucina e arte, e porre l'accento sul ruolo che ha l'arte nel definire l'ambiente in cui viviamo”.

 

Città del gusto Romagna | Pievesestina (CE) | via Dismano, 3845 | www.gamberorosso.it/it/scuole-di-cucina/citta-del-gusto/romagna

 

a cura di Antonella De Santis

foto: Mirco Ricci

 

Viaggio tra i vitigni autoctoni: il catarratto

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Nell’ambito della nostra ricerca attraverso i vitigni autoctoni italiani, parliamo del catarratto: uno dei più antichi e caratteristici vitigni a bacca bianca della Sicilia.

Storia e territorio

Nel lembo occidentale della Sicilia le origini della viticoltura risalgono a tempi antichissimi. L’area di Mozia venne colonizzata fin dall’VIII/VII secolo a.C dai Fenici, che solcavano il mar Mediterraneo alla ricerca di nuovi scali commerciali. Ancora oggi la zona di Trapani, Erice e Marsala rappresenta una delle regioni d’eccellenza per vini siciliani.

In questo splendido territorio costiero, che si affaccia sull’arcipelago delle isole Egadi, il clima è caldo, secco, mitigato dalle brezze marine e spesso caratterizzato da forti venti. Le esposizioni, che dal litorale salgono verso i primi rilievi montuosi dell’interno, offrono buone escursioni termiche, che favoriscono la produzione di uve dal profilo aromatico intenso. I suoli sono prevalentemente composti di sabbie, calcare e rocce tufacee, terre povere e molto vocate per una viticoltura di qualità.

In questo particolare habitat, la storia e la tradizione del territorio hanno conservato fino ai giorni nostri molti vitigni autoctoni di grande valore. Il catarratto è una delle varietà a bacca bianca, non solo più antiche, ma anche di maggior personalità e carattere. Nei secoli scorsi era prevalentemente utilizzato insieme al grillo e all’inzolia per produrre il Marsala. Il declino del famoso vino fortificato ha portato con sé anche il progressivo abbandono della coltivazione del catarratto a cui sono stati preferiti vitigni internazionali commercialmente più conosciuti e remunerativi. Solo negli ultimi decenni, grazie a una maggiore attenzione e valorizzazione delle uve autoctone vinificate in purezza, il catarratto ha lentamente riconquistato un ruolo di primo piano tra i bianchi siciliani. Oggi rappresenta una delle migliori eccellenze dell’isola e sta finalmente mettendo in luce tutto il suo vero potenziale, per affermarsi definitivamente a livello nazionale e internazionale.

 

Caratteristiche

Il catarratto è un vitigno vigoroso e produttivo. Le vigne sono tradizionalmente coltivate ad alberello, con potatura corta e pochi grappoli per pianta, in modo da ottenere uve dalla buona concentrazione aromatica. In Sicilia sono presenti due diversi biotipi, il catarratto comune e il catarratto lucido. I due cloni sono piuttosto simili da un punto di vista varietale. Il catarratto comune ha un grappolo alato e produce uve dal grado zuccherino piuttosto elevato, mentre il biotipo lucido presenta grappoli dalla forma tendenzialmente cilindrica, con acini più piccoli e meno coperti da pruina.

Il vino ha un colore giallo paglierino. Il bouquet è caratterizzato da profumi di zagara, gelsomino, erbe aromatiche, agrumi e frutta bianca. Al palato colpisce per la vivace acidità, ben equilibrata da note fruttate e da una nitida vena minerale. Il finale è leggermente ammandorlato. In generale, i vini prodotti con il catarratto lucido si distinguono per un profilo più delicato e fresco.

A tavola trova i migliori abbinamenti con la cucina di mare del territorio. È un compagno perfetto per antipasti, crostacei, secondi piatti di pesce e nelle versioni più strutturate si può abbinare anche a carni bianche delicate.

 

Produttori

Negli ultimi anni molti produttori si sono dedicati alla valorizzazione in purezza del catarratto. Tra le versioni più fresche e tipicamente varietali, segnaliamo l'Erice Catarratto Calebianche di Fazio Wines, il Catarratto Zafarà di Baglio Oro e il Catarratto Miano di Castellucci Miano. Più complessi e strutturati il Catarratto di Porta del Vento, Catarratto di Nino Barraco, il Sicilia Catarratto Isula di Caruso & Minini, il Catarratto Shiarà di Castellucci Miano e l’Erice Catarratto PietraSacra di Fazio Wines.

 

a cura di Alessio Turazza

 

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Street Food d'Italia 2017. Liguria: Moltedo di Recco

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Nasce oltre un secolo fa il panificio Moltedo di Recco, che porta avanti le antiche tradizioni liguri. Qui, la famiglia Moltedo continua anno dopo anno a proporre le ricette classiche della regione, fra focacce e pani di tutti i tipi. A 143 anni dalla sua nascita, il panificio vince il premio regionale nella Guida Street Food del Gambero Rosso.

Sono trascorsi oltre 100 anni da quando la famiglia Moltedo ha aperto, nel comune di Recco, il suo forno, poi passato alla storia come uno dei più buoni della Liguria, tanto da aggiudicarsi il premio come miglior cibo da strada ligure nella Guida Street Food del Gambero Rosso. Fra le specialità della casa, una menzione d'onore va alla focaccia, prodotto che ha ottenuto il marchio Igp grazie all'impegno di Gianni Carbone, padre della focaccia di Recco da poco scomparso. A raccontarci il percorso del panificio è Ida Moltedo, oggi tra i soci del negozio.

Come nasce l'attività?

La storia del panificio è antica. Affonda le sue radici nel 1874, quando il mio bisnonno, Lorenzo Moltedo, rilevò questo locale da una sua anziana zia. Da allora, la mia famiglia ha continuato a seguire le ricette della tradizione, continuando a puntare sui sapori di una volta.

Come si è evoluto negli anni?

In realtà, si tratta di un forno molto classico. Come dicevo, ci piace l'idea di riproporre quel gusto intramontabile della tradizione, oggi molto difficile da trovare. Le ricette sono sempre le stesse, così come gli ingredienti e il metodo di preparazione. L'unica innovazione (minima) riguarda le farine.

Che farine utilizzate?

Farine biologiche di diverso tipo. Abbiamo quella integrale, di cereali, di farro, di grano saraceno e poi le classiche di grano duro e tenero.

 

Pane e cioccolato, Moltedo

Dove acquistate le materie prime?

Dallo stracchino alle verdure, dalle erbe aromatiche alle farine, tutti gli ingredienti provengono da piccoli produttori locali. Crediamo molto nel legame fra cibo e territorio, e non solo: al di là delle materie prime, nella panificazione riprodurre una ricetta locale in un'altra regione è pressoché impossibile.

E perché?

Perché l'acqua, il livello di umidità, la temperatura e tanti altri fattori determinanti per la lievitazione cambiano di città in città. Per esempio, una volta mio nonno e mio padre erano andati in un panificio torinese per imparare a fare i grissini. Utilizzando stessi ingredienti, dosi e procedimento, il prodotto qui a Recco era completamente diverso. La panificazione è un'arte delicata e difficile da riprodurre.

Qual è il prodotto più richiesto?

Sicuramente la focaccia di Recco, quella con lo stracchino, che è il nostro cavallo di battaglia. E poi quella con le cipolle, molto richiesta anche dai turisti.

 

Focaccia, Moltedo

Offrite anche da bere?

No. Abbiamo qualche bibita analcolica per la vendita, ma siamo un panificio, non un bar. Niente aperitivi o pranzi.

Pensate mai di cambiare format e fare anche somministrazione?

No, mai. Abbiamo un'ampia fetta di clientela affezionata e anche i turisti di passaggio, italiani e stranieri, apprezzano molto i nostri prodotti così come sono. Siamo un punto di riferimento per la tradizione gastronomica del paese; nasciamo come fornai e tali vogliamo rimanere.

E pensate di aprire un'altra sede?

No, non potremmo mai replicare i nostri prodotti altrove. E poi qui abbiamo già tanto lavoro.

Quanti siete nel team?

In tutto, 17 persone fra laboratorio e negozio.

Moltedo | Recco (GE) | via XX Settembre, 2 | tel. 01 8574046 | www.facebook.com/PanificioMoltedo1874/about/

a cura di Michela Becchi

Guida Street Food 2017 del Gambero Rosso | Euro 6,50 | acquistabile in edicola, libreria e on line

Guida Street Food 2017 del Gambero Rosso. Ecco i risultati

Street Food d'Italia 2017. Valle d'Aosta: Sushiball di Courmayeur

Street Food d'Italia 2017. Veneto: Gourmetteria di Padova

Street Food d'Italia 2017. Emilia Romagna: Punto G di Piacenza

Street Food d'Italia 2017. Trentino Alto Adige: Briciole Food and Drink di Rovereto

Street Food d'Italia 2017. Marche: Il Furgoncino di Pesaro 

Street Food d'Italia 2017. Umbria: Bacalino di Perugia

Street Food d'Italia 2017. Puglia: Piadina Salentina di Lecce 

Jamie Oliver cede alla Brexit: chiudono 6 ristoranti della catena Jamie’s Italian sul suolo inglese

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I costi per reperire materie prime di qualità in Italia aumentano, la sterlina è debole, l’attività non è più sostenibile. Tutta colpa della Brexit? Non è detto: dietro alla decisione dello chef che interpreta la cucina italiana in UK potrebbe nascondersi la difficoltà di restare a galla sul mercato interno. Tanto che altrove il gruppo continua a espandersi. 

Lo spauracchio della Brexit

All’indomani del successo inaspettato della Brexit, che al termine di un lungo processo traghetterà la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea, ci interrogavamo (qui e qui) sulla sorte di chi, tra gli imprenditori di settore italiani, sul buon rapporto con il mercato anglosassone ha costruito la propria fortuna. Importatori, ristoratori espatriati in UK, aziende vinicole e tanti addetti ai lavori del comparto enogastronomico e agroalimentare intervistati a caldo per raccogliere umori e presagi. Spesso preoccupazioni dettate più dallo stordimento temporaneo e largamente condiviso, che dalla reale analisi dei fatti di una situazione piuttosto incerta, perché nuova. E infatti, se qualcuno aveva con frettoloso allarmismo previsto un dietrofront dell’imprenditoria made in Italy dal regno di Sua Maestà Elisabetta II, le vicissitudini dei mesi a seguire hanno rassicurato non poco gli animi. Un caso su tutti, tema caldo ed estremamente attuale, è stato il boom delle pizzerie tricolore a Londra, che si sta popolando di tante insegne storiche e personalità del mondo della pizza italiana, da Michele a Berberè, all’ultimo annuncio dell’insegna partenopea Trianon.

Jamie Oliver cede alla Brexit

E invece l’effetto Brexit – ma più che altro il conto che il valore della sterlina sta pagando al referendum dello scorso giugno – sembra essere stato fatale per Jamie Oliver, inglese doc ma particolarmente legato all’Italia e alla sua cucina, di cui si è fatto ambasciatore sul piccolo schermo come nelle scuole del Regno, e nei suoi numerosi ristoranti. “Acquistare i prodotti dall’Italia è sempre più oneroso, e noi che non vogliamo diminuire la qualità dei nostri locali non riusciamo più a sostenere lo sforzo”, ha riferito nei giorni scorsi l’ad del Jamie Oliver Restaurant Group al Telegraph. Risultato? Entro marzo ben 6 ristoranti della catena Jamie’s Italian chiuderanno i battenti, causa rincaro dei costi e calo della sterlina.

Jamie’s Italian. Il futuro della catena

Poca cosa se consideriamo che il gruppo guidato dalla chef star britannica conta 42 ristoranti solo in Gran Bretagna, e altre 28 insegne nel resto del mondo. Ma comunque una decisione che fa clamore, tenendo presente il coinvolgimento di ben 120 dipendenti che prestavano servizio nei locali interessati (due sono a Londra). E infatti dai vertici del gruppo sono già arrivate le prime rassicurazioni, che spostano l’attenzione sulle nuove aperture – ben 22 – in programma nel resto d’Europa (da Dusseldorf a Reykiavyk), che potrebbero accogliere le risorse da ricollocare, sempre sotto il brand Jamie’s Italian (fondato a Oxford nel 2008 per incontrare i gusti di tutta la famiglia: ambiente informale e prezzi modici, ricette italiane e ingredienti di qualità), che non sembra affatto destinato a morire, soprattutto fuori dai confini UK.

Le difficoltà economiche del gruppo. È tutta colpa della Brexit?

Tanto che i maligni ipotizzano motivazioni ben più prevedibili dietro alla decisione di chiudere i 6 locali inglesi: in patria l’insegna non sarebbe più in grado di sostenere la concorrenza agguerrita di nuovi competitor, come dimostra il calo netto degli incassi registrato tra il 2015 e il 2016, dai quasi 4 milioni di sterline di fatturato di due anni fa ai 2,3 milioni del 2016. E Jamie Oliver sa bene che per restare sulla cresta dell’onda l’ingranaggio deve girare alla perfezione: “I nostri ristoranti devono servire almeno tremila pasti alla settimana per essere sostenibili”, ha dichiarato l’ad Simon Blagden alla stampa inglese. Il problema dunque non sono le spese per le forniture bensì, a quanto pare, gli incassi che in alcune insegne dell’impero non sono all’altezza. E allora si chiude. Per quel motivo però e non per la quotazione della sterlina che in questi mesi soffre contro l’euro, certo, ma che comunque è agli stessi livelli di un anno come il 2013 ad esempio, durante il quale il gruppo dello chef britannico è cresciuto e ha prosperato.

Intanto però si guarda lontano. Il prossimo obiettivo dichiarato è l’Australia, dove Oliver ha appena riacquistato i diritti del marchio Jamie’s Italian che aveva ceduto. Insomma, che la Brexit non sia solo un convincente capro espiatorio per evitare di dire che alcuni locali, come è legittimo che accada, andavano malino?

 

a cura di Livia Montagnoli

Il 2017 della ristorazione romana. Niko Romito a Piazza Verdi, Seu a Trionfale e Birra del Borgo nell’ex Romeo

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Si apre un anno che si preannuncia particolarmente allettante per il panorama gastronomico capitolino. Almeno stando a rumors e boatos che mettono in subbuglio gli addetti ai lavori. Così in primavera potremmo ritrovare Niko Romito e i suoi ragazzi ai Parioli, Pier Daniele Seu a Trionfale, Birra del Borgo al posto di Romeo. E così dicendo tra trattorie della tradizione e restyling d'autore. Qualche considerazione. 

Ormai chiuso il bilancio sulle migliori buone nuove del 2016, sul mercato della ristorazione capitolino che guarda all'anno che inizia si apprestano a imperversare diverse interessanti novità, che promettono di riconfigurare finanche lo scacchiere delle insegne più in vista. Ci muoviamo su un terreno ancora piuttosto scivoloso, e il condizionale è d'obbligo e di premessa a tutto, ma con un po' di prudenza alla mano è possibile tracciare una visione complessiva delle aperture (e dei traslochi) di peso che movimenteranno i primi mesi del 2017. Alcune, peraltro, sono di rilevanza non solo cittadina ma nazionale e addirittura internazionale.

Trasloco per Spazio di Niko Romito?

A cominciare da un colpo di scena che sembrerebbe allontanare definitivamente il nome di Niko Romito dal futuro di Eataly: erano ormai insistenti i rumors sul trasloco di Spazio Roma, che entro la primavera dovrebbe trovare una nuova sistemazione a Piazza Verdi, Parioli, di fronte al più clamoroso sviluppo alberghiero che atterrerà in città nei prossimi anni (il Rosewood hotel negli spazi dell’ex Poligrafico dello Stato), e per la prima volta in una grande città come solista, fuori dalla pancia di grandi gruppi (a Roma era Eataly, a Milano è Autogrill) in uno spazio ambizioso che sommerebbe bar, bakery e il ristorante dei ragazzi della Niko Formazione che ha saputo conquistare critica e pubblico. Non è complicato prevedere uno sviluppo internazionale per questo format che potrebbe portare nel mondo il progetto: il 2017 potrebbe già vedere nuove aperture all'estero a partire dal modello romano, che così si configurerebbe come un primo prototipo. Difficile prevedere quali nuovi scenari si aprirebbero per Eataly Ostiense, e chi eventualmente potrebbe arrivare alla guida del ristorante di punta dello store, che con Spazio aveva trovato la stabilità dopo il tiepido esordio affidato al ristorante Italia. Ed è Francesco Farinetti a confermare un lavoro di ricerca in fieri, che entro Pasqua restituirà una risposta definitiva: “Stiamo valutando diverse opzioni sul lato della formazione, in continuità con il discorso portato avanti finora, come sul fronte del coinvolgimento di nomi noti della ristorazione italiana. Senza escludere la possibilità di un ristorante a rotazione: le ipotesi sul tavolo sono molte e abbiamo tempo fino alla primavera per vagliarle al meglio”. Il fil rouge con il grande cuoco abruzzese però non si rompe: “i rapporti con Niko rimangono ottimi e faremo ancora cose insieme”. D’altronde negli anni in cui è stato “incubato” in Eataly, Spazio è riuscito a diventare uno dei ristoranti più significativi della città. Senza ombra di dubbio nella top five dei più interessanti nella sua fascia di prezzo.

 

Birra del Borgo al posto di Romeo

Progetto altrettanto ambizioso quello che dovrebbe concretizzarsi nei prossimi mesi sull'altra sponda del Tevere, in un quartiere Prati particolarmente ambito da chi scommette nella ristorazione capitolina. In uno dei suoi snodi più trafficati, quella piazza Risorgimento che fronteggia le mura vaticane, la zona ha recentemente beneficiato dell'arrivo dell'inedita accoppiata Manuele Colonna e Stefano Callegari: un team delle meraviglie che conferisce sostanza e qualità all'offerta di Be.Re., tra birre della Franconia e Trapizzini d'accompagnamento. Ma poco distante via Silla è rimasta orfana di Romeo e dell'intraprendenza di Cristina Bowerman (che presto ritroveremo all'Emporio nel quartiere Testaccio, come più volte anticipato, con un progetto che segnerà il 2017 per dimensioni, squadra e contenuti): l'ex concessionaria che per tanti anni ha ospitato il progetto ambizioso della coppia Spada-Bowerman però tornerà presto a macinare grandi numeri; e c'è da scommetterci, visto il calibro della realtà che ha rilevato lo spazio, quella Birra del Borgo in Ab Inbev che dopo il recente passaggio di proprietà ha tutta l'intenzione di intraprendere nuove sfide, come quella della ristorazione. Con la scommessa di Prati Leonardo Di Vincenzo inaugurerebbe un progetto di espansione (anche internazionale, già nei piani mesi fa, come rivelava allora Di Vincenzo) improntato alla realizzazione di una catena di gastropub (birra e cucina) a nome Birra del Borgo. Il cantiere comincia a muoversi in queste settimane, di indiscrezioni ne trapelano poche (una riguarda la più che probabile presenza di Gabriele Bonci e della sua pizza): scopriremo che ne sarà a tempo debito. L’unica certezza, tutt’altro che trascurabile, è che in questo caso, così come per Romito, siamo in presenza del prototipo di un grande progetto di ristorazione con respiro internazionale.

I rumors. Dall'Enoteca Capranica alla nuova pizzeria di Seu

A tornare nel campo dei rumors appena sussurrati, invece, si intravedono all'orizzonte diverse tracce da seguire. Come l'ipotesi che all'Enoteca Capranica, storica insegna inaugurata nell'omonima piazza nella prima metà del Novecento dalla famiglia Santarelli (all'epoca era solo un Vini e Olii), le carte in tavola stiano per cambiare ancora una volta. Lo spazio che assomma ristorante ed enoteca potrebbe accogliere un nuovo staff di volti noti, con Alessandro Cecere in cucina ed Emanuele Broccatelli ai cocktail, sotto l'egida del gruppo di imprenditori storicamente proprietari della casa vitivinicola Casale del Giglio e col benevolo zampino di Maurizio Bistocchi. E nel campo dei rumors torniamo a fare pure il nome di Pier Daniele Seu, appena confermato alla guida della pizzeria del Mercato Centrale di Roma. Per il pizzaiolo che si è distinto davanti al (non facile) forno di Gazometro 38, il 2017 potrebbe essere foriero di altre novità, con il probabile esordio solista al quartiere Trionfale: un'insegna tutta sua non molto distante dal maestro e amico Gabriele Bonci. Lo stile sarà però “nordico”, vicino a quello dei pizzaioli Renato Bosco e Simone Padoan: pizze in diverse consistenze, al vapore, croccante, fritta. E poi diversi impasti a seconda del topping. Tutte le declinazioni della pizza per soli 60 coperti: una cosa che a Roma oggettivamente manca.

Trattoria d'autore a San Giovanni

Possibili novità in vista anche in zona San Giovanni, dove il buon risultato di Sbanco (che sta ampiamente ripagando le aspettative a nemmeno un anno dall'apertura) potrebbe dar vita a una costola d'autore – sotto la guida della giovane e talentuosa Sarah Cicolini, ora a capo della cucina della pizzeria di piazza Zama, in perfetta sintonia con Stefano Callegari e col pizzaiolo resident Valerio Piccirilli - in piazza Tuscolo. Una trattoria della tradizione come non se ne vedono più molte in città, pochi posti a sedere (una quarantina) e una carta agile che spazierebbe tra i grandi classici della tavola romana – dalla carbonara alla fettuccine con rigaje di pollo, ai ravioli di broccoli in brodo di arzilla – eseguiti con cura da una mano che può vantare trascorsi eccellenti come la militanza nella brigata di Roy Caceres. Insomma, un ritrovo familiare ed informale a prezzi popolari, che porterebbe una bandierina in più sulla mappa della San Giovanni gastronomica. E così anche Sbanco potrebbe nei prossimi mesi rivedere la propria formula di cucina (comunque presente), con una proposta che lascerebbe più spazio alle pizze di Stefano Callegari.

Cucina Eliseo. Magnolia Eventi a teatro

In attesa di avere conferme, chiudiamo con una novità che è già certezza, la nuova Cucina Eliseo, che da un paio di mesi ha ridisegnato ancora una volta il ristorante del celebre teatro di via Nazionale. All'interno del Foyer, alla guida della cucina è arrivato lo chef Lorenzo Buonomini, per conto del gruppo Magnolia Eventi, celebre realtà di banqueting nata nel 2006 ai Castelli Romani. Il gruppo ha preso in mano le redini del progetto impostando una proposta stagionale, da filiera corta, che omaggia la tradizione del territorio grazie all'esperienza dello chef in arrivo dal Torchio di Frascati. Dalla colazione fino al dopo teatro, aperto anche al pubblico esterno.

Gli ultimi boatos

Finito qui? Neanche per sogno. È in subbuglio il mondo dell’alta hotellerie. Sta nascendo un grande cinque stelle lungo Via del Corso, seguito dal grande immobiliarista della comunità ebraica Eduardo Safdie, mentre sopra Piazza Barberini (dove, a proposito di alberghi, Andrea Fusco rilancia il suo ruolo all’Hotel Bernini Bristol con grandi investimenti in vista, raddoppio del terrazzo e rifacimento della cucina) arriverà l’Hotel W del gruppo Westin. Tutti progetti che promettono di puntare molto sulla parte mangereccia. Altre voci riguardano ZUM, il progetto dedicato (non solo) al tiramisù vicino Campo de’ Fiori, che dopo il successo dell’avvio parrebbe pronto al raddoppio in uno spazio di Trastevere, ma con contenuti nuovi e diversi dalla prima sede. C’è poi il progetto Fòndaco, di cui abbiamo parlato più di un anno fa, che sta arrivando a destinazione dopo assurdi impedimenti burocratici (gli stessi che hanno bloccato il nuovo ristorante dentro il Parco Nemorense, che invece a marzo aprirà. Ma sul versante sociale si segnala pure l'inizio imminente della bella esperienza di Altrove, in zona Ostiense: scuola, laboratorio e bistrot che impiega i ragazzi immigrati desiderosi di cimentarsi con la ristorazione. Ne riparleremo): una intera strada del centro – via della Frezza – totalmente trasformata e destinata al commercio di qualità. Ovvio che non mancherà la ristorazione, con un american bar, un ristorante da una settantina di coperti e due altri spazi (uno forse destinato allo street food d’autore). Riserbo ancora sul nome dello chef che sovraintenderà a tutta la macchina. Infine novità in vista per il 2017 di Caffè Propaganda, il bel locale di fronte al Colosseo, che ha modificato un po’ gli standard di una certa ristorazione qualche anno fa, punta a rinnovarsi radicalmente inserendo personalità di rilievo in tutti i settori, dal bere al mangiare alla sala: “Vogliamo diventare il locale più completo di Roma”, trapela dai responsabili del progetto di restyling. Vedremo.  

 

a cura di Livia Montagnoli e Massimiliano Tonelli

Mondo blog. Tipicamente: “l'altro” racconto del vino

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Un log di vino, da due professionisti del mondo del vino. Si chiama Tipicamente, ed è il progetto indipendente e fuori dai canoni di due degustatori e critici del vino. 

Sono in due, colleghi di studi e di lavoro, e per un periodo anche coinquilini. Ai tempi del Master in Giornalismo e Comunicazione Enogastronomica del Gambero Rosso. E se per una volta parliamo (anche) di noi, è perché Tipicamente, il blog di Antonio Boco e Paolo De Cristofaro (oggi collaboratori del Gambero Rosso), ci piace davvero.

 

Diversi mezzi, diversi stili

Ed è emblematico di come si possano (e forse dovrebbero) avere due approcci diversi secondo il mezzo che si usa: blog, guida, rivista. “Il blog è un progetto molto armonico rispetto al lavoro al Gambero, per quel che ci riguarda”spiegano. Che significa: altri argomenti, ma soprattutto altri modi di trattarli: “il Gambero ha una sua storia e un pensiero collettivo, è un prodotto corale non ha mai avuto un uomo solo al comando. Ognuno è una delle tante voci che si coordina con le altre. E questo ci piace molto: nella critica è importante”.

Nel blog è l'opposto, si restituisce un pensiero individuale “l'abbiamo aperto proprio per dare una voce parziale, più nostra, rispetto alla lettura collettiva 'gamberesca': è un modello diverso che si lega a quella del nostro lavoro”. Perché per Boco e De Cristofaro (uniche due firme tranne qualche rara eccezione)il vino è un mestiere, non solo una passione. Solo che, da professionisti, decidono che forma dare alle diverse esperienze.

 

Il piacere del ritmo lento e il rifiuto del giogo dei numeri

Sul blog non ripercorriamo gli schemi del lavoro Gambero, cerchiamo un pensiero laterale più che un tema specifico, e scriviamo di quel che ci succede nella nostra vita di assaggiatori e appassionati, quel che ci dà emozioni”e lo fanno in un modo che va in una direzione diversa rispetto quel che abitualmente si trova online. “Non seguiamo nessuna delle regole della rete”spiegano “facciamo spesso articoli lunghi e di approfondimento, e”aggiungono“non cerchiamo la polemica, non ci interessano i titoli accattivanti o l'attenzione legata alla stroncatura. Facciamo quel che ci interessa, senza compromessi, senza una vera e propria strategia editoriale”.

E i lettori apprezzano questo ritmo lento? “Abbiamo un seguito non oceanico, non mainstream, ma di appassionati abbastanza radicali e curiosi. Chi ci legge ha deciso che ci vuolededicare del tempo. Di che cifre parliamo? “Non lo sappiamo: cerchiamo di svincolarci dalla dittatura dei numeri. Non ci interessa allargare il sèguito per forza perché già abbiamo la nostra soddisfazione professionale”. Insomma, non è un modo per dare sfogo a una passione, ma il modo per dare un'altra voce a quella passione che è anche professione.

 

Gli articoli più letti e un po' di comicità online

Gli articoli più letti, e più commentati non solo online,sono spesso - a sorpresa - quelli più faticosi, per lunghezza o approfondimento. “Esattamente l'opposto di quel che in genere si dice funzioni sul web”. A testimoniare che il loro pubblico non è certo casuale. Si tratta di persone che amano andare a fondo, ma non disdegnano lo scherzo. Perché spulciando sul blog si inciampa in post dai toni comici, che canzonano senza remore vizi, tic e manie di questo mondo, per esempio il video (in occasione di Anteprime Toscane scorso) in cui imitano i vezzi dei giornalisti internazionali: “è un modo per giocare un po', altrimenti si diventa troppo seri”. Sdrammatizzare è importante, “ma sempre a partire da chiavi di lettura che per noi sono interessanti”. Così come seguire l'ispirazione del momento, si tratti del Nobel a Bob Dylan, di sigari o altri temi. Primo tra tutti il cibo: “spendiamo molti soldi in ristoranti, pure quelli che non abbiamo scherzano, e ogni tanto li raccontano pure. “Cerchiamo di non fare la semplice recensione, ma di partire da una riflessione, una chiave di lettura per raccontare il cibo”. Come in risposta a una vibrazione. Oggi, a un anno dal restyling, lo fanno con un po' più di pensiero e consapevolezza, “ma forse siamonoi che siamo cambiati”.

 

http://tipicamente.it/

 

a cura di Antonella De Santis


Order Concept. Il sistema digitale e intelligente per gestire gli ordini al ristorante, tramite Messenger

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L’idea nasce da un informatico e da un ristoratore italiani, a cavallo tra Piemonte e Liguria. E garantisce ai ristoranti che aderiscono di offrire ai propri clienti un canale diretto e a portata di smartphone per dialogare con la cucina, dall’ordine al conto. Ecco come funziona, e perché non danneggia (anzi!) il servizio di sala. 

La gestione della sala e l’aiuto dell’innovazione tecnologica

In quel microsistema complesso che è l’universo del ristorante, tra sala e cucina, la razionalizzazione delle risorse è una qualità da non trascurare se l’obiettivo primario è quello di far tornare i conti e offrire un servizio adeguato. E l’innovazione tecnologica può fornire un grande contributo, senza per questo inficiare il gioco delle parti. Lungi dallo sminuire il ruolo fondamentale di un servizio di sala puntuale e competente, l’idea messa sul piatto da Order Concept potrebbe rivelarsi vincente: sviluppato in Italia dall’informatico torinese Claudio Gioiosa insieme al ristoratore Gianni Errico, titolare del Nettuno di Rapallo, il servizio digitale già disponibile nei ristoranti che aderiscono al sistema è quella che in gergo tecnico si definisce chatbot, un software progettato per simulare una conversazione intelligente, supportato in questo caso da Messenger. Ecco perché per usufruire del sistema sarà sufficiente scaricare sul proprio smartphone il servizio di messaggistica di Facebook – di cui ormai tutti facciamo largo uso – pur senza essere iscritti a qualsivoglia social network. Poi, una volta seduti al tavolo, sarà il cameriere a comunicare il codice di attivazione per comunicare con la cucina.

Order Concept. Come funziona

Sì, perché l’intento di Order Concept è proprio quello di ottimizzare la gestione degli ordini al ristorante stabilendo un canale di comunicazione diretto e informatizzato tra cliente e locale, permettendo cioè al commensale di accedere al menu (completo di prezzi, foto, lista degli ingredienti) direttamente tramite smartphone, e dal display selezionare la comanda, inviata automaticamente e stampata in cucina. E di più, tramite l’opzione “note”, per il cliente con particolari esigenze, intolleranze, richieste sarà più semplice comunicarle in cucina. Senza per questo scavalcare il cameriere, a disposizione per ogni evenienza e facilmente rintracciabile tramite il tasto “chiama”. Stessa razionalizzazione dei tempi anche per la richiesta del conto, che il sistema è in grado di inviare al termine del pasto via Messenger: al cliente decidere se recarsi in cassa o pagare direttamente tramite smartphone, con Paypal o carta di credito.

Clienti e ristoratori. Vantaggi per tutti

L’intuizione sta già prendendo piede tra Liguria e Piemonte, ma forte di una serie di vantaggi oggettivi potrebbe presto far breccia in molte situazioni analoghe: “Dal lato del ristoratore, Order Concept migliora l’efficienza del locale, accelera i tassi di turnover dei tavoli e consente a camerieri e addetti di sala di concentrarsi meglio sulla parte fondamentale del loro lavoro, che è dalla comanda in avanti. Sul fronte dei clienti, il sistema rappresenta un metodo smart per ottimizzare i tempi di attesa, nella certezza di essere serviti in ordine di arrivo”, spiega Claudio Gioiosa. Poi c’è la componente di marketing: una volta terminata la cena il ristorante può inviare al cliente tramite Messenger un questionario di valutazione, promozioni speciali e programmi di fidelizzazione. Senza dimenticare l’indagine statistica: l’informatizzazione delle comande, infatti, garantisce al ristoratore di disporre di dati importanti per razionalizzare il food cost e indirizzare le strategie di vendita. Quali sono i piatti più richiesti? Quali hanno riscontrato meno successo?

E in vista di una diffusione più massiccia già si studiano le prossime misure per implementare il servizio, come la disponibilità di un menu multilingue o l’opzione in app per prenotare un tavolo. Mentre presto il sistema potrebbe funzionare anche su altri applicativi, come Telegram o Wechat, e diffondersi in tutti i locali che fanno somministrazione.

 

a cura di Livia Montagnoli

Il vino, di generazione in generazione. Il Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane

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Nelle grandi famiglie del vino il cambio generazionale è un momento topico: le giovani leve che affiancano i patriarchi danno nuova linfa alle attività di famiglia, cercano nuovi percorsi per raccontare il territorio, abbracciano modalità produttive rigorose ma aperte al rinnovamento.

Porpoising è il comportamento che assumono i delfini quando nuotano veloci e con salti lunghi e bassi rientrano ed emergono dall’acqua in modo deciso ma con grazia. Questa è la prima impressione che le Colline Teramane offrono a chi le osserva dopo aver attraversato il valico del Gran Sasso: sembra vederle tuffarsi nel mare Adriatico. Un ritmo caratterizza la morfologia di questo territorio che si sviluppa nel solco delle quattro vallate del Vomano, del Tordino, del Salinello e del Vibrata e degli omonimi fiumi che le attraversano.

Siamo nella parte più a nord della regione Abruzzo, in un areale che partendo dal confine sud delle Marche, arriva a ridosso della provincia di Pescara. Uno snodo collinare compreso tra il Mare Adriatico e il Gran Sasso d’Italia.

 

Il territorio

La zona è storicamente vocata alla viticoltura. I terreni sono di matrice calcareo-argillosa e sabbioso-argillosa con un clima equilibrato caratterizzato, durante la notte, dalle basse temperature provenienti dal massiccio del Gran Sasso e, di giorno, dalle brezze marine provenienti dal Mar Adriatico e dell’influsso dei Balcani. Il fattore climatico è il vero asso nella manica di questa Docg, che rappresenta la denominazione di riferimento per il vitigno montepulciano d’Abruzzo ma dentro al quale si possono trovare interessanti espressioni di trebbiano d’Abruzzo, cerasuolo e pecorino.

 

I margini di crescita del territorio sono notevoli e arrivare a un numero critico di bottiglie per affrontare il mercato globale è uno degli obiettivi più importanti che il consorzio di tutela intende perseguire assieme allo sviluppo di un asset strategico - organizzativo capace di dare vita ad un marchio territoriale.

 

 

Fattoria Nicodemi

In Contrada Veniglio a Notaresco ha sede la fattoria Nicodemi. L’azienda si sviluppa su un unico costone in una vallata perpendicolare al mare Adriatico che dista solo 10 km. Ci troviamo tra i 250 ed i 300 m s.l.m. in un anfiteatro naturale. Lungimiranza e senso estetico sono gli elementi che hanno guidato Bruno Nicodemi nella fase di concepimento aziendale, nella scelta di lavorare solo con vitigni autoctoni e nel capire, nei primi anni ‘70, che con un minimo di tecnologia in cantina si poteva migliorare la qualità del vino. I figli Elena ed Alessandro, succedutegli a fine anni ’90, portano discontinuità nella gestione del vigneto e nella diversificazione della produzione in base alla potenzialità dei vari vigneti.

 

Lo stile di famiglia

Avere il coraggio di cambiare è il punto chiave. In questo modo nel 2000 Elena e Alessandro hanno gestito il rimpianto dei vigneti facendo una selezione massale del montepulciano, studiando la sua forma di allevamento e impostando una conduzione biologica del vigneto. Il tutto avendo già una bottiglia con una sottozona precisa, Colline Teramane, dentro la quale mettere un vino che corrispondesse alle caratteristiche del territorio.

Per fare questo è stato necessario un lavoro sull’empirico. Ovvero la realizzazione di una pergola abruzzese a due braccia con una vegetazione pettinata secondo un orientamento est-ovest con l’esposizione dei grappoli a est. Uno stratagemma agronomico capace di custodire il legame che questa forma di allevamento ha con il territorio: dimezzando l’eccesso di produzione e creando un corridoio di luce capace di portare i grappoli a piene maturazioni con più sole e ricircolo d’aria. Il risultato è sfruttare al meglio l’esposizione est-sud dei vigneti e avere una parete fogliare in orizzontale anziché in verticale. Da qui sono arrivate nuove necessità di lavoro in cantina e non tanto dal punto di vista tecnologico quanto, piuttosto, sul processo di vinificazione che proprio in questi anni sta sperimentando il passaggio da una tecnica a uno stile. Perché i vini crescono assieme a chi li produce, alla loro consapevolezza, maturità e capacità di interpretazione.

 

I vini

Il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Notàri 2014 ha un cuore rubino. Al naso si presenta con note speziate, sentori di amarena e ciliegia sotto spirito. Una nota molto dolce esce nella complessità assieme a un tocco salino che ne lascia intuire le potenzialità evolutive. L’assaggio, inizialmente sapido e rotondo, si sviluppa poi in termini di freschezza in tandem con un tannino di buona grana e parzialmente integrato. Un vino dal carattere deciso. Da provare con una BBQ Ribs.

Il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Neromoro Ris. 2013 ha una veste rubino con bordi violacei e accenni granato. Il naso boisè, elegante e moderno, ha un tratto fine e delicato con sentori floreali, note di cannella, felce e tocchi balsamici che avvolgono con precisione un frutto rosso ben espresso che riporta alle amarene. La bocca è ben modulata e progressiva. Il tannino è giovane ma ben fatto. Chiosa sapida e leggermente piccante. Un’anteprima che promette bene. Ideale con Goose di Hou Yi in tipico Taipei City style.

 

Emidio Pepe

Spostandoci verso Nord si arriva nei pressi di Torano Nuovo, entrando così nel cuore delle Colline Teramane. È qui che nel 1964 Emidio Pepe inizia a imbottigliare il suo vino e grazie alla capacità di leggere la realtà del territorio e del montepulciano con altri occhi, ne coglie le potenzialità. Nel corso degli anni e con una visionaria ostinazione darà vita a vini del territorio tra i più riusciti in Italia.

Oggi un know how fatto di intuito, manualità, vivacità intellettuale e cura dei dettagli lega la gestione aziendale di Daniela e Sofia a quella del padre. La biodinamica, la scelta di lavorare con utensili e macchinari sempre più adatti a non stravolgere le caratteristiche e la vitalità del suolo insieme all’impianto nel 2006 di un nuovo vigneto con la sola varietà pecorino ne segnano la discontinuità.

 

Lo stile di famiglia

Produrre vini genuini e di qualità, che abbiano nella digeribilità il loro elemento centrale. Custodire il microclima unico dei vigneti assieme a uno sviluppo equilibrato della vigna in armonia con l’ambiente circostante. Lavorare solo con vitigni del territorio, senza l’utilizzo della chimica e con il tendone come forma tipica di allevamento dell’areale. Avere una filosofia di cantina basata sulla manualità e uno stile di vinificazione caratterizzato dall’utilizzo di materiali neutri, vasche di cemento e sosta prolungata in bottiglia, capaci di conservare nel tempo la personalità del vitigno senza stravolgerla. Questi sono solo alcuni dei passaggi salienti di una pratica agronomica che la famiglia Pepe ha messo a punto in più di 50 vendemmie.

Emidio ci racconta che essere ottimisti e credere nella famiglia gli ha permesso, nel corso della sua lunga carriera, di poter cambiare idea quando necessario, di essere concreto e schivare l’inutilità. È riuscito a raccontare ad un mondo sempre più globalizzato i suoi vini insieme al territorio a cui sono legati. Oggi è Chiara, la nipote di Emidio, che attraverso l’uso dei social media e wine tasting, in giro per il globo, continua la narrazione. Un rapporto molto speciale lega Emidio alla città di New York. Nel 1971 la ristorazione italiana della Grande Mela è stata la prima a riconoscere la qualità della sua produzione. Le bright lights della Big City sembrano avere qualcosa in comune con le stelle nel cielo di Torano Nuovo: ricordare ai giovani di non andare in cerca dei problemi ma di essere creativi nel risolverli.

 

I vini

Il Montepulciano d’Abruzzo 2008 è rubino alla vista, denso e compatto. Al naso colpisce per l’intensità del frutto rosso maturo, toni ferrosi, spezie e macchia mediterranea. La bocca è rotonda con un corpo ben strutturato dal tratto sapido e moderata freschezza. Il tannino è ben presente e di buona qualità ed il finale è quasi ammandorlato. Perfetto con formaggio fritto o farro con ragù bianco di salsiccia.

 

Il Montepulciano d’Abruzzo 2001 ha carattere da vendere già alla vista, dove un chiaro bordo granato non ha intaccato la compattezza del vino che mostra ancora un cuore rubino con alcune particelle in sospensione. Un raffinato bouquet svela con grazia note ematiche, mirto, legna bruciata, liquirizia e tè nero. L’assaggio è goloso, dinamico ed equilibrato. Arrivato al centro bocca cambia marcia sviluppando una progressione fresco-sapida che regala slancio assieme a una trama tannica perfettamente integrata. Un vino espressivo che ti cattura nella sua persistenza floreale e fruttata. Ideale con involtini di verza e patate impanati con semi di papavero seguiti da maltagliati con zucca, formaggio primo sale e radicchio fatti con grano Senatore Cappelli.

 

Dino Illuminati

In Contrada San Biagio nel comune di Controguerra, al confine con le Marche si trova l’azienda Illuminati, presente in questo territorio dal 1890. Ma è a partire dal 1970 che, con la sua capacità di recepire i cambiamenti e comprendere le richieste di mercato con tempestività, il Cavalier Dino Illuminati mette a segno una serie di gol fondamentali per l’azienda di famiglia e per tutto il territorio del teramano. Ha reso il Montepulciano d’Abruzzo più bevibile al mondo interpretandolo in chiave internazionale e favorendo la nascita della DOCG Colline Teramane e della DOC Controguerra.

Oggi dopo la fase espansionistica perseguita da Dino, sono subentrati i figli che si occupano della gestione tramite il mantenimento degli equilibri aziendali. Il fiuto per i mercati esteri e la bravura nell’aver saputo acquistare nuovi vigneti è il fil rouge tra le due generazioni mentre lo stravolgimento delle rese, nuovi metodi di vinificazione, l’aumentato delle riserve e saper aspettare la maturità dei vini in cantina segnano l’alternanza.

 

Lo stile di famiglia

La storia di un’azienda si misura nella qualità delle annate prodotte. Con questa visione Stefano Illuminati è convinto di saper resistere alle turbolenze socio-economiche di questi tempi. Guardare all’annata perché è lei che decide. Garantirsi tramite una concezione agronomica una gestione del vigneto rispettosa della plasticità del vitigno, della sua resistenza alle malattie e longevità, mettendolo nella condizione di poter rispondere al cambiamento climatico e comprendendo che solo dopo 20 anni inizia ad offrire il meglio di sé. Non smettere di accompagnare il Montepulciano d’Abruzzo verso interpretazioni qualitative capaci di intercettare il gusto del tempo, facendo sempre più attenzione all’uso della barrique, e avendo un’interpretazione di cantina che esalti l’espressione del frutto, la rotondità di bocca, tannini ben integrati e persistenza che sono poi i tratti distintivi del Montepulciano d’Abruzzo delle Colline Teramane.

È importante lavorare molto sulla Docg, sapendosi presentare, facendo squadra e mettendo in campo le forze migliori per ottenere un risultato più ampio possibile per tutto il territorio. Perché, come ricorda Stefano, quando si esce dai confini locali e nazionali ci si confronta sempre più spesso con prodotti di ottima qualità. Anche per questo ritiene fondamentale avere sul territorio una ristorazione stellata. È convinto che bisogna aiutare i giovani nella commercializzazione dei loro prodotti che sono fatti con molta cura ma che faticano a posizionarsi sui mercati. È dell’avviso che è importante imparare a fare un buon uso del digitale perché alla sua potenza di immagine e comunicazione corrisponde un aumento della domanda che poi deve essere soddisfatta con numeri e qualità per non giocarsi la fiducia dei mercati.

 

I vini

Il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Zanna Riserva 2003 è il vino che ha segnato la nascita della Docg. Rubino alla vista con unghia granato. Molto bello l’intreccio tra il tratto ematico e quello floreale avvolti poi da una complessità balsamica. Assaggio di grande corrispondenza con una freschezza che regge la bocca assieme a un finale sapido di grande calibratura e tannino che assume sfumature mentolate. Un vino chiaro nell’espressione con una delicatezza molto particolare. Ideale con spaghetti alla pecorara di Torano Nuovo o arrosticini di castrato.

 

Il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Pieluni Riserva 2003 ha vinto l’appuntamento con il tempo mostrando un rubino scuro e sfumature granato. Al naso emergono subito note affumicate e salmastre poi mirto, menta e arancia rossa. L’attacco di bocca è succoso e dopo aver avvolto il palato sviluppa una bella articolazione con una freschezza vivida e un elegante tratto sapido. Il tannino è domato, composto, fine capace di regalare a tutto il sorso una grande piacevolezza. Da sorseggiare ascoltando “ The Land of Plenty” di Leonard Cohen, in alternativa compagno ideale di un’ottima grigliata mista o pecora alla callara.

 

Fattoria Bruno Nicodemi | Notaresco (TE) | Contrada Veniglio n. 8, SP19 | tel. 085 895493| http://www.nicodemi.com/

Emidio Pepe | Via Chiesi, 10 | Torano Nuovo (TE) | tel. 0861 856493| http://www.emidiopepe.com/

Azienda Agricola Dino Illuminati | Controguerra (TE) | Contrada San Biagio, 18 | tel. 0861.808008 | http://www.illuminativini.com/



a cura di Emanuele Schipilliti

 

Per leggere Il vino, di generazione in generazione. Il Vino Nobile di Montepulciano

http://www.gamberorosso.it/it/vini/1026109-il-vino-di-generazione-in-generazione-il-vino-nobile-di-montepulciano

Per leggere Il vino, di generazione in generazione. Le Rive e le famiglie del Prosecco clicca qui

 

 

Troisgros trasloca e riapre in campagna. Così si rinnova la storica insegna francese

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Fondata nel 1930 davanti alla stazione di Roanne, la celebre insegna a tre stelle ha chiuso i battenti qualche giorno fa. Ma riaprirà il prossimo 18 febbraio nella campagna di Ouches, con tante sorprese. Ma nel 2017 traslochi e nuovi investimenti accomunano tanti grandi chef internazionali. 

Troisgros. Un po' di storia

Domenica 8 gennaio, con l'ultimo servizio serale nella storia della mitica sede di Roanne, Troisgros ha chiuso i battenti. Quando nel 1930 è cominciato tutto, l'insegna guidata all'epoca da Jean-Baptiste Troisgros si presentava ai viaggiatori di passaggio per la regione francese del Rodano sotto il nome di Hotel Restaurant des Platanes, proprio davanti alla stazione del paese; poi, qualche anno dopo, venne l'Hotel Moderne. Nel 1955 arrivava il primo riconoscimento della Michelin, ma l'insegna - ribattezzata nel frattempo Freres Troisgros sotto la guida dei fratelli Jean e Pierre – avrebbe brillato sempre di più nei decenni a venire, fino alla conquista delle tre stelle nel 1968. Da allora il ristorante della famiglia Troisgros è stato definitivamente consacrato tra le eccellenze del patrimonio gastronomico e culturale francese. E a Roanne si arriva anche per gustare le creazioni di una delle cucine più celebrate del Paese, oggi affidata alle direttive del figlio di Pierre, Michel (sulla sua storia la bella puntata monografica di Chef's Table su Netflix, nella serie dedicata alla cucina francese), affiancato dal giovane Cesar, ultima generazione della famiglia. Per qualche tempo, però, gli estimatori di Troisgros dovranno portare pazienza. Per trasloco dell'attività, che nel caso di un'insegna radicata nella storia della Francia come quella in questione, si preannuncia come un avvenimento epocale.

Il trasloco in campagna

Ma le tempistiche necessarie a completare il trasferimento saranno piuttosto ridotte: il 18 febbraio si riapre a Ouches (nel domaine di Ormes, ad appena 8 chilometri da Roanne), dove la famiglia ha investito 8 milioni di euro per trasformare un casale di campagna in un relais gastronomico esclusivo. Ben 17 ettari di terra, per un ristorante circondato dal verde, 60 coperti e cucina a vista, come nella sede precedente. Più 15 camere per l'ospitalità disponibili a un prezzo variabile tra i 400 e i 600 euro per notte, con piscina coperta e molti servizi per gli ospiti. E la sala del ristorante, progettata da Patrick Bouchain, offrirà agli ospiti l'opportunità di interagire con la cucina immersi nell'atmosfera di un bosco, grazie alla presenza caratterizzante di una quercia centenaria. Dal menu (con due degustazioni a 205 e 250 euro) i classici della casa e una cucina di mercato che ha sempre indirizzato le scelte di Michel. In abbinamento, le etichette di una cantina che vanta 35mila bottiglie. Un progetto ambizioso, dunque, che anticipa un rinnovamento simbolico del casato Troisgros, per nulla pago di stare sulla cresta dell'onda.

Voglia di rinnovamento. Dal Noma a In De Wulf, a Faviken

E del resto sono tanti gli investimenti che nel corso del 2017 saranno destinati al restyling di celebri insegne internazionali. Per il Noma di Copenaghen, per esempio, si può parlare di un rinnovamento ancor più profondo, che entro l'anno darà vita alla nuova creatura di Renè Redzepi (che intanto a breve inaugura il pop up messicano), così come l'ha ripensata nella campagna urbana di Christiania. Ancora nebuloso, invece, il futuro di Kobe Desramaults: In de Wulf, nella campagna belga di Dranouter, ha salutato gli ultimi clienti con la fine del 2016, e ora si attende di scoprire dove il futuro porterà il talentuoso chef (forse a Gand, dove già gestisce diversi side project?). Intanto qualche buona nuova arriva anche dalla Svezia: tra le nevi dello Jamtland, dove Magnus Nillson guida la cucina del pluripremiato Faviken, fino ad aprile sarà operativo un pop up molto esclusivo che replicherà la proposta della case madre nel vicino villaggio di Are, ma in formula casual. Un piccolo spazio che si configura nelle intenzioni di Nillson come “dinner club”, tra buon cibo, cocktail ben miscelati, grandi vini e musica di sottofondo, come anticipa Reporter Gourmet. Ma il 2017 è appena cominciato: chi altri si appresta a scombinare le carte della ristorazione internazionale?

 

a cura di Livia Montagnoli

Madrid Fusiòn 2017. Il programma del congresso gastronomico che incontra le cucine del mondo

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Un viaggio nella cucina del mondo attraverso i grandi protagonisti del panorama internazionale – a rappresentare l'Italia Niko Romito - e tra i sapori di casa, quelli della tradizione spagnola, nella sezione Saborea España. Nazione ospite l'Argentina. Fil rouge del congresso “I codici condivisi dall'alta cucina. I percorsi del futuro”. Madrid Fusion va in scena dal 23 al 25 gennaio al Palacio Municipal de Congresos della capitale spagnola.

Madrid Fusion 2017

Ancora una volta la Spagna del cibo richiama tutti a una riflessione sulla cucina contemporanea e i suoi strumenti. Con un focus sui segnali di modernità provenienti da casa e dall'estero. Parliamo di Madrid Fusion, il congresso gastronomico che dal 23 al 25 gennaio celebra la sua quindicesima edizione nella capitale spagnola. Il Palacio Municipal de Congresos riunirà per tre giornate i migliori chef di Spagna e del mondo per discutere delle ultime tendenze e approfondire tanto le istanze più all'avanguardia di una cucina che negli ultimi anni ha trainato il carro della gastronomia internazionale, quanto il contatto con la tavola della tradizione, cui saranno dedicati alcuni speech nella sezione Saborea España. Più di cento gli chef in arrivo da quindici Paesi, tra cui l'Argentina che quest'anno è la nazione ospite. Moltissimi i focus e le dimostrazioni tecniche, i laboratori formativi, i concorsi, le aste e i premi.

Saborea España e gli chef spagnoli

Parte del congresso sarà dedicato alla gastronomia spagnola. Si parlerà di patate antiche con Juan Carlos Jonathan Padrón (El rincón de Juan Carlos, Santa Cruz de Tenerife), dell'utilizzo dell'acqua di mare in cucina con Iván Domínguez (Alborada, La Coruña), di guarnizioni olfattive con il team del Disfrutar: Oriol Castro ,Eduard Xatruch Mateu Casañas. Molti altri gli input sul fronte iberico, pensiamo per esempio allo speech di Iolanda Bustos (La Caléndula, Girona) che parlerà di cucina biodinamica, o al focus sulla cucina acida di Mariana Müller (Cassis, San Carlos de Bariloche) e Hernan Luchetti (El Celler de Can Roca, España). Giocano in casa anche i fratelli Roca, Elena Arzak, Angel León, Oriol Castro, Andoni Luis Aduriz e una moltitudine di nomi delle vecchia guardia e del nuovo corso che coesistono nella variegata costellazione gastronomica della penisola iberica.

Gli ospiti internazionali

I relatori stranieri più attesi? La venezuelana Maria Fernanda Di Giacobbe, vincitrice del Basque Culinary World Prize, Takayuki Otani (Ootanino Sushi, Tokyo), Kurt Schmidt Gustavo Saez (99restaurante, Santiago del Cile). A rappresentare l'Italia, Niko Romito che parlerà del difficile cammino volto alla semplicità. Gli interventi si protrarranno da mattina a sera tra l'Auditorium, con il congresso Madrid Fusion durante la mattinata e Saborea España nel pomeriggio, e la Sala Polivalente che accoglierà incontri, approfondimenti e concorsi tematici, come quelli dedicati alle tapas, ai bocados con queso (letteralmente panini al formaggio) o alla migliore crocchetta con il jamon. Enofusion sarà l'area dedicata al vino e alla cultura enologica.

Madrid Fusiòn 2017 | Palacio Municipal de Congresos, Campo de las Naciones, Madrid | Dal 23 al 25 gennaio, dalle 9 alle 19.30 | www.madridfusion.net

a cura di Annalisa Zordan

Oscar Farinetti offre lavoro a manager e artigiani. La lettera al Corriere del patron di Eataly

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Con 5mila posti di lavoro generati in dieci anni, di cui oltre la metà in Italia, Eataly si dimostra titolata per dire la sua in fatto di crisi del lavoro. Sollecitato dal Corriere della Sera Oscar Farinetti si lancia nell'analisi dei fatti e avanza le sue proposte di lavoro. Mancano gli artigiani. 

Le lettere degli imprenditori ai giovani in cerca di lavoro

A volte mi sembra di vivere in una società malata...”: senza troppi giri di parole, com'è suo costume quando sceglie di salire in cattedra, Oscar Farinetti corre dritto al punto. Il pretesto per tornare a parlare del modello Eataly ed esporre il Farinetti-pensiero in materia di occupazione e formazione delle risorse glielo offre il Corriere della Sera, che inaugura una nuova iniziativa per la rubrica Lo dico al Corriere: ogni mercoledì il quotidiano di via Solferino pubblicherà la lettera di un imprenditore in cerca di personale. Una serie di offerte di lavoro in forma epistolare che si ripromettono di affrontare il tema caldo della crisi occupazionale (con particolare riguardo alla crescita della disoccupazione giovanile) in modo concreto. E cioè senza ricorrere ad analisti ed esperti di settore per tracciare l'ennesimo bilancio di una situazione difficile da scongiurare, ma lasciando la parola alle aziende, che – ironia della sorte – troppo spesso faticano a trovare personale. Una settimana dopo l'altra Aldo Cazzullo si preoccuperà di raccogliere le lettere inviate in redazione, selezionando le più efficaci.

La lettera di Oscar Farinetti

Ma è significativo che proprio dal settore enogastronomico, più volte invocato negli ultimi anni come bacino potenziale per alleggerire la crisi del lavoro nel nostro Paese, si sia scelto di cominciare per lanciare la rubrica. E di più, proprio dal patron Farinetti, che in dieci anni di Eataly è stato tante volte al centro di polemiche – non sempre fondate – sulla gestione e le condizioni contrattuali dei suoi dipendenti e collaboratori. Ma ha saputo anche costruire un modello di business internazionale in grado di generare “oltre 5mila posti di lavoro, di cui la metà in Italia”, come si premura di ribadire tra le righe. Ha una parola per tutti, Farinetti: per quegli imprenditori che si lamentano dei costi e dei lavoratori pigri, per i disoccupati che puntano il dito sulla politica e sugli imprenditori, per i sindacalisti “a cui non va mai bene niente”, per i politici e la panacea dei voucher, per i meri commentatori e per chi maledice le nuove tecnologie. E una società che si parla addosso, a suo modo di pensare, non può che rivelarsi un fallimento: “Nessuno pensa di essere parte del difetto: sono sempre gli altri a sbagliare”.

Vuoi lavorare per Eataly? Le posizioni aperte

Ma lui, e il suo progetto imprenditoriale, dove si collocano a riguardo? “Dal primo giorno abbiamo cercato di riservare il miglior trattamento possibile a questi lavoratori, sia per quanto riguarda inquadramento e retribuzione, sia attraverso molti benefit, come la possibilità di mangiare gratuitamente nei nostri ristoranti e il premio di una quindicesima mensilità”. Qualcuno potrà contestargli una buona dose di retorica e una bella oratoria di facciata. Ma non in questa sede, perché poi, nei paragrafi che seguono, Farinetti passa all'azione. E snocciola, attenendosi alle consegne del Corriere, le sue proposte di lavoro. C'è la campagna Born to be Eatalian, per cui si offrono posizioni “da responsabile delle vendite del mercato e Capo del negozio”. I requisiti? “Cerchiamo persone che abbiano un’autentica passione per l’alta qualità agroalimentare, che siano laureati in Economia o Ingegneria Gestionale, che abbiano già acquisito un’esperienza nel retail, che sentano di possedere capacità di analisi, organizzative e comunicative, una buona conoscenza dell’inglese e che siano disponibili a muoversi in Italia e all’estero”. Ma c'è spazio anche per i responsabili per la ristorazione, e molto ben accette sono le candidature degli artigiani: cuochi, macellai, panettieri, addetti ai salumi e formaggi. Di cui c'è un gran bisogno, sottolinea Farinetti, ma spesso si fa difficoltà a trovare. Parole che confermano la scarsità di personale qualificato di cui soffre il settore, a dispetto delle potenzialità di cui sopra. Che meriterebbero una considerazione maggiore.

 

La lettera completa di Farinetti pubblicata dal Corriere

 

a cura di Livia Montagnoli

 

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