Un'esperienza lunghissima a Firenze, nell'Olimpo dell'Enoteca Pinchiorri, un passaggio breve, in gioventù, al Trigabolo di Argenta. E oggi il nuovo corso con il ConFusion a Verona.
Non è un locale minimalista, ConFusion, con quel melting pot di suggestioni che nell'arredo, come in cucina, indica la rotta. Quella voluta da Italo Bassi, romagnolo ancora non 47enne di stanza a Firenze per quasi un trentennio, oggi a Verona per amore della moglie, la russa Tatjana Rozenfeld, e per seguire a tempo pieno il suo nuovo ristorante. Aperto quasi tre anni fa, ma fino a ora gestito da lontano, da quell'Olimpo della ristorazione che è l'Enoteca Pinchiorri, in cui Bassi è rimasto per 27 anni con tanto di trasferta in Giappone, sempre sotto l'insegna di Annie Féolde e Giorgio Pinchiorri. Ispirazioni, studio, scoperte tenute in caldo fino al momento giusto, meno di due mesi fa.
Italo Bassi
Se Pinchiorri è un luogo mitico, l'esperienza precedente di Bassi non è da meno: “Venivo dal Trigabolo di Argenta” dice. Un passaggio breve, ma indelebile: “Igles era un fulmine di idee. Quel posto minuscolo in un paesino della bassa ferrarese, nato come pizzeria, era diventato una delle più ambite mete gastronomiche, non solo italiane”. È la fine degli anni '80. “Facevamo cotture al momento, o con il Pacojet, che nessuno conosceva. Erano i primi anni di Adrià, i primissimi congressi. Era incredibile” continua. E seppure è stata una grandissima scuola per tanti, non ce l'ha fatta a sostenere i costi di quel tipo di gestione. Per Bassi arriva il momento di un'esperienza in una casa importante. “L'unico che mi voleva, e mi pagava pure, era Pinchiorri, ma solo se mi fossi fermato per più di sei mesi. Già allora gli stage erano gratuiti nei grandi ristoranti”. Così nasce il legame con l'Enoteca e Firenze.
Dal Trigabolo all'Enoteca
Il 28 febbraio 1989 Bassi si lascia alle spalle l'atmosfera rock del Trigabolo e approda in quella lussuosa e internazionale di via Ghibellina: una brigata di 15 persone con uno chef come quelli di oggi, che detta tempi e regole della cucina. “Un direttore d'orchestra, che pare non faccia niente e invece fa tutto” ricorda “C'era il reparto pasticceria separato, la cucina divisa in partite e un servizio di sala pazzesco. Si parlavano tante lingue, arrivavano clienti da tutto il mondo e stappavano bottiglie incredibili” ricorda. “Ma la cosa più incredibile era incontrare il signor Giorgio e la signora Annie: li avevo visti sulle riviste e ora mi accoglievano, mi sembrava impossibile. Era la mia prima esperienza fuori casa”. Ma come in una grande casa: “il signor Pinchiorri e sua moglie sono la mia famiglia”. All'Enoteca si lavora tanto, con un'impostazione classica, da grande ristorante francese: “si facevano i fondi come avevo solo letto nei libri, poi c'erano i giapponesi: quando li ho visti sfilettare il pesce sono rimasto a bocca aperta”. Insomma: un altro livello.
Il Giappone
Un anno a Ginza, nel 1992, il primo grande ristorante italiano a Tokyo, dopo il Sabatini che stava un po' tramontando. Ma con Pinchiorri è la svolta. “Non servivamo birra, solo vino, e poi solo pasta fresca. Azzardi che hanno dato i loro frutti”. Se oggi la cucina italiana in Giappone è così amata, è anche grazie a loro. “Mi sono appassionato all'Oriente,ma volevo ancora girare il mondo, non ero sazio di quanto avevo imparato”. Torna a Firenze con l'idea di stare poco, ma poi le cose vanno in un altro modo: “C'era un bravissimo chef che andò via poco dopo il mio arrivo. Si chiamava Carlo Cracco”. Così Bassi diventa il responsabile di cucina “anche se avevo bisogno di più esperienza” iPinchiorri incoraggiano e supportano, allora come in ogni momento. “Treni così non passano tutti i giorni, mi sono detto”. A quel punto alla guida della cucina c'è Bassi affiancato da Riccardo Monco, con cui rimarrà fino alla fine del 2015.
Il lavoro all'Enoteca
Nel '93 arrivano le Tre Stelle Michelin, ma poco prima un incendio distrugge gran parte della collezione di bottiglie rare di Pinchiorri. “Il signor Pinchiorri ancora ne soffre a ricordarlo”, ma non ci si ferma. “Ci mettemmo a ripulire le bottiglie rimaste, a lavorare giorno e notte in cantina e a fare sempre di più e sempre meglio”. Ma non basta: “nel '95 fummo declassati da tutte le guide, mi sentivo responsabile”. La tentazione di mollare è enorme. “Ma la signora Annie, sempre idealmente alla guida della cucina e suo marito (loro l'approvazione dei piatti, anche se poi il giudice finale era sempre il cliente)mi hanno convinto a rimanere”. Sacrifici enormi, ma il gruppo che si forma in quel momento è forte. Si mettono a tavolino e lavorano fino a risalire nelle guide. “Abbiamo ripreso le Tre Stelle dopo 9 anni di purgatorio”. Siamo a fine 2003.
I Pinchiorri trasmettono amore e dedizione, e stimoli continui: “ci chiedevano colpi di genio, di cambiare e rinnovarci sempre”. Dal 2003 qualcosa cambia: “più consapevolezza, prima non sapevamo come confrontarci con la tradizione”. Nascono piatti, menu e proposte più contemporanee. Del 2004 è il raviolo con la doppia farcia di faraona e burrata: nord e sud insieme, conditi con un fondo di parmigiano, uno dei simboli della gastronomia italiana. Si approfondisce il lavoro con i piccoli produttori, che offrono i prodotti su misura. L'Enoteca cerca un'impostazione più moderna e vuole far sentire più a proprio agio il cliente. “Oggi più fruibile anche per i prezzi delle bottiglie, con tanti ottimi vini a buoni prezzi”. I grandi appassionati arrivano sempre, da ogni parte del mondo: “gli abbienti non hanno nazionalità” ma il pubblico oggi ne sa di più. E l'Enoteca è uno dei pochi posti che possa soddisfare praticamente qualsiasi esigenza.
L'ultimo ospite di prestigio è stato Netanyahu, arrivatocon Renzi. “Abbiamo rivoluzionato il menu per lui. Ma ricordo anche i grandi della cucina: Sirio Maccioni, Roger Vergé, Paul Bocuse, Alain Ducasse, Heston Blumenthal e Ferran Adrià, che quando è entrato in cucina tutti applaudirono”.
Il nuovo corso: Verona
Cosa lasciano 27 anni a via Ghibellina? “Tantissimo: Giorgio e Annienon sono personaggi effimeri, sono sempre presenti, ancora oggi Giorgio Pinchiorri accoglie personalmente i suoi clienti. È uno dei loro grandi insegnamenti”. Poi sacrificio, passione, un'esperienza invidiabile. E le grandissime soddisfazioni tradotte in attestati di stima, anche per il coraggio di cambiare. “Questi primi anni a Verona sono andati un po' a rilento, la mia assenza si è sentita” dice “ma ora siamo arrivati alla quadratura del cerchio”. La risposta c'è, le persone sono contente per la proposta inconsueta, e l'accoglienza è positiva “Verona è una città bellissima, la gente è calorosa e ospitale. Poi se verranno riconoscimenti bene, ma non è la cosa principale”.
Dalla grande squadra di Firenze a quella mini di Verona: il giapponese Masaki Inoguchi, con cui è nato il progetto, un altro chef italiano, e Italo Bassi per un locale aperto dal mattino: caffetteria, ristorate e american bar: “non è una cosa facile. Verona mica è New York”. La cucina? Moderna, intuitiva, estemporanea, democratica nei prezzi. Con non pochi retaggi delle esperienze passate di Bassi: del Trigabolo porta con sé l'improvvisazione (e l'uovo poché e fritto), di Pinchiorri il rigore, l'organizzazione, alcune tecniche (come la cottura del polpo confit) e la voglia di fare sempre qualcosa di nuovo. Ma poi ci aggiunge la tendenza a semplificare e attraversare spazio e tempo per vivere la cucina in completa libertà. “È una cucina molto leggera, orecchiabile, con pochi grassi, con il pesce crudo del maestro Masaki. Una cucina contaminata”. Tanti gli ingredienti esotici: orientali, sudamericani, ma soprattutto ci sono le grandi materie prime italiane (“la loro qualità è la base di tutto”, dice) lavorate con brio, curiosità e tecniche diverse, principalmente giapponesi, come nel taglio dei pesci, nella marinatura del tuorlo, in alcune salse e nel rispetto assoluto del prodotto.
Poi c'è il progetto Degustatori Cronici. “L'ha voluto mia moglie, è un club per enogastroappassionati: degustazioni mensili, per provare nuovi prodotti, abbinamenti, vini”. Come è la cantina di uno che è stato per 27 anni nel tempio del grande vino? “Una carta dei vini ConFusion: 6 pagine di bollicine italiane e francesi, e solo una di vini veronesi, pochi rossi perché in menu c'è tanto pesce, crudo o cotto”. E poi c'è il bere miscelato, con i barman pronti a dare spettacolo con i loro abbinamenti ai piatti. La cucina è a vista così che lo chef possa interagire con i clienti, che possono anche mangiare al banco. Per un tocco di “edonismo sibarita, può mangiare su un divano al piano di sopra”. L'atmosfera è ricca di fascino: con i terrazzini occupati da tavolini per due, molto romantici.
Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde
Una separazione dopo 27 anni poteva essere uno strappo, invece no. “Sono venuti a trovarmi appena mi sono spostato”. E cosa si prepara a ospiti del genere? “qualcosa di semplice, poco condito e poco saporito: una tartare di tonno con i suoi condimenti, cipolle di tropea marinate, fiore di wasabi capperi pantelleria e tuorlo d'uovo marinato nella soia” dice, e continua “ying yang di gamberi rossi e quinoa profumata allo zenzero con avocado e leche di tigre al mango. Poi visto che il signor Pinchiorri è amante del Giappone gli ho fatto assaggiare il sushi di Masaki”.
ConFusion | Verona | via Ponte Nuovo, 9 | tel. 045 4624806 |http://www.ristorantipesceverona.com/
a cura di Antonella De Santis