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Perché il Tpp Usa-Pacifico preoccupa il vino italiano

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A rischio la forza competitiva delle produzioni vitivinicole italiane su alcuni mercati esteri, Giappone compreso. L’importante successo degli USA scardinerà gli equilibri commerciali: la reazione dell’Unione Italiana Vini.

Il Tpp. Cos’è

L'accordo siglato nei giorni scorsi dagli Stati Uniti con 11 Paesi dell'area del Pacifico, tra cui per la prima volta anche il Giappone, preoccupa la filiera italiana del vino. Perché l'intesa sul libero scambio e la conseguente eliminazione-riduzione delle barriere tariffarie tra i firmatari (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Peru, Singapore e Vietnam) potrebbe indebolire la forza competitiva delle produzioni vitivinicole italiane verso mercati importanti, come lo stesso Giappone. Il Tpp (Trans pacific partnership) è stato fortemente voluto dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che ha voluto così dare anche una decisa spallata all'agguerrito concorrente cinese. Si tratta di uno dei più importanti successi del suo mandato. Per gli Usa, primo cliente del vino italiano (oltre un miliardo il valore del nostro export), i mercati si apriranno più facilmente. Anche per il vino. Basti pensare che gli 11 Paesi firmatari del Tpp hanno assorbito nel 2014 il 42% dell'export agricolo statunitense, per un valore di 63 miliardi di dollari.

 

Il timore degli esportatori italiani. Si chiede il TTIP

Di fronte a questa mossa destinata a scardinare gli equilibri commerciali, gli esportatori italiani riuniti sotto la sigla dell'Unione italiana vini (che rappresenta metà del fatturato nazionale del commercio di vino e l'85% dell'export) si dicono preoccupati. E chiedono a tutto il Governo, in particolare ai ministri Martina e Calenda, di fare pressing assieme all'Ue per chiudere l'altro attesissimo accordo di libero scambio, stavolta tra Stati Uniti e Unione europea: il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP). “Il sistema vino non può aspettare” dice il presidente Uiv, Domenico Zonin, che auspica l'eliminazione dei dazi doganali (fino a 600 mila euro di risparmi l'anno), l'attenuazione delle barriere non tariffarie e la tutela delle Ig italiane, tra cui Chianti e Marsala. Non ci sono solo gli Usa ad agitare il sonno degli esportatori italiani. Anche il Giappone diventa un “mercato a rischio per il vino italiano”, se nell'accordo bilaterale non si prevederà l'immediata eliminazione delle barriere tariffarie (tra 15 e 20%), la protezione delle Ig e il riconoscimento delle pratiche enologiche secondo gli standard europei e quelli previsti dall'Oiv.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 


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