In perenne disputa con la Russia per accertare il primato sulle origini della vodka, la Polonia vanta una storia distillatoria molto antica, che intreccia rivendicazioni sociali e privilegi economici. Prodotta da segale o patate, la vodka nazionale ora ha un museo interattivo che la racconta ai turisti.
Un museo per la vodka polacca
Installazioni interattive, testimonianze storiche, il fascino di un'ex fabbrica per la produzione di vodka alla periferia della città, persino un Vodka Academy Bar dove concludere il tour con una degustazione guidata ad alto tasso alcolico (ma con moderazione). L'investimento che ha portato all'apertura del primo museo della vodka polacca nel mondo è ingente: 600mila euro destinati alla causa dal governo della Polonia, che gestisce uno degli stanziamenti per lo sviluppo degli Stati membri dell'Unione Europea tra i più generosi. E proprio per incentivare l'attrattività della capitale Varsavia, città in crescita economica che si è riscoperta negli ultimissimi anni pure meta turistica di richiamo, parte del budget ha finanziato il museo che mancava al liquore nazionale, il Muzeum polskiej wodki inaugurato lo scorso 12 giugno nel polo del Koneser Praga Center (anch'esso frutto di un recente progetto di riqualificazione che riunisce bar, ristoranti, attività commerciali, un auditorium e la sede polacca di Google). E proprio nella storica fabbrica della vodka Koneser, edificio in mattoni rossi del XIX secolo che a lungo ha onorato una tradizione vecchia di oltre 500 anni.
La storia della vodka polacca
Tradizionalmente fatta di segale (anche se esiste anche la variante con patate di Stobrawa, più costosa da produrre), la prima citazione della wodka in un documento ufficiale risale al 1405, in testi giudiziari che si riferiscono a medicinali e cosmetici a base alcolica. Ma solo un secolo e mezzo più tardi, il re polacco approverà una legge per consentire la produzione e la vendita di alcolici nel regno. È quindi dalla metà del XVI secolo che la produzione di vodka, spesso aromatizzata con erbe e frutta, trova ampia diffusione nel contesto familiare, e allo stesso tempo cresce vertiginosamente il numero di distillerie concentrate nelle grandi città, Cracovia e Danzica in testa. Poi produzione e commercio del distillato – diventato uno dei business più fiorenti del regno – si intrecciano con i privilegi sociali: alla metà del XVII secolo la nobiltà polacca ottiene il monopolio in tutto il Paese, la ricetta della vodka di segale viene canonizzata, mentre solo a partire dal XIX secolo anche in Polonia si diffonde l'abitudine di distillare le patate. E nel corso del Novecento la produzione passa al monopolio di stato, con un controllo che si rafforza progressivamente fino al 1973, quando le distillerie di proprietà statale vengono ribattezzate Polmos. Alla fine degli anni Novanta, però, il comparto è stato privatizzato, aprendo la strada alla moltiplicazione dei marchi. Il nuovo museo racconta ai visitatori tutto questo, tracciando anche l'evoluzione di consumo e gli esiti sul costume nazionale; per esempio, “in epoca di crisi economica e di povertà”quando“la vodka era utilizzata come moneta di scambio contro altri prodotti difficilmente trovabili”, ha spiegato il presidente della Fondazione vodka polacca Andrzej Szumowski in occasione dell'inaugurazione del museo.
Il percorso museale
Quattro anni di lavori sono serviti per rimuovere i vecchi macchinari e articolare un percorso multimediale che alterna spazi espositivi, una sala proiezioni, la stanza dedicata all'esposizione delle bottiglie che hanno fatto la storia della vodka polacca (perennemente in disputa con la Russia per stabilire il primato sull'origine del distillato). Facilmente individuabile per l'alta ciminiera che ricorda il passato industriale dell'edificio, il museo è raggiungibile in auto (o mezzi pubblici) in 20 minuti dal centro di Varsavia. L'auspicio è che possa diventare presto un'altra attrazione turistica della città (noi, qualche suggerimento e gli indirizzi giusti per scoprire Varsavia a tavola ve li abbiamo raccontati qualche tempo fa).
a cura di Livia Montagnoli