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I vini rosati in Italia: cronaca di una passione in crescita

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Il trend mondiale segna ancora una crescita. Segnali positivi dall'Italia, dove fa ben sperare il "Patto" tra Chiaretti del Garda, Cerasuolo, Castel del Monte e Salice Salentino. Dal Roséxpo di Lecce la conferma che si deve lavorare meglio sui mercati internazionali, a cominciare dagli Usa. E, intanto, anche il Prosecco Doc è pronto a introdurre il rosé.

 

Se anche la Doc Prosecco sta pensando all'opportunità di introdurre una tipologia rosato all'interno della propria gamma, qualcosa vorrà pur significare. In primo luogo, che il rosato ha fatto finalmente breccia in una denominazione da oltre 440 milioni di bottiglie, che continua la sua ascesa sui mercati internazionali anche in questa prima parte del 2018. In secondo luogo, che la febbre da vini rosati, quest'onda lunga che sta interessando fasce via via più ampie di consumatori, a partire dai "millennials", sta coinvolgendo anche il nostro Paese, tradizionalmente poco avvezzo al consumo di rosé. Un dato su tutti: solo il 5% dei consumi italiani di vino comprende oggi tale tipologia, a fronte di una media mondiale di oltre 10%. Se si guarda, poi alla Francia, questa percentuale supera il 30%. In questo, l'Italia è molto indietro, ma sta progredendo sensibilmente sul fronte della consapevolezza delle proprie potenzialità di mercato. Lo sappiamo bene, tanto da aver voluto dedicare a questa tipologia delle serate speciali, a Napoli e Roma, e da voler conoscere quali sono i vostri gusti in fatto di rosé, con un sondaggio online che mira a conoscere le vostre etichette preferite.

La stipula del "Patto" tra i cinque maggiori distretti dei rosati autoctoni italiani (Bardolino, Valtènesi, Cerasuolo d'Abruzzo, Castel del Monte e Salice Salentino) lo sta a dimostrare. "L'Italia è fanalino di coda nei consumi, siamo quarti produttori mondiali" ricorda Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio del Bardolino, capofila del progetto "e con questo patto a cinque vogliamo fare conoscere le peculiarità del rosato italiano nel mondo e diventare attori importanti". C'è, in sostanza, la volontà di scommettere e unire le forze per cambiare la percezione dell'Italia, come Paese non solo di vini rossi, bianchi e bollicine. Lo hanno fatto organizzando il primo evento nazionale "Oggi rosè" del 22 giugno scorso (300 microeventi a tema), in concomitanza con l'International rosé day. Per dare un messaggio chiaro, come nota Valentino Di Campli, presidente del Consorzio Vini d'Abruzzo: "Il primo passo concreto per dimostrare che i cinque consorzi si stanno già impegnando in una promozione unitaria".

 

Il momento favorevole

Il mercato è in discreta salute. Se si guarda ai numeri relativi alle vendite nel canale della grande distribuzione organizzata italiana, nel 2017, sono stati venduti 28 milioni di litri di rosato fermo (+1,9%) e quasi 8 milioni di litri di rosato frizzante (+3,9%), con incrementi a valore rispettivi del 3,6% e del 2,3%. Le stesse enoteche, secondo le rilevazioni dell'associazione nazionale Vinarius, trovano nei rosati una valida alternativa: "Dieci anni fa, un enotecario che vendeva rosati era fuori dal coro. Oggi il consumatore" fa notare il presidente Andrea Terraneo "accetta con molta più facilità un rosato come consiglio per una cena, rispetto agli anni passati, in cui era molto radicato il concetto di vino scadente, ottenuto dal taglio tra vino rosso e vino bianco". Dal 2014 a oggi, le enoteche del circuito hanno registrato un crescendo di richieste: l'83% degli esercizi commerciali associati stima aumenti tra il 10% e il 20%: "Un evidente cambio di mentalità".

Stesso ottimismo esprimono anche alcuni diretti interessati, ovvero i consorzi di tutela dei rosati autoctoni italiani. Il Chiaretto di Bardolino segna +8,2% tra gennaio e maggio 2018, rispetto ai cinque mesi del 2017. E nel solo mese di maggio, gli aumenti toccano il 40%. In Valtènesi, dai 10 mila ettolitri del 2016 si è passati ai 12 mila ettolitri del 2017: "Il segno che i produttori stanno prendendo coscienza che avere un vino rosato è importante, così come fare selezione in vigna per partire da grandi uve di qualità", osserva Carlo Alberto Panont, direttore del Consorzio Valtènesi. In Puglia, a Castel del Monte, dove insiste l'unica Docg italiana per il rosato, a parità di numero di aziende, la produzione è raddoppiata in tre anni: dalle 86 mila bottiglie del 2013 alle 169 mila del 2016, con un 2017 (annata scarsa) in cui è scesa a 122 mila. "Tutti i nostri associati" fa sapere Sebastiano De Corato, rappresentante del consorzio pugliese "hanno creato un'etichetta di rosato Docg, che si sta affermando ma senza intaccare le quote della versione Doc. E quando ciò accade è perché il prezzo si sta livellando verso l'alto, con incrementi del valore aggiunto".

 

Il quadro internazionale

La domanda mondiale in crescita sta stimolando sia la produzione sia la commercializzazione. La Francia resta il primo consumatore mondiale, con oltre un terzo delle quote, seguita da Stati Uniti (14%) e Germania (8%) che nel lungo termine registrano un trend di aumento dei consumi. In tutto il mondo, si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, secondo gli ultimi dati disponibili (riferiti al 2016) forniti dall'Osservatorio economico mondiale dei vini rosati, di France Agrimer e Civp-Conseil interprofessionnel des vins de Provence. L'Italia, che è quarto produttore, secondo esportatore a valore dopo la Francia e terzo esportatore in volume sempre dopo la Francia e la Spagna, occupa una quota molto bassa nei consumi: il 4%. Se si guarda alle importazioni totali, queste ammontano a 1,8 miliardi di euro, con Stati Uniti e Regno Unito che a valore detengono la prima e la seconda posizione. In quantità, la Francia è anche il mercato che importa più rosati (22% delle quote), per soddisfare la domanda interna con vini di gamma più bassa. “La Francia è un modello da imitare per le esportazioni”dice convinto nella tavola rotonda “Il vino rosato visto oltreocenano” a Roséxpo Jean Marc Ducasse, ideatore Pink Rosé Festival e profondo conoscitore dei mercati internazionali: “importo in America dal 1980 e il primo mercato è stato la California, dove si bevevano solo vini californiani. Oggi importiamo 5 milioni di vini di cui 2 milioni sono italiani”.Lui ci dà il polso dell'andamento degli ultimi anni: “Tra 2015 e 2016 registriamo un +56% del commercio di rosati da tutto il mondo. I buyer chiedono rosati francesi e italiani. Dall'Italia: Abruzzo e Puglia. Il nostro evento Pink Rosé ha raccolto lo scorso anno 96 produttori italiani per 88 buyers”. Stevie Kim, managing director di Vinitaly International, dà un quadro di come come sia il mercato degli Stati Uniti: “Il 60% degli Americani beve vino americano e sebbene il vino italiano offra più diversità, continuano a bere vino del loro Paese. Ma quando il loro palato viene istruito ad altri sapori allora cominciano a preferire nuovi vini”. Ma ci sono anche i nuovi consumatori: “anche il mercato cinese sta cominciando a dare attenzione a produzioni interne, soprattutto Cabernet per un consumo interno” spiega ancora StevieKim, che aggiunge:“La regola è che dove c’è la curiosità aumenta il consumo”. YleniaLucaselli, global advisor Sgwf (Southern Glazer's Wine and Spirits), dà la sua ricetta per essere più seducenti oltreoceano “Il problema delle aziende italiane è l'incapacità di affrontare il mercato. Per questo, abbiamo deciso di collegare il vino italiano al lusso e ora abbiamo più di 600 mila bottiglie italiane sul mercato americano. Qui, il consumatore non ha l'esperienza della qualità. E se un prodotto costa di più viene acquistato. Otto volte su 10 il vino è acquistato da una donna, quindi il vino italiano in America è donna. Una strategia vincente nella vendita è rapportare il vino alle storie. Gli americani ne sono affascinati”.

 

I piani dei consorzi italiani

In un contesto di mercato nel quale promozione e comunicazione si rivelano, e si riveleranno, fondamentali, così come l'individuazione di percorsi qualitativi ad hoc, i produttori di Veneto, Lombardia, Abruzzo e Puglia si stanno attrezzando. Il loro obiettivo è soprattutto l'estero, perché ancora oggi valorizzare i rosati in un Paese, come l'Italia, che non sembra apprezzarli e consumarli in maniera sistematica, non è facile. L'ultimo Roséxpo di Lecce -dove è stato consegnato il titolo di Ambasciatore del Vino Rosato al senatore Dario Stefàno - ha evidenziato come sia importante il rilancio dell'immagine del made in Italy negli Stati Uniti, dove i vini di Provenza spadroneggiano, conquistando la fiducia della fascia target: i millennials. E dove – manco a dirlo – i rosati francesi spuntano prezzi medi di 48 dollari a bottiglia rispetto ai 18 dollari di quelli italiani.

 

Se il Prosecco Doc diventa anche rosé

Ormai è molto più che una discussione, un'ipotesi, un semplice pour parler. Il Prosecco Doc sta ponendo le basi per la nascita di una versione rosata, a base di uve glera e pinot nero (che dovrà incrementare notevolmente l'ettaraggio). I volumi non sono per ora stimabili, ma all'interno del Consorzio il tema è caldo. Il presidente Stefano Zanette, riconfermato di recente, è al lavoro per capire, dialogando con le cantine e coi grandi imbottigliatori del distretto, se ci sono i presupposti per dare vita a quella che è un'esigenza sentita già da alcuni anni: avere un Prosecco rosa. La grande Doc quest'anno supererà 440 milioni di bottiglie e non è stato facile gestire l'ipertrofia di mercato. Paradossalmente, il +7% registrato nel 2017 e nei primi 5 mesi del 2018, dopo anni consecutivi in doppia cifra, viene considerato una manna. Bisognerà mettere mano al disciplinare, che potrebbe scattare dalla vendemmia 2019. "La nuova tipologia" spiega Zanette a Tre Bicchieri "andrebbe incontro alle richieste del mercato estero, dove si vende il 75% dei volumi della Doc. Ma non vogliamo svilire l'identità del prodotto, che dovrà essere riconoscibile". Le indagini a disposizione del consorzio dicono che gli Usa (secondo mercato) sono "ben disposti a raccogliere un prodotto di qualità e un Prosecco rosato. Ma teniamo conto" precisa "anche di Uk e Germania".

 

Ilaria Donateo (deGusto Salento, organizzatrice di Roséxpo) riflette sul ruolo decisivo sul mercato Usa dei grandi brand italiani: "L'idea del rosato si sta via via sdoganando. Notiamo come anche i più blasonati marchi del Made in Italy stiano insistendo su questa tipologia. E questo è importante. La Puglia, in particolare, sta crescendo ed è molto richiesta". Rimane, tuttavia, irrisolto un nodo strategico: l'informazione al consumatore. "C'è bisogno educare l'utente finale e lo dobbiamo fare tramite enotecari e ristoratori che, tuttavia, sono spesso i primi a non crederci. In questo senso, il Patto tra i cinque consorzi dei rosati autoctoni ci darà sicuramente una mano e ci farà contare anche di più da un punto di vista politico". Uno dei primi effetti del Patto è la partecipazione al bando europeo (a valere sui fondi del Reg. Ue 1144/2014) per strutturare attività di promozione unitaria fuori confine. Sarebbe una prima volta. Sul fronte della comunicazione di sistema, si valuta l'opportunità di stilare "una carta informativa sui rosati italiani, che spieghi le peculiarità dei vini e dei territori", osserva Franco Cristoforetti. E il lavoro comune sarà anche convincere sempre più ristoratori a inserire un maggior numero di rosati italiani nelle carte vini. Si ragiona, infine, su possibili iniziative di informazione ai clienti nelle grandi catene della distribuzione organizzata. Ma se, a un certo punto, il gigante Prosecco facesse il suo esordio sul mercato nella versione rosa? "Non c'è da avere paura. Anzi" risponde Cristoforetti "potrebbe darci una grossa mano per dire al mondo che l'Italia fa anche i rosati".

 

Gli eventi

Roséxpo, Italia in Rosa e Anteprima del Chiaretto restano le tre grandi manifestazioni chiave sul territorio nazionale. Appuntamenti che segnano il tutto esaurito già da alcuni anni (2.500 le presenze a Roséxpo di Lecce, oltre 8 mila a Moniga del Garda in tre giorni). C'è fermento. Sabato 23 giugno si è tenuta la prima del Trasimeno rosé festival. A Roma il 7 luglio in calendario c'è Bererosa (a Palazzo Brancaccio). E anche il Gambero Rosso celebrerà questa tipologia con due serate di degustazione (a Napoli e Roma, il 12 e 13 luglio) che vedranno protagoniste molte tra le migliori etichette italiane. E per dire la vostra su questi vini, rispondete al nostro sondaggio on line.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 28 giugno

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