Un'estensione complessiva di 180 ettari, di cui 90 a vigneto (con 20 ettari dedicati ai vitigni a bacca rossa), una densità di impianto di 6.660 viti per ettaro, che valorizza i vitigni autoctoni con un alto livello qualitativo. È questo il ritratto dell'azienda vitivinicola ideale, almeno secondo il Centro studi del Conaf, il Consiglio nazionale dottori agronomi e dottori forestali del Ministero della Giustizia. Con una produzione annua di oltre un milione di bottiglie, in gran parte esportate, l'azienda deve essere di proprietà del viticoltore, con alle spalle generazioni di attività: deve essere iscritta a un Consorzio e possedere un proprio marchio.
Il report del Centro studi, presentato a Expo, dice anche che questa fattoria vitivinicola deve essere moderna e tecnologica: vinificazione a freddo, informatizzazione e controllo della qualità, risparmio energetico e riduzione dell'impatto ambientale. I vini sono affinati in acciaio, botti e legno: oltre 300 le barriques (225 litri) di rovere francese e 70 tonneaux (500 litri). Sul fronte marketing, deve investire in pubblicità, vantare molti riconoscimenti Igt, Doc e Docg, deve avere un'enoteca e un punto vendita che rientrino nei circuiti italiani dell'enoturismo.
Per il presidente del Conaf, Andrea Sisti, c'è però un altro elemento fondamentale: il fattore ecologico. “Nel prossimo futuro” dice “i consumatori considereranno questo fattore come uno dei parametri principali per scegliere il vino, attribuendo al rispetto per l'ambiente un'importanza simile al prezzo, alla varietà e all'origine”.
Il Centro studi del Conaf traccia il ritratto della realtà vitivinicola più efficace, che punta alla valorizzazione dei vitigni autoctoni e a un alto livello qualitativo. L’azienda deve appartenere al viticoltore, essere iscritta a un Consorzio e possedere un proprio marchio.