Ci sono tutti i sapori più autentici di queste terre che dalle valli vicino a Cuneo arrivano fino al mare: pesce d'acqua dolce e di mare, carni, verdure ed erbe, formaggi di capra e un'antologia di ricette di grande identità.
C’era una volta la cucina occitana. Cucina rigorosamente del territorio, sapori robusti, piatti della tradizione, ravioles - i piccoli gnocchi - in testa. Oggi la cucina occitana c’è ancora, ma ha cambiato spirito. Intanto, ha ritrovato un po’ dell’anima occitana, di quella grande terra-koiné di lingua e di stili di vita che comincia nelle valli attorno a Cuneo e poi scivola fino al mare. E poi ha trovato nuovi interpreti, giovani chef attorno ai trent’anni che dopo essere andati a farsi le ossa in giro - e magari aver pure ottenuto gli ambiti riconoscimenti – hanno deciso di tornare a casa e di riscrivere con coraggio, con audacia a tratti, il menù delle tavole “delle Alpi del Mediterraneo”.
La cucina occitana
È una cucina autentica, di sopravvivenza, strettamente collegata al territorio e allo scorrere delle stagioni, ancora non del tutto investita dall'aria di rinnovamento che, ove più ove meno, sta facendo emergere nuovi interpreti che rileggono, alla luce di tecniche e competenze contemporanee, le diverse tradizioni locali. Proprio per questo Christian e Andrea Macario del Ristorante Nazionale di Vernante (Due Forchette per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso), insieme a Giovanni Mingolla, (responsabile di sala e cantina con alle spalle un'esperienza in un'altra delle grandi tavole di montagna, il St. Hubertus dell'Hotel Rosa Alpina in Val Badia), hanno voluto organizzare una cena speciale chiamando un nugolo di chef che potessero portare il proprio contributo e uno sguardo aperto a 360 gradi sulla cucina. E far conoscere - e incontrare - chi sta riflettendo e rinnovando dall'interno la tradizione.
“È una cucina molto legata alla tradizione piemontese” spiega Christian Macario “che segue le tracce della via del sale, e che risente della forte influenza della Liguria, sia quella dei prodotti ittici e della costa, sia quella dell'entroterra”. Una cucina di montagna che guarda al mare, si potrebbe sintetizzare; dove erbe, miele, cannella, grano saraceno, e poi carni ovine (ma non solo), pesce di mare come di acqua dolce, formaggi convivono insieme in un'armonia quieta tra primi piatti e minestre robusti: basti pensale a la ola, minestrone con piedini di maiale, o alle crosetes con cipolle, latte e formaggio o con sugo di porri agnello e patate, o ancora alla polenta. Ma i tempi sono maturi per portare una rilettura, con tecniche e procedure attuali e una sensibilità più contemporanea a questa cucina.
Peperone al forno. Chef Fabio Ingallinera
La nuova cucina di montagna
Tra i giovani c'è Juri Chiotti al Reis di Frassino, forse lo chef che più di altri ha preso in carico la diffusione, la tutela e la rilettura della cucina occitana. “Sta facendo un discorso fantastico” dice Christian parlando non solo della sua cucina, che interpreta la montagna, ma del lavoro sulla materia prima, in gran parte prodotta da lui stesso e dalla sua famiglia. Uno che si dichiara contadino e allevatore prima che cuoco, che mette in vendita anche alcuni prodotti e che sin da quell'appendice al nome – Cibo libero di montagna – fa la sua dichiarazione d'intenti. Lui è uno di quelli che stanno ripensando la cucina di questa parte della Alpi, forte anche di belle esperienze che lo hanno formato. Poi naturalmente c'è il Nazionale, in cui opera, ormai da fine '800, la famiglia Macario. Oggi è un punto di riferimento, grazie a una proposta elegante ma strettamente fedele ai sapori locali: trota, insalata di trippa, cervo, barbabietola. I Macario possono godere di uno punto di osservazioneprivilegiato, quello di un ristorante all'interno di una struttura ricettiva con una clientela interazionale. A Vernante, oggi, ci sono ospiti molto trasversali: dai locali, ai turisti che arrivano dalla vicina Francia e anche più lontano, “c'è moltissima curiosità, i clienti sono sempre più preparati, soprattutto chi è abituato a girare nei grandi ristoranti di mezzo mondo”. Capaci, quindi di riconoscere prodotti e identità gastronomica. “La cucina di Vernante deve essere questa qui, unica e identitaria” dicono "Il nostro compito è quello di conferire identità gastronomica ad un territorio il quale ci mette a disposizione una profonda tradizione ed infinite materie prime, ogni giorno interpretiamo ciò che da decine di anni conosciamo al fine di poterci porre in una vetrina internazionale con un offerta unica. Ma" aggiungono "oggi è indispensabile affacciarsi anche in un panorama interazionale, aumentare il livello tecnico senza perdere il rapporto stretto con i produttori”. I tempi sono maturi, dicevamo prima.
5 chef delle Alpi del Mare al Nazionale di Vernante
Una bella storia raccontata qualche sera fa al Ristorante Nazionale di Vernante, capofila di questa nuova onda occitana. Atmosfera rustico-autentica, un’accoglienza altrove dimenticata e un nome –Nazionale - che rimanda ad altri tempi (c’è sempre un Nazionale nei paesi delle montagne piemontesi, e non solo), l’hotel-relais e ristorante Nazionale, sulla statale che porta al col di Tenda e di lì in Francia (e si spera che la ferrovia, la mitica Cuneo-Nizza lungo la Val Roya torni prima possibile a funzionare) è gestito da più di cent’anni dalla famiglia Macario. E qui Christian e Andrea Macario hanno raccolto 5 chef amici che rappresentano il nuovo spirito della cucina delle Alpi del Mare. “Quando abbiamo deciso di fare questa cena, abbiamo riflettuto tanto fare” racconta “alla fine abbiamo deciso che era meglio che ognuno facesseciò che fa nel suo ristorante, che poi è frutto delle esperienze e dei trascorsi anche in questa zona”.
Pesce lama. Chef Enrico Marmo
Per cominciare, gli chef residenti, certo. Maurizio Macario, 7a generazione di chef della famiglia, e Fabio Ingallinera, curioso esempio di chef siciliano convertito alla cucina occitana. Poi Juri Chiotti, che ha lasciato il ristorante più che premiato Antiche Contrade di Cuneo - “dove per primo ha scritto sul menu 'cucina occitana'” - in cui era approdato nel 2011 per tornare in montagna, a Frassino, in Val Varaita, dove ha restaurato una baita in una borgata e ha aperto Reis, Cibo libero di montagna, molto più di un ristorante, un ritorno alle origini (reis, radici), un progetto di vita, dove alleva e coltiva l’80% di quel che cucina. Enrico Marmo, classe 1987, è nato a Canelli, ha lavorato con Cracco a Milano e con Davide Palluda a Canale, e ora è al ristorante Balzi Rossi di Ventimiglia (Due Forchette per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso), dove la Val Roya finisce nel mare, praticamente il volto marino di queste montagne. E infine Diego Rossi di Trippa, il guru del quinto quarto, veneto di nascita (ma passato anche lui per Cuneo e l’alta ristorazione), che ha rivoluzionato con il suo locale la ristorazione a Milano (uno dei 3 Gamberi della guida del Gambero Rosso di cui si parla di più).
Battuta di vitella. Chef Diego Rossi
Un nuovo progetto di food
Che cosa li accomuna? L’aver gravitato tutti per Cuneo e dintorni e la voglia di tornare una ristorazione autentica, da trattoria. Un’attenzione maniacale al prodotto, un rispetto assoluto del territorio. Ma niente recuperi un po’ nostalgici: i nuovi chef delle Alpi del Mediterraneo osano, e tanto. Nell’evento di presentazione al Nazionale di Vernante si sono cimentati con una tartare di goletta di vitella con salsa all'aringa affumicata (Diego Rossi che ha anche provveduto all'aperitivo con la sua ormai iconica trippa fritta), un pesce lama cotto sulla brace di ulivo, su un letto di grissini di mais, olio al limone e cipolla agrodolce (Enrico Marmo che da Ventimiglia, dove cominciava la via del sale, ha portato la sua cucina di mare), il peperone arrosto – ridotto a gelatina - con crema di tonno e acciuga del Cantabrico (Fabio Ingallinera, resident che dopo questa serata ha inserito il piatto in carta), gli spaghetti Mancini con ricci di mare e rosmarino (ancora Enrico Marmo), il risotto all’aglio ursino con grive di mostardela e riduzione di Barbera (Juri Chiotti), la trota fario delle Alpi Marittime, con pelle croccante, fondo acido con le carcasse della trota e carpione, e radici amare (Fabio Ingallinera), la coda di vitella con spugnole, fave e birra shangrillà del Birrificio Troll di Vernante (Maurizio Macario), per finire con il gelato al fior di latte delle capre di Juri Chiotti al fieno di montagna, più fragole, sambuco e pignulet e la mousse al cassis con mosto cotto di carrube, nocciole e caffè di Diego Rossi.
Abbiamo voluto elencare i piatti perché già il solo accostamento dei prodotti dà l’idea del progetto di creatività e del profondo legame con il territorio di questo manipolo di giovani chef. Con vini (per la cronaca di Scarpa di Nizza Monferrato) altrettanto local: Monferrato Rosso, Barbera, Barbaresco e Moscato d’Asti.
Christian Macario auspica si riesca davvero a fare squadra, fra chef e produttori, per creare un nuovo progetto di cucina contemporanea delle Alpi del Mediterraneo.
Aggiungiamo che c’è stato pure un fuori programma, la cui filosofia audace - perfetto trait d’union fra i territori di montagna e di mare - si commenta da sola: cervello di capretto, salsa al nero di seppia, lingua di capra, e pane barbarià, il pane tipico delle Valli Cuneesi, farina di grano e di segale e acqua. “Forse il piatto che ha colpito di più”.
La cucina occitana insomma è più viva che mai. Aspettiamoci sorprese.
Ristorante Nazionale di Vernante – Vernante (CN) - via Cavour, 60 – 0171 920181 - www.ilnazionale.com
Reis - Cibo Libero di Montagna - Frassino (CN) - borgata Meira Brancia – 347 2138035
Ristorante Balzi Rossi – Ventimiglia - via Balzi Rossi, 2 – 0184 38132 - www.ristorantebalzirossi.it
Trattoria Trippa – Milano - via Giorgio Vasari 1 - 327 6687908; www.trippamilano.it
a cura di Rosalba Graglia