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Montalcino che cambia vol. I. Parla Olivier Adnot nuovo ceo di Biondi Santi

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Rispetto del Brunello e della tradizione aziendale, senso di responsabilità verso il territorio, possibilità di comprare nuovi vigneti. Ecco i progetti a medio termine della nuova proprietà francese di Biondi Santi. Ma Epi non è l'unico gruppo straniero sul territorio. Inizia da qui il viaggio tra i nuovi investitori

 

Nel dicembre 2016 una delle più affascinanti e note griffe del vino italiano, l'azienda Biondi Santi, è passata sotto il controllo di Epi (Européenne de participations industrielles) di Christopher Descours. Il gruppo francese - si occupa di investimenti a lungo termine - ha un portafoglio che comprende gli ChampagnePiper-Heidsieck e Charles Heidsieck, Château La Verrerie in Provenza e altre attività legate all'artigianato di lusso e all'immobiliare. La storica azienda montalcinese era da tempo in difficoltà finanziarie e per dare continuità al marchio familiare, aveva cercato un partner in grado di sostenere e rilanciare l'attività, anche in campo internazionale. La scelta della famiglia Biondi Santi, a fronte di diverse offerte, si è orientata verso la holding transalpina, che ha rilevato l'azienda per una somma stimata – ma non confermata – di oltre 107 milioni di euro.

 

La presenza straniera a Montalcino

A Montalcino l'acquisizione da parte di fondi esteri di aziende locali ha riguardato cantine grandi e piccole, tra cui alcune protagoniste della storia moderna del Brunello. Nel 2016, Alejandro Bulgheroni aveva ulteriormente rimpolpato la branca toscana del suo gruppo ABFV (Alejandro Bulgheroni Family Vineyards) per cui nell'arco di pochi anni, nella sola Montalcino, ha assorbito, nell'ordine: Poggio Landi (2012), Podere Brizio (2013) e, infine, Tenute Vitanza che si vanno ad aggiungere a Dievole (Chianti Classico) e Bolgheri (Tenuta Le Colonne e Tenuta Meraviglia) oltre ad altre aziende vinicole in Francia e Sud America. Nel 2017 la famiglia Gloder, che dal 1984 aveva gestito Poggio Antico, ha ceduto l'attività al fondo belga Atlas Invest, impegnato nel settore energetico e immobiliare, al suo primo investimento nel settore vinicolo. In precedenza, l'azienda Cerbaiona di Diego e Nora Molinari era stata acquistata (2015) da un gruppo coordinato dall'americano Gary Rieschel della Qiming Venture Partners di Shanghai.

La serie di articoli che uscirà nelle prossime settimane avrà come argomento i progetti dei nuovi proprietari di queste aziende. Abbiamo parlato di Biondi Santi con il nuovo ceo francese, Olivier Adnot, enologo in forza dal 2006 nelle aziende vinicole del gruppo Epi, dove ha svolto varie funzioni, dalla direzione tecnica ad export manager. All'intervista, svolta a villa Il Greppo a Montalcino, ha partecipato anche Nathalie Meyer, marketing & communication manager Biondi Santi International.

 

 

Sappiamo che, per acquistare l'azienda, si sono sono fatti avanti molti gruppi, per lo più stranieri. Perché la famiglia Biondi Santi, alla fine, ha scelto voi come interlocutori per la trattativa?

Individuare il partner giusto è stato un passaggio molto importante. Quando la famiglia Biondi Santi ha iniziato a parlare con Christofer Descours di EPI, Jacopo Biondi Santi ha spiegato che poteva vendere a molte altre aziende, ma poi ha scelto come interlocutore chi aveva una visione, un progetto, con una dimensione e una proiezione internazionale. Per questo motivo, è stata conclusa la partnership. Per noi, il Brunello è stato una fortuna perché consideriamo Barolo e Brunello i due vini italiani più importanti. La nostra idea è di essere sempre al top di ogni tipologia. E Biondi Santi è il top del Brunello.

 

Avete in mente di operare dei cambiamenti in azienda?

Non abbiamo cambiato nulla. Ormai è da un anno che sono qui in azienda e ho compreso che per noi è una grandissima responsabilità avere questa partnership, perché ci dobbiamo confrontare con la storia. Prima di pensare a qualsiasi cambiamento bisogna aspettare per capire meglio sia il vino sia il territorio e poi comprendere se è possibile fare qualcosa di meglio. Sembra semplice, ma in realtà è molto complicato. Per me il Brunello, specialmente Biondi Santi, è uno stile che nell'approccio ricorda la Borgogna per la finezza e l'eleganza, non è come i Supertuscans che assomigliano ai Bordeaux.

 

I cambiamenti climatici, da cui Montalcino non è immune, stanno influendo sulla produzione del vino con vendemmie anticipate, gradazioni alcoliche elevate, ecc. Come pensate di affrontare questi nuovi scenari?

Come dicevo prima, abbiamo la necessità di capire meglio il suolo, il clima, il nostro terroir. Noi abbiamo quattro differenti parcelle: Scarnacuoia, Tre Querce, I Pieri che rappresenta la storia dell'azienda e il Greppo stesso. Hanno tutti altitudini diverse e ciò permette di fare un assemblage, a secondo delle caratteristiche dell'annata, con l'obiettivo di produrre un vino che si mantenga nel tempo e sia di alta qualità. La nostra idea è anche di capire, se per il futuro, ci sono dei vigneti a Montalcino che possiamo acquistare. Con il tempo capiremo cosa fare.

 

Lei prima d'ora aveva mai avuto esperienza con il sangiovese?

No, mai. Per questo ci occorre tempo per capire ma non siamo soli. La squadra in azienda conosce bene il sangiovese e ognuno porta qualcosa della propria esperienza con il vino. Jacopo ha una visione più moderna rispetto a quella di Franco, così come noi abbiamo esperienza di Champagne, Cote du Rhone, Provenza. Èuna diversità che rappresenta una fortuna per l'azienda. Io, comunque, non faccio il vino, il winemaker dell'azienda Biondi Santi è Jacopo, rimane lui l'enologo. La nostra prima vendemmia è stata il 2017, quindi del Brunello se ne parlerà tra 6 anni e del Rosso tra 3 anni, se ci sarà. Il Brunello Biondi Santi è un vino che nasconde tutto, molto discreto, che si apre con il tempo. Èun vino molto di testa, intellettuale, certe volte difficile da capire. E non è un vino per tutti. È come una Ferrari o una Porsche: non ci vuole solo la patente per guidare queste macchine, ci vuole qualcosa in più. All'inizio è stato un vino difficile per me, perché l'acidità è bella presente e dà una freschezza al vino rosso abbastanza rara, considerando l'equilibrio che esprime. In Francia non ci sono tanti vini rossi così.

 

Rientra nei progetti dell'azienda aumentare le quantità di Brunello prodotto?

Nathalie Meyer:Certamente rimpiazzeremo le fallanze, ma sappiamo benissimo che poi dobbiamo aspettare anni prima che la pianta abbia un numero di anni sufficienti per essere matura per il Brunello (il riferimento è all'età dei vigneti rispetto alla tipologia del vino secondo la tradizione aziendale: per il Rosso di Montalcino oltre 10 anni; Brunello da 10 a 25 anni; Brunello Riserva oltre 25 anni; ndr).

Olivier Adnot:Sicuramente dobbiamo reimpiantare, ma comunque non vogliamo aumentare la quantità, perché per fare un buon vino non occorrono tanti ettari di vigneto. In ogni caso, le aziende top non hanno mai tantissimi vigneti: hanno una dimensione umana. A ChâteauPetrus estirpano un ettaro ogni 10 anni in modo di assicurare sempre e comunque l'omogeneità della produzione. Dobbiamo anche capire il valore qualitativo delle nostre singole parcelle, perché senza dubbio dei pezzi di queste, sono ancora migliori. Motivo per cui, vogliamo fare uno studio accurato e una zonazione di tutti gli appezzamenti dell'azienda. In futuro, i vigneti si sposteranno in alto. Dobbiamo pensare ai prossimi 40 anni: per questo è importante avere qualche parcella di vigneto in zone più alte. Abbiamo solo un'uva, il sangiovese, l'unica cosa che possiamo fare è prendere scelte diverse su suolo e esposizione. Non possiamo stare fermi, dobbiamo sperimentare, provare. L'epoca è cambiata e, quindi, ci dobbiamo adattare a questo nuovo mondo.

 

Secondo voi è sottostimato il valore di una bottiglia di Biondi Santi? A parità di qualità, una bottiglia di un grande vino italiano costa meno della metà di un vino top francese.

Èuna domanda difficile perché tutti i vini sono diversi e non sono comparabili: Bordeaux con un cabernet come un Latour o un merlot come Petrus oppure un Masseto o anche un Grange. Solo sangiovese è Biondi Santi: è un mondo a parte, è difficile dire se è sottostimato oppure no, perché parliamo di prodotti totalmente diversi.

 

Una delle caratteristiche dei vini Biondi Santi è sempre stato il lungo invecchiamento e le scelte molto nette, quando la vendemmia non era considerata adatta a produrre un grande Brunello. Cambierà qualcosa?

Olivier Adnot:Assolutamente nulla. Anzi abbiamo deciso di ritornare all'invecchiamento di una volta, perché vogliamo andare incontro al gusto e alle esigenze dei consumatori di avere un prodotto pronto, ma con la potenzialità di invecchiare a lungo. Pertanto, la Riserva 2012 e l’Annata 2013 saranno pronte per la vendita nel 2019, rispettivamente 7 e 6 anni dopo la vendemmia, tanto più che abbiamo deciso di non produrre Brunello nell'annata 2014, ma solo Rosso di Montalcino Fascia Rossa: è una scelta coraggiosa perché per l'azienda si crea un problema finanziario, ma ci siamo trovati tutti d'accordo. Èraro nel mondo del vino ragionare in questo modo: si tratta di una decisione che abbiamo preso con Jacopo. Per noi era importante condividere queste scelte perché la famiglia Biondi Santi rappresenta la continuità, la memoria del vino e dell'azienda. Senza di loro sarebbe stato difficile.

Nathalie Meyer: D'ora in poi ogni anno vogliamo mettere sul mercato una grande annata del passato. Adesso è la volta del 1997, un grande Brunello con una struttura importante. Per noi è anche il modo per far capire ai giovani sommelier cosa significa e qual è il valore qualitativo di Biondi Santi. Un patrimonio non solo italiano ma anche mondiale. Èaffascinante bere un po' di storia, ma pensando al futuro.

Tenuta Biondi Santi - Montalcino (SI) - Villa Greppo, 183 - 0577 848087 - http://www.biondisanti.com/

 

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 12 aprile Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. È gratis, basta cliccare qui.


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