A Londra la cerimonia del Royal Hospital Chelsea ha rivelato la classifica delle migliori 100 tavole fine dining d'Europa secondo il blog di Steve Plotnicki. Sul podio Caminada, Nilsson e Arguinzoniz. Primi per l'Italia i fratelli Alajmo, al decimo posto. E gli altri italiani chi sono?
La Top 20. Chi sale e chi scende
Dopo due anni di netta superiorità, Alain Passard e l'Arpege scendono dal podio, dal primo gradino alla medaglia di legno, un quarto posto che assicura comunque al maestro francese il primato tra i suoi connazionali. La classifica in questione è quella che annualmente mette in fila le 100 migliori tavole d'Europa a detta dei recensori del blog Opinionated About Dining, che Steve Plotnicki ha fondato nel 2004 per dare spazio a penne amatoriali ma gourmet. Dunque il risultato, bisogna ammetterlo, è una lista piuttosto scomposta degli indirizzi più riconosciuti nel perimetro del Vecchio Continente, senza presunzione di verità assoluta, ma comunque indicativa del gusto dei più assidui frequentatori di fine dining, quei clienti che ogni buon ristoratore ha imparato a tenere bene in conto, perché grazie a loro l'attività è sostenibile. Nel 2018 la vittoria spetta allo svizzero Andreas Caminada e al suo castello delle meraviglie a Furstenau (Schloss Schauenstein), medaglia d'argento nel 2017. Lo seguono, rispettivamente in seconda e terza posizione, Magnus Nilsson (Faviken, Svezia) e Victor Arguinzoniz, asador veterano alla guida di Extebarri, che negli anni è riuscito ad ammantare di un fascino mitologico la sperduta località di Axpe, nei Paesi Baschi. Il resto della Top 10 vede un'alternanza di Spagna, Belgio (rientra in lizza Kobe Desramaults, con Chambre Separée, ad Anversa), Svezia... Italia, con i fratelli Alajmo e la cucina delle Calandre ambasciatori unici della ristorazione tricolore nei primi dieci piazzamenti. L'Osteria Francescana di Massimo Bottura, al decimo posto l'anno scorso, strappa solo la quindicesima posizione, superata, tra gli altri, dalla squadra catalana – in grande spolvero – di Disfrutar e dal Geranium di Copenaghen. In vetta bel risultato anche per Hisa Franko: Ana Ros, al numero 17 con la sua casa di campagna slovena, è l'unica donna nelle prime 20 posizioni (Carme Ruscalleda la segue al numero 27).
Gli italiani in classifica
La compagine italiana, che l'anno scorso salutava l'ingresso in classifica di Luigi Taglienti (Best New European Restaurant 2017, come new entry al miglior piazzamento), è come sempre ben rappresentata. Riccardo Camanini e Lido84 in grande ascesa al 21esimo posto (dal 76), Niko Romito con il Reale al numero 30 (dal 42), Enrico Crippa e Piazza Duomo al 32, Taglienti e Lume al 47. Poi, ancora a Milano, Seta di Antonio Guida al 57 e Tokuyoshi al 63; Gennaro Esposito per il Sud al 69, e Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo al 75. Enrico Bartolini al Mudec cifra tonda al numero 80, Emanuele Scarello e la solidità del ristorante Agli Amici di Udine all'83. Ciccio Sultano, unico rappresentante per la Sicilia, al numero 96 con il Duomo. Ma allargando lo sguardo anche a chi lambisce la Top 100 (la lista prosegue fino al 200esimo piazzamento), l'Italia festeggia ancora, per esempio per il buon risultato di Marzapane a Roma (numero 104 per la cucina di Alba Esteve Ruiz), per Del Cambio e Matteo Baronetto (108), per il Caffè Quadri di Venezia (ancora team Alajmo, al 109). A scendere Davide Scabin (115), Giancarlo Perbellini (117), Mauro Uliassi (121), ma soprattutto l'unica new entry 2018 per l'Italia, Giuseppe Iannotti, che porta il Krèsios di Telese Terme al numero 111.
Giuseppe Iannotti e l'orgoglio del Krèsios
A Londra, dove la cerimonia di premiazione ha preso vita al Royal Hospital Chelsea, anche Iannotti ha partecipato all'organizzazione della cena di gala, insieme ai colleghi “nuovi entrati”: “Questa è la grande opportunità di una circostanza che riunisce chef da tutto il mondo, avere possibilità di scambio, confrontarsi con i colleghi internazionali”. Perché la vetrina conta, e Giuseppe ne è ben consapevole, ma resta con i piedi per terra, rivendicando quella concretezza che oggi gli permette di vincere la sfida con una posizione geografica che certo non lo avvantaggia: “Le liste sono un gioco, ma certo non un obiettivo di vita. Ovviamente portano visibilità, ed è una grande soddisfazione per me essere a Londra a rappresentare la mia realtà, le mie origini, Telese Terme e il progetto del Krèsios, che non è solo pensiero gastronomico, ma una sfida imprenditoriale continua, dove la creatività conta quanto la concretezza e tutti lavoriamo per dare all'ospite un'esperienza che deve ripagare il viaggio”. Per questo Giuseppe ha intrapreso un percorso controtendenza, due percorsi degustazione alla cieca, che portano il cliente a fidarsi completamente dello chef. Un'idea ambiziosa e rischiosa al tempo stesso: “Non tutti capiscono, ma sicuramente non è un approccio che ci semplifica il lavoro: lavoriamo su percorsi da 35 e 27 portate, ogni giorno in cucina girano 300 ingredienti. E la sala gira sugli stessi standard di qualità. Gli stranieri capiscono di più, vengono per divertirsi. Con gli italiani è più difficile, devi aiutarli a fidarsi”. Ecco perché, come gli eventi a cui spesso Giuseppe partecipa in giro per il mondo (“una possibilità di scoprire nuove culture, e insieme l'opportunità di conquistare nuovi clienti”), anche la vetrina di OAD diventa importante: “Oggi al Krèsios arriva un 30% di clientela campana, un 30% dall'Italia, e un 30% conquistato nel tempo, un tavolo dopo l'altro, dal resto d'Europa e dal mondo. Australia, Giappone, Spagna. Per noi è un traguardo importantissimo”. Soprattutto perché, ovunque vada, Telese è sempre nel cuore. E Giuseppe accoglie a braccia aperte chiunque abbia voglia di divertirsi sul serio.
a cura di Livia Montagnoli