Era il 1961 quando l'enologo Franco Ziliani imbottigliò il primo spumante in Franciacorta; da allora sono cambiate moltissime cose. Nel numero di aprile del mensile del Gambero Rosso ripercorriamo i primi 50 anni di un territorio che intorno al vino ha fatto sistema, e oggi è meta di turismo enogastronomico qualificato. Qui un'anticipazione.
Il Modello Franciacorta racconta un territorio che si è stretto intorno all’idea visionaria di un enologo e che da lì ha costruito una delle realtà più interessanti e innovative in Italia, a partire dalla sostenibilità (il bio è la quasi totalità). Oggi si pensa al territorio globalmente, si punta a un turismo qualificato, si cerca di raddrizzare brutture che negli anni hanno accompagnato la crescita della qualità in cantina. Ma intanto la realtà spumantistica italiana più dinamica va avanti dopo aver festeggiato i suoi primi 50 anni.
L'intuizione dell'enologo Franco Ziliani
I cinque minuti (reali) in auto dalle Porte Franche a Cà del Bosco spiegano più di mille saggi l’unicità della Franciacorta. Sembra impossibile che il centro commerciale per eccellenza della zona – bruttino, per usare un eufemismo – sia prossimo alla cantina che più delle altre ha portato la Docg bresciana nel mondo, partendo da zero. Contrasti così se ne incontrano parecchi: chi giunge qui pensando a un Eden resta immancabilmente sorpreso, talvolta perfino deluso dall’ambiente. Salvo riprendersi immediatamente assaggiando capolavori piccoli e grandi in giro per cantine. Ma su una cosa non si discute: formidabili i primi 50 anni, che nel 2017 sono stati festeggiati a più riprese senza indulgere a retorica e reducismo. L’unico a cui è permesso di ricordare e alimentare la leggenda è Franco Ziliani, quasi novantenne: l’enologo che dopo tre anni di prove, errori, disastri, imbottigliò il primo spumante in Franciacorta nel 1961. Era riuscito a convincere Guido Berlucchi, gentiluomo d’altri tempi che lo aveva assunto per curare la sua cantina di vini bianchi. “Non voleva, ho insistito. Se funziona in Francia, possiamo farlo anche in Italia, gli dicevo – racconta Ziliani – alla fine ha ceduto ma non sapevamo nulla, manco come si facesse una catasta di bottiglie. Ho imparato tutto da solo, copiando quello che vedevo in Francia”. Intuizione, studio, lavoro, visione: quello che permise a Berlucchi di vendere ben 120mila bottiglie nel ’70 e oltre un milione nell’80 – entrando nella grande distribuzione: evento epocale – è il marchio di fabbrica di un territorio che per molti aspetti continua a lasciare stupefatti. Perché i numeri di produzione restano e resteranno sempre limitati per motivi congeniti (ma anche di marketing) e solo i nescinon perdono l’occasione di fare stucchevoli paragoni con lo Champagne.
Franciacorta, da zona di frontiera a territorio vocato al vino
Ma il Franciacorta può esibire una prima parte di carriera da applausi. Dice Oscar Farinetti: “Da piemontese e uomo di vino, sono ammirato da quanto è stato fatto, considerando che sulla spumantistica sono partiti dopo le altre zone. Penso alla mia Langa dove Gancia ha iniziato 150 anni fa e oggi prende i bresciani a modello. E poi questo non era un territorio vocato solo al vino come Trentino e l’Oltrepò Pavese: le cantine franciacortine sono state eccezionali nel raggiungere rapidamente una qualità eccelsa, tanto più apprezzata in tutto il mondo”.
Probabilmente è stata la coscienza di dover costruire tutto da zero, unita all’intraprendenza lombarda, che ha fatto bruciare le tappe. “Era una zona di frontiera, anonima e coltivata in piccoli appezzamenti sino agli anni ’60 quando i capannoni la peggiorarono, allontanando anche quei pochi turisti non amanti del Garda – racconta Massimo Tedeschi, editorialista de Il Corriere della Sera di Brescia – il vino ne ha cambiato la storia ed è stata una sorpresa, perché a parte Berlucchi che faceva corsa a parte, la crescita è maturata in piccole aziende, grazie a imprenditori di provincia tosti e coraggiosi. Il salto di qualità vero, per me, resta comunque la presenza all’Expo sul Decumano con il brand Franciacorta a gestire insieme le cantine: migliaia di persone hanno scoperto lì ‘quel’ vino”.
a cura di Maurizio Bertera
foto di Matteo Zanardi
QUESTO È NULLA...
Nel numero di aprile del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate l'articolo integrale con l'intervento del professor Domenico De Masi, autore di una recente analisi del fenomeno di “socialismo enoico”su commissione del Consorzio Franciacorta, e un focus sul PTRA, il Piano Territoriale Regionale d’Area approvato dalla Regione Lombardia, che tutela il territorio e i cittadini della Franciacorta. Un servizio di 11 pagine che vede coinvolti i protagonisti della storia della Franciacorta, da Leonardo Vizza, presidente di Terre di Franciacorta, a Roberta Bianchi, titolare di Villa Franciacorta. E ancora: Arturo Ziliano (Ad ed enologo Berlucchi), Silvano Brescianini (vicepresidente Consorzio Franciacorta), Vittorio Moretti (presidente Consorzio Franciacorta), Maurizio Zanella (presidente Ca' Del Bosco), Vittorio Fusari (chef). Non solo, nel servizio potete trovare gli indirizzi utili, compresi i ristoranti da provare, la preziosa infografica di Alessandro Naldi, il bel racconto di Michele Masneri e un utile glossarietto per orientarsi meglio sul tema.
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