“Olio nuovo, vino vecchio”, recita l’adagio popolare. Ma è davvero (ancora) così? Abbiamo voluto sfidare la tradizione insieme a degustatori e produttori. Per capire la longevità dell’extravergine e le problematiche dell’ossidazione. Obiettivo: più consapevolezza e più cura nell’affrontare la produzione. Ma anche per sensibilizzare i consumatori: non tutto ciò che è vecchio è da buttare! Qui un estratto dell'articolo che potete trovare nel numero di aprile del mensile del Gambero Rosso.
In attesa dell’uscita (il 16 aprile, al Sol di Verona) della nuova edizione di Oli d’Italia 2018 del Gambero Rosso, abbiamo organizzato una degustazione di olio invecchiato per capire la longevità dell’extravergine e le problematiche dell’ossidazione. Qui qualche anticipazione, l'articolo completo lo potete sfogliare nel numero di aprile del mensile del Gambero Rosso.
“Di annate ne ho assaggiate tante, anche vecchie… Ma mai così in sequenza: è emozionante, non ho idea di cosa potrei aspettarmi”. Tommaso Masciantonio è il titolare di una delle più interessanti aziende olivicole del mondo (Il Trappeto di Caprafico a Casoli, Abruzzo), è giovane ma di campagne olearie ne ha un bel po’ sulle spalle: eppure sembrava un remigino, uno scolaretto al primo giorno in classe, seduto davanti alle sue sei bottiglie. Simone Di Gaetano ha invece davanti a sé tre annate del suo 1979, blend toscano che porta il nome dell’anno in cui la sua famiglia diede vita a Fonte di Foiano a Castagneto Carducci, blend di Frantoio e Moraiolo. L’etichetta di Tommaso, invece, è una blend dove prevale la Gentile di Chieti (oliva che disegna questi paesaggi) con piccolo saldo di Intosso. “A me intriga molto, oltre all’incognita delle annate, soprattutto il confronto tra due prodotti che vengono da due realtà completamente diverse. Alta collina quella di Tommaso, vicino al mare la mia… E con andamenti climatici anche differenti”.
Sta di fatto, però, che per entrambi il primo strippaggio dei due 2016 (quel rumoroso verso con cui si polverizza l’olio nel palato) fa gelare il sangue: il primo, l’abruzzese, mostra i primi caratteristici e fatali segni del processo di ossidazione pur mantenendo ancora diverse caratteristiche positive nei sentori erbacei e floreali. Il secondo, il 1979, si dimostra invece completamente dissociato nelle sue caratteristiche: piccante basso e amaro esplosivo che copre tutto il resto e appiattisce, non ci sono più quei segnali balsamici che invece caratterizzano questo blend sostanzialmente invariato negli anni nella sua composizione. La sorpresa vera però deve ancora arrivare: così quando si va indietro negli anni e si apre un 2015 della Dop, poi un 2014 e un 2012 e ancora un 2011 (siamo già a sette anni!), i temperamenti degli oli sembrano quasi migliorare; le note tecniche di degustazione le potete leggere nel numero di aprile del mensile del Gambero Rosso.
a cura di Stefano Polacchi
foto di Giacomo Foti
Oli d'Italia 2018 - Gambero Rosso - 530 pp - 13,90 euro - disponibile in edicola e libreria - clicca qui per acquistare la guida online
QUESTO È NULLA...
Nel numero di aprile del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate la degustazione completa, comprese le note tecniche di degustazione a cura di Indra Galbo. Non solo, ci si interroga se abbia senso trattare l'olio come il vino e se non sia utile, per i consumatori e gli stessi produttori, cominciare a catalogare meglio le annate tramite una sorta di archivio. Nel servizio di 8 pagine trovate anche il glossarietto per orientarsi meglio nel mondo dell'olio, il punto di vista scientifico, le tecniche per salvaguardare il prodotto e le riflessioni degli esperti di settore: Giulio Scatolini (capopanel Unaprol), Alberto Grimelli (Direttore di teatronaturale.it), Palma Esposito (capopanel Università di Cassino, FR), Elvan Uysal (giornalista enogastronomica), Gabriella Ciofetta (degustatrice Umao).
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