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Garofalo, operazione trasparenza. Un sito per spiegare come si fa la pasta e da dove viene il grano

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Basta inserire la data di scadenza indicata sul pacco, e il sito restituisce un documento dettagliato sul lotto di provenienza della semola utilizzata per produrre la pasta acquistata. Garofalo promuove un'operazione trasparenza che sfrutta la comunicazione web e gli spot televisivi. L'obiettivo? Non avere segreti, ed educare all'acquisto consapevole. 

Come si fa Garofalo?

L'url del nuovo sito parla chiaro: comesifagarofalo.it è l'ultimo dominio registrato dal pastificio di Gragnano diretto dall'amministratore delegato Massimo Menna (che però è azionista di minoranza, di fronte al gruppo spagnolo Ebro Foods, che detiene la quota di controllo del gruppo dal 2014, e di recente ha acquisito anche il pastificio Bertagni 1882). Uno strumento online a disposizione di tutti, per risalire la filiera fino alle origini della materia prima “utilizzata nella produzione del tuo pacco di pasta”. “Il grano migliore e più adatto alla lavorazione di Pasta Garofalo è prodotto in varie aree geografiche del mondo, dall'Italia fino alle zone calde ed asciutte dell'Arizona e dell'Australia”, spiega una nota introduttiva sul portale in questione. Ben lungi dall'accampare sterili polemiche – quelle che negli ultimi tempi hanno agitato l'industria della pasta di fronte ai nuovi obblighi di legge - dunque, Garofalo sceglie di condividere le sue scelte col consumatore: per risalire alla provenienza delle semole utilizzate sarà sufficiente inserire la data di scadenza indicata sul retro della confezione. La ricerca restituirà un documento completo su provenienza, caratteristiche chimico-fisiche, microbiologiche e igienico-sanitarie della semola utilizzata (ma solo per pacchi di pasta prodotti nel 2017, con scadenza nel 2020, escluse varianti integrale, senza glutine e ai legumi). E, assicura l'azienda, nessuno dei grani utilizzati, provenienti in gran parte dall'Arizona, è trattato con glifosato e pesticidi per accelerarne l'essiccazione, favorita invece dal clima desertico dell'Arizona.

 

Il sito, lo spot, la nuova etichetta. Per il consumo consapevole

Ma il sito è anche un'opportunità per condividere il processo produttivo nelle sue dinamiche più moderne: la pasta di una volta era migliore? No, afferma con sicurezza Garofalo, che in campo mette la sua tecnologia di produzione, entra nel dettaglio dei controlli qualitativi cui sono sottoposti la semola e il prodotto finito, fa largo uso di infografiche e approfondimenti testuali per raccontare come nasce la pasta, dall'impasto alla trafilatura, all'essiccazione (e già che c'è dispensa anche consigli sulla cottura ottimale). Del resto, mutuando un detto della saggezza popolare partenopea, “a robba bella se fa avvedè”, e questo è il motto che prende in prestito Garofalo per riassumere la sua operazione trasparenza, che dall'8 aprile si avvarrà anche di una campagna pubblicitaria televisiva – lo spot Buona Pasta non mente, in due episodi che fanno leva sull'ironia, già disponibili online - e prevede pure un nuovo restyling grafico del packaging, che riporterà informazioni dettagliate sulla materia prima e il processo produttivo, ben oltre gli obblighi previsti per legge sull'etichettatura (la nuova normativa è entrata in vigore qualche mese fa, e prevede l'indicazione di provenienza del grano in etichetta). Mentre online finiranno anche il dettaglio dei controlli a campione che vengono realizzati da un ente esterno sul prodotto finito distribuito nei punti vendita.

 

www.comesifagarofalo.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 


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