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I cuochi sognatori di Fausto Fratti. Tra i greppi della Valmarecchia per sognare il futuro dopo il Povero Diavolo

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Dopo 26 anni alla guida del Povero Diavolo di Torriana, Fausto Fratti è pronto a dedicarsi a tempo pieno al suo sogno nel cassetto: valorizzare la valle dov’è nato, nell’entroterra riminese, scommettendo sulla sinergia tra cucina e territorio. Con lui una brigata di 12 cuochi itineranti, ambasciatori di luoghi magici da riscoprire. 

Torriana all’ora del tramonto

C’è un luogo magico, nel cuore della Valmarecchia, dove all’ora del tramonto, quando l’aria si tinge di rosso e il sole inonda rocche malatestiane e pareti scoscese, non si può far altro che guardarsi intorno, la vista che spazia dal mar Adriatico a Ravenna, alla valle del Savio. E persino quando la primavera gioca a nascondersi -  con la neve caduta abbondante nell’ultimo scorcio di un marzo particolarmente rigido e il vento gelido sferza la rocca di Torriana -  non è difficile immaginare come sarebbe ritrovarsi qui in una sera d’estate per una notte di festa, con la musica di un’orchestra che suona per gli ospiti e la chiesetta dei santi Filippo e Giacomo che diventa quinta inconsueta per un collettivo di cuochi sognatori. Torriana è la casa di Fausto Fratti: al successo del Povero Diavolo, nato nel 1990 e oggi pronto a intraprendere una nuova fase della sua vita con la gestione del giovane Giuseppe Gasperoni (il primo servizio è stato il 22 marzo), il piccolo borgo della Valmarecchia deve la sua fama, almeno tra i gourmet di tutta Italia. Come le altre località che punteggiano la valle attraversata dal Marecchia, infatti, Torriana conserva la suggestione dei luoghi incontaminati, quelli che hanno continuato a vivere la propria storia, e a preservarla, tagliati fuori dai flussi turistici che ogni estate si riversano sulla Riviera. Nel bene e nel male: siamo a meno di mezz’ora di auto da Rimini, ma pochi riminesi si spingono fin qui, pochi comprendono quanto la storia e la bellezza paesaggistica della valle potrebbero garantire nuova linfa al settore turistico: “Rimini deve capire che non può vivere di solo mare, e destagionalizzare la sua offerta turistica. Solo così sarà in grado di attirare un pubblico eterogeneo a scoprire il suo territorio, che è molto di più di stabilimenti e locali notturni”. Fausto conosce la valle in cui è nato come pochi altri: grande affabulatore e dispensatore di aneddoti, visionario quanto basta per immaginare per la sua valle un futuro diverso.

Un nuovo profilo turistico per Rimini

Nel dinamismo dell’attuale amministrazione, quella guidata per il secondo mandato dal sindaco Andrea Gnassi (lo stesso che sta valorizzando il centro della città, con il percorso felliniano, il ripristino dell’area del castello, la rinascita del Teatro Galli che inaugurerà entro l’anno, e il megaprogetto del Parco del Mare), ripone la speranza che qualcosa possa davvero cambiare. Lui, dal canto suo, ce la mette tutta, col sostegno prezioso di Stefania, sua moglie, che per quasi trent’anni l’ha affiancato alla guida del Povero Diavolo, e ora lo incoraggia per il nuovo progetto. Perché Fausto, in fondo, è sempre stato un patron sui generis: burbero e volitivo, profondo conoscitore dei prodotti del suo territorio, ha saputo crescere il suo ristorante per trasformarlo in una meta di quelle che valgono il viaggio, “una sosta che per 26 anni ha rappresentato un punto di riferimento e attrazione per la ricerca, l’innovazione e l’originalità della sua proposta. Un modello di ristorazione come ci piaceva e desideravamo, senza piegarci alle logiche di mercato. Perché gli obiettivi ambiziosi non conoscono scorciatoie”, come piace dire a lui. Nel frattempo ha sempre organizzato eventi che sul cibo e sulla condivisione della cultura gastronomica puntassero per attirare un pubblico di appassionati da tutta Italia: la Collina dei piaceri in contrapposizione al cattivo gusto della sagre di paese che svendono le tradizioni gastronomiche della Penisola, Spessore e Incipit come fucina per giovani talenti della cucina nazionale. E ora che il testimone del Povero Diavolo è passato di mano – “il nostro percorso si è parzialmente concluso, l’esperienza ci ha divertito, appagato e permesso di vivere dignitosamente” – c’è il tempo per sognare (“sperando che il risveglio non sia brusco”) un movimento di cuochi e cucine itineranti che si muovono su e giù tra i greppi della Valmarecchia per illuminare le bellezze del territorio.

 

I cuochi sognatori, la brigata del Diavolo

L’Associazione dei cuochi sognatori, o brigata del Diavolo, ha già riunito 12 cuochi tra i più talentuosi della Romagna (qui i nomi): la prima uscita alla fine del 2017, nel refettorio del convento francescano di Villa Verucchio, per presentarsi alle amministrazioni locali, “che dovranno contribuire alla buona riuscita del progetto, lavorando all’unisono e in sinergia con l’associazione per garantire la fattibilità degli appuntamenti”. Nel frattempo è nato uno statuto, che presto sarà presentato ufficialmente, e le ruote dell’ingranaggio concertato da Fausto hanno cominciato a girare: “Dopo Pasqua incontrerò ognuno dei cuochi, chiedendogli di raccontarmi un luogo magico dove organizzare uno degli eventi dell’associazione. Poi stileremo un programma che si protrarrà da luglio a novembre 2018. Ma una data, la prima, è già scritta: il 28 luglio, Tramonto, una serata sulla rocca di Torriana per 100 ospiti, con 6-7 cuochi a cucinare per loro, la musica dell’orchestra, l’aperitivo tra le rovine. Sarà la serata conclusiva della Collina dei Piaceri 2018”.  Il profilo del cuoco sognatore? “Un cuoco moderno, con sguardo aperto sul mondo, radicato nella sua storia e al tempo stesso capace di parlare linguaggi internazionali nell’utilizzo, nella preparazione e nella presentazione di un cibo”. L’obiettivo, dunque, è quello di creare un nuovo profilo turistico, lavorando sul connubio cucina e paesaggio, e coinvolgendo pure artigiani e produttori di vino. L’ispirazione la fornisce la Valmarecchia, con i suoi conventi, i musei, i luoghi della memoria, che insieme potranno costituire un mosaico di microrealtà che a chi partecipa regalano “un concetto di benessere vero, non superficiale, una rete di momenti intessuta col filo rosso della cucina”. 

I luoghi magici della Valmarecchia

E tutto diventa incredibilmente concreto passeggiando per la Valmarecchia, al confine tra Romagna, Marche e Toscana, scortati da Fausto, che i suoi luoghi magici li conosce a menadito, ma ogni volta si emoziona a raccontarli. È così che all’interno del convento agostiniano di Villa Verucchio scopri uno straordinario museo archeologico che conserva preziosi ritrovamenti (molti resti organici in perfetto stato di conservazione) della civiltà villanoviana di epoca pre-etrusca: testimonianze di una cultura evoluta, cresciuta grazie al commercio dell’ambra, che lungo tutta la collina ha lasciato circa 600 tombe a pozzetto. Il museo è una chicca dell’offerta turistica romagnola, ma pochi lo conoscono. Qui Fausto vorrebbe organizzare uno degli eventi della brigata – si visita il museo, poi si prosegue con l’aperitivo e la cena -  con il supporto logistico di Summertrade, azienda specializzata in eventi di banqueting e allestimento di attrezzature, che garantirebbe il proprio supporto al progetto, perché non resti solo un sogno.

Poi c’è il convento di Sant’Igne, che si svela improvviso tra i boschi ai piedi della più celebre rocca di San Leo: il silenzio tutto intorno, un chiostro con capitelli a foglie d’acqua di inaudita bellezza.

Intanto Fausto ha ripreso il suo racconto sull’origine leggendaria di San Leo e San Marino, gli scalpellini dalmati arrivati in Valmarecchia e forse passati pure da Torriana, “prima di decidere di abbandonare la rocca perché la pietra era troppo dura per costruire lì”.

Artigiani del cibo e materia prima

Storie leggendarie che si intrecciano con quelle di chi la valle ancora la vive, come la signora Ivana, che nel suo podere di fine Settecento, alle porte di Novafeltria, produce formaggi a latte crudo vaccino nel suo caseificio artigianale: una piccolissima produzione, da animali di proprietà, “forse l’ultima vera artigiana del formaggio rimasta nella valle”, racconta Fausto. A Novafeltria, che è il centro commerciale più importante della valle, c’è anche il laboratorio norcino della famiglia Celli, titolare di due brevetti per le “invenzioni” del Mandolino del Montefeltro (prosciutto di spalla) e della tecnica di dissalazione nel vino, applicata a salumi e formaggi e ispirata alla dissalazione dei prosciutti in acqua in uso nelle case contadine di un tempo.

Ma la Valmarecchia vive anche di contatti con le valli confinanti: valicata la provincia, in direzione Badia Tebalda (AR), c’è l’ErbHosteria di Rofelle, che in tavola porta la profonda conoscenza di erbe selvatiche e fiori; nel Montefeltro, località Ca’ Becchetto a Sassocorvaro, invece, dal 1973 pascolano le pecore della famiglia Spada, che nelle Marche ha portato la tradizione dei pastori sardi. Oggi il caseificio Cau e Spada possiede circa 1800 capi, e al lavoro c’è la nuova generazione: Emilio, Francesco e Alessandra, che da mamma e papà hanno ereditato passione e competenza.

I prodotti venduti allo spaccio, e distribuiti lungo la Penisola in poche botteghe specializzate, regalano grande equilibrio, acidità controllata e profumi intensi: il classico pecorino, il San Giorgio a latte crudo (punta di diamante della casa), il Magnifico, 10 chili di pecorino dalla stazza importante.

Ora si lavora sulla robiola, ma il dogma resta sempre lo stesso, lavorare su un prodotto di livello qualitativo alto e pulito: “La materia prima dev’essere prima… Di tutto il resto”, chiosa Alessandra.

 

Il tempo dei sogni

Tutti questi produttori saranno coinvolti nel progetto dei cuochi sognatori perché anche loro esprimono la ricchezza del territorio, sono la sua storia e il suo presente. Fausto, del resto, nel ruolo di cerimoniere – ambasciatore di racconti e cesura tra le diverse realtà -  si trova perfettamente a suo agio. E mentre chiude la lista dei cuochi partecipanti a Spessore 2018 (dal 19 al 22 giugno, ne riparleremo) o progetta per il Comune di Riccione una nuova manifestazione (Ci Sei, il 6 e 7 giugno), c’è tempo per sognare un’altra situazione delle sue: il borgo antico di Montebello, una casa dentro le mura, il camino acceso e un tavolo per 10, al centro della cucina, “dieci ospiti che arrivano da lontano, una sfoglina che fa la pasta per loro e un grande cuoco, che gli serve il territorio in tavola”. L’invito sembra essere chiaro: che bello sarebbe se tutti ricominciassimo a sognare!

 

a cura di Livia Montagnoli


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