Felafel, hummus, kebab sono cibi ormai familiari sulle nostre tavole. Lo stesso si può dire per cardamomo, chiodi di garofano e altre spezie. Ma questi sapori oggi frequenti sulle nostre tavole e in molte dispense, fanno capo a un universo culturale incredibilmente affascinante, di cui ancora sappiamo molto poco. A porre rimedio Delizie d'Oriente, il volume, edito da Sellerio, a firma di Peter Heine.
L'autore
Non è un gastronomo, Peter Heine, ma un islamista appassionato di cibo, fondatore del Centro Studi Orientali Moderni di Berlino, esperto di storia e tradizioni di quelle regioni che – nel corso del tempo – hanno incluso Arabia, Persia, impero ottomano. Il suo sguardo è quello di un accademico e il volume un compendio erudito e molto affascinante del ruolo sociale, religioso, politico ed economico del cibo, oltre che del suo valore nel definire l'identità di un popolo. Perché, pare quasi superfluo ricordarlo, certe regole alimentari partecipano della vita culturale e della storia delle comunità. Ne nasce un ritratto minuzioso, in cui l'autore riesce a illuminare la fitta trama di relazioni che legano la cucina alla società di quell'angolo di mondo nell'arco di diverse epoche, raccontando precetti religiosi e ingredienti, storia antica e mondo contemporaneo, mescolando fatti storici, aneddoti, curiosità. E lo fa costellando il volume di ricette, oltre 50, molte delle quali di origine antica, alcune nate dalle ricerche storiche dell'autore o tratte da ricettari medievali, altre invece sono moderne, magari frutto di adattamenti contemporanei. Molti sono piatti preparati in occasione del mese di digiuno o per altre celebrazioni, altri invece attengono alle comunità non islamiche del Medio Oriente, altre ancora all'impero ottomano o alle diverse dinastie che si avvicendarono nei secoli. Altre infine sono quelle che troviamo nei ristoranti etnici di mezzo mondo.
Il libro
Nel parlare di cucina islamica, Heine analizza testi sacri, consulta volumi storici, studia il costume di ieri e di oggi, la cronaca e il racconto, raccogliendo testimonianze con fare certosino. Ne esce così il profilo dettagliato di un mondo che gira intorno alla cucina, con i suoi protagonisti che, ieri come oggi, officiano il rito della tavola, con i ricettari che in ogni epoca hanno testimoniato la centralità del cibo. Heine parla di ingredienti, quelli autoctoni e quelli che le migrazioni gastronomiche hanno lasciato in eredità, dell'influsso dell'occidente sulla cucina mediorientale e dell'approdo delle pietanze orientali in Europa, dei cuochi di professione e di quelli per passione, della nascita dei primi ristoranti e della cucina orientale moderna, dello stretto vincolo che lega la cucina con la politica e l'economia. Il tutto con un approccio accademico non privo di spunti e curiosità. E che tiene in massima considerazione l'aspetto religioso, di quell'Islam che – al pari delle altre professioni – non manca di delineare regole e divieti.
Cibi proibiti
“Mangiate e bevete, senza eccedere, perché Dio non ama gli stravaganti” così si legge nel Corano. Proprio così: bere. E si legge anche: “E dei frutti delle palme e delle viti vi fate bevanda inebriante e buon alimento”. Così come si racconta del paradiso ricco di calici freschi che non offuscano la mente. Questo perché, spiega Heine, la tavola celebra la perfezione del creato. Dunque, pur in una religione che vieta il consumo di alcolici, in diversi punti – nel suo testo sacro - si rende merito al frutto della vite. Da qui sono nate questioni esegetiche che hanno attraversato i secoli e che possono spiegare, al netto di interpretazioni complesse, come mai l'alcol sia talvolta più tollerato della carne di maiale. È uno dei precetti più noti, ma ci sono molte indicazioni, alcune paiono dettate dal puro buon senso e sono facilmente applicabili, come l'invito a rinunciare ad aglio e cipolla prima di andare in moschea, altre aprono moltissime questioni agli esperti di leggi coraniche. Per esempio la macellazione rituale. Come si inserisce in un sistema alimentare che include anche allevamenti intensivi e macellazioni automatizzate? Heine ci racconta di religiosi che recitano la formula rituale “Nel nome di Dio” senza sosta di fronte ai macchinari che macellano a getto continuo. Una scena forse incomprensibile per un osservatore esterno. Rimane poi la difficoltà di conciliare l'esigenza di carni certificate con le norme sulla protezione animale. Nei Paesi, per esempio la Polonia o la Danimarca, che vietano il rito halal si studiano procedure come lo stordimento preventivo e si affilano le armi per battaglie legali che valgono un posto centrale nei mercati locali.
Cibi preferiti
Pare che il profeta Muhammad abbia detto: “Chi non mangia carne di cammello non fa parte del mio popolo” sancendo, di fatto, la preminenza di questa carne nella gastronomia locale. Tanto che, ancora oggi, è tradizionalmente consumata durante il Ramadan. Non è la sola pietanza che il profeta indica come sua preferita: ci sono anche il tharid, una sorta di zuppa di carne con farina o pezzi di pane, verdure, spezie, e una miscela di datteri, burro chiarificato e formaggio fresco. La tradizione islamica è ricca di ricette, legate al passato: diverse varietà di minestre, come il maraq molto popolare ai tempi del profeta, e poi la carne, un tempo riservata solo alle grandi occasioni e alla festa del Sacrificio e i dolci, come il faludhaj, di cui l'angelo Gabriele parla al profeta che Heine ci propone in una ricetta tratta da un libro del XIII secolo. Una delle tante che questo originale volume propone per scoprire cosa si celi dietro ai piatti noti e meno noti della tradizione orientale.
Delizie d'Oriente – Peter Heine – Sellerio – 236 pp. - 16 euro
a cura di Antonella De Santis