Se esistesse un parco giochi per buongustai, sicuramente l'Emilia-Romagna potrebbe ospitarne uno in ogni centimetro quadrato del suo territorio grazie alle innumerevoli eccellenze gastronomiche. E la cucina non è da meno. Abbiamo scelto tre ricette facili da replicare a casa: i Cappellacci di zucca, la Cotoletta alla bolognese e la Torta degli addobbi.
Se c’è una regione che mostra di essere compatta e corale sul fronte dell’enogastronomia di qualità, questa è l’Emilia-Romagna, che attualmente vanta il primato tra le regioni italiane per numero di specialità riconosciute con le denominazioni Dop e Igp, 44 in tutto. E la cucina tradizionale rispecchia questa ricchezza da record. Qui, oggi, vi presentiamo tre ricette tipiche da replicare a casa: i Cappellacci di zucca, la Cotoletta alla bolognese e la Torta degli addobbi.
Cappellacci di zucca
Simbolo della cucina di Ferrara, i cappellacci di zucca hanno una storia antica legata al territorio, tanto da aver guadagnato la dicitura Igp. La prima testimonianza scritta risale infatti al 1584, quando Giovan Battista Rossetti, cuoco della corte di Alfonso II d’Este, pubblica la ricetta nella sua opera Dello Scalco. Lui li chiama “tortelli di zucca con il butirro” ma gli ingredienti sono gli stessi della ricetta attuale se non fosse per l’aggiunta di alcune spezie, come per esempio lo zenzero o la cannella (essendo pur sempre destinati alle élite). Venendo al nome “cappellaccio”, caplaz in dialetto ferrarese, secondo alcuni storici è in riferimento alla forma vagamente somigliante a quella del cappello di paglia dei contadini ferraresi, chiamato per l'appunto caplaz. Secondo altri, invece, possono essere considerati la risposta ferrarese ai cappelletti, altra pasta ripiena tipica delle province di Modena e Bologna.
Ingredienti per la pasta
300 g di farina
3 uova
latte
sale
Per il ripieno
1,5 kg circa di zucca Violino
100 g di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio circa di pangrattato
Noce moscata
Sale e pepe
Per il condimento
60 g di burro
50 g parmigiano grattugiato
Tagliate la zucca a spicchi senza pelarla, ripulitela dai semi e dai filamenti, sistematela sulla placca e mettetela nel forno già caldo a 180° C lasciandola cuocere per un'ora abbondante.
Mentre la zucca cuoce, setacciate la farina sulla spianatoia, fate la fontana, mettetevi le uova, il latte e un pizzico di sale e impastate per una decina di minuti.
Raccogliete la pasta a palla e lasciatela riposare per una mezz'ora chiusa dentro un canovaccio. Quando la zucca è cotta, lasciatela intiepidire quindi eliminate lo scorza e passate la polpa al passaverdure. Unitevi il parmigiano, il pangrattato, la noce moscata grattugiata, sale e pepe e mescolate molto bene con un cucchiaio di legno. Il composto dovrà risultare morbido ma asciutto quindi, se necessario, aggiungete ancora poco pangrattato. Stendete la pasta ricavandone una sfoglia sottile ma non troppo (se utilizzate la macchinetta, effettuate l'ultimo passaggio con lo spessore nella penultima posizione). Ritagliate dei quadrati di circa 6 cm, ponete al centro di ogni quadrato una noce di ripieno e richiudete a triangolo premendo i bordi per farli aderire (se necessario, pennellateli con un goccio d'acqua). Cuocete i cappellacci in abbondante acqua salata in ebollizione e, dopo quattro o cinque minuti, scolateli tirandoli su con la schiumarola. Via via che li scolate, disponeteli a strati in una pirofila e condite ogni strato con burro fuso e parmigiano. Serviteli ben caldi. Se ne avanzano, scaldate i cappellacci saltandoli in padella, a fuoco vivace fino a farli diventare color oro scuro.
Cotoletta alla bolognese
È uno dei piatti più antichi di Bologna, tanto che la ricetta è stata codificata e depositata nel 2004 dall'Accademia italiana della cucina presso la Camera di Commercio di Bologna. La ricetta che andrete a leggere è leggermente diversa dall'originale, che prevede il brodo (per insaporire ancora di più la cotoletta) e il burro normale. Noi proponiamo la variante con il burro chiarificato. Perché? La chiarificazione del burro serve a eliminare la piccola percentuale di acqua che vi è contenuta e separare la parte grassa dalla caseina; trattato in questo modo, il burro è in grado di reggere l'alta temperatura della frittura senza bruciarsi. Per chiarificarlo, mettetelo in una casseruolina che porrete dentro un'altra casseruola piena a metà di acqua in ebollizione. Regolate la fiamma al minimo e fate fonder il burro senza mai mescolarlo. Una volta fuso, ritirate il burro dal fuoco e con un cucchiaio togliete la schiuma che si sarà formata in superficie, quindi travasate lentamente il burro liquido in una ciotola, facendo attenzione a non smuovere il fondo dove si sarà depositata la parte acquosa che è quella da scartare. Ben sigillato e conservato in frigorifero, si mantiene per qualche settimana.
Ingredienti
4 fette di fesa di vitello di circa 120 g l'una
80 g circa di parmigiano tenero
4 fette di prosciutto crudo dolce
80 g di burro chiarificato
1 uovo
100 g pangrattato
Per questa preparazione le fette di carne dovranno aver uno spessore di circa 1/2 cm scarso. Ripulitele da eventuali nervetti e parti grasse e battetele leggermente con il batticarne per pareggiarle. Passatele prima nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato premendo con la mano aperta. Scaldate il burro in una padella ampia e rosolatevi dolcemente le cotolette, cinque o sei minuti per parte, fino a che diventino color oro. A cottura ultimata, sgocciolate le cotolette, sistematele in una pirofila e coprite ognuna con una fetta di prosciutto e qualche fettina sottilissima di parmigiano.
Passate la pirofila nel forno a 200° C per cinque minuti fino a quando il formaggio sarà fuso formando sulla cotoletta un coltre bianca e profumata. Al momento di servire, si possono completare le cotolette con qualche fettina di tartufo bianco o, più economicamente, con un cucchiaio di salsa di pomodoro, ma sono ottime e molto saporite anche al naturale. Non salate: prosciutto e parmigiano sono sufficienti per insaporire giustamente la carne.
Torta degli addobbi
Questo dolce è comunemente conosciuto come torta di riso. Tradizionalmente veniva preparato durante gli Addobbi, le feste periodiche parrocchiali in concomitanza con le celebrazioni del Corpus Domini, in cui era uso esporre alle finestre dei drappi colorati. Anche questa ricetta è stata depositata nel 2005 alla Camera di Commercio di Bologna, ma ovviamente ciascuna famiglia ha la sua versione. Qui la nostra.
Ingredienti
150 g di riso comune o semifino
1 l di latte
150 g di zucchero
100 g di mandorle pelate
100 g di cedro candito
2 uova intere e 2 tuorli
4 amaretti
1 bicchierino di liquore (Amaretto, Rum, Galliano)
1 limone non trattato
2 cucchiai di zucchero a velo
1 noce di burro
1 cucchiaio di pangrattato per la tortiera
Fate bollire il latte in una casseruola a fondo pesante quindi versatevi il riso e lo zucchero, incoperchiate e lasciatelo cuocere a fuoco dolcissimo per circa un'ora mescolando spesso.
Perché il riso non attacchi, è consigliabile mettere una retina rompifiamma sotto la casseruola. Nel frattempo tritate le mandorle con il mixer, sbriciolate gli amaretti e tagliate il cedro candito a dadini minuscoli. Quando il riso è cotto, ritiratelo dal fuoco e amalgamatevi le mandorle, gli amaretti, il cedro e la scorza di limone grattugiata (solo la parte gialla). Lasciatelo intiepidire e amalgamatevi, uno alla volta, i tuorli e le uova. Imburrate una tortiera rettangolare di 25x20 centimetri (o anche rotonda di 26 centimetri di diametro) e rivestitela con il pangrattato. Versatevi il composto di riso, livellate e mettete la torta nel forno, già scaldato a 180° C, lasciandola cuocere un'ora abbondante fino a che la superficie sarà ben dorata. Ritiratela dal forno, punzecchiatela con una forchetta e distribuite sulla superficie il bicchierino di liquore. Quando la torta si sarà raffreddata, sigillate la tortiera con pellicola trasparente e tenetela in frigorifero per una mezza giornata. Al momento di servirla, rovesciatela sul piatto da portata, tagliatela a piccole losanghe e spolveratela di zucchero a velo.
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