È il 9 giugno 2015, appena qualche giorno fa, quando Guglielmo Vuolo, pizzaiolo napoletano di stanza presso Eccellenze Campane (una sorta di Eataly non lontano dalla Stazione Centrale di Napoli tutta dedicata a delicatessen regionali), finalmente vede il suo progetto concretizzarsi sotto la forma più amata dagli italiani: la pizza. La novità? L'impasto realizzato con l'acqua di mare. Paolo Scudieri, presidente di Eccellenze Campane, ha commentato così l'iniziativa: “la valorizzazione di tradizioni, eccellenze e territorio è alla base del progetto Eccellenze Campane. E questa iniziativa sull’acqua di mare va esattamente in questa direzione. In poco più di un anno dalla nascita del nostro polo del gusto, abbiamo collezionato primati ed esclusive di cui andare fieri”. Maestro piazzaiolo da 40 anni, alle spalle una lunga tradizione familiare nel campo dell'arte bianca, Vuolo ha sfornato negli ultimi mesi ben cinquemila pizze realizzate con l'acqua di mare. Erano campioni di assaggio. Le cavie? I clienti affezionati ma anche colleghi pizzaioli.
La pizza
Gli ingredienti base rimangono gli stessi: farina, lievito e acqua, ma di mare. Ovviamente si tratta di un'acqua trattata, microbiologicamente pura e ad uso alimentare, ricca di 92 elementi della tavola periodica. Artefice di questo prodotto la Stelamar di Bisceglie, stabilimento del dipartimento per la Sanità Pubblica che, fra le altre cose, si occupa anche di sicurezza alimentare. Venti ore di lievitazione a temperatura ambiente e diversi condimenti, tutte realizzate con prodotti del territorio e di alta qualità. La più particolare è la Portulaca, con l'antica insalata della tradizione contandina campana, detta in dialetto pucchiacchella,pomodoro San Marzano essiccato al sole, olive nere, alici di Cetara e spruzzi di acqua di mare direttamente e sulla portulaca.
Ancora ingredienti locali, e non, in un incontro fra due terre, la Puglia e la Campania, nella pizza Apulia in cui la base di cozze e patate è accompagnata dalla mozzarella di bufala affumicata e condita con basilico fresco e pepe nero.
Questa innovazione suscita tanta curiosità e qualche dubbio. Abbiamo chiesto il parere di Stefano Callegari (Sforno, Tonda, Trapizzino), Enzo Coccia (La Notizia) e Riccardo Antoniolo (Ottocento Simply Food).
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Stefano Callegari
Romano Doc, l'uomo di Sforno e dello street food più amato della Capitale, il Trapizzino, è stato uno dei pochi colleghi ad assaggiare la nuova pizza. Piccoli dubbi riguardo la combinazione di lievito e sale contenuto nell'acqua marina ma, tutto sommato, il suo giudizio sull'esperimento di Vuolo è positivo.
Parliamo naturalmente di pizza, ma questa volta di un suo collega. La pizza con l'acqua di mare di Guglielmo Volo. La conosce?
Sì, non solo la conosco, ma l'ho anche assaggiata. Ha un impasto molto leggero e digeribile, mi è piaciuta. Ho provato la Portulaca, molto saporita.
E, gusto a parte, cosa ne pensa dell'utilizzo dell'acqua di mare da un punto di vista tecnico?
Come dicevo, l'impasto risulta molto soffice e leggero, il che è un bene. L'unico rischio riguarda la combinazione di lievito e sale. Generalmente il sale viene aggiunto alla fine negli impasti, qui presumo venga invece messo il lievito come ultimo ingrediente. Nei miei prodotti il sale arriva sempre alla fine, mentre in questa pizza è presente da subito e questo altera la preparazione.
Come potrebbe incidere questa innovazione da un punto di vista economico?
Sui costi l'incidenza è minima. Con un litro di acqua si riescono a fare dalle 8 alle 10 pizze, per cui il prezzo di questa acqua trattata, che non conosco, è comunque da considerare spalmato su diverse pizze.
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Enzo Coccia
Il conterraneo di Vuolo, anche lui artigiano della pizza napoletana a forno della famosissima pizzeria La Notizia di Napoli, nonostante la stima per il suo collega, si astiene da un giudizio vero e proprio, ancora in cerca di dati scientifici.
La pizza di Vuolo prodotta con l'acqua di mare deve essere molto sorprendente per chi opera in questo settore da molti anni. Lei cosa ne pensa?
Purtroppo non ho una risposta vera e proprio da dare. Non mi sento di commentare positivamente o negativamente questo aspetto del lavoro di Vuolo, che è un amico e collega che stimo molto, semplicemente perché mancano dei dati scientifici certi.
Quali sono i dati mancanti?
Innanzitutto, bisogna sapere come reagisce l'impasto al sale marino, conoscere la capacità salina dell'acqua di mare e il suo mantenimento. Servono dei giudizi tecnici e scientifici per un argomento che è ancora in fase di innovazione. Non bastano gli studi di noi pizzaioli, servono anche quelli dei medici e degli scienziati.
Quali sono le domande tecniche che farebbe a un chimico o un biologo?
Quanto sale contiene un litro di acqua marina, quali sono le caratteristiche principali di quel sale e, soprattutto, la capacità di calcio contenuta. Per ogni litro d'acqua sono necessari 50 grammi di sale fino in un impasto tradizionale. Se usassi il sale doppio, che ha un 7% di coefficiente salente in più rispetto a quello fino, dovrei metterne 45 grammi invece che 50. Questi sono dati essenziali, l'impasto varia notevolmente a seconda degli ingredienti usati. Manca una relazione scientifica approfondita sul sale del mare.
Riccardo Antoniolo
Pasticcere ancora prima che pizzaiolo, ma soprattutto un amante e professionista dell'arte bianca, Antoniolo lo trovate da Ottocento Simply Food a Bassano del Grappa. Il suo giudizio? Vuolo promosso a pieni voti.
Acqua di mare e lievito nell'impasto della pizza. Come reagiscono insieme questi due elementi?
Beh, è da diversi anni che si parla dell'impiego dell'acqua marina nella preparazione della pizza. Nel mondo della panificazione in generale esiste da tempo questa idea e sono anche stati ottenuti dei buoni risultati. L'acqua di mare contiene degli oligoelementi proprio come il sale da cucina, solo che più il prodotto è raffinato, più questi si perdono. Viceversa, più il prodotto è grezzo, come nel caso del sale contenuto nell'acqua di mare, maggiore sarà la qualità e la presenza degli oligoelementi al suo interno.
Quindi non trova ci sia alcun problema a livello tecnico di preparazione?
No. Il cloruro di sodio potrebbe tendere a “rubare” acqua al lievito quando entra a contatto con l'impasto, ma se amalgamato correttamente e se si tratta di un buon sale, questo si diluirà nell'acqua senza creare complicazioni e condizionare i lieviti. Se l'acqua è limpida, la soluzione è totale e sicura.
Fra i dubbi sollevati da altri colleghi, c'è quello della mancanza di dati scientifici certi. Lei come affronta questo problema?
Questo problema c'è sempre, in qualunque campo della cucina. Io stesso ho fatto degli esperimenti con l'acqua di mare, proveniente dai mari freddi della Scandinavia. Si tratta di un'acqua presa a 800 metri di profondità, in zone meno inquinate. L'unico dubbio che ho (che è il motivo per cui sono restio ad approfondire questa tecnica) riguarda una mia diffidenza personale nei confronti della pulizia dei mari del nostro paese. Purtroppo le condizioni igieniche non sono delle migliori e l'inquinamento è elevato. Comunque, in qualsiasi caso, la ricerca va sempre condivisa e apprezzata.
Eccellenze Campane | Napoli | Via Benedetto Brin 49 | tel. 081.203657 | www.eccellenzecampane.it/index.php
a cura di Michela Becchi