Un impero del cibo made in Veneto: quello della famiglia Alajmo, che parte a Rubano, in provincia di Padova e arriva fino a Parigi. Ma non finisce qui.
Ristoranti gastronomici, bistrot, caffè: Alajmo Spa è una galassia composta da dieci insegne, nove in Veneto, tra Sarmeola di Rubano, Selvazzano Dentro e Venezia, e una sola (per ora) fuori Italia, a Parigi. Un impero del cibo da 205 dipendenti, con un fatturato consolidato nel 2017 di 15 milioni di euro. A tenere le fila sono naturalmente i fratelli Alajmo.
Raffaele e Massimiliano Alajmo. foto Lido Vannucchi
“Alajmo è una collezione di posti unici, una Wunderkammer di piccole meraviglie, ognuna diversa dalle altre. Non c’è un modello a cui ci ispiriamo, decidiamo noi che percorso fare. Il nostro obiettivo? Inglobare ancora altre chicche”. Piccole meraviglie che fanno però un impero del food ormai da 205 dipendenti e 15 milioni di fatturato. A capo di tutto i due fratelli, Raffaele e Massimiliano, che il Chief Financial Officer del Gruppo, Fabrizio Masiero, soprannomina ‘Dolce&Gabbana’ e che le cronache gastronomiche dipingono sempre come lo Yin e lo Yang. Diversi ma complementari: Raffaele Alajmo è il manager dal piglio militaresco, Ceo dell’azienda, Massimiliano Alajmo è il virtuoso, lo chef&pasticcere con Tre Forchette sulla guida del Gambero Rosso e con Tre Stelle già nell’edizione della guida Michelin 2003 (il più giovane nella storia ad averle ottenute, ad appena 28 anni di età) che si occupa di modellare tutti i contenuti culinari, nella perenne ricerca del gusto primordiale e della “verità” degli ingredienti. Insieme a loro, naturalmente, il resto della famiglia: la sorella Laura, con una vocazione per la pasticceria e il packaging, che segue più direttamente il Calandrino; il papà e Presidente Erminio, che è anche Presidente Fipe Veneto e Vicepresidente Nazionale Fipe; e naturalmente mamma Rita, regina indiscussa della pazientina (tipico dolce padovano): fu lei a prendere la prima stella a Le Calandre nel 1992 e ancora oggi va nel laboratorio di pasticceria ogni volta che può.
Le Calandre. Foto: Sergio Coimbra
Il brand Alajmo
Alajmo è oggi un vero e proprio brand, la cui estensione parte naturalmente dalla casa madre, Le Calandre, un ristorante-destinazione in una non destinazione. Le linee di business sono tre: quella dei locali gastronomici/gourmet che corrisponde al 43% – con Le Calandre e il Ristorante Quadri a contenersi la pole position in termini di fatturato – quella dei caffè/bistrot al 50% – qui è il Grancaffè Quadri il primo in assoluto – e la parte eventi, capace di generare il 7% del fatturato.
Caffè Stern. Foto: Sergio Coimbra
Business e responsabilità sociale
Un business con un alto tasso di responsabilità sociale: nel 2004 è nato Il Gusto per la Ricerca(da un’idea dei due fratelli sviluppata insieme al dott. Stefano Bellon): pranzi di alto profilo il cui ricavato viene destinato al 100% a Enti che finanziano la ricerca scientifica nel campo delle malattie neoplastiche infantili, a strutture che ospitano bambini in condizione di forte disagio e a realtà locali di assistenza che operano sul territorio. In 14 anni sono stati raccolti e donati 1.825.543,58 euro di cui hanno beneficiato 19 associazioni.
A dispetto dell’attitudine all’internazionalizzazione, il filo conduttore della società si conferma il motto di sempre: ‘ciò che diventa, era’. In altre parole, sguardo al futuro, ma con solide radici nel passato: “L’intenzione” spiega Raffaele “è di fare sempre qualcosa che abbia dei valori, senza scorciatoie. Oggi, per esempio, è molto difficile bere un caffè potabile: stiamo andando in una direzione industriale e si stanno eliminando la capacità e la bravura dell’uomo. Noi lavoriamo con il torrefattore Gianni Frasi e scegliamo macchine e macinature manuali. Questa attenzione è la stessa che mettiamo nel fare un toast o un cioccolatino. Se si utilizza un certo olio extravergine d’oliva a Le Calandre, lo stesso olio verrà usato in tutti gli altri locali. Non vogliamo economizzare: al Caffè Quadri, anche se siamo in piazza, usiamo bicchieri fatti a mano, esattamente come al ristorante”.
Grancaffè Quadri. Foto: Sergio Coimbra
E la gestione su tanti fronti sembra essere più stimolante che complicata, almeno dal punto di vista di Massimiliano: “Mi consente di non concentrarmi su un unico obiettivo e di non pensare sempre e solo alla stessa cosa, con il rischio di perdere la traccia. In questo modo posso rilassare la mente e lavorare una volta su una brioche, un’altra su un piatto, un’altra ancora su un evento sartoriale. C’è un fil rouge che collega tutto e così diventa possibile che una preparazione di pasticceria contamini un prodotto da ristorante, come il burro d’olio, o viceversa che il risotto capperi e caffè diventi un panettone capperi e caffè. Per noi non c’è distinzione tra cucina e pasticceria, i processi sono gli stessi, il ragionamento è simmetrico”.
Quadri. Foto: Bob Noto
Alta finanza e fine dining
Nel 2009 la famiglia si trovò a un bivio: “Avevamo la testa grande il doppio del normale” è Raffaele a ricordare “ma con un corpo piccolo, facevamo fatica a stare in equilibrio. Potevamo fermarci e ridimensionarci, facendo i ristoratori classici, oppure crescere, consentendo l’ingresso di un investitore. Abbiamo fatto una riunione di famiglia, io ho proposto una virata e abbiamo deciso di andare avanti creando la Alajmo Spa (prima esisteva la società di famiglia Interland srl)”. Il giro di boa si compie dunque con l’acquisizione del Quadri a Venezia – tre locali in uno con affaccio su Piazza San Marco: ristorante, bistrot e caffè – e l’ingresso con il 24,8% di quota della Venice Spa, controllata di Palladio Finanziaria, attiva nel private equity. L’alta finanza entrava nel mondo del fine dining: un’operazione inedita sul mercato italiano.
E così a fine 2010 la Alajmo Spa raddoppiava, sia in termini di fatturato – da 5 a 10 milioni di euro – che di dipendenti – da 80 a 150. “Il nostro settore è sempre più complicato”spiega Raffaele “con tantissime leggi e adempimenti. Oggi le mezze misure fanno più fatica: o sei iperleggero, con un’azienda agile con pochi dipendenti, oppure ti strutturi per bene, perché quando sali di organico la gestione diventa impegnativa e onerosa e serve una visione globale”.
Amo. Foto: Federico Nero
Da Quadri ad Amo
Proprio questo mese, il Quadri chiuderà per un importante rinnovo curato da Philippe Starck che coinvolge la conformazione stessa dello spazio, i tavoli, le sedute, i tessuti alle pareti (con un lavoro di ricerca sui disegni storici della Fondazione Bevilacqua La Masa), gli stucchi e i lampadari, naturalmente nel rispetto dei vincoli di un luogo tutelato. È il terzo locale che porta la firma della superstar del design contemporaneo, dopo il Caffè Stern nello storico Passage des Panoramas a Parigi, e Amo, novità della collezione veneziana, inaugurato all’interno del centro commerciale di lusso T-Fondaco dei Tedeschi. Il bilancio del primo anno di vita di questo bistrot casual (ma non troppo) è positivo: “Siamo partiti in sordina” racconta ancora Raffaele “ma ora è esploso e sta lavorando molto bene. Amo è un locale eclettico che cambia durante il corso della giornata e che piace molto per la formula trasversale e décontracté. Ci sono tanti dettagli curati ma anche molte difficoltà di gestione: la lunghezza dell’orario di servizio, l’apertura 365 giorni all’anno, la cucina nel mezzanino, i magazzini a 200 metri di distanza e la possibilità di far arrivare le merci esclusivamente dalle 6 alle 8 del mattino”.
È uno dei molti scogli che si trovano ad affrontare nel loro percorso che continua ad avanzare.
a cura di Federico De Cesare Viola
foto di Paolo della Corte
QUESTO È NULLA...
Abbiamo raccontato la storia della famiglia Alajmo nel numero di gennaio del Gambero Rosso, in questi giorni in edicola, con le parole di Federico De Cesare Viola e gli scatti di Paolo della Corte. Un servizio in cui parliamo anche dei prossimi progetti di Massimiliano e Raffaele. Che paiono non fermarsi mai, e il nuovo headquarter e centro di produzione lo dimostra. Lo dicono anche i numeri: quelli delle tappe della loro vicenda professionale (ne abbiamo contate 20), e quelli della Alajmo Spa (che abbiamo sintetizzato in un grafico cui vale proprio la pena di dare un'occhiata), e quelli delle insegne che fanno loro capo. Allora abbiamo voluto capire come si riesca a moltiplicare insegne e format senza perdere la propria identità. Insomma: come fanno a creare tutti questi locali così diversi e così, indiscutibilmente, Alajmo? E come la mettono con i menu? Abbiamo dato voce anche a Erminio Alajmo, decano della famiglia, Presidente di Alajmo Spa, e padre dei fratelli Alajmo. Da lui tutto è partito.
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