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Un giornale (di carta!) che si occupa di enogastronomia. Cosa deve avere per funzionare?

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Belle foto, una carta migliore, illustrazioni, approfondimenti, belle ricette, storie e racconti da conservare. Su cosa deve puntare, negli anni che avvicinano al 2020, la carta stampata nel settore food&wine?

La carta è morta? Viva la carta! Anno dopo anno si annuncia la morte della carta stampata, ma ancora il funerale non è stato celebrato. Noi siamo sicuri che ci sia ancora un futuro per le riviste cartacee, anche ne settore de food&wine. E abbiamo chiesto ad alcune personalità del mondo dell'enogastronomia quale dovrebbe essere, secondo loro, la ricetta vincente. E lo abbiamo fatto proprio nei giorni in cui il nostro mensile esce con una veste rinnovata. Un primo cambiamento di tanti che seguiranno.

 

Corrado Assenza

Per me la carta deve essere densa di idee, il suo essere materiale, tangibile, deve avere contenuti reali e non vacui, consultabili in modo attento, più di quanto si faccia abitualmente su internet, da leggere e rileggere. Una carta/idea che abbia introspezione, cultura, spessore e grande profilo, che dia spazio ad aspetti quasi storici o storicizzati e alla più raffinata, elegante, saggia e sapiente innovazione. La carta deve incartare l'anima. Riuscire ad accogliere il segno d'autore, segni del tempo in cui siamo attraverso la cucina, foto e disegni.

Approfitto per lanciare un'idea, nata all'epoca dell'istituzione delle Stelle nella Guida Bar del Gambero, assegnate alle insegne e ai professionisti che per almeno dieci anni consecutivi hanno conquistato Tre Tazzine & Tre Chicchi (massimo punteggio). Diamo a questi nomi che da più di 15 anni sono leader della loro categoria, un ruolo nuovo, quello destinato a un pool di superesperti: che sia istituzionale, di rappresentanza della categoria, di formazione e valutazione di quanto c'è oggi e che loro stessi hanno contribuito a creare. Un po' come per taluni concorsi cinematografici in cui si chiama una giuria di esperti, a dare il premio della critica. Ecco bisognerebbe individuare questi esperti, un gruppo riconosciuto da ripetere in ogni categoria, che potrebbe trovare spazio nelle pagine cartacee così da definire un sorta di hall of fame operativo.

 

Allan Bay

Come deve essere e cosa deve fare una rivista cartacea del food&wine oggi? Semplice a dirsi, anche se non a farsi. Competere col web sulla quantità di notizie fresche è impossibile. Però il web ha una caratteristica: la tellurica bulimia, trovi tutto e di tutto, fake news incluse, e senza una forte preparazione specifica, che pochi hanno, ti perdi. Chi cerca notizie e commenti seri, non li trova. Quindi? Quindi bisogna evitare di competere col web e concentrarsi sulla qualità, sul servizio vero. Concentrarsi su poche cose, ma analizzandole bene, a fondo. Approfondire, ma sul serio. Evitare i contributi banali, i copia incolla dei comunicati stampa, le stupide classifiche che nessuno è in grado di stilare…

Solo puntando sulla qualità una rivista cartacea può salvarsi. Certo, i potenziali interessati sono una nicchia. Ma sono una nicchia importante. Ma alternative non ce ne sono. Poi fare bene con pochi soldi che oggi ci sono nella carta stampata non è facile: ma si deve fare.

 

Luigi Cremona

Penso (e mi auguro) che la carta rimarrà a lungo anche nell’epoca del web. Dalla parte sua il web ha l’immediatezza e l’universalità, alla carta affiderei il compito dell’approfondimento e dell’eleganza.

Quindi una rivista che sia bella, con belle immagini e una grafica studiata, e contenuti che privilegino lo spessore culturale, l’indagine, la retrospettiva. Che dia voce e spazio ad aspetti meno conosciuti, ad argomenti meno popolari ma importanti (un esempio? quelli economici con i costi e ricavi nel settore). Una rivista dove l’Italia sia ovviamente presente, importante, ma non dominante come ormai tutte le classifiche mondiali, di settore e non, giustamente ci fanno ricordare.

 

Fiammetta Fadda

Credo che dopo un iniziale o quasi iniziale, ormai, periodo di confusione, il mercato si dividerà in due tranche: da un lato le testate di gastronomia trasformate progressivamente in testate on line; dall’altro la carta di gran qualità fisica e grafica, un oggetto per intenditori e amatori, da sfogliare.

Ritengo che in questa fascia, necessariamente ristretta, confluirà però l’universo dei buongustai usciti dal mondo foodie giovanile per assestarsi sul piacere anche fisico del tatto, della bellezza delle immagini, della creatività gastronomica goduta con calma. Per fare un riferimento, quello che che, per le testate, è stato Grand Gourmet.

C’è poi un aspetto da non sottovalutare che riguarda la perfezione e la completezza delle ricette. Un passaggio in rete dice molto sulle approssimazioni e sugli errori tout court in cui si incappa, che si traducono necessariamente in insuccessi.

Infine c’è un piacere speciale, per chi ama la cucina, nella lettura di preparazioni perfettamente e sapientemente descritte da andare a ricontrollare con calma regalando al cucinare uno dei loro ruoli più significativi: generare pause di vacanza mentale e calma. Non è un caso che quando Margaret Thatcher aveva una decisione difficile da prendere si mettesse a fare il pudding.

 

Oscar Farinetti

Non è il mio settore, l'editoria, ma direi che qualsiasi attenzione si rivolge al mondo del cibo, oggi, deve essere di tipo olistico: bisogna parlarne a 360 gradi a partire dalla terra e non focalizzarsi solo sui piatti. Cosa che, tra l'altro, non è neanche un approccio italiano, perché l'Italia è in primo luogo una terra che ha una grande tradizione contadina. Prima si deve parlare dell'agricoltura, poi della trasformazione e solo dopo di quanto avviene al ristorante. Del resto ogni cosa buona o non buona deriva dalla campagna. I grandi chef sono quelli che rovinano il meno possibile le meraviglie della terra e lo stesso vale per i grandi enologi con il vino. Quindi io dico che la carta può avere ancora un grande futuro, ma deve parlare non solo del piatto ma della terra, della storia e delle tradizioni di un luogo. E lo stesso vale per le foto.

 

Annie Féolde

Quando una rivista è fatta bene, dà ai lettori la possibilità di comprendere di più quel che si fa in cucina, gli fa vedere dove si lavora bene, e li invoglia a visitare dei posti. Un giornale può aprire le porte e far capire la ricerca che fanno i grandi ristoratori. La cosa importante è spiegare e raccontare in modo interessante i ristoranti, ovviamente con la completezza delle informazioni che permettano poi ai lettori di raggiungerli.

La cosa importante, però, è che sia scritto da persone che abbiano una bella conoscenza della gastronomia, non solo regionale e italiana, ma direi quasi del mondo intero. Nei piatti ci sono delle differenze che rappresentano il paese, la sua storia, la mentalità, le difficoltà. Rappresentano la vita di quel luogo. Chi va a visitare dei posti per raccontarli deve capire tutto questo, e capire quel che si sta per mangiare, che è il risultato di una grande ricerca. Per questo è necessario avere persone preparate per potere scrivere di ristoranti. Ed è una formazione lunga, non bastano due o tre anni.

 

Paolo Marchi

Geniale, spiazzante, intelligente, profonda e precisa, così penso debba essere una rivista cartacea nell’era di internet. Certo non generica e superficiale, figlia di un lavoro senza bussola come tante danno ora l’impressione di essere, disorientate perché subiscono il web come un pugile i colpi dell’avversario più forte.

La rivista del futuro deve catturare l’attenzione fin dalla grafica, scendere nei dettagli più importanti di un singolo, originale argomento. La sua redazione deve avere gli occhi e le antenne posizionate sul mondo intero, deve essere in grado di andare oltre l’attualità, soprattutto quella più spiccia, deve sapere raccontare un cuoco, un produttore, un artigiano dai suoi inizi, dalla prima volta che si cucinò due spaghetti o provò a produrre un formaggio senza riuscirci.

Vorrei un libro, ogni mese il nuovo volume di una enciclopedia, qualcosa che abbia un respiro profondo. In una sola parola: deve essere… utile!

 

Anna Morelli

Stiamo vivendo da qualche anno una fase di cambiamento del panorama editoriale cartaceo. Le case editrici fanno fatica a stare a galla, ma quando ci riescono è sicuramente dovuto a delle scelte editoriali di fondo. Non comincerò di certo adesso a fare l’esperta di numeri e statistiche sull’editoria, ma gli anni di esperienza sul campo mi hanno insegnato un po’ di cose e mi hanno fatto crescere insieme ai progetti portati avanti.

Già 6 anni fa mi davano della matta per la decisione di continuare a pubblicare una rivista cartacea, oggi invece mi sento di dire che la carta non finirà, che i lettori amano l’oggetto che si sfoglia, si tocca, che profuma di stampa e che resta! Carta e web, anziché essere in competizione, hanno imparato a convivere e questo sembra essere in parte il futuro dell’editoria.

Per noi di Cook_inc. ogni numero è un nuovo inizio, una scusa per reinventarsi, per tenersi vitali e creare cultura senza lasciarsi condizionare né prendersi troppo sul serio.

Non vogliamo essere una rivista tecnica solo per addetti ai lavori, anzi, il percorso degli ultimi anni ci ha portati a rivalutare la cucina come “laboratorio di esseri umani”. Senza il racconto del vissuto delle singole persone le storie sono vuote e poco interessanti. I lettori, appassionati gourmet o semplicemente curiosi, hanno voglia di capire e sentire chi sta dietro ai fornelli e non solo leggere ricette e spiegazioni tecniche. Quindi il presente e il futuro dell’editoria cartacea, in poche parole è (secondo noi!): creatività, qualità, profondità, intelligenza!

 

Antonio Paolini

Condannati all’high level. A un upgrade di classe (come le compagnie aeree “vere”, che per pararsi dalle low cost hanno solo la business più figa e le lunghe rotte in condizioni umane su cui puntare). Pedalando quindi in maniera tutt’opposta alla corsa al “mani di forbice” no limits con cui l’editoria di carta (intera) ha reagito alla crisi. Pensando anche (alcuni, i più aleatori e furbetti) di approfittarne per sistemare vecchi conti interni. Ma il fatto è che, presa la discesa, specie sul ghiaccio, la logica è andar giù, non risalire. Sul piano puro del cheap, dei costi umani e intellettuali minimi, il web non teme rivalità al ribasso. E la sua velocità e trasversalità (più il miraggio di sdoganamento del protagonismo di ogni utente) fa un pacchetto di pro invincibile. Mentre i contro (nebulosità e/o malizia delle fonti, irresponsabilità, fake, schedature) son così subdoli da parere inapparenti. Dunque, a salvare il residuo (minoritario, ma prezioso se coltivato come elitario) erotismo fetish e intellettuale del magazine a pagine “vere” non resta altra via che: carta figa da toccare; grafica da urlo; contenuti approfonditi basati su conoscenze e scavo idem; scrittura di classe; idee. Chi vorrà continuare (ma si può leggere, ovvio, anche: chi s’ostinerà) a editare in quel campo dovrà rassegnarsi. In primis a utilizzare veri, rifiniti professionisti. In secundis, a pagarli. O magari, ad associarli. Non in pelose coop, ma in ragionate (e dinamiche) costruzioni partecipative sul tipo degli studi legali Usa. Quelli che fanno (per capirci) così figo nei serial (che sempre meno gente vede però sul tivù, ma su altri devices… meditate gente, meditate…).

 

Fabio Parasecoli

Credo sia importante che una rivista cartacea sia un oggetto bello da tenere in mano. Oggi le informazioni e la quotidianità si trovano su internet e sui social. Perché uno dovrebbe spendere dei soldi per una pubblicazione cartacea? Lo fa se trova idee, bella grafica, belle foto, qualcosa che dia piacere a tenerla in mano. Ormai nessuno si porta dietro una rivista pesante, ma legge a casa quando è rilassato. Insomma: io non vedo la fine della carta, ma vedo la carta usata in un odo diverso. Riguardo i temi, poi, la recensione dei ristoranti o del vino è più pratico averle in una app o su una guida, mentre una rivista deve dare spazio a temi di ampio respiro, al cibo inteso nei suoi diversi aspetti: culturale, politico, economico, sociale. Ci devono essere riflessioni ad ampio raggio, non essere chef-centrico, perché i cuochi sono il motore, rappresentano un tema sempre avvincente, ma ci sono fenomeni sociali, ambientali ed economici mondiali legati al cibo che secondo me meritano di essere affrontati. Quel che mangiamo dipende da tanti fattori: sono temi di attualità e argomenti interessanti se raccontati nel modo giusto: intelligente, agile, accessibile a tutti i lettori e non pedante, con illustrazioni e una bella veste grafica.

 

Luciano Pignataro

Ho cominciato a lavorare quando non c'era neanche il fax e sono molto contento di aver potuto vivere una trasformazione così radicale del mondo della comunicazione nell'arco della mia vita professionale. Di più, ogni anno, addirittura ogni mese, che passa c'è una ulteriore evoluzione a cui adeguarsi che richiede impegno e aggiornamento. E allora, a cosa può servire una rivista di carta? Scriverla e produrla sarà più o meno la stessa cosa di usare una carrozza invece dell'auto, di una barca a vela invece di un motoscafo. Deve essere utile allo spirito e al senso estetico prima ancora che pratica. Dunque molto bella, bellissima, un oggetto che è piacevole sfogliare con le mani, conservare, regalare, esibire. Non servirà a fare degli scoop, ma il tempo lento della scrittura e della lettura può facilitare l'approfondimento di un tema. Certo non deve rincorrere la tv come hanno fatto i giornali negli ultimi 20 anni e non deve rincorrere il web come ha fatto la tv negli ultimi cinque. Deve essere, appunto, la carta. Qualcosa di artigianale, pensata per esistere oltre il tempo necessario alla lettura. Un oggetto feticcio, un contenitore autorevole capace di essere l'oggetto dei desideri di chi lo sfoglia e di chi ambisce ad essere raccontato. Un oggetto dove capire i temi profondi del momento e portarli a galla in modo completo.

 

Nadia (e Giovanni) Santini

C'è spazio per una rivista cartacea oggi? Penso di sì. Ma deve aggiornarsi, perché la società cambia. C'è bisogno di recuperare il senso della cucina, che è una semplicità complessa. Cucinare vuol dire arrivare più vicino possibile alla scienza vera che è quella che trasmette la vita. E questo non bisogna mai perderlo d'occhio, invece nelle trasmissioni in tv c'è molta confusione che allontana dalla cucina vera, i giovani non sanno più fare neanche un semplice sugo. Bisogna ritrovare il contatto con la terra. Credo che una rivista oggi dovrebbe occuparsi di educazione alimentare. Mi piacerebbe leggere ogni mese un approfondimento: per esempio riguardo aspetti nutrizionali e legati alla salute, coinvolgendo medici ed esperti, o riguardo un prodotto, spiegandone metodi di coltivazione, proprietà nutritive, parlando anche dei ristoranti che lo usano, e dei vari impieghi in cucina. Raccontando i produttori virtuosi. Vorrei si andasse all'origine delle cose dando spazio a chi lavora bene. Un bravo allevatore, un produttore di latte che non munge tre volte al giorno ma una sola con massima attenzione all'alimentazione degli animali, un bravo agricoltore. Rovesciamo questo sistema che è andato incontro al tanto e diamo spazio al giusto, che deve essere anche pagato il giusto, rispettando le professioni, quelle fatte con cuore, anima, etica e responsabilità. Dobbiamo ricreare questa catena di fiducia l'uno con l'altro, dal produttore al trasformatore al ristoratore, e dare spazio a chi fa bene, ognuno nel suo.

Aggiunge un appunto il figlio Giovanni: il cartaceo deve differenziarsi totalmente da internet, deve essere bello, stimolare anche un altro senso, il tatto, in un modo che un tablet non potrà mai fare, essere piacevole da tenere in mano, avere belle foto ed essere autorevole. Si rivolge a lettori evoluti, magari cresciuti su internet, disposti a spendere di più, perché cercano qualcosa di più, consumatori che conoscono chi e cosa stanno leggendo.

 

Gianfranco Vissani

Mi piacerebbe vedere meno stupidaggini, vorrei trovare la cucina, quella fatta bene, cuochi che sappiano cucinare. Meno sensazionalismo. È una cosa difficile perché c'è un calo da tutte le parti: di vendite, ma anche di cucina, di materia prima. Di tutto.

 

Enzo Vizzari

Come insegna l'abc del marketing il primo passaggio è segmentare il pubblico di riferimento, oggi ben più articolato di 20 anni fa. All'epoca c'erano i superappassionati che giravano esclusivamente grazie al passaparola e alle guide, e poi c'erano i curiosi che solo occasionalmente facevano certe esperienze gastronomiche, questi ultimi trovavano informazioni, magari superficiali ma sufficienti per le loro esigenze. Oggi, invece, ci sono curiosi, foodies, gourmet militanti e, dall'altra parte, si trovano molte più informazioni disponibili, di tanti livelli diversi.

Parlando di carta - e questo vale sia per le riviste che per le guide - si deve pensare a un lettore curioso e molto motivato a informarsi ben oltre le notizie facilmente disponibili in rete. Per quanto sia disgustato da Tripadvisor, credo che possa essere utile a molti. Che probabilmente non sono i destinatari primi di una rivista o di una guida cartacea. Insomma: oggi chi vuole un tipo di informazione generica la trova ovunque, ma chi cerca qualcosa di professionale, frutto del lavoro di editori e giornalisti specializzati, sono convinto si orienti verso un prodotto editoriale diverso. Credo continui a esserci un mercato per la carta stampata anche nel settore dell'enogastronomia, a patto che sia autorevole e di qualità.

 

Noi siamo convinti ci sia un futuro per la carta stampata. E proprio per questo abbiamo deciso di impegnarci per rinnovare il Gambero Rosso, a partire dal numero di novembre già in edicola. 

gambero novembre

http://www.gamberorosso.it/it/mensile/

 

a cura di Antonella De Santis

 

 


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