La Barbera d'Asti e le sue molte declinazioni. Una, quella Superiore di Pico Maccario, ha meritato i Tre Bicchieri nella guida Vini d'Italia 2018.
Una rosa segnala l'inizio di ogni filare, per un totale di circa 4.500 piante a clone unico. Basta questo per dare un'idea delle dimensioni e della filosofia dell'azienda di Pico e Vitaliano Maccario a Mombaruzzo, in provincia di Asti e nel cuore della Docg Barbera d'Asti. Quella stessa filosofia che è sintetizzata dalla frase: “C’est le temps que tu as perdu pour ta rose qui fait ta rose si importante” dell'inossidabile Antoine de Saint-Exupèry, monito e insegnamento che campeggia in azienda. La rosa è il simbolo della cantina sin dalla sua nascita e la presenza di questi fiori serve a indicare l'inizio di ogni filare, a segnalare tempestivamente la presenza di parassiti dannosi per le vigne, ma anche a rendere ancora più incantevoli questi luoghi. 70 ettari vitati, di cui più di 50 solo a barbera (ma ci sono anche merlot, cabernet sauvignon, chardonnay, sauvignon, freisa e favorita), 10 chilometri di strade bianche, oltre 300mila barbatelle: sono queste le cifre della cantina, tra le più rilevanti del Piemonte.
Un'azienda dai grandi numeri che si muove con disinvoltura tra legame con le proprie radici e innovazione. La fondazione, del resto, risale “solo” al 1997, ma la storia della famiglia Maccario nei vini si spinge molto indietro: quella di Pico e Vitaliano è infatti la quarta generazione impegnata nel lavoro in vigna. Solo alla fine del secolo scorso, però, la decisione di produrre in prima persona mantenendo viva la stretta relazione con la terra e i vigneti, eredità materiale ed emotiva della famiglia. A questo imprinting domestico si unisce l'idea tutta moderna di un lavoro di ricerca e sperimentazione su vini e vigneti per raggiungere quei risultati che hanno consegnato i Tre Bicchieri alla Barbera d’Asti Superiore Epico ’15, in cui i sentori di bacche nere, china e radici introducono un palato un po’ austero ma anche polposo e pieno, dal finale lungo e grintoso. La Barbera, ma sarebbe meglio parlare al plurale, è il banco di prova dei Maccario che continuano il loro lavoro, tra selezione clonale migliorativa, attenzione alle fasi produttive, impegno continuo con una evidente vocazione alla modernità tanto nella gestione della vigna che nella produzione dei vini. Che si pongono nell'esatto punto mediano tra tradizione e modernità, per raccontare la nuova era della Barbera, senza mai tradirne l'identità.
Parliamo della cantina. Come nasce?
Noi siamo la quarta generazione di vignaioli, ma la prima a produrre il vino, e anche se la nostra famiglia ha sempre avuto vigneti di proprietà siamo una cantina giovane.
Quale è la filosofia con cui vi muovete?
Possiamo dire che il nostro è un progetto di territorio e di Barbera. Il vino premiato è la massima espressione di quel che può essere - oggi - questo luogo e questo vino. Ora è una Barbera più in chiave moderna ed è quello che il territorio riesce a esprimere in termini di qualità.
Come è cambiato il vostro vino nel tempo?
Non abbiamo fatto cambiamenti radicali, ma corretto tante piccole cose negli anni, aggiustato tanti dettagli che hanno fatto la differenza. E oggi siamo soddisfatti. Abbiamo imparato a conoscere i nostri vini e a trovare l'equilibrio corretto per quanto riguarda lavoro in vigna, affinamenti, uso dei legni, tempistiche. Sono vini che richiedono tempo per essere compresi. Poi ovviamente abbiamo potuto sfruttare grandissime annate, come la 2015.
Per quanto riguarda il lavoro in cantina?
Partiamo dal legno: forse nel tempo abbiamo imparato a dosarlo, o forse ora in cantina abbiamo uno storico di legni diverso. Ma la nostra linea guida è la stessa, ovvero che ci vuole tempo per arrivare al risultato. Ma l'enologo sempre lo stesso e anche la vigna è sempre la stessa. E noi facciamo sempre lo stesso lavoro minuzioso.
Che appeal ha oggi la Barbera nel panorama enologico piemontese?
Il nebbiolo, quindi Barolo e Barbaresco, rimane ovviamente un riferimento. Ma oggi la Barbera ha un suo posto, è un prodotto complementare rispetto agli altri due, più veloce anche per quanto riguarda i sistemi di affinamento. Soprattutto per le annate più giovani sul mercato ci sono, volendo, anche più occasioni di beva.
Come sta andando?
C'è una riscoperta, e c'è uno zoccolo duro di consumatori nel Piemonte. Stiamo riprendendo la strada fatta dai nebbioli e oggi siamo riusciti a far tornare in evidenza un vitigno fondamentale. Ne abbiamo fatto riscoprire la piacevolezza. Inoltre è una denominazione polivalente, che trova nella Barbera Superiore la massima espressione, con vini più longevi.
Facciamo chiarezza. Barbera d'Asti e Barbera d'Alba. Quali sono le differenze?
Sono due denominazioni importanti, e diverse. E la loro diversità è data dai terreni (i loro sono più morbidi) e l'esposizione. Spesso vengono confuse, ma nel bicchiere la differenza si sente molto. Una – quella d'Alba - è più elegante e delicata, l'altra, la Barbera d'Asti, più corposa. Negli ultimi anni le nostre Barbera hanno avuto annate molto buone, ne sono nati vini importanti.
Non c'è rischio che si generi confusione?
No, credo che questo non possa che rafforzare il grande nome della Barbera, sul mercato una aiuta l'altra e molto spesso chi ne ha provata una, poi vuole conoscere il territorio di provenienza. È una denominazione che sta crescendo.
Pico Maccario | Mombaruzzo (AT) | via Cordara, 87 | tel. 0141 774522 | https://www.picomaccario.it/
a cura di Antonella De Santis e Lorenzo Ruggeri