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Tre Bicchieri. Parla Pasquale Mitrano della cantina Casebianche

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Il Cilento con la sua biodiversità e i vini rifermentati in bottiglia di Casebianche. Una storia da scoprire.

Dal 2007 (anno cui risale il primo imbottigliamento) al 2017 sono passati solo 10 anni, ma per Casebianche sono stati sufficienti per mettere a segno uno stile ben preciso. Naturale, certo, rispettoso del territorio, ma anche molto personale, che procede a colpi di rifermentazioni e bottiglie spigliate. Quello con i Tre Bicchieri è un esordio di rango per la cantina cilentana di Betty Iuorio e Pasquale Mitrano. Architetti di professione, hanno fatto una scelta di vita trasferendosi a Torchiara tra alberi di fichi, ulivi e vigneti curati. Regime biologico e uso minimo di orpelli in cantina, e grazie a uve sanissime l’aggiunta di solfiti è minima: la vitalità nel bicchiere è contagiosa, potete immaginare la beva. Da questi suoli ricchi di scheletro e argilla, quelli compresi tra il Monte Stella, il torrente Acquasanta e lo splendido mare del Cilento, arrivano vini molto espressivi. L'ultimo nato è il Pashkà, anch’esso rifermentato in bottiglia, da blend paritario di barbera e aglianico. Ma noi abbiamo premiato con i Tre Bicchieri il Fric: un vino rifugio, una lettura contemporanea di Aglianico. Il 2016 è una delizia di toni floreali e frutta croccante, anguria e arancia sanguinella, sfizioso nel piglio rustico e lievitoso, dal finale tannico e smaliziato: tutto piacevolezza e beva, con la bolla a tenere il ritmo. La Matta '16 si offre goloso nei suoi toni di mela matura ed erba appena tagliata.

 

Siete un'azienda giovane, ma già molto connotata per i vostri vini, come nasce il progetto dei rifermentati?

Abbiamo cominciato come cantina all'inizio dei 2000, ma imbottigliamo solo a partire dal 2007, da uve aglianico e fiano. Da subito ci siamo inseriti nel mondo dei vini naturali, e abbiamo cominciato a frequentare le fiere, in particolare Vini Veri a Cerea. In quegli anni abbiamo avuto un vero e proprio colpo di fulmine per un'azienda, Costadilà, che fa un Prosecco Col Fondo. Un anno, poi, eravamo vicini di stand con Mauro Lorenzon, che è un personaggio vulcanico. Ci siamo appassionati a questi vini e abbiamo deciso di provare anche noi, in Cilento.

 

Ma non è zona da vini frizzanti, la vostra

Mi ricordavo di un asprino rifermentato in bottiglia, in modo naturale – diciamo così - e poi ci sono dei rossi frizzanti nella zona di Gragnano, ma non c'è una grande tradizione spumantistica. Però abbiamo voluto lo stesso provare anche noi. Siamo partiti nel 2010 con 1000 bottiglie, con uno spumante rifermentato da uve fiano, La Matta.

 

Quale è il tuo metodo di produzione?

Facciamo una rifermentazione particolare, un metodo che usano anche altri produttori. Prendiamo una parte del mosto proveniente dal vino base e la mettiamo da parte in una cella frigo per bloccarne la fermentazione. Poi usiamo quel mosto come liqueur de tirage per far partire una rifermentazione in bottiglia.

 

Quali difficoltà implica questo metodo?

Il rischio è di trovarsi con qualche “puzzetta” sul vino, tipica del Col Fondo. Per evitarlo cerchiamo di lavorare bene sulla base e arrivare puliti alla rifermentazione. Abbiamo affinato nel tempo la tecnica proprio per evitare i difetti tipici di questo genere di vini. È un lavoro molto rigoroso.

 

Come è andata la prima esperienza?

Siamo stati soddisfatti di quelle prime 1000 bottiglie, quindi abbiamo deciso di continuare aumentando la produzione. Poi ci abbiamo preso gusto, e abbiamo deciso di provare anche con un rosato frizzante da uve aglianico vinificato direttamente, il Fric. Un vino ottenuto da uve intere senza macerazione, il colore rosato deriva solo dalla pressatura. Anche qui abbiamo fatto un primo tentativo, nel 2013, con poche bottiglie, anche perché il rischio di avere qualche odore poco gradevole era ancora più alto con un rosso. Non ha funzionato del tutto, ma è andata comunque bene.

 

Poi è arrivato il turno del rosso, il Pashka. Avete altri progetti in cantiere?

Sì, lo scorso anno abbiamo provato a rifermentare il rosso, aglianico e barbera 50 e 50. Ed è andata bene. Adesso ci fermiamo, per quanto ci riguarda il sondabile è stato sondato, dovremmo spostarci in un'altra tipologia, ma abbiamo raggiunto un buon feeling con le rifermentazioni, ci basta lavorare sempre meglio su queste. E c'è l'idea di provare a usare l'asprigno di Aversa per La Matta

 

Come nascono e cosa rappresentano i nomi dei vostri vini?

Il bianco si chiama La Matta, come il 10 di denari delle carte napoletane, nel 7 e ½. È la carta che svolta la partita. Abbiamo usato questo nome come un gioco, quasi un riferimento cabalistico, perché per noi quel vino rappresentava una svolta. Volevamo continuare su una linea un po' scherzosa e gioiosa, che segue l'idea di questi rifermentati: vini non pretenziosi, estivi, facili da bere ma con la complessità da vino e non da bibita. Per il rosato l'ispirazione è quella del fenomeno da baraccone, il personaggio del circo che è un po' fuori le righe e fuori dai canoni. Così è nato il nome Fric. Per quanto riguarda Pashka invece l'idea è nata un giorno che ero con un mio amico alle terme, rilassato come un pascià. Il nome ci è piaciuto ma abbiamo scoperto che c'era già un vino che si chiamava così, e allora l'abbiamo chiamato Pashka, che fa riferimento anche a Pasquale, il mio nome.

 

In guida abbiamo descritto il Fric non solo come un semplice vino, ma come uno stile di vita. Raccontaci questo vino.

È un vino non serioso, ma serio perché fatto in modo rigoroso; potrebbe non sembrare, ma c'è tanto lavoro dietro. Per noi la strada è quella di lavorare seriamente ma con leggerezza. Per quanto riguarda più specificatamente i vini, pensiamo che ci sia un cambiamento in atto, c'è una ricerca di vini meno poderosi e meno alcolici, sia rossi che bianchi. Questa è la nostra idea, il nostro Fiano un tempo faceva quasi 14 gradi, ora 12,50. Un risultato ottenuto con un grosso lavoro tecnico, intervenendo sulla raccolta oltre che sulla vinificazione. Anche il nostro bianco macerato non è esagerato, le macerazioni sono brevi, appena 5-6 giorni, così per il rosso base, solo 3 giorni. Pensiamo che il mondo del vino stia andando da un'altra parte rispetto ai vini superpalestrati con tanta estrazione di qualche tempo fa.

 

È la prima volta di una bollicina campana a Tre Bicchieri

Non ce l'aspettavamo proprio, eravamo sorpresi già quando siamo entrati nelle finali, non pensavamo assolutamente di avere possibilità. Anche per il genere di vini che facciamo. Insomma, sdoganare un Col Fondo credo sia stata una mossa molto coraggiosa da parte del Gambero Rosso, anche se forse c'è stato già qualche altro premiato negli anni passati. Sono saltato dalla sedia quando è arrivata la comunicazione dei Tre Bicchieri.

 

Come vede il panorama delle rifermentazioni in bottiglia?

Questi vini stanno crescendo in modo esponenziale, 4 anni fa erano pochissimi e poco conosciuti, oggi alle fiere di vini naturali, quasi l'80% dei produttori hanno il loro rifermentato. Non ci sentiamo i pionieri perché c'erano altri, soprattutto Costadilà, che per noi è stato un mentore, ma certo ci abbiamo creduto parecchio tempo fa.

 

Come si inserisce la Campania nel panorama della spumantistica e dei vini frizzanti? Quali potenzialità ci sono?

Per le bollicine è momento d'oro un po' in tutta Italia, c'è un aumento considerevole in ogni regione, e questo anche per una logica di mercato. I consumatori chiedono più bollicine e i produttori rispondono a questa richiesta. Per la Campania ci sono potenzialità interessanti: il fiano è un buon vitigno per le bollicine, mentre con l'aglianico ci sono buoni rosati Metodo Classico, per esempio quelli dell'azienda San Salvatore, ma ci sono anche altri produttori, nella zona di Gragnano. Questo è un fenomeno che si riscontra un po' in tutta Italia, basti pensare a quel che sta succedendo con il Lambrusco negli ultimi anni.

 

Come siete arrivati in Cilento?

Sono originario dell'agro aversano, mia moglie è irpina napoletana, e anche se abbiamo cominciato a occuparci dell'azienda nel 2000, siano venuti qui nel Cilento solo nel 2005, e nel 2006 abbiamo costruito la cantina. Questa terra era di mio suocero: 14 ettari, abbiamo cominciato a lavorare con 3, siamo passati a 5 e mezzo e poi a 7. C'è molto da fare.

 

Quale è il valore di fare una viticoltura sostenibile e certificata in un posto cosi?

Il Cilento è una terra straordinaria, con grandi potenzialità vinicole, anche se il vino in Campania è identificato con altre aree, e questa è considerata una zona secondaria. Oggi c'è una crescita continua, molti guardano a questa come a una terra ancora inesplorata ma di grande interesse dal punto di vista agricolo. E non solo al nord, ma anche nell'entroterra o al sud.

Il Cilento è Patrimonio Mondiale Unesco, una riserva di biosfera dalla natura quasi intatta. L'unica agricoltura praticabile qui è quella che rispetti la biodiversità, che non la intacchi ma la preservi, lo abbiamo capito subito. Dunque niente monocultura, questi terreni devono accogliere ulivi, fichi, agrumi, serve una alternanza della presenza arborea. Ma soprattutto serve un tipo di agricoltura sostenibile, che abbiamo adottato dall'inizio per cultura e per convinzione. Deve essere una missione per chi viene a fare agricoltura qui, e non solo viticoltura. Lo hanno capito in molti; penso, per esempio Michelangelo Marsicani che produce olio.

 

Azienda Agricola Casebianche| Torchiara (SA) | Contrada Case Bianche, 8 | tel. 0974 843244| http://www.casebianche.eu/

 

a cura di Antonella De Santis e Lorenzo Ruggeri


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