Ogni dove ha un perché. Questo è il motto di Giuseppe Di Martino dello storico pastificio Di Martino di Gragnano. E il perché di Gragnano è proprio la pasta. Insieme all'imprenditore, ripercorriamo la storia di questa eccellenza made in Italy.
Il paesaggio di Gragnano
Da un lato, i Monti Lattari, catene rocciose che bloccano il passaggio dei venti da ovest verso est; dall'altro il mare, porto sicuro dove poter avviare un commercio, e nel mezzo, tramontana e scirocco, venti che si muovono fra le vie della città incanalandosi in ogni dove. “Non c'è da stupirsi se siamo diventati famosi per la nostra pasta: è veramente difficile, in una terra del genere, non riuscire a produrla”. A parlare è Giuseppe Di Martino, terza generazione alla guida di un'azienda d'eccezione, Pastificio Di Martino, e grande imprenditore del settore alimentare italiano. È lui, gragnanese doc, a spiegare la nascita del prodotto simbolo del made in Italy per antonomasia: la pasta di grano duro, ma non una qualsiasi. Quella di Gragnano, “un luogo che sembra essere stato creato appositamente con questo scopo”, un'eccellenza della gastronomia italiana che vanta dal 2013 il riconoscimento di Igp, indicazione geografica protetta.
“Ogni dove ha un perché”
A ripercorre origine ed evoluzione di questa specialità, dunque, è lui, ma attraverso le parole di Di Martino veniamo a conoscenza di tanti altri personaggi che hanno fatto la storia della pasta di Gragnano: Liguori, Afeltra, D'Apuzzo, DiNola,“maggior produttore a livello nazionale fino agli anni '70”, e ancora altri Di Martino, “miei omonimi, la città è piccola e i cognomi in passato si ripetevano spesso”. Giuseppe oggi vanta tre linee produttive, Antonio Amato, Di Martino e Pastificio Dei Campi; quest'ultima è “la mia scuderia Ferrari”, spiega sorridendo, un prodotto di nicchia studiato su misura per chef professionisti. La strada percorsa da quel lontano 1912, anno di acquisto della bottega, è lunga e articolata, e si inserisce all'interno di un racconto ancora più ampio, quello di un Comune che proprio nella tavola ha trovato il suo punto di forza. “Ogni dove ha un perché, e il perché di Gragnano è la pasta”.
Via Roma, il regno dei pastai
Essiccata naturalmente dalle brezze bloccate dai Monti e da quelli che arrivano dalla costa, alla fine del Cinquecento la pasta nasce in maniera spontanea, come unica conseguenza logica dei doni preziosi di una terra generosa. In principio fu via Roma la sede dei pastai, una strada che differisce da tutte le altre in città per larghezza e per il modo in cui si snoda a S, creando delle curve perfette per far incanalare il vento necessario all'essiccazione. Così, una dopo l'altra, le botteghe di pasta si susseguono in palazzetti stretti costruiti in asse, molti dei quali riportano ancora oggi le insegne di un tempo. “In passato la pasta veniva messa a essiccare sulle canne, che potevano arrivare fino a 2 metri e mezzo di altezza”. La parte finale di via Roma, dove il vento convoglia maggiormente, era quella riservata ai “pastafinari”, “artigiani particolarmente dedicati che producevano formati insoliti”.Botteghe di pastai, trafilari, canne per l'essiccazione: questi gli elementi caratteristici di via Roma, “che non era abitata, ma serviva solo per la produzione”. A testimonianza di questo, il basolato, “pavimentazione che trattiene molto bene il calore, perfetta per l'asciugatura della pasta, e presente solo in questa strada”.
L'essiccazione
A ogni formato, il suo tempo. Questa la prima regola per l'essiccazione della pasta. Per lo spaghetto, per esempio, in estate erano necessarie circa 30 ore, ma ogni tipologia è diversa, e tutte sono profondamente influenzate dal clima, il livello di umidità, la temperatura e l'escursione termina. “Il detto popolare narra che si impasta con lo scirocco e si asciuga con il maestrale, ma non esistono parametri fissi”. Quel che è certo, però, è il regime che consente ai venti di muoversi all'interno di Gragnano, quel fenomeno che nei secoli ha reso possibile la produzione di pasta. “La brezza termica è ciò che fa funzionare l'intero meccanismo di asciugatura. L'aria calda dalla parte più bassa della città si muove verso l'alto, ma i Monti Lattari la respingono indietro. Dal momento in cui incontra le catene montuose, l'aria inizia a girare e, ancora carica di umidità, asciuga la pasta”. Fondamentale in questa fase è proprio il livello di umidità, “che garantisce un'essiccazione graduale e costante”.
L'acqua
Oltre a fare da barriera ai venti, la montagna a Gragnano dona anche un alleato prezioso nella preparazione della pasta: l'acqua. “Il materiale roccioso qui è prettamente calcareo, vulcanico. Il terreno è leggero, e questo consente all'acqua di scorrere velocemente”. È l'acqua del torrente Vernotico, alimentato dalla sorgente della Forma, a fornire la materia prima ai vari mulini della valle. “Per noi gragnanesi quello dell'acqua è un tema serio. Ci sono due fontane, una in Piazza Leone, l'altra chiamata Asso di coppe, in piazza Aubry, dove converge l'acqua della Forma. Sono i due punti di ritrovo dei più giovani”. Sopra la sorgente della Forma c'è il cosiddetto imbuto dell'acqua, “creato per contenere la quantità e la potenza dell'acqua”.
La Valle dei Mulini
Due chilometri e poco più di verde sferzante, di pareti di tufo e acqua cristallina, sfumature cromatiche e natura incontaminata. È la Valle dei Mulini, un parco naturalistico poco conosciuto nella zona, ma imperdibile per chi si trova a passare per Gragnano. Qui, si dispiega un paesaggio unico nel suo genere, che un tempo custodiva quasi 40 mulini. “Oggi, ne sono rimasti 18, ma la Valle resta un luogo incantato per chi ama passeggiare fra la vegetazione più fitta”. Fra ruderi e arbusti, nella Valle ci si può perdere in un tratto naturale fermo nel tempo, ripercorrendo la storia dei pastai del passato. Anche grazie al lavoro di Giuseppe e il Consorzio Gragnano della Pasta, che da anni si impegna nella manutenzione e conservazione del territorio, “che va preservato il più possibile e con la massima cura. Solo per ricreare il muretto che costeggia la strada abbiamo impiegato 10 anni”. Nella Valle oggi è possibile anche percorrere degli itinerari specifici e, per gli amanti della natura, fare trekking seguendo dei tracciati segnati dal Comune.
Il grano duro: la memoria di forma
All'uovo, acqua e farina, ripiena. Le tradizioni legate ai primi piatti nel Bel Paese hanno origini remote e tutte affascinati. Ma cosa contraddistingue la pasta di grano duro? “La memoria di forma. Una volta scelto il formato, questo non cambia mai, neanche dopo la cottura”. E sono tante le forme della pasta di grano duro, dalle più antiche a quelle più moderne, create dalle aziende per rispondere alle richieste sempre più esigenti della clientela contemporanea. In origine però – e per molti anni – la pasta a Gragnano era solamente lunga, dagli spaghetti alle Mafaldine (conosciute anche come Reginelle), “inventate in occasione dell'arrivo della principessa Mafalda di Savoia a Gragnano, e ispirate proprio ai suoi lunghi capelli ricci”. I formati più corti erano solamente due, conchiglioni e paccheri, oltre alla pasta spezzata a mano, come le candele, “uno dei miei formati preferiti” o gli ziti. La pasta corta e rigata così come oggi la conosciamo nasce invece grazie ai romani: “Inizialmente veniva chiamata pasta 'formato Roma'. Dalla Campania in giù, anche oggi, la pasta di grano duro è tradizionalmente liscia”.Anche quella rigata però, ha ormai trovato un suo posto nelle tavole del Meridione.
La pasta di grano duro oggi
Dalle piccole botteghe di via Roma di fine Cinquecento a oggi sono stati tanti i passi in avanti fatti dai pastai di Gragnano. “Il disciplinare dell'Igp ottenuto nel 2013 impone dei canoni ben precisi, come la presenza per il 13% di contenuto proteico, l'impiego dell'acqua di Gragnano, che è un ingrediente di processo, e la trafilatura al bronzo”. La pasta resta un'invenzione urbana, ed è nelle città che ancora oggi viene consumata maggiormente: “Nelle campagne solitamente si fa ancora la pasta fatta in casa. Quella di grano duro è utilizzata soprattutto nei luoghi dove i ritmi di vita sono più frenetici, e lasciano poco tempo alla cucina”.
Un amore storico, quello degli italiani con la pasta, che sembra destinato a perdurare nel tempo. Nel 2017, sono soprattutto i più giovani a consumare abitualmente la pasta secca, circa 5 volte a settimana, se non quotidianamente. E crescono di pari passo anche format di ristorazione innovativi e originali, incentrati sul piatto simbolo della cucina tricolore. Come il SeaFront Pasta Bar di Napoli, una tavola informale con cucina a vista e le ricette di Peppe Guida all'interno dello store del pastificio inaugurato a maggio, e take-away con lo spaghetto pronto al consumo e in confezioni a portar via annesso alla bottega. Ma di questo, delle ricette più succulente consigliate da Di Martino in persona, del continuo successo della pasta di grano duro, ve ne parleremo più approfonditamente in seguito.
a cura di Michela Becchi