All'inizio del 2017 l'addio a Le Giare di Montiano, ora un ritorno da chef imprenditore che guarda al futuro. Gianluca Gorini torna in campo, e ricomincia negli spazi della storica Locanda al Gambero Rosso di Bagno di Romagna. Ecco come sarà il suo ristorante.
Gianluca Gorini. Una vita in cucina
È quasi difficile interromperlo, tanto è l'entusiasmo, mentre racconta il progetto che sta per concretizzarsi. Un progetto di vita, ancor prima che una sfida lavorativa, pur importante, visto che per la prima volta si tratta di mettersi all'opera con un approccio imprenditoriale. Quella che manca a Bagno di Romagna, però, è l'ansia da prestazione. Soprattutto perché ora è il momento di godersi ogni giorno con la felicità di chi è consapevole di trovarsi esattamente dove sognava di essere. E non per caso, a cogliere bene l'aspetto più volitivo del carattere di Gianluca Gorini, 34 anni di cui 20 passati in cucina, figlio di ristoratori e un sogno nel cassetto che si può dire sempre più realizzato: “Io a 8 anni già sapevo che avrei fatto il cuoco. Sono giovane sì, e i miei anni neanche li dimostro tutti, ma in cucina ci sto da una vita. È la mia vita”. A settembre, dunque, si ricomincia con DaGorini, un nome che ricorda le rassicuranti insegne di paese, e che proprio dal legame viscerale con il territorio romagnolo vuole ripartire. Ma attenzione: le parole per spingersi oltre lo stereotipo che troppo spesso fa da paravento alla mancanza di originalità, a Gianluca non mancano. E il contesto sicuramente aiuta.
La Locanda al Gambero Rosso, com'era
DaGorini all'ex Locanda al Gambero Rosso
Fino a tre anni fa, e per oltre mezzo secolo di storia della cucina italiana, la porta di via Giuseppe Verdi numero 5, località San Piero, a Bagno di Romagna, si è aperta sull'universo della Locanda al Gambero Rosso, la cui memoria rivive dal 2015, in chiave rivista e corretta, nelle cucine della Trattoria di Giuliana (Saragoni) da Eataly Forlì. E proprio Giuliana, tra i tanti che hanno contattato Gianluca negli ultimi mesi, dopo l'addio a Le Giare di Montiano (all'inizio del 2017), ha saputo accendere la scintilla giusta: “Non ho mai pensato di spostarmi in città, lavorare in grandi alberghi o ristoranti blasonati. Giuliana mi ha chiamato, mi ha proposto di prendere in gestione il locale, “se ti va, pensaci”, mi ha detto. Si è aperto un mondo, in un crescendo di emozioni. Molti non hanno capito la scelta, troppo fuori dalle rotte giuste, sostiene qualcuno. Ma per me la sfida è ancora più grande, e non mi piace vivere di rimpianti. Una cosa già la so: quando mi sveglio al mattino, e mi guardo intorno, tutto mi sembra al posto giusto”. Quello che più lo affascina è l'opportunità di trovare un posto suo in un contesto fatto di mani che lavorano, “dove tutto ha un'anima, gesti, prodotti, oggetti, arredi raccontano la storia degli artigiani”. E di contribuire a dare nuovo slancio alla cultura del territorio, e del prodotto: “La materia prima è il nostro punto di partenza, tutto dev'essere naturale, ed esaltato dalle nostre capacità. Insomma, non voglio guardare al passato con nostalgia, l'approccio alla memoria storica dobbiamo essere capaci di proiettarlo nel presente, e nel futuro, con spirito critico, come dice Massimo (Bottura). E senza perdere la voglia di emozionarci: perché in Cina, o in India, possono entusiasmarsi per un cappelletto della tradizione italiana e noi abbiamo smesso di guardarlo come una cosa straordinaria?”.
Materia prima, territorio, identità
Le parole ricorrenti sono quelle che sempre più spesso animano i giovani progetti gastronomici consapevoli (al netto dei bluff, è una fortuna): attaccamento all'identità, gestualità, competenza, cura della materia prima, che si tratti di un formaggio da latte munto a mano o di un coniglio nutrito con il fieno dei campi, delle erbe selvatiche che crescono in abbondanza in campagna o della lepre portata in dote da un cacciatore senza preavviso. In concreto, per il momento si lavora al restyling degli spazi (“ma il telefono squilla di continuo, ben oltre le aspettative: tutti vogliono già prenotare!”), con l'idea di non intaccare la suggestione del luogo: “A livello strutturale resterà tutto identico, non voglio perdere la sensazione di familiarità e confidenza che si respira... Il pavimento in cotto che fa casolare di Romagna, il bel camino all'ingresso. Ma lavoreremo sugli arredi, in ferro e legno, espressione della nostra personalità”. Due gli spazi per gli ospiti: una prima sala da 30 coperti, aperta a pranzo e cena, e una seconda saletta, quella che Gianluca ha pensato come un salotto familiare: “Una sala conviviale, per una trentina di persone, da vendere come pacchetto. Per il pranzo della domenica, o un venerdì sera tra amici, un battesimo, un compleanno. Uno spazio dove ritrovarsi in famiglia, stare bene con i bambini, liberarsi dai pensieri, mangiare bene senza spendere troppo”. Tavolo unico, e menu studiato ad hoc, con impronta più tradizionale, da proporre a un costo sui 30-35 euro tutto compreso.
La cucina di Gianluca
L'altra anima, invece, è quella d'autore, che cambierà durante il giorno: “Non voglio un ristorante statico, non dobbiamo essere solo gourmet. Chi arriva qui deve vivere un'esperienza, non mi interessa si dica che Gianluca è bravo”. Molti dei prodotti arriveranno dall'azienda agricola dei suoceri, i genitori di Sara, che con Gianluca dividerà il progetto di vita (“ci siamo conosciuti ai tempi di Paolo Teverini, ora ci sosteniamo a vicenda, siamo felici”): le verdure dell'orto, gli animali da cortile, i funghi appena raccolti. Il diktat della cucina è quello di non seguire le mode gastronomiche, “faremo il nostro percorso, nel bene e nel male”. Quindi un menu del giorno per il pranzo, sempre diverso, “per un pranzo veloce, con l'idea di mangiare un piatto e poi ripartire”, prodotti sempre diversi, prezzi accessibili, piatti curati, grande attenzione alla digeribilità.
La sera una proposta alla carta che allinea alcuni dei signature di Gianluca, “i piatti a cui sono legato”, e due proposte a degustazione, “un piccolo percorso da 4 portate a 45 euro, e una degustazione a mano libera a 70, dove esprimere tutto me stesso, senza mai essere troppo formale”. I prezzi, dunque, resteranno accessibili, “è il vantaggio della filiera corta, devo saperlo sfruttare nella gestione del ristorante”. Al lavoro 6 persone (Gianluca e Sara compresi), 4 in cucina, 2 in sala: “La mia commercialista dice che sono matto (ride, ndr), ma io voglio poter contare sul giusto numero di forze; l'aspettativa è alta, e dobbiamo partire col piede giusto”. Capitolo vini altrettanto dinamico, “30-40 referenze di qualità, del territorio e non, che ruotino spesso, senza toccare cifre folli”. L'entusiasmo non manca, ora è il momento di darsi da fare, “l'interesse si è risvegliato, sono molte le persone che mi vogliono bene, questo mi dà grande carica”.
Cosa dobbiamo aspettarci? La definizione più calzante, aspettando i primi giorni di settembre, ce la suggerisce Gianluca: “Saremo un ristorante in movimento”. Promette bene.
DaGorini | Bagno di Romagna (FC) | via Giuseppe Verdi, 5 | dalla prima metà di settembre 2017
a cura di Livia Montagnoli
Foto di copertina dalla pagina Fb di Gianluca Gorini