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Bollicine da vitigni autoctoni. Il metodo classico che non ti aspetti

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Negli ultimi anni assistiamo a un continuo fiorire di nuove etichette di spumante. Non solo: registriamo, ogni stagione, l'aumento delle spumantizzazioni anche fuori da territori e vitigni tradizionalmente vocati alle bollicine. Iniziamo oggi una rubrica che si propone di indagare, tra uve e territori, quelli più vocali al metodo classico.

Il crescente successo commerciale del settore sparking ha spinto molte cantine ad ampliare la gamma dei vini, affiancando ai prodotti tradizionali proprio e “bollicine”. Se fino a pochi anni fa era raro imbattersi in spumanti prodotti con Metodo Classico fuori dalle denominazioni Franciacorta Docg, Trento Doc, Oltrepò Pavese Docg e Alta Langa Docg, oggi l’offerta si moltiplica velocemente un po’ in tutte le regioni.

 

I disciplinari

Anche i disciplinari delle Denominazioni si stanno adeguando e molte delle recenti modifiche hanno introdotto proprio la possibilità di produrre spumanti laddove fino a poco tempo fa non era contemplata. Un segnale di apertura, che va sicuramente incontro alla richiesta dei consumatori, ma non solo. L’Italia può vantare il patrimonio ampelografico più ricco al mondo, con circa 400 vitigni autoctoni distribuiti in tutta la penisola, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Un potenziale spesso inesplorato, che può riservare sorprese anche nell’ambito della produzione di “bollicine”. Sono molte le uve autoctone italiane che hanno una buona predisposizione alla spumantizzazione e la recente sperimentazione ne sta mettendo in luce le potenzialità.

 

Il modello Champagne e il panorama europeo

La nostra tradizione nel campo del Metodo Classico è nata sul modello della Champagne e ha mutuato dalla Francia non solo il metodo di produzione, ma anche l’uso quasi esclusivo di vitigni della rinomata regione francese: principalmente lo chardonnay e il pinot noir. Solo il disciplinare Franciacorta prevede dal 2017 la possibilità di introdurre un 10% di uve del vitigno autoctono bresciano erbamat. Un primo passo nella direzione di un superamento di una certa rigida sudditanza Champenoise, che potrebbe condurre verso nuovi e interessanti sviluppi.

Nei principali Paesi europei che producono Metodo Classico, c’è invece una maggior libertà nell’utilizzo dei vitigni, in particolare in Spagna e in Francia. Gli spumanti Cava Do sono realizzati soprattutto con le uve locali: macabeo, xarel.lo, parellada, garnacha tinta, monastrell, trepat e malvasía, oltre che con gli immancabili chardonnay e pinot noir. Se poi pensiamo all’Appellation francese Crémant Aoc, troviamo un’ampia varietà di uve oltre a quelle classiche della Champagne. In Alsazia pinot blanc, pinot gris e riesling; in Borgogna aligotè e gamay; nella Loira chenin blanc, sauvignon blanc, cabernet sauvignon, cabernet franc e pineau d’aunis; nello Jura savagnin, poulsard e trousseau; a Limoux mauzac e chenin blanc; a Die la clairette blanche; a Bordeaux cabernet franc, cabernet-sauvignon, carmenère, colombard, côt, malbec, merlot, muscadelle, petit verdot, sauvignon blanc, sémillon e ugni blanc. Un panorama vario e diversificato, che senza nulla togliere al ruolo storico e all’allure dello Champagne, offre una vasta gamma di scelta al consumatore.

 

Le potenzialità italiane

È nato proprio da queste considerazioni il desiderio di fare il punto sugli spumanti prodotti in Italia con uve autoctone. Un viaggio tra le “bollicine” per verificare, se a parte certe derive modaiole e qualche eccessivo accanimento legato a un’esaltazione aprioristica dell’autoctono, ci siano vitigni ed etichette capaci d’esprimere eccellenze. Considerando il gran numero di etichette presenti sul mercato, abbiamo deciso di restringere il campo solo ai vini in purezza elaborati con Metodo Classico. Bottiglie che possono costituire delle valide alternative, quando si ha voglia di bere qualcosa di diverso o si vuole privilegiare un abbinamento cibo-vino legato al territorio. Cominceremo il nostro viaggio da Valle d’Aosta e Piemonte fino ad arrivare a Sicilia e Sardegna, certi che non mancheranno le sorprese.

 

a cura di Alessio Turazza


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