Una patente per i cuochi che certifichi le competenze e la qualità della formazione ricevuta. È la proposta fatta durante l’assemblea nazionale della Federazione Italiana Cuochi (Fic) di Matera, quest’anno in concomitanza con Basilicata food&wine, appuntamento dedicato alla valorizzazione del prodotto tipico e della cultura enogastronomica della regione.
La patente di cuoco
La formazione è un pilastro fondamentale della professione del cuoco, ma spesso il percorso che i singoli affrontano è frammentato, disomogeneo e saltuario. E soprattutto non è certificato dal alcun ente che garantisca dei criteri standard di professionalità. Da qualche anno la Fic porta avanti il tema della “patente del cuoco”, uno strumento che garantirebbe la certificazione da parte dello Stato di specifiche competenze: la proposta è stata lanciata ufficialmente all'assemblea annuale della federazione che si è svolta a Matera il 4 aprile.
“La metafora è quella della patente del cuoco” ha spiegato Salvatore Bruno, segretario generale Fic “ma questo strumento si articola in una serie di passaggi specifici che vanno dalla certificazione volontaria e dai corsi di aggiornamento continuo, a quella che deve profilarsi come una vera e propria gestione del portafoglio professionale dei cuochi”. La necessità è quella di avere in ogni cucina “almeno un cuoco che sia formato soprattutto sulla sicurezza alimentare e che conosca i principi di conservazione di un prodotto”. Sarebbero diversi gli effetti positivi che una formazione a tutto tondo, comprensiva degli aspetti sanitari, avrebbe sulla salute del pubblico che frequenta i 330mila locali italiani, oltre che sulla carriera del singolo.
Come si articola la proposta
In un’ottica di politiche liberali per la categoria, ha spiegato Bruno, “abbiamo capito che possono esserci degli strumenti utili a tracciare delle linee linee guida per la formazione e, allo stesso tempo, che possano assicurare delle garanzie maggiori sulle competenze professionali del singolo cuoco”. La patente del cuoco permetterebbe di creare una serie di stimoli importanti per il settore, come quello di un più stretto raccordo fra il comparto della formazione e il mondo del lavoro. “Fra la formazione e il settore lavorativo esiste una sorta di terra di nessuno in cui ogni lavoratore si gestisce da sé, cercando dei percorsi più o meno idonei per formarsi, che sia tramite una scuola o tramite conoscenze, quindi per entrata ‘diretta’ nel mondo del lavoro. Stessa situazione si verifica nel momento in cui il soggetto deve uscire e rientrare, per qualsiasi motivo personale, dalla professione”.
Un progetto che si articola su più piani, “dalla certificazione, che può essere volontaria, ad un percorso che porti alla scrittura di una norma-tecnico professionale con cui si chiariscano i criteri necessari per essere chiamati professionisti della cucina”. Il riferimento è alla legge 4/2013 sulle “professioni non organizzate”, cioè quelle che non prevedono un ordine per i propri membri, come ad esempio succede nel caso degli ingegneri, degli architetti ma anche dei giornalisti. “Questo è un problema fondamentale e credo sia condiviso dal maggior numero di stakeholder all’interno del settore”.
Lo stato dei lavori e il futuro della proposta
L’idea della “patente di cuoco” non è nuova. “Già nel 2014” ha sottolineato il presidente Fic“chiedemmo all’UNI (l’Ente italiano di normazione)di poter avviare un percorso basato su criteri il più possibile condivisi, che potessero aspirare ad orientare la professione anche a livello europeo”, ma a quella proposta non fu dato seguito. Adesso però c’è un codice tavolo, una sorta di “appuntamento per convocare un tavolo ministeriale e riunire quanti più soggetti” in modo da discutere del tracciato da intraprendere. “Facciamo un appello perché a questo tavolo si siedano più parti possibili: se il percorso che porta a una legge nazionale sarà condiviso da tutti gli attori in gioco allora la norma stessa sarà più efficace e permetterà anche di tutelare una professione, come quella del cuoco, finora lasciata alla mercé dell’iniziativa privata”. L’ultimo passaggio sarà quello di fare attività di lobby per assicurare che “dentro ogni cucina ci sia almeno un professionista le cui competenze sono riconosciute a livello statale”. Una proposta utile che però lascia scoperti alcuni punti: chi potrà far richiesta di questa patente, solo i diplomati degli istituti alberghieri o chiunque voglia intraprendere la carriera di cuoco? Quale ente rilascerà la patente? Come si farà ad evitare una sovrapposizione di varie “patenti” magari una in concorrenza con l'altra? Quali sono concretamente le competenze che deve avere un cuoco per ottenerla? O ancora: una volta ottenuta, sono previsti dei corsi di aggiornamento? La strada da fare è ancora molto lunga...
a cura di Francesca Fiore