Il grande produttore piemontese si racconta al Corriere della Sera a poche settimane dall’apertura del Vinitaly. E provoca gli addetti ai lavori chiedendosi se la grande fiera del vino di Verona non sia ormai insufficiente per promuovere la cultura e l’economia di settore, sempre più festa popolare e meno orientata al professionismo. L’idea? Organizzare una Biennale del vino a Milano.
Vinitaly oggi
Quando manca meno di un mese all’apertura di una nuova edizione di Vinitaly – mentre l’appuntamento con l’altra grande fiera vinicola che ogni anno scandisce il calendario enologico è alle porte: ProWein si apre a Dusseldorf il 19 marzo - Angelo Gaja tiene banco sul Corriere della Sera. Il grande produttore piemontese, dall’alto di un curriculum tra i più altisonanti della viticoltura italiana e internazionale, si racconta a Luciano Ferraro e come sempre si presenta all’appello con le idee chiare e lo spirito vivace di chi non ha mai perso la voglia di provocare. A fin di bene. E l’attenzione, stavolta, non può che concentrarsi sulla grande manifestazione che inaugurerà il prossimo 9 aprile a Verona. Cosa rappresenta oggi Vinitaly? E può bastare a valorizzare il mondo del vino e chi ci lavora così com’è diventata? L’idea di Angelo Gaja, per dir la verità, appare tutt’altro che peregrina, specie tenendo conto della coda polemica che ogni anno arriva puntuale a chiudere i giochi di VeronaFiere, sempre più presa d’assalto da una ressa di curiosi, enoappassionati, ospiti degli sponsor che hanno voglia di guadagnare cinque minuti di notorietà. E divertirsi, all’insegna di uno (dieci, cento) bicchieri di buon vino. Le contromisure di VeronaFiere sono tante e in parte anche efficaci, ma Vinitaly resta un evento di massa.
La Biennale del vino. L’idea di Angelo Gaja
Quindi, assodato che “il Vinitaly è una fiera popolare, consolidata, ed è giusto che sia così”, perché non pensare di organizzare “un appuntamento dedicato ai professionisti del vino, che ci metta al centro del mondo” e non risenta “dell’assalto popolare come a Verona”? Intendiamoci, la proposte non è nuova. Ma è comunque interessante aprire un dibattito su questa faccenda. In sostanza Gaja spende buone parole per il lavoro svolto negli ultimi anni da Giovanni Mantovani, direttore di VeronaFiere, in Italia come all’estero; ma rivendica la necessità di un momento di riflessione che non sia semplice alternativa al Vinitaly, piuttosto “un nuovo traguardo per il vino italiano”. E individua in Milano, con la sua vitalità, “la città giusta in questo momento”. Basti pensare - continua l’analisi di Ferraro - che l’anno scorso le quattro giornate del Vinitaly hanno richiamato molti appassionati, ma pure un gran numero di buyer, con 130mila operatori di cui 50mila in arrivo dall’estero, che secondo Gaja necessiterebbero di una dimensione diversa e privilegiata per confrontarsi: il sogno nel cassetto di “una Biennale del vino a Milano”. Qualcuno sarà pronto a raccogliere la sfida?
Intanto ecco le novità che si preannunciano per la 51esima edizione della fiera del vino di Verona.