Alessandro Pipero si appresta a tornare da protagonista sulla scena gastronomica capitolina: dopo il trasloco, tra pochi giorni apre il nuovo ristorante affacciato su piazza della Chiesa Nuova. Lo visitiamo in (video)anteprima, con il racconto del maitre e dello chef Luciano Monosilio.
Il nuovo Pipero
Roma centro, Corso Vittorio Emanuele angolo via Larga, proprio dirimpetto alla Chiesa Nuova disegnata da Francesco Borromini. Alessandro Pipero e la città barocca a confronto, una nuova piazza da conquistare per il maitre più celebre della Capitale, uno dei più stimati in Italia, che all'alta ristorazione ha saputo conferire una cifra stilistica personalissima e originale. Un'impronta difficilmente replicabile, che l'asticella delle aspettative, all'inizio di una nuova sfida, la fa schizzare decisamente verso l'alto. Qualche giorno ancora (sicuramente entro il 14 febbraio) e il nuovo Pipero, un bel ristorante elegante da 400 metri quadri su due livelli concepito in società con Edoardo Narduzzi, sarà pronto per accogliere i clienti di sempre – tanti stranieri in visita alla città e i fedelissimi che non smettono di far squillare il telefono, nella speranza che l'attesa sia finalmente finita – e chi avrà voglia di scoprire per la prima volta l'universo della ristorazione d'autore capitolina alla maniera dello scanzonato maitre di Albano Laziale e del suo braccio destro in cucina, lo chef Luciano Monosilio. Dietro al trasloco più atteso degli ultimi mesi, dal Rex all'Esquilino alla volta del rione Parione per cominciare un'avventura in solitaria, frutto di investimenti importanti e altrettanto ambiziosa in quanto a obiettivi auspicati (“Puntiamo alla seconda stella, le aspettative sono alte e noi ci mettiamo la faccia: ora si fa sul serio”), c'è il desiderio di fondare “una grande tavola”, qualcosa che manca in città e possa conquistare i riflettori europei, in vista, chissà, di una futura espansione internazionale.
Una grande tavola per Roma
Una tavola dove la cucina conta, e tanto, ma è supportata da tutto il resto, l'accoglienza e il servizio che si fanno intuizione e psicologia, buon senso, tatto e professionalità, capacità di mettere al centro il cliente. E le sue esigenze. Una grande tavola tra grandi tavole, il Pagliaccio di Anthony Genovese, Per me e la cucina di Giulio Terrinoni, la tradizione di Roscioli poco più in là. E ora Pipero, introdotto dalla bella targa dorata all'ingresso, a rinsaldare un quadrilatero gastronomico che cammina a testa alta. Pur con tutti i limiti del caso: “Roma professionalmente ha i numeri per fare bene, poi ti scontri con la burocrazia, i tempi, il bigottismo all'italiana”. Ma Pipero, la sua città, la ama. Con lui c'è la squadra di sempre, oltre a Luciano e al suo secondo (Davide Puleio) anche Achille Sardiello, il giovane casertano che lo affianca in sala. Lo spazio invece è tutto da scoprire, luminoso, rilassato, mise en place elegante e arte contemporanea alle pareti, per ospitare il percorso dell'artista romana Cecilia Luci (una sorta di antologica al ristorante, che diventa così galleria): il colpo d'occhio dal soppalco in fondo, sopra la zona bar, conquista al primo sguardo. Ma pure la disposizione dei tavoli, solo 45 coperti per una sala così ampia, conferma che la soddisfazione del cliente, da Pipero, viene prima di tutto: “Qui si spende tanto (i prezzi subiranno un leggero rialzo, con la sostenibilità economica dell'impresa bisogna fare i conti, ndr), è giusto che il nostro obiettivo non sia quello di macinare numeri a scapito della qualità. Ma ci vogliono le palle, quelle vere, per farlo”.
La cucina. I menu
Dalla cucina le altre novità: un menu per raccontare la storia degli ultimi anni, Radici, e un percorso degustazione più lungo, 13 portate che sono i Rami del Pipero che verrà. Poi la carta, 12 piatti in tutto, fuori la mitica Carbonara (ma la sorpresa trovatela nelle parole di chef Monosilio!). Per un totale di 45 piatti circa, uno diverso dall'altro, e una ricerca che promette di regalare soddisfazioni. Si mangia al tavolo, al banco del bar (solo per due), in cantina, al piano di sotto, al tavolo da 8 circondati da etichette prestigiose. Il morale è alto, lo spirito di squadra invariato, tutti pronti a prendersi meriti ed (eventuali) colpe. Del resto, “quelli come noi hanno ricevuto un dono, molte cose sono cambiate, ma certe altre non si possono cambiare. La nostra identità resta”. E, ci sentiamo di dire, è una garanzia.
Pipero | Corso Vittorio Emanuele, 246 | Roma | www.piperoroma.it
a cura di Livia Montagnoli