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Anteprima Koto-Lab. Koto Ramen cresce: da Firenze a Prato, con un nuovo ristorante e il laboratorio dei ramen

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Grandi novità in casa del ramen bar fiorentino che ha appena spento la prima candelina. Dalla metà di febbraio a Prato aprirà il secondo locale con sorpresa: non solo ristorante, ma soprattutto laboratorio di sperimentazione, ricerca e formazione. All'insegna della contaminazione tra culture e della valorizzazione degli ingredienti. Qualche anticipazione. 

Un anno di Koto Ramen

15 gennaio 2016. Riavvolgiamo il nastro per tornare a un anno fa. In una Firenze che negli ultimi dodici mesi ha fatto registrare tanti movimenti gatronomicamente importanti, apriva le porte al pubblico il ramen bar che avrebbe molto fatto parlare di sé, primo segnale di una rinnovata apertura fiorentina al contributo della cucina etnica di qualità (persino l'oste Fabio Picchi ha recepito il messaggio, e si appresta a portare un contributo alla causa con il suo Ciblèo). Un anno dopo l'insegna di via Verdi 42r può dire di aver brillantemente superato la prova, scommettendo su una valorizzazione della cultura giapponese tout court, che ammette però la contaminazione di generi, il confronto tra istanze diverse, la sperimentazione. In comunione d'intenti tra soci che sommano origini ed esperienze diverse, proprio per questo disposti al dialogo, meglio se davanti a una ciotola di ramen fumante. In cucina, allora come oggi, c'è Shoji Minamihara, che nonostante i natali giapponesi di esperienza in Italia ne ha maturata eccome, tra la cucina di Andrea Berton all'Albereta e l'alunnato di Enrico Crippa. Ma pure forte di uno stage da Zaza Ramen, a Milano. E ora sembra aver trovato la dimensione che gli è più congeniale nell'ambito di un progetto che visto l'ottimo riscontro di pubblico e critica non potrà fare a meno di crescere. In quale direzione?

Shoji Minamihara

Koto Ramen a Prato. Cucina e ricerca

C'è ampio spazio per la ricerca gastronomica e l'approfondimento culturale nell'investimento che si profila all'orizzonte, e che il team di via Verdi ci rivela in anteprima, quando ormai manca poco più di un mese all'esordio nella città di Prato. Già, perché nel futuro prossimo di Koto Ramen c'è l'apertura di un nuovo fronte nella città toscana più storicamente legata alla contaminazione culturale, vista la numerosa comunità orientale che la abita. A Prato, in via Valentini civico 102, lo staff di Koto aprirà un nuovo ristorante (operativo dalla metà di febbraio), 80 metri quadri con cucina a vista e una trentina di posti a sedere. Ma la vera novità sarà lo spazio destinato alla sperimentazione, il laboratorio del retrobottega che supporterà anche la cucina di Firenze: 250 metri quadri a disposizione per realizzare un vero e proprio laboratorio del ramen, probabilmente il primo in Italia. Insomma, un centro di ricerca doveMinamihara potrà sperimentare su prodotti e processi di preparazione, cui si affiancherà la scuola di formazione del nuovo personale, perché “programmi di formazione in cucina giapponese sono ancora poco diffusi in Italia ed è per questo che è quasi impossibile trovare persone capaci di cucinare il ramen” spiega Antonia Alampi Ai nostri cuochi offriremo sempre un corso di specializzazione di 4 settimane”.

Il rendering di Koto Ramen a Prato

Il laboratorio dei ramen

Il laboratorio, dove ci si appresta a completare gli ultimi lavori, potrà contare su un macchinario per la preparazione del ramen in arrivo da Osaka, che permette di preparare la pasta con una quantità d'acqua molto minore, così che i noodle siano più resistenti alle alte temperature, “un investimento significativo che abbiamo voluto sostenere perché crediamo fortemente nel nostro progetto, fondato sulla qualità e sull'equilibrio fra tradizione e ricerca”. L'idea di fondo, infatti, è quella di integrare le qualità migliori di due tradizioni culinarie secolari – la giapponese e l'italiana – cercando l'innovazione, “ma prestando attenzione a rispettarne il contenuto profondo, a cominciare dalla riconoscibilità e dalla freschezza degli ingredienti”.

Shoyu al tartufo

Questo renderà possibile sperimentare nuovi piatti e ricette, da servire in tavola a Firenze e nel nuovo ristorante di Prato. Con una libertà creativa che non tradisce le origini: un recente viaggio in Giappone alla scoperta del ramen non ha fatto altro che rafforzare l'intuizione del team, “con la conferma dell'esistenza di tante diverse varianti e filosofie interpretative del piatto. Continueremo a servire una cucina creativa e genuina. In entrambi i Paesi questa filosofia è un forte elemento identitario, che investe anche il modo di stare insieme, la vita di tutti i giorni, non solo a tavola”.

L'idea del piatto: lo Shoyu ramen al tartufo di Doris Maninger

Cucina genuina e creativa. Esaltare le differenze

Ma attenzione, ribadiscono da casa Koto Ramen, l'idea che ha sempre indirizzato il progetto non cambierà: “Integrare non significa negare l'esistenza di differenze, ma riconoscerle e farle convivere”, perché si esaltino l'un l'altra. In tavola l'esempio più concreto proposto finora è lo Shoyu ramen al tartufo, ma la disponibilità di un grande laboratorio consentirà di battezzare molte altre ricette, che i clienti di Prato potranno assaggiare in anteprima, in attesa che i risultati migliori entrino definitivamente in carta. Il nome del polo che sta nascendo? Semplicemente Koto-Lab. La curiosità è tanta, ne riparleremo nelle prossime settimane.

 

Koto Ramen | Firenze | via Verdi, 42r | www.kotoramen.it

Koto-Lab | Prato | via Valentini, 102 | dalla metà di febbraio 2017

 

a cura di Livia Montagnoli


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