La storia fece scandalo: gli insulti razzisti sulla pagina Facebook di un produttore di vino, e la presa di posizione del mondo enologico. Cosa ne è di quel caso mediatico dopo tre anni e mezzo? Lo abbiamo chiesto al suo protagonista, Fulvio Bressan.
La valle dell'Isonzo
Il paesaggio della pianura friulana della valle dell'Isonzo è costellato di piccole e medie aziende agricole, con i vigneti intervallati da abitazioni. Girandola in auto si ha l'impressione di un'austera funzionalità, dove poco o nulla è lasciato al futile. Domina l'ordine rispettoso, non maniacale, frutto di una solida manutenzione ed esperienza. Anche la terra stessa in cui affondano le radici delle tante piante coltivate, è ordinata dall'aratro in inverno. Qui c'è casa Bressan.
Il caso Bressan
Fu un vero caso mediatico, fece molto scalpore e spaccò in due il mondo del vino. L'arbitraria estromissione da alcune guide della Mastri Vinai è cosa nota, così come lo sono anche gli insulti, sul profilo personale di Facebook, che Fulvio Bressanelargì nei confronti dell'allora ministro Cecile Kyenge. Tali ragioni spinsero la redazione di Slow Wine a rilasciare un comunicato bilingue in cui si annunciava l'esclusione dell'azienda da ogni recensione: "Le frasi apparse sul profilo Facebook privato di Fulvio Bressan sono talmente gravi da aver oltrepassato qualsiasi linea rossa".
È giusto scindere il prodotto dal produttore? Dietro quest'interrogativo si cela una problematica che va al di là di quanto accaduto: in un panorama in cui la narrazione non è solamente valore aggiunto, ma identità fondante, quanto siamo pronti a giudicare un vino separandolo dalla propria storia e dal proprio percorso? È domanda cui non potremo rispondere in queste pagine, maè nostra intenzione approfondire con Bressan proprio questo aspetto.
In vigna
Visitiamo la cantina al termine della giornata, dopo aver conversato con i Bressan più di agronomia che di vino, ma - si sa - senza il marmo non si può scolpire, ed è stato giusto anche parlare del significato delle cose. L'approccio alla vigna è molto simile a quello di cantina: i vigneti vengono costantemente arati, le rese - molto basse - ottenute non per vendemmia verde, ma per potatura cortissima: cinque gemme, pertanto i grappoli che cresceranno su ogni pianta si potranno contare sulle dita di una mano. I nuovi vigneti entrano in produzione almeno dopo sei anni, così come il vino riposa non meno di tre o quattro anni (o anche di più per alcuni vitigni) prima d'essere imbottigliato. A mano. Se da un lato la terra mossa dal piccolo aratro spinge l'apparato radicale delle piante in profondità, dall'altro non consente quell'inerbimento perenne oggi molto in voga: passeggiando in un campo di pinot nero, Fulvio spiega che questo è un mezzo per escludere del tutto l'irrigazione sulle viti, uniche padrone del terreno in cui vivono.
In cantina
In cantina c'è molta pragmaticità, cemento e legno rigorosamente non tostato, incuriosisce un'area - prossima all'ingresso - simile a un loft: una zona living, uno dei tanti elementi di non-separazione tra la cantina e la vita. Nei calici cerchiamo conferma di quella che Bressan chiama "un'unica filosofia": il principio per il quale non possono esistere primi o secondi vini, ma solo figli del millesimo. Anche chi è abituato ai suoi prodotti rimane straniato dalla spiccata verticalità, sempre preceduta da un naso complesso.
I vini
Nello Schioppettino 2011 è la nota di pepe bianco a farla da padrone su un corpo più slanciato che robusto, che ci ricorda che la ribolla nera (altro nome di questo vitigno tradizionale) è vettore di grande acidità naturale. Certo, mai quanto il Pignol, pignolo in purezza, proveniente da un vigneto di circa 120 anni in località Corona: coi suoi tannini crudi necessita di un adeguato, lungo affinamento, meglio se in legno di grande capacità. Il millesimo 2003 era un distillato di sensazioni silvestri, con una nota sulfurea che si perdeva in indistinguibili, piccoli, dolci frutti rossi. In un futuro prossimo verrà immessa sul mercato l'annata 1997, una gran riserva che abbiamo assaggiato "in preview". Le due decadi asciugano ulteriormente questo antico vitigno e ne sprigionano note di muschio e rosmarino, anche cuoio, lunghissima persistenza, come si addice a un "signore" di vent'anni fa.
Congedandosi da questa giornata in Friuli, riflettiamo su come questi assaggi, così giocati sul lirismo, figli del terroir in cui crescono, possano sembrare diversi dal sanguigno carattere di Fulvio anche ripensando a quella diatriba mediatica. Gli sottoponiamo questa riflessione: lui replica che, sì, comprende l'appunto, ma in realtà interiormente si sente proprio come i suoi vini.
Fulvio Bressan
L'intervista
Dopo molti premi e anni di presenza nelle guide, a seguito di un vero e proprio caso mediatico in cui alcune tue affermazioni sui social networks hanno creato scalpore, la Bressan - Mastri Vinai oggi è stata esclusa da ogni strumento, Fulvio quanti anni sono passati da allora?
Sono passati tre anni e mezzo da quel 23 agosto 2013.
E cos'è cambiato?
Per me nulla, assolutamente. Vedi, la gente che ha bevuto i miei vini, continua a berli, però ci siamo ripuliti da quelle persone che forse erano fuori luogo accostate a quello che produco.
Stai dicendo che sei tu che scegli le persone che consumano i tuoi prodotti?
Al momento dico proprio di sì. Perché visti gli ordini che continuiamo a ricevere posso affermare questo.
Non stai un po' esagerando?
Beh dai, sarebbe più corretto sostenere che ci scegliamo a vicenda...
Come ti sei sentito ad essere escluso, non per la qualità dei tuoi prodotti, ma per le offese che hai pubblicato, forse con troppo impeto, su Facebook?
Sai... ho forse avuto la triste conferma della mediocrità italica. Ho capito che l'Italia non andrà da nessuna parte. Nelle guerre, la nostra nazione non ha mai finito il conflitto con lo stesso alleato con il quale le aveva iniziate. Ecco un esempio della “coerenza” dei nostri concittadini.
Perché secondo te? Contestualizzando al mondo del vino?
Se in questo settore cercassimo il reparto "etica", lo troveremmo vuoto. Io non critico il fatto che un produttore sofistichi il vino, ma che abbia pensato di poterlo fare senza dichiararlo apertamente.
Ti stai forse riferendo al Sauvignon Gate in Friuli?
A quello come a tanti altri casi, perché forse ci siamo dimenticati della gente che ha perso la vista, o è morta a causa dei danni procurati dal metanolo. Oppure dello scandalo del Pinot Grigio nell'Oltrepò Pavese.
D'accordo, quindi critichi chi si scandalizza per un'affermazione, per quanto indegna, e poi non si batte per la liberazione dalle sofisticazioni e manomissioni?
All'italiano piace pontificare, predica bene e razzola male. In Italia, sappiamo di avere sessanta milioni di commissari tecnici e altrettanti chef, ma abbiamo anche sessanta milioni di perbenisti.
Io penso che così come fu nella seconda metà del secolo scorso, oggi le battaglie sociali dovrebbero essere fatte in campo enogastronomico.
Sì - vedi - è proprio il concetto da portare avanti, ma le incoerenze di fondo non ci permettono di uscire da certi paradossi. Ed inevitabilmente anche la libertà di stampa ne risente. Quello che io ho sempre criticato è la mancanza di libertà intellettuale, a destra come a sinistra.
Infatti alcune testate francesi ti hanno definito un "Echo Fascista"...
Evidentemente fanno più attenzione alla forma che alla sostanza, ma l'importante è capire il punto di partenza, il concetto.
E dunque qual è il tuo concetto di fare vino?
Parti dall'idea che se la natura fa uno starnuto, ammazza due milioni di persone... che l'uomo è niente, in fondo. Quando mio figlio mi chiede se la terra è di mia proprietà, io rispondo "No, ne sono il temporaneo gestore". Il vino è come un valzer con la Natura: non tutti i passi ti riescono, non tutte le annate "riescono bene". Noi ad esempio nel 2005 non abbiamo prodotto vino, l'uva era bella, ma non aveva corredo aromatico. Quell'anno la Natura ha deciso di riempirti gli occhi ma non il cuore.
Quindi una cantina dovrebbe rinunciare ad un anno d'introito?
Sì, e - ricordo per precisione - deve anche pagare le spese sostenute durante l'annata agraria. Ogni decade accantono qualcosa: provvedo io stesso a garantirmi un'assicurazione.
Ma un ritorno alla normalità, dopo questi anni d'isolamento mediatico, lo auspichi o no?
No, assolutamente. Ci sarà un’ulteriore divisione, forse, ma con alcuni invece ci stiamo inaspettatamente riavvicinando... pensa che nella "rossa" Emilia, dopo un calo, siamo tornati a crescere: il mio agente mi ha detto che interessa più il vino che le mie opinioni. Prima si sono scandalizzati, ma poi - domando - perché sono tornati a comprarlo? Spero per la qualità del prodotto o per le richieste dei loro clienti nei locali.
Poco fa al telefono ti ho sentito dire che il 2016 è stata un'annata memorabile, qui non avete avuto problemi con la peronospera e la primavera piovosa?
Sì li abbiamo avuti, infatti io prima stavo parlando di qualità. Sulle quantità io ho perso il 35% della mia normale produzione. La DOC Collio prevederebbe una resa massima di 110 q/ha, io solitamente ne faccio 35: quest'anno ho dovuto rinunciare a un ulteriore 30%, quindi il 2016 avrà una resa di 25 quintali d'uva: ecco il risultato di una primavera difficilissima.
In Zoran, un noto film di qualche anno fa girato nel mondo rurale friulano, il protagonista Giuseppe Battiston aveva il tuo stesso nome. Lui ha dichiarato di prendere ogni distanza dai tuoi atteggiamenti perché "il razzismo sa di tappo"? Cosa ne pensi tu del razzismo?
Io non ho mai valutato una persona dal colore della sua pelle... probabilmente sono razzista verso i cretini, i buonisti e coloro che sfruttano le persone per la loro etnia o provenienza. Gli stupidi sono equamente divisi tra i bianchi, così come tra i neri.
Bressan Mastri Vinai | Farra d'Isonzo (GO) | Via Conti Zoppini, 35 | tel. 0481 888 131 | http://www.bressanwines.com/indexitaliano.html
a cura di Luca Francesconi
Fulvio Bressan