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La vite e la neve. Spettacolo della natura o calamità?

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Gli esperti spiegano perché la vite non subisca le basse temperature, ma rimangono i danni legati al crollo delle strutture a causa delle nevicate. La Puglia la regione più colpita. Ecco il foto-racconto: dalle immagini più spettacolari a quelle delle aziende in difficoltà

Esordio in bianco per i vigneti italiani che nella prima settimana del nuovo anno si son risvegliati sotto una coltre di neve. In realtà, non tutti si sono risvegliati: questo, infatti, è il periodo in cui la vigna normalmente “dorme”, indifferente agli attacchi di gelo. Per lo meno lì dove le temperature sotto lo zero sono una costante. Diverso è al Sud Italia, specie al livello del mare dove, invece, la situazione è del tutto eccezionale e in alcuni casi - al di là delle suggestive immagini dei filari imbiancati - hanno procurato anche dei danni. Abbiamo fatto un giro fotografico di questa parte d'Italia: dalla Puglia all'Irpinia, dalla Sicilia all'Abruzzo.

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La neve fa male al vigneto?

Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame”, recita un vecchio proverbio contadino. In effetti la neve è tra i fenomeni atmosferici che meno preoccupa i viticoltori (vale meno per le altre colture), con le dovute eccezioni. Ma cosa succede alla vite quando viene esposta a temperature così basse e qual è il modo migliore per prepararla alle gelate invernali?

Abbiamo rigirato la domanda a chi alla gestione della vigna ha dedicato tutta la sua professione, il preparatore d'uve Marco Simonit: “Al contrario di altre piante” ci spiega “la vite in questo periodo è praticamente in uno stato dormiente: dopo la caduta delle foglie in autunno, si svuota di acqua, zuccheri, proteine. In generale di liquidi. È come se tutto ciò che ha prodotto durante l'anno andasse in un magazzino permanente: il tronco e le radici. Per quanto riguarda la rivitalizzazione delle gemme è già al sicuro, perché è un fenomeno che avviene durante l'estate precedente, per cui a gennaio la pianta porta già scritto in sé quello che accadrà nel momento del risveglio”.

Insomma, difficilmente neve e freddo possono mettere in difficoltà tutto il suo sviluppo: “Sono decisamente più preoccupanti l'aridità e la scarsità idrica” continua Simonit “In ogni caso, sono convinto che le stagioni - anche con i cambiamenti climatici in corso - debbano fare il loro corso e le piante con esse: il nostro compito è quello di dare sostenibilità alla vite, per prepararla a qualsiasi condizione climatica. Se si usa la metodologia corretta – evitare le ferite importanti o i tagli alle parti vitali – la pianta reagisce a ogni condizione in modo semplice ed efficace. L'ideale sarebbe potare il più tardi possibile, quindi febbraio, marzo, ma comunque anche la potatura in periodi freddi come questi non crea danni alla vite. Mi preoccuperei più delle condizioni di chi lavora in vigneto a -10 gradi!Battute a parte, posso assicurare che la vite sotto la neve non soffre”.

 

Quando il vigneto è a rischio

Ma ci sono dei casi particolari, in cui i danni non sono diretti sulla pianta, ma dipendono dal tipo di allevamento, come ricorda Simonit (e come purtroppo stanno sperimentando diversi produttori in questi giorni): “Chiaramente se spostiamo il problema sulle strutture le cose cambiano: forme di allevamento che prevedono un supporto esterno, come il sistema a tendone o la pergola, diffusissimi in tante regioni italiane e per certe varietà in particolare, corrono maggiori rischi perché le infrastrutture non sempre reggono al peso della neve e vengono giù. In questi casi non è facile rialzare e risistemare tutto, anche lì dove la vite magari riesce a sopravvivere senza spezzarsi”. È il caso, ad esempio, della Puglia, dove molti vigneti sono stati letteralmente schiacciati da reti e tendoni.

 

Quando la neve fa bene

Capovolgiamo un attimo la questione? Se, in linea di massima, la neve non fa male alla morfologia della vite, possiamo, al contrario, dire che le fa bene? Risposta affermativa secondo l'enologo e agronomo campano Gennaro Reale (consulente della società Vignaviva): "Due almeno sono i motivi principali. Prima di tutto le temperature tenute basse e la presenza di neve al suolo e sulle piante hanno un effetto sterilizzante sull'ambiente viticolo, cioè muoiono tanti parassiti della vite e tanti insetti fitofagi, questo significa avere alla ripresa vegetativa un ambiente più sano da un punto di vista fitoiatrico. In secondo luogo, la neve quando si scioglie diventa acqua e va ad arricchire le riserve idriche dei terreni, molto importante sopratutto in inverni come questo, dove le precipitazioni piovose fin ora sono state scarse”.

 

La situazione in Puglia

Tuttavia, come dicevamo sopra, esistono dei casi eccezionali anche in vigna, legati al tipo di allevamento: la situazione più preoccupante in tal senso viene dalla Puglia. “Vigneti abbattuti dalla neve, ortaggi e agrumi distrutti dalle gelate, masserie isolate, al buio e senza acqua per giorni” è l'allarme lanciato dal presidente Cia Raffaele Carrabba. Dal punto di vista vitivinicolo, la situazione si presenta più grave in provincia di Taranto, dove diverse centinaia di ettari di vigneti sono state abbattute dalla neve, anzi per essere più precisi, dalle strutture a tendone, crollate a causa della neve. In particolare, a Castellaneta sono finite al suolo intere coltivazioni di uva da tavola Italia e della varietà Red Globe. “In 50 anni non ho mai visto nulla del genere” dice il direttore della Cia Taranto, Vito RubinoQuesta zona, famosa soprattutto per l'uva da tavola è caratterizzata da impianti a tendone che non hanno retto al peso della neve.Ciò significa che le strutture sono tutte da ricostruire, per questo chiediamo interventi tempestivi e il blocco dei pagamenti per le aziende colpite, confidando soprattutto nell'aiuto dell'Europa: l'Italia da sola non potrebbe far fronte a tutta l'emergenza”.

 


Allarmanti anche i toni di Coldiretti: “Al momento ci sono stati segnalati oltre 350 ettari di vigneto atterrato sotto il peso di neve e ghiaccio con un prudenziale danno stimato per 80 milioni di euro” denuncia il presidente di Coldiretti Taranto, Alfonso Cavallo Gli agricoltori dovranno estirpare e smaltire il vecchio impianto improduttivo, preparare il terreno e realizzare un nuovo impianto completo”.

 

a cura di Loredana Sottile

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 12 gennaio

 

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